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CANTO QUARTO
[ Riassunto ]
1
Quantunque il simular sia le più volte ripreso, e dia di mala mente indici, si truova pur in molte cose e molte aver fatti evidenti benefici, e danni e biasmi e morti aver già tolte; che non conversiam sempre con gli amici in questa assai più oscura che serena vita mortal, tutta d'invidia piena.
2
Se, dopo lunga prova, a gran fatica trovar si può chi ti sia amico vero, et a chi senza alcun sospetto dica e discoperto mostri il tuo pensiero; che de' far di Ruggier la bella amica con quel Brunel non puro e non sincero, ma tutto simulato e tutto finto, come la maga le l'avea dipinto?
3
Simula anch'ella; e così far conviene con esso lui di finzioni padre; e, come io dissi, spesso ella gli tiene gli occhi alle man, ch'eran rapaci e ladre. Ecco all'orecchie un gran rumor lor viene. Disse la donna: -- O gloriosa Madre, o Re del ciel, che cosa sarà questa? -- E dove era il rumor si trovò presta.
4
E vede l'oste e tutta la famiglia, e chi a finestre e chi fuor ne la via, tener levati al ciel gli occhi e le ciglia, come l'ecclisse o la cometa sia. Vede la donna un'altra maraviglia, che di leggier creduta non saria: vede passar un gran destriero alato, che porta in aria un cavalliero armato.
5
Grandi eran l'ale e di color diverso, e vi sedea nel mezzo un cavalliero, di ferro armato luminoso e terso; e vêr ponente avea dritto il sentiero. Calossi, e fu tra le montagne immerso: e, come dicea l'oste (e dicea il vero), quel era un negromante, e facea spesso quel varco, or più da lungi, or più da presso.
6
Volando, talor s'alza ne le stelle, e poi quasi talor la terra rade; e ne porta con lui tutte le belle donne che trova per quelle contrade: talmente che le misere donzelle ch'abbino o aver si credano beltade (come affatto costui tutte le invole) non escon fuor sì che le veggia il sole.
7
-- Egli sul Pireneo tiene un castello -- narrava l'oste -- fatto per incanto, tutto d'acciaio, e sì lucente e bello, ch'altro al mondo non è mirabil tanto. Già molti cavallier sono iti a quello, e nessun del ritorno si dà vanto: sì ch'io penso, signore, e temo forte, o che sian presi, o sian condotti a morte. --
8
La donna il tutto ascolta, e le ne giova, credendo far, come farà per certo, con l'annello mirabile tal prova, che ne fia il mago e il suo castel deserto; e dice a l'oste: -- Or un de' tuoi mi trova, che più di me sia del viaggio esperto; ch'io non posso durar, tanto ho il cor vago di far battaglia contra a questo mago. --
9
-- Non ti mancherà guida, --le rispose Brunello allora -- e ne verrò teco io: meco ho la strada in scritto, et altre cose che ti faran piacere il venir mio. -- Vòlse dir de l'annel; ma non l'espose né chiarí più, per non pagarne il fio. -- Grato mi fia -- disse ella -- il venir tuo, -- volendo dir ch'indi l'annel fia suo.
10
Quel ch'era utile a dir disse; e quel tacque, che nuocer le potea col Saracino. Avea l'oste un destrier ch'a costei piacque, ch'era buon da battaglia e da camino: comperollo e partissi come nacque del bel giorno seguente il matutino. Prese la via per una stretta valle, con Brunello ora inanzi, ora alle spalle.
11
Di monte in monte e d'uno in altro bosco giunseno ove l'altezza di Pirene può dimostrar, se non è l'aer fosco, e Francia e Spagna e due diverse arene, come Apennin scopre il mar schiavo e il tòsco del giogo onde a Camaldoli si viene. Quindi per aspro e faticoso calle si discendea ne la profonda valle.
