Formare insegnanti di qualità
Una
scuola che formi giovani intelligenze critiche motivate e attrezzate
al sapere e al saper fare, alla comprensione e alla trasformazione
della realtà e non alla supina ripetizione delle sue regole
e alladattamento passivo al sistema, una scuola di qualità,
insomma, ha bisogno innanzitutto di formatori di qualità,
di personale docente professionalizzato, preparato alla delicata
professione che implica una responsabilità grave, sulla quale
in Italia troppo poco si parla per tenere relegata ai margini sociali
e retributivi una figura che svolge lavoro intellettuale. Non bastano
la buona volontà e lo spirito missionario, ma necessita il
possesso pieno, teorizzato e riconosciuto degli strumenti della
professione. Strumenti che, in una scuola di forte transizione come
la nostra, in una società caratterizzata da un forte e rapido
mutamento come la nostra, in un mondo senza più barriere
geografiche e culturali come il nostro nellattuale fase di
globalizzazione, non possono né improvvisarsi, né
essere affidati alla linea della tradizione, allexemplum di
un passato per quanto da noi fecondo, né possono costituire
il risultato di un lavoro di bricolage di buone prassi, che pure,
qua e là, disorganicamente si mettono in atto, talora in
rete, nella scuola dellautonomia.
Ed
eccoci giunti al problema che riteniamo fondamentale affrontare
e di cui troppo poco si parla: occorre che si formino i formatori,
esigenza, questa, non a caso, avvertita in questo preciso momento
storico in tutta Europa, con una grande varietà di esiti
e diversificate sperimentazioni e soluzioni.
Lesigenza
di formare i formatori con apposite Scuole Universitarie di Specializzazione
Interateneo, è stata avvertita per la prima volta, pur con
diversità di posizioni allinterno degli stessi Partiti
che sostenevano il Governo, dal Governo uscente, che varò,
allinterno della più complessiva normativa di ristrutturazione
dellordinamento universitario (riforma dei cicli avviata dall
a.a. 2001-2002), le SSIS, Scuole post laurea di Specializzazione
allInsegnamento nelle Secondarie Superiori. Tali scuole nascevano
dalla condivisa necessità di superare i percorsi casuali
fino ad allora utilizzati per accedere alla Professione Docente
e individuare un percorso di formazione iniziale finalizzato ad
una reale ed efficace integrazione tra conoscenze teoriche disciplinari,
conoscenze psico-pedagogiche e competenze progettuali, metodologiche
e didattiche. Il Decreto del Ministro dellUniversità
e della Ricerca Scientifica del 26 maggio 1998 istitutivo della
scuola, insiste sulla necessità che i due mondi dellUniversità
e della Scuola interagiscano finalmente allo scopo di contribuire
efficacemente alla formazione dei futuri docenti. La riforma dei
cicli universitari appena avviata va tuttuno con la formazione
iniziale degli insegnanti, infatti il legislatore aveva voluto creare
due canali: uno di serie (Laurea triennale, Laurea specialistica,
Dottorato di ricerca), uno in parallelo (Master di 1 e 2 livello
e Scuole di specializzazione), il primo orientato alla padronanza
delle conoscenze e delle metodiche specialistiche necessarie ad
assicurare elevata qualificazione nei diversi ambiti disciplinari
specifici, il secondo conoscenze e abilità nelle pratiche
professionali per funzioni richieste da particolari attività
professionali, qual è appunto linsegnamento. Infatti,
la formazione iniziale degli insegnanti non è qualificazione
specialistica in ambiti disciplinari specifici, ma formazione alle
pratiche professionali richieste dalla specifica funzione docente.
