Agenzia matrimoniale

parte quinta

 

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Dove due intrepide e caritatevoli autrici si avventurano nell'arduo e periglioso cimento di un'impresa mai tentata prima: dare una risposta plausibile all'insoluto enigma dell'eremitaggio di Alain. E, spinte da pietosa misericordia nel constatare che il Nostro si ritrova alla fine inesorabilmente solo e sperduto ad onta dell'ipertrofia cardiaca e del metraggio pettorale, nell'impossibilità tecnica di procedere a un'adozione congiunta, si mettono d'impegno nella parimenti impossibile missione di trovargli una moglie.

La vicenda – per evitare sacrileghe profanazioni della storia originale e conservare un minimo di decenza - è ambientata ai giorni nostri, e si dipana lungo le pagine di diario vergate simultaneamente dai protagonisti ignari di quali trame si svolgano alle loro spalle. La responsabilità di quanto contenuto nel diario di Alain è da addebitare a Elisa, quella del diario della di lui presunta metà ricade invece in toto su Alessandra.

 

 

9 dicembre.

Sono troppo felice! Non mi era mai capitato di essere così felice in tutta la mia vita!

 

lunedì 23 dicembre 2002

Ecco, finalmente riesco a riscrivere questo diario. Ne avevo un po’ voglia, solo che c’ho avuto altre cose da fare. Con Nadia. Ma non solo quelle cose: un sacco di cose, tipo un trasloco. Perché tanto oramai stavo sempre da lei e un giorno, subito, le ho detto:

-Senti, e se andiamo a stare a casa mia che c’è una stanza in più e stiamo più comodi?-

E lei mi fa:

-Va bene. Allora mi prendo la malattia fino a Natale così facciamo le cose con calma.-

Al che io mi sono piegato in due dal ridere, perché siamo proprio le ultime persone che possono parlare di fare le cose con calma, visto e considerato che ci conosciamo sì e no da tre mesi e già abitiamo assieme. Lei se l’è un po’ presa, poi però l’ho fatta calmare perché le ho detto che per il matrimonio direi che altri tre mesi potrebbero essere sufficienti e lei mi ha detto che sono proprio stupido ma è stata contenta. Ormai conosco i miei polli. Anche perché me la sposerei davvero.

E comunque adesso casa mia non la riconosco più. C’è un puttanaio di roba. E’ impressionante la quantità di aggeggistica che le donne riescono a portarsi dietro. In pratica adesso in casa, tra le cose più rilevanti, c’è:

-Biancheria intima femminile completa di mucchine, conigliotti e pizzi di recente acquisto.

-Una scatola di simpatiche pilloline.

-Una montatura per gli occhiali nuova che le sta da Dio anche se adesso si è messa a portare sempre le lenti e sta troppo bene.

-Cinque scatoloni di libri cinque: il peso della cultura su e giù per sei (6) piani di scale complessivi, di cui tre (3) con l’ascensore rotto. Il sapere esige i suoi martiri. Attendo speranzoso che Nadia trovi il tempo di ordinarli perché a farlo da solo mi prende male.

-Tre scaffali, tre, dell’armadio in sala, pieni di colori a spirito, pastelli, colle, forbicine con le punte tonde, fogli di carta di ogni colore e dimensione, polverine colorate, puntine da disegno, tempere, pennelli e roba simile per preparare i lavoretti dei bambini e i cartelloni e cose così.

-Roba per la cucina di ogni forma, dimensione e, anche questo, colore. Perché Nadia ha pensato di prendere dei servizi nuovi per la cucina, perché, secondo lei, i miei non andavano bene, anche se io ci mangiavo benissimo da anni, ed è partita in quarta con la sua degna comare Manuela, che prima di sposarsi faceva la femminista e adesso anche, dice, ma non ci crede più nessuno. Nadia dice che ha sempre sognato avere dei bei servizi da usare in casa, e che questa le sembra l’occasione per fare l’investimento, e che quelli di Manuela sono bellissimi e così si è fatta portare a prenderli uguali. E così io non trovo più le forchette neanche col metal detector e quando c’è da apparecchiare non so mai se usare i piatti blu ciano, o quelli color corallo, o quelli giallo limone, o quelli verde pistacchio, o cosa, e allora li metto tutti mischiati perché tanto l’importante è che i piatti siano ben pieni. E poi tutti mischiati mi fanno più allegria, in fondo ha preso dei bellissimi piatti. Tra l’altro Nadia cucina furia bene.

-Materiale vario su Lady Oscar, persino un calendario, che però è inutilizzabile perché Nadia dice che il mese di dicembre le mette tristezza, vista la situazione, e allora lo gira permanentemente sul mese di maggio ché quello di sicuro non le fa brutto, ma a me un po’ sì, e allora le dico che se non cambia pagina tiro fuori il calendario della Bellucci di qualche anno fa e vediamo come va a finire. Ma lei dice che una cosa è l’arte una cosa è la Bellucci, e visto che la culturale della famiglia è lei, taccio, ma di quel mese di maggio lì io non mi fido mica tanto. Più una serie di roba strana e di dubbia provenienza che le ha procurato Manuela con i suoi traffici e su cui non oso mettere mano per paura di ritorsioni, manuelesche più che nadiesche. Tra l’altro anche Nadia ha cominciato a chiamarmi Alain quando vuole iniziare a scherzare, perché Manuela le ha fatto notare questa presunta somiglianza e lei ha detto che se ne era accorta ma che non aveva detto nulla per non passare per matta, e Manuela le ha detto che non si deve preoccupare di nulla che ci pensa lei a difenderla, e allora io sono stato zitto, ho guardato Andrea e Andrea, che è mio amico, mi ha capito e siamo stati zitti assieme. Perché un giorno, in mezzo al trasloco, sono passati Andrea e Manuela, e Andrea, quando ha visto tutto questo rattattù di roba, mi ha detto che, se ho bisogno di un tetto, di un letto e di pasti caldi, posso andare da lui, visto che ha un posto letto in più. E io gli ho chiesto: dove? Perché non ne sapevo niente. E lui ha detto: lo sai che ci sono civiltà nelle quali i due sessi abitano assieme solo durante il periodo della luna in cui è più probabile la fecondazione? Potremmo provare anche noi! E io gli ho detto: splendido, faccio la valigia. Solo che la femminista capo si è dimostrata più attaccata del previsto al suo posto letto con gli annessi e connessi, e la femminista associata peggio, e allora la mozione è stata respinta. Donne: quando si alleano sono una rovina, non si può neanche scherzare. Gliel’abbiamo detto ma non si sono tanto convinte. Che sceme!

