Pazienza
Capitolo Sesto
Traduzione: Annarita Giannelli, Revisione: Laura Luzi
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Questa
parte, vedrete, va in una direzione del tutto nuova! E’ anche un episodio
“cardine”, dunque più delicato, perché bisognava descrivere ciò che era
successo e ciò che stava per succedere. Un livello d'azione per niente semplice,
credetemi, mi è stato piuttosto complicato descriverlo! I capitoli “
sentimentali” o scioccanti sono molto più facili di quelli descrittivi o di
transizione!
Un mese
di miserie.
Il
processo, c’era stato appena il bisogno di questo, fu archiviato in due
giorni, la Casa Reale che voleva al più presto soffocare lo scandalo, e la
contessa che si era mostrata davvero convincente a risultare, secondo i rapporti
di Corte, in uno stato disperato dopo “l’aggressione” subita. Oscar aveva
gridato alla macchinazione, ma André, come sempre, l’aveva obbligata a non
creare scalpore. Temeva, trovandosi nella condizione di imputato, che questo
l’avrebbe potuta mettere in pericolo immediatamente dopo di lui.
Quel
giorno, quando vide André capitolare all’annuncio della sentenza, malgrado la
sua arringa difensiva, Oscar realizzò che stava per perderlo. Non per
l’impiccagione (si riservava una morte rapida solo ai nobili, degni della
spesa dello Stato), che sarebbe avvenuta di lì a cinque giorni, ma per quella
luce che aveva visto spegnersi nei suoi occhi.
Eppure
lui l’aveva guardata, quando era stato gettato dalle guardie nell’infame
piccola cella che gli sarebbe servita come sua ultima dimora. I suoi occhi, che
erano stati ridenti quando erano ragazzi, non avevano più voglia di ridere. Non
avevano neanche più la dolcezza dell’affetto, quella piccola fiamma ostinata
che vigilava in fondo al suo sguardo. Adesso lui non vedeva altro che
l’orribile vuoto della consapevolezza di un mondo infame, che si preparava ad
abbandonare.
***
La cosa
più terribile fu senza dubbio l’annuncio alla nonna. Questa lanciò un
piccolo grido di uccello ferito e si accasciò al suolo. Oscar sapeva che non si
sarebbe ripresa. Quando il dottore lasciò la sua camera, quello stesso giorno,
era scuro in volto. Oscar era andata a trovare l’anziana donna, addormentata
nel grande letto, una figura piccola e fragile nell’immenso candore del suo
giaciglio.
Si
sedette accanto alla testata del letto, su di una grande sedia che aveva
avvicinato. Prese la mano della vecchia nutrice. La donna continuava a dormire,
gli occhi chiusi. Oscar poteva leggere chiaramente sul suo viso rughe di
sofferenza e di incomprensione, e ne riconosceva gli stessi elementi di
rassegnazione in suo nipote.
“Non
deve succedere! Lo giuro, nonna, non lascerò loro torcere neanche un solo capello
dalla testa di André, te lo giuro! Dovessi impiegarci tutta la vita, io
inseguirò questa contessa e la costringerò a denunciare questa ingiustizia!
Questa è un’ingiustizia. So che lo sapete. Nel vostro cuore lo sapete!”
Tuttavia
neanche questi propositi pieni di collera riuscirono a risvegliarla. Oscar
rimase al suo capezzale fino all’indomani mattina, ma la donna non aprì gli
occhi.
Mettendosi
in tutta fretta l’uniforme, la ragazza si recò a Versailles, dove doveva
assolutamente riuscire a parlare con la regina Maria Antonietta, la quale, non
sentendosi affatto a suo agio in tutta questa faccenda, era scomparsa
dall’entourage di Oscar. Quest’ultima non poteva sapere, infatti, se si
trattava di una coincidenza o, invece, se che la regina sapeva benissimo che
André era innocente e allora… Quando Oscar, in vista della reggia, giunse a
questa idea, scosse la testa: “No, come posso pensare delle cose del genere
sulla mia regina. Sarà forse un po’ troppo spensierata, ma non è né
ingiusta, né crudele. Non avrò che da parlarle!”
