Dall’estero
Tsunami, un anno dopo: i bimbi
disegnano di nuovo a colori
L'agenzia dell'Onu soddisfatta:
"Dall'Italia 15 milioni di dollari"
Nel lavoro dei piccoli scolari un segnale del lento
ritorno alla normalità
di VALERIO GUALERZI
Una bambina indonesiana
mostra un disegno
ROMA - I bambini che poco meno di
un anno fa "vagavano come sonnambuli tra le rovine dei loro villaggi"
spazzati via dallo tsunami "sono tornati quasi tutti a scuola":
stanno lentamente migliorando le loro condizioni materiali e la loro salute
psicologica. A raccontarlo, senza nascondere quanto ancora ci sia da fare, è
stato Gianfranco Rotigliano, rappresentante dell'Unicef in Indonesia, il paese
più colpito dal maremoto dello scorso 26 dicembre.
La migliore testimonianza di quanto la situazione sia in
marcia nella giusta direzione -ha raccontato il funzionario dell'agenzia delle
Nazioni Unite facendo il punto sui fondi raccolti e su come sono stati
utilizzati- sono i disegni degli alunni. "Basta mettere a confronto quelli
fatti negli ultimi mesi con i primi, angosciati, disegni tracciati dai bambini
subito dopo la tragedia: un anno fa erano neri, ora sono pieni di colori e c'è
il sole".
Le scuole si sono rimesse infatti a funzionare già un mese
dopo la catastrofe, seppure in condizioni disagiate. "Oggi - ha ricordato
Rotigliano soffermandosi sulla situazione dell'Indonesia, quella che ha seguito
direttamente - siamo in grado di garantire le lezioni a quasi tutti in edifici
o prefabbricati, grazie alla costruzione di 135 scuole temporanee o semi
permanenti. Inoltre abbiamo distribuito 230 mila kit scolastici a beneficio di
830 mila bambini".
Grandi progressi sono stati compiuti anche sul fronte della
salute. "Seppure tra grandi difficoltà - ha ricordato ancora Rotigliano -
l'acqua potabile è stata portata a 400 mila persone, la maggioranza dei piccoli
viene vaccinata contro le malattie più insidiose come polio e morbillo, la
vitamina A viene somministrata a sufficienza. Grazie alla bravura della
popolazione del posto siamo riusciti anche a mettere in piedi un discreto
sistema di assistenza psicologica per chi ha subito traumi e lutti".
Un successo di cui Rotigliano si è mostrato
orgoglioso, sottolineando l'enorme contributo fornito dai cittadini di tutto il
mondo, italiani compresi, con le loro ricche donazioni. Il solo comitato Unicef
del nostro Paese ha messo insieme infatti qualcosa come 15 milioni di dollari,
la maggior parte delle quali provenienti da donazioni private attivate anche
grazie alla sensibilità di alcune grandi testate come Repubblica attraverso
un sistema di raccolta diverso da quello degli sms benefici.
Estendendo il discorso dall'Indonesia agli altri paesi colpiti
dal maremoto, il bilancio di un anno di assistenza fornita dall'Unicef parla di
circa 3,5 milioni di persone aiutate, di oltre 1,2 milioni di bambini vaccinati
contro il morbillo, di più di mezzo milione di abitanti allacciati alla rete
dell'acqua potabile, di 1,4 milioni di bambini ai quali è stato fornito
materiale scolastico d'emergenza.
"Non siamo qui per chiedere altri soldi - ha messo in
chiaro Rotigliano - quelli arrivati ci hanno consentito di fare molte cose e se
effettivamente arrivassero tutti quelli promessi dai vari Stati saremmo a
posto. Complessivamente il mondo si è impegnato a finanziare la ricostruzione
del Sudest asiatico devastato dallo tsunami con circa 2,8 miliardi di dollari. Finora
ne sono stati stanziati effettivamente solo la metà, ma noi siamo stati più
fortunati e abbiamo avuto immediatamente tre quarti dei soldi. Ben due terzi di
questi sono arrivati dai privati e solo un terzo dai governi, con un
rovesciamento delle abituali proporzioni".
"Lo tsunami - ha spiegato ancora il dirigente dell'Unicef
- ha messo in moto uno slancio di generosità mai visto prima e che in parte, ma
solo in parte, ha avuto un seguito anche con altre catastrofi come il recente
sisma in Pakistan. Il problema - ha osservato ancora - è che ai terremoti siamo
quasi abituati, mentre il maremoto ha qualcosa di biblico. In più è avvenuto a
Natale, colpendo anche un certo numero di occidentali".
Il bilancio positivo non oscura però il
molto che rimane da fare. La prima emergenza in Indonesia, ha ribadito
Rotigliano, è quella abitativa, con 300 mila persone ancora sistemate in
baracche e altre 40 mila in tende. "Ma non dobbiamo dimenticare - ha
osservato il funzionario Unicef - che in molti di questi casi i guai dello
tsunami si sono andati ad aggiungere a quelli già presenti per colpa di oltre
30 anni di guerra civile e che il governo, che vuole smentire la fama di essere
uno dei più corrotti al mondo, nell'assegnazione dei terreni edificabili si sta
muovendo con tutte le cautele necessarie".
(6 dicembre 2005)