Comunque sono contentissimo perché a Nadia gli voglio un mondo di bene e tutto questo casino per casa mi mette allegria perché ci scherziamo e ridiamo sempre, perché ci piace scherzare e giocare, e sembriamo due matti, e ci facciamo anche un sacco di coccole che mi fanno molto felice. E Nadia poi si è fatta davvero più bella. Passerei tutto il tempo a spupazzarmela. E io sono proprio, proprio, contentissimo.

E oggi ho trovato il tempo per scrivere il diario, perché Nadia è uscita con Manuela a fare una mega spesa per le feste, visto che Diana le passa qui, e che poi la vigilia la passiamo con Andrea e Manuela qui da noi, e che a Natale viene la famiglia di Nadia a controllare la situazione e a me un po’ mi scappa da ridere. Mi chiedo dove la mettiamo tutta ‘sta gente. A mia sorella ho detto delle novità ed è stata contentissima. Meno male. E così il Natale lo passa qui, e il Capodanno col “suo boy”, e si incazza se lo chiamo così, perché ha un nome anche lui e si chiama Alessandro. E comunque il Natale lo fanno ognuno a casa propria e il Capodanno da qualche parte assieme. Forse lo passano qui ma non lo sanno ancora. Comunque tra un po’ devo andare, perché la vado a prendere in stazione.

 

 

lunedì 23 dicembre 2002.

Nicola è andato alla stazione a prendere sua sorella Diana e io avrei un sacco di cose da fare, qui, ma mi sono presa un attimo di tregua perché questo diario era un bel pezzo che non lo scrivevo più e ne avevo nostalgia. Ogni tanto, se alzo gli occhi dalle pagine e mi guardo intorno, non mi rendo quasi ancora conto di dove sono e di cosa è successo. Non mi capita solo quando guardo il diario, in effetti.

Ma sono qui, è proprio vero.

Insomma, sono a casa di Nicola e viviamo insieme, adesso. Ho traslocato quasi subito, me l’ha chiesto lui. Da quella domenica che adesso è diventata una specie di anniversario sono passati sì e no quindici giorni, eppure mi pare che ci sia in mezzo un secolo.

Sembra che viviamo insieme da sempre, da quanto è naturale per tutti e due svegliarci al mattino nello stesso letto, inzuppare i biscotti nel caffellatte sbadigliando e facendoci le coccole. Alla fine aveva ragione lui sul Coccio con le rondini, ora ce ne abbiamo due e ci apparecchiamo la colazione. Ho comprato un sacco di stoviglie nuove, bellissime, ma il coccio con le rondini non lo cambio, e quando si romperà ne voglio conservare i pezzi. Lui ride e dice che potremmo metterli in una teca per raccontare la storia ai nostri nipoti.

Stiamo proprio bene. Nicola è sempre di buon umore e fa tante battute che mi fanno ridere, scherziamo su tutto, e a volte lo guardo mentre mi aiuta a spostare i mobili o mette la tavola mescolando i colori dei piatti e quasi mi sembra straordinario che sia la stessa persona che la notte poi mi tiene stretta ed è così serio mentre dice che mi ama, me lo dice sempre, sempre, e glielo dico anch’io. Sono così felice che ho quasi paura a pensarlo, perché è stato così totale e improvviso, il cambiamento, che certe volte mi viene l’ansia che non sia la realtà, e di svegliarmi nella vecchia casa scoprendo che era un sogno e devo andare a scuola.

Ma per fortuna non succede spesso, c’è lui, e queste paure me le tengo per me se mi vengono, e con lui rido e lo riempio di baci perché gli piace quando gli salto addosso e lo ribalto sul divano, e mi posa le mani intorno alla vita e con uno scatto, ridendo, mi mette sotto, perché sia ben chiaro chi è il più forte, qui, e poi va a finire sempre nello stesso modo anche quando non ci pensavamo proprio e stavamo solo giocando un po’. E io non me l’immaginavo davvero che poteva esser così, sarà pure che avevo una valanga di arretrati, che solo adesso mi rendo conto di quanti erano, sarà che non avevo tutta questa grande esperienza in fatto di uomini, sarà lui che m’ispira da morire, non lo so, ma insomma con Nicola è come una festa continua ed è bellissimo e sono diventata una specie di assatanata nel giro di due settimane, che se non passavo di corsa dal dottore a provvedermi del necessario mi ritrovavo di sicuro con due gemelli prima di Capodanno.

E il bello è che lui non sembra nemmeno dispiacersi dell’idea. Deve averci preso una forma grave di follia a due, è senz’altro così.

Per fortuna c’è stato di mezzo il trasloco e abbiamo avuto anche altre cose da fare, che ci hanno distratto un po’.

La prima settimana praticamente non ci ha più visto nessuno, stavamo sempre insieme, sia fuori che in casa, senza rispondere nemmeno al telefono. Alla fine si è presentato Andrea alla porta, preoccupato perché Nicola aveva preso ancora dei giorni e non lo vedeva più nemmeno in servizio. Era mattina presto e non ci eravamo ancora svegliati tanto bene ed è per questo che non ci ho pensato e sono andata ad aprire io, con addosso solo il suo maglione che mi arriva poco sopra il ginocchio. Dev’essere stata una scena memorabile, per lo meno dalla faccia che ha fatto Andrea: è stata solo la prima espressione, perché poi si è controllato subito, ma vedendolo a bocca aperta, di stucco, ho realizzato com’ero vestita e dov’ero, e dopo essermi guardata addosso ho riguardato lui, che già però si era ripreso e non sapeva se scusarsi o sorridere e nel dubbio ha fatto tutt’ e due. Poi, tanto per finire la frittata e chiarire bene le cose a chi non avesse ancora capito, è arrivato Nicola con un asciugamano striminzito intorno ai fianchi e tutto allegro ha detto: “Ah, ciao!” ad Andrea mentre mi abbracciava da dietro. Allora mi sono detta: “tanto l’onore è perduto, ormai” e l’ho invitato a prendere il caffè con noi, andando in camera a mettermi qualcosa di decente mentre Nicola lo faceva accomodare in cucina.

