Il ritorno
Parte IV
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Il
mattino dopo, Oscar si trovava nuovamente nel suo appartamento tentando di
suonare il pianoforte, mentre cercava di rilassare la sua mente. Aveva lasciato
l'albergo all'alba, per non incontrare André. Bach…era sempre riuscito a
distrarla, ma stavolta no. Cos'era accaduto realmente? "Era come se non
fossi più io.." aveva detto André, ed anche lei aveva avuto la stessa
sensazione. Si sentiva come se quella scena fosse stata solo una ripetizione, ma
quando era successo, e a chi? Forse in un film che aveva dimenticato di aver
visto, probabilmente. La donna del quadro… era incredibile come le
assomigliasse. Chi era? Possibile che fosse quella sua antenata di cui sapeva
così poco? Era assurdo che il quadro si trovasse nel palazzo della sua
famiglia, sembrava uno scherzo del destino. Il destino che si divertiva a
giocare con l'ossessione di André e con la sua, con i suoi sogni confusi e
disperati. Per fortuna quel giorno stesso sarebbe dovuta partire per Charleville,
per vedere alcuni cavalli che intendeva acquistare. Voleva andarsene, fuggire da
quell'incredibile catena di eventi che stava sconvolgendo il suo equilibrio.
André… no, ora non poteva permettersi di pensare a lui. Lo squillo del
telefono la fece sobbalzare. Possibile che fosse lui? No, non poteva essere, si
disse rispondendo. "Pronto?" "La signora de Jarjayes?",
"Sì, sono io, chi parla?" "Buongiorno, mi perdoni se la
disturbo. Lei non mi conosce, mi chiamo Bernard Chatelet" "Mi
dica", "Ecco, io insegno Storia della Rivoluzione alla Sorbona, ed ho
scoperto che lei è l'unica discendente della famiglia de Jarjayes. Vorrei
chiederle qualche informazione su una sua antenata, Oscar François de
Jarjayes". Non è possibile, pensava Oscar. E' come se il destino mi
riportasse sempre allo stesso punto. "Perché?" "Perché ho
scoperto alcuni documenti molto interessanti su di lei, durante le mie ricerche
sui nobili che si schierarono dalla parte del popolo nel 1789…" "Che
documenti?" "Una sorta di diario, scritto - pensi un po’ - da tale
Bernard Chatelet. Incredibile, vero?" "No" pensò Oscar,
"ormai niente mi sembra più incredibile" Mi ascolti, professore"
gli disse "la cosa mi interessa molto. Adesso però sto per partire. Starò
via alcuni giorni, ma al mio ritorno mi piacerebbe incontrarla" "Va
bene, allora le lascio un mio recapito, e quando vorrà…"
"Sicuramente" rispose lei prendendo carta e penna.
In
quel momento André era alla guida della sua auto, e stava tornando a casa.
Aveva scoperto che Oscar aveva già lasciato l'albergo, e si era trattenuto
ancora un po’, cercando di mettere ordine nei suoi pensieri. Sicuramente lei
non avrebbe voluto vederlo mai più, e come darle torto? Quello che le aveva
fatto era imperdonabile, e non riusciva a spiegarselo. Perché aveva sentito
quella rabbia disperata, quel dolore così grande? Quando lei l'aveva
schiaffeggiato aveva sentito qualcosa esplodere dentro di sé…un'insieme di
sensazioni dolorose e violente. Cos'era quella forza che si era impossessata di
lui? Una rosa sarà sempre una rosa, sia
essa bianca o rossa…di chi erano quelle parole che udiva nella sua testa?
In quel momento un camion sbucò dalla curva invadendo la sua corsia, André
sterzò violentemente ed uscì di strada, andando a schiantarsi contro un
albero. Il parabrezza andò in frantumi, ed una scheggia gli si conficcò
nell'occhio sinistro. Sentì un dolore fortissimo, e prima di svenire udì la
voce di lei gridare: "André, André
che ti hanno fatto?. Oh Mio Dio, André!", e poi tutto fu buio.
