Renzo Kayak
BREVI CENNI STORICI
I
kayak da mare furono concepiti per navigare lunghe distanze a forza di braccia,
per affrontare acque insidiose e percorrere, con minor dispendio d'energie,
lunghi tragitti sfruttando le onde di marea.
Nei
mari artici l'escursione della marea, di gran lungo superiore ai 60 cm. circa
tipici del Mediterraneo, solleva onde notevoli che gli abilissimi kayaker
sapevano sfruttare per procedere a forte andatura.
Le
popolazioni dell'Artico, nel corso di alcuni millenni, svilupparono i kayak più
adatti alle condizioni di utilizzo locale quali; la caccia, la pesca ed il
trasferimento. Esistono, infatti, testimonianze di kayak stretti e lunghi, corti
e panciuti ed anche di altri che necessitano di zavorra.
Sostanzialmente
l'esperienza accumulata definì le forme in base all'uso.
L'esistenza
nelle zone artiche era talmente difficile che i ritmi già estremi non
consentivano imprudenze. La prevenzione fu una regola di vita che venne sempre
più perfezionata.
Il kayak e la slitta furono mezzi irrinunciabili di sopravvivenza e le cure volte alla costruzione, conservazione ed al mantenimento dell'efficienza dei mezzi furono meticolose.
Il
dimensionamento del kayak è un capolavoro dell'ingegno umano. Qualche migliaio
di anni fa la trasmissione del sapere avveniva oralmente. Il corpo umano fu
utilizzato come unità di misura facilmente rappresentabile, comprensibile e
tramandabile. A tutt'oggi noi facciamo riferimento a quelle antichissime unità
di misura. L'uomo (o donna) alto, basso, grasso o magro possiede una sua
armonica proporzionalità. Ciò è la ragione del dimensionamento "su
misura" del kayak.
IL KAYAK
La
costruzione del kayak costituì un vero e proprio rituale ed il giovane,
diventato uomo, beneficiava dell'esperta assistenza degli anziani.
L'imbarcazione fu sempre costruita su misura del proprietario secondo regole di
misurazione tramandate di generazione in generazione all'interno di ogni popolo
o gruppo. Il telaio di legno che talvolta comprendeva elementi in osso era
legato con tendini animali. Il rivestimento, in pelli di mammiferi marini, era
cucito, sopra il telaio, dalle donne, solitamente la moglie coadiuvata dalle
anziane. Il kayak era impermeabilizzato con grasso animale. Il rivestimento era
sostituito di norma ogni anno. Il trasporto del kayak, sulla banchisa o su terra
in parte ghiacciata, avveniva su slitta, per comodità e per evitare eventuali
danni all'imbarcazione.
Ogni
kayak era proprietà del singolo ma in esso confluiva tutta l'esperienza del
gruppo; era un bene prezioso e tutti quanti, oltre al proprietario, n'erano
consapevoli. Tutti erano consci che la perdita di un kayak comprometteva
l'esistenza di una famiglia ed anche quella del gruppo, per insufficienza di
cibo. I primi a sviluppare i metodi di prevenzione furono gli Inuit.
L'EQUIPAGGIAMENTO
Il
kayak era considerato il prolungamento del corpo del relativo proprietario, era
un tutt'uno, però anche la parte dell'uomo e dei suoi indumenti che sporgeva
dal pozzetto doveva essere protetta e impermeabilizzata. La tenuta all'acqua era
assicurata da un impermeabile con cappuccio, confezionato con intestini di foca,
aderente al viso, ai polsi e sigillato intorno al pozzetto. I guanti erano
d'obbligo.
L'ENTRATA IN ACQUA
La
partenza avveniva in spiagge sabbiose, da zone ridossate, aspettando la marea
oppure scivolando in mare dai ghiacci, dopo l'accurata scelta del posto. Il
kayak, robusto, elastico ed affidabile in mare, poteva garantire questi
presupposti di sicurezza soltanto se a terra era trattato con estrema cura.