Tempo mezz’ora dall’uscita di Andrea da casa nostra e al mio cellulare chiama Manuela. “Sì sì, è proprio vero”, le ho dovuto dire, mentre Nicola, che aveva subito indovinato chi era, scuoteva la testa con un’aria da falso scettico.

Tempo altre dodici ore ed eravamo tutti e quattro fuori a cena, in pizzeria.

Però loro sono così contenti, ma così contenti di vederci insieme, che è davvero bello averli come amici. E Nicola è talmente affettuoso con me, anche davanti a loro, che quasi non lo riconoscono: e a volte Andrea gli fa le battute per vendicarsi di quando gliele faceva lui. E Nicola se le prende e sta zitto, non si arrabbia proprio.

Manuela ha sempre detto che somiglia ad Alain, quello di Lady Oscar, e adesso lo chiamo anch’io così, qualche volta, quando scherziamo. Ma è vero che gli somiglia, secondo me, soprattutto per il carattere. Mi era sempre piaciuto, perché era un tipo così concreto, disincantato, eppure così pieno di dolore, d’amore… Una volta gliel’ho pure detto, che è per questo che gli somiglia, e lui si è quasi commosso, per la prima volta da quando ha a che fare con Lady Oscar. Così adesso accetta che ci scherzi senza arrabbiarsi nemmeno. Il problema è che non sa come rendermi la pariglia, perché nel cartone la donna di Alain non c’è, e soprannomi sottomano da affibbiarmi non ne ha. Ma è meglio così che nel cartone, perché lì Alain resta sempre solo: e io, per consolarlo di questo, gli dico che in quella storia non c’erano donne con l’occhio lungo come me, ma che io non sono scema e non me lo sono fatto scappare.

Vado a vedere la cena nel forno, adesso, perché tra poco arrivano tutti e due. Ha detto che Diana è stata contenta della novità, e io ne sono più contenta di lei, perché so quanto Nicola le è legato. Poi vabbè, dopodomani arrivano pure i miei. Mia madre quando ha saputo che “vivo con un uomo” a momenti è svenuta e col pretesto del Natale viene a controllare la situazione con papà. Porca miseria, a trent’anni suonati ci manca solo la visita dei genitori. Ma lo so che lo fa perché è curiosa di vedere Nicola, come se non la conoscessi: da quando al mio cellulare le ha risposto lui ed è stato mezz’ora a chiacchierare tutto tranquillo e gentile che sembrava la conoscesse da dieci anni, tutte le volte che mi chiama mi chiede notizie di quel “bravo giovane”. L’ha già conquistata, porca miseria. Ma com’è che nessuno gli resiste mai?

 

 

 

 

 

 

24 dicembre 2002. La vigilia di Natale.

Nadia dorme ancora, la sorella pure. Almeno dovrebbe. Capirai, ieri sera alla fine siamo finiti tutti un po’ alticci. La sera dopo la festa, male le gambe e peggio la testa. Mai fatte delle feste di Natale così deliranti. Ieri sera non mi pareva di stare con gente che conosco da tanto, mi sembravano tutti completamente impazziti e io non dovevo sembrare molto più sano di mente. Ma è stato bellissimo. Bellissimo bellissimo bellissimo. Perché a me le feste di Natale hanno fatto sempre schifo: da ragazzino potevo stare sicuro che a casa mia si litigava più furiosamente del solito. E pure Sorma c’ha quest’incubo. Oppure le passavo da solo. E invece quest’anno... non lo so. Sarà Nadia, sarà che sono innamorato, sarà che siamo tutti innamorati, saranno gli ormoni che circolano abbondanti nell’aria, sarà che ce n’è una tale concentrazione che si potrebbero tagliare col coltello e servire per dolce, sarà sarà... Non lo so. Però mi piace. E ieri sera non è che eravamo allegri per il vino, anche se i due maritati si sono fatti ben perdonare l’autoinvito con quelle bottiglie, no, è che eravamo tutti allegri di nostro. Sembravano dei grilli ubriachi tutti e cinque. Penso che anche se non bevevamo nulla stavamo allegri lo stesso, anche perché poi due bottiglie in cinque non è ‘sta cosa da vomitare tutta la notte. Era tutto troppo perfetto. Per un attimo, quando mia sorella è arrivata in casa, ha visto tutto quel casino e Nadia, vabbè, glielo avevo detto, ma vederlo deve fare un altro effetto, c’è rimasta come uno stoccafisso imbalsamato. Si guardava attorno e non si capacitava. Poi c’è stata la scena tipica-topica, come l’ha detta lei dopo ridendo, di quando Diana e Nadia si sono guardate negli occhi e secondo me Nadia deve averla presa per stupida: Sorma la guardava con gli occhi sbarrati e non diceva niente, Nadia le ha dato la mano, ha fatto per farle bacino bacino, hai fatto buon viaggio, cose così, e lei niente, non si riaveva. A un certo punto Nadia mi ha pure guardato e stava quasi per chiedere se stava bene, quando lei è esplosa in uno dei suoi ciao-perforatimpani e al che è iniziato il circo. Perché mia sorella è tanto una cara figliuola, però le cose sono due: o la odi subito e cerchi in ogni momento di infilarle un calzino in bocca o darle una botta in testa per farla placare, oppure te la pigli così e ti fai due risate. Prima che stesse male non era così: era tutta buona, remissiva, sorridente, diceva sempre sì, tutta dolce e gentile con tutti. Poi alla prima botta grossa c’è cascata dritta dritta e quasi ci rimaneva. Adesso invece non è remissiva, se si incazza è una fetente con cui non vorrei avere a che fare, sorride di meno, ma quando lo fa è perché è contenta sul serio e non fa la finta. Allora me la tengo così, anche quando è in botta di fare casino. Poi a Nadia non so che effetto gli ha fatto di preciso. Sono state tutto il tempo a chiacchierare, mia sorella c’ha messo meno di due minuti ad attaccarle pezza sulla casa, e come vi siete organizzati, e si è fatta far vedere tutte le cose nuove. Boh, chiacchiere di donne in cui io non mi ci sono immischiato. Però poi abbiamo parlato sempre tutti e tre, e Sorma ci ha chiesto il come e il quando, e mi ha pure sputtanato dicendo: Ah, ma allora era per lei che stavi del tutto rincoglionito quando sei venuto da me! Perché poi, Nadia, santa donna, ha pure voluto sapere dettagli, rideva come una matta, e io che mi sarei sotterrato sotto al tavolo. Poi però è saltata su e mi ha dato un sacco di bacini davanti a mia sorella e io magari mi sarei sotterrato ancora, però ero contento che mi avesse dato i bacini. E poi mi sono vendicato e ho chiesto a Diana i suoi, di come e quando, tanto eravamo in argomento. E poi ancora sono arrivati Andrea e Manuela e allora siamo partiti tutti per la tangente ed è stata una bella festa, perché nessuno se l’aspettava o l’aveva organizzata.

