Nelle mani
parte VII
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Davanti
al camino acceso, aspettando che lei scendesse, aveva lasciato che il suo
sguardo si facesse attrarre dal movimento della fiamma, e ne fissava i bagliori
in un silenzio assorto.
Non
si accorse della presenza di qualcuno alle spalle, finché non si sentì
chiamare.
“André…”
Si
riscosse con un sorriso rapido, e voltandosi avvertì il calore del fuoco alle
spalle: “Nonna”.
Lo
aveva detto con un tono tranquillo e affettuoso. La governante ne fu rincuorata,
e gli fece una carezza. Poi gli sorrise anche lei, e gli prese una mano. Si
sedette – non si sedeva mai, nelle sale padronali – e chinò il capo con un
sospiro.
Allora
lui le si inginocchiò davanti, sollecito, aspettando che parlasse.
La
donna alzò il capo, lentamente, a fissare il volto di quel nipote che aveva
cresciuto e amato come un figlio, quando era rimasto solo al mondo bambino perché
anche sua madre era morta. La sua unica figlia, che aveva lo stesso sorriso
dolce e silenzioso che adesso vedeva brillare davanti a sé, in quegli occhi
verdi.
Lo
osservò, e non poté evitare che una traccia d’ansia velasse le sue parole:
“Come stai, André?”
La
guardò interrogativo, quasi sorpreso. Perché i giovani credono sempre che i
vecchi non capiscano niente di loro?
“Sto
bene. Perché me lo chiedi?”
“Ti
ho visto triste in questi giorni, tesoro”.
Lui
rise, e le strinse la mano parlando con un tono dolce di rimprovero: “Sai,
nonna, sarebbe ora che tu la smettessi di chiamarmi come quando avevo sei
anni”. Le carezzò il viso in modo protettivo: “E poi cos’è questa
storia? Io sto benissimo”. Indicò se stesso con aria scherzosa, e fece
un’espressione stupita: “Ti sembra la faccia di uno triste, questa?”
La
donna tacque un istante, prima di rispondere.
“Sì,
André… sì. Mi sembra triste. E preoccupata come non l’avevo mai vista”.
Allora
lo vide diventare serio, e quel sorriso svanire. Sentì che la lasciava, e lo
guardò voltarsi, darle di nuovo le spalle posando una mano sul
ripiano del camino.
Si
alzò anche lei, gli andò vicino: “André…”
Nessuna
parola uscì dalle sue labbra serrate.
“André,
so quanto le vuoi bene”.
Lui
scosse la testa, con un sospiro: “No, nonna, non lo sai – mormorò -. Non
puoi saperlo, nessuno può”.
“Oh,
André… se io avessi immaginato cosa sarebbe successo, quando ti ho portato
qui…”
Lui
si voltò, e le posò un dito sulle labbra, per impedirle di finire la frase:
“Cosa, nonna? Non mi ci avresti portato? Allora per fortuna che non lo hai
immaginato…”. Lo aveva detto con un tono talmente dolce che le si strinse il
cuore.
“André…
io vi ho cresciuti tutti e due, voglio bene a te e a Oscar come se foste miei
figli”.
“Lo
so. E anche Oscar lo sa, nonna”
“E
vi conosco… io so quanto siete legati, e so che anche lei ti vuole bene…”
“E’
vero, hai ragione”.
“…
e che se solo fosse stato possibile… lei… lei avrebbe capito, André…
voi… Oh, André, io sarei stata così felice se tra voi… se aveste
potuto…”
Si
fermò spaventata: aveva visto passare nei suoi occhi uno sguardo pieno di
dolore e di rabbia.
“Se
avessimo potuto… se fosse possibile! Ma chi lo decide questo, eh? Chi
stabilisce cosa è possibile e cosa no? Tu lo sai? Chi è che decide chi
dev’essere felice e chi non deve esserlo?”
