Impiegato o professionista? Il docente e la complessità
della società contemporanea*
Prof.
Alberto Giovanni Biuso
Università di Catania - Direttore Centro Studi dellAND
Premessa
Vorrei
anzitutto chiarire il significato del titolo della mia relazione:
«complessità
della società contemporanea» è unespressione
che può avere molti significati: filosofici, sociali, tecnologici.
Qui la riferirò solo alla dimensione pedagogica, al fatto
educativo.
1.
Complessità e insegnamento
In
questo senso, complessità vuol dire che il modo in cui si
producono, si diffondono, si apprendono le informazioni e le conoscenze
nella nostra società, richiede da parte di chi insegna la
piena consapevolezza di almeno tre fattori:
a)
Quantità delle conoscenze/informazioni
b)
Interazione fra le conoscenze/informazioni (niente compartimenti
stagni)
c)
Veloce obsolescenza delle conoscenze/informazioni.
Tutto
questo comporta la necessità di una nuova identità
del docente, il quale per rimanere allaltezza della complessità
deve:
a)
dedicare tempo e attenzione a un aggiornamento costante di ciò
che sa e che insegna
b)
ampliare le informazioni al di là del proprio specifico ambito
di insegnamento
c)
saper vagliare ciò che merita di essere insegnato rispetto
al superfluo, alleffimero, al semplicemente informativo.
Complessità
implica infatti anche limpossibilità di inseguire altre
agenzie informative (televisione, stampa, soprattutto Internet)
sul terreno dellattualità, del cronachistico, del quotidiano
per favorire invece:
a)
la rielaborazione critica delle informazioni
b)
il confronto costante e aperto fra le diverse posizioni degli allievi
c)
lapprendimento di un metodo di lavoro, di conoscenza, di ricerca
piuttosto che il sommarsi puramente quantitativo dei contenuti.
2.
Professionalità vs impiego
È
evidente che tutto questo non può essere messo in atto da
chi intende e vive linsegnamento come un impiego, una routine,
un mestiere acquisito una volta per tutte e comporta invece la costruzione
personale e insieme collettiva- di una specifica professionalità
docente che vede nel sapere il cuore della nostra attività.
È
qui che si giocano anche la questione retributiva e il riconoscimento
sociale.
Se
riduciamo il nostro lavoro a un impiego come un altro, è
inevitabile che scattino i confronti con altri impieghi in termini
non di qualità professionale ma di quantità oraria.
Finché
i docenti saranno rappresentati da sindacati generalisti o di categoria,
non potranno chiedere nulla di più di una manciata di Euro
a ogni rinnovo del contratto. Solo il riconoscimento di una specifica
ed esclusiva identità del docente potrà condurre a
un sostanziale miglioramento della nostra condizione economica.
Il primato della dimensione sindacale su quella professionale è
stato è e sarà perdente; bisogna invertire direzione,
costruire una identità professionale, insieme a una associazione
unitaria e forte che la rappresenti. Le ricadute sindacali saranno,
a quel punto ma solo a quel punto, una logica conseguenza.
3.
Il ruolo dellAND
In
uno dei contributi redatti per noi e pubblicati sul sito e sul giornale,
il Prof. Marino Badiale dellUniversità di Torino ha
scritto che: «lo svilimento del ruolo dei docenti è
legato al generale svilimento della cultura. Ribadire limportanza
decisiva e centrale, per la nostra società, della scuola
e dellinsegnamento, significa ribadire limportanza e
la centralità della cultura; significa cioè metter
al centro e valorizzare il rapporto con la grande tradizione culturale
delloccidente».
A partire
da questa convinzione, proviamo a porre alcune domande che riguardano
la complessità del presente e il nostro ruolo in essa.
Perché
la scuola? Quali le sue finalità? Cerchiamo di individuare
le principali:
a)
suscitare in chi la frequenta linteresse verso il sapere;
b)
educare alla libertà nella responsabilità;
c)
trasmettere alle generazioni che si succedono nel tempo la consapevolezza
del valore di ciò che il passato ha trasmesso al presente,
la percezione della continuità culturale fra ciò che
è stato, ciò che è e ciò che sarà;
d)
insegnare a ragionare in forma rigorosa, coerente e aperta;
e)
far percepire la complessità e la difficoltà dellesistenza;
f)
valorizzare le diverse visioni del mondo ponendole fra di loro in
dialogo;
g)
far assimilare una serie di conoscenze solide e nello stesso tempo
gratuite, vale a dire non direttamente spendibili sul
mercato del lavoro ma capaci di far inserire chi le possiede in
qualsiasi ambiente professionale;
h)
porsi come alternativa allinformazione massificata, senza
inseguire la contemporaneità (o, peggio, la cronaca) ma fornendo
gli strumenti per decostruire qualunque informazione;
i)
educare allo spirito critico e al dialogo costante fra le persone.
