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CANTO QUARANTESIMOQUARTO
[ Riassunto ]
1
Spesso in poveri alberghi e in picciol tetti, ne le calamitadi e nei disagi, meglio s'aggiungon d'amicizia i petti, che fra ricchezze invidiose et agi de le piene d'insidie e di sospetti corti regali e splendidi palagi, ove la caritade è in tutto estinta, né si vede amicizia, se non finta.
2
Quindi avvien che tra principi e signori patti e convenzion son sì frali. Fan lega oggi re, papi e imperatori; doman saran nimici capitali: perché, qual l'apparenze esteriori, non hanno i cor, non han gli animi tali; che non mirando al torto più ch'al dritto, attendon solamente al lor profitto.
3
Questi, quantunque d'amicizia poco sieno capaci, perché non sta quella ove per cose gravi, ove per giuoco mai senza finzion non si favella; pur, se talor gli ha tratti in umil loco insieme una fortuna acerba e fella, in poco tempo vengono a notizia (quel che in molto non fer) de l'amicizia.
4
Il santo vecchiarel ne la sua stanza giunger gli ospiti suoi con nodo forte ad amor vero meglio ebbe possanza, ch'altri non avria fatto in real corte. Fu questo poi di tal perseveranza, che non si sciolse mai fin alla morte. Il vecchio li trovò tutti benigni, candidi più nel cor, che di fuor cigni.
5
Trovolli tutti amabili e cortesi, non de la iniquità ch'io v'ho dipinta di quei che mai non escono palesi, ma sempre van con apparenza finta. Di quanto s'eran per adietro offesi ogni memoria fu tra loro estinta; e se d'un ventre fossero e d'un seme, non si potriano amar più tutti insieme.
6
Sopra gli altri il signor di Montalbano accarezzava e riveria Ruggiero; sì perché già l'avea con l'arme in mano provato quanto era animoso e fiero, sì per trovarlo affabile et umano più che mai fosse al mondo cavalliero: ma molto più, che da diverse bande si conoscea d'avergli obligo grande.
7
Sapea che di gravissimo periglio egli avea liberato Ricciardetto, quando il re ispano gli fe' dar di piglio e con la figlia prendere nel letto; e ch'avea tratto l'uno e l'altro figlio del duca Buovo (com'io v'ho già detto) di man dei Saracini e dei malvagi ch'eran col maganzese Bertolagi.
8
Questo debito a lui parea di sorte, ch'ad amar lo stringeano e ad onorarlo; e gli ne dolse e gli ne 'ncrebbe forte, che prima non avea potuto farlo, quando era l'un ne l'africana corte, e l'altro agli servigi era di Carlo. Or che fatto cristian quivi lo trova, quel che non fece prima, or far gli giova.
9
Proferte senza fine, onore e festa fece a Ruggiero il paladin cortese. Il prudente eremita, come questa benivolenzia vide, adito prese. Entrò dicendo: -- A fare altro non resta (e lo spero ottener senza contese), che come l'amicizia è tra voi fatta, tra voi sia ancora affinità contratta;
10
acciò che de le due progenie illustri che non han par di nobiltade al mondo, nasca un lignaggio che più chiaro lustri, che 'l chiaro sol, per quanto gira a tondo; e come andran più inanzi et anni e lustri, sarà più bello, e durerà (secondo che Dio m'ispira, acciò ch'a voi nol celi) fin che terran l'usato corso i cieli. --
11
E seguitando il suo parlar più inante, fa il santo vecchio sì, che persuade che Rinaldo a Ruggier dia Bradamante, ben che pregar né l'un né l'altro accade. Loda Olivier col principe d'Anglante, che far si debba questa affinitade; il che speran ch'approvi Amone e Carlo, e debba tutta Francia commendarlo.
12
Così dicean; ma non sapean ch'Amone, con voluntà del figlio di Pipino, n'avea dato in quei giorni intenzione all'imperator greco Costantino, che gliele domandava per Leone suo figlio e successor nel gran domìno. Se n'era, pel valor che n'avea inteso, senza vederla, il giovinetto acceso.
13
Riposto gli avea Amon, che da sé solo non era per concludere altramente, né pria che ne parlasse col figliuolo Rinaldo, da la corte allora absente; il qual credea che vi verrebbe a volo, e che di grazia avria sì gran parente: pur, per molto rispetto che gli avea, risolver senza lui non si volea.
14
Or Rinaldo lontan dal padre, quella pratica imperial tutta ignorando, quivi a Ruggier promette la sorella di suo parere, e di parer d'Orlando e degli altri ch'avea seco alla cella, ma sopra tutti l'eremita instando: e crede veramente che piacere debba ad Amon quel parentado avere.