“André…”
“Se
fosse stato possibile… E tu credi che certe cose non si capiscano lo stesso,
anche se sembrano impossibili? Anche se tutto il mondo dice che non sono
possibili?”
“André,
ti prego… mi stai facendo paura…”
La
fissava, mentre parlava, coi pugni stretti all’altezza del petto, con uno
sguardo come fuori di sé. “André…”
Allora
lasciò ricadere le mani, inspirando profondamente: “Scusami nonna, scusami
– lo sentì dire -. Non volevo spaventarti, scusa”. Poi la abbracciò, e
dalla forza delicata di quella stretta, dall’altezza della sua statura, dal
silenzio trattenuto di quei suoi gesti, lei si accorse che quel bambino era
diventato un uomo, e che conosceva il dolore.
“Ti
voglio bene”, le disse, ma non era il tono di quando aveva sei anni.
Poi
la fece sedere, di nuovo. Le sorrise: “Non devi preoccuparti per me: ti sei già
preoccupata tanto per me, nonna, da quand’ero piccolo. Ma ora sono grande, e
posso pensarci io”.
“Ma
André…”
“E
non devi preoccuparti neanche per Oscar. Lei è forte, e lo sono anch’io. Ci
hanno messo insieme da bambini, e adesso non potranno dividerci. Non potrà
farlo nessuno”.
“Cosa
vuol dire questo, André…”
Scosse
la testa, serio: “Niente, solo quello che ho detto. Non preoccuparti, nonna,
noi sappiamo badare a noi stessi. Io baderò a lei, è quello che ho sempre
fatto”.
Dovette
trovare il coraggio per dirlo, mentre suo nipote già faceva per andare, per
uscire dalla stanza: “Ma lei, André? Lei baderà a te?”
Lo
vide fermarsi all’improvviso, e rimanere fermo un istante. Poi voltarsi, e
vide il suo sguardo fermissimo e profondo, mentre lo diceva.
“Sì.
Lei lo farà. Io so che lo farà. Ne sono certo, nonna”.
Non
gli parlò più di questo, mai più. Non ne parlò mai con nessuno. Ma tutte le
volte che ripensò a quella conversazione, in seguito, la governante sentì
rinnovarsi nel cuore la stessa paura, e la stessa improvvisa consapevolezza.
*
Si
erano tenuti per mano, rientrando nelle scuderie insieme, dopo la cavalcata di
quella sera. E quando avevano riportato i cavalli nelle loro stalle, e stavano
per uscire, le loro mani si erano cercate ancora. Non c’era mai nessuno, a
quell’ora, lì dentro. Oscar si era appoggiata contro la porta, e l’aveva
chiusa. Lo aveva guardato senza dire una parola, e aveva chiuso gli occhi,
abbandonando il capo all’indietro mentre la baciava sul collo. Non era stata
una cosa programmata, ma era successo. Lui l’aveva stesa sulla paglia,
illuminata solo dalla luce del tramonto che passava dalle fessure del legno, e
l’aveva presa. Si erano amati dolcemente, in silenzio, senza pensare a niente.
Pieni solo di gioia. E il piacere li aveva raggiunti insieme: Oscar lo aveva
trattenuto, stringendolo mentre si abbandonava a quei tremiti, e gli aveva
impedito di lasciarla. Era rimasto dentro di lei, per la prima volta.
Poi
erano restati immobili, sulla paglia, e non avevano parlato. Non si erano
nemmeno detti ti amo, perché non c’era bisogno. Non le aveva detto: “Oscar,
cosa mi hai fatto fare…”, come le diceva sempre: “No, Oscar, cosa vuoi
farmi fare, ti prego”, tutte le volte che lei lo stringeva a sé, negli ultimi
tempi, e lo implorava di donarsi, completamente, ma lui si tratteneva, la
supplicava di no.
Non
lo aveva detto, perché quella sera lo aveva voluto anche lui, con tutto il
cuore.