Il
volo di una colomba vicinissimo alla finestra fece sussultare Oscar, che rovesciò
il bicchiere che aveva in mano. L'acqua si sparse sul tavolo, e le sembrò per
un attimo che assumesse uno strano colore rossastro… come una grossa macchia
di sangue. Sangue… il sangue di una ferita, una ferita per amore… Aiutami
Oscar, aiutami! Perché risentiva la voce del sogno, adesso? E perché
quella strana angoscia l'aveva afferrata? Un mantello nero, ed un uomo che
soffriva… Il mio migliore
amico…l'unico sempre al mio fianco…sento il tuo dolore come se fosse il mio.
Dolore…perché sempre più spesso pensava al dolore? Lei lo conosceva, era
vero, aveva sofferto tantissimo per la perdita dei suoi genitori, ma a volte
veniva assalita da un dolore diverso, come… come se l'anima le venisse
strappata a forza. "Sto diventando troppo melodrammatica" pensò. Si
mise ad asciugare il tavolo e pensò ad André. Nonostante tutto, non riusciva
ad avercela con lui. Anche lei aveva sbagliato; quando l'aveva schiaffeggiato
aveva sentito una rabbia forte, irrazionale. Desiderava ferirlo, ma perché?
Aveva desiderato provocare una sua reazione, ma poi aveva avuto paura. Lei, che
non aveva mai temuto nulla nella sua vita… si era sentita dolorosamente
consapevole della forza di lui, della propria debolezza, delle proprie paure.
"Io ti amo…" aveva detto lui. Assurdo…si conoscevano da così
poco. Eppure… cos'era quell'ansia che avvertiva pensando a lui? Perché il suo
viso le tornava in mente in ogni istante? Non aveva mai provato questo per
nessuno, qualunque cosa fosse. "Sei una donna fredda…" aveva detto Gérard.
Non si sentiva così, in quel momento. André… la dolcezza nel suo sguardo, la
sua voce gentile, il tocco delle sue labbra… Era come se avesse portato sempre
dentro di sé quelle cose, come se ora stesse imparando a riconoscerle una ad
una. Non era mai stato facile, per lei. Si era rassegnata all'idea di essere
incapace di amare davvero. I film, le canzoni… si era sempre chiesta di cosa
parlassero, di un universo che a lei non era dato conoscere, chissà per quale
motivo. Ed ora? Possibile che adesso… magari era solo l'idea fissa di André
che lei assomigliasse alla donna di cui si era innamorato da bambino ad averla
suggestionata. Ma non era nella sua natura farsi trascinare da qualcuno, lei
aveva sempre avuto il controllo di ogni situazione. Si accorse di invidiare André
per la facilità con cui riusciva ad aprire il suo cuore… Io
ti amo Oscar… credo di averti sempre amata. Per vent'anni… Vent'anni?
Che c'entrava adesso? Una rosa sarà
sempre una rosa, sia essa bianca o rossa… le sembrava di udire la voce di
André dire quelle parole, ma quando era accaduto? "Magari in un'altra
vita… " pensò ridendo di sé stessa. André… chissà dov'era adesso…
Era
lui. Ne era sicura. La stava aspettando. Gli si avvicinò lentamente, con il
cuore in gola. Lui alzò la testa. Era André. Non era l'uomo del sogno. La
stava guardando con dolcezza, e con un velo di tristezza negli occhi. Oscar
rimase a fissarlo, ed improvvisamente seppe
che lui non era André. Il suo viso era lo stesso, ma non era André. Era l'uomo
del sogno. "Chi sei?" gli chiese. Lo
sai "No" Oscar…quanti
giorni assieme, quante albe e tramonti, quante risate…ma alla fine ci sono
state solo lacrime…"Lacrime? Di chi?" Te ne sei andata piangendo…pensavi di non avermi potuto dire tante
cose…ma io le sapevo già, le so ancora, le saprò sempre…"Io…sento
un grande dolore…e non so perché" disse lei disperata E' tempo di trovare la pace, Oscar…io ti sto aspettando…"Dimmi
come, ti prego dimmi come…" Non lo
sai? Davvero non lo sai?. L'immagine stava svanendo, la voce di lui si
faceva sempre più lontana. La sentì di nuovo. Aiutami, Oscar, aiutami! Si copriva di nuovo il volto con le mani,
di nuovo il sangue filtrava tra le sue dita. "Che ti è successo? Come
posso aiutarti?" Lui alzò la testa e lei vide sangue sgorgare dal suo
occhio sinistro, mentre la fissava disperato.