Oh oh, si sta svegliando Nadia. Adesso le salto addosso prima che si renda conto di che ore sono.

 

25 dicembre, sera tardi.

Ecco, adesso è tornata un po’ di quiete e posso rilassarmi, anche se per poco perché domattina presto si ricomincia tra pentole e fornelli. Che casino…se due settimane fa qualcuno mi avesse detto che avrei passato il Natale così gli avrei dato del matto. Però sono felice. Stanchissima e felice. Solo che ora avrei tanta voglia di starmene un po’ con Nicola, noi due soli, e invece devo ancora far fronte all’invasione, per lo meno fino a domani. I miei li ho spediti a dormire nella casa di prima, che tanto l’ho tenuta fino a gennaio compreso. Un po’ per necessità di dare un minimo di preavviso, un po’ per prudenza, perché è stato tutto così improvviso, con Nicola... Ma più che altro per scaramanzia, anche perché, se ci lasciamo adesso, quello è di sicuro l’ultimo posto in cui torno, con tutti i ricordi che ci sono dentro. E poi ormai non ci lasciamo più…

Ha fatto comodo, comunque, ci mancava solo che mettessi le brandine nel corridoio per sistemare i miei, o peggio li facessi venire qua in camera (orrore!) e noi andassimo a dormire nella doccia.

Sono impazziti tutti, pareva di stare al circo. Mia madre e Nicola come due compari, e lei che gli raccontava un sacco di storielle di quando ero bambina, che buttavo tutto per terra dal seggiolone e trascinavo il vasetto per tutta casa… pazzesco, e lui che ci si divertiva come un matto, e ne chiedeva ancora. Alla fine ci si è messo pure papà con quella storia che a due anni l’ho minacciato dal lettino puntandogli il dito contro alle tre di notte e intimando: “Chiama mamma che Nadia la vuole!”, e allora è saltata su Diana e ha detto al fratello: “Ah, ecco perché ti ha addomesticato! Ha il pugno di ferro!”, e tutti a ridere alle mie spalle, compresa me, che mi sono arresa al ruolo di zimbello annunciando vendetta in data da destinarsi. Il pranzo è stato bellissimo, abbiamo mangiato e bevuto parecchio, scherzando sempre. Dopo il caffè mio padre, che è stato un ufficiale dell’esercito e a carte non gioca MAI, si è messo a fare una partita a briscola all’ultimo sangue con Diana, lei che sbatteva le carte sul tavolo accanitissima, ridendo come una matta, lui che studiava le combinazioni come se avesse davanti un piano strategico, inavvicinabile da chiunque tranne che da lei, e a un certo punto si è pure scordato che aveva davanti una gentile donzella e non un sergente e le ha versato un bicchiere di whisky, che Diana ha pure accettato, sotto gli occhi esterrefatti del fratello, anche se poi ne avrà bevuto due sorsi. Sono andati avanti per un pezzo, non si riusciva più a staccarli da quel tavolo, pareva che si stessero giocando casa. E insomma, siamo stati insieme tutto il giorno: anzi, io ho cercato di contenerli, perché non volevo traumatizzare Nicola con tutta ‘sta gente, ma era lui che ci stava bene, proponeva le cose. Si vedeva che era felice di stare in famiglia, e a un certo punto mi ha così intenerito che stavo per mettermi a piangere, perché ho capito all’improvviso: un’atmosfera come questa non l’aveva mai vissuta. Lo so che non ha avuto una vita facile. Allora, quando è andato in camera a spostare i cappotti sul letto l’ho raggiunto e gli ho stretto la vita da dietro, e lui si è girato e mi ha abbracciato. Siamo rimasti così, in silenzio, per un po’, mentre dalle altre stanze venivano le voci di tutti.

Certo la famiglia è una gran cosa, se presa a piccole dosi… ma è stato bello, davvero bellissimo.

Anche con Diana, che all’inizio mi ha fatto proprio paura, ora posso ammetterlo, perché mi ha guardato in un modo che sembrava volesse dire: “E tu chi diavolo sei che mi vieni a portar via il fratello dentro casa?”. E io ho pensato subito: “Ahio… qui si mette male” e m’è venuto lo sconforto istantaneo all’idea che non era ancora finita e delle lotte che avrei dovuto fare per farmi accettare da lei, perché tanto ormai a Nicola non ci rinuncio neanche se mi puntano contro un cannone, e a tutti i problemi che però si sarebbe fatto lui, per quella storia che è stata male… e invece no, no, per fortuna… pare proprio superato tutto. Anzi, lei sta con un ragazzo che le vuole molto bene, e quando siamo entrate un po’ più in confidenza mi ha raccontato un sacco di cose di lui, come se ci conoscessimo da una vita, e si vede che è contenta, proprio contenta. A un certo punto mi ha pure stretto forte e mi ha schioccato un bacio sulla guancia e ha detto che non ha mai visto Nicola così felice e solo ora che lo vede così si rende conto di quanto ne aveva bisogno e che se mi azzardo a lasciarlo mi torce il collo. Io ho riso e ho detto che non c’è proprio pericolo.