La
prima sorpresa arrivò verso le dieci, quando il conte de Girodelle la prese in
disparte per annunciarle, in particolare e sempre nel suo stile impeccabile,
che, disgraziatamente, la regina doveva presenziare a tutte le udienze della
giornata e non poteva, con suo grande rammarico, almeno così assicurava il
conte, incontrarsi con il comandante delle Guardie Reali, e proponeva che Oscar,
anche lei, le domandasse udienza.
La
ragazza saltò al collo dell’ufficiale che la osservò con grande dolcezza e
comprensione. Lei avvicinò il viso a quello del giovane ufficiale per dire con
una voce smorzata dalla rabbia che riusciva a malapena a contenere: “Queste
non sono sciocchezze, ne va della vita di un uomo! Io non permetterò mai che
André sia impiccato come un ladro di strada! Mai! Mi capite?”
“Certo,
colonnello, lo capisco, tanto più che ho richiesto personalmente un’udienza a
sua Maestà, e allo stesso tempo mi sono preso la libertà di chiedere un minuto
del suo tempo a vostro nome. Se, per miracolo, dovessi ottenere l’incontro con
le Loro Maestà prima di voi, mi permetto di invitarvi ad unirvi alla
conversazione. Sarebbe un onore, e forse un mezzo per sistemare una cosa che mi
sembra un doloroso equivoco.”
Oscar
si calmò rapidamente davanti a quel tono calmo e ad una risposta così logica.
Di sicuro avrebbe dovuto prevedere che Girodelle non le avrebbe mai dato una
tale notizia senza aver preparato una scappatoia. Sentì la rabbia scemare, ma
non la disperazione che continuava a invaderla. Che fare se l’udienza non
fosse arrivata prima della sentenza? Prima che il suo viso tirato la tradisse,
girò sui tacchi e andò più veloce che poté incontro alle sue truppe.
Durante
tutto il pomeriggio Oscar si comportò come il più severo dei colonnelli, non
lasciando un attimo di tregua ai suoi uomini. Poi, quando finì a sua volta il
proprio turno di guardia, si preparò a lasciare la cinta del castello.
Stava
andando dunque a prendere il suo cavallo legato ad una delle pesanti griglie
sorvegliate del cortile, quando si sentì chiamare. Automaticamente si girò e
vide il cavallo grigio di Girodelle che si avvicinava al galoppo. Fu tentata di
non aspettarlo, dopo tutto, proprio non se la sentiva quella sera di
intrattenere una qualsiasi conversazione, tuttavia il conte aveva dato prova di
bontà e presenza di spirito quella mattina, per cui tirò le redini e fermò il
cavallo.
Oscar
osservava il giovanotto avvicinarsi. Portava ancora il copricapo delle Guardie
Reali, e i suoi capelli erano appena mossi dal vento.
“Si
avvicinerà a me, e ogni capello ritornerà al suo posto!”, pensò tutto ad un
tratto Oscar, paragonando l’impeccabile ufficiale al suo amore in prigione.
André era una persona allegra e per niente preoccupato del suo aspetto
esteriore. Certo, era molto seducente, Oscar non poteva negarlo, ma questo
proveniva più dal suo fascino e dal suo carattere, che dal suo fisico, dalle
sue larghe spalle, dal suo torace possente, dai suoi occhi intelligenti e dolci,
e dispettosi…
“Basta,
Oscar! Ti fai solo del male! Come speri di salvarlo se cominci a divagare come
se fosse già morto!”
Al
pensiero, il suo viso si era adombrato.
“Bene,
spero che non facciate questa faccia per causa mia!”, risuonò una voce
solitamente poco canzonatoria.
Girodelle
l’aveva raggiunta e adesso le loro due cavalcature oltrepassavano il portale
d’ingresso alla stessa andatura.