Erano
rimasti in silenzio sulla paglia, e l’aveva baciata piano, senza lasciare il
suo corpo, assaporando fino in fondo i brividi che lo percorrevano ancora.
La
notte era salito in camera sua, mentre la casa dormiva, e lo avevano fatto di
nuovo.
“Oscar…”
Lei
lo guardò, stesa su un fianco accanto al suo corpo, e gli sfiorò con una mano
le labbra. La luce delle candele rischiarava la stanza disegnando ombre
fluttuanti sulle tende del letto.
“Oscar,
dobbiamo andarcene da qui”.
Vide
la sua espressione divenire seria, a quella frase, e avvertì il suo corpo
scivolare su lui, il suo seno posarsi sul suo petto, le sue labbra sfiorargli il
collo, in baci appassionati e indifesi. Era piena d’un ardore impaurito, come
se volesse dimenticarsi di tutto annegando in quell’abbraccio.
Poi,
mentre con le dita lo carezzava dolcemente, si fermò in un modo quasi inatteso.
Posò il viso nell’incavo della sua spalla e strinse fortissimo i pugni chiusi
contro il suo petto: “Ti amo – disse -. Ti amo, André”.
Allora
le passò le mani sotto le braccia e la tirò fino a sé. I suoi capelli gli
ricaddero sul viso mentre la baciava, le sue lacrime gli bagnarono la pelle.
Sospirò
stringendola e, per la prima volta, con lei sul suo corpo, soffrì. Capiva quel
pianto, eppure ne era ferito.
“Oscar…”, le sussurrò.
Poi
aspettò che non piangesse più.
“Oscar”.
“Sì,
dimmi, André”. La sua voce era quasi serena, adesso. Lo ascoltava.
“Oscar,
io ti amo, ti amo sempre di più, ogni giorno di più. Io ti amo più della mia
vita”.
“Oh,
André…”
“No,
ti prego, ascolta. Ascolta. Io non voglio, non vorrei mai forzarti, spingerti a
fare qualcosa per cui non sei pronta. Sono disposto a fare qualsiasi cosa per
te, anche a rimanere per sempre il tuo attendente in questa casa, se tu me lo
chiederai. Non so come potrò riuscirci, ma lo farò, se tu me lo chiederai”.
“Amore,
io…”
“Però,
Oscar, però devo dirti quello che provo, non sarebbe onesto se non lo facessi.
Devo dirti quello che desidero, di cui sento il bisogno…”
Sospirò
ancora, poi si girò su lei, e la fissò, mentre le parlava. “Io non voglio più
nascondermi, non voglio più dover passare le mie notti lontano da te, non
voglio aver paura ogni giorno che qualcosa possa separarci, e di non poter fare
niente per impedirlo. Non voglio più preoccuparmi che qualcuno ci possa
scoprire, e che ci sia vietato fare qualsiasi progetto, pensare al nostro
futuro…”
“Al
futuro…”
“Sì,
Oscar. Il nostro futuro. Io ti amo, e la cosa che più desidero al mondo è che
ci sia un futuro per noi. Non voglio essere solo un amante senza diritti, io
voglio essere il tuo compagno. Voglio sposarti, anche se tu sei nobile e io no.
Voglio che viviamo insieme, che dormiamo insieme tutte le notti e che passiamo
insieme ogni minuto delle nostre giornate. E mi dispiace se significherà
allontanarci da questo mondo dove siamo cresciuti, dalle persone che amiamo, e
mi dispiace immensamente che debba farlo tu, amore: ho una paura terribile che
sia troppo quello che ti chiedo, che non sia abbastanza quello che posso
offrirti. Sono mesi che questo pensiero mi tormenta, giorno e notte, e non so
mai se parlartene, perché non voglio forzarti… Però, Oscar, io ho bisogno di
sapere, ti prego: non riesco più a vivere in quest’incertezza, mi sta
uccidendo. Ho bisogno di sapere cosa pensi, cosa vuoi tu. Che tu me lo dica
apertamente. Anche se tutti i tuoi baci, tutti i tuoi comportamenti lo dicono…
E stasera… quello che abbiamo fatto stasera… significa tantissimo per me,
Oscar, tantissimo. Ho bisogno di sapere se anche per te è lo stesso”.
