Fin
dal primo dopoguera il gatto-attore colpisce il pubblico
o interpretando il ruolo che gli è proprio,
o posando il suo sguardo felino sull'universo degli
uomini.
Il
primo gatto che ha raggiunto una celebrità
da vera star nel mondo del fumetto prima, e
del cinema poi, è senza dubbio Felix
the Cat
(
Mio Mao in italiano). Felix nasce nel 1917 dalla
penna del disegnatore australiano Pat Sullivan
e nel 1923 le sue avventure in forma di strisce
a fumetti compaiono su quotidiani e riviste
in tutto il mondo. Felix è un gatto bianco
e nero, dalla sagoma stilizzatissima e semplice,
con lo sguardo tenero, l'animo quasi umano.
Dotato di un grande senso dell'umorismo, è
un vero filosofo, sempre di buon umore e con
un'inesauribile fantasia. Non ha molto del gatto
e, come dice lo scrittore Marcel Brion, Felix
non rientra in nessuna categoria del mondo animale.
E' amato per il suo costante buonumore, per
la capacità di gioire delle cose semplici
e per la fiducia che ha in se stesso…
La sua popolarità convince il cinema
americano a farne il protagonista, nel 1930,
del primo cartone animato sonoro.
Da
Felix in poi, molti altri gatti "animati" sono
entrati nel cinema.
Da Gambadilegno, uscito nel 1928 dal magico
regno di Walt Disney, mai protagonista ma sempre
presente nelle avventure di Topolino, suo acerrimo
nemico, a Gatto Silvestro, un povero micio di
casa perseguitato dal petulante canarino Titti.
Ma
i cartoni animati con i loro personaggi "animali"
sono ben lontani dall'essere destinati ad un
pubblico solo infantile: i loro contenuti spesso
conquistano anche i "grandi", che oltretutto
sono in grado di apprezzarne la bellezza e la
perfezione grafica. Basti pensare a Tom e Jerry,
creati nel 1939 da Hanna & Barbera, che
con le loro peripezie, contrassegnate da uno
stesso vincente filo conduttore (Jerry è
un topolino molto furbo, Tom invece è
spesso ingenuo e maldestro ma determinato e
aggressivo nella sua caccia, nonostante tutto
Tom riscuote molta simpatia proprio perchè
risulta essere sempre sconfitto da Jerry, cacciandosi
sempre in un mare di guai) ottengono addirittura
sette Oscar.
Ma
il cartone animato più complesso nella
sua realizzazione è quello prodotto nel
1970 da una grande ed affermata casa cinematografica,
la Walt Disney. "Gli Aristogatti", commovente storia
di un'intera famiglia di gatti, forse troppo
umanizzati, ma amatissimi dal pubblico di grandi
e piccini, rivela dietro le sue immagini un
immane lavoro: più di 50 chilometri di
pellicola, oltre 35 disegnatori impegnati nella
realizzazione di ben 325.000 disegni sono stati
impiegati per commuovere gli spettatori con
le vicende di Duchessa, la dolce gatta bianca,
madre dei deliziosi Bizet, Matisse e Minou,
di cui si innamora un povero e semplice gattone
di strada di nome Thomas O'Molley (Romeo nella
versione italiana). Ingredienti tradizionali:
l'amore tra i due gatti contrastato per il divario
esistente tra i due, lei nobile e dai modi educati,
lui povero e rozzo.
Altro
film a cartoni animati di Walt Disney, sempre
con un gatto protagonista, è "Oliver
& Company" (1989), le avventure a
lieto fine del coraggioso gattino Oliver per
le strade di New York, una banda di simpaticissimi
e "intraprendenti" cani randagi,
un amico da aiutare, una bimba da salvare,
un losco gangster da sistemare.
"La
Gabbianella e il Gatto": la storia
racconta di come Kengah, una gabbiana avvelenata
da una macchia di petrolio, riesca ad affidare
in punto di morte il proprio uovo al gatto Zorba,
strappandogli ben tre promesse: quella di non
mangiare l’uovo, di averne cura finché non si
schiuderà e di insegnare a volare al nascituro.
La gabbianella orfana viene battezzata Fortunata
dall’intera comunità dei gatti, che è stata
coinvolta da Zorba nel compito di allevare questa
insolita “figlia”. La piccola Fortunata dovrà
imparare a conoscersi e capire di non essere
un gatto, prima di poter imparare a volare.
Nel frattempo deve anche combattere al fianco
dei suoi amici felini, per osteggiare l’avvento
del Grande Topo che, insieme ad un’orda di ratti,
attende l’occasione di prendere il potere uscendo
dalle fogne.