Poiché la scuola correttamente prevede un buon numero di
ore (il 30% delle attività della SSISS) di tirocinio interattivo,
e non solo trasmissivo o osservativo, era stato selezionato con
pubblico concorso a titoli ed esami per le varie classi di concorso
un contingente di docenti di cui erano state accertate, attraverso
il possesso di titoli e il superamento di una prova scritta e una
orale, le competenze professionali riguardanti lattività
di ricerca didattica, di progettazione, di aggiornamento degli insegnanti,
sperimentazione, capacità organizzative e relazionali sia
allinterna della struttura di appartenenza sia in rapporto
alle agenzie formative del territorio. Si tratta dei Supervisori
(SV), esperti in problemi relativi alla professionalità docente,
in regime di semiesonero nelle proprie scuole, con funzione di sovrintendere,
organizzare, coordinare, raccordandosi con lUniversità,
le attività di tirocinio. Il loro compito non consiste solo
nellaffidare al tutor nelle Scuole Superiori convenzionate
con lUniversità i corsisti sui quali ogni SV ha la
responsabilità, ma nel predisporre ed organizzare le lezioni,
i seminari, il materiale per far riflettere di volta in volta e
globalmente i corsisti e gli stessi tutor delle scuole accoglienti
sullesperienza del tirocinio stesso nel complesso sistema
scuola, curando il raccordo del complessivo progetto di tirocinio,
non solo con le attività dei laboratori didattici disciplinari,
ma con i corsi disciplinari e con la programmazione didattica delle
scuole. Il SV, in tal modo, viene ad occupare quel segmento fondamentale,
ma ignorato dalle Università, che è la ricerca didattica,
in Italia "terra di nessuno", ma fondamentale, invece,
perché le discipline diventino davvero formative. È,
infatti, illusorio pensare che le proposte didattiche vengano avanzate
dallUniversità dove la Ricerca Didattica non è
ancora materia di ricerca accreditata. Si è cominciato a
colmare in tal modo quello iato tra Università e Scuola secondaria
che, avendo visto entrambe sostanzialmente estranee e in posizione
di forte squilibrio, ha sempre impedito alluniversità
di uscire dallaccademismo teorico e alla scuola di guadagnare
in rigore scientifico disciplinare.
A fronte
dei concorsi e dei corsi abilitanti che hanno finora immesso nella
scuola insegnanti forse dotati di conoscenze, ma privi di una formazione
professionale specificamente progettata e unitariamente prodotta
e certificata, le SSIS hanno rappresentato una prima risposta concreta
a come può farsi formazione in ingresso degli insegnanti,
unesperienza da valorizzare e certo migliorabile attraverso
un monitoraggio e un normato progetto unitario di tutte le diversificate
esperienze nazionali, e non ancora compiutamente definita a causa
di tutti i problemi e le difficoltà di un esperienza
avviata solo da un triennio. Al di là delle diversità
specifiche, ovunque, lopinione pubblica concorda nellattribuire
valore superiore dellesperienza SSIS, particolarmente per
il modo in cui è concepita e realizzata laria 4 (tirocinio).
Giunte al 3 anno della loro attività, le SSISS hanno dimostrato
che il percorso è lunico funzionale alla formazione
in ingresso del futuro docente, costituendo, per la prima volta
nel nostro Paese, lavvio di una filiera di formazione iniziale
degli insegnanti.
Ma
ora larticolo 5 del Disegno di Legge Delega del Ministro Moratti,
in discussione in Senato, abolisce le scuole di specializzazione
e affida la formazione degli insegnati alle Lauree specialistiche.
La formazione iniziale degli insegnanti sarebbe pertanto così
strutturata: 3 anni = laurea, 2 anni = corso di laurea specialistica
finalizzata allinsegnamento con valore abilitante, 2 anni
= attività di tirocinio con contratti di formazione-lavoro
tutti gestiti da apposite strutture di Ateneo alle quali saranno
affidati con convenzione anche i rapporti con le Istituzioni scolastiche.
Evidenziamo solo alcuni dei punti critici relativi a questo aspetto
della Riforma:
Poiché
la nuova procedura di formazione iniziale degli insegnanti non potrà
essere attivata prima dellottobre 2003, con inizio nella.a.