Si
fermò un istante: aveva detto tutto insieme, ciò che provava, senza nascondere
nulla.
“Sono
pronto a fare tutto quello che serve - disse ancora -, e non hai idea di quanto
coraggio abbia dentro, di quanta forza mi dia quello che provo per te. Ma non
posso deciderlo da solo. Non posso, lo capisci? Ho bisogno che me lo dica tu,
tu…”.
Si
staccò da lei, e abbandonò il capo sul cuscino, con le ciglia chiuse. Sentì
le lacrime riempirgli gli occhi, e rigargli il viso.
“So
che la tua scelta è difficile, Oscar, molto più difficile della mia. Lo
capisco, e non sai quanto mi addolora”.
“Perché
parli come se io non ti amassi, André?”
Lo
aveva detto dolcemente, eppure quasi con tristezza, mentre si era fatta vicina a
lui, alla luce delle candele, e gli asciugava una lacrima sfiorandogli il viso.
“Ti ho detto che ti amo, ricordi?”
Lui
non aprì gli occhi, cercò di trattenere quel pianto mentre lo carezzava.
“Dimmelo
ancora, André”.
“Cosa…”
“Che
vuoi sposarmi”.
Allora
la guardò, e guardandola la prese ancora tra le braccia. La baciò come se
fosse l’ultima cosa che faceva nella sua vita, avvolgendola tra le coltri.
Glielo ripeté, quando la lasciò e la vide sconvolta da quel bacio, con gli
occhi lucidi, il respiro ansante: “Voglio sposarti, amore”.
Fu
lei che pianse, stavolta, ma André sapeva che non era paura. Era una risposta,
per lui.
“Ti
prego, di’ di sì, Oscar. Voglio sentirlo”.
“Sì…”
Lo
aveva detto con un filo di voce, emozionata.
“Ancora…”
“Sì.
Sì, voglio sposarti, André”.
“E
di’ che vuoi essere mia moglie, ti prego, dillo”.
Sorrise
tra le lacrime. Non aveva mai pensato di applicare quella parola a se stessa:
per questo André glielo stava chiedendo, ora.
“Voglio
essere… tua moglie. Tua moglie”.
Lui
l’abbracciò con tenerezza, e scherzò, sfiorandole il viso con le labbra:
“Non è stato difficile, visto? Non trovi che suoni bene?”
Pianse
ancora, mentre diceva sì.
Erano
stati alcuni minuti in silenzio. Lui guardava il soffitto, le braccia incrociate
dietro la testa, sul cuscino.
“André…”
“Sì,
Oscar”.
“Non
devi essere triste, André. Non è vero che la mia scelta è difficile”.
“Che
vuoi dire…”
“Che
voglio andare via di qui. Con te, amore, solo con te. E’ tanto tempo che ci
penso, André, da molto prima di stasera”.
“Davvero,
Oscar?”
“Sì”.
Si
posò su di lui: “André… oggi è stato bellissimo”.
“Oh,
Oscar… anche per me. Anche per me…”
“E
se… se fosse successo, amore?”
La
guardò con tenerezza, perché continuasse: “Cosa, Oscar?”
“Lo
sai – gli rispose con lo stesso tono, dolce -. Se stasera fosse successo che
noi… dopo quello che abbiamo fatto, André…”
“Vuoi
dire… se ci fosse un bambino?”
“Sì”.
Lui
tacque, prima di rispondere, come cercando di afferrare appieno quell’idea.
“Sarebbe
meraviglioso – disse infine -. Sarebbe meraviglioso, amore mio”.
“E
tu, Oscar… tu come reagiresti?”