Si
tratta di obiettivi che non possono essere conseguiti senza la partecipazione
attiva di tutti i soggetti del processo educativo. Non esistono,
per questo, scorciatoie. Pensare che una legge, un riordino dellarchitettura
di sistema, uno strumentario tecnico-linguistico nuovo possano trasformare
davvero la scuola è un grave errore, unillusione rovinosa.
La scuola non sono le leggi o i cicli o i computer, la scuola vera
è fatta di:
a)
seria conoscenza delle discipline da parte di chi le insegna;
b)
senso del dovere rispetto alla comunità sociale;
c)
passione educativa.
Solo
dove ci sono tutti e tre questi elementi può aprirsi quel
dialogo fra PERSONE (e non utenti!) che crescono insieme, quel rapporto
fra esseri umani vivi e curiosi in cui consiste linsegnamento.
Le leggi, le riforme (piccole e grandi), i cicli, lorganizzazione
-tanto idolatrata in questi anni- hanno senso solo se funzionali
al rapporto pedagogico, in caso contrario sono un alibi e rappresentano
un danno.
E pertanto
i processi culturali, tecnologici, economici in atto nel mondo impongono
a tutti noi come singoli e come Associazioni- un ripensamento
profondo del fatto educativo e dellessere scuola. Appaiono
ormai evidenti tre grandi fattori che incidono sulla funzione e
sul significato dellinsegnare:
a)
la perdita di centralità della scuola rispetto ad altre agenzie
educative;
b)
il progressivo imporsi di una cultura mondiale uniforme;
c)
lincapacità delle organizzazioni sindacali tradizionali
di comprendere le trasformazioni e di assumere quindi un ruolo propositivo.
È
certo un momento difficile per la scuola ma è anche unopportunità
decisiva per le Associazioni professionali. Dal saper cogliere il
nuovo senza distruggere lantico dipenderà il nostro
futuro e la capacità di incidere sul presente. Il problema
scuola, infatti, coincide con la questione docente. Ogni altro aspetto
può essere valorizzato o rimanere sterile in base a come
la funzione docente si configura nel concreto del quotidiano fare
scuola. La questione docente è a sua volta il problema della
cultura del docente, della profondità del suo sapere disciplinare,
della costanza con cui lo aggiorna, dello studio come elemento centrale
della professione.
Il
docente deve essere -pur nei limiti di ciascuna persona- in qualche
modo un maestro e non un semplice facilitatore o trasmettitore di
nozioni. La condizione prima per svolgere appieno questo difficile
compito è la consapevolezza della centralità del sapere
disciplinare rispetto alle metodologie didattiche, del che cosa
sul come; dove accade il contrario si crea in realtà un grave
vuoto epistemologico. Bisogna affidare la complessità della
scuola non alle strutture o agli strumenti ma alle persone vive,
libere, dialoganti fra di loro, per fare dellinsegnare e dellapprendere
unespressione di saggezza educativa.
4.
Finalità e obiettivi per costruire di fatto la professione
docente
È
sulla base di questa visione generale della scuola che lAssociazione
Nazionale Docenti intende lavorare per il raggiungimento di alcune
finalità generali e di alcuni obiettivi professionali concreti:
- Fare
del docente il fulcro di ogni riforma e il vero responsabile dellinsegnamento,
poiché avranno successo solo quelle innovazioni che viaggeranno
sulle gambe di chi nelle scuole opera tutti i giorni.
- Liberare
lattività di insegnamento da imposizioni amministrative,
gerarchiche e collettivistiche per legarla invece alla comunità
scientifica di appartenenza, garanzia di qualità del sapere
e di costante rinnovamento didattico.