12
Vi sorge in mezzo un sasso che la cima d'un bel muro d'acciar tutta si fascia; e quella tanto inverso il ciel sublima, che quanto ha intorno, inferior si lascia. Non faccia, chi non vola, andarvi stima; che spesa indarno vi saria ogni ambascia. Brunel disse: -- Ecco dove prigionieri il mago tien le donne e i cavallieri. --
13
Da quattro canti era tagliato, e tale che parea dritto a fil de la sinopia. Da nessun lato né sentier né scale v'eran, che di salir facesser copia: e ben appar che d'animal ch'abbia ale sia quella stanza nido e tana propia. Quivi la donna esser conosce l'ora di tor l'annello e far che Brunel mora.
14
Ma le par atto vile a insanguinarsi d'un uom senza arme e di sì ignobil sorte; che ben potrà posseditrice farsi del ricco annello, e lui non porre a morte. Brunel non avea mente a riguardarsi; sì ch'ella il prese, e lo legò ben forte ad uno abete ch'alta avea la cima: ma di dito l'annel gli trasse prima.
15
Né per lacrime, gemiti o lamenti che facesse Brunel, lo vòlse sciorre. Smontò de la montagna a passi lenti, tanto che fu nel pian sotto la torre. E perché alla battaglia s'appresenti il negromante, al corno suo ricorre: e dopo il suon, con minacciose grida lo chiama al campo, et alla pugna 'l sfida.
16
Non stette molto a uscir fuor de la porta l'incantator, ch'udì 'l suono e la voce. L'alato corridor per l'aria il porta contra costei, che sembra uomo feroce. La donna da principio si conforta, che vede che colui poco le nuoce: non porta lancia né spada né mazza, ch'a forar l'abbia o romper la corazza.
17
Da la sinistra sol lo scudo avea, tutto coperto di seta vermiglia; ne la man destra un libro, onde facea nascer, leggendo, l'alta maraviglia: che la lancia talor correr parea, e fatto avea a più d'un batter le ciglia; talor parea ferir con mazza o stocco, e lontano era, e non avea alcun tocco.
18
Non è finto il destrier, ma naturale, ch'una giumenta generò d'un grifo: simile al padre avea la piuma e l'ale, li piedi anteriori, il capo e il grifo; in tutte l'altre membra parea quale era la madre, e chiamasi ippogrifo; che nei monti Rifei vengon, ma rari, molto di là dagli aghiacciati mari.
19
Quivi per forza lo tirò d'incanto; e poi che l'ebbe, ad altro non attese, e con studio e fatica operò tanto, ch'a sella e briglia il cavalcò in un mese: così ch'in terra e in aria e in ogni canto lo facea volteggiar senza contese. Non finzion d'incanto, come il resto, ma vero e natural si vedea questo.
20
Del mago ogn'altra cosa era figmento; che comparir facea pel rosso il giallo: ma con la donna non fu di momento; che per l'annel non può vedere in fallo. Più colpi tuttavia diserra al vento, e quinci e quindi spinge il suo cavallo; e si dibatte e si travaglia tutta, come era, inanzi che venisse, instrutta.
21
E poi che esercitata si fu alquanto sopra il destrier, smontar vòlse anco a piede, per poter meglio al fin venir di quanto la cauta maga instruzion le diede. Il mago vien per far l'estremo incanto; che del fatto ripar né sa né crede: scuopre lo scudo, e certo si prosume farla cader con l'incantato lume.
22
Potea così scoprirlo al primo tratto, senza tenere i cavallieri a bada; ma gli piacea veder qualche bel tratto di correr l'asta o di girar la spada: come si vede ch'all'astuto gatto scherzar col topo alcuna volta aggrada; e poi che quel piacer gli viene a noia, dargli di morso, e al fin voler che muoia.
23
Dico che 'l mago al gatto, e gli altri al topo s'assimigliàr ne le battaglie dianzi; ma non s'assimigliàr già così, dopo che con l'annel si fe' la donna inanzi. Attenta e fissa stava a quel ch'era uopo, acciò che nulla seco il mago avanzi; e come vide che lo scudo aperse, chiuse gli occhi, e lasciò quivi caderse.
24
Non che il fulgor del lucido metallo, come soleva agli altri, a lei nocesse; ma così fece acciò che dal cavallo contra sé il vano incantator scendesse: né parte andò del suo disegno in fallo; che tosto ch'ella il capo in terra messe, accelerando il volator le penne, con larghe ruote in terra a por si venne.