Si
svegliò con un grido. L'immagine di lui e del suo viso sconvolto ancora viva
nella mente. André… l'uomo del sogno aveva il viso di André. E'
tempo di trovare la pace…"Ma io voglio trovare la pace" pensò
disperata. Si coprì il volto con le mani. Andare via non era servito a nulla.
Forse era ora di affrontare i suoi sogni. Sentiva che in qualche modo tutto era
collegato alla sua antenata… Oscar François. La donna del quadro era lei, ne
era sicura, lo era sempre stata, dal momento in cui aveva visto il dipinto
l'aveva saputo con assoluta certezza, anche se non avrebbe saputo dire come.
Quella sera sarebbe tornata a casa ed avrebbe telefonato al professor Chatelet.
André… perché l'uomo del sogno aveva il suo viso? Forse stava confondendo il
sogno con la realtà, forse André era riuscito ad insinuarsi talmente nella sua
vita che adesso era entrato nel suo sogno, e lei aveva dato il suo volto a
quell'uomo, quell'uomo così triste… Cos'era che la legava a quell'uomo? Perché
in qualche modo era legata a lui, lo sentiva nel profondo del suo essere, contro
ogni razionalità lei sapeva che era così… e che fino a quando non fosse
riuscita a capire come, non avrebbe avuto pace. "Adesso basta" pensò
sentendo tornare l'antica determinazione, "E' inutile fuggire. Qualunque
cosa stia accadendo, l'affronterò".
André
giaceva nel suo letto d'ospedale. Stava sognando. Parigi brucia, al tramonto. Oscar... ti ho sempre seguito... Anche
allora, ti stavo seguendo... Poi... qualcosa mi è esploso nel petto. Qualcosa
che mi ha piegato le gambe, mi ha reso debole. Avrei voluto raggiungerti. Oscar,
non sto in piedi. Ora fa freddo. "André!" "André noooooo!
André!." Attraversiamo la città...
Il cuore mi fa male, adesso... Sembra che si stia spezzando... La
tua voce è incrinata, ora. Hai paura? Io non ho paura... Fa sempre più freddo
e io sono stanco... Vorrei vederti, Oscar. Dio! Voglio vederti ancora…
Oscar... Oscar, dammi la mano. Non lasciarmi solo. Voglio sentire la tua mano...
voglio stringerla. Dammi forza, mia Oscar... Invece sento le tue lacrime...
"Oscar, perché stai piangendo... perché?" Non
piangere. Non piangere, amore. Vorrei accarezzarti i capelli, il viso... invece,
non riesco neppure a muovere la mano che tu tieni. Ti sento, ma non riesco a
muovermi.(*) Era su un altro letto, con bianche lenzuola agitate dal vento.
Oscar era accanto a lui, e stava piangendo mentre diceva: No,
non è giusto André. Non è giusto! Non avresti dovuto lasciarmi sola…e
tutto intorno era buio e freddo, sempre più freddo. Si agitò nel sonno,
cercando di toccare la benda che gli copriva l'occhio sinistro, ma una mano
afferrò la sua e lui mormorò: "Oscar…", svegliandosi di colpo.
"No, amico. Spiacente ma non sono Oscar" disse un giovane dal viso
simpatico ed aperto, chino su di lui. Era l'infermiere che si era preso cura di
lui in quei giorni, Alain. "E comunque così non va", aggiunse
"guai a te se provi di nuovo a toglierti la benda, ok?". "Ok"
mormorò André sorridendo. Gli era simpatico, Alain: grande e grosso e con un
cuore d'oro. "Dì un po', amico" disse Alain sorridendo "Chi
diavolo è Oscar? Sono giorni che dici questo nome nel sonno. Tuo fratello? Tuo
padre?" "E' una donna" "Una donna? Che accidenti di nome! E'
la tua fidanzata?" "No, la mia fidanzata si chiama Lucille"
"E dov'è ora? Perché non viene a trovarti?" "L'ho
lasciata…perché mi sono innamorato di un'altra" "Oscar,
scommetto" "Sì". Alain lo guardava divertito, scuotendo la
testa. "E tu, Alain?" chiese André "Sei fidanzato?"