Il film è stato tratto dall’ottimo racconto
di Luis Sepùlveda: "Storia di una gabbianella
e del gatto che le insegnò a volare",
favolapoetica ed ecologista intessuta da una
grande poesia ed ispirazione, tradotta in ben
dodici lingue e che ha venduto circa un milione
di copie in tutto il mondo. La trasposizione
cinematografica è stata fatta con coscienza
da due ottimi autori italiani: Enzo D’Alò e
Umberto Marino, già autori de La Freccia Azzurra
(bellissimo lungometraggio ricavato da un testo
di Gianni Rodari). Pur non riuscendo a mantenere
l’intensità poetica che permea tutto il libro
di Sepùlveda, questo capolavoro dell’animazione
made in Italy conserva tutto il calore ed i
valori fondamentali su cui la storia originale
è basata e cioè: amore e rispetto per la natura,
il senso della solidarietà e la generosità disinteressata.
Intatta è anche la visione che l’autore (che
per altro ha collaborato attivamente alla produzione
del lungometraggio, anche in vesti di doppiatore:
interpreta sé stesso, ovvero un poeta) ha dell’uomo:
un essere in grado di distruggere e di devastare
un mondo del quale è solo ospite (in moltissimi
casi indesiderato), ma anche l’unico in grado
di risanare i danni causati. La metafora di
questo concetto risiede nel personaggio di Nina,
figlia di un poeta sempre in caccia di ispirazione;
affinché la gabbianella riesca a volare è necessario
il suo aiuto, sia materiale che morale.
Lontanissimo
dai commoventi personaggi degli altri cartoni
animati è Fritz, il gatto di Ralph Bakshi,
destinato ad un pubblico adulto (il film tratto
dalle sue strisce è infatti vietato ai
minori), un pubblico ribelle, che ama la trasgressione
poiché Fritz impersona il lassismo.
Il
gatto non è solo interprete di rilievo
nel cinema del disegno animato, ma compare
in molte altre produzioni cinematografiche.
Compagno di vita dell'uomo, ormai collaudato,
diventa addirittura erede, alla morte del
padrone, di un ingente patrimonio. E' la vicenda
raccontata da Arthur Lubin nel 1951 ne "Il
Gatto Milionario", dove l'abile gattone
riesce ad evitare ogni insidia architettata
dalla figlia del padrone che, privata dell'eredità,
tenta con ogni mezzo di liberarsi dello scaltro
animale.
Nel
1963 Walt Disney ci regala un incantevole film:
"L'Incredibile Avventura", storia di
un gatto Siamese che in compagnia di due cani,
un Labrador ed un Bull Terrier, fanno un viaggio
di quasi 400 chilometri attraverso il Canada
per raggiungere i loro padroni dai quali sono
stati crudelmente separati.
Un
altro gatto Siamese, nel ruolo di un poliziotto
all'inseguimento di una banda di rapinatori
che tengono in ostaggio la cassiera di una
banca, sarà protagonista di un film
di Robert Stevenson, "F.B.I. Operazione
Gatto", una produzione Walt Disney del
1965.
Sempre
alla produzione Disney appartiene un altro film
che vede il piccolo felino come protagonista:
"Il Gatto venuto dallo spazio", (1977),
diretto dal regista Norman Tokar.
Una navicella extraterrestre
è costretta, a causa di un'avaria, ad atterrare
nelle vicinanze di una base NASA. A bordo c'è
Zunar 5J/90 Doric 47, un simpatico gatto spaziale
che si diverte ad osservare le reazioni degli
scienziati terrestri impegnati a studiare la
sua misteriosa piccola astronave. Lo svagato
ma geniale dottor Frank Wilson, vittima abituale
dei sorrisetti ironici dei suoi colleghi, attira
le simpatie del gatto che lo sceglie come amico
per poter tramite lui riparare la nave spaziale
e riprendere la via delle stelle. Ma quando
a casa di Wilson giunge la dottoressa Liz Bartlett
con la sua gattina Lucy Bell, tra i due felini
scatta il classico colpo di fulmine. Zunar 5J/90
Doric 47 riesce a far riparare la navicella
ma la rispedisce nello spazio telecomandandola.
Il gatto ha infatti deciso di restare sulla
Terra accanto a Lucy Bell e, in un momento solenne
e ironico al tempo stesso, accetta perfino di
acquistare la cittadinanza americana.
Ma
anche nei film dove ha una parte di scarso
rilievo o è una presenza solo simbolica,
il gatto non si dimentica. La lista è
lunga e possiamo solo citarne alcuni dei più
famosi.
Cominciamo con un classico degli anni Trenta,
"Il Segno della Croce", (1932), dove
un gattino, chiaro simbolo erotico, lecca
il latte della vasca da bagno della bella
Claudette Colbert che interpreta il ruolo
di Poppea.
Nel film "I Tre Moschettieri" (1948)
il gatto compare immancabilmente al fianco
di Vincent Price che interpreta il ruolo di
Richelieu (illuminato gattofilo, al quale
si devono le prime norme protezionistiche
a favore del gatto).
