Pazienza
Capitolo Secondo
Traduzione: Annarita Giannelli, Revisione: Laura Luzi
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Lo so,
i capitoli non sono uguali. A me questo piace molto.
Note:
Comprendo che tutto ciò può sembrare inverosimile. Da quando in qua una regina
chiederebbe un parere finanziario al proprio comandante della guardia? Come
avrebbe osato del resto, divulgare un segreto di Stato? Ho tenuto conto però
dell’amicizia che legava le due donne e poi Oscar avrebbe compreso lei stessa
la situazione molto presto. Per quanto riguarda la contessa, l’accesso a Corte
più per motivi di ricchezza che per motivi nobiliari, è tutto sommato
abbastanza verosimile per l’epoca. Ebbene avevo bisogno di questa premessa per
il capitolo seguente e dopotutto…questa è una fiction!
Dopo
una tale vacanza, Oscar accolse il suo ritorno a Versailles a braccia aperte.
Quando
arrivò a Versailles all’alba, badando bene ad allontanare André affidandogli
qualche lavoretto secondario, fu quasi rapita dall’agitazione che vi regnava.
Il suo buon umore scomparve del tutto quando notò l’agitazione della Regina.
Quest’ultima usciva da una spaventosa udienza in cui si era sollevata più di
un’accusa sulle sue spese personali; eppure sorrise nel vedere il suo
Colonnello della Guardia.
“Oscar
ormai non avete più il diritto di riposarvi. Non so perché, ma mi sembra che i
miei problemi siano meno pesanti da sopportare quando voi mi sostenete.”
“Vostra
Maestà mi fa troppo onore, tuttavia la Corte non si è fermata durante la mia
assenza”.
“E’
proprio questo il problema, mia cara Oscar. Non si ferma mai! Ed io non so che
fare per queste ultime preoccupazioni.”
Le due
giovani donne discutevano mentre passeggiavano in uno dei numerosi parchi di
Versailles, scegliendo con cura la loro traiettoria al fine di evitare orecchie
indiscrete. Tutte le persone al seguito di Maria Antonietta erano di assoluta
fiducia, e si tenevano ad almeno venti passi di distanza.
Oscar
osservava il viso della sua Regina, di solito spensierato in una giornata
splendida come quella, ma che sembrava effettivamente illuminarsi solo nel
posare lo sguardo sul suo colonnello.
“Ebbene”
- disse infine - “so che posso farvi una confidenza, ed ho bisogno di un
consiglio piuttosto importante per una questione delicata. Non dubito che il
Consiglio sistemerà la questione, tuttavia, per mia sicurezza, vorrei una
seconda opinione. Sono innanzitutto la Regina di Francia, ed è mio dovere
pensare alla Nazione prima di tutto… Oscar, il Trono traballa. Le chiacchiere
corrono, ma è niente paragonato alla nostra situazione finanziaria… Se
scoppiasse una guerra, dubito che saremmo in grado di approntare un esercito.
Poche persone accetterebbero un credito e, disgraziatamente, tutti sanno che al
momento le casse dello Stato sono vuote. Mi si addita come la responsabile. E’
una crudele infamia!”
Oscar
si fermò di colpo. Era stupefatta da tanto candore, ma comprese subito ciò che
costava a Maria Antonietta chiederle un consiglio di quel tipo, e quindi non
fece osservazioni inopportune.
“Vostra
Maestà ha il dovere di condurre una vita degna del suo rango, non potrei dire
altrettanto dei numerosi sfruttatori a Corte. Biasimare chicchessia non
risolverà certo questo spinoso problema”.
Maria
Antonietta si era fermata anche lei e arrossì violentemente.
“Oscar”
- fece lei con voce lacrimosa, quasi come quella che utilizzava, bambina, o se
non altro, quando Oscar l’aveva incontrata per la prima volta - “penso a voi
come ad un’amica, ditemi che cosa devo fare? Con i tempi che corrono dubito
che un aumento degli affitti e delle tasse possa essere sufficiente; e non posso
nemmeno privare i miei amici a Corte delle loro rendite…”
“Non
vorrei spingermi su una questione che non conosco affatto. Se però Vostra
Maestà desidera aspettare per saldare i miei emolumenti, niente mi farebbe più
piacere che servire Vostra Maestà. Per il resto, devo dire che il popolo non
vedrà di buon occhio un aumento delle imposte che già lo soffocano. Consiglio
a Vostra Maestà di riguardare nel proprio patrimonio e di contare sui veri
amici della Francia…”
“Come,
io regina di Francia, abbassarmi a mendicare?” Il tono era incredulo e recava
una nota di collera.
