Un'altra stagione

(dopo Autunno)

parte quinta

 

Warning!!! The author is aware and has agreed to this fanfic being posted on this site. So, before downloading this file, remember public use or posting it on other's sites is not allowed, least of all without permission! Just think of the hard work authors and webmasters do, and, please, for common courtesy and respect towards them, remember not to steal from them.

L'autore è consapevole ed ha acconsentito a che la propria fanfic fosse pubblicata su questo sito. Dunque, prima di scaricare questi file, ricordate che non è consentito né il loro uso pubblico, né pubblicarli su di un altro sito, tanto più senza permesso! Pensate al lavoro che gli autori ed i webmaster fanno e, quindi, per cortesia e rispetto verso di loro, non rubate.

 

I giorni che vennero furono colmi di felicità. Oscar aveva preso un periodo di licenza, in attesa di decidere cosa fare, e si era trasferita a casa di André. Aveva portato le sue cose e le aveva sistemate negli armadi, insieme a quelle di lui.

La casa aveva preso un aspetto diverso, e se n’era accorto anche André. Un po’ perché non trovava più niente, all’inizio: nonostante Oscar si fosse sforzata di usare grande attenzione, nel riporre i suoi abiti negli stessi posti, elaborando vere e proprie strategie per dividere scomparti e settori, non aveva tuttavia potuto evitare che si creasse una certa mescolanza. E non aiutava il fatto che anche i suoi vestiti fossero di foggia maschile: se avesse avuto gonne e merletti ci sarebbero stati meno dubbi, nel riconoscerli al tatto. A volte André si trovava in mano una sua camicia e vi passava sopra le dita con aria vagamente perplessa, per qualche secondo. Poi sorrideva e la rimetteva a posto.

“Oh, scusa, scusa amore...” diceva lei correndo ad aiutarlo. André non diceva nulla e l’abbracciava da dietro, mentre lei si affannava tra gli appendiabiti, impedendole di organizzare le cose a dovere. “No, lascia così – sussurrava sfiorandola con le labbra dietro l’orecchio -, mi piace questa confusione... è come trovarti dappertutto”.

“Come ‘confusione’...”, protestava lei, che metteva nell’ordinare le cose un’esattezza militaresca. Ma le carezze di André le guastavano tutti i piani, e si faceva spingere sul letto ridendo.

 

E poi era l’atmosfera a essere diversa, nella casa. Era meno silenziosa, più vivace. Uscivano insieme a fare la spesa, poi rientravano e si mettevano a preparare il pranzo. Oscar si specializzò in breve tempo in una serie di ricette complicatissime, che andava a pescare nelle biblioteche svolgendo indagini approfondite. Si fermava lungo la via del mercato, con André al fianco, a discutere con le venditrici su come dar sapore a questa o a quella pietanza: lui non poteva crederci, e scuoteva la testa ridendo.

Ci metteva un impegno commovente. E i risultati c’erano, quasi sempre. André era una buona forchetta, lo era sempre stato, e a lei piaceva viziarlo.

“Finirà che mi farai ingrassare”, si lamentava, dopo. E, non ricevendo risposta, quando lei gli passava vicino, per portare via i piatti, la bloccava e la costringeva a sedersi sulle sue ginocchia. “A meno che...” iniziava.

“Cosa?”, chiedeva sorridendo Oscar, che ormai aveva imparato come andavano a finire quei preamboli.

“A meno che tu non mi faccia fare molto esercizio...”

“Dovremo farne parecchio, per smaltire tutto...”, diceva con voce tentatrice, mettendogli le braccia al collo.

