COME
TI RIDUCO LISTRUZIONE TECNICA
di Pino Patroncini
www.cgilscuola.it
A lungo nel passato vi è stato chi si è lamentato
che nel liceo scientifico italiano si studiassero più le
lettere che la matematica. Costui oggi può tranquillamente
convincersi di averlo fatto anche inutilmente. La pubblicazione
da parte del Miur del documento sui licei ormai non lascia dubbi
. Il modello liceale che si propone è rigidamente e esplicitamente
costruito sul liceo classico. Anzi a voler essere polemici si potrebbe
dire che, per lessico e prosopopea, lo stesso liceo classico viene
ridotto alla filosofia e questultima allidealismo.
Ma
se per classico e scientifico non si va lontani dallesistente,
per i nuovi licei tecnologico ed economico la situazione
potrebbe rivelarsi drammatica. Il ragazzo che alla classica domanda
che cosa vuoi fare da grande? dovesse rispondere il
ragioniere, limpiegato, il tecnico o il geometra potrebbe
trovarsi di fronte alla scelta di intraprendere un viaggio in un
settore professionale, ormai non più competenza del Ministero,
in cui gli si aprirebbero una selva di corsi di tipo diverso, di
cui dovrebbe capire le prospettive più o meno elevate,
stando ben attento a non confondersi con qualche corso breve e a
infilarsi invece in una prima tappa triennale, da operaio qualificato,
a cui seguirebbe una seconda tappa annuale. Questa difficilmente
comporterebbe il titolo ambìto, dal momento che in quattro
anni non siamo ancora al livello di una maturità attuale.
Quindi se vuole procedere dovrà decidere tra qualche corso
di formazione superiore, in un settore ancora agli inizi e scarsamente
definito, o una laurea breve. Per questa seconda scelta prima occorrerà
aver fatto lanno integrativo che consente di accedere allesame
di stato per passare alluniversità. Con questo anno
integrativo potrebbe ritrovarsi alla pari dei suoi colleghi che
hanno fatto il liceo economico o quello tecnologico, i quali, probabilmente
con molte meno incertezze, arrivano nel medesimo punto.
A quel
punto uno si chiederà: perché non fare direttamente
quel percorso? E semplice: perché quel percorso più
chiaro e diretto non insegnerà a questo ragazzo ciò
che a lui serve per fare il ragioniere, limpiegato, il tecnico
e il geometra, ma ciò che gli serve per fare leconomista
o lingegnere. O meglio gli elementi propedeutici, da cavallo
dei quali, se vorrà accontentarsi di professioni meno ambiziose,
dovrà smontare per rimboccarsi le maniche. Non
praticherà, forse nemmeno per prova, le tecnologie che impara,
ma ne acquisirà lidea. Non gestirà libri contabili,
ma si misurerà con la storia economica e leconomia
politica.
Quale
strada prenderanno i nostri ragazzi? Saranno sedotti dal bricolage
del percorso a tappe o piuttosto da un percorso più ambizioso,
più chiaro, ma più astratto e perciò più
difficile.? Finora tutte le probabilità sembrano far propendere
per la seconda ipotesi. Della prima ipotesi infatti si sottolineano
soprattutto gli elementi di praticità (nel senso
di manualità) e di recupero. Una condizione da
seconda scelta, che in sé non contribuisce certo alla fama
del settore e che potrebbe anzi risultare accentuata dallastrattezza
e dalla difficoltà del canale liceale. Una condizione di
inferiorità per di più enfatizzata dalla destinazione
regionale ed extraministeriale dello stesso.
E non
siamo più i soli a dirlo. Se persino Confindustria oggi,
paventa lesodo verso studi poco professionalizzanti e la perdita
dellargenteria di famiglia, vale a dire di quegli insegnamenti
tecnici e delle relative competenze che tanto hanno contribuito
alla preparazione del tessuto produttivo italiano, che cosa dovremmo
dire noi che sappiamo che dietro questa dislocazione dellutenza
si cela anche quella delle risorse umane che servono a questo scopo?
Uno spostamento eccessivo su un liceo che, ancorché tecnologico
o economico, potrebbe vedere solo una piccola quota di discipline
specifiche (come accade in Francia dove negli ultimi tre anni del
liceo tecnologico le discipline specifiche coprono a malapena il
25 %) porrebbe il problema di circa 120.000 docenti di materie tecniche
sia teoriche che pratiche, pari al 50% di tutto il personale della
scuola secondaria superiore. E lo porrebbe non solo nei termini
del passaggio ad altri enti, ma per molti persino di conservazione
del posto. A sua volta poi la riduzione di un anno del percorso
professionale accentuerebbe questa situazione per i docenti di tutte
le discipline.
Potenza
delleccessiva separazione tra una preparazione teorica, astratta
e frontale e una formazione tecnica, pratica e professionale! Tutto
frutto di un colossale equivoco sul termine integrazione? Scelgano
i nostri governanti se preferiscono correggere il tiro e passare
solo per incompetenti oppure passare alla storia come i restauratori
di una scuola classista e segregazionista.
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