Presenza
inquietante, allusivo simbolo dei poteri stregoneschi
della sua padrona (Kim Novak) è il gatto
Cagliostro di "Una Strega in Paradiso"
(1958) mentre in "Colazione da Tiffany"
(1961) il gatto Gatto (questo era il nome del
felino) si associa indissolubilmente all'eterea
figura di Audrey Hepburn.
Simbolo
delle malvagie pulsioni dell'uomo è
il gatto (un meraviglioso Persiano bianco)
che in tutta la serie di James Bond (Sean
Connery) viene immancabilmente accarezzato
dall'inafferrabile capo (Ernst Stavro Blofeld)
dell'organizzazione criminale contro la quale
si batte Bond, così come il gatto che
compare ne "Il Padrino" (1972) di F.
F. Coppola con Marlon Brando.
Protagonista di scene esilaranti è
invece il gatto che affianca Elliot Gould
ne "Il Lungo Addio" (1978). Infine,
la proverbiale capacità di sopravvivenza
del gatto è ribadita in "Alien"
(1978), dove il felino è l'unico a
sopravvivere, insieme alla protagonista, ad
una drammatica missione spaziale annientata
da un orribile essere alieno.
Ma le molteplici sfaccettature della complessa
personalità del gatto hanno ispirato
molte altre trame, interessando i registi più
diversi. Anche il padre del film giallo d'autore,
Alfred Hitchcock, sceglie un gatto, stranamente
somigliante al personaggio che accompagna, per
affiancare la poco rassicurante Mrs. Denver,
governante nella casa in cui si svolge la vicenda
del film "Rebecca, la Prima Moglie", del
1940.
L'infinita
versatilità del gatto non si esaurisce
con i ruoli di cui è stato investito
tradizionalmente: originalissima ma verosimile
è la situazione in cui si trova nel
film "Le Chat, l'implacabile uomo di Saint-Germain",
tratto dal romanzo di G. Simenon e diretto
da Pierre Granier-Deferre nel 1971.
In questa circostanza lui, il gatto, è
addirittura l'oggetto di odio è di
gelosia nell'astiosa vita di coppia dei due
anziani protagonisti, interpretati da Simone
Signoret e Jean Gabin, che vivono in un quartiere
di Saint-Germain. Un tempo si erano molto
amati, oggi si detestano e non si parlano
mai. Lui raccoglie un gatto abbandonato, lei
lo elimina. Ma le loro due vite sono indissolubilmente
unite. In un faccia a faccia patetico ad armi
uguali, Jean Gabin e Simone Signoret danno
il meglio di se stessi. E un film da vedere:
una riflessione sul mondo di Georges Simenon
e sul realismo poetico degli anni '30.
Compagno
di solitudine ma anche di un picaresco viaggio
del suo anziano padrone attraverso l'America
è il gatto Tonto del film di Paul Mazursky
"Harry e Tonto" (1974), delicata e in
fondo ottimistica commedia sulla possibilità
di godere la vita anche in età avanzata:
sloggiato dal suo appartamento di Manhattan,
un insegnante settantenne si mette in viaggio
prima per Chicago, poi verso la California in
compagnia del suo gatto rosso Tonto.
Il cinema ci propone dunque il nostro amico
gatto in tutta la sua complessità, che
diviene personaggio ora tenero e accattivante,
ora spia, ora inquietante e malvagia presenza,
perfino simbolo erotico o emblema di lussuria,
ma sempre presente e determinante.
Questa
pagina è stata liberamente tratta da "Grande
Enciclopedia del Gatto" - De Agostini - volume 4°
con aggiunta di notizie e trame prese dalla rete. Anche
le foto sono state reperite in rete.
E' il bellissimo siamese che interpreta l'importante ruolo di
Cagliostro nel film "Una strega in paradiso", del 1958, accanto
a Kim Novak e James Stewart. Per questo film nel 1959 ha vinto
un Patsy Award.
Orangey
Nel film "Colazione da Tiffany" del 1961 accanto a Audrey Hepburn
e George Peppard compare un altro personaggio fondamentale:
è Gatto, uno splendido micione rosso tabby che la protagonista
definisce "povera creatura senza nome". Nel film Gatto salta
sulle spalle del protagonista, sveglia la padrona mentre dorme,
appare patetico sotto la pioggia, abbandonato in strada dalla
sua umana, per poi trionfare tra i due innamorati nella iper-romantica
scena finale. Ma nella realtà Gatto non era affatto senza nome,
né tantomeno una povera creatura. Si trattava infatti di Orangey,
la più famosa star felina del cinema e della tv americana. Orangey
esordisce subito da protagonista nel 1951 con il film "Rhubarb",
in cui è un gatto che eredita una fortuna colossale e acquista
una squadra di baseball. Per quell'interpretazione Orangey fu
il primo gatto vincitore del Patsy Award, l'Oscar destinato
agli attori animali, che ottenne un'altra volta nella sua più
che decennale carriera. Nonostante il musetto sparuto e lo sguardo
languido Orangey rimane famoso tra gli addetti ai lavori per
il suo pessimo carattere: appena poteva malmenava tutto e tutti,
perfino Frank Inn, il suo addestratore. Ma una volta dato il
ciak si trasformava in un grande attore. Al punto, sostengono
i critici, da mettere in secondo piano i colleghi umani che
lo affiancavano.