“Oscar”-
esordì Girodelle con una voce titubante che non gli si confaceva- “forse mi
sto immischiando in cose che non mi riguardano, ma se voi continuate a far
lavorare le guardie a questo ritmo, non ne resterà più neanche uno nel giro di
un mese! Questo perché alcuni se ne saranno andati, e altri saranno morti di
fatica! Io… io comprendo che questa odiosa storia vi affligge, ma visto che
non ci possiamo fare niente, vi prego, sforzatevi di trattare meglio i vostri
uomini.”
Oscar
ascoltava, stordita. Era dunque così trasparente? Sì, lo era, anche senza
nulla togliere alla perspicacia del conte che non aveva mancato di notare quel
comportamento eccessivo da parte sua. Molto infastidita per essersi lasciata
andare davanti ai suoi uomini, allo stesso tempo fu contenta che il conte avesse
deciso di avvisarla in privato. Cosa che faceva davvero onore alle sue qualità
di discrezione. Del resto Girodelle era un uomo molto discreto.
“Vi
ringrazio, signore, di avermi avvertito sulle conseguenze del mio comportamento.
Mi dispiace per oggi. Suppongo che quanto è accaduto mi abbia colpito più di
quanto immaginassi…”- disse Oscar col tono più distaccato che le riuscì.
“Basta
con queste stupide gentilezze, ve ne prego Oscar. Ci conosciamo ormai da molti
anni, e comprendo perfettamente che non possiate sopportare questa ingiustizia
che sta per privarvi di qualcuno che vi è così caro come il vostro André. Se
volete battervi, però, i vostri uomini non sono gli avversari giusti… in
realtà tuttavia avete ragione a non
volervi arrendere. Ho sempre ammirato questo in voi. Ho ottenuto la mia
udienza fra tre giorni alle due del pomeriggio nel piccolo gabinetto. Vediamoci
lì davanti, e vi assicuro che riusciremo a salvarlo!”
Dopo
aver spronato il cavallo, il conte scomparve in un sentiero laterale, lasciando
Oscar confusa, che conduceva il cavallo fino alla dimora dei Jarjayes.
Che
altro poteva fare? Suo padre si era rammaricato per l’incidente, temendo più
che altro di perdere i servigi dei suoi più leali servitori, piuttosto che
pensare alla colpevolezza o meno di André. Non che ne dubitasse, ma si atteneva
alle decisioni della corte, e alla giustizia di Sua Maestà, e non gli passava
neanche per la testa di intervenire in tali deliberazioni.
Oscar
oltrepassò i cancelli del suo palazzo. Stava per lasciare il cavallo nelle
scuderie, quando prese una rapida decisione. Rimontò a cavallo, su quello più
bello, e scomparve di nuovo nel bosco.
Parigi
non era molto lontana, e Oscar arrivò davanti all’edificio ben prima del
tramonto. L’imponente costruzione di pietra massiccia si stagliava nel cielo
come un’imponente fortezza. La facciata era cupa e sporca, e il tutto aveva
un’aria sinistra. Oscar non poté impedirsi di reprimere un brivido quando,
all’ingresso, attaccò il cavallo alla griglia. Entrò nel cortile senza
troppi problemi. Probabilmente la sua uniforme fungeva da garanzia sulla sua
moralità, o forse le guardie della prigione l’avevano già riconosciuta? In
fondo, era estremamente insolito che un colonnello delle guardie reali si
scomodasse ogni giorno per andare a trovare un condannato a morte, oltretutto
per un crimine nei confronti di un membro della nobiltà.
Le
guardie ignoravano pressappoco tutte le accuse contro i loro prigionieri,
secondo il volere della Corona francese, ed erano già sufficientemente
preoccupati di conservare il loro impiego al meglio, e di non finire nelle loro
stesse celle, per fare domande inopportune. Così avevano preso
in custodia il suddetto André Grandier, che doveva essere giustiziato
nel fine settimana, limitandosi semplicemente a sorvegliarlo e a portargli da
mangiare, senza mai dirgli una parola.
Il loro
prigioniero, bisognava dirlo, non creava grossi problemi; contrariamente agli
altri che proclamavano la loro innocenza, anche di fronte a prove schiaccianti(
e costoro erano condannati a pene di gran lunga più miti!), quello non diceva
una parola.