“State
tranquilla Maestà. Chiunque ha sentore delle disavventure in cui versa la
Corona, se le è fedele, non potrà astenersi dall’offrirvi credito; non
avrete niente da chiedere”.
Questo
sembrò calmare Maria Antonietta, che riprese a camminare di buon passo.
Non
parlarono più che del tempo, delle siepi maestose “scolpite” nei piccoli
giardini, dei roseti che esplodevano di colori, e la Regina sembrò
rasserenarsi. Maria Antonietta era intenta ad organizzare il primo ballo di
primavera (“Dopotutto questo orribile inverno non potrà durare ancora per
molto”), quando si fermò nel grande viale davanti ai gradini del secondo
salone dei ricevimenti, da dove proveniva il suono di un’allegra aria al
pianoforte.
“Oh
Oscar, bisogna proprio che incontriate la nostra ultima arrivata. E’ una
giovane davvero incantevole e allegra come un mattino d’estate; non è di
altissimo lignaggio, ma il suo casato è molto antico e si dice che le sue
proprietà siano le più ricche del Nord”.
Maria
Antonietta salì in fretta la scalinata seguita da una Oscar un tantino
sorpresa. Il salone dei ricevimenti era aperto, e alcune dame si trovavano già
ai tavoli: si alzarono di scatto nel vedere Maria Antonietta, e la musica
s’interruppe.
“No
no, signore, vi prego, continuate pure. Madame de Roussel, continuate pure a
suonare questa musica ammaliatrice. Il vostro tocco è così leggero, e io amo
ascoltare musica allegra !”
Quando
anche Oscar entrò nella grande sala, intravide alcune dame mormorare al suo
indirizzo e seguì con gli occhi il suono fino al piano. Seduta dietro al grande
strumento nero, una figura dal bel personale, anche seduta, dal volto delicato,
anche se un po’ troppo truccato, sembrava completamente assorbita dalla
musica. Il suo vestito verde e oro, sontuoso come quello di una regina, era
all’ultima moda, come testimoniavano le ricche maniche ricoperte di pizzi e di
seta fino ai polsi, e si abbinava
perfettamente alla scura capigliatura di un bruno dorato, che si indovinava
abbondante malgrado la sapiente impalcatura della sua acconciatura.
Appena
ebbe finito il suo pezzo, si alzò con premura e passò davanti al pianoforte
per rendere omaggio alla Regina. La quale ne divorava con gli occhi la ricercata
toilette, ma si affrettò a presentarle il colonnello:
“Colonnello
Oscar François de Jarjayes vi presento Madame Artemise contessa de Roussel. Ci
ha raggiunto a Versailles da sola in quanto il suo povero marito è ammalato e
ha espresso il suo più profondo rammarico per non essere presente qui con noi;
ritengo tuttavia che il soggiorno della signora contessa sarà comunque fra i
più gradevoli”.
“Vostra
Maestà mi fa troppo onore…”- disse quella inchinandosi profondamente
dinanzi ad Oscar. -“E’ dunque questo il prode colonnello di cui mi avete
tanto parlato, e per il quale tutti non tessono che elogi?”
“Madame
mi fa, anch'ella, troppo onore, e io non faccio che servire Sua Maestà meglio
che posso”.
M.me de
Roussel aveva uno sguardo penetrante, e Oscar non poté reprimere un vago
brivido, che riuscì a non lasciar trasparire. E, d'altra parte, Maria
Antonietta sembrava incantata da questa nuova amicizia che, con le sue
chiacchiere e i suoi giochi, le ricordavano la vita spensierata della sua
giovinezza.
M.me de
Roussel, seppe ben presto Oscar, era a conoscenza delle difficoltà finanziarie
del Regno; non voleva, infatti, prendere parte che a quei giochi in cui la
Regina non avrebbe speso neanche un soldo e aveva perfino rifiutato la rendita
che Sua Maestà le aveva accordato al suo arrivo a Corte, dichiarando che la sua
unica gioia era di poter gioire della presenza delle ”Grandi Figure” di
Corte. Sembrava incantata e voleva approfittare il più possibile della
compagnia della Regina. Ciò che impressionò a sua volta Maria Antonietta, che
si estasiava di fronte a tanto buon cuore e generosità.