 

I loro incontri erano appassionati ed intensi. Facevano l’amore con trasporto, con gioia, senza aspettare la notte. Il desiderio che André aveva di lei la rendeva felice e la commoveva: non si stancava mai di averla tra le braccia, come se fosse una cosa preziosissima, e lui quasi non riuscisse a crederci, nonostante tutto. Ogni volta che André la toccava, ogni volta che era lei a passargli accanto, il contatto col suo corpo le dava un tremito di piacere, e voglia di lasciar perdere qualsiasi cosa stesse facendo per farsi coinvolgere in un abbraccio che non poteva essere rimandato. La tirava a sé con passione struggente, febbrile, e Oscar veniva sempre travolta dall’emozione che sapeva trasmetterle. Aveva un modo così maschile di sfiorarla, di percorrerla con le mani, che rendeva irresistibile anche il gesto più delicato. Una forza innata, che affinò con l’esperienza di lei, imparando a farla impazzire, quando l’amava. Un giorno dopo l’altro Oscar si accorse che, se anche avesse voluto opporsi a quegli abbracci, non ne sarebbe stata capace. Era in suo completo potere, e, più se ne rendeva conto, più si sentiva felice: in quei giorni capì veramente cosa volesse dire appartenere a qualcuno.

Alla dolcezza dei primi incontri subentrò una passione impetuosa. Le sue mani la eccitavano, guardare il suo corpo la riempiva di desiderio, e quando la prendeva sentiva gemiti e grida salirle in gola, e voglia di lasciarli uscire senza controllo. Impararono gesti nuovi, l’uno dall’altra. Impararono ad amarsi senza avere pudore.

Sembrava che André fosse nato per far l’amore con lei. Il desiderio che le mostrava era trascinante. Oscar sentiva, a volte, che in quel desiderio c’era un po’ d’ansia, come se volesse recuperare il tempo perduto, e riempire il presente di momenti meravigliosi che scalzassero i ricordi tristi. Ma erano attimi, e lei li scacciava con i suoi baci. Non si era mai sentita così amata, così donna.

 

E in quell’intimità, nella loro casa, un giorno aveva iniziato a indossare abiti femminili. Era successo così, quasi per caso, perché una volta, camminando per il mercato da sola, aveva posato gli occhi su un’ampia gonna di pizzo, bianca e frusciante, piena di volant. La cosa meno pratica che si fosse mai vista in fatto di vestiti, anche se lo stile era campagnolo. L’aveva comprata senza pensarci troppo, e insieme si era fatta convincere a prendere una camicia da donna e un corpetto celeste.

Poi, la sera, si era messa tutto.

L’espressione che aveva avuto André quando se n’era accorto se la sarebbe ricordata per sempre. L’aveva sentita andare sulla terrazza e dopo un po’ l’aveva raggiunta, già incuriosito da quel frusciare. Oscar aveva avvertito la sua presenza alle spalle e si era voltata verso di lui, che le tendeva le braccia come faceva sempre, quando voleva baciarla. Ma al contatto di quei panni leggeri si era fermato all’improvviso. “Oscar...”, aveva detto stupito. L’aveva percorsa con le mani, accostandosi a lei ancora di più, accostandosi con tutto il suo corpo. Lei aveva sentito, sulle gambe nude sotto quella gonna, il calore irradiato sulla sua pelle dal contatto con le gambe di André, che, per avvicinarsi e stringerla, gualcivano appena il tessuto, interrompendo col loro entrare la curva arcuata della veste. Le mani di lui avevano toccato la sua vita, tutto il suo seno sostenuto dal corpetto, in un’intimità piena di stupore e desiderio. “Amore...”, aveva detto, accarezzandola ancora, e lei aveva letto sul suo viso un misto intensissimo di sorpresa e di ebbrezza. L’aveva baciata, aderendo a lei, sollevando quella gonna con le mani e scoprendo la sua pelle, sfiorandola, tenendola stretta contro il suo corpo. Poi l’aveva coinvolta nei suoi gesti appassionati, ed erano rientrati, abbracciati e ansanti, scivolando sul letto. L’aveva sentito sopra di sé con un’intensità incredibile, sbottonarla e  baciarle i seni, in una frenesia travolgente, stropicciando quella gonna con una passione felice e imperiosa, assolutamente irresistibile per lei. E l’aveva presa così, senza neanche spogliarsi, spogliarla, prima di cena.