Non
cercava nemmeno di evadere. Se ne restava seduto per lunghi istanti sulla dura
panca che gli fungeva da letto, e osservava il muro con uno sguardo lontano,
molto dolce, ma molto triste e malinconico; quasi non mangiava, anzi restituiva
i piatti intatti, non buttava giù proprio niente. Il condannato perfetto! I
guardiani quasi si dispiacevano del fatto che dovesse essere giustiziato tra così
breve tempo; l’avrebbero volentieri scambiato con qualche altro criminale di
bassa risma.
L’elemento
più strano, dopo la sua incarcerazione nella celebre Bastiglia, era stato
l’estrema rapidità del processo e la discrezione delle procedure.
Soprattutto, e questo anche prima dell’inizio del processo, ogni giorno questo
stesso colonnello della guardia reale veniva a fargli visita.
Ogni
giorno, presumibilmente dopo il suo turno di guardia a Versailles! Vi restava
circa un’ora, e ne riusciva con lo sguardo dell’uomo determinato e pronto ad
agire. Della loro relazione, le guardie non ne sapevano niente. E si guardavano
bene dal volerne sapere qualcosa!
Avevano
parlato con questo Oscar François de Jarjayes all’inizio, per accertarsi
sull’identità del visitatore, ma in seguito, gli diedero volentieri carta
bianca per poter discutere a suo agio con il condannato.
Quest’ultimo,
tuttavia, dopo l’annuncio della sua condanna a morte, non aveva minimamente
cambiato le sue abitudini, e le guardie, sapendo che ormai vi era poco tempo, e
notando vagamente uno strano legame tra i due “uomini”, lasciavano ormai
entrare il colonnello nella cella del prigioniero, e venivano ad aprirgli la
porta dopo circa un’ora. Questa soluzione sembrava andasse bene per entrambe
le parti.
Oscar
salutò rapidamente la sentinella che non accennò nemmeno a fermarla prima che
lei scomparisse nella tromba delle scale; al terzo piano, in una piccolissima
cella della torre est, il prigioniero aspettava la fine della settimana per la
sua liberazione dal mondo.
Quando
Oscar si accostò alla porta, un piccolo soldato grassoccio apparve dal nulla e
afferrò la grossa chiave per aprirle la porta: era già da parecchio tempo che
non guardavano in anticipo se il condannato era lì vicino e pronto a saltar
fuori dalla sua prigione. Se ne stava sempre seduto sulla sua panca; così la
guardia fece accomodare il colonnello e poi richiuse meccanicamente la porta
dietro di lei.
Oscar
udì i suoi passi perdersi nel rumore lontano delle grida degli altri
prigionieri.
André,
come d’abitudine, restava seduto di spalle alla porta perfettamente immobile.
Oscar
non riusciva a vedergli il viso, rivolto contro il muro, ma ne indovinava
facilmente lo sguardo, tipico di chi ha pianto a lungo; del resto lo trovava così
ogni giorno. Vinto, aspettando la morte; Oscar poteva sopportarlo a stento.
Aveva provato di tutto, ma non poteva salvarlo dalla sua orribile sorte. Questa
volta, tuttavia, con l’aiuto di Girodelle, aveva avuto la fortuna di ottenere
questa udienza insperata entro il fine settimana.
Era una
flebile speranza, ma per Oscar era l’unica cosa che riusciva a tenerla a un
passo dalla follia.
Si
sedette accanto a lui sul suo duro giaciglio.
“André,
sono riuscita ad ottenere un’udienza questo venerdì alle due. Avvertirò
sua Maestà della tua situazione.”
