Fu
in compagnia dei Vichinghi, a bordo dei loro potenti
drakar, che alcuni gatti norvegesi fecero vela verso
la Vinland (costa occidentale dell'America Settentrionale).
Poi arrivarono i Pilgrim Fathers (*), i quali sulla
celebre Mayflower avevano anch'essi dei gatti, che
vengono nominati nei loro diari di viaggio. Benché
lo spazio a bordo dei vascelli fosse ridotto, era
tradizione portarsi dietro uno o più gatti..
I topi che frequentavano le stive causavano, infatti,
danni considerevoli: contaminando le scorte alimentari
deperibili essi minacciavano l'equipaggio di carestia
e le popolazioni terrestri con la peste… I gatti erano
così incaricati di sterminare i roditori indesiderabili
e, non ultimo, di colmare la solitudine dei marinai
con la loro semplice presenza, rallegrandoli con le
loro capriole. Così, in cambio di "vitto e
alloggio", messer gatto rendeva servigi inestimabili
agli armatori, tanto che le compagnie di assicurazione
si rifiutavano di rimborsare i danni provocati dai
roditori ce non c'erano gatti a bordo… Sfortunatamente,
la caccia, attività di solito gratificante
per il piccolo felino, si risolveva in una lotta impari
in quanto i topi pullulavano…! Così il cacciatore
rinchiuso nella cambusa per compiere il suo dovere,
diveniva a volte preda dei topi che lo divoravano!
Come regola venerale, il gatto si accontentava di
uccidere quelli che Calmette (il medico e batteriologo
francese che, con Guérin, mise a punto il vaccino
contro la tubercolosi) soprannominò "i commessi
viaggiatori in germi di morte per l'umanità"
e di giocare con le loro spoglie, senza mangiarle;
i resti della cucina ed i supplementi (prelevati dai
pasti degli uomini dell'equipaggio o forniti dai pesci
volanti che ricadevano sul ponte della nave) bastavano,
infatti a saziare i micioni marinai!
Il talento di cacciatore, le stranezze, unite ad un'intelligenza
straordinaria, facevano del gatto un compagno fedele,
apprezzato da tutti, dal capitano al mozzo. Si dice
che un ufficiale che aveva un giorno liberato un gatto
da un amo infilzatosi tra le sue labbra si vide, da
quel momento in poi, regalare tutti i giorni le prede
che il micio riconoscente catturava.
Nulla era troppo bello per il gatto, che godeva di
ogni privilegio: esso aveva accesso a tutte le parti
del vascello, condivideva i pasti dei marinai e, giunta
la notte, la loro cuccetta, ricevendo complimenti
e carezze per le sue "abili catture".
Durante gli scali, il gatto si vedeva autorizzato
ad abbandonare il vascello per la terraferma, proprio
come i marinai. Ma poi non tornava mai sull'imbarcazione
iniziale: preferiva a volte cambiare di bordo per
una cucina più raffinata o, meglio ancora,
restare sul molo, da vecchio "lupo di mare" facendosi
così terreno.
Ne "I Gatti" Champfleury fa un ritratto commovente
di alcuni mici. compagni di sfortuna di un giovane
mozzo, Michel, dimenticato insieme ad essi dopo l'abbandono
del vascello in seguito di un affondamento. Grazie
ai piccoli felini che si fregavano contro di lui,
il giovane riprende coraggio e pompa fuori acqua,
dopo aver acceso le luci di soccorso. Egli scampa
così alla morte, poiché un brigantino
americano, visti i suoi segnali, lo prende a bordo
insieme ai suoi "amici di sfortuna": bene ha fatto
il giovane mozzo a condividere con i piccoli felini
i suoi magri pasti perché, in loro assenza,
si sarebbe lasciato andare alla disperazione senza
la minima possibilità di sopravvivere…
Un tempo, i marinai vedevano negli auspici del mare
e nel cattivo tempo delle manifestazioni di magia
nera. Sensibili alle variazioni atmosferiche, i gatti
divennero quindi fonte di superstizioni che lasciarono
tracce nel linguaggio della gente di mare.
In Francia, il temine chatte (gatta) designa
una piccola imbarcazione dal fondo piatto utilizzata
per il cabotaggio.
Anche il lessico marinaresco italiano registra i termini
"gatto" e "gatta", che però hanno un'etimologia
diversa rispetto al gatto inteso come felino, in quanto
derivano dal latino gabata (scodella). Anticamente
"gatta" indicava una nave coperta, mentre con il termine
"gatto" ci si riferiva ad una nave rostrata e anche
alla coffa. Lo stretto passaggio aperto nella piattaforma
della coffa veniva chiamato "buco del gatto".
I marinai inglesi hanno un vocabolario felino alquanto
ricco: la corsia della barca non è altro che
la "passeggiata del gatto" (cat's walk), una leggera
brezza diventa una "zampa di gatto" (cat's paw) e,
quando il vento sembra girare, si controllavano i
"salti del gatto".
I marinai disobbedienti subivano il supplizio del
"gatto a tre code", flagellazione con una frusta formata
da nove strisce di sinistra memoria… Si evitava di
navigare quando un gatto miagolava durante la recita
del rosario all'indirizzo di un marinaio, perché
era presagio di una traversata difficile, piena di
insidie. In base ad un'altra credenza, si incitava
l'equipaggio a procedere al rituale che consisteva
nel rinchiudere un gatto in una pentola di ferro per
far avanzare l'imbarcazione quando il vento si rifiutava
di soffiare…
Navigatori a quattro zampe, i nostri "Colombo" felini
hanno lasciato la loro impronta nella storia della
marina.
(*)
I Pilgrim Fathers: Puritani separatisti della
Chiesa ufficiale d'Inghilterra ed esposti a persecuzioni
religiose, i "Padri Pellegrini" presero il mare a
bordo della Mayflower il 6 settembre 1620.
Dopo due mesi e mezzo di traversata, essi approdarono
sulle coste americane, fondarono il Mayflower Compact,
la prima costituzione americana. Essi furono quindi
i fondatori di quelli che sarebbero diventati gli
Stati Uniti d'America.