Lei
scosse il capo, e non disse niente. Cominciò a baciarlo di nuovo sul petto.
“Non lo so – mormorò poi, con voce bassa e sincera -. Non so come mi
sentirei se fosse vero, André…”
“Oscar…”
“So
solo che ora vorrei che lo fosse”. Gli passò le labbra sulla pelle: “Vorrei
che fosse vero, André”.
*
Erano
di nuovo vicini, e di nuovo felici. André taceva, lo sguardo perso a seguire un
pensiero. Ma era sereno, adesso. Non aveva paura.
Lei
sedette sul letto, mentre si faceva più seria, riflettendo: “Allora dobbiamo
decidere come fare - disse con un tono risoluto -. Dobbiamo preparare un piano,
al più presto”.
Si
girò verso di lui, e lo vide sorridere guardando il soffitto.
“André…
a cosa stai pensando?”
“Perché?”
“Stai
sorridendo. Come mai sorridi in quel modo? Cos’è quest’aria misteriosa?”
“Misteriosa?”
“Già…”
Sorrideva
ancora. “Oscar… hai assunto un tono inquisitorio… te ne sei accorta? E
parli come un colonnello”.
“Io
sono un colonnello, amore”.
“Ah,
sì… è vero… E io sono sotto inchiesta, in questo momento?”
“Ho
l’impressione di sì…”
“Dubiti
forse di me?”, le chiese con aria innocente. Poi sorrise, e l’abbracciò
all’improvviso.
“Credo
proprio di averne motivo - rispose lei mentre si difendeva ridendo dai suoi baci
-. Non è che per caso devi dirmi qualcosa, André?”
“Oh,
sì… devo farti qualcosa, soprattutto…”
Lei
inarcò il corpo a quelle carezze, ma voleva sapere, e riprese il controllo. Gli
sfuggì. “Aspetta - disse ansante, sforzandosi di tornare seria -. Aspetta un
momento, André… Hai preso qualche iniziativa di cui non sono a conoscenza?”
“Dopo,
Oscar, dai…”
“No…
adesso… Ti prego”. Prese con le sue la mano che le stava passando sul seno,
e lo fermò, tremando: “Ti prego, dimmelo…”
Lui
sospirò, abbandonandosi sul letto e lasciandola andare. La guardò mentre si
faceva sempre più attenta: “Iniziativa… no, non parlerei di
iniziativa…”, rispose con aria enigmatica, sorridendo.
“Ah…
e di cosa parleresti, allora?”
“Ecco…
non so… di esplorazione,
forse”.
“Esplorazione?”
“Sì,
mi pare più appropriato…”
“E
che genere di esplorazione, André?”
“Mmm…
Apprezzo davvero il modo in cui mantieni la calma, Oscar…”
“André!”
Lui
rise: “Diciamo che ho scritto un paio di lettere, tutto qui… Riservate,
s’intende…”
Lei
spalancò gli occhi: “Lettere? E come? E a chi?”
“Non
preoccuparti…”
“Che
lettere, André?”
“Stai
tranquilla, Oscar: non ho commesso nessuna imprudenza”. Era diventato serio, e
si mise a sedere anche lui, per parlarne.
“E’
un po’ che cerco di immaginare un modo per poter uscire da questa situazione,
Oscar, e purtroppo ho dovuto realizzare che l’unica possibilità che abbiamo
per vivere insieme senza che qualcuno ci ostacoli è andarcene. Se ci
scoprissero non si limiterebbero a cercare di allontanarci, lo sai, no?”
Si
voltò verso di lei, la vide rabbrividire e abbracciarsi le ginocchia.