Le
partenze, per escursioni o trasferimenti in solitario erano rari e dettate solo
da condizioni obbligate. Gli Eschimesi si muovevano in gruppo, ben consci dei
pericoli ai quali costantemente andavano incontro.
Nessun
racconto degli esploratori fa cenno ad incoscienti avventure in mare da parte
degli Eschimesi, per contro è sempre stato elogiato l'incredibile coraggio e
l'abilità nell'affrontare il mare. La loro saggezza faceva sì che i kayak
zavorrati navigassero solo in condizioni di propizie.
I
sassi di zavorra dovevano sempre essere riportati a riva (anche perché rari da
trovare) ed il perderli o doverli gettare in mare era considerato un disonore.
Gli Eschimesi, in sostanza, affrontavano il mare in gruppo quando erano sicuri
di cavarsela.
LE TECNICHE ESCHIMESI DI PREVENZIONE
A
dispetto della mancanza di materiali da costruzione, gli Eschimesi inventarono
il kayak, chiuso superiormente, munito di pozzetto sigillabile cioè l'unica
imbarcazione al mondo che, da rovesciata, consente il raddrizzamento senza
abbandonare il posto di voga.
Capovolgersi,
abbandonare il kayak e cercare di nuotare nelle gelide acque, per guadagnare la
riva lontana, significava morte certa. Meglio rimanere nel kayak e cercare di
autoraddrizzarsi od attendere, capovolti, il soccorso dei compagni, In
quest'ultimo caso gli Eschimesi potevano anche chiudere il cappuccio davanti
alla faccia e, nell'attesa dei soccorritori, respirare l'aria intrappolata nel
loro kayak.
I
popoli dell'Artico avevano sviluppato tecniche di salvataggio sia individuale
sia collettivo poiché, specie durante le convulse lotte con le prede, i
capovolgimenti non erano infrequenti.
La
tecnica di raddrizzamento individuale per eccellenza è riassunta nell'ESKIMO
che comprende vari tipi di manovre atte a ritornare in posizione normale dopo un
capovolgimento.
Le
manovre collettive consistevano nel pronto soccorso al malcapitato che, battendo
le mani sulla carena emersa la faceva risuonare come un tamburo, attirando
l'attenzione dei compagni. Uno dei soccorritori porgeva allora la prua del suo
kayak in modo che il malcapitato, afferrandola, era in grado di raddrizzarsi.
Oppure chi si affiancava poteva mettere la propria pagaia di traverso, sui due
kayak ed afferrando la mano di colui che stava con la testa in giù, la
posizionava sulla sua pagaia in modo che il capovolto potesse farvi leva e
raddrizzarsi. Era anche possibile offrire, con il proprio kayak, un appoggio
alla pagaia del soccorso che trovava un valido aiuto per potersi raddrizzare.
Altre
manovre consistevano nel raggrupparsi, in caso di mare grosso, per costituire
dei catamarani, trimarani o zattere, tenendosi reciprocamente riuniti con le
pagaie.
Gli
Eschimesi poi erano soliti portare con loro delle sacche impermeabili, in pelli
di foca, ed il loro utilizzo spaziava dal trasporto d'acqua dolce, nei
trasferimenti, al galleggiante di segnalazione che impediva l’affondamento
della preda arpionata, ed infine, alla sacca di galleggiamento laterale in
condizioni di mare pericolose.
GLI ESCHIMESI
Gli
antropologi hanno evidenziato che la struttura scheletrica, soprattutto nella
parte superiore era più robusta di quella di altre popolazioni, il che fa
presupporre che ogni individuo possedesse una potenza muscolare paragonabile
oggi a quella dei campioni della specialità.
Il disegno che segue permette di osservare l'ubicazione geografica di alcuni kayak eskimesi.
agg.28 / 09 / 06