Oscar
rifletté che forse aveva giudicato la nuova venuta un po’ troppo in fretta,
tuttavia non riusciva a sentirsi a suo agio in sua presenza. In fin dei conti,
non sarebbe stata tenuta a parlare alla contessa più di quanto le fosse
richiesto dalla buona educazione e decise così di tenersi alla larga. Il tutto,
tenendo d’occhio la sua “ingenua” Regina.
Quando
Oscar tornò a Palazzo Jarjayes più tardi quella sera stessa, trovò Rosalie e
André seduti in salone, entrambi avevano chiaramente terminato di attendere ai
propri studi o ai propri compiti, e discutevano vivacemente. Li raggiunse
subito.
“Si
dice che M.me de Roussel abbia passato tutto il suo tempo a prendersi cura del
suo vecchio marito. Deve avere un cuore d’angelo per amare un uomo che ha tre
volte i suoi anni”, dichiarò Rosalie con una nota d’ammirazione.
“Oh
io non penso che l’amore vi abbia molto a che vedere. è di antico casato, ma di piccoli mezzi. Cosa ne pensi tu,
Oscar?”
“Veramente
non ci tengo a parlare ancora della Contessa. Maria Antonietta me ne ha già
parlato per tutta la giornata. è
molto seccante, oltretutto. Sua Maestà passa tutto il suo tempo al suo
fianco”.
“E’
strano, non ti facevo così cinica. A meno che la contessa non ti piaccia,
sembrerebbe intuito femminile!”
“André
tu non perdi mai l’occasione di stare zitto. Ti assicuro che non posso ancora
rimproverare niente a questa M.me de Roussel, ma l’esclusione di ogni altra
cosa rende di importanza capitale la sua presenza a Corte in questi giorni. Temo
che abbia troppa influenza sulla Regina e che questa trascuri i suoi doveri per
intrattenersi su temi più leggeri con la sua nuova amica”.
“Guarda
un po’, non sarai mica gelosa?”
“Questa
volta avresti fatto meglio a tacere. Io penso innanzitutto al Trono di Francia.
Non è forse questo il mio dovere?”
Su
questa frase girò sui tacchi. André la seguì con lo sguardo. Uno sguardo di
rammarico. Oscar non gli aveva rivolto più di tre parole dopo l’alterco del
giorno prima.
“Buonasera
Oscar”, fece Rosalie con una voce che desiderava sembrasse meno disperata.
“Buonasera…”,
le rispose una voce fredda, ormai lontana.
“Insomma,
non so proprio cosa succeda ad Oscar, ma da due giorni mi sembra molto distante.
André, per caso ne conosci la ragione?”
“Ho
paura di sì, Rosalie; abbiamo avuto una discussione piuttosto animata ieri.
Credo di averla offesa. Ma ti assicuro che non avevo cattive intenzioni.“
“Lo
so”, disse Rosalie, allungando il braccio per posare la sua mano su quella di
André che, dopo quella spiegazione, si era tutto raggomitolato, “Voi due
siete come fratello e sorella. Vedrai, si sistemerà tutto. Tuttavia mi
sorprende che Oscar si sia indispettita così facilmente.”
“Non
sono stato molto carino, ma Oscar è forte,
mi manderà sicuramente a quel paese
e dopo si sentirà subito meglio.”
“Tu
le vuoi molto bene, vero? Anche io…”
André
si meravigliò di quella semplice confessione e guardò la ragazza che aveva
lasciato la mano nella sua. Lei gli rivolse uno sguardo benevolo e continuò con
un gran sorriso: ”Beh, forse voi due non approverete, ma se incontrerò questa
famosa contessa de Roussel intendo farle capire che è la benvenuta. Dopotutto,
non è il minimo di cortesia?”
E
strinse forte la mano ad André prima di alzarsi senza guardarlo e gli lanciò
un “Buonanotte!” furtivamente.
André
rimase seduto a guardarsi la mano, poi si alzò, prese il suo mantello dalla
spalliera della sedia e salì le scale fino in camera sua.
Passando
davanti a quella di Oscar, notò il leggero bagliore di una candela dietro la
porta e bussò tre colpi.
“Entra”,
gli rispose lei con una voce stanca, ma più amichevole di quanto lui non avesse
udito da tre giorni.
Varcò
la porta e gettò uno sguardo alla camera di Oscar. La sua amica, di solito
così ordinata anche grazie all’aiuto di sua nonna e delle domestiche, aveva
chiaramente risistemato i suoi appartamenti: ciò nonostante i candelieri
sembravano in disordine! Oscar era seduta sul letto, in camicia e pantaloni
dell’uniforme. Sembrava stanca morta.