“Sì,
lo sai anche tu. E’ così, purtroppo, e questo non possiamo cambiarlo. E’ il
motivo per cui sono stato tanto in ansia, in questi mesi. Sono mesi che ci
amiamo, ormai, ma ogni volta che ho pensato al fatto che dovevo portarti via di
qui sono stato assalito da dubbi e paure: perché temevo di sbagliare a
chiedertelo, di spingerti a fare una scelta irrevocabile che avrebbe rischiato
di renderti infelice. Eppure vedevo chiaramente che non c’era altra soluzione
che fuggire, troncare con tutto, per stare insieme. Per questo mi hai visto così
preoccupato, in questo periodo. E sono ancora preoccupato, in realtà”.
“André,
ti ho detto…”
“Lo
so, Oscar. Lo hai detto. E sono sicuro che sei sincera, che lo dici con tutto il
cuore. Ma so anche che parli di cose che non conosci, perché né io né te
riusciamo ad immaginare cosa ci aspetterà, una volta partiti da palazzo
Jarjayes. Prima piangevi, amore, e io questo lo capisco: è un taglio netto con
tutto quello che sei stata finora, è un cambiamento radicale per te. E ci sono
tante cose che ami, in questa vita. Tante persone…”
“Ma
non ne amo nessuna quanto amo te. E tu sei l’unico a cui non posso rinunciare,
André”.
Allora
l’abbracciò, e le diede un bacio lieve sulla spalla. Ma proseguì.
“E
poi, Oscar, c’è anche quello che sei, il modo in cui ti hanno educata. Tu sei
una donna indipendente, abituata a decidere, ad essere obbedita e trattata con
deferenza. Sei nobile e vivi in una grande casa con decine di servitori, comandi
la Guardia Reale e dai ordini a dei soldati. La regina ti è amica e non c’è
una sola persona a Versailles che non vorrebbe essere al tuo posto. Lo so che
per te non sono queste le cose che contano, amore, ma tu non hai mai provato una
vita diversa da questa. Se rinunciassi alla tua condizione e diventassi una
donna come le altre, moglie di un semplice borghese, ti assicuro che dovresti
affrontare problemi che ora non ti immagini nemmeno. Senza gli stessi mezzi che
avevi prima per risolverli, e senza poter tornare indietro. Amore… non pensare
che io non abbia fiducia in te, ti prego… Sto solo cercando di farti capire
cosa ho pensato in questi mesi. E c’è una cosa che ho compreso con chiarezza,
mentre analizzavo la situazione: che sono io che devo provvedere, Oscar. Perché
se andiamo via di qui e ti spingo a rinunciare al tuo stato, noi non avremo più
le risorse di prima, e dipenderà tutto da me”.
“Oh,
André…”
“Ma
non lo dico perché mi spaventa: credimi, Oscar. Sono pronto ad assumermi questa
responsabilità completamente, te lo assicuro. Farei tutto purché tu fossi
felice con me. Però, più ci pensavo, più mi rendevo conto che erano
necessarie delle basi solide, per fare un passo come questo. Bisognava che il
mio amore per te fosse capace di trasformarsi in un progetto. Non è solo
tenerti tra le braccia… E’ molto di più. E’ pensare anche per te, insieme
a te… oh, amore, non so spiegarlo in un altro modo…”
“Non
c’è bisogno, André. Lo hai spiegato benissimo. E lo so anch’io”.
“Per
questo ho scritto quelle lettere. Ho cercato di capire se potevo trovare una
soluzione”.
Glielo
chiese con più dolcezza, stavolta: “A chi hai scritto, André?”
“Tu
sai che ho dei parenti in Bretagna, vero? E’ da lì che proviene la mia
famiglia”.
“Sì…
sì, lo so, André. Ma non li hai più visti da quando eri piccolo”.
“Non
è del tutto vero, Oscar. Cioè, è vero che io non sono più stato lì, ma a
volte qualcuno di loro è venuto qui, e lo abbiamo aiutato se aveva bisogno di
qualcosa”.
“Sì,
mi ricordo. E allora?”