2003-2004, ciò andrebbe nel senso di riduzioni di posti di
ruolo nella scuola;
Trattandosi
di strutture di Ateneo e non di interateneo, ossia venendo meno
il carattere regionale, non ci sarebbe una programmazione degli
accessi e per alcune abilitazioni si rischierebbe di non attivare
i corsi.
Molte
lauree specialistiche non daccesso allinsegnamento,
di recente attivazione, rischierebbero di scomparire.
I contratti
di formazione-lavoro risulterebbero di scarso interesse economico
per alcuni settori disciplinari come Informatica o Ingegneria.
Ma
soprattutto il nostro Governo, scegliendo lo strumento delle lauree
specialistiche nellinsegnamento, dimostra di avere una visione
a dir poco vetusta dellinsegnante e della scuola, o forse
di non avere nessuna idea di che cosa sia la scuola oggi. Lo sminuzzamento
in moduli e sottomoduli secondo logiche additive e non formative
non crea, infatti, un sistema di competenze spendibile nella professione,
mentre una formazione professionale superiore abbisogna di un ambiente
unitariamente progettato e governato, dove lintegrazione tra
le conoscenze scientifiche, le didattiche disciplinari, le competenze
psico-pedagogiche e il tirocinio professionale sia materia di esercizio,
prova, apprendimento ricorsivo ribadiamo: non cumulativo
-, da parte dellallievo. Al contrario, per dirla col Prof.
Umberto Margiotta, "lottica fordista" a cui si ispira
la riforma conserva i caratteri dellassemblaggio di teoria,
tecnica e pratica in tempi sequenzialmente diversi, ed è
pertanto già vecchia e non competitiva rispetto alle sfide
cui oggi, invece, è chiamato il sistema paese e la nostra
scuola. Siffatto ambiente unitariamente progettato e governato non
può essere, dunque, il corso di Laurea specialistica, perché
un insegnante di qualità non può essere prodotto dalla
somma di moduli aggiunti a moduli prestati dalle diverse facoltà
per cercare di comporre un percorso didattico che comunque totalizzi
un certo numero di crediti formativi, né basta aggiungere
Laboratori e Tirocini per garantire la formazione professionale
dei futuri insegnanti. Lo stesso tirocinio cui pensa forse la Sig.ra
Ministra rimane esclusivamente osservativo, mentre nelle SSIS esso
comprende una parte attiva (e per questo i crediti). Anzi, è
proprio la componente progettuale del tirocinio a stimolare una
connessione con le attività formative teoriche, mentre, in
assenza di ciò, sia gli insegnamenti psico-pedagogici, sia
quelli delle didattiche disciplinari rischiano di caratterizzarsi
in termini puramente accademici. Purtroppo, le stesse Università,
affette da sostanziale autoreferenzialità e talora da un
certo provincialismo, hanno spesso dellinsegnamento unidea
unicamente trasmissiva che nel mondo civile appartiene ormai allarcheologia
della funzione docente. Ricerca didattica significa, invece, fare
ricerca in situazione didattica.
Infine,
in tutto il mondo viene messo in evidenza che la formazione di professionisti
richiede lintervento sia di strutture accademiche sia del
mondo della professione attraverso una partnership come scrive
Giunio Luttazzo relativamente alla proposta Bertagna -, vi è
ora invece il concreto rischio di sostituire ad una prospettiva
di azione congiunta, che in Italia stava cominciando seppur tra
le difficoltà di cui abbiamo fatto cenno, la scissione tra
fase universitaria senza partecipazione scolastica e fase scolastica
di induzione in servizio.
Perciò,
tra i tanti nodi della proposta di Riforma Moratti meritevoli di
ampio dibattito e approfondimento, non mi pare secondario sottolineare
questo.
Marinella
Fiume
SV Catania
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