CAPITOLO III: La Blogosfera

The Big Conversation. 2

Mediasfera e Blogosfera. 3

Google generation. 7

Le Regole Del Gioco. 9

Non zero. 9

L’economia del dono. 9

I link. 11

Bloggo Ergo Sum.. 13

Il Blogger 14

Comunità cognitiva. 15

La Forza Del Blogging. 15

Stato Della Blogosfera. 17

 


The Big Conversation

La rete è un posto in cui tutti quanti parlano. Una stanza dalle dimensioni infinite.

Il weblog è un posto in cui un individuo anche privo di competenze tecniche può pubblicare sul Web tutto ciò che vuole[1].

Possiamo immaginare la blogosfera come una piramide[2] con, alla base, la maggior parte degli utenti; essa si restringe mano a mano che gli argomenti trattati dal blog aumentano di profondità di visione e capacità di analizzare la realtà. Alla base ci sono i cluster[3] dei weblog che trattano temi autobiografici e interpersonali. Avvicinandosi alla sommità della piramide gli argomenti si specializzano, il linguaggio si precisa, il pubblico diminuisce. È bene ricordare che non è possibile situare alcun blog in una simile rappresentazione logica, ma solo ogni particolare post. Uno stesso autore può muoversi tra cluster (leggi argomento) diversi, definendo uno spazio di oscillazione del proprio blog all’interno della piramide. Vi sono alcuni utenti che vengono definiti hub[4] poiché congiungono diversi cluster e fanno da mediatori tra i diversi concetti che nascono in rete. In genere sono i weblog più popolari, con maggiori link e reputazione; essi svolgono l’importante compito di smistamento dell’attenzione e selezione dei temi, svolgendo di fatto il ruolo più attivo di opinion leader all’interno della blogosfera.

Le informazioni circolano essenzialmente seguendo alcune tendenze: quando un’idea, una opinione, trova consenso, può risalire, anche dal basso della piramide, fino ad arrivare all’attenzione dei leader cognitivi che hanno spesso una reputazione riconosciuta anche al di fuori della blogosfera. Vi sono poi argomenti, spesso specialistici, che, seguendo, all’interno della nostra piramide, una traiettoria dall’alto verso il basso, detta  “flusso di traduzione[5]”, vengono tradotti e semplificati di passaggio in passaggio, seguendo la regola dell’interesse[6]. Esistono, inoltre, flussi di informazione “orizzontali”, con idee, concetti, argomentazioni, che, partoriti da un particolare blogger , vengono, ad ogni passaggio, di nodo in nodo, arricchite, approfondite, sviluppate e a volte associate le une con le altre.

I weblog rappresentano, a oggi, la creatura più matura del Web. Punto di incontro tra network sociali e network tecnologici, la blogosfera è una rete di interazioni intellettuali dirette e navigabili, risultato dell’apporto gratuito, aperto e verificabile delle conoscenze e delle opinioni di molte persone su argomenti di interesse generale e in tempo pressoché reale[7].

 

Mediasfera e Blogosfera

Read it, google it, blog it! [8]

Mediasfera e blogosfera sono due sistemi diversi. Nei mass media operano professionisti all’interno di grandi organizzazioni che possiedono regole proprie basate su una deontologia professionale, sulle leggi dei paesi in cui agiscono e su interessi economici. Il compito di informare è retribuito e vi sono barriere di accesso molto forti e obbiettivi precisi di rendimento stabiliti dall’editore. La pubblicazione, benché sottoposta a filtri, censure e controlli, quasi sempre ottiene una forte risonanza.

La popolazione della blogosfera, invece, è fatta di individui, non di organizzazioni. Non ci sono barriere di accesso e chiunque può partecipare all’attività nello spazio pubblico. È un ambiente sovranazionale, organizzato in comunità che si ritrovano attorno ad interessi specifici. In Rete la conversazione tocca tutti i temi possibili. Invertendo l’ordine dei news-media, tutto viene prima pubblicato, poi letto, corretto, ampliato, sviluppato. A volte un testo ottiene risonanza, altre viene relegato all’indifferenza.

Strumenti come Technorati[9] permettono di cogliere un quadro panoramico delle notizie e delle opinioni che attraversano la Rete, consentendo di fatto l’ingresso della blogosfera all’interno del circolo in cui si formano le rappresentazioni del mondo. Se i mass media diffondono le notizie, la blogosfera ne rielabora l’input, le socializza, le approfondisce o le critica. Weblog e giornalismo sono complementari, fortemente interconnesse, ma con regole ed equilibri differenti.

Uno studio americano, riportato da Granieri[10], sottolinea la forte relazione che sussiste tra mediasfera e blogosfera. Ciò è spiegabile attraverso quattro ragioni fondamentali: incentivi materiali, relazioni personali, expertise, e velocità: i media hanno la necessità di mantenere il traffico e visibilità on-line, in realtà una forma di pubblicità tutt’altro che gratuita; i primi blogger erano spesso giornalisti, e costituivano importanti nodi della Rete, essi avevano molteplici relazioni nei media e facilitarono lo sviluppo di un gruppo di leader cognitivi; l’expertise è uno dei motori più forti dello scambio tra media e blogosfera: gli specialisti in un determinato campo possono venire individuati con facilità e diventare fonti attendibili e facilmente consultabili. Il fattore velocità, infine, è proprio della rete: i blog hanno tempi di risposta molto rapidi e, per un giornalista, possono essere utili per individuare i venti dominanti all’interno dell’opinione pubblica e per tastare le prime reazioni davanti ad un determinato evento.