- Costruire
un ordine professionale, nel quale i docenti che lo vogliano possano
trovare sostegno e che nello stesso tempo garantisca sulla responsabilità
dei risultati; un ordine che caratterizzi gli insegnanti in quanto
professionisti che lavorano nel settore pubblico senza essere però
impiegati della pubblica amministrazione.
- Porre
al centro della scuola né lo studente né il docente
ma quel rapporto educativo dal quale soltanto scaturisce lapprendimento
e, con esso, la crescita delle persone.
I più
urgenti obiettivi concreti sui quali impegnarci ci sembrano i seguenti:
- confermare
la laurea specialistica per chiunque intenda dedicarsi allinsegnamento;
- ristabilire
un legame costitutivo fra la scuola e luniversità,
nella precisa direzione dellarricchimento didattico che la
scuola può offrire alluniversità e dellaggiornamento
disciplinare e culturale che questultima può proporre
alla scuola;
- migliorare
le retribuzioni, che sono del tutto inadeguate ai compiti che ineriscono
allinsegnamento;
- distinguere
nella gestione della scuola la responsabilità amministrativo-contabile,
da lasciare a presidi e direttori, da quella educativa, da affidare
a una figura scelta dal Collegio docenti fra i colleghi che rispondano
a determinate caratteristiche;
- fornire
a ogni docente un proprio «spazio fisico» allinterno
delledificio scolastico, spazio che consenta di sentire listituto
come casa propria; i docenti, infatti, sono gli unici a non avere
una stanza personalizzabile rispetto non solo ai dirigenti e al
personale amministrativo ma anche ai bidelli;
- aumentare
le dotazioni strumentali come computer, stampanti, fotocopiatrici,
fornendole ai docenti in numero adeguato alle loro esigenze professionali,
sempre più complesse e differenziate;
- istituire
unarea di contrattazione autonoma per i docenti: si tratta
di una richiesta professionale assai più che sindacale poiché
rappresenta la condizione normativa e il presupposto logico per
configurare lattività docente come una professione
intellettuale e non come un impiego.
5.
Conclusione: il nostro destino nelle nostre mani
Forse
il primo passo da compiere è di tipo interiore. Dobbiamo
capire, cioè, che il nostro destino, il destino degli insegnanti
è nelle nostre mani per la semplice ma decisiva ragione che
la scuola è ciò che sono gli insegnanti.
Sta
a noi, quindi e prima di tutto:
a)
sentirci professionisti e non impiegati
b)
affrontare lesperienza quotidiana in classe come una sfida,
una possibilità, una ricchezza e non solo come il peso che
sempre il lavoro rappresenta
c)
e, per far questo, gestire la nostra professione con autonomia didattica,
organizzativa, culturale
E esattamente
qui che mostra tutta la sua necessità di esistere e il suo
senso una forte e unitaria Associazione Nazionale dei Docenti: difendendo
le nostre retribuzioni, difendendo la nostra libertà di insegnamento,
difendendo la nostra dimensione professionale non difendiamo solo
noi stessi ma anche le nuove generazioni, la loro possibilità
di crescere e di competere, la loro libertà da ogni indottrinamento,
di stato o dei mezzi di comunicazione di massa. Difendiamo, insomma,
quella stessa società che ci affida i suoi figli e sembra
non preoccuparsi in che mani li metta: se in quelle di passivi e
delusi impiegati della didattica o in quelle di liberi e motivati
professionisti della pedagogia intesa come etica dell'educazione
Anche
dal punto di vista giuridico, i docenti non hanno nessuna autorità
sopra di loro. Direttori e presidi svolgono una funzione di coordinamento
e di controllo amministrativo; per il resto la nostra è una
professione apicale, il che vuol dire che il suo concreto, effettivo,
svolgimento dipende da noi. Ogni effettiva autonomia comporta anche
la responsabilità dei risultati. Solo quando accetteremo
questa implicazione non saremo più degli impiegati qualsiasi
del Ministero dellistruzione ma diventeremo davvero i professionisti
che già siamo: gli esperti dellinsegnamento, i gestori
dellapprendimento e soprattutto i maestri di vita. Essere
maestri in questo significato antico e sempre nuovo: è tutta
qui la nostra professione.
* Relazione
allIncontro Seminariale Professione docente: verso un nuovo
stato giuridico? tenutosi a Cosenza il 25 febbraio 2003, presso
la Sala Convegni dellAssindustria
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