La
gattomania colpisce anche il mondo musicale, con temi,
come di consueto, vari e coloriti. Quatto quatto il
gatto si presta ad ogni tipo di immagine ed associazione.
"C'era una volta una gatta…" è l'attacco di
una delle canzoni più famose degli anni Sessanta.
Grandi e piccini l'hanno intonata chissà quante
volte. Scritto e composto da Gino Paoli, questo motivo
racconta con dovizia di particolari la storia della
gioventù dell'autore, di come questa sia trascorsa
in compagnia di una gatta, "che aveva una macchia
nera sul muso". Il canto è un dolce ricordo
tra i ricordi che scorrono ritmati tra strofe e ritornelli,
in cui la presenza della gatta è costante:
la gatta è discreta ma attenta spettatrice
ed arricchisce il quadro dei ricordi di un calore
e di un'intimità di cui soltanto un gatto può
essere capace. In una "soffitta con una finestra a
un passo dal cielo blu" la compagna dell'età
trascorsa, e che non tornerà, si confonde e
sfuma tra l'elenco dei rimpianti, appartiene al passato
e nel presente accompagna il riflusso della memoria.
Per tutta la canzone è sempre la gatta lo stacco
tra passato e presente e ad ogni strofa è lei
che introduce con rammarico i ricordi.
Gino Paoli insiste (con il gatto s'intende) dedicandogli
persino il titolo di un intero album, "Matto come
un Gatto", quasi a voler costituire un ulteriore
legame tra ieri ed oggi. E quel "matto" è da
intendersi come fuori del comune, sempre diverso ma
comunque gatto. E non è tutto: in copertina
appare un gatto in una delle sue performance preferite,
l'atteggiamento scaltro di chi, fino all'ultimo, non
fa capire se si difenda o minacci.
Il nostro amico è in prima linea e a vari livelli,
nei titoli , nei testi, sulle copertine.
Dalla roca voce di Francesco Guccini il gatto viene
cantato come unica compagnia di un pensionato che
nella sua solitudine, attraverso la "rete dei giardini",
racconta al vicino di casa "di una sua gatta morta",
che ha lasciato un grande vuoto nella sua vita.
Il tema della solitudine degli anziani e di come spesso
gli animali, in particolare i gatti, possano per queste
persone essere pressoché gli unici affetti
viene trattato anche dal cantautore Claudio Baglioni
nella canzone dal titolo "I Vecchi":… I vecchi
che portano il mangiare per i gatti e come i gatti
frugano tra i rifiuti", sussurra quasi con vergogna
l'autore ed interprete del brano, affrontando lo scottante
tema. Ecco perché i poveri gatti randagi così
numerosi nelle città non sono solo "decorativi
e simpatici" ma addirittura utili. Molte persone anziane,
occupandosi di questi gatti, si sentono meno emarginate
ritrovando così uno scopo alla loro esistenza.
Il tema del legame tra i gatti e la tristezza provata
dalle persone anziane per il tempo che trascorre,
e che proprio il ricordo di "un piccolo gatto che
è morto" è in grado di fermare, è
affrontato anche dal francese Jacques Brel nella canzone
"Les Vieux" (I Vecchi).
Dall'ormai consueta associazione donna-gatto nasce
lo scherzo cantato da Fabio Concato nel brano "Roba
da Gatti", in cui l'autore fino all'ultima strofa
lascia intendere che l'oggetto del suo desiderio sia
una donna per farci scoprire invece che si tratta
di una gatta. Con parole tipo: "Come sei carina, rimango
qui a guardarti , io suono per te, ma tu sbadigli;
sei curiosa come tutte, di me ti puoi fidare; come
ti chiami? Fai finta di dormire", ci trascina in questa
melodica conquista "al femminile" fino a quando esplicitamente
si tradisce dicendo: "Proverò ad avvicinarmi
per accarezzarti il pelo", ribadendo quanto sia facile
trovare tratti comuni all'universo donna nella felinità.
Battisti ha intitolato un suo famoso brano "Maledetto
di un Gatto", tratto dall'album "Una Donna
per Amico". Tutto il brano è improntato
sulla divertente ed ironica sensazzione di gelosia
che si può provare nei confronti di un gatto
tanto amato dalla propria fidanzata, come quello della
canzone, fino al punto che dubbia è la sua
identità. "Tu disturbi, vuoi scherzare, è
un grandissimo piacere, puoi unirti a noi a mangiare,
un intruso, ma chi l'ha mai detto… maledetto di un
gatto!" Seguono una serie di appellativi poco edificanti
come per esempio, "misterioso, subdolo, matto" (sempre
riferiti al gatto ) intercalati da altri, come "dolce,
caro, sempre amico", pronunciati però a denti
stretti.
Il gatto viene dunque usato per rappresentare tipi
umani e, proprio perché dotato di una personalità
versatile e dalle molteplici sfaccettature, può
interpretare una vasta gamma di personaggi: può
diventare così un losco individuo, un impresario
sfrutatore che, insieme ad un degno compare (la volpe)
truffa l'artista ingenuo con tanta voglia di sfondare.
E' il tema della parodia "Il Gatto e la Volpe"
del partenopeo Edoardo Bennato.
Basata
sulla celebre raccolta di poesie "Old Possum's
Book of practical Cats" (traduzione italiana:
Il libro dei Gatti Tuttofare) scritta nel 1939
da T. S. Eliot, deliziosi studi di carattere di gatti
famosi delineati con forte personalità, è
la rivista inglese intitolata appunto "Cats",
messa in scena per la prima volta a Londra nel 1981.
Lo spettacolo musicale ha avuto un grande successo
in tutto il mondo: ogni attore deve esprimere la personalità
dei gatti ed il mondo è stato ricreato come
viene visto dalla parte del gatto.
Anche
nelle canzoni per bambini troviamo spesso il gatto
protagonista, quando non è addirittura il cantante,
come nel film "Gli Aristogatti", in cui vediamo
un intero complesso di gatti jazzisti scatenati: gli
"Scat Cats".
Allo "Zecchino d'Oro" i piccoli cantanti hanno presentato
nel 1968 la leggendaria "Quarantaquattro gatti"
…in fila per sei col resto di due, allegra canzonetta
dal ritornello che insegna le tabelline. L'equivoco
di "Volevo un Gatto Nero", in cui un gatto
di un colore diverso da quello richiesto finisce per
minacciare una consolidata amicizia, è il divertente
pretesto di un'altra canzonetta per bambini.
Al festival canoro dei bambini milanesi, "L'Ambrogino
d'Oro", è stata proposta nel 1972 "La
Gatta ladra", in cui si racconta la storia di
una povera gatta che viene incolpata per i furtarelli
"culinari" messi a punto da due marmocchi fino a quando
il gioco viene scoperto a causa di un'indigestione
di fragole, tradita da una terribile orticaria comparsa
sulla faccia del furfantello. "La gatta ladra mangia
il pesciolino, la carne, il lardo anche lo stracchino,
però le fragole, quelle no", dice il ritornello.
E per finire "Maramao perché sei morto, pane
e vin non ti mancava…" come se ad un gatto importasse
veramente del pane e del vino…
Anche nei testi delle canzoni assistiamo quindi ai
tentativi di umanizzazione del nostro ormai fidato
compagno di vita gatto.