 

Da quel giorno, in casa con lui, Oscar aveva indossato spesso delle gonne.

Ridendo, quando ripensava a quel momento, rifletteva sulla grande, grandissima praticità di quel tipo di abiti.

 

 

 

Furono giorni colmi d’amore e di felicità. Le sue carezze, i suoi sospiri riempivano il cuore del suo compagno di una gioia acutissima. Cullavano il suo sonno, vegliavano sui moti del suo spirito, fasciavano le sue ferite curando i tormenti e i ricordi penosi che da soli avevano invaso la sua vita, per anni e anni.

 

E quell’amore stava curando anche lei.

 

Ne aveva, di ricordi tristi. Ne aveva, sì. Talmente tristi che, se il pensiero cadeva su di loro, lo scacciava con un moto istintivo di rifiuto. Le faceva troppo male affrontarli, soprattutto adesso, in mezzo a tanta felicità. E non poteva parlarne con André.

Il giorno che aveva sposato Girodel aveva distrutto la sua fiducia, aveva ucciso la sua anima. Victor non era una cattiva persona: ma lei non l’amava, non l’aveva mai amato. Quando si era ritrovata in camera, sola con lui dopo la cerimonia, si era sentita disperata e perduta. Colpevole verso se stessa e verso quell’uomo che aveva sposato, che da lei si aspettava sentimenti ben diversi da quelli che Oscar provava. Avrebbe voluto essere in qualsiasi altro posto, tornare indietro nel tempo.

E questa era una cosa che non poteva essere detta a nessuno.

Si era sentita colpevole verso André: aveva pensato, ritrovandosi col marito in quella camera ignota, che se ci fosse stato André vicino a lei non si sarebbe sentita tanto a disagio, tanto sbagliata. Forse proprio quel giorno, quando era ormai tardi per fare qualsiasi cosa, aveva iniziato a capire qual era l’uomo che avrebbe voluto veramente al suo fianco.

Era stato un peso spaventoso per anni. Una responsabilità che doveva portare lei, e con cui faceva i conti ogni giorno, persino adesso. Soprattutto adesso.

Il suo cuore non aveva avuto più vita da allora. Era come se si fosse gelato. Quando Girodel l’aveva presa, e lei non era mai stata con un uomo, aveva sentito solo dolore, e vergogna. Ma la vergogna faceva molto più male del dolore. Girodel l’amava, l’aveva sposata perché l’amava: e lei, col suo corpo ansimante sopra, aveva pensato a quel giorno che l’aveva battuto con la spada, sulla via per Versailles; agli ordini che gli aveva dato fino a poco tempo prima, cui lui non aveva mai disobbedito, come invece faceva sempre André se le vedeva correre qualche rischio. Erano state queste le cose che si erano presentate alla sua mente, in quei momenti. Era rimasta in silenzio tutto il tempo. Poi, quando si era staccato da lei, commosso, e le aveva sfiorato il viso quasi timoroso, le aveva detto che l’amava e si era abbandonato sul cuscino, prendendo sonno, Oscar aveva girato il capo e aveva pianto, annientata, in silenzio. Era rimasta sveglia a piangere in silenzio per tutta la notte.

Ecco cosa aveva provato, quando lui la toccava.

Col tempo, poi, si era abituata. E questo era anche peggio.

 

Ma erano ricordi che non poteva raccontare ad André. Che non poteva raccontare a nessuno.

 

In questo senso era stata più infelice di lui. Molto di più. André non aveva niente da rimproverare a se stesso, e il suo amore tormentato per lei era un sentimento puro, pieno di grandezza.

 

L’aveva pagata molto cara. E stava ancora pagando. Anche se ora il suo cuore era tornato a vivere come non aveva mai creduto fosse possibile.

