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I professori non hanno l’età
Antonio Galdo

Sullo sfondo della riforma della scuola appena approvata in Parlamento c’è una bomba a orologeria: il rinnovo del contratto degli insegnanti, scaduto da due anni.
A parte il delicato problema degli aumenti, sui quali i giochi del negoziato (comprese le perplessità del ministero dell’Economia) sono tutti aperti, la vera scommessa riguarda gli organici.
I numeri che contano sono tre: innanzitutto i 340 mila professori previsti in uscita nei prossimi dieci anni per effetto dei pensionamenti.
Il secondo numero si riferisce al meccanismo perverso e corporativo, in base al quale in Italia un insegnante, tra precariato e supplenze, non diventa di ruolo prima dei 40 anni. Non consideriamolo vecchio, ma certo non è giovane.
Terzo numero, collegato al precedente: i professori trentenni rappresentano appena lo 0,1 per cento del corpo docente nella scuola media e superiore.
Nei paesi dell'Unione Europea, per fare un confronto, i professori under 30 sono il 10 per cento del totale.
Sommando i tre numeri, la conclusione è a prova di smentita: la riforma e il contratto possono dare una svolta a un sistema dell’istruzione obsoleto.
Nella qualità dell’insegnamento e nell’età dei docenti.