Avel Conlie

parte 1

 

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Il titolo è ispirato a una canzone bretone e significa „Le vent de Conlie“, il vento di Conlie. Dedico questa storia - e, se lo vuoi,  l'André di questa storia ^_^ - a Laura. Grazie per l'ispirazione e i suggerimenti che mi hai dato!

 

Poteva rifletterci fino a diventare pazzo, poteva girare e rigirare i suoi pensieri all’infinito, la verità era una sola: lei non lo amava. Nulla, all’infuori di questo.

Da quanti anni ormai pensava soltanto a lei, cercando di non pensare a lei?, quante notti insonni passate a immaginare il profumo proibito della sua pelle candida che di tanto in tanto intravedeva di sfuggita quando, nei loro allenamenti, si scostava un lembo della sua camicia - rivelando un braccio, la spalla, una parte minuscola dei suoi fianchi, della schiena... e le ore perse a fantasticare su quelle zone più immaginate che realmente catturate con lo sguardo - ora il volto di André divampò di fiamme, il seno, spesso celato a malapena dalla stoffa fine umida, di sudore, il seno che immaginava morbido e dolce. Dolce al tocco... E il profumo di latte e rose che aleggiava nell’aria anche per ore dopo che Oscar aveva lasciato una stanza...

Basta!

Come sarebbe mai riuscito a zittire questi suoi desideri folli? Tutto in lui voleva correre da Oscar, sempre, in ogni minuto della giornata; ogni parola, se lei lo avesse voluto, sarebbe stata per lei soltanto, ogni sospiro, ogni passo. La sua vita stessa.

André si girò per l’ennesima volta nel letto, sforzandosi di non darsi alla sua ingannevole passione solitaria, stanotte, di non fare l’amore da solo, con la solita tristezza, immaginando lei tra le sue braccia.

Non era giusto. Era come sporcarla di sé, e lei era pura. Per le mani di nessuno. La sua fiera donna-uomo che camminava sempre al di là dei confini di tutto.

La sua Oscar.

Era già l’imbrunire quando André, stremato dall’autocontrollo che si era imposto, riuscì finalmente ad addormentarsi.

- Oscar, il suo nome di fuoco una litania ripetuta all’infinito mentre scivolava nel sonno.

(A questo punto doveva ammettere a sé stesso che il suo amore andava oltre i limiti di quello che ormai riusciva a sopportare.)

 

Due giorni dopo arrivò Claire.

La nonna non lo aveva avvisato che qualche ora prima del suo arrivo e questo lo aveva insospettito non poco.

“A proposito, André, oggi arriverà dalla Bretagna tua cugina Claire“, gli aveva detto mentre stava salendo la grande scalinata centrale per portare una pila di indumenti stirati nelle stanze del generale, cercando di dare alla sua voce un tono di noncuranza che André indovinava molto voluto. „È probabile che lavorerà per un po’ come cameriera qui in casa Jarjayes“, aveva aggiunto per poi continuare a salire i gradini, assumendo di nuovo un’aria indaffarata che vietava ogni replica.

Qui c’era puzza di bruciato.

André quel pomeriggio aveva cercato più volte di tornare sull’argomento - gli sembrava strano che Claire dovesse trasferirsi a Versailles da Conlie dove i suoi genitori avevano una fattoria in cui non poteva certo mancare il lavoro, e per di più senza un motivo preciso - ma la nonna era stata molto evasiva.

„Ha bisogno di un cambiamento d’aria, tutto qui.“ Che sciocchezze!

 

Più tardi, nella solitudine della sua stanza aveva cercato di rievocare il suo volto. Era da anni che non la vedeva. Crescendo, le visite nel suo paese natale, anche per colpa degli impegni che si erano negli anni moltiplicati, si erano fatte più rare. E, dopotutto, da quando la nonna si sentiva troppo vecchia per viaggiare e non doveva più essere accompagnata per far visita ai parenti, non aveva più molte ragioni per recarvisi da solo: il vento di Conlie gli ricordava la prima infanzia e la perdita dei suoi genitori. Gli zii all’epoca non avevano potuto o voluto tenerlo con loro e così la nonna lo aveva preso con sé, a Versailles. Non si sentiva particolarmente legato a loro.

Per la verità, André ultimamente aveva pensato piuttosto spesso a come sarebbe stata la sua vita se fosse rimasto in Bretagna, se non avesse mai conosciuto Oscar. Per molti versi, forse più semplice. Avrebbe fatto il pescatore o il contadino come suo padre e suo nonno prima di lui, si sarebbe sposato e avrebbe avuto dei figli che avrebbe amato molto... Più vuota, anche?

Ma erano, dopotutto, pensieri inutili. Le cose erano andate come erano andate. Nel suo cuore era impresso il nome di Oscar, e se non l’avesse incontrata, in quello stesso luogo dentro di sé che ogni tanto gli pareva un paese devastato, al posto dell’amore avrebbe dimorato la mancanza di lei e forse per tutta la vita si sarebbe chiesto perché non riusciva a sentirsi completo...