"Sposato amico, sono sposato. Mi hanno incastrato da giovane! No, non è
vero, scherzo. Sono molto felice invece, la mia piccola Diane è la donna più
dolce del mondo. Ogni sera non vedo l'ora di tornare da lei. Ma tornando a te:
dov'è questa famosa Oscar, adesso?" chiese "Non lo so…credo che non
sappia nemmeno dell'incidente. Credo che non voglia più rivedermi, e non ha
torto…" "Che le hai fatto?" "Una cosa molto brutta, e
ancora non so come sia stato possibile. So solo che il pensiero di non vederla
più è insopportabile…mi sembra che la mia vita prima di conoscerla non sia
mai esistita…" "Va bene, basta. Ti stai agitando" disse Alain
sentendogli il polso. "Cavolo, amico" aggiunse "Parlare di questa
donna ti fa un effetto incredibile! Hai le pulsazioni accelerate"
"Alain, senti…quando potrò uscire?" "Se ti comporti bene,
anche domani credo. Che fai ora?" disse vedendolo alzarsi sui cuscini.
"Niente, devo fare una telefonata. E' una cosa importante" "Ok,
ti lascio, ma tra cinque minuti torno a controllarti, va bene?" ed uscì.
André compose il numero del negozio, attese e poi disse: "Xavier, sono
André. Devi farmi un grande favore. Guarda nella vetrina a sinistra…"
Alcune
ore dopo, verso sera, Oscar rientrò a casa. Si sentiva stanchissima. Era
riuscita a concludere un buon affare, acquistando quei due cavalli, ma questo
non bastava a farla sentire meglio. Lo squillo del campanello la fece
sobbalzare. Guardò dallo spioncino: era il portiere. Aprì la porta e lui
disse: "Signora de Jarjayes, hanno portato questo pacco per lei, circa
un'ora fa", e le mostrò un grande pacco dalla forma allungata. "E'
sicuro che sia per me?" "Sicurissimo. C'è il suo nome sul
biglietto…ed il ragazzo che l'ha portato ha detto che era per lei". Oscar
prese il pacco perplessa, ringraziò il portiere e chiuse la porta. Lo appoggiò
sul tavolo. Che diavolo poteva essere? Era pesante. Cominciò a rompere la carta
che lo avvolgeva. Una scatola da imballaggio. La ruppe con un coltello. Ancora
strati di carta, e poi…qualcosa brillò all'improvviso. No, non poteva
essere…Guardò meglio: era una spada. La spada che aveva ammirato nel negozio
di André. La prese con mani esitanti. Era bellissima. Ma perché André
gliel'aveva inviata? Era un oggetto di enorme valore, pensò sentendo le lacrime
pungerle gli occhi. La impugnò. Era perfetta. La sentiva come un prolungamento
del suo braccio, come se l'avesse sempre stretta nella sua mano. Si avvicinò
allo specchio e disse: "In guardia!". Per un attimo le sembrò di
scorgere un'altra figura nello specchio, come un'ombra vestita di rosso…Si
voltò spaventata: non c'era nessuno. Si passò la mano sugli occhi pensando:
"Sono molto stanca. Devo riposare. Ma prima devo chiamare il professor
Chatelet". Poggiò la spada con grande delicatezza nella scatola. Non
poteva accettarla, non sarebbe stato giusto. Avrebbe trovato il modo di
restituirla ad André. La spada sembrava quasi chiamarla, brillando nell'oscurità.
Distolse lo sguardo ed alzò il ricevitore, componendo il numero del professor
Chatelet.
Il
professor Chatelet era un uomo giovane ed attraente, ed assomigliava stranamente
ad André, pensava Oscar seduta nel suo studio alla Sorbona. Lui era seduto di
fronte a lei e stava dicendo: "Mi spiace che lei non abbia altre
informazioni, ho trovato questa storia molto interessante" "Perché?"