Il gatto
Jones con Sigourney Weaver nel film Alien.
Elvis
Micio
trovatello in un gattile, diventa una star nel remake del film
Disney "F.B.I. Operazione Gatto" al fianco di Christina Ricci.
IL PREMIO OSCAR DEGLI ANIMALI
Si chiamava “PATSY Award”
(cioè “Picture Animal Top Star of the Year”), il premio che ha
avuto luogo tutti gli anni ad Hollywood, tra il 1951 e il 1986,
e che veniva assegnato all’animale protagonista di un film che
meglio aveva interpretato la sua parte. Un premio importante,
seguito anche dalla critica, ma che ora non esiste più. Era composto
da quattro categorie: cani, cavalli, animali selvatici e un gruppo
che comprendeva uccelli, capre e gatti domestici.
Il primo a vincere il Patsy Award fu il mulo Francis, indimenticabile
interprete del film “Francis il mulo parlante” di Arthur Lubin,
il primo di una serie di sette film tutti sul personaggio del
mulo, in forza all’esercito americano, dotato della capacità di
parlare.
Ma molti vincitori del prestigioso riconoscimento sono stati gatti.
Il mondo del cinema ha infatti fatto largo uso dei mici, sfruttando
la loro intelligenza, la curiosità e la grande facilità con cui
imparano a muoversi sul set a comando. Sono stati interpreti di
ogni tipo di film, dalle commedie divertenti, alle pellicole di
fantascienza, a quelle dell’orrore.
Il primo gatto attore appartiene addirittura al cinema muto. Si
tratta di Pepper, interprete di “Down on the farm” di Erle Kenton,
del 1920. Pare che Pepper abbia lavorato anche con il grande Charlie
Chaplin e che abbia fatto parte di quasi tutti i film del produttore
Mack Sennett, esperto di commedie con gli animali. Si dice che
Pepper si fosse affezionato moltissimo ad un alano di nome Teddy,
anche lui attore nei film di Sennett. Teddy però era già vecchio
e quando morì, il gatto non volle più saperne di recitare. Smise
completamente di obbedire ai comandi dell’addestratore e dovettero
ricorrere ad un altro micio.
Uno dei più famosi gatti del cinema è stato senza dubbio Orangey
che ha vinto due volte il Patsy Award, nel 1952 e nel 1962. Era
un gattone dal pelo rossiccio e recitò accanto a Audrey Hepburn
e George Peppard nel celebre “Colazione da Tiffany” di Blake Edwards.
Si dice che fosse pestifero, scontroso e intrattabile e che, se
ne aveva la possibilità, tentasse sempre di scappare dal set.
Ma aveva anche uno straordinario talento e ancora oggi viene considerato
uno dei migliori animali attori della storia. Per la produzione
era così prezioso che, si racconta, vennero messi due cani da
guardia davanti al suo camerino perché non fuggisse.
Altrettanto famosi sono stati Pyewacket, un siamese che nel 1959
vinse il premio Patsy per avere recitato accanto a James Stewart
e Kim Novak in “Una strega in paradiso” e Syn Cat, anche lui di
razza siamese, che vinse il premio nel 1966 per il film della
Disney “FBI operazione gatto” e che ricevette anche una critica
entusiastica persino dal “New York Times”.
Vanno ricordati inoltre l’abissino Amber, interprete di “Il gatto
venuto dallo spazio” del 1978, il persiano Salomon che si faceva
accarezzare dal perfido Blofeld (Telly Savalas) in “James Bond
al servizio segreto di sua maestà”, Tao che recitò in “L’incredibile
avventura” al fianco di un Golden retrevier e un Bull terrier,
e Tonto. Quest’ultimo recitò nello struggente film del 1974 “Harry
e Tonto” al fianco di Art Carney. Il film racconta la storia di
un vecchio insegnante in pensione che vive col suo gatto. I due,
dopo essere stati sfrattati, vagano alla ricerca di una casa.
La pellicola portò fortuna a tutti e due gli attori, umano e felino,
Art Carney ricevette l’Oscar come migliore attore protagonista
e nello stesso anno il micio Tonto venne premiato proprio con
il Patsy Award.