 

Ma Claire... gli era stata simpatica. Ora doveva avere all’incirca 23 o 24 anni, ma all’epoca era stata poco più di una bambina - molto vivace e, soprattutto, dotata di una testardaggine proverbiale. I suoi genitori, Marie e Jacques, l’avevano messa in un altro modo: „Cocciuta come un mulo. Indomabile. Impossibile.“ André comunque, che aveva sempre passato volentieri qualche ora in sua compagnia, aveva conosciuto un altro, forse più sincero, lato di lei. Anche se sapeva essere gioviale e scherzosa, in certi momenti diveniva taciturna. Ed era incline alla malinconia come lui... capace di perdersi in chissà quali pensieri fantastici per lunghi istanti. Era una narratrice di storie nata, conosceva tutte le leggende celtiche del luogo e sapeva raccontare per ore e ore di pescatori che si perdevano in mare e vagavano per sempre sull’Atlantico in cerca della costa, o di creature dell’immaginario. Aveva una bella voce, piena e calda, quando cantava le vecchie canzoni bretoni. Ma non divideva questi suoi talenti con tutti... „Solo con persone come te, André“ gli aveva mormorato una volta. Erano seduti sugli scogli poco fuori dal paese e il vento le batteva i lunghi capelli in faccia. Non le aveva chiesto cosa credeva di avere intravisto, in lui.

Tuttavia, nonostante il suo spirito irrazionale, si lasciava coinvolgere con grande facilità in discorsi sull’Illuminismo, anche se da buona bretone in gran parte negava queste idee, e anche se la sua educazione era da considerarsi piuttosto scarsa, viste le possibilità pressoché inesistenti che aveva di istruirsi. Ma era intelligente. Sapeva leggere e amava i libri e André, ripartendo, le lasciava sempre in dono i suoi. Era molto diversa dai suoi fratelli Jean e Gustave.

Chissà se era cambiata... Si ricordava di aver sempre parlato in bretone, con lei, e pensò che ormai lo parlava a stento - con gran dispiacere della nonna, che di tanto in tanto si rivolgeva ancora a lui nella sua madrelingua...-

Per l’esattezza, Claire non era propriamente una sua cugina di primo grado ma la figlia della cugina di sua madre. Sua madre... No, non gli riusciva più di ricordare il suo volto.

André si riscosse dalle sue riflessioni e si alzò dalla sedia, posandovi il libro che aveva tenuto in mano senza neppure fare il tentativo di leggerlo, quando, dal cortile, sentì provenire la voce emozionata di sua nonna. Diede un’occhiata fuori dalla finestra e scorse una carrozza dalla quale stava scendendo una giovane donna. L’avvenimento era accompagnato dalle esclamazioni agitate della nonna che protendeva le braccia verso la ragazza. André non poteva vederne il viso, perché era nascosto da un cappello piuttosto largo, ma era chiaro che si trattava di Claire. Eccola, dunque!

Che strano, immerso come era stato nei suoi pensieri, non aveva neppure sentito la carrozza avvicinarsi. - Questa di sognare ad occhi aperti sta diventando una brutta abitudine, signor Grandier, si rimproverò. - Poi scese a salutarla.

Quando uscì dal portone d’ingresso e la vide, rimase ammutolito dalla sorpresa. Anche lo sguardo di Claire si posò istantaneamente su di lui e restarono a fissarsi per qualche secondo. Aveva occhi sorridenti - un po’ ironici, ma pieni di calore.- La cosa che però lo stupiva enormemente (e lesse nel viso di lei lo stesso stupore) fu la loro grande somiglianza fisica. Entrambi avevano gli stessi capelli neri, la stessa carnagione chiara dei celti, gli identici occhi verdi. Non ricordava d’essersi così rispecchiato in lei, quando l’aveva vista l’ultima volta. Doveva essere una somiglianza cresciuta negli anni scorsi, passati lontano da lei. Lontano da lei... che idea strana e nel contempo naturale!

La loro somiglianza, lo percepiva chiaramente, non si limitava però all’apparenza. Aveva come l’impressione di riconoscerla. Erano simili. Si scambiarono uno sguardo d’intesa. Anche Claire l’aveva capito. L’attimo passò.

La nonna, tutta contenta, non parve accorgersi di nulla, al massimo di una somiglianza particolare tra parenti, che tuttavia non commentò nemmeno, e prese la ragazza sottobraccio. „André, vergognati, sei il solito maleducato, non la saluti neppure?“, la sua voce era la solita, di rimprovero e di affetto insieme.

„Sì, certo, scusami... Claire - ti diamo il benvenuto a palazzo Jarjayes. Sono molto contento di rivederti dopo tutti questi anni...“, le si avvicinò e si scambiarono un bacio di benvenuto sulla guancia. Profumava di mare!, si rese conto meravigliato, staccandosi da lei. Claire gli sorrise affettuosamente. „Ciao, André“, gli disse, semplicemente.

„Entriamo, ragazzi, cosa state aspettando? Claire, sarai esausta e affamata. Vieni a vedere cosa ti ho preparato da mangiare!“, con questo la nonna la spinse all’interno del palazzo, le fece togliere il cappotto e il cappello e la trascinò giù nelle cucine, il tutto chiacchierando ininterrottamente in bretone. Con Claire che sembrava contenta di non dover dire nulla e perfettamente a suo agio, immersa nel suo silenzio e nel suo sguardo un po’ perso, André le seguì sorridendo.

 

 

Continua...

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