15
Quel dì e la notte, e del seguente giorno steron gran parte col monaco saggio, quasi obliando al legno far ritorno, ben che il vento spirasse al lor viaggio. Ma i lor nocchieri, a cui tanto soggiorno increscea omai, mandàr più d'un messaggio, che sì li stimulàr de la partita, ch'a forza li spiccàr da l'eremita.
16
Ruggier che stato era in esilio tanto, né da lo scoglio avea mai mosso il piede, tolse licenza da quel mastro santo ch'insegnata gli avea la vera fede. La spada Orlando gli rimesse a canto, l'arme d'Ettorre, e il buon Frontin gli diede; sì per mostrar del suo amor segno espresso, sì per saper che dianzi erano d'esso.
17
E quantunque miglior ne l'incantata spada ragione avesse il paladino, che con pena e travaglio già levata l'avea dal formidabile giardino, che non avea Ruggiero a cui donata dal ladro fu, che gli diè ancor Frontino; pur volentier gliele donò col resto de l'arme, tosto che ne fu richiesto.
18
Fur benedetti dal vecchio devoto, e sul navilio al fin si ritornaro. I remi all'acqua, e dier le vele al Noto; e fu lor sì sereno il tempo e chiaro, che non vi bisognò priego né voto, fin che nel porto di Marsilia entraro. Ma quivi stiano tanto, ch'io conduca insieme Astolfo, il glorioso duca.
19
Poi che de la vittoria Astolfo intese, che sanguinosa e poco lieta s'ebbe; vedendo che sicura da l'offese d'Africa oggimai Francia esser potrebbe, pensò che 'l re de' Nubi in suo paese con l'esercito suo rimanderebbe per la strada medesima che tenne quando contra Biserta se ne venne.
20
L'armata che i pagan roppe ne l'onde, già rimandata avea il figliuol d'Ugiero; di cui, nuovo miracolo, le sponde (tosto che ne fu uscito il popul nero) e le poppe e le prore mutò in fronde, e ritornolle al suo stato primiero: poi venne il vento, e come cosa lieve levolle in aria, e fe' sparire in breve.
21
Chi a piedi e chi in arcion tutte partita d'Africa fêr le nubiane schiere. Ma prima Astolfo si chiamò infinita grazia al Senapo et immortale avere; che gli venne in persona a dare aita con ogni sforzo et ogni suo potere. Astolfo lor ne l'uterino claustro a portar diete il fiero e turbido austro.
22
Negli utri, dico, il vento diè lor chiuso, ch'uscir di mezzodì suol con tal rabbia, che muove a guisa d'onde, e leva in suso, e ruota fin in ciel l'àrrida sabbia; acciò se lo portassero a lor uso, che per camino a far danno non abbia; e che poi, giunti ne la lor regione, avessero a lassar fuor di prigione.
23
Scrive Turpino, come furo ai passi de l'alto Atlante, che i cavalli loro tutti in un tempo diventaron sassi; sì che, come venîr, se ne tornoro. Ma tempo è omai ch'Astolfo in Francia passi; e così, poi che del paese moro ebbe provisto ai luoghi principali, all'ippogrifo suo fe' spiegar l'ali.
24
Volò in Sardigna in un batter di penne, e di Sardigna andò nel lito còrso; e quindi sopra il mar la strada tenne, torcendo alquanto a man sinistra il morso. Ne le maremme all'ultimo ritenne de la ricca Provenza il leggier corso; dove seguì de l'ippogrifo quanto gli disse già l'evangelista santo.
25
Hagli commesso il santo evangelista, che più, giunto in Provenza, non lo sproni; e ch'all'impeto fier più non resista con sella e fren, ma libertà gli doni. Già avea il più basso ciel che sempre acquista del perder nostro, al corno tolti i suoni; che muto era restato, non che roco, tosto ch'entrò 'l guerrier nel divin loco.
26
Venne Astolfo a Marsilia, e venne a punto il dì che v'era Orlando et Oliviero e quel da Montalbano insieme giunto col buon Sobrino e col meglior Ruggiero. La memoria del sozio lor defunto vietò che i paladini non potero insieme così a punto rallegrarsi, come in tanta vittoria dovea farsi.
27
Carlo avea di Sicilia avuto avviso dei duo re morti e di Sobrino preso, e ch'era stato Brandimarte ucciso; poi di Ruggiero avea non meno inteso: e ne stava col lor lieto e col viso d'aver gittato intolerabil peso, che gli fu sopra gli omeri sì greve, che starà un pezzo pria che si rileve.