"Ecco, guardi lei stessa" disse lui, e le porse un vecchio quaderno
rilegato, che lei prese con attenzione. Oscar lo aprì, ed iniziò a leggere
quelle pagine ingiallite. Io, Bernard
Chatelet, voglio con questo scritto ricordare la vita di coloro che furono anche
miei buoni amici, Oscar François de Jarjayes ed André Grandier…Oscar si
fermò di colpo. "Cos'ha, si sente male?" esclamò il professor
Chatelet allarmato "E' diventata così pallida…" "No, io…mi
scusi, credo di avere bisogno d'aria". Lui spalancò la finestra e disse:
"Va meglio, ora?" "Sì, sì certo, grazie" rispose Oscar
sentendo il cuore batterle come impazzito. André Grandier…com'era possibile?
Era una follia! Si fece forza e continuò a leggere. Anno di grazia 1755. In quell'anno nasceva l'ultimogenita del Generale
de Jarjayes, che in mancanza di eredi maschi decideva di allevare quella figlia
come un uomo, dandole il nome di Oscar François…
Mezz'ora
dopo Oscar era ancora china sul quaderno, leggendo febbrilmente, Bernard
Chatelet l'aveva lasciata sola ed era appena rientrato. André ed Oscar… i
loro nomi figuravano sempre assieme. Amici, fratelli, compagni… avevano diviso
la loro esistenza. Lesse dell'incidente ad André, la perdita dell'occhio
sinistro, e si bloccò. L'occhio… l'uomo del sogno aveva l'occhio pieno di
sangue e chiedeva il suo aiuto… era lui. Ma com'era possibile? Continuò a
leggere, ma le pagine stavano finendo. Il
Comandante Oscar decise così di abbandonare il suo incarico nelle Guardie Reali
per assumere il comando dei soldati della Guardia…Si interrompeva così.
Guardò Bernard Chatelet e disse: "Come continua? Devo saperlo!"
"Spiacente signorina de Jarjayes, ma è proprio per questo che l'avevo
contattata. Il racconto si interrompe qui, purtroppo" "Ma…ma non c'è
un modo di…" "Infatti. Domani devo recarmi ad Arras. Ho avuto una
segnalazione molto interessante, credo di essere sulla pista giusta"
"Cioè?" "Forse nell'archivio di Arras ci sono altri documenti…
e forse scoprirò come continua questa storia così interessante…"
"Come continua…" pensò Oscar "sono sicura di volerlo sapere?
Temo…temo che non avrà una conclusione felice". Si alzò e porse la mano
a Bernard "Bene, professore. La ringrazio tantissimo. Mi dispiace non
averla potuta aiutare… ma spero che lei mi dirà come finisce la storia, se
riuscirà a scoprirlo". Bernard si alzò e le strinse la mano.
"Signora de Jarjayes, la ringrazio comunque per la sua attenzione. E non
tema, le comunicherò qualunque novità". La osservò mentre usciva. Che
donna affascinante… singolare. Si riscosse e pensò che prima di partire
avrebbe voluto recarsi nella libreria di Place de la Bastille, dove lavorava
quella ragazza così dolce… Rosalie. La sua grazia l'aveva incantato in modo
strano, doveva ammetterlo. Oscar camminava senza neanche sapere dove andare, con
il cuore in tumulto. Non vedeva neanche le strade, le persone… gli eventi di
cui aveva letto le si affollavano in mente. Quella donna con il suo nome…
quella donna a cui assomigliava così tanto, quella donna aveva diviso la sua
vita con un uomo che si chiamava André Grandier… i documenti non facevano
cenno ad un'eventuale relazione tra di loro, ma lei sentiva
che era così, doveva essere così per forza. Oscar e André… quei due
nomi le risuonavano nella testa. Era tutto così assurdo… Si appoggiò al muro
e si rese conto di trovarsi vicino a Rue de Lunain. Le sue gambe l'avevano
portata fin lì. André… doveva vederlo. Forse era una follia, ma doveva. Era
l'unico con cui avrebbe potuto parlare di quella storia, in fondo riguardava
anche lui. Imboccò la strada e si avvicinò lentamente al negozio. Non lo
vedeva da quando era fuggita dall'albergo, ed esitò. Magari non c'era… Guardò
dentro. Lui era lì, era seduto di profilo ed osservava qualcosa che aveva tra
le mani. Restò a fissarlo. Una volta era stata fidanzata per tre anni, ed aveva
interrotto quella storia perché aveva capito di non amare quell'uomo. Le stava
venendo in mente in quell'attimo. Adesso guardava quell'uomo che conosceva da
così poco, la sua testa china, i suoi capelli scuri, le sue ciglia abbassate, e
capiva di essere innamorata di lui. Probabilmente l'aveva amato dal primo
momento in cui l'aveva visto. Così semplice così inatteso, così forte da fare
paura. Si sentì attirare da lui come da una calamita, aprì la porta ed entrò.
