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Insegnare, cosa? La realtà

Perché un’ipotesi culturale diventi concreta e appassionante occorre che sia vissuta
in modo personale dall’insegnante. Non è la scuola in astratto a educare, ma una presenza umana che renda evidente il fascino di una apertura alla realtà

Non capita tutti i giorni di vedere 1.200 insegnanti riuniti a convegno per discutere dei criteri e dei contenuti del loro lavoro. Quest’anno è successo tre volte, in occasione dei tre sabati per l’aggiornamento promossi dal Coordinamento culturale scuole libere. Iniziato una quindicina d’anni fa intorno a un tavolo, quasi una scommessa sulla possibilità di un reale lavoro educativo, il lavoro del Coordinamento è cresciuto nel tempo fino a coinvolgere centinaia di scuole in tutta Italia. Negli ultimi anni le riflessioni proposte hanno accompagnato in modo costante le contorte vicende della scuola italiana, con contributi critici ma insieme sempre propositivi, come può constatare chiunque consulti il catalogo delle sue pubblicazioni.
Abbiamo chiesto al prof. Grassi, uno dei consulenti scientifici del Coordinamento, di sintetizzare le linee guida del lavoro e le preoccupazioni in merito alla riforma in corso.
Professor Grassi, come giudica la riforma del sistema scolastico recentemente approvata dal Parlamento?
La prima osservazione da fare è che ci troviamo di fronte a una riforma di sistema, vale a dire una ridefinizione di tutto l’impianto dell’istituzione scolastica in funzione di una determinata idea di educazione. Il disegno di Berlinguer muoveva dall’idea di una scuola della competenza: lo studente deve acquisire abilità per potere essere un buon cittadino. La riforma Moratti mi sembra abbia l’ambizione di dar vita a una scuola della conoscenza. Mette cioè al centro l’acquisizione di conoscenze che favoriscano la crescita della persona: la sua capacità di introdursi in modo sempre più personale nella realtà. Il Ministro ha sottolineato spesso nei suoi interventi pubblici l’aspetto della centralità della persona.
Molti hanno però osservato che per ora ci troviamo di fronte a una cornice, mentre il quadro è tutto da tracciare…
Perché questa intenzione si realizzi molto dipende evidentemente dai decreti attuativi. Il pericolo in agguato è l’equivoco che contrappone abilità e conoscenza. È una falsa contrapposizione, che nasce dalla confusione fra conoscenze e nozioni. La scuola della conoscenza è lontanissima dal nozionismo. La conoscenza non è trasmissione di nozioni, ma rapporto con la realtà favorito dall’insegnamento delle discipline: complessi tematici in cui nuclei rigorosi di contenuti e logiche che li connettono e li rendono significativi sono assolutamente inseparabili. È questo che rende possibile la crescita della persona.
Lei ha usato il termine “significativo”: quel che la stragrande maggioranza degli studenti lamenta è che non capisce appunto il significato di ciò che studia…
Perché la conoscenza vera è capacità di mettere ogni particolare in relazione con la totalità dell’esperienza. Quindi non c’è conoscenza reale senza un’ipotesi globale di significato della realtà. L’assenza di significato che gli studenti lamentano è la conseguenza dell’impossibile neutralismo che da decenni la scuola di Stato persegue, distruggendo ogni possibilità di cultura vera. Invece il sistema scolastico deve permettere che i ragazzi si paragonino con una chiara ipotesi esplicativa della realtà. E questo può avvenire sia favorendo la scelta di scuole libere con una precisa impostazione culturale, sia consentendo la possibilità di scegliere fra diverse opzioni nella scuola statale.
Una specie di rivoluzione copernicana…
Una rivoluzione copernicana che valorizza la funzione dell’insegnante. Perché un’ipotesi culturale diventi concreta e appassionante occorre che sia vissuta in modo personale dall’insegnante. Non è la scuola in astratto a educare, ma una presenza umana che, attraverso contenuti e programmi, renda evidente il fascino di una apertura alla realtà. Un lavoro come quello che si compie con il Coordinamento culturale, ad esempio, mira a formare gli insegnanti con questa ampiezza di orizzonte culturale e umano.
Ci dica qualcosa di questo lavoro…
Al cuore della nostra elaborazione culturale sta la riflessione su esperienze concrete scolastiche fatta da docenti e ricercatori universitari insieme a insegnanti di ogni livello di scuola, dalle materne ai licei. Da una parte si chiariscono e approfondiscono, nel confronto concreto con l’esperienza, i princìpi e i criteri dell’educazione, vale a dire del “rischio educativo” in atto; dall’altra si cerca di costruire, attraverso successive approssimazioni, una realtà scolastica che sia innovativa dal punto di vista degli ordinamenti, dei contenuti e dei programmi, e anche degli strumenti didattici e comunicativi. Lavorare in questo modo con quasi duecento scuole e più di un migliaio di insegnanti è entusiasmante; sembra di essere in una sorta di “laboratorio dal vero” dove le idee prendono poco alla volta forma e i progetti si realizzano senza trascurare i particolari e accogliendo i suggerimenti di tutti. Per come di solito è vissuta la scuola, si tratta, credo, di una novità di non poco conto. E che può anche dare qualche indicazione importante per la Riforma della scuola e per la sua attuazione.


di Persico Roberto