 

Una volta, dopo aver fatto l’amore con André, lo aveva stretto con una dolcezza piena di dolore, nella notte, e gli aveva detto: “Ti amo”. Poi aveva iniziato a piangere, in singhiozzi che erano nati senza che potesse impedirlo e che scuotevano il suo corpo sempre più profondi, incontrollabili. Aveva pianto disperatamente tra le braccia di lui, senza poter spiegare. “Oscar - lo aveva sentito chiamare, in mezzo a quelle lacrime -. Oscar...”. “Stringimi - aveva implorato con un filo di voce -. Ti prego, stringimi”. Aiutami, avrebbe voluto dire.

Però André sembrava aver capito, sembrava aver capito tutto. L’aveva stretta con una dolcezza e un’intensità diversa da quella che usava di solito: si era fatto protettivo e grande, intorno a lei. Il suo abbraccio era stato caldissimo, forte, e non le aveva chiesto nulla. Aveva fatto cessare quel pianto abbracciandola, impedendole di sciogliersi da lui e rimanere da sola. L’aveva tenuta così a lungo. Poi aveva iniziato a baciarla e di nuovo aveva fatto l’amore con lei, dicendole che l’amava mille volte.

 

Oscar si era abbandonata, ed era stata di nuovo felice, come quella prima volta che l’aveva avuto dentro di sé, quella notte dolcissima che aveva dato inizio alla loro unione. Era stata quella la prima volta che aveva provato piacere, tra le braccia di un uomo, dopo aver ascoltato giorno per giorno il desiderio aumentare, in quelle ore che avevano usato per ritrovarsi, a casa sua. In quegli abbracci, quelle risa, quelle emozioni profonde. La prima volta che aveva sentito il suo corpo vibrare, risvegliato dalle carezze e dai baci del suo amore, e sussultare incontrollato in mezzo a onde ignote che lo scuotevano. La prima volta che aveva provato piacere. Insieme a lui.

 

Non l’aveva detto ad André. Ma André lo sapeva, ne era sicura.

 

 

L’idillio dei primi momenti andava trasformandosi, poco a poco, in una quotidianità intensa e appagante. Cominciavano ad abituarsi l’una all’altro e scoprivano una gamma d’emozioni ancora diverse. Il cuore batteva, quando stavano insieme, ma erano battiti più lenti e più pieni. Una sicurezza nuova si espandeva dentro di loro, prendendo il posto dell’incredulità, del timore dei primi giorni. Diventavano una coppia, Oscar capì che era questo.

 

“Amore, senti...”

Lui l’aveva baciata sulla spalla e sul collo, steso dietro  di lei, cingendole la vita. “Dimmi”, aveva detto a bassa voce, rimanendo in ascolto.

“Amore, io voglio lasciare il mio incarico, voglio andarmene per sempre dai soldati della Guardia”. Era rimasto in silenzio, mentre la voce di lei si faceva sofferta, dolente. “Voglio smetterla con questa vita: non me la sento più, non ha più senso farla”, aveva aggiunto. E sembrava che lo stesse pregando di dire di sì, di darle il permesso, come se gli stesse facendo una richiesta. Importantissima.

André sapeva perché: lasciare l’uniforme era un taglio netto con l’esistenza che aveva condotto fino ad allora, e solo dopo che aveva trovato lui, riscoprendo il suo amore, aveva avuto una vera ragione per farlo. Andare via dall’esercito era la stessa cosa che chiedergli di passare il resto della vita insieme.

“André... che ne pensi, André?”

Sapeva cosa rispondere

“Penso che ti amo, e che voglio stare sempre con te”.

“Davvero... davvero amore?”. La gioia con cui l’aveva detto lo commosse.

“Sì, davvero – ripeté baciando ancora la sua spalla -. Ma tu, Oscar, sei sicura?”

“Certo... Perché, André?”