André
si era girato. Oscar si era sbagliata ancora. Non era la rassegnazione o la
tristezza che gli leggeva negli occhi, ma la rabbia. Una rabbia stemperata che lui soffocava a malapena; allora lui l’afferrò per le spalle e cominciò a
scuoterla come fosse un fuscello:
“Ma
allora tu non vuoi proprio capire! A sua maestà non importa niente che io
muoia, sabato, domenica o un qualsiasi altro giorno della settimana. Sanno bene
che sto per morire, ma almeno, il loro segreto muore con me. Questa infame
transazione restituisce a questo Tesoro di Stato, che la povera contessa ha ben
volentieri offerto loro, un stato di Santità! Non capisci che se ne
infischiano, che tutto il mondo se ne infischia! E tu, tu vieni a trovarmi ogni
giorno, tu ti fai beffe di me con la mia innocenza e il tuo amore. Il nostro
amore muore con me, e so perfettamente di essere innocente. Io divento pazzo, lo
capisci allora, divento PAZZO!!!”
Smise
di urlare quando Oscar, liberatasi dalla sua stretta, lo schiaffeggiò con tutte
le sue forze. Lo guardò, ansimante, e con le gote in fiamme:
“Io
ti salverò André, che tu lo voglia o no, ma non dire mai più che il nostro
amore è morto!”
Lui,
allora, la prese tra le braccia, incapace di resistere. Con il corpo
rannicchiato contro il suo sentiva un po’ meno il dolore. ”Ti amo…ti
amo” le ripeté disperatamente all’orecchio e baciandole il collo. Oscar si
sentì come un fantoccio privo di volontà, il collo teso e le mani
immobilizzate; lei, allora, afferrò il grezzo materiale della sua camicia di
condannato, e finì per passare una mano esigente al di sotto, sulla pelle
palpitante di André che già respirava a fatica.
Lentamente
lui la spinse sul duro materasso e cominciò a spogliarla, prima l’uniforme,
poi la camicia; la bianca pelle di Oscar fremette ad ogni sua carezza e quando,
infine, lei fu nuda fino alla vita, credette di venir meno sentendo la lingua
del giovane sulla punta di uno dei suoi seni, che subito s’inturgidirono.
Quando
il piccolo guardiano ritornò per aprire la cella, trovò un’aria piuttosto
strana dipinta sul volto del colonnello, ma siccome non voleva saperne troppo,
si prese gran cura di ignorarlo, dimenticandosene prima di potersi porre anche
la più piccola domanda.
Il
venerdì successivo trovò il conte de Girodelle, non troppo scontento di lui
(abbastanza fiero di lui), e Oscar nervosissima in attesa della loro udienza nel
piccolo salone.
“Di
grazia, mio colonnello, comprendo l’importanza di questa richiesta, ma fareste
meglio a calmarvi!”- dichiarò il giovane, che di solito teneva per sé le sue
osservazioni.
“E’
strano, André mi avrebbe dato lo stesso consiglio, e tuttavia Girodelle non
apprezzava affatto l’audacia con cui lui si rivolgeva a me !”
Questo
pensiero la divertì, e riuscì a calmarla per un po’. Quando il maggiordomo
si incaricò di accompagnarli nel salone delle udienze, Oscar ebbe un piccolo
colpo al cuore, ma Girodelle, discretamente, le rivolse un piccolo sorriso in
tralice, e lei entrò per prima decisa a perorare la sua causa.
Il re e
la regina ebbero un attimo di imbarazzo nel vedere entrare il colonnello a cui
dapprima, avevano rifiutato l’udienza, e Girodelle dovette fornire una
spiegazione sulla sua presenza. Alla fine, siccome non si poteva attribuire la colpa
a due “monarchi divini”, la coppia reale si rilassò e accolsero la
richiesta di Oscar con magnanimità.
La
regina pregò il re di rendere ad André la sua libertà. Se non si poteva
provare che la contessa aveva mentito, e non vi era traccia di relazione
sessuale con quest’uomo, forse avrebbero potuto restituire il giovane alle
dipendenze del buon colonnello. Quest’ultimo, del resto, non si era sempre
dimostrato leale verso la Corona?