Lui alzò la testa, e la guardò sorpreso. "Oscar!" esclamò
alzandosi. Una benda gli copriva l'occhio sinistro. Oscar,
aiutami, ti prego! Disse una voce, e fu l'ultima cosa che lei sentì prima
di svenire.
"Oscar,
Oscar ti prego, svegliati!" stava dicendo la voce di André chino su di
lei. Lei aprì gli occhi e si rese conto di trovarsi su un divano, nella stanza
interna. Lo guardò. "André… cos'è successo al tuo occhio?" mormorò.
"Dio, mi hai fatto spaventare da morire! Non parlare, non sforzarti. Ho
avuto un incidente mentre… mentre tornavo a casa dall'albergo" "Oh,
e cosa hanno detto i medici?" "Ancora non sanno se sarà possibile
salvarlo. Dovrò sottopormi ad un'altra operazione, temo" "Oh Dio,
no…" disse lei cominciando a piangere. "Oscar…" disse lui
accarezzandole teneramente il viso "Non piangere, ti prego. Io me la cavo
sempre, sai? Credevo che non ti avrei più rivisto, dopo…dopo quello che è
successo". Lei scosse la testa, incapace di parlare. "Vorrei che tu
potessi perdonarmi…" continuò lui "ci ho pensato tanto, ma non
riesco a trovare una spiegazione… è come se quella scena l'avessi già
vissuta, ma non so quando…" "Probabilmente è così" disse lei
prendendogli la mano. Ancora una volta,
ancora una volta a causa mia…potrai mai perdonarmi? Si portò la mano di
lui alle labbra e disse: "Non ho niente da perdonarti. Anche per me è
stato lo stesso…". Si sollevò sui cuscini e lo guardò: il suo
viso…era quello dei suoi sogni, ora ne era sicura. Con la punta delle dita
tracciò i suoi contorni, affascinata. Non
posso vivere senza rivedere il tuo viso…Lui restò immobile e poi disse:
"Quello che ti ho detto l'altra volta è vero, Oscar. Io ti amo. So che
sembra una follia, ma io ti amo. E questo non l'ho mai detto a nessuna donna in
vita mia" "Neanch'io" pensò lei stupita "neanch'io l'ho mai
detto. Ma ora so di amarti. E' tutto così semplice. Io ti amo" Gli
accarezzò le labbra con le dita e poi lo baciò. Lui la strinse forte, sentendo
una felicità improvvisa bruciargli nel petto, così forte da fare male, mentre
sentiva una voce lontana E' possibile che
tu…mi ami ancora, André? Oscar…io ti amo da sempre…. Oscar si staccò
da lui, seppellendo il viso nell'incavo del suo collo. Sentiva il desiderio di
aggrapparsi a lui con tutte le sua forze, di non lasciarlo andare via…perché?
Dio, fammi morire…o fammi impazzire…Sentiva
un dolore profondo mentre si accorgeva di stare piangendo. "Perché piangi
Oscar?" domandò lui baciandole la guancia "Non lo so…oh André,
sono accadute alcuna cose…" "Che cosa?" disse lui guardandola
con dolcezza. Solo tu, solo tu mi hai
guardato sempre così…senza i tuoi occhi sento di non esistere. Senza i
tuoi occhi. In quel momento lei seppe
che qualcosa di brutto era accaduto. "Lei l'ha perso…" mormorò
"Lei chi?" disse lui stupito. "André, ascolta… devo
raccontarti una storia" disse lei abbracciandolo.
(*) Laura Luzi.