“Questa è la vita che hai sempre fatto, è un grosso cambiamento per te. Non te ne pentirai?”. Sentì improvvisamente che per dirlo doveva trovare il coraggio: “Ora va tutto bene, siamo felici... Ma se un giorno non dovesse essere più così... se non fossi più felice con me... Io non voglio che tu ti senta legata, Oscar, che tu non abbia altro su cui fare affidamento”. E provò un sentimento che da tempo non provava più, grazie a quell’amore: avvertì il peso, tutta la vulnerabilità della sua condizione. Eppure si costrinse a dirlo: “Uno come me ha bisogno di tante cose, Oscar, e questo non potrà non pesarti”.

“No, no, non è vero André! Non mi peserà mai...”

“Non dire mai. Non lo dire”.

“Sì, lo dico, lo dico invece! Tu non sai quanto ti amo, André”.

La strinse più forte, con gli occhi chiusi. Si ripeté le parole che aveva detto a Rosalie: io devo correre questo rischio... Restò in silenzio, a lungo.

“E come vivrai, Oscar?”

“Come vivremo...”

“Come vivremo, sì...”

“Sai, è tanto che ci penso, e ho fatto un po’ di calcoli. Io ho abbastanza soldi da parte, André, abbastanza perché possiamo vivere bene senza preoccuparci di niente. Certo, se vuoi lavorerai ancora, io non ti chiedo di cambiare tutta la tua vita.  Potremo fare tante cose. Ma io voglio stare con te, amore, solo con te. Voglio dedicarmi a farti felice ogni giorno, come adesso. Voglio darti tutto quello che posso darti, una famiglia...”

Si fermò. Questa le era proprio venuta senza pensarci, nel calore della perorazione.

André era rimasto in silenzio.

“Una famiglia...”, aveva ripetuto poi.

“No, non preoccuparti, André, non voglio metterti fretta, spingerti a fare qualcosa cui non pensavi...”. Era arrossita.

“Già, non ci avevo pensato, è vero...”

“Che non mi hai neanche chiesto...”

“E’ vero, non te l’ho nemmeno mai chiesto...”

“André...”

La girò verso di sé, il viso contro il suo viso. Le diede un bacio.

“Tu hai pensato a fare una famiglia con me, Oscar?”

Cosa doveva rispondere? Lei ci pensava dal primo giorno.

“Allora?”

Lo baciò anche lei, ma poi si ritrovò come prima, con lui sopra, inchiodata.

“...Sì...sì. Ci ho pensato, André, è vero...”. Il suo silenzio era sempre più insostenibile. “Ma va bene anche così, amore, era solo un’idea che mi era venuta... non importa, l’unica cosa che conta per me è starti vicino...”. Perché aveva tirato fuori quel discorso?

“Vuoi sposarmi, Oscar?”

Le si fermò il respiro. “André...”

“Mi vuoi sposare?”

Era successo. Finalmente. Glielo aveva chiesto. Non poteva crederci.

“Oh...”

“Però! - disse lui con voce sorniona -. Mi aspettavo un po’ più d’entusiasmo...”

“André... André! Sì, André. Lo sai, lo sai...”. Lo abbracciò con tutte le forze, lo ricoprì di baci, mentre lui rideva, travolto.

 

 

In realtà sposarsi non era così semplice, lo sapevano tutti e due. Solo qualche anno prima sarebbe stato assurdo addirittura il pensiero. Oscar era già sposata e, sebbene fosse da tempo separata dal marito, formalmente quel legame esisteva ancora.

La Rivoluzione, però, aveva cambiato tante cose: aveva introdotto, dopo accesi dibattiti, il matrimonio civile e anche il divorzio. La questione faceva molto discutere, ma i principi di libertà che il nuovo corso portava avanti non potevano non ammetterla. E, come il divorzio, era stato sancito che chi aveva divorziato potesse risposarsi.