La mattina della vigilia è stata meravigliosa, perché siamo rimasti a letto fino a tardi, e Nicola che si era svegliato prima è venuto da me a farmi un sacco di coccole, zitti zitti che la sorella dormiva nell’altra stanza, e poi è finita come al solito e ci siamo addormentati di nuovo, col rischio di non riuscire a preparare niente. Ma quando ci siamo alzati era già tutto a posto perché nel frattempo ci aveva pensato Diana, e invece di fare l’ospite si è divertita per un po’ a “viziare i piccioncini”, con trattamento da hotel comprensivo di battute prendi-in-giro per il fratello. Ma è così affettuosa con lui, si vogliono veramente bene, che solo a vedere questo le voglio bene anch’io, davvero, e se non fosse la sorella sarei quasi gelosa.

Poi a Natale ci siamo scambiati i regali, e anche quello è stato un momento bellissimo, tutti insieme. Io a Nicola ho regalato una sciarpa di cachemire e una giacca nuova, bella calda, visto che da quando ci conosciamo i momenti cruciali glieli ho fatti fare sempre sotto zero o giù di lì. Lui mi ha lasciato di stucco, sapendo poi come la pensa sull’argomento, perché mi ha fatto trovare tutti i DVD di Lady Oscar incartati in un pacchetto rosso, e con dentro anche l’ordine per quelli che devono ancora uscire, che una cosa così carina non me l’aveva fatta mai nessuno, mai…

 

Ma il bello è stato più tardi, poco fa, quando tutti sono andati via e siamo rimasti soli, perché non era quello l’unico regalo. E non so quasi come descriverlo, e fino ad ora ho cercato di trattenere il pensiero chiuso dentro di me perché non fuggisse e non andasse sprecata neanche una goccia della dolcezza che stavo provando, perché il mio cuore è pieno d’amore e di stupore, ancora, e sono così felice… ero in cucina e stavo lavando i piatti e Nicola mi ha raggiunto e mi ha fatto girare verso di lui, e poi mi ha dato un pacchetto piccolo piccolo da scartare mentre mi teneva per la vita e sorrideva guardandomi, e dentro quel pacchetto c’era un anello, un anello vero con un brillante, che sembrava una scena da film americano, e io l’ho guardato alzando il viso con la bocca aperta…E mi ha chiesto se volevo sposarlo, proprio in questo modo, proprio così. Allora le lacrime mi sono uscite davvero, e continuavo a non sapere che dire, perché non me lo aspettavo proprio, proprio per niente, perché è da pazzi dopo quindici giorni ma mi sentivo pazza, pazza come lui, e non riuscivo proprio a formulare un pensiero perché avrei voluto dire qualcosa di equilibrato, di razionale, perché è una follia e potremmo farci del male, ma non mi veniva niente, niente, e l’unica cosa che mi è venuta, alla fine è stato: “Sei sicuro?”, con gli occhi pieni di lacrime che quasi nemmeno lo vedevo bene, e lui nemmeno ha parlato, per rispondere, ma ha annuito tante volte guardandomi fisso, e serio, e poi mi ha stretto forte, e ha preso quell’anello e mi ha levato i guanti di gomma, e me lo ha messo al dito, e mi ha dato un bacio con tutta l’anima prima che rispondessi, e allora ho detto sì.

 

26 dicembre 2002 la sera di Santo Stefano.

Nadia è andata a far strada ai suoi genitori che sono ripartiti da poco, e poi passava nella Mansarda; Diana è stata prima al telefono con Alessandro, poi con Manuela, poco, e adesso sta di nuovo col suo ragazzo, quasi un’ora. Ne ha da sfogarsi anche lei. Della gente che era in casa nostra la botta più forte, in fondo, ce l’ha avuta lei, anche se siamo rimasti stupiti un po’ tutti perché nessuno se lo aspettava. Quelli che hanno retto meglio sono stati i genitori di Nadia perché estranei a metà dei fatti e alle persone, e io e Nadia perché del cumulo di sorprese ce ne siamo pigliati solo una metà. Vai a capire la vita quello che ti fa capitare. Vorrei che Nadia tornasse subito, lo vorrei proprio tanto. Adesso ci provo a raccontare le cose come sono andate, perché sono un po’ confuso anche io. Fosse capitato un altro giorno sarebbe stato anche un ridere (più o meno), ma proprio oggi, proprio... Insomma, adesso ci provo a raccontare le cose in fila, così magari mi faccio le idee più chiare pure io.

Insomma, casa nostra, cioè l’ex mia, da quando è arrivata Nadia ogni tanto la chiamo il paese dei balocchi, sotto queste feste, poi, era proprio uguale. E infatti ci siamo rimasti tutti come somari, alla fine. Comunque dicevo: al pranzo di Santo Stefano io e Nadia diamo la notiziona bomba. Tra l’altro io sono contentissimo, perché proprio non me l’aspettavo che diceva di sì. Mi dicevo, ha acconsentito a tante cavolate da quando ci conosciamo, l’ultima quella del trasloco, figuriamoci se accetta pure questa: si piglierà paura e rinsavirà all’improvviso. Però ci tenevo a chiederlo, perché è proprio quello che vorrei, dividere la vita con lei con il bello e il brutto, ed era da tanto che ci pensavo, perché con nessun’altra potrei, e solo con lei, perché a lei la amo e nessun’altra potrebbe essere. Proprio nessun’altra. E comunque mi aspettavo che mi dicesse di aspettare, che era troppo in fretta, che ci doveva pensare, e invece no, ha detto di sì subito e io sono stato contentissimo. Ed è stato stupendo. Oddio, poi mi sono sentito un po’ attore stupido da telefilm americano, con l’anello, la sorpresa, il romanticismo, e lei che invece apriva il pacco con tanto di guanti di gomma e i piatti da lavare. Secondo me era una scena perfetta per quel telefilm di Friends: loro possono fare cose così, e anche io a quanto pare. Vista da fuori doveva sembrare molto buffa, ci mancavano solo gli applausi registrati e le risate, ma da dentro è stata bellissima, bellissima, bellissima. E poi, anche se da fuori fosse stata buffa, non ci doveva mica vedere nessuno! Eravamo solo io e lei, ed è stata bellissima, bellissima, e lei, Nadia, era bellissima, anche con i guanti di gomma, anche se mi sono sentito una merda d’uomo perché le ho fatto lavare tutti quei piatti da sola, il giorno di Natale, in modo da farle la sorpresa. Però mi sono fatto perdonare alla notte, ché abbiamo passato una notte bellissima, bellissima ed è stato dolcissimo, ci siamo voluti un mondo di bene e abbiamo parlato di un mucchio di cose, anche se, poi, ci siamo accorti che non abbiamo mai parlato di una cosa in particolare, ed è un po’ un casino.