“Oscar,
volevo semplicemente chiederti scusa per le mie parole pesanti di ieri. Non so
che mi è preso. Sono diventato molto diffidente riguardo i miei affari,
senz’altro da quando ho sentito tutti quei pettegolezzi a Versailles. E poi,
ho reagito male a vederti stare in pena. Hai ragione, non sono affari miei e non
ne parlerò più.”
Oscar
non rispose, ma gli intimò con un piccolo gesto della mano di raggiungerlo sul
letto. Si distese completamente, di modo che i piedi toccassero terra, le sue
gambe fossero a metà sopra il letto, ma la sua schiena riposasse sulle coperte,
e André le stava vicino, quasi sopra di lei. Lei gli prese la mano. André ebbe
un leggero sussulto quando notò gli stessi gesti di Rosalie, ma si trattava di
Oscar, e la lasciò fare. Infine, lei parlò, con voce lenta e spossata:” Lo
so André, sono stata proprio una stupida. Non avrei dovuto innervosirmi, tanto
più che tu ti stavi preoccupando per me. Credo di stare faticando ad accettare
tutto ciò che accade a Corte in questi giorni.”
Si
raddrizzò in fretta, la mano sempre in quella di lui, che adesso stringeva con
più forza. Il suo sguardo, allo stesso livello di quello di André, aveva ora
la stessa insistenza, come se cercasse aiuto, e André ci si perse, al punto che
rimase ammutolito per parecchi secondi.
“Dimmi,
verrai con me a Versailles?”
“Certo
Oscar, lo sai che verrò sempre con te.”
“Va
bene allora. Mi sento meglio.”
Ancora
silenzio per alcuni istanti, poi lei gli lasciò la mano, ma avvicinò il viso
al suo: “E’ vero, non è così? Te lo leggo negli occhi. Come ho potuto
essere così cieca…Tu ami questa donna…”
Ci sono
alcuni sguardi che impediscono di mentire.
“Sì.”
Disse André semplicemente.
“E’
bella?”
“Più
dell’aurora.”
“La
conosco?”
“…
o pensi di conoscerla”
“Dovrebbe
sentirsi molto felice di essere amata da un uomo come te, e molto sciocca per
non condividere questi sentimenti”.
André
non poté reprimere un sorriso.
“Bene,
Oscar, dato che avremo una giornata piena domani, credo che me ne andrò a
letto. Hai bisogno ancora di qualcosa? Una cioccolata?”
“No,
credo di aver appena bevuto il mio ultimo cioccolato per oggi. Figurati è anche
la bevanda preferita della nostra cara M.me de Roussel”
“Allora
non può essere così cattiva!“, disse André strizzando un occhio, mentre si
alzava.
Raggiunse
la porta.
“Buonanotte,
Oscar. Credo che stasera mi farò una bella dormita.”
“Buonanotte,
André”.
E si
chiuse la porta alle spalle.
L’indomani,
in effetti, si rivelò già molto migliore. Oscar e André erano andati a
cavallo a Versailles di buon mattino. Il tempo sembrava essersi messo
definitivamente al bello, e i giardini risplendevano. Appena scese da cavallo,
un lacchè venne ad invitare Oscar a raggiungere la Regina nel piccolo salone,
lo stesso in cui il pianoforte di M.me de Roussel veniva suonato quasi
quotidianamente.
André
si affrettò a seguire Oscar che camminava a grandi falcate lungo gli immensi
corridoi del palazzo, i passi che risuonavano con decisione. Quando entrarono
nella stanza, la Regina era effettivamente intenta a parlare con la Contessa che
si era accomodata dietro la tastiera. Oscar porse i suoi saluti alle due dame e
poi si affrettò a chiedere le ragioni di tanta urgenza.
La
Regina era impaziente. Poco mancò che non saltasse di gioia.
“Caro
colonnello, pensate M.me de Roussel ha deciso di acquistare un maniero di
proprietà della Corona che si trova a dieci miglia da qui; in questo modo lei
potrà restare a Corte e darmi la gioia della sua compagnia per molto tempo. Il
Re ha dato il suo consenso, dato che si tratta di una proprietà di cui
pensavamo di disfarci comunque al più presto. Conoscete le nostre difficoltà
finanziarie…”
Oscar
annuì: ”Certo, Vostra Maestà, ne sono felice e auguro alla Contessa ogni
bene nella sua nuova dimora, ma in che modo tutto questo mi riguarda?”