“Ecco,
ho un cugino, di qualche anno più grande di me. Mio padre e suo padre erano
fratelli, e si volevano molto bene. Quando mio padre morì ci trasferimmo nella
loro casa, per un breve periodo. Io non ne ricordo nulla, naturalmente, ma mia
nonna me l’ha raccontato spesso. Lei all’epoca lavorava già qui, a Palazzo
Jarjayes, e io non la conoscevo”.
Oscar
ascoltava in silenzio. Era una strana sensazione sentir parlare André del suo
passato. Aveva sempre pensato al suo passato come a qualcosa che le apparteneva
totalmente.
“Poi
morì anche mia madre”.
Lo
abbracciò, perché improvvisamente i suoi occhi erano diventati tristissimi.
Allora André continuò.
“Morì
mia madre… e fu allora che i miei zii si presero cura di me come se fossi loro
figlio. Mi amavano molto. E mi voleva bene anche questo mio cugino, che allora
era quasi un ragazzo, mentre io avevo pochi anni. Mia nonna racconta che mi
portava con sé dappertutto”.
“Ti
faceva da fratello maggiore…”
André
sospirò. “Già… ce l’avessi avuto davvero, un fratello maggiore… Mi
avrebbe aiutato a capire tante cose, molto prima”.
“Be’…
avevi me, no?”
Le
sorrise, e le diede un buffetto lieve sulla guancia: “Tu non somigli affatto a
un fratello maggiore, Oscar”.
Poi
però l’abbracciò: “Ma sei sempre stata tutta la mia vita, lo sai…”
Fuori
era una notte piena di stelle.
“Allora,
André?”
“Allora
lui si ricorda di me, e mi è rimasto affezionato, anche quando suo padre è
morto. Una volta l’ho anche incontrato a Parigi, e mi ha raccontato tante cose
di quel periodo. Prima che mia nonna venisse a prendermi e mi portasse qui. E’
una brava persona”.
“E…
sa qualcosa di noi?”
“No,
certo che no, Oscar. Fammi finire. Insomma, quando ho cercato di pensare a come
potevamo andarcene di qui mi è venuto in mente cosa mi diceva allora. E’ un
lavoratore onesto, e fa una vita abbastanza agiata. Niente di paragonabile,
certo… Beh… lasciamo stare. Oscar… sono un po’ a disagio: ma la realtà
è questa, e forse è bene che tu la conosca prima. Se verrai con me sarà
questo il mondo in cui dovremo vivere… Potresti non trovarti bene in questo
mondo”.
“Non
dirlo nemmeno, André. Continua”.
“Sì…
sì. Allora… è un artigiano apprezzato, lavora in una città rinomata per la
produzione di lame. Dove presta la sua opera si realizzano spade che vengono
richieste in tutta la regione. Dall’esercito, ma anche da famiglie nobili…
da tutti, insomma”.
“Ah…”
“Ecco,
gli ho scritto tempo fa, per chiedergli come andavano le cose, e gli ho detto
che avevo una mezza intenzione di lasciare Parigi per tornare ai miei luoghi
d’origine, se ci fosse stato qualcosa da fare per me. Non gli ho detto niente
di te, ovviamente: ho solo accennato al fatto che mi sembrava giunto il momento
di trovarmi una moglie e mettere su famiglia. Non ci ha trovato niente di
strano”.
“E
come ha risposto?”
“Entusiasticamente,
Oscar. Non ci speravo davvero. Ha detto che sarebbe felice di avermi lì, che è
pronto ad ospitarmi anche subito, e che per uno che ha un’esperienza come la
mia sarà molto facile trovare un’occupazione”.
“Che
genere di occupazione, André?”
“Ecco…
non ridere adesso… ma sembra che abbiano gran bisogno di un maestro
d’armi…”
“Cosa?”
“Proprio
così… qualcuno che insegni a usare la spada ai numerosi giovani che vogliono
impararlo…”
Oscar
lo guardava, senza parole. Si voltò verso di lei, e sorrise con un po’
d’ironia, alzando le spalle. “Lo so, è quasi un paradosso, ma… che ne
pensi?” chiese infine, dopo una breve esitazione.