E comunque, avevo detto che andavo in fila. E quindi diamo la notiziona bomba, in piedi tutti e due abbracciati a capotavola (altra scena da telefilm). Il paese dei balocchi si agita. Mia sorella, che è più recettiva, inizia ad esternare la sua gioia nel solito chiassoso modo, povero chi se la piglia, ma finché è così tutto normale. Poi Marcella incomincia a piangere e io ho pensato “andiamo bene, cominciamo presto”, perché già mi vedevo la suocera in crisi per le sofferenze della sua povera martire di figlia in mano a tanto aguzzino, invece ha detto che era proprio contenta, e se non fosse successo tutto il resto avrebbe già iniziato a preparare la cerimonia e il corredo e gli addobbi e i fiori, e povero me spero di scampare questa parte della faccenda. Gianluigi invece si alza e allunga un braccio: io mi sono quasi spaventato perché dicevo: “o mi tira un pugno o fa una scena da pubblicità stupida di detersivo e mi raccomanda la sua bambina” visto che è stato pure ufficiale; invece si vede che è una persona ammodo, perché non ha detto nulla e ha riempito i bicchieri. E io ho pensato: “meno male”. E mi sa che l’ha pensato pure Nadia, perché ci siamo guardati un attimo e poi ci è scappato da ridere assieme. Insomma, se veniva il Mulino Bianco in quel momento ci faceva tante di quelle pubblicità da mandarle in onda sui patrii schermi per almeno due anni. Al che Diana, nelle sue enfasi comunicative, come ci ha spiegato una volta Andrea, ha pensato bene di diffondere la notizia al mondo intero, tanto la bolletta la paghiamo noi. Al che prima chiama il di lei lui, me lo passa, chiacchiere, lo passa a Nadia, pover’uomo, ancora chiacchiere, voleva passarlo ai futuri suoceri ma è stato graziato da un pensiero della di lui lei: e cioè che ieri era il compleanno di Manuela, begli stronzi che siamo a dimenticarcene. Già, begli stronzi. E così provvede a fare la telefonata. Le risponde Andrea e questo è quello che abbiamo sentito: “Ciao Andrea! Come state? Sapessi che notiziona! Nadia si vuole sposare Nicola! Vero? Sì, siamo tutti molto contenti. Andrea... c’è qualcosa che non va? Sicuro? Che è successo? Andrea, non raccontare palle, non ci credo che non è successo niente, avanti.” Al che c’è stato un silenzio generale e poi Sorma asciutta asciutta fa: “Ah.” e dopo un po’ si gira e mi chiede: “Può passare Andrea, vero?” A me mi è preso un accidente e per fortuna Diana non ha aspettato la risposta e gli ha detto di venire subito subito. Finita la telefonata Sorma c’aveva una faccia da due novembre. Nadia ha chiesto se era successo qualcosa di grave a Manuela, e Sorma le fa “più o meno”. E più o meno vuol dire che è incinta, ed è un bel casino.

Poi niente, Andrea è passato da solo, perché Manuela aveva voglia di stare da sola. E’ preoccupato, e si vede, perché lei ha sempre detto che con i bambini non vuole averci a che fare mai al mondo, lui invece sull’argomento non si è mai pronunciato, manco con me, ma non sono mica stupido, l’ho pur visto che faccia fa davanti ai pupi quando gliene capita uno vicino. Solo che non è stato fatto apposta, e questo è un casino ancora più grosso. E io penso a quanto male ci sta Manuela e a quanto male ci stanno tutti e due e vorrei poter fare qualcosa ma non posso fare niente.

E poi penso a un sacco di altre cose, e cioè a quando io e Manuela passavamo del tempo a dare dei pazzi criminali a chi si metteva a fare figli, come se non ci fossero abbastanza guai nel mondo, oppure a dire che uno doveva volergli proprio male ai suoi figli per farli nascere. E poi mi ricordo di mia sorella che una volta, non aveva ancora finito il recupero, parlando di genitori, disse che però non sono loro a creare il dolore o la gioia dei figli, ma che il dolore e la gioia, invece, se ne vanno a zonzo a braccetto per la vita, e che gli uomini possono solo aumentarli o diminuirli, al massimo, ma non crearli. E poi penso ad Andrea che non diceva mai nulla e lo penso a come era triste e confuso questo pomeriggio. E li penso tutti e due l’altra sera che, evidentemente, non ne sapevano nulla, perché se ne sono accorti il giorno di Natale, bella festa e bel compleanno per Manuela! E dopo tutte queste cose strambe e diverse che penso, penso anche a me e a Nadia, perché abbiamo parlato di tutto, ma mai di quello, anzi, di questo. E io sinceramente non saprei che dirle, se me lo chiedesse. Perché sì, si è parlato di contraccettivi, ma parlare di contraccettivi vuol dire non essere particolarmente intenzionati ad averlo. E magari sì, c’abbiamo scherzato, come sarebbe se, ma non è la stessa cosa che parlarne sul serio o trovarselo davanti, almeno per me. E io non so, davvero, non so. Posso scherzarci e riderne con Nadia, ma se me lo trovassi di fronte non so che farei. Perché lei invece di sicuro c’avrà pensato sul serio, e comunque se non l’ha fatto lo farà, visto che, col suo mestiere, con i pargoli dovrebbe andarci d’accordo. E io intanto penso a tante cose diverse, a quello che dicevamo io e Manuela, a quello che diceva mia sorella, a quello che non diceva mai Andrea e a quello che, invece, potrebbe dire Nadia. E allora la vorrei qui vicino a me, a parlarne, perché da soli non è stato ancora possibile, e non ho capito che c’è voluta andare a fare da Manuela, a dirle che cosa. Io non saprei che dirle: Nadia lo sa benissimo come la pensa Manuela al riguardo. Vorrei che Nadia fosse qui. Adesso.