“Oscar,
dopo aver sentito i racconti delle vostre imprese e aver compreso la vostra vera
natura…- Maria Antonietta fece una pausa - credo che la Contessa , alla fine,
avrebbe indovinato comunque. Oscar non me ne volete vero?”
“Vostra
Maestà come potrei avercela con voi? Io non sono che un vostro umile servitore
(inchino).”
“Suvvia
Oscar, veniamo ai fatti: ecco, la Contessa ha espresso il desiderio, dal momento
che, dopo una spiacevole storia che mi ha raccontato, lei non fa più
affidamento nei pubblici funzionari, né tantomeno in coloro che investono
denaro altrui, insomma lei desidera che siate voi ad occuparvi delle transazioni
e che le consegniate di persona l’atto di proprietà. Si sentirebbe più
rassicurata nelle vostre mani. Non è questo che mi avete detto, parola per
parola, mia cara amica?”
“Sì
Vostra Maestà”, rispose la contessa, alzandosi dallo sgabello e abbozzando
anche lei una piccola riverenza.
Oscar
era sbalordita. Cos’era dunque, quell’intrigo?
“Allora,
Oscar, cosa ne dite? Ve ne prego, fate questo piacere alla vostra Regina. La
Contessa, d’altronde, si è dimostrata molto generosa nel suo prezzo
d’acquisto”.
“Intendo
aiutare la mia Regina al meglio delle mie possibilità, e non vorrei certo
umiliarla con un dono o un prestito in denaro, così questo acquisto mi è
sembrato perfetto!”, rincarò la contessa. “Del resto, è proprio perché si
tratta di una forte somma di denaro, che vorrei il più retto e nobile servitore
di Sua Maestà come intermediario.“
“Comprendo
Madame, e vi ringrazio da parte sua”, replicò Oscar con voce asciutta. “Non
mi resta che recuperare questi documenti al più presto, in modo tale da poter
iniziare questa delicata transazione immediatamente.”
Maria
Antonietta era fuori di sé dalla gioia. Osservò a turno le sue due amiche e,
per un breve istante, dimenticò il gravoso onere di essere regina. Oscar
indietreggiò di un passo e s’inchinò per palesare il suo congedo, ma la
contessa, colpita dalla felicità della regina, esclamò a sua volta: ”No no,
Madamigella Oscar, poiché è vostro
diritto, restate dunque con noi, ancora per un istante. Vi piacerebbe se
vi suonassi qualche pezzo? Sua Maestà afferma che le mie dita sono così
agili… Oh! Ma chi è il vostro affascinante accompagnatore?”
La
contessa aveva scorto André, che era rimasto in ombra, vicino alla porta, non
augurandosi per niente al mondo di impicciarsi negli affari reali, e fin troppo
divertito dallo spettacolo che si svolgeva di fronte a lui. Tuttavia il suo
sorriso scomparve immediatamente quando tutti gli sguardi si volsero verso di
lui. Oscar gli fece segno di avvicinarsi, e la Regina riconobbe il giovane come
il fedele attendente del suo colonnello.
Finse,
dunque, di sgridare Oscar con voce leggera: ”Colonnello, non è molto educato
non presentare i propri servitori quando essi si trovano nella stessa stanza di
una dama! M.me de Roussel, avete notato, ne è rimasta molto sorpresa…”
“Scusatemi,
Vostra Maestà, ma l’importanza dell’affare che stavamo discutendo mi ha
fatto dimenticare i miei doveri più elementari. Signora Contessa de Roussel
questo giovane è al mio servizio, e non domanda altro che di essere al vostro,
se lo desiderate. Il suo nome è André Grandier.”
“-
André? Me ne ricorderò”- disse costei con uno sguardo di apprezzamento
appena dissimulato.
André
ne aveva avuto abbastanza ed era ritornato sui suoi passi, per ritrovarsi
all’incirca dov'era prima. Oscar finalmente salutò, e la Contessa non
insistette oltre. La Regina desiderava ascoltare quella famosa sonata che stava
spopolando a Parigi, e che, guarda caso, la Contessa aveva appena imparato. Le
due donne dunque si accomiatarono, e la Contessa non nascose un languido sguardo
rivolto ad André, che s’inchinò cerimoniosamente, nonostante gli si fosse
gelato il sangue al contatto di quello sguardo tagliente. Non dubitava più,
adesso, dell’istinto di Oscar, ma non immaginava il peggio…
Continua...
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Traduzione: Annarita Giannelli Mail to annyg@libero.it