Tra mediasfera e blogosfera si vengono a creare due fondamentali interazioni a livello di news making. Descritte da Granieri[11] potremo definirle, per schematizzare, “giornalismo partecipativo” e “patto critico”. Se il concetto di una “informazione diffusa” può essere incluso tra i cardini teorici della cultura digitale, tanto che, già nel 1996, Pierre Lévy scriveva di un “trattamento dell’informazione distribuito ovunque e ovunque coordinato e non più prerogativa di organi sociali separati […] in modo da tornare nelle mani di ognuno[12]“, allora comprendiamo facilmente perché Bowman, Willis e Lasica, nel 2003[13], coniarono l’espressione “giornalismo partecipativo”, parlando di quanto i lettori, attraverso le opportunità concesse dalla Rete, siano diventati partecipi del processo editoriale.

Il 2004 ha segnato per la Rete un traguardo importante. I weblog hanno popolato Internet consentendo il superamento della cosiddetta “soglia critica[14]”, trasformando quella che prima era una infrastruttura di comunicazione, in una applicazione sociale. L’influenza della Rete sul mondo off-line è divenuta una realtà. Gillmor[15], blogger e giornalista, ha identificato proprio nei blog i “media dei cittadini”.

Quello che viene messo in luce da queste nuove esperienze di partecipazione popolare al giornalismo, sta nella stessa affermazione di reputazione e autorevolezza che i blog devono ottenere, per godere della fiducia, quindi dei link, quindi di quella visibilità, che le grandi testate giornalistiche considerano come un dato di fatto acquisito. L’insegnamento che il giornalismo tradizionale può cogliere da queste nuove esperienze, sta proprio nella cura delle fonti delle notizie. I blogger, quando “postano” una informazione, per rendere credibile, giustificare, il proprio intervento, la propria presa di posizione, devono avere cura di linkare una serie di fonti, esse siano documenti originali o pagine di altri siti web che godono di una reputazione “istituzionale”.

L’autorevolezza di una notizia aumenta con i link al miglior materiale originale cui ci siamo ispirati […] prestando attenzione alle critiche on-line[16].

La differenza fondamentale dai news-media tradizionali sta proprio in questa possibilità di un feedback, di un confronto con i propri lettori, della creazione di una dimensione di vera interattività[17], non solo “di selezione” o “consultazione”[18], ma di uno scambio “relazionale” tra un produttore di informazione e un fruitore non più passivo, che può esprimere le proprie impressioni, criticando e consigliando nuovi punti di vista, suggerendo link a fonti da vagliare ed inviando, egli stesso, materiale multimediale. Si vanno così a creare delle realtà, delle community on-line, in cui gli utenti, partecipano alla produzione di news. Proprio queste community sono le prede di quelle testate tradizionali che, aprendo le proprie redazioni alla rete, cercano di ottenere una maggiore pervasività, visibilità, fidelizzazione dei propri consumatori, in un periodo che di certo vede una contrazione, per non dire crisi, della editoria tradizionale.

Un'altra importante interazione tra il mondo del blog e quello dei media tradizionali, è quella che Zaccuri[19] ha chiamato il patto critico, “ovvero il comune esercizio del senso critico che sta alla base della pratica del weblog”. I media ufficiali detengono la delega dell’informazione, come servizio sociale e capillare: l’informazione diffusa da telegiornali e quotidiani, le principali fonti tradizionali, viene spesso discussa e analizzata nei blog.

La credibilità è una interazione, non un aura […] il weblog funziona bene per fare chiarezza. Essere credibili ha molto a che fare con l’attendibilità. Se il sito di un cittadino è credibile su certi argomenti, la gente lo userà per informarsi su quegli argomenti[20].

È difficile sostenere che i blogger possano diventare indipendenti dai media tradizionali; il loro compito, per lo meno ora, è quello di effettuare uno scanning delle notizie. Se nei manuali di giornalismo americano è scritto che i media sono i cani da guardia della politica, allora i blog si stanno configurando come i cani da guardia dei media. Si potrà forse dar seguito all’assioma che dovrebbe guidare ogni giornalista: essi infatti dovrebbero avere come unico interesse, come unica issue, quella di servire il cittadino. Questo è ciò che viene insegnato, ma poi trova scarso riscontro nelle redazioni. E la fiducia della gente ne risente poiché avverte una informazione troppo lontana, legata ai grandi gruppi economici. Il patto critico è proprio quell’accordo con i lettori, all’insegna della chiarezza e della trasparenza:

I blogger sono ritenuti maggiormente degni di fiducia, perché sono più umani, e troppo spesso i media non lo sono, sono organizzazioni. I blogger di solito ti dicono chi sono e qual è il loro background culturale, ti mostrano i loro pregiudizi e i lettori possono giudicarli e discutere con loro a livello personale[21].

Quale potrà essere il futuro?

La blogosfera, ovvero un network di pubblica opinione ha imposto le sue priorità nello stabilire l’ordine d’attenzione degli eventi.

Anche se il collasso vero e proprio delle grandi organizzazioni che lavorano nel settore dei media non è affatto imminente, è difficile sfuggire al fatto che queste organizzazioni hanno progressivamente perso la capacità di rappresentare l’opinione pubblica e che il loro futuro è assai incerto. Una inversione di tendenza è certamente possibile, ma soltanto per chi ha la volontà di investire tempo, idee e risorse nel coinvolgimento della propria audience, specialmente dei giovani consumatori.[22]

I rapporti sullo sviluppo dei giornalismo partecipativo sono incoraggianti. Lo sviluppo di una redazione globale è sicuramente una utopia, ma il flusso di democratizzazione dell’informazione è ormai un dato di fatto. E i grandi news media si stanno adoperando per entrare a far parte del nuovo business.

Uno dei mantra del momento sono proprio gli user generated media (video, audio, testo) [...] Si può trattare di pubblicità prodotte dagli utenti, di video amatoriali, di commenti, di segnalazioni di news e di qualunque altro tipo di materiale di interesse giornalistico e non[23].

Ma perché i media tradizionali sono così interessati?