Era una legge recentissima, e accedere ai suoi benefici poteva comportare delle difficoltà pratiche. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo, comunque. Il caso di Oscar però rientrava tra quelli che la nuova normativa aveva previsto: non solo quel matrimonio era finito per accordo comune, ma Girodel aveva anche abbandonato la Francia, per fuggire la Rivoluzione che invece sua moglie aveva sostenuto. Forse non sarebbe stato necessario neanche interpellarlo. In ogni caso, difficilmente Victor avrebbe fatto opposizione, creato dei problemi.

Oppure si poteva pensare a un annullamento delle nozze religiose. Non erano nati figli, da quel matrimonio: Oscar non ne aveva avuti, un po’ per fortuna e un po’ perché non voleva. Non voleva un figlio di un uomo che non amava. La differenza la comprese solo in quei giorni, tra le braccia di André. Se le fosse capitato di aspettare un bambino da lui sarebbe stata al colmo della gioia.

Ma col marito le cose avevano cominciato subito ad andar male, e anche lui aveva capito, alla fine. Così figli non ne avevano avuti.

Però l’idea dell’annullamento a lei non sembrava giusta.

 

Ne parlò con André, infine. “Io vorrei tanto che fosse possibile annullare il passato – gli disse seria, triste -. Ma non si può. Gli errori che ho commesso non li posso cancellare, mi pesano addosso tutti, ogni giorno. Ogni giorno...”

André l’ascoltava in silenzio.

“E non sarà un tratto d’inchiostro sul registro della chiesa a far sparire questo passato, questo dolore”. Lo disse con un moto di rabbia trattenuta, e quasi disperata. Ma triste.

“Certo, Oscar. Hai ragione”

Lo guardò. Era la prima volta che André parlava con questa pacatezza del suo matrimonio.

“E allora, André, io ho pensato... ho pensato che questo vuol dire qualcosa, forse. Che non devo annullare niente, che non devo dimenticare. Io me lo devo ricordare lo sbaglio che ho fatto, anche se mi fa male, tu non sai quanto... Devo ricordarlo e superarlo, non fare finta che non ci sia mai stato. Quell’errore mi ha cambiato, André, mi ha dato tanto dolore, ha fatto di me un persona diversa da quella che ero...”

Senza interromperla lui la lasciava sfogare. Finalmente.

Le vennero le lacrime agli occhi: “Poi ti ho ritrovato, e sono cambiata ancora, ho ricominciato a credere, ad avere speranze... André, ti prego, non pensare che lo dica perché non mi importa, perché non sono sicura: io ti amo tanto, tantissimo, se dovessi perderti ne morirei, lo so. Ma non penso che sia giusto chiedere l’annullamento. Io devo scegliere il divorzio, devo affrontare questa cosa così... Potrai perdonarmi, amore?”

“E cosa c’è da perdonare, Oscar?”. L’attrasse a sé, serio, le labbra sulla sua guancia: “Io ti ammiro, invece. Ho sempre amato la tua onestà, la tua lealtà. Hai ragione, hai ragione su tutto, e ti amo ancora di più per questo, se possibile. Faremo così, va bene. E aspetteremo il tempo che ci vorrà, non importa”. La baciò con tenerezza.

“E poi, amore mio, abbiamo lottato tutta la vita contro regole che ci allontanavano. E quando tutto è crollato noi abbiamo combattuto anche per questo, ricordi? Perché potesse esistere un mondo migliore, dove lo stare insieme, per noi due, non fosse considerato un assurdo. Abbiamo sofferto anche abbastanza, per quelle regole”. La strinse ancora, tenendola a sé. “Ne parlerò con Bernard: lui ha tanti amici che si intendono di queste cose. Vedrai, troveremo una soluzione, Oscar. Faremo come hai detto tu”.

 

Lo guardò piena di riconoscenza.

“Grazie amore, grazie...”. Non poté evitare di piangere, ancora un poco.

 

Erano accadute tante cose, in quell’autunno.

 

 

Continua

mail to: imperia4@virgilio.it

 

Back to the Mainpage

Back to the Fanfic's Mainpage