Il re,
tuttavia, era preoccupato dell’immagine pubblica. Come poteva, infatti,
tralasciare il fatto che la nobiltà era stata dileggiata? Se ci fosse stato
anche il più piccolo rischio che il crimine commesso da quel plebeo fosse stato
vero (e gli sarebbe stato tremendamente difficile non parlare delle implicazioni
finanziarie di una tale decisione), allora , senz’altro, egli avrebbe dovuto
pagare! Tuttavia, essendo un essere buono e giusto, e di fronte alle suppliche
dei suoi fedeli servitori e di sua moglie, il re decise che l’impiccagione non
avrebbe avuto luogo. André, tuttavia, sarebbe rimasto rinchiuso fino alla fine
dei suoi giorni alla Bastiglia, così lo scandalo si sarebbe smorzato, e, almeno
per il momento, avrebbe avuto salva la vita.
L’udienza
fu conclusa prima che Oscar potesse protestare.
Quando
le porte del salone si richiusero dietro di loro, Oscar sentì il suo corpo
tendersi per gli spasmi e si precipitò in una sala da bagno.
André
apprese la buona nuova la domenica sera, prima che potesse credere che gli si
veniva ad annunciare la propria esecuzione. Oscar non veniva a trovarlo da quasi
tre giorni, e non era stata nemmeno lei a dargli la notizia. Affranto per la sua
assenza, stava quasi per rimpiangere una morte che gli avrebbe risparmiato
l’orribile sensazione di tradimento che cominciava a farsi preponderante in
lui.
“Non
mi ama più, oppure non vuole più sentirsi oppressa dalla mia presenza in
prigione. E’ vero, mi ha salvato la vita. Ma a che scopo?”
Cominciava
davvero a parlare da solo, per cercare di capire. Si disse che stava diventando
pazzo, e che, in fondo, aveva avuto ciò che si era meritato. Come aveva osato
pure immaginare di poter dividere la sua vita con la sua Dea Bionda? Lei era
nobile, lui no. Lei si era avvilita quando lui era ancora un uomo libero. Al
momento…forse… lei non sopportava quel disonore! O forse le era successo
qualcosa! Non lo voleva più vedere, o non lo poteva più vedere?
Davvero…
stava per diventare pazzo.
Oscar
entrò nella camera della vecchia nutrice di buon mattino; aprì gli scuri e
spalancò al massimo le finestre in modo da far entrare più aria fresca
possibile.
La
nonna non si era più alzata, ma ad Oscar faceva piacere occuparsi di colei che
un tempo l’aveva allevata.
Improvvisamente,
fu presa da una forte nausea e andò a vomitare tutta la sua colazione nella
stanza adiacente che fungeva da sala da bagno.
Quando
rientrò, trovò l’anziana donna seduta sul letto che osservava con
preoccupazione l’aspetto così pallido della sua protetta che era, adesso, una
bellissima donna.
“Mio
Dio, Oscar. Perché non me l’hai detto? Aspetti un bambino, vero?”
La
ragazza la guardò interdetta. Infine si
avvicinò al letto e andò a posare la sua testa sulla spalla della vecchia
donna.
“Sì,
nonna. Ne ho avuto la conferma due giorni fa da un medico di Parigi. Ho paura.
Non so che cosa fare!”
NOTE:
come ho detto prima, capisco che tutto ciò può sembrare poco plausibile e per
un discreto numero di ragioni:
·
Innanzitutto
non sapevo affrontare il tema del processo, allora l’ho omesso. Mi sembra
evidente che tutto si sarebbe svolto in maniera ben diversa. In più, conoscendo
il carattere” bollente” di Oscar, dubito che se ne sarebbe stata con le mani
in mano! Però avevo bisogno di garantirmi una pena di lunga durata.
·
Perché
il re intervenga in un processo contro un borghese, soprattutto se il verdetto
favorisce una nobildonna di Corte, la cui fortuna apporta un aiuto sostanziale
alle casse del Regno? Potremmo giustificare questo considerando
l’intromissione di Oscar e delle sue suppliche nei confronti del Re e
soprattutto della Regina.
Continua...
mail to: amarisee@yahoo.co.uk
Traduzione: Annarita Giannelli Mail to annyg@libero.it