 

27 dicembre 2002.

Ora è pomeriggio, sono tutti andati via, e anche Nicola è a lavorare da stamattina. Andrea è passato dopo pranzo, voleva vedere me. Anche se non aveva niente di preciso da dire. Solo voleva vedermi, perché a casa sua non poteva stare e cercava qualcuno con cui dividere queste ore: a Manuela non vuole far sentire la tensione – e lui è teso – e probabilmente sta cercando di capire cosa è giusto fare. Cosa è giusto pensare.

Lui la ama, ma è felice di questo figlio. Perché poi dovrò scrivere “ma”… sarebbe molto più sensato dire “Lui la ama ed è felice di questo figlio”. Non me l’ha detto, che ne è felice, ma non sono stupida.

Eppure le cose stanno così: è “ma” e non “e”. Non è stata una cosa programmata, e Manuela figli non ne voleva. L’avevano detto dall’inizio, comunque: erano d’accordo tutti e due, e questo è stato un fatto imprevisto. Succede quando prendi la pillola per anni e poi smetti per un breve periodo: ti disabitui e ti capita. Lui si sente anche in colpa – altra cosa che non ha detto ma si capisce – perché l’ha messa incinta: approccio atavico e primitivo alla questione che può affiorare persino in un uomo intelligente e beneducato come Andrea, in condizioni di stress. E si sente in colpa perché sa bene che ad affrontarne le conseguenze in prima persona è Manuela, che però non voleva. Era stata sempre determinata a riguardo, quando si parlava della cosa: me l’ha detto pure Nicola, che tra l’altro la pensava come lei. E quindi questo ha a che fare anche con noi due, un po’. Infatti stanotte ne abbiamo parlato per la prima volta.

È molto doloroso per Andrea. Lo è anche perché non dice niente: non può dire niente, in questo momento.

Manuela non ha avuto una vita facile: somiglia molto a Nicola, per questo. È lo stesso motivo per cui io invece capisco Andrea: perché partiamo da esperienze affettivamente simili. La famiglia in cui è cresciuta non è mai stata una vera famiglia, e lei ha dovuto lottare moltissimo per avere quello che ha. Che poi non è materialmente molto, ma è preziosissimo sul piano personale e degli equilibri raggiunti. Anche per sposare Andrea ha dovuto fare una strada, ha dovuto combattere: contro se stessa, soprattutto. Per questo ci hanno messo tanto.

Non è solo per la famiglia: è il modo di guardare alla vita, al mondo. Non è che poi si possa liquidarli tanto in fretta, questi discorsi, dicendo che sono sbagliati.

Io a Manuela voglio bene davvero, forse proprio perché riesco a capirla facilmente. Non so come mai: lei non è affatto un tipo facile. Ma mi somiglia, per certe cose: per certe fragilità, certe insicurezze dietro l’aspetto forte che ha. Anche se io un figlio al posto suo lo vorrei, e non avrei paura. Non gliel’ho detto.

Chissà se, a forza di non dire cosa pensiamo, riusciremo a capirci lo stesso.

Ieri ho parlato con lei, io e lei da sole. È abbattuta: non riesce ancora a formulare un pensiero preciso ma è tanto giù. Tanto confusa. È incinta e non lo voleva: è chiaro che si senta così. E d’altra parte ama suo marito, è certa di poter contare su di lui, si rende conto senz’altro che lui sarebbe felice di un figlio. È confusa anche su se stessa: è sempre stata una persona molto responsabile, matura, ma non si era mai pensata come madre. E non è in grado, in questo momento, di capire davvero cosa vuole lei, che è la cosa più importante di tutte.

Qualunque decisione prenda influenzerà radicalmente la sua esistenza, e lo sa molto bene. Non solo per i problemi enormi – oggettivi – con la sua professione, la sua vita da adesso in poi: quelli ci saranno di sicuro, cambierà tutto. Ma anche per il rapporto con Andrea, che solo da poco tempo è così sereno ed equilibrato. Questa è una nuova prova, una nuova fase. Che, sì, non era detto dovesse esserci per forza, ma fatto sta che adesso c’è. Si è presentata e devono affrontarla. E sono convinta, anche se non l’ho detto e non lo dirò a nessuno, che sarà un trauma enorme, adesso, se non avranno questo figlio.

Ma Manuela lo sa, io credo che lo sappia, sì. Eppure non è per questo che deve decidere di averlo. Non è nemmeno per questo che si fa un bambino. Quello che sarà dopo tra lei e Andrea in ogni caso sarà una conseguenza, non una causa.

 

Questo è un diario, e in un diario posso scrivere, sì, cosa penso. Posso scrivere cosa farei io. Ma io non sono Manuela, e la vita mi ha insegnato fin troppo che non c’è solo un modo per vedere le cose. E non è detto che il tuo modo sia giusto per gli altri.

Per questo a Manuela non ho dato consigli. L’ho soltanto ascoltata e le ho detto che le voglio bene. Le ho detto che questa cosa riguarda lei, prima di tutto, ma che intorno a lei ci sono persone che l’amano, e condivideranno ciò che le accadrà, continuando ad amarla.

 

Stanotte Nicola mi ha chiesto cosa pensavo io. Abbiamo fatto l’amore e me lo ha chiesto, dopo. Cosa vorrei per me, per noi.

A Nicola l’ho detto, perché adesso divide la mia vita. Perché, se è vero che ci sposiamo, allora queste cose dobbiamo dircele con sincerità, qualunque prezzo abbiano.

Io lo voglio un figlio suo. Non adesso, no… ma lo voglio, un giorno. Sono sicura.

Ho sempre pensato di avere un figlio, nella mia vita, ma erano fantasie vaghe, lo capisco soltanto ora. Solo da quando c’è Nicola so cosa vuol dire, e so di volerlo veramente.

E c’è anche un’altra cosa: da quando c’è Nicola ho capito che non farei un figlio con nessun altro al mondo.

Vorrei, un giorno, e vorrei che lo volesse anche lui. L’ho guardato negli occhi mentre lo dicevo, perché è una cosa importante, e bisogna dirsi tutta la verità sulle cose importanti come questa.