Perché gli UGM producono soldi. Perché offrono un vantaggio competitivo. Perché piacciono. Perché in questo modo trasformi i lettori/telespettatori/ascoltatori da passivi in attivi. Il concetto di base, comunque la giriamo, non cambia: coinvolgere l'utenza, creare community fidelizzate che da un lato generino traffico (= $$$) dall'altro producano materiale d'interesse per il mondo dell'informazione tradizionale (= informazione più ricca e possibilità di avere scoop in anteprima grazie alla presenza capillare dei reporter diffusi).[24]

Benchè gli scettici[25] non manchino, confrontando la realtà con quelle che erano le aspettative del 1995, Kevin Kelly si ritiene convinto che entro dieci anni tutta la popolazione sarà connessa e che ogni persona parteciperà, anche in maniera minima, alla creazione di contenuti multimediali.

Un idea non meno eccessiva di quanto 150 anni fa non lo fosse la convinzione che un giorno chiunque avrebbe potuto scrivere una lettera o scattare una fotografia[26].

Non più di dieci anni fa nessuno si sarebbe aspettato questo capovolgimento dal basso verso l’alto: milioni di blogs, quindi milioni di persone, che producono informazioni e intrattenimento, che fanno, cioè, quello che le grandi corporate media credevano di poter continuare a fare in esclusiva.

 

Google generation

Tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri.[27]

La realtà è che i cittadini ritengono informazione ciò che riescono a percepire nei momenti in cui, in maniera rituale, per non dire casuale, pongono la loro attenzione verso lo schermo televisivo. E quello che più viene apprezzato, e che si sedimenta nella memoria collettiva, è soprattutto l’infotainment.

La realtà è che, fuori dalla Rete non vi è una memoria, se non la vecchia e costosa (in termini di spazio di catalogazione, e tempo di fruizione) memoria analogica dei libri e degli archivi di difficile consultazione. Ai primordi di Internet, anche la ricerca in rete presentava grandi difficoltà. Jerry Yang e David Filo, due studenti dell’università di Stanford, crearono verso la metà degli anni Novanta un database di indirizzi web. Da quell’esperimento nacque Yahoo! con una redazione che censiva, catalogava e archiviava le informazioni sui siti internet. Altavista fu però il primo motore di ricerca che ebbe successo, grazie alla velocità di risposta e all’alto numero di siti archiviati da un software che non richiedeva alcun apporto umano. Nel 1998 altri due studenti, Sergey Brin e Larry Page, cominciarono a lavorare su Page Rank, un algoritmo di ricerca che si basa sui link. Questi vengono considerati come dei voti sulla qualità di una pagina, “pesati” in base al criterio per cui i collegamenti ipertestuali che partono da una pagina valgono, proporzionalmente di più, a seconda della quantità di link in ingresso. Per cui, un collegamento da una pagina con molta “visibilità” vale più di un collegamento che parte da un pagina che non viene linkata da nessuno. Il metodo Google è talmente vincente che viene adottato da tutte le applicazioni web, come Technorati, Slashdot, eBay e Amazon.

La memoria della società, raccolta in rete, è ora a portata di click e il cittadino connesso partecipa ad un processo di organizzazione dell’informazione, dalla ricerca all’assemblaggio dei frammenti di una nuova coscienza collettiva. Google è diventato il simbolo di un modo di pensare, tanto che esiste un verbo in inglese to google, che supera il concetto di “ricercare”, verso un più estensivo “approfondire la conoscenza”. Il sapere diventa un metodo e crea la nuova realtà di un “pubblico monitorante” in cui, i cittadini condividono con i media la responsabilità e la delega di produrre e selezionare l’informazione.

 

Le Regole Del Gioco

La Rete è, come ho già descritto, un Network cognitivo, un organismo collettivo, un sistema popolato di persone. Ogni sistema, per poter sopravvivere sviluppa un’organizzazione interna. La Rete è stata programmata per essere un network libero, all’insegna della collaborazione e della cooperazione fra gli utenti. L’interazione acentrica del network ha consentito al sistema di trovare un proprio equilibrio, autorganizzandosi, portando all’emersione di alcuni elementi, logiche e principi, cioè fattori d’ordine.

Non zero

La teoria dei giochi[28] è una scienza matematica che analizza situazioni di interazione e modelli cooperativi/competitivi. Forse la più famosa postulazione riguarda la teoria dei giochi a somma non zero, secondo la quale, tra due players, non è detto che non possano perdere, o vincere, entrambi. Questa condizione descrive la normale situazione delle interazioni umane. E la conoscenza è per definizione un gioco a somma non zero:

Se io do una moneta a te e tu ne dai una a me, abbiamo entrambi una moneta. Se io do un’idea a te e tu ne dai una a me, andiamo via con due idee a testa.

La Rete è disegnata in modo che la distribuzione di un prodotto digitale abbia un costo pari a zero. Ciò stimola le forme di collaborazione e condivisione delle risorse, in una logica del dono.

L’economia del dono

La differenza fondamentale tra una economia di scambio ed una economia del dono[29], sta nel fatto che la prima è un adattamento alla scarsità, la seconda il risultato di un adattamento all’abbondanza. In un modello tradizionale, i gruppi sociali reagiscono alla limitatezza di risorse organizzandosi in gerarchie; gli individui sono in competizione fra loro per migliorare il proprio status ed avere accesso ad una migliore quantità/qualità di risorse. In un ambiente, in genere locale, dove le risorse, per la soddisfazione dei bisogni sono abbondanti, le gerarchie di comando perdono di valore. La costante varietà di scelte stimola la reciprocità e la condivisione dei beni. Bene, la Rete è un ambiente in cui il sistema dei Network sociali si trovano in una situazione di abbondanza di spazio, tempo e possibilità.

In un ambiente in cui le risorse non sono scarse, il Network si è autorganizzato usando la “reputazione” come spinta motivante nella selezione delle risorse.

La reputazione è il nome che diamo al modo in cui gli altri ci percepiscono e alle informazioni che hanno per relazionarsi con noi.[30]

La notorietà, nella società tradizionale, è una tendenza verso cui si aspira per emergere dall’anonimato. Nella società digitale, la reputazione è un principio d’ordine, d’orientamento. La reputazione di un libro, di un prodotto, di un individuo, è determinata dagli altri cittadini della Rete, che, attraverso valutazioni, link, post o commenti, operano un controllo sull’affidabilità e sull’onestà dell’informazione. È proprio questo controllo collettivo che viene chiamato da Rheingold[31]principio di correzione”, ovvero la possibilità che ogni lettore ha di correggere e giudicare, in maniera pubblica, l’informazione. Questo principio trova la sua più alta realizzazione pratica nella pratica dei wiki. Benché molti critici abbiano teorizzato che la qualità dell’informazione sia inversamente proporzionale alla quantità di persone che contribuiscono all’editing dei contenuti, la realtà empirica di Wikipedia dimostra, al contrario, un aumento della qualità nel tempo. Se è vero che un aggiornamento può diminuire la qualità di una voce, ci sono forti possibilità che gli interventi successivi la migliorino.

Fino ad ora ho descritto la Rete come il regno dell’abbondanza, ma esiste una faccia nascosta della medaglia. Una tale quantità di informazione richiede motori di ricerca in grado di scovare, selezionare, di orientare l’attenzione su target di qualità. Proprio l’attenzione è sempre stata, in Rete come altrove, il bene scarso per eccellenza.

Il weblog, a differenza dei modelli più familiari come quotidiani e riviste, non ha la pretesa di essere esaustivo, è un singolo nodo in un’opera collettiva e ipertestuale che tende a configurarsi come sistema di contenuti: la formula del “link + annotazione” è un atto di generosità, poiché tende a dirigere il lettore verso altre fonti. Chi non partecipa alla conversazione, a questo spostamento di attenzione da un nodo all’altro, è destinato a rimanere ai margini del sistema, a meno che non abbia una forza particolare come l’essere associati a grandi testate giornalistiche. Molti di questi blog, benché anche di alto profilo a livello di contenuti, se non si integrano nella dialogo della blogosfera, finiscono nell’avere solo qualche link e, senza la visibilità offerta dalla testa editoriale, non avrebbero che l’attenzione di qualche vecchia home-page personale.

I link sono la valuta contante del web. Essi determinano la struttura di potere della blogosfera. Se partiamo dall’assunto teorico che tutti i nodi hanno la stessa visibilità, dobbiamo riscontrare che il sistema di inidicizzazione del web[32], che sfrutta il sistema del Page Rank, ovvero considera il numero di link come una valutazione di qualità, produce una gerarchizzazione della Rete. I siti che ottengono un numero maggiore di link si trovano nelle Top Ten dei motori di ricerca ed ottengono una visibilità neppure paragonabile a quella di cui gode un nuovo utente. Ciò non influisce però sulle possibilità che ogni singolo utente ha, tramite interventi di qualità e commenti in altri blog, immettendosi, cioè, nel flusso comunicativo, di raggiungere un Rank, quindi un’attenzione, maggiore e, se vogliamo, maggior pubblicità, che rappresenta forse l’unico metodo per far soldi in Internet. Ogni tentativo di far pagare per i contenuti è quasi sempre fallito. Un utente che naviga nel Web, non accetta altro costo se non quello di connessione. Le aziende che operano nell’on-line riescono a ricavare profitti soprattutto grazie alla pubblicità[33], al content matching[34] e tramite la creazione di store, negozi virtuali, come il famoso sito di aste eBay.

Il Web è una rete orientata[35], cioè i collegamenti tra nodi possono non essere reciproci, ovvero non tutti i nodi hanno la stessa importanza. Questa configurazione conduce ad un modello rich get richer per cui un nodo, con un elevato numero di link, continuerà ad averne sempre di nuovi, ovvero, un nuovo utente, tenderà a seguire i percorsi e le preferenze già espresse da altri prima di lui[36], dando luogo ad una rete in cui pochi nodi, denominati hub, hanno molte connessioni. Clay Shirky, in uno studio sui weblog[37], ha ottenuto gli stessi risultati, confermando in tal senso la regola di distribuzione di Pareto: il 20% dei weblog mantengono l’80% dei link. Ogni nuovo blog tenderà quindi a connettersi con gli hub esistenti.

Figura 1: Distribuzione dei collegamenti in un Network qualunque

Il nodo E si impone come hub, assumendo una posizione di leadership nella conversazione. Ad esso conducono i link di quasi tutti gli altri nodi.

 

Tuttavia, se fino ad ora, i sistemi di raking hanno disegnato la topografia del web utilizzando la quantità di link come criterio per misurare l’autorevolezza e la popolarità, si assiste alla messa in discussione di questo modello. Il problema sta nel cosiddetto ”aumento della scala”; la diffusione globale del blogging e la predisposizione dei blog personalistici al cross-linking, ovvero al link reciproco invalidano quell’attribuzione di qualità che il numero di link dovrebbe suggerire. Il web potrebbe anche non essere misurato, ma la Top 100 di Technorati e le altre A-list sono il miglior criterio per dipanare la complessità dell’informazione disponibile. Alcuni studi hanno dimostrato che misurando i link del blogroll[38], sono i blog storici che vincono, ma, se si prendono in considerazione i link all’interno delle conversazioni[39], sono i blogger emergenti a dominare. Una misurazione efficace dovrebbe tenere conto, non tanto del link come valore di voto (che può avere anche un valore negativo, ad esempio linkando una pagina e classificandola come inaffidabile), ma del concetto di pertinenza, misurando i link su base tematica.

 

Bloggo Ergo Sum

Il mondo della comunicazione moderno è caratterizzato da una grande quantità di informazioni, spesso di qualità variabile: questo fenomeno è fisicamente chiamato information overload. Si tratta in pratica dell’incapacità di gestire una tale mole di informazioni. In passato si è fatto ricorso ad autorità intellettuali, giornalisti, opinionisti, scrittori, per comprendere e selezionare le notizie, quindi, la complessità del mondo. La blogosfera potrebbe funzionare da sistema di orientamento alternativo per attribuire rilevanza ai fatti e alle informazioni. Il weblog possiede due elementi fondativi: l’organizzazione sistemica e l’utilizzo del linguaggio ipertestuale come principio di ordinamento. Essenzialmente la blogosfera è un sistema relazionale di database che comunicano fra loro grazie al codice XML.

Il paradigma della complessità di Luhumann ci aiuta a capire come il fenomeno del blog, non sia altro che uno strumento operativo atto a ridurre la complessità della realtà. I weblog si sono infatti distinti dalle altre opportunità informative proposte dall’ambiente ipertestuale[40], evolvendosi come livello progressivo di riduzione del caos del cyberspazio. Si può notare come il sistema blog si sia evoluto nel corso degli anni avvalendosi della grammatica dell’ambiente ipertestuale: interattività e flessibilità. É il risultato di un processo di adattamento delle tecnologie ai bisogni sociali dell’espressione, e poggia su esperienze di community network, di BBS, sulle home page e sul mondo dell’open source, degli hacker.

In principio descritto dai media tradizionali come un fenomeno modaiolo, riducibile alla pubblicazione on-line di un diario personale, il weblog ha iniziato a diventare sistema, determinando la propria identità e divenendo pienamente autoreferenziale.

È nato così il movimento dei blogger.

Il Blogger

Quando leggi uno scritto di De Kerckhove pensi di essere pronto a tutto, eppure la sua affermazione “siamo tutti cyborg[41]” al principio mi ha disorientato, poi ho cominciato a capire.

Cyborg non nel senso superficiale della combinazione di carne e fili elettrici, ma nel senso di simbionti umano tecnologici:

Ciascuno di noi, più o meno circondato e invaso dalla tecnologia, sta diventando una cellula ibrida di una sorta di macro-organismo che invade tutto il globo […] ci avviamo a diventare gli elementi costitutivi di una creatura planetaria che si è sviluppata tramite i sistemi tipici di ogni sistema complesso: l’autorganizzazione, la coevoluzione, la simbiosi, l’emergenza. Questa creatura potrebbe diventare sede di un’intelligenza collettiva e forse di una coscienza collettiva[42].

Il corpo elettronico è sempre in connessione, soprattutto ora grazie alla tecnobiologia del wireless: accesso permanente e ubiquo. Il mondo intero all’interno del proprio spazio corporeo.

Il blog è l’anima del cyborg moderno. Se il cyborg è l’estensione fisica di una persona in un mondo fuori dalla propria pelle, il blog è l’estensione psicologica di una persona fuori dalla sua testa; esso crea una comunità che diviene sempre più potente perché estesa, orizzontale, continuamente aggiornata in tempo reale […] il blog è la proiezione del sé fuori dal sé […] si mette a disposizione una pubblicazione manipolabile e socializzabile del sé, un sé fluido […] non è solo un diario, tramite questa estensione tecnologica decidiamo di aprire il nostro sé all’altro, di consentire un abbraccio erotico con il mondo dando vita allo scioglimento del sé in una o più intelligenze connettive.[43]

I weblog sono una forma di conversazione on-line ricca e complessa. Offrono la possibilità di moltiplicare i partecipanti e di costruire in tempo reale micro-gruppi di comunicazione. I blogger entrano facilmente in contatto tra loro e interagiscono, si scambiano commenti, e-mail, si linkano e si citano a vicenda, fino a costruire delle comunità virtuali i cui singoli terminali sono disseminati in tutti i paesi. Sono aggregazioni di tipo nuovo, basate non sulla vicinanza geografica, sul fattore anagrafico, culturale o linguistico, bensì su interessi comuni, una lotta, una causa, un’iniziativa, o semplicemente un orientamento culturale condiviso.

La comunità dei blogger è una sorta di filtro distribuito e collettivo per la segnalazione dei contenuti che si trovano in rete. Quando c’è qualcosa che merita, la blogosfera di solito lo fa emergere.

Comunità cognitiva

I weblog si sono strutturati spontaneamente in un network che smista attenzione in maniera efficace, garantendo che vi sia sempre ascolto. Il modello più simile è quello della colonia di insetti sociali. Ogni individuo sembra perseguire il suo interesse, ma rispetta alcune semplici regole che consentono il funzionamento del sistema. Un weblog non pretende di essere esaustivo e punta sempre a pagine esterne, indirizzando i proprio lettori verso letture interessanti.

Il network dei weblog sta modificando la Rete, e la Rete stessa si sta configurando come una vere e propria sfera pubblica.

Il fatto che tanta gente si confronti e si esprima pubblicamente ha un forte impatto sociale. Fino ad oggi ciascuno di noi operava la propria rappresentazione del mondo attraverso il racconto dei media, poiché quasi tutte le nostre nozioni non sono esperienziali. Oggi siamo liberi di sceglierci le fonti e di controllare ciò che dicono[…] questo network cognitivo può influenzare l’agenda setting dei media […] il dibattito politico […] i consumi sociali […] qualsiasi campo dell’attività umana.[44]

Sebbene si parli spesso di mass-amateurization per definire i weblog in rapporto al giornalismo o alla critica o alla letteratura, si tratta di un approccio sbagliato […] non si può tentare di descrivere la Rete di oggi paragonandola a cosa nota. È un oggetto nuovo, con regole nuove che interagisce con altri sistemi, ma da una posizione sua […] c’è semplicemente gente che condivide opinioni e conoscenza e che stabilisce relazioni di stima e fiducia […] la tecnologia ha sistematizzato e potenziato a dismisura uno dei modelli di reputazione commerciale più antichi, il passaparola.[45]

 

La Forza Del Blogging

Qual è stata la fonte di informazione più veloce, attiva ed importante relativa allo tsunami? Non la CNN, non le organizzazioni umanitarie, ma un blog[46] creato da quattro volontari immediatamente dopo il disastro, e che già nella prima settimana raccoglieva migliaia di link, informazioni utili, e milioni di visitatori. Il New York Times ha ammesso che “per i vividi reportage dall’enorme area del disastro dello tsunami, è stato difficile battere i blog”. La stragrande maggioranza delle informazioni, come foto e video, provenivano dalla rete, dalle pagine di alcuni blog, ritrasmessi poi dalle Tv, che operavano una scelta della grande mole di materiale. E se la guerra in Iraq ha prodotto un numero impressionante di post sul tema, creando conversazioni ed interazioni anche tra giovani americani e iracheni, le nuove tensioni tra Libano e Israele[47] stanno mettendo in ebollizione la blogosfera stessa. Basterebbe una passeggiata on-line per poter avere una informazione sicuramente più completa, o per lo meno un-censored, rispetto a quella offerta dai media tradizionali.

La crescita della cosiddetta blogosfera è dovuta, in parte alla semplificazione delle tecnologie di accesso al Web, dall’altra alla natura intrinseca di questo nuovo media.

I blog forniscono una informazione “non mediata”, non filtrata dalle agenzie di stampa, ma immessa nel flusso comunicativo direttamente dai protagonisti di un determinato evento. La tecnologia RSS permette ad ogni utente di avere a disposizione notizie aggiornate in tempo reale, provenienti da più fonti precedentemente selezionate. Inoltre i blog più importanti si comportano da aggregatori delle news su particolari tematiche, divenendo equiparabili a delle vere e proprie agenzie di informazione, o, meglio, ad opinon leader.

Scrive Hewitt:

Quando molti blog scelgono un tema o iniziano ad inseguire una notizia si forma un blog swarm […] un massiccio movimento di opinione pubblica che, quando esplode, è in grado di alterare profondamente la percezione collettiva di una persona, un prodotto, un fenomeno.[48]

In fin dei conti ci si aspetterebbe che una ristretta élite di blogger che posseggono una grande visibilità, possa essere in grado di esercitare una influenza diretta sui processi politici e sul ciclo delle informazioni. Hewitt, citando una conversazione con il fondatore di Technorati, David Sifry, avverte che the power of the tail, “il potere della coda”, è un concetto cruciale per comprendere le dinamiche della blogosfera. La coda è semplicemente il 95-99% di blog che non ricevono enormi quantità di traffico. Tuttavia, il numero aggregato dei visitatori e la fiducia assoluta che legano i blog ai propri lettori, consentono anche ai messaggi veicolati dalla “coda” di avere una grande forza di penetrazione mediatica.

Velocità e mancanza di barriere di accesso sono altri importanti fattori del successo dell’informazione on-line. Il Network permette una distribuzione virale delle news poiché chiunque può “postare” una informazione, sia essa testuale, fotografica o video, in pochissimo tempo, immettendola in un circolo comunicativo potenzialmente[49] globale.

La semplificazione tecnologica è stata l’anima di questa rivoluzione. Sono nati siti web personali, o di comunità anche piccolissime, contenenti ogni tipo di informazione, pubblicati soprattutto ricorrendo all’uso di piattaforme di blogging come Blogger, Typade, Splinder, che offrono spazi Web e strumenti che rendono facile e veloce, scrivere e modificare pagine Internet semplificate[50].

 

Stato Della Blogosfera

Il rapporto sullo “stato della blogosfera” pubblicato[51] nell’Agosto 2006 da Technorati riassume i numeri dello sviluppo del blogging. Questi dati sono da considerarsi comunque parziali, poiché i blog Coreani e Francesi non sono pienamente tracciabili da Technorati. Si tratta in ogni caso di stime, quindi di numeri da prendere nel loro significato relativo alla inaspettata velocità di crescita del fenomeno. Ogni sei mesi la blogosfera raddoppia, ed è ora cento volte più grande del 2003.

Figura 2: la crescita della blogosfera

 

Trentasette milioni erano i blogs tracciati da Technorati nell’aprile 2006, saliti a 50 milioni ad agosto. In media un blog viene creato ogni due-tre secondi, e oltre la metà dei blogger continua a pubblicare almeno tre commenti anche dopo tre anni dal primo post.

Ogni giorno vengono pubblicati più di un milione e mezzo di post, quasi 19 al secondo. Come mostra la figura seguente, notiamo come la blogosfera reagisca fortemente ad eventi di portata mondiale, come lo tsunami, l’uragano Katrina e la guerra israelo-libanese.

Figura 4: il posting giornaliero

 

Il fenomeno del tagging continua a crescere e la metà dei post viene indicizzato grazie a categorie create dagli utenti.

Se si analizzano la popolarità dei siti, secondo i parametri del Page Raking, cioè analizzando il numero di link, si nota come molti blog comincino ad avere una rilevanza maggiore delle pagine web di alcuni mainstream media: ben 11 blogs tra i migliori siti.

Figura 5: la classifica dei migliori 90 siti fonte di informazione. In rosso i blog.

Figura 6: NewYorkTimes e Yahoo! news occupano ancora i primi posti. Ma per quanto?

 

La blogosfera si esprime per lo più in Inglese e Giapponese. Benché la Rete sia a tutti gli effetti internazionale e multilingua, la maggior parte dei post sono scritti in lingua giapponese ed insieme ai post in lingua inglese, rappresentano più della metà (quasi il 70%) del lingue espresse dai blogs.

Figura 7: Dati Technorati 2006

 

I blogger Giapponesi mostrano inoltre la tendenza a scrivere post più spesso, ma anche più corti. Questo potrebbe essere il risultato dell’uso della telefonia mobile come mezzo per connettersi alla Rete. A conferma delle dinamiche di progresso del sud-est asiatico, la blogosfera Cinese è cresciuta significativamente tra il 2004 e 2005 per poi rallentare il suo sviluppo solo negli ultimi sei mesi e attestarsi come la terza lingua della blogosfera con il 12%.

Una nota di curiosità. Dai  rilevamenti sull’orario dei posts, risulta che gli utenti anglofoni siano soliti aggiornare il proprio blog durante le ore lavorative, dalle 10 di mattina alle 2 di pomeriggio, e di nuovo alle 5 di sera, mentre i giapponesi vi dedicano il tempo prima di andare al lavoro, o prima di andare a dormire.

Su scala internazionale, ci sono valutazioni poco attendibili per quanto riguarda il numero di persone che usano Internet. Per esempio circolano da dieci anni affermazioni a proposito di “un miliardo di persone” collegate nel mondo, quando solo oggi le valutazioni più esagerate si avvicinano a quella cifra. Una stima più realistica è fra 600 e 700 milioni, ma nove decimi dell’umanità sono ancora esclusi dall’uso della rete.

Secondo i dati Nielsen NetRatings questa è la situazione in dieci paesi nel giugno 2006

10 paesi

Figura 1: Percentuali dell’uso sul totale della popolazione

 

La posizione dell’Italia è migliorata rispetto ad alcuni anni prima, ma rimane lontana da quella dei paesi più evoluti. Le più recenti stime Audiweb e Censis[52] individuano tra 12 e 17 milioni gli italiani che si collegano ad Internet per informarsi, relazionarsi, divertirsi.

crescita

Figura 2: Dati Eurisko in migliaia di unità.

“utenti” Internet almeno una volta in tre mesi.

 

Di essi oltre 4 milioni si collegano con frequenza giornaliera e per più di due ore al giorno[53].

La realtà di tutti i giorni dimostra che in Italia tutti usano il web direttamente o indirettamente. Il motivo è semplice: da un lato Internet è ormai presente nella vita di tutti i giorni, disseminato sottovarie forme nel mondo che ci circonda, dall’altro lato quanto accade in Rete non rimane confinato on-line, ma rimbalza sui media tradizionali (TV, Radio, stampa, ecc.) e finisce per raggiungere l’intera popolazione. Gli esempi sono numerosi e in continuo aumento. Pensiamo ai video dello tsunami, alle foto scattate con i cellulari delle bombe a Londra nel luglio 2005, oppure ancora ai video terroristici; tutto materiale immesso inizialmente in Rete.

I giornalisti usano ormai abitualmente Internet nel lavoro di tutti i giorni. Quanto succede on-line, se rilevante, interessante, notiziabile, non rimane mai confinato a Internet, ma raggiunge tutti gli italiani[54].

 

2001-2006

Figura 3: Dati Eurisko in migliaia di unità

Utenti “almeno una volta a settimana”.

 

Il computer non è ancora “un elettrodomestico di uso comune”, ma oggi cinque italiani su dieci ne hanno uno. Sono un po’ più del 40 % le persone in Italia che usano un personal computer di cui il 33 % in modo “abituale”. Rimane alto il numero delle persone che hanno un personal computer, ma non un collegamento alla rete, come di quelle che hanno un collegamento, ma non lo usano. Meno di metà delle persone che hanno un computer in casa si collega, sia pure occasionalmente, ad Internet.

in casa

Figura 4: L’uso di Internet da casa. Dati Eurisko in migliaia di unità.

In rosso il cambiamento 2003/2005.

 

Negli ultimi anni si è registrata in Italia una crescita considerevole della banda larga[55] e la consultazione delle testate web è ormai un’abitudine acquisita per il 60% degli italiani[56] che navigano in rete.

Internet ha ancora una presenza modesta, ma non più “marginale”. L’uso della rete non è sostitutivo, ma convive con l’utilizzo di altri strumenti. Le persone attive on-line sono quelle che leggono di più e usano più spesso altre risorse.

risorse

Figura 5:Uso delle risorse informative in Italia. Dati Censis.

Percentuali su totale della popolazione.

 

C’è una forte divisione fra i “meno abbienti” di informazione e comunicazione (la cui risorsa dominante è la televisione) e chi ha un ambito culturale “più ricco” con una gamma estesa di strumenti. Come confermato anche dai dati sull’istruzione sugli utenti internet.

Figura 6: Dati Eurisko 2005.

 

istruzione

Figura 7: Uso delle risorse informative per livello scolastico.

 

eta'

Figura 8: Uso delle risorse informative per fasce d'età.

 

Molte ricerche confermano, inoltre, come il tempo dedicato alla rete è sottratto perlopiù alla televisione:

uso meno

Figura 9: Dati Censis 2005.

“da quando uso Internet uso meno…”

 

Secondo i dati dell’Osservatorio Italia Media Online, le testate giornalistiche in Italia sono 1.382: 103 quotidiani on-line (+32,1%), 1581 webzine (+73,4%), 110 siti di operatori televisivi (+15,8%) e 121 agenzie di stampa (+116,1%).

Gli argomenti più trattati dalle testate on-line sono la cronaca locale (12,5%), la cultura (11%) e l’attualità (10,8%). Il numero dei blog italiani è in crescente aumento: quelli ospitati dalla piattaforma di Splinder, nata nel 2002, hanno varcato la soglia dei 200 mila.



[1] GRANIERI, G. 2004. da un articolo apparso su L’unità: La rivoluzione dei weblog: intervista a Giuseppe Granieri.

[2] GRANIERI, G. 2005. Blog generation. p. 73.

[3] Sotto-reti comunicanti, gruppi di oggetti, blog dello stesso tipo.

[4] Snodi, punti centrali della reti, ovvero nodi con molte connessioni.

[5] GRANIERI, G. 2005. p.75

[6] Il flusso di informazioni si interrompe non appena cessa di essere interessante.

[7] DE KERCKHOVE, Derrick. 2004. Prefazione in GRANIERI, G. 2005.

[8] Leggi, verifica e approfondisci, discutine!

[9] http://www.technorati.com è il motore di ricerca per eccellenza dei blog.

[10] GRANIERI, G. 2005. p. 77.

[11] GRANIERI, G. 2005. p. 117.

[12] LEVY, P. 1996. L’intelligenza collettiva. Milano, Feltrinelli. p. 38.

[13] BOWMAN, S., WILLIS, C., LASICA, J.D. 2003. We Media. Media Center at American Press Institute Resarch, in http://www.mediacenter.org/mediacenter/research/wemedia/.

[14] La teoria dei Network insegna che le reti iniziano a funzionare soltanto dopo il superamento di un numero di nodi sufficiente. Minati, studioso di sistemi, ha indicato come la Rete, in quanto popolata di individui in relazione reciproca, abbia cominciato ad essere un “essere collettivo”. (MINATI, G. 2001. Esseri collettivi. Milano, Apogeo)

[15] GILLMOR, D. 2004. We the media. Grassroots journalism by the people, for people. San Diego, O’Reilly Press.

[16] Ibid.

[17] “Un sistema si dice interattivo quando il suo comportamento non è fisso, ma si modifica al variare dell’input dell’utente […] grazie a questa interazione il sistema può deviare dal suo comportamento prefissato e adeguarsi alle esigenze dell’utente.” Definizione da http://it.wikipedia.org/wiki/interattività/.

[18] È possibile identificare diversi gradi di interattività: grado zero, o interattività da selezione o interattività da trasmissione, rappresenta il modo di fruizione della televisione analogica; interattività da consultazione, come la tv digitale terrestre, i CD-Rom, in cui è consentita la scelta tra alcune opzioni; interattività da relazione, un processo di circolazione di informazioni, stimoli e reazioni.

[19] ZACCURI, A. Scrittore, critico e giornalista dell’Avvenire.

[20] GLASER, M. 2004. Wathcblogs. In http://ojr.org/glaser/1076465317.php

[21] JARVIS, J. 2004. Clearly. In http://www.buzzmachine.com/archives/2004_08_12.html

[22] Dati Carnegie Corporation NY Research 2005. “Internet è la risorsa primaria di informazioni per i giovani tra i 18 e 34 anni”.

[23] I maggiori siti che raccolgono questo materiale sono YouTube, Msn, Google, Yahoo!, Flickr.

[24] MONTEMAGNO, M. 2006. in http://skytg24.blogs.com/sky_tg24_pianeta_internet/2006/07/aol_e_cnn_a_cac.html

[25] Soprattutto giornalisti tradizionalisti, e le solite lobby di potere.

[26] KELLY, K. 13 Agosto 2005. We are the Web. Wired magazine. http://www.wired.com/wired/archivi/13.08/tech.html

[27] ORWEL, G. 1945. La fattoria degli animali.

[28] NEUMANN, von J. e MORGENSTERN, O.

[29] KELLY, K. 2005. 13 Agosto 2005. We are the Web. Wired magazine.

[30] GRANIERI, G. 2006. La società digitale. Roma, Laterza. p. 71.

[31] RHEINGOLD, H. 2003. Smart mobs. Milano, Cortina.

[32] Google, ma anche Technorati, ecc.

[33] La spesa che le agenzie pubblicitarie investono nell’on-line sta aumentando sempre più negli anni. Il 2005 ha registrato un incremento del 48% rispetto all’anno precedente, raggiungendo la quota di 137 Miliardi di €. E ancora il fenomeno YouTube non era esploso.

[34] Un oggetto che viene acquistato on-line, come ad esempio un libro su Amazon, può essere stato segnalato da un link esterno, magari contenuto nel testo di un qualsiasi articolo apparso nel web. Le aziende sono disposte a pagare per questa pubblicità.

[35] BARABASI, A. L. 2004. Link, la scienza delle reti. Torino, Einaudi.

[36] La distribuzione dei link segue un modello detto preferential attachment – attractiveness of popularity.

[37] SHIRKY, C. Power laws, weblogs and inequality.

[38] Si tratta della lista di link che ciascun blogger può indicare a lato del proprio blog. Esprimono le fonti principali di informazioni/attaccamento ideologico, e spesso sono i siti più illustri secondo il senso comune (preferential attachment), o di persone con cui si hanno relazioni stabili.

[39] Indicano l’interesse verso un particolare tema.

[40] Ipertesto come ambiente in cui possiamo “navigare” attraverso informazioni testuali organizzate spazialmente.

[41] DE KERCKHOVE, D. 2006. in La democrazia in America nell’era del blog, in Immaginari Postdemocratici.

[42] LONGO, G. 2004. L’imperialismo del codice, in AA. VV. Dentro la matrice. Roma, edizioni Albo Vesorio. p.153

[43] DE KERCKHOVE, D. 2006.

[44] GRANIERI, G. 2004.

[45] GRANIERI, G. 2004.

[46] http://tsunamihelp.blogspot.com/.

[47] http://en.wikipedia.org/wiki/2006_Israel-Lebanon_conflict.

[48] HEWITT, H. 2005 Blog. Understanding the information that’s changing our world. Nelson Book, Nashville.

[49] Se la notizia rispetta la caratteristica dell’interesse.

[50] Non certamente paragonabili alle più performanti pagine pubblicate con sistemi di gestione dei contenuti (CMS).

[51] In http://www.sifry.com/alerts/archives/000436.html .

[52] Tutti i dati, salvo diversa precisazione, provengono da fonti Audiweb, Censis, Eurisko, aggiornati a maggio 2006. In htt://www.gandalf.it

[53] Dati Eurisko 2005.

[54] MONTEMAGNO, Marco. Ideatore di Blogosfere, network di blogprofessionali di informazione, è assistente alla cattedra di Teoria e tecniche dell'informazione on line presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università Cattolica di Milano. Giornalista ed esperto di Internet, conduce su Sky la trasmissione Reporter Diffuso. http://skytg24.blogs.com/

[55] Del 120% nel 2004, secondo una ricerca Nielsen/NetRatings.

[56] Dati Nielsen/NetRatings.