28
Per onorar costor ch'eran sostegno del santo Imperio e la maggior colonna, Carlo mandò la nobiltà del regno ad incontrarli fin sopra la Sonna. Egli uscì poi col suo drappel più degno di re e di duci, e con la propria donna, fuor de le mura, in compagnia di belle e ben ornate e nobili donzelle.
29
L'imperator con chiara e lieta fronte, i paladini e gli amici e i parenti, la nobiltà, la plebe fanno al conte et agli altri d'amor segni evidenti: gridar s'ode Mongrana e Chiaramonte. Sì tosto non finîr gli abbracciamenti, Rinaldo e Orlando insieme et Oliviero al signor loro appresentàr Ruggiero;
30
e gli narràr che di Ruggier di Risa era figliuol, di virtù uguale al padre: se sia animoso e forte, et a che guisa sappia ferir, san dir le nostre squadre. Con Bradamante in questo vien Marfisa, le due compagne nobili e leggiadre: ad abbracciar Ruggier vien la sorella; con più rispetto sta l'altra donzella.
31
L'imperator Ruggier fa risalire, ch'era per riverenzia sceso a piede, e lo fa a par a par seco venire, e di ciò ch'a onorarlo si richiede, un punto sol non lassa preterire. Ben sapea che tornato era alla fede; che tosto che i guerrier furo all'asciutto, certificato avean Carlo del tutto.
32
Con pompa trionfal, con festa grande tornaro insieme dentro alla cittade, che di frondi verdeggia e di ghirlande: coperte a panni son tutte le strade: nembo d'erbe e di fior d'alto si spande, e sopra e intorno ai vincitori cade, che da verroni e da finestre amene donne e donzelle gittano a man piene.
33
Al volgersi dei canti in vari lochi trovano archi e trofei subito fatti, che di Biserta le ruine e i fochi mostran dipinti, et altri degni fatti; altrove palchi con diversi giuochi e spettacoli e mimmi e scenici atti: et è per tutti i canti il titol vero scritto: -- Ai liberatori de l'Impero. --
34
Fra il suon d'argute trombe e di canore pifare e d'ogni musica armonia, fra riso e plauso, iubilo e favore del populo ch'a pena vi capia, smontò al palazzo il magno imperatore, ove più giorni quella compagnia con torniamenti, personaggi e farse, danze e conviti attese a dilettarse.
35
Rinaldo un giorno al padre fe' sapere che la sorella a Ruggier dar volea; ch'in presenza d'Orlando per mogliere, e d'Olivier, promessa glie l'avea; li quali erano seco d'un parere, che parentado far non si potea per nobiltà di sangue e per valore, che fosse a questo par, non che migliore.
36
Ode Amone il figliuol con qualche sdegno, che, senza conferirlo seco, gli osa la figlia maritar, ch'esso ha disegno che del figliuol di Costantin sia sposa, non di Ruggier, il qual non ch'abbi regno, ma non può al mondo dir: questa è mia cosa; né sa che nobiltà poco si prezza, e men virtù, se non v'è ancor ricchezza.
37
Ma più d'Amon la moglie Beatrice biasma il figliuolo e chiamalo arrogante; e in segreto e in palese contradice che di Ruggier sia moglie Bradamante: a tutta sua possanza imperatrice ha disegnato farla di Levante. Sta Rinaldo ostinato che non vuole che manchi un iota de le sue parole.
38
La madre, ch'aver crede alle sue voglie la magnanima figlia, la conforta che dica che, più tosto ch'esser moglie d'un pover cavallier, vuole esser morta; né mai più per figliuola la raccoglie, se questa ingiuria dal fratel sopporta: nieghi pur con audacia, e tenga saldo; che per sforzar non la sarà Rinaldo.
39
Sta Bradamante tacita, né al detto de la madre s'arrisca a contradire; che l'ha in tal riverenza e in tal rispetto, che non potria pensar non l'ubbidire. Da l'altra parte terria gran difetto, se quel che non vuol far, volesse dire. Non vuol, perché non può; che 'l poco e 'l molto poter di sé disporre Amor le ha tolto.
40
Né negar, né mostrarsene contenta s'ardisce; e sol sospira, e non risponde: poi quando è in luogo ch'altri non la senta, versan lacrime gli occhi a guisa d'onde; e parte del dolor che la tormenta, sentir fa al petto et alle chiome bionde, che l'un percuote, e l'altro straccia e frange; e così parla, e così seco piange:
41
-- Ahimè ! vorrò quel che non vuol chi deve poter del voler mio più che poss'io? Il voler di mia madre avrò in sì lieve stima, ch'io lo posponga al voler mio? Deh! qual peccato puote esser sì grieve a una donzella, qual biasmo sì rio, come questo sarà, se, non volendo chi sempre ho da ubbidir, marito prendo?
42
Avrà, misera me! dunque possanza la materna pietà, ch'io t'abandoni, o mio Ruggiero, e ch'a nuova speranza, a desir nuovo, a nuovo amor mi doni? O pur la riverenzia e l'osservanza ch'ai buoni padri denno i figli buoni, porrò da parte, e solo avrò rispetto al mio bene, al mio gaudio, al mio diletto?
43
So quanto, ahi lassa! debbo far, so quanto di buona figlia al debito conviensi; io 'l so: ma che mi val, se non può tanto la ragion, che non possino più i sensi? s'Amor la caccia e la far star da canto, né lassa ch'io disponga, né ch'io pensi di me dispor, se non quanto a lui piaccia, e sol, quanto egli detti, io dica e faccia?
44
Figlia d'Amone e di Beatrice sono, e son, misera me! serva d'Amore. Dai genitori miei trovar perdono spero e pietà, s'io caderò in errore: ma s'io offenderò Amor, chi sarà buono a schivarmi con prieghi il suo furore, che sol voglia una di mie scuse udire, e non mi faccia subito morire?
45
Ohimè! con lunga et ostinata prova ho cercato Ruggier trarre alla fede; et hollo tratto al fin: ma che mi giova, se 'l mio ben fare in util d'altri cede? Così, ma non per sé, l'ape rinuova il mèle ogni anno, e mai non lo possiede. Ma vo' prima morir, che mai sia vero, ch'io pigli altro marito, che Ruggiero.
46
S'io non sarò al mio padre ubbidiente, né alla mia madre, io sarò al mio fratello, che molto e molto è più di lor prudente, né gli ha la troppa età tolto il cervello. E a questo che Rinaldo vuol, consente Orlando ancora; e per me ho questo e quello: li quali duo più onora il mondo e teme, che l'altra nostra gente tutta insieme.
47
Se questi il fior, se questi ognuno stima la gloria e lo splendor di Chiaramonte; se sopra gli altri ognun gli alza e sublima più che non è del piede alta la fronte; perché debbo voler che di me prima Amon disponga, che Rinaldo e 'l conte? Voler nol debbo, tanto men, che messa in dubbio al Greco, e a Ruggier fui promessa. --
48
Se la donna s'affligge e si tormenta, né di Ruggier la mente è più quieta; ch'ancor che di ciò nuova non si senta per la città, pur non è a lui segreta. Seco di sua fortuna si lamenta, la qual fruir tanto suo ben gli vieta, poi che ricchezze non gli ha date e regni, di che è stata sì larga a mille indegni.
49
Di tutti gli altri beni, o che concede Natura al mondo, o proprio studio acquista, aver tanta e tal parte egli si vede, qual e quanta altri aver mai s'abbia vista; ch'a sua bellezza ogni bellezza cede, ch'a sua possanza è raro chi resista: di magnanimità, di splendor regio a nessun, più ch'a lui, si debbe il pregio.
50
Ma il volgo, nel cui arbitrio son gli onori, che, come pare a lui, li leva e dona (né dal nome del volgo voglio fuori, eccetto l'uom prudente, trar persona; che né papi né re né imperatori non ne tra' scettro, mitra né corona; ma la prudenza, ma il giudizio buono, grazie che dal ciel date a pochi sono);
51
questo volgo (per dir quel ch'io vo' dire) ch'altro non riverisce che ricchezza, né vede cosa al mondo, che più ammire, e senza, nulla cura e nulla apprezza, sia quanto voglia la beltà, l'ardire, la possanza del corpo, la destrezza, la virtù, il senno, la bontà; e più in questo di ch'ora vi ragiono, che nel resto.
52
Dicea Ruggier: -- Se pur è Amon disposto che la figliuola imperatrice sia, con Leon non concluda così tosto: almen termine un anno anco mi dia; ch'io spero intanto, che da me deposto Leon col padre de l'imperio fia; e poi che tolto avrò lor le corone, genero indegno non sarò d'Amone.
53
Ma se fa senza indugio, come ha detto, suocero de la figlia Costantino; s'alla promessa non avrà rispetto di Rinaldo e d'Orlando suo cugino, fattami inanzi al vecchio benedetto, al marchese Uliviero, al re Sobrino, che farò? vo' patir sì grave torto? o, prima che patirlo, esser pur morto?
54
Deh che farò? farò dunque vendetta contra il padre di lei di questo oltraggio? Non miro ch'io non son per farlo in fretta, o s'in tentarlo io mi sia stolto o saggio. Ma voglio presupor ch'a morte io metta l'iniquo vecchio e tutto il suo lignaggio: questo non mi farà però contento; anzi in tutto sarà contra il mio intento.
55
E fu sempre il mio intento, et è, che m'ami la bella donna, e non che mi sia odiosa: ma, quando Amone uccida, o facci o trami cosa al fratello o agli altri suoi dannosa, non le do iusta causa che mi chiami nimico, e più non voglia essermi sposa? Che debbo dunque far? debbol patire? Ah non, per Dio! più tosto io vo' morire.
56
Anzi non vo' morir; ma vo' che muoia con più ragion questo Leone Augusto, venuto a disturbar tanta mia gioia: o vo' che muoia egli e 'l suo padre ingiusto. Elena bella all'amator di Troia non costò sì, né a tempo più vetusto Proserpina a Piritoo, come voglio ch'al padre e al figlio costi il mio cordoglio.
57
Può esser, vita mia, che non ti doglia lasciare il tuo Ruggier per questo Greco? Potrà tuo padre far che tu lo toglia, ancor ch'avesse i tuoi fratelli seco? Ma sto in timor, ch'abbi più tosto voglia d'esser d'accordo con Amon, che meco; e che ti paia assai miglior partito Cesare aver, ch'un privato uom marito.
58
Sarà possibil mai che nome regio, titolo imperial, grandezza e pompa, di Bradamante mia l'animo egregio, il gran valor, l'alta virtù corrompa? sì ch'abbia da tenere in minor pregio la data fede, e le promesse rompa? né più tosto d'Amon farsi nimica, che quel che detto m'ha, sempre non dica? --
59
Diceva queste et altre cose molte ragionando fra sé Ruggiero; e spesso le dicea in guisa ch'erano raccolte da chi talor se gli trovava appresso: sì che il tormento suo più di due volte era a colei per cui pativa, espresso, a cui non dolea meno il sentir lui così doler, che i proprii affanni sui.
60
Ma più d'ogni altro duol che le sia detto, che tormenti Ruggier, di questo ha doglia, ch'intende che s'affligge per sospetto ch'ella lui lasci, e che quel Greco voglia. Onde, acciò si conforti, e che del petto questa credenza e questo error si toglia, per una di sue fide cameriere gli fe' queste parole un dì sapere:
61
-- Ruggier, qual sempre fui, tal esser voglio fin alla morte, e più, se più si puote. O siami Amor benigno o m'usi orgoglio, o me Fortuna in alto o in basso ruote, immobil son di vera fede scoglio che d'ogn'intorno il vento e il mar percuote: né già mai per bonaccia né per verno luogo mutai, né muterò in eterno.
62
Scarpello si vedrà di piombo o lima formare in varie imagini diamante, prima che colpo di Fortuna, o prima ch'ira d'Amor rompa il mio cor costante; e si vedrà tornar verso la cima de l'alpe il fiume turbido e sonante, che per nuovi accidenti, o buoni o rei, faccino altro viaggio i pensier miei.
63
A voi, Ruggier, tutto il dominio ho dato di me, che forse è più ch'altri non crede. So ben ch'a nuovo principe giurato non fu di questa mai la maggior fede. So che né al mondo il più sicuro stato di questo, re né imperator possiede. Non vi bisogna far fossa né tòrre, per dubbio ch'altri a voi lo venga a torre.
64
Che, senza ch'assoldiate altra persona, non verrà assalto a cui non si resista. Non è ricchezza ad espugnarmi buona, né sì vil prezzo un cor gentile acquista. Né nobiltà, né altezza di corona, ch'al sciocco volgo abbagliar suol la vista, non beltà, ch'in lieve animo può assai, vetrò, che più di voi mi piaccia mai.
65
Non avede a temer ch'in forma nuova intagliare il mio cor mai più si possa: sì l'imagine vostra si ritrova sculpita in lui, ch'esser non può rimossa. Che 'l cor non ho di cera, è fatto prova; che gli diè cento, non ch'una percossa, Amor, prima che scaglia ne levasse, quando all'imagin vostra lo ritrasse.
66
Avorio e gemma et ogni pietra dura che meglio da l'intaglio si difende, romper si può; ma non ch'altra figura prenda, che quella ch'una volta prende. Non è il mio cor diverso alla natura del marmo o d'altro ch'al ferro contende. Prima esser può che tutto Amor lo spezze, che lo possa sculpir d'altre bellezze. --
67
Suggiunse a queste altre parole molte, piene d'amor, di fede e di conforto, da ritornarlo in vita mille volte, se stato mille volte fosse morto. Ma quando più de la tempesta tolte queste speranze esser credeano in porto, da un nuovo turbo impetuoso e scuro rispinte in mar, lungi dal lito, furo:
68
però che Bradamante, ch'eseguire vorria molto più ancor, che non ha detto, rivocando nel cor l'usato ardire, e lasciando ir da parte ogni rispetto, s'appresenta un dì a Carlo, e dice: -- Sire, s'a vostra Maestade alcuno effetto io feci mai, che le paresse buono, contenta sia di non negarmi un dono.
69
E prima che più espresso io le lo chieggia, su la real sua fede mi prometta farmene grazia; e vorrò poi, che veggia che sarà iusta la domanda e retta. -- -- Merta la tua virtù che dar ti deggia ciò che domandi, o giovane diletta; -- rispose Carlo -- e giuro, se ben parte chieti del regno mio, di contentarte. --
70
-- Il don ch'io bramo da l'Altezza vostra, è che non lasci mai marito darme, -- disse la damigella -- se non mostra che più di me sia valoroso in arme. Con qualunche mi vuol, prima o con giostra o con la spada in mano ho da provarme. Il primo che mi vinca, mi guadagni: chi vinto sia, con altra s'accompagni. --
71
Disse l'imperator con viso lieto, che la domanda era di lei ben degna; e che stesse con l'animo quieto, che farà a punto quanto ella disegna. Non è questo parlar fatto in segreto sì, ch'a notizia altrui tosto non vegna; e quel giorno medesimo alla vecchia Beatrice e al vecchio Amon corre all'orecchia.
72
Li quali parimente arser di grande sdegno contro alla figlia, e di grand'ira; che vider ben con queste sue domande, ch'ella a Ruggier più ch'a Leone aspira: e presti per vietar che non si mande questo ad effetto, a ch'ella intende e mira, la levaro con fraude de la corte, e la menaron seco a Roccaforte.
73
Quest'era una fortezza ch'ad Amone donato Carlo avea pochi dì inante, tra Pirpignano assisa e Carcassone, in loco a ripa il mar, molto importante. Quivi la ritenean come in prigione con pensier di mandarla un dì in Levante; sì ch'ogni modo, voglia ella o non voglia, lasci Ruggier da parte, e Leon toglia.
74
La valorosa donna, che non meno era modesta, ch'animosa e forte; ancor che posto guardia non l'avieno, e potea entrare e uscir fuor de le porte; pur stava ubbidiente sotto il freno del padre: ma patir prigione e morte, ogni martìre e crudeltà più tosto che mai lasciar Ruggier, s'avea proposto.
75
Rinaldo, che si vide la sorella per astuzia d'Amon tolta di mano, e che dispor non potrà più di quella, e ch'a Ruggier l'avrà promessa invano; si duol del padre, e contra a lui favella, posto il rispetto filial lontano. Ma poco cura Amon di tai parole, e di sua figlia a modo suo far vuole.
76
Ruggier, che questo sente, et ha timore di rimaner de la sua donna privo, e che l'abbia o per forza o per amore Leon, se resta lungamente vivo; senza parlarne altrui si mette in core di far che muoia, e sia d'Augusto, Divo; e tor, se non l'inganna la sua speme, al padre e a lui la vita e 'l regno insieme.
77
L'arme che fur già del troiano Ettorre, e poi di Mandricardo, si riveste, e fa la sella al buon Frontino porre, e cimier muta, scudo e sopraveste. A questa impresa non gli piacque tòrre l'aquila bianca nel color celeste, ma un candido liocorno, come giglio, vuol ne lo scudo, e 'l campo abbia vermiglio.
78
Sceglie de' suoi scudieri il più fedele, e quel vuole e non altri in compagnia; e gli fa commission, che non rivele in alcun loco mai, che Ruggier sia. Passa la Mosa e 'l Reno, e passa de le contrade d'Ostericche, in Ungheria; e lungo l'Istro per la destra riva tanto cavalca, ch'a Belgrado arriva.
79
Ove la Sava nel Danubio scende, e verso il mar maggior con lui dà volta, vede gran gente in padiglioni e tende sotto l'insegne imperial raccolta; che Costantino ricovrare intende quella città che i Bulgari gli han tolta. Costantin v'è in persona, e 'l figliuol seco con quanto può tutto l'imperio greco.
80
Dentro a Belgrado, e fuor per tutto il monte, e giù fin dove il fiume il piè gli lava, l'esercito del Bulgari gli è a fronte; e l'uno e l'altro a ber viene alla Sava. Sul fiume il Greco per gittare il ponte, il Bulgar per vietarlo armato stava, quando Ruggier vi giunse; e zuffa grande attaccata trovò fra le due bande.
81
I Greci son quattro contr'uno, et hanno navi coi ponti da gittar ne l'onda; e di voler fiero sembiante fanno passar per forza alla sinistra sponda. Leone intanto, con occulto inganno dal fiume discostandosi, circonda molto paese, e poi vi torna, e getta ne l'altra ripa i ponti, e passa in fretta:
82
e con gran gente, chi in arcion, chi a piede (che non n'avea di venti mila un manco), cavalcò lungo la riviera, e diede con fiero assalto agl'inimici al fianco. L'imperator, tosto che 'l figlio vede sul fiume comparirsi al lato manco, ponte aggiungendo a ponte e nave a nave, passa di là con quanto esercito have.
83
Il capo, il re de' Bulgari Vatrano, animoso e prudente e pro' guerriero, di qua e di là s'affaticava invano per riparare a un impeto sì fiero; quando cingendol con robusta mano Leon, gli fe' cader sotto il destriero: e poi che dar prigion mai non si vòlse, con mille spade la vita gli tolse.
84
I Bulgari sin qui fatto avean testa; ma quando il lor signor si vider tolto, e crescer d'ogn'intorno la tempesta, voltàr le spalle ove avean prima il volto. Ruggier, che misto vien fra i Greci, e questa sconfitta vede, senza pensar molto, i Bulgari soccorrer si dispone, perch'odia Costantino e più Leone.
85
Sprona Frontin che sembra al corso un vento, e inanzi a tutti i corridori passa; e tra la gente vien, che per spavento al monte fugge, e la pianura lassa. Molti ne ferma, e fa voltare il mento contra i nimici, e poi la lancia abassa; e con sì fier sembiante il destrier muove, che fin nel ciel Marte ne teme e Giove.
86
Dinanzi agli altri un cavalliero adocchia, che riccamato nel vestir vermiglio avea d'oro e di seta una pannocchia con tutto il garbo, che parea di miglio; nipote a Costantin per la sirocchia, ma che non gli era men caro, che figlio: gli spezza scudo e osbergo, come vetro, e fa la lancia un palmo apparir dietro.
87
Lascia quel morto, e Balisarda stringe verso uno stuol che più si vede appresso; e contra a questo e contra a quel si spinge, et a chi tronco et a chi il capo ha fesso: a chi nel petto, a chi nel fianco tinge il brando, e a chi l'ha ne la gola messo: taglia busti, anche, braccia, mani e spalle; e il sangue, come un rio, corre alla valle.
88
Non è, visti quei colpi, chi gli faccia contrasto più, così n'è ognun smarrito; sì che si cangia subito la faccia de la battaglia; che tornando ardito, il petto volge, e ai Greci dà la caccia il Bulgaro che dianzi era fuggito: in un momento ogni ordine disciolto si vede, e ogni stendardo a fuggir volto.
89
Leone Augusto s'un poggio eminente, vedendo i suoi fuggir, s'era ridutto; e sbigottito e mesto ponea mente (perch'era in loco che scopriva il tutto) al cavallier ch'uccidea tanta gente, che per lui sol quel campo era distrutto: e non può far, se ben n'è offeso tanto, che non lo lodi e gli dia in arme il vanto.
90
Ben comprende all'insegne e sopravesti, all'arme luminose e ricche d'oro, che quantunque il guerrier dia aiuto a questi nimici suoi, non sia però di loro. Stupido mira i soprumani gesti, e talor pensa che dal sommo coro sia per punire i Greci un agnol sceso, che tante e tante volte hanno Dio offeso.
91
E come uom d'alto e di sublime core, ove l'avrian molt'altri in odio avuto, egli s'innamorò del suo valore, né veder fargli oltraggio avria voluto: gli sarebbe per un de' suoi che muore, vederne morir sei manco spiaciuto, e perder anco parte del suo regno, che veder morto un cavallier sì degno.