25
Lascia all'arcion lo scudo, che già posto avea ne la coperta, e a piè discende verso la donna che, come reposto lupo alla macchia il capriolo, attende. Senza più indugio ella si leva tosto che l'ha vicino, e ben stretto lo prende. Avea lasciato quel misero in terra il libro che facea tutta la guerra:
26
e con una catena ne correa, che solea portar cinta a simil uso; perché non men legar colei credea, che per adietro altri legare era uso. La donna in terra posto già l'avea: se quel non si difese, io ben l'escuso; che troppo era la cosa differente tra un debol vecchio e lei tanto possente.
27
Disegnando levargli ella la testa, alza la man vittoriosa in fretta; ma poi che 'l viso mira, il colpo arresta, quasi sdegnando sì bassa vendetta: un venerabil vecchio in faccia mesta vede esser quel ch'ella ha giunto alla stretta, che mostra al viso crespo e al pelo bianco, età di settanta anni o poco manco.
28
-- Tommi la vita, giovene, per Dio, -- dicea il vecchio pien d'ira e di dispetto; ma quella a torla avea sì il cor restio, come quel di lasciarla avria diletto. La donna di sapere ebbe disio chi fosse il negromante, et a che effetto edificasse in quel luogo selvaggio la ròcca, e faccia a tutto il mondo oltraggio.
29
-- Né per maligna intenzione, ahi lasso! -- disse piangendo il vecchio incantatore -- feci la bella ròcca in cima al sasso, né per avidità son rubatore; ma per ritrar sol dall'estremo passo un cavallier gentil, mi mosse amore, che, come il ciel mi mostra, in tempo breve morir cristiano a tradimento deve.
30
Non vede il sol tra questo e il polo austrino un giovene sì bello e sì prestante: Ruggiero ha nome, il qual da piccolino da me nutrito fu, ch'io sono Atlante. Disio d'onore e suo fiero destino l'han tratto in Francia dietro al re Agramante; et io, che l'amai sempre più che figlio, lo cerco trar di Francia e di periglio.
31
La bella ròcca solo edificai per tenervi Ruggier sicuramente, che preso fu da me, come sperai che fossi oggi tu preso similmente; e donne e cavallier, che tu vedrai, poi ci ho ridotti, et altra nobil gente, acciò che quando a voglia sua non esca, avendo compagnia, men gli rincresca.
32
Pur ch'uscir di là su non si domande, d'ogn'altro gaudio lor cura mi tocca; che quanto averne da tutte le bande si può del mondo, è tutto in quella ròcca: suoni, canti, vestir, giuochi, vivande, quanto può cor pensar, può chieder bocca. Ben seminato avea, ben cogliea il frutto; ma tu sei giunto a disturbarmi il tutto.
33
Deh, se non hai del viso il cor men bello, non impedir il mio consiglio onesto! Piglia lo scudo (ch'io tel dono) e quello destrier che va per l'aria così presto; e non t'impacciar oltra nel castello, o tranne uno o duo amici, e lascia il resto; o tranne tutti gli altri, e più non chero, se non che tu mi lasci il mio Ruggiero.
34
E se disposto sei volermel tôrre, deh, prima almen che tu 'l rimeni in Francia, piacciati questa afflitta anima sciorre de la sua scorza ormai putrida e rancia! -- Rispose la donzella: -- Lui vo' porre in libertà: tu, se sai, gracchia e ciancia; né mi offerir di dar lo scudo in dono, o quel destrier, che miei, non più tuoi sono:
35
né s'anco stesse a te di tôrre e darli, mi parrebbe che 'l cambio convenisse. Tu di' che Ruggier tieni per vietarli il male influsso di sue stelle fisse. O che non puoi saperlo, o non schivarli, sappiendol, ciò che 'l ciel di lui prescrisse: ma se 'l mal tuo, c'hai sì vicin, non vedi, peggio l'altrui c'ha da venir prevedi.
36
Non pregar ch'io t'uccida, ch'i tuoi preghi sariano indarno; e se pur vuoi la morte, ancor che tutto il mondo dar la nieghi, da sé la può aver sempre animo forte. Ma pria che l'alma da la carne sleghi, a tutti i tuoi prigioni apri le porte. -- Così dice la donna, e tuttavia il mago preso incontra al sasso invia.
37
Legato de la sua propria catena andava Atlante, e la donzella appresso, che così ancor se ne fidava a pena, ben che in vista parea tutto rimesso. Non molti passi dietro se la mena, ch'a piè del monte han ritrovato il fesso, e li scaglioni onde si monta in giro, fin ch'alla porta del castel saliro.
38
Di su la soglia Atlante un sasso tolle, di caratteri e strani segni insculto. Sotto, vasi vi son, che chiamano olle, che fuman sempre, e dentro han foco occulto. L'incantator le spezza; e a un tratto il colle riman deserto, inospite et inculto; né muro appar né torre in alcun lato, come se mai castel non vi sia stato.
39
Sbrigossi dalla donna il mago alora, come fa spesso il tordo da la ragna; e con lui sparve il suo castello a un'ora, e lasciò in libertà quella compagna. Le donne e i cavallier si trovàr fuora de le superbe stanze alla campagna: e furon di lor molte a chi ne dolse; che tal franchezza un gran piacer lor tolse.
40
Quivi è Gradasso, quivi è Sacripante, quivi è Prasildo, il nobil cavalliero che con Rinaldo venne di Levante, e seco Iroldo, il par d'amici vero. Al fin trovò la bella Bradamante quivi il desiderato suo Ruggiero, che, poi che n'ebbe certa conoscenza, le fe' buona e gratissima accoglienza;
41
come a colei che più che gli occhi sui, più che 'l suo cor, più che la propria vita Ruggiero amò dal dì ch'essa per lui si trasse l'elmo, onde ne fu ferita. Lungo sarebbe a dir come, e da cui, e quanto ne la selva aspra e romita si cercàr poi la notte e il giorno chiaro; né, se non qui, mai più si ritrovaro.
42
Or che quivi la vede, e sa ben ch'ella è stata sola la sua redentrice, di tanto gaudio ha pieno il cor, che appella sé fortunato et unico felice. Scesero il monte, e dismontaro in quella valle, ove fu la donna vincitrice, e dove l'ippogrifo trovaro anco, ch'avea lo scudo, ma coperto, al fianco.
43
La donna va per prenderlo nel freno: e quel l'aspetta fin che se gli accosta; poi spiega l'ale per l'aer sereno, e si ripon non lungi a mezza costa. Ella lo segue: e quel né più né meno si leva in aria, e non troppo si scosta; come fa la cornacchia in secca arena, che dietro il cane or qua or là si mena.
44
Ruggier, Gradasso, Sacripante, e tutti quei cavallier che scesi erano insieme, chi di su, chi di giù, si son ridutti dove che torni il volatore han speme. Quel, poi che gli altri invano ebbe condutti più volte e sopra le cime supreme e negli umidi fondi tra quei sassi, presso a Ruggiero al fin ritenne i passi.
45
E questa opera fu del vecchio Atlante, di cui non cessa la pietosa voglia di trar Rugier del gran periglio instante: di ciò sol pensa e di ciò solo ha doglia. Però gli manda or l'ippogrifo avante, perché d'Europa con questa arte il toglia. Ruggier lo piglia, e seco pensa trarlo; ma quel s'arretra, e non vuol seguitarlo.
46
Or di Frontin quel animoso smonta (Frontino era nomato il suo destriero), e sopra quel che va per l'aria monta, e con li spron gli adizza il core altiero. Quel corre alquanto, et indi i piedi ponta, e sale inverso il ciel, via più leggiero che 'l girifalco, a cui lieva il capello il mastro a tempo, e fa veder l'augello.
47
La bella donna, che sì in alto vede e con tanto periglio il suo Ruggiero, resta attonita in modo, che non riede per lungo spazio al sentimento vero. Ciò che già inteso avea di Ganimede ch'al ciel fu assunto dal paterno impero, dubita assai che non accada a quello, non men gentil di Ganimede e bello.
48
Con gli occhi fissi al ciel lo segue quanto basta il veder; ma poi che si dilegua sì, che la vista non può correr tanto, lascia che sempre l'animo lo segua. Tuttavia con sospir, gemito e pianto non ha, né vuol aver pace né triegua. Poi che Ruggier di vista se le tolse, al buon destrier Frontin gli occhi rivolse:
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e si deliberò di non lasciarlo, che fosse in preda a chi venisse prima; ma di condurlo seco, e di poi darlo al suo signor, ch'anco veder pur stima. Poggia l'augel, né può Ruggier frenarlo: di sotto rimaner vede ogni cima et abbassarsi in guisa, che non scorge dove è piano il terren né dove sorge.
50
Poi che sì ad alto vien, ch'un picciol punto lo può stimar chi da la terra il mira, prende la via verso ove cade a punto il sol, quando col Granchio si raggira; e per l'aria ne va come legno unto a cui nel mar propizio vento spira. Lasciànlo andar, che farà buon camino, e torniamo a Rinaldo paladino.
51
Rinaldo l'altro e l'altro giorno scórse, spinto dal vento, un gran spazio di mare, quando a ponente e quando contra l'Orse, che notte e dì non cessa mai soffiare. Sopra la Scozia ultimamente sorse, dove la selva Calidonia appare, che spesso fra gli antiqui ombrosi cerri s'ode sonar di bellicosi ferri.
52
Vanno per quella i cavallieri erranti, incliti in arme, di tutta Bretagna, e de' prossimi luoghi e de' distanti, di Francia, di Norvegia e de Lamagna. Chi non ha gran valor, non vada inanti; che dove cerca onor, morte guadagna. Gran cose in essa già fece Tristano, Lancillotto, Galasso, Artù e Galvano,
53
et altri cavallieri e de la nuova e de la vecchia Tavola famosi: restano ancor di più d'una lor pruova li monumenti e li trofei pomposi. L'arme Rinaldo e il suo Baiardo truova, e tosto si fa por nei liti ombrosi, et al nochier comanda che si spicche e lo vada aspettar a Beroicche.
54
Senza scudiero e senza compagnia va il cavallier per quella selva immensa, facendo or una et or un'altra via, dove più aver strane aventure pensa. Capitò il primo giorno a una badia, che buona parte del suo aver dispensa in onorar nel suo cenobio adorno le donne e i cavallier che vanno attorno.
55
Bella accoglienza i monachi e l'abbate fêro a Rinaldo, il qual domandò loro (non prima già che con vivande grate avesse avuto il ventre amplo ristoro) come dai cavallier sien ritrovate spesso aventure per quel tenitoro, dove si possa in qualche fatto eggregio l'uom dimostrar, se merta biasmo o pregio.
56
Risposongli ch'errando in quelli boschi, trovar potria strane aventure e molte: ma come i luoghi, i fatti ancor son foschi; che non se n'ha notizia le più volte. -- Cerca -- diceano -- andar dove conoschi che l'opre tue non restino sepolte, acciò dietro al periglio e alla fatica segua la fama, e il debito ne dica.
57
E se del tuo valor cerchi far prova, t'è preparata la più degna impresa che ne l'antiqua etade o ne la nova giamai da cavallier sia stata presa. La figlia del re nostro or se ritrova bisognosa d'aiuto e di difesa contra un baron che Lurcanio si chiama, che tor le cerca e la vita e la fama.
58
Questo Lurcanio al padre l'ha accusata (forse per odio più che per ragione) averla a mezza notte ritrovata trarr'un suo amante a sé sopra un verrone. Per le leggi del regno condannata al fuoco fia, se non truova campione che fra un mese, oggimai presso a finire, l'iniquo accusator faccia mentire.
59
L'aspra legge di Scozia, empia e severa, vuol ch'ogni donna, e di ciascuna sorte, ch'ad uom si giunga, e non gli sia mogliera, s'accusata ne viene, abbia la morte. Né riparar si può ch'ella non pèra, quando per lei non venga un guerrier forte che tolga la difesa, e che sostegna che sia innocente e di morire indegna.
60
Il re, dolente per Ginevra bella (che così nominata è la sua figlia), ha publicato per città e castella, che s'alcun la difesa di lei piglia, e che l'estingua la calunnia fella (pur che sia nato di nobil famiglia), l'avrà per moglie, et uno stato, quale fia convenevol dote a donna tale.
61
Ma se fra un mese alcun per lei non viene, o venendo non vince, sarà uccisa. Simile impresa meglio ti conviene, ch'andar pei boschi errando a questa guisa: oltre ch'onor e fama te n'aviene ch'in eterno da te non fia divisa, guadagni il fior di quante belle donne da l'Indo sono all'Atlantee colonne;
62
e una ricchezza appresso, et uno stato che sempre far ti può viver contento; e la grazia del re, se
suscitato per te gli fia il suo onor, che è quasi spento. Poi per cavalleria tu se' ubligato a vendicar di tanto tradimento costei, che per commune opinione, di vera pudicizia è un paragone. --
63
Pensò Rinaldo alquanto, e poi rispose: -- Una donzella dunque dè' morire perché lasciò sfogar ne l'amorose sue braccia al suo amator tanto desire? Sia maladetto chi tal legge pose, e maladetto chi la può patire! Debitamente muore una crudele, non chi dà vita al suo amator fedele.
64
Sia vero o falso che Ginevra tolto s'abbia il suo amante, io non riguardo a questo: d'averlo fatto la loderei molto, quando non fosse stato manifesto. Ho in sua difesa ogni pensier rivolto: datemi pur un chi mi guidi presto, e dove sia l'accusator mi mene; ch'io spero in Dio Ginevra trar di pene.
65
Non vo' già dir ch'ella non l'abbia fatto; che nol sappiendo, il falso dir potrei: dirò ben che non de' per simil atto punizion cadere alcuna in lei; e dirò che fu ingiusto o che fu matto chi fece prima li statuti rei; e come iniqui rivocar si denno, e nuova legge far con miglior senno.
66
S'un medesimo ardor, s'un disir pare inchina e sforza l'uno e l'altro sesso a quel suave fin d'amor, che pare all'ignorante vulgo un grave eccesso; perché si de' punir donna o biasmare, che con uno o più d'uno abbia commesso quel che l'uom fa con quante n'ha appetito, e lodato ne va, non che impunito?
67
Son fatti in questa legge disuguale veramente alle donne espressi torti; e spero in Dio mostrar che gli è gran male che tanto lungamente si comporti. -- Rinaldo ebbe il consenso universale, che fur gli antiqui ingiusti e male accorti, che consentiro a così iniqua legge, e mal fa il re, che può, né la corregge.
68
Poi che la luce candida e vermiglia de l'altro giorno aperse l'emispero, Rinaldo l'arme e il suo Baiardo piglia, e di quella badia tolle un scudiero, che con lui viene a molte leghe e miglia, sempre nel bosco orribilmente fiero, verso la terra ove la lite nuova de la donzella de' venir in pruova.
69
Avean, cercando abbreviar camino, lasciato pel sentier la maggior via; quando un gran pianto udîr sonar vicino, che la foresta d'ogn'intorno empía. Baiardo spinse l'un, l'altro il ronzino verso una valle, onde quel grido uscía: e fra dui mascalzoni una donzella vider, che di lontan parea assai bella;
70
ma lacrimosa e addolorata quanto donna o donzella o mai persona fosse. Le sono dui col ferro nudo a canto, per farle far l'erbe di sangue rosse. Ella con preghi differendo alquanto giva il morir, sin che pietà si mosse. Venne Rinaldo; e come se n'accorse, con alti gridi e gran minaccie accorse.
71
Voltaro i malandrin tosto le spalle, che 'l soccorso lontan vider venire, e se appiattàr ne la profonda valle. Il paladin non li curò seguire: venne a la donna, e qual gran colpa dàlle tanta punizion, cerca d'udire; e per tempo avanzar, fa allo scudiero levarla in groppa, e torna al suo sentiero.
72
E cavalcando poi meglio la guata molto esser bella e di maniere accorte, ancor che fosse tutta spaventata per la paura ch'ebbe de la morte. Poi ch'ella fu di nuovo domandata chi l'avea tratta a sì infelice sorte, incominciò con umil voce a dire quel ch'io vo' all'altro canto differire.
EDIZIONE DI RIFERIMENTO: "Opere di Ludovico Ariosto",
a cura di Adriano Seroni, Ugo Mursia editore, Milano, 1976
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