“André…”
Lui
sospirò: “Sì, lo so, lo so… Non è molto. Ma è un inizio, Oscar. Uno
spiraglio. Se andassimo lì io saprei come guadagnarci da vivere, e credo anche
senza troppi problemi… se ci accontentiamo, certo, di una vita molto diversa
da questa. E’ una piccola città, ma potremmo avere una casa nostra… Io ho
un po’ di risparmi da parte. Ed è abbastanza lontano perché nessuno ci
trovi, se usiamo un po’ d’attenzione”.
Lei
non parlava. Rifletteva con le mani che abbracciavano ancora le ginocchia,
guardando lontano. “Maestro d’armi…”, mormorò infine.
“Sì…”
“In
Bretagna…”
“Sì
Oscar… ma è solo una possibilità, davvero… possiamo lasciar perdere del
tutto, se non ti convince”.
Ancora
non gli diceva niente. Era sempre più teso.
“Oscar,
ti prego…”
Allora
gli sorrise, dolcissima, e lo abbracciò: “Lo sai che ti amo?”, mormorò.
“Anch’io
ti amo”.
Tratteneva
il respiro, mentre aspettava che dicesse qualcosa.
“Andremo
in Bretagna, André”.
“Oscar…
davvero? Lo vuoi davvero?”
“Non
ho mai voluto qualcosa più di questo”.
Sospirò,
commosso e incredulo, e la strinse a sé: “Dio, amore, ho avuto paura”.
“Verrò
con te e sarò tua moglie. E avremo una casa nostra. Anch’io ho del denaro da
parte, André, abbastanza perché possiamo vivere bene”.
“Oscar,
io farò di tutto per renderti felice, te lo giuro”.
“Non
devi fare niente più di quello che fai già, amore. Dimmi piuttosto che non
smetterai, quando non sarò più la figlia del generale…”
“Ma
cosa dici, Oscar…”
Poi
le vide un sorriso malizioso, sul viso. “Maestro d’armi…”, le sentì
ripetere.
“So
quello che stai per dire, Oscar, ma non dirlo”.
“Sai,
è proprio…”
“Ho
detto di no…”, le impose ridendo, stringendola. Ma lei si liberò, e si
nascose dietro il cuscino.
“Sai,
André, è proprio il lavoro che fa per me!”
“Sapevo
che lo avresti detto, ma ti assicuro che non la passerai liscia…”, rispose
acciuffandola, e rise facendole il solletico mentre si divincolava tra le sue
braccia. Ma lei non demordeva: “Perché, André? E’ una risorsa che potremmo
sfruttare, no? Guadagneremmo il doppio…”
“Certo
– replicò dandole piccoli morsi intorno al collo, mentre il suo abbraccio
diventava una carezza -. Sapresti farlo meglio di chiunque altro, non c’è
dubbio… Ma non credo sia il modo migliore per passare inosservati, amore…”
“Oh…
non ci avevo pensato…”
“E
se invece io ti mettessi in casa e ti facessi fare una dozzina di figli?”
“Dio
mio, André!”
Rise,
poi la baciò. “No, non preoccuparti, scherzavo… Perché no, Oscar, magari
col tempo… quando le acque si calmeranno… potremmo anche provare a spiegare
tutta la storia, sempre che qualcuno ci creda…”
“Allora
lasciamo perdere”.
“Ma
no, perché? E poi io lo vorrei, amore. Lo vorrei davvero. Potremmo stare sempre
insieme, come abbiamo fatto fino ad ora”.
Oscar
rise, e lo baciò dandogli quasi un morso: “Allora è deciso, André: lo
faremo in due”.
Lui
sospirò, e si arrese: “E va bene… tanto non c’è niente da fare con le
donne, quando si mettono in testa una cosa”.
Continua...
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