92
Come bambin, se ben la cara madre iraconda lo batte e da sé caccia, non ha ricorso alla sorella o al padre, ma a lei ritorna, e con dolcezza abbraccia; così Leon, se ben le prime squadre Ruggier gli uccide, e l'altre gli minaccia, non lo può odiar, perch'all'amor più tira l'alto valor, che quella offesa all'ira.
93
Ma se Leon Ruggiero ammira et ama, mi par che duro cambio ne riporte; che Ruggiero odia lui, né cosa brama più che di dargli di sua man la morte. Molto con gli occhi il cerca, et alcun chiama, che gliele mostri; ma la buona sorte e la prudenzia de l'esperto Greco non lasciò mai che s'affrontasse seco.
94
Leone, acciò che la sua gente affatto non fosse uccisa, fe' sonar raccolta; et all'imperatore un messo ratto a pregarlo mandò, che desse volta e ripassasse il fiume; e che buon patto n'avrebbe, se la via non gli era tolta: et esso con non molti che raccolse, al ponte ond'era entrato, i passi volse.
95
Molti in poter de' Bulgari restaro per tutto il monte, e sin al fiume uccisi; e vi restavan tutti, se 'l riparo non gli avesse del rio tosto divisi. Molti cadêr dai ponti e s'affogaro; e molti, senza mai volgere i visi, quindi lontano iro a trovare il guado; e molti fur prigion tratti in Belgrado.
96
Finita la battaglia di quel giorno, ne la qual, poi che il lor signor fu estinto, danno i Bulgari avriano avuto e scorno, se per lor non avesse il guerrier vinto, il buon guerrier che 'l candido liocorno ne lo scudo vermiglio avea dipinto; a lui si trasson tutti, da cui questa vittoria conoscean, con gioia e festa.
97
Uno il saluta, un altro se gl'inchina, altri la mano, altri gli bacia il piede: ognun, quanto più può, se gli avvicina, e beato si tien chi appresso il vede, e più chi 'l tocca; che toccar divina e sopranatural cosa si crede. Lo pregan tutti, e vanno al ciel le grida, che sia lor re, lor capitan, lor guida.
98
Ruggier rispose lor, che capitano e re sarà, quel che fia lor più a grado; ma né a baston né a scettro ha da por mano, né per quel giorno entrar vuole in Belgrado: che prima che si faccia più lontano Leon Augusto, e che ripassi il guado, lo vuol seguir, né tôrsi da la traccia, fin che nol giunga e che morir nol faccia;
99
che mille miglia e più, per questo solo era venuto, e non per altro effetto. Così senza indugiar lascia lo stuolo, e si volge al camin che gli vien detto, che verso il ponte fa Leone a volo, forse per dubbio che gli sia intercetto. Gli va dietro per l'orma in tanta fretta, che 'l suo scudier non chiama e non aspetta.
100
Leone ha nel fuggir tanto vantaggio (fuggir si può ben dir, più che ritrarse), che trova aperto e libero il passaggio; poi rompe il ponte, e lascia le navi arse. Non v'arriva Ruggier, ch'ascoso il raggio era del sol, né sa dove alloggiarse. Cavalca inanzi, che lucea la luna, né mai trova castel né villa alcuna.
101
Perché non sa dove si por, camina tutta la notte, né d'arcion mai scende. Ne lo spuntar del nuovo sol vicina a man sinistra una città comprende; ove di star tutto quel dì destina, acciò l'ingiuria al suo Frontino emende, a cui, senza posarlo o trargli briglia, la notte fatto avea far tante miglia.
102
Ungiardo era signor di quella terra, suddito e caro a Costantino molto, ove avea per cagion di quella guerra da cavallo e da piè buon numer tolto. Quivi ove altrui l'entrata non si serra, entra Ruggiero, e v'è sì ben raccolto, che non gli accade di passar più avante per aver miglior loco e più abondante.
103
Nel medesimo albergo in su la sera un cavallier di Romania alloggiosse, che si trovò ne la battaglia fiera, quando Ruggier pei Bulgari si mosse, et a pena di man fuggito gli era, ma spaventato più ch'altri mai fosse; sì ch'ancor triema, e pargli ancora intorno avere il cavallier dal liocorno.
104
Conosce, tosto che lo scudo vede, che 'l cavallier che quella insegna porta, è quel che la sconfitta ai Greci diete, per le cui mani è tanta gente morta. Corre al palazzo, et udienza chiede, per dire a quel signor cosa ch'importa; e subito intromesso, dice quanto io mi riserbo a dir ne l'altro canto.
EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Opere di Ludovico Ariosto",
a cura di Adriano Seroni, Ugo Mursia editore, Milano, 1976
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