LA "SIGNORA" NEL CUORE

Il suo più grande amore fu forse quello, lungo una vita, per Juventus. Il ricordo dei campioni

Una delle sue più grandi passioni, un amore mai finito: Giovanni Agnelli era da sempre stato innamorato della sua Juventus, di cui restava presidente d'onore, con il fratello Umberto e Giampiero Boniperti. Non si perdeva una sola partita dei bianconeri, ma ormai da tempo non si vedeva allo stadio, quel "Delle Alpi" che peraltro non gli era mai piaciuto. I cronisti facevano la fila per strappargli una battuta al suo arrivo allo stadio, così come immancabile era l'appuntamento di metà agosto a Villar Perosa, sede del ritiro estivo della squadra. Le risposte dell'Avvocato erano frasi destinate a essere quasi sentenze, giudizi, umani e tecnici, sui giocatori che avrebbero fatto storia. Così Del Piero era diventato "Pinturicchio", ma anche un Godot da aspettare e pungolare, Roberto Baggio il «coniglio bagnato», Zidane, alla sua partenza da Torino, «un giocatore più divertente che utile», Zibì Boniek «bello di notte». Uno dei campioni più ammirati dall'Avvocato è stato, naturalmente, il fuoriclasse francese Michel Platini. Alla sua ultima partita, il 17 maggio dell' 87, Giovanni Agnelli disse: «Oggi è una giornata triste, un altro pezzo di vita che passa e se ne va. Platini sarà ricordato come uno dei grandi della Juventus. Come Sivori». Con la Juventus, l'Avvocato ha conosciuto grandi trionfi e giorni difficili, come quelli in Europa, con la Coppa Campioni sfuggita beffardamente, fino alla tragica notte dell'Heysel. Gianni Agnelli era entrato nella vita della Juventus, di cui sarebbe stato presidente effettivo per oltre sette anni (dal 22 luglio 1947 al 18 settembre 1954), conquistando due scudetti, dopo la tragica scomparsa del Grande Torino. Lasciò in seguito il testimone della presidenza al fratello Umberto e poi a Vittore Catella, Giampiero Boniperti e Vittorio Chiusano, ma dietro le quinte continuò sempre a occuparsi della Juventus e a esserne il primo tifoso, come critico esigente, oltre che osservatore del mondo del calcio e dei suoi cambiamenti. Con orgoglio un giorno rispose a chi gli chiedeva, «Vinca la Juve o vinca il migliore?»: «Sono fortunato, spesso le due cose coincidono».

Michel Platini ha così commentato la scomparsa dell'Avvocato: «Mi lascia una tristezza che diventerà malinconia. Se ne va una parte del mio passato, ma anche dell'Italia. La sua grandezza è stata uguale alla sua semplicità e a me ha insegnato moltissimo, soprattutto il rispetto della vita».

Giovanni Trapattoni, attuale ct della nazionale, ha ricordato: «L'avvocato mi chiamava spesso, non solo alle 7 del mattino: ci sentivamo per gli auguri. Era capace di valutare le persone e non solo i calciatori con incredibile sintesi e perspicacia. Uno dei ricordi che mi viene in mente è legato al 1978 quando mi disse che la Juve avrebbe rinunciato ad acquistare Paolo Rossi per via dei cassintegrati».

Zibì Boniek, un altro campione che ha legato la sua storia a quella della Juventus, dall'Avvocato era stato ribattezzato il "Bello di Notte" per il suo "vizietto" di segnare gol importanti nelle gare in notturna: «Sapevo benissimo - ha ricordato - essergli nel cuore, tant'è vero che mi ha sempre voluto bene e per questo si permetteva qualche battutina. Ma anche dopo che ho lasciato la Juventus mi ha chiamato spesso al mattino presto per parlare di calcio: cosa che non faceva con tutti».

Così, Zinedine Zidane: «Sono triste. Agnelli rimarrà dentro di me e ogni volta che penserò a lui avrò una fitta al cuore».

Simpatico e nostalgico il ricordo di "Pablito" Rossi: «Il mio primo ricordo di Gianni Agnelli? Quando mi telefonava al mattino presto a casa per sapere come stavo. Naturalmente mi svegliava».

Poetico Lippi: «Voglio ricordare che gli sarebbe piaciuto festeggiare la terza stella della Juve (quella del trentesimo scudetto, ndr), chissà chi gliela regalerà, comunque la vedrà di sicuro dal cielