Ulisse
era stato sempre la spina nel fianco di Ambra, l'aveva
spodestata da figlia unica,
arrivando in casa in fin di vita portato da me il 30 maggio
1995.
Ambra lo ha soffiato ogni volta che lui si è avvicinato
a meno di dieci centimetri,
per sette anni e mezzo, senza tregua, fino a quattro giorni
fa...
E' stato questo, prima di ogni altra cosa, a farmi temere
il peggio.
Sono già passate diverse ore... mi manca... mi manca...
mi manca!
Mi giro e lui non c'è...
Non apre più il frigo...
Non lo sento più ronfare...
E non riesco a dormire senza il mio morbido, affettuoso
e caldo batuffolo accanto.
Eppure debbo riconoscere che non avrei potuto sperare
di più,
una volta capito che tutto era inutile.
Ulisse ha avuto una sorte che auguro a tutti, me stessa
compresa:
è vissuto intensamente amato (e in molti casi amorevolmente
sopportato...)
ed è morto salutato e coccolato da tutti quelli che erano
o erano stati parte della sua famiglia.
E' volato sul Ponte alle ore 16, accarezzato e ascoltando
una voce conosciuta,
appoggiato a me, come un bimbo, con le zampine incrociate
davanti al musetto come era quando dormiva. Ma è stata
Ambra ad accorgersene per prima... era messa a "palla"
in poltrona a tre metri di distanza e ad un certo punto
è scattata a raggiungerci sul divano e ha leccato il naso
di Ulisse... che si è abbandonato in quell'attimo preciso.
Grazie
per le vostre email, per le telefonate, per gli sms, per
la favola... e per avermi ascoltata e letta. Siete stati
tenerissimi.
Elisa
Racconto
breve, per Ulisse.
Il
gatto Ulisse un giorno si svegliò da un lungo sogno.
“Cos’hai?”; chiese la bella micia che stava dormendo al
suo fianco.
“Ho fatto un brutto sogno”, le rispose. “Sembrava quasi
vero!”, ed iniziò a narrarle il sogno.
“Ero un gattino solo, abbandonato nella pioggia fredda
in un paese sconosciuto.
Ero disperato, arrivò allora una mano che mi raccolse
e mi asciugò. Mi diede calore e cibo. Ero ammalato, avevo
le gambe inferme, ma non mi lasciò solo. Poi mi ricordo
che arrivai in una bella casa. Li c’era un’altra gatta,
ma non voleva giocare con me. Mi disse che quella era
la casa di una strega buona, e che lei era la sua gatta
di compagnia.
In quella casa c’era una scatola magica sempre piena di
cose buone da mangiare, ma la strega non voleva che usassi
le sue magie e si arrabbiava molto quando cercavo di aprirla.
Anche la gatta mi sgridava perché non voleva che facessi
arrabbiare la sua padrona.
Era una bel posto, ma ogni tanto mi annoiavo perché ero
sempre chiuso nella casa della strega. Lei, allora, mi
coccolava e non immaginavo quando mi avrebbe riportato
a casa.
Nel sogno poi mi vidi vecchio, ancora nella casa della
strega, ero malato e stavo morendo!”
“Stupido miciotto”, le disse la bella gatta, “hai avuto
solo un incubo, non pensarci più.”
Accoccolati sul grembo di Galadriel, Ulisse e la sua micia
Ambra, continuarono a sonnecchiare fusanti. La calda mano
della dolce signora carezzava il loro morbido pelo e le
loro fusa, compiaciute di tanto amore, riscaldavano l’aria
nel tiepido mattino della foresta dorata. Ambra giocava,
intrecciando le loro code, ma Ulisse pensando allo strano
sogno si chiedeva: “E se fosse stato vero?”
Wozz