Mi ha tenuta stretta. Non ha detto cosa pensava, anche perché non credo che sia sicuro di cosa pensa: fino ad ora si era sempre detto che è meglio vivere disperati piuttosto che rischiare di soffrire. Come in quella lettera, fino alla sua lettera, con cui mi ha detto che mi amava.

Ora siamo felici, perché una notte di poche settimane fa mi ha chiesto disperatamente di amarlo. E, dopo aver provato cosa vuol dire essere felice per il suo amore, c’è una cosa sulla quale non ho più il minimo dubbio: che forse avrò delle tremende disillusioni nella mia vita, ma non accetterò mai di vivere nella disperazione.

Mi ha tenuta stretta, e si è poggiato su di me, mentre gli accarezzavo i capelli, come se la mia risposta gli avesse dato sicurezza. E’ stato contento che abbia risposto così, l’abbiamo compreso insieme nello stesso momento. Ma io lo avrei detto in qualunque caso, adesso lo so.

Mi ha baciato e abbiamo fatto l’amore ancora. E’ stata piena di passione, questa volta. Non lo so cosa pensa, no. Ma so che mi ama, e forse l’unica risposta vera è questa.

 

 

 

27 dicembre 2002

Sono in caserma, saranno le cinque e mezza del pomeriggio. Sono appena tornato dall’ufficio di Andrea che mi ha convocato in fretta e furia appena è arrivato: manco ci fosse un morto ammazzato. Stavolta la botta sarà grossa, qualunque cosa accada, perché io quello lì non l’ho mai visto così deciso. Quello che ha deciso non lo so perché mi ha spiazzato, però stavolta sono sicuro che adesso ha le idee chiare. Alleluja! Almeno lui!Sembra un’altra persona da ieri sera e in verità sembra un’altra persona in generale. Non ha fatto in tempo ad arrivare che mi ha chiamato nel suo ufficio. Faceva molto Montalbano: fosse stata un’altra situazione gli avrei risposto “Fazio sono, commissario”. Però non era cosa, m’avrebbe mangiato vivo: se can che abbaia non morde, quello che non lo fa mai, la volta che gli salta il ticchio, diventa pericoloso. E infatti io non ho fatto in tempo ad entrare che mi ha detto: “Senti un po’, Erode dei poveri, visto che ormai anche tu ci sei cascato come un pollo, dimmi un po’ che ne faresti tu di tutte le tue belle teorie se Nadia ti dicesse che aspetta un bambino. Perché tu sei innamorato di Nadia, vero?” Era decisamente fuori di sé, anzi, non era proprio più lui. Ci deve stare da cani, da cani davvero. Per quello non mi sono incazzato. E che gli dovevo rispondere? Gli ho risposto che ieri notte Nadia mi ha detto che un bambino lo vorrebbe da me, e che lo vorrebbe da nessun altro al mondo che da me. E che io, come un imbecille, non ho saputo che risponderle, proprio come uno stupido babbeo, anche se la amo così tanto (e gliel’ho proprio detto così, a lui, che la amo Nadia). Perché, visto che la amo potrei farla contenta, visto che non mi sento particolarmente portato lei potrebbe fare senza, detta proprio papale papale. Non lo so. Se Manuela non si è mai pensata come mamma io non mi sono mai particolarmente pensato come babbo, ve pure bene che si cambia nella vita, però non lo so. E non saprei che rispondere neanche a lui, ad Andrea, gli ho detto, proprio non so che pensare, io personalmente, se dovessi decidere da solo, senza di lei. E lui piano piano si è calmato, è tornato l’Andrea di sempre, preoccupato; m’ha detto che il bambino è certo, ormai, che Manuela gli ha mandato un messaggio, visto che era tornata da poco dal dottore e aveva avuto la conferma. Poi è rimasto un po’ a giocherellare con la matita. Io non sapevo che fare: davvero stavolta sono del tutto spiazzato. Non sapevo se andarmene e lasciarlo solo oppure rimanere: tanto siamo sempre stati d’accordo che se uno di noi aveva bisogno d’aiuto lo chiedeva senza vergogna, se no voleva dire che si arrangiava da solo. Poi a un certo punto ha fatto una faccia strana, che non gli ho mai visto, anche se da quando siamo amici di momenti di merda ne abbiamo passati tutti e due. A un certo punto fa: “Ho preso una decisione”. E io c’ho scherzato e gli ho detto che era ora che la finisse di fare la femminuccia, visto che ormai si era capito definitivamente come stavano le cose a casa sua. Un po’ ce l’ho fatta a farlo ridere. E’ stato un po’ pensieroso e poi mi ha detto che era stato a casa mia, ma io lo sapevo già: ho i miei servizi segreti anche io, ora, cosa crede? In due m’hanno smessaggiato per aggiornarmi, in due! Sono un uomo rovinato. Più o meno. E lui ha detto che invece dovrei essere contento che vadano d’accordo. Ma io per questo sono contento. Spero proprio che mi duri, tutto questo.

 

Otto e mezza di sera

Sono tornato appena a casa, ma devo pigliare fiato per la tranquilla serata di paura che mi aspetta. Di là in cucina ci stanno: l’amica sconvolta e distrutta sull’orlo di una pesante, pesantissima, crisi di nervi, la sorella che smania evidentemente per dire qualcosa che le sta a cuore ma cerca di trattenersi facendo l’uncinetto in silenzio, la fidanzata quasi moglie. Anche se parlano tranquillamente del più e del meno c’è qualcosa che bolle, me lo sento. Anche perché di sottofondo ci sta de André, capirai… e quando arriverà una certa traccia di quel cd rideremo. Per fortuna che c’è Nadia, che in tutto questo casino è l’unica che è rimasta calma e con i piedi per terra e ha pigliato la cosa ragionevolmente. Ma forse perché lei i nostri vecchi discorsi non li ha mai sentiti, e a questo punto mai li sentirà più. Vorrei vedere che succede se vado di là e dico che siamo proprio tutti una grande famiglia. Anzi, quasi quasi lo faccio, e vedo come va a finire: mi sento temerario. Nadia, amore, conto su di te.

 

 

Continua

mail to: imperia4@virgilio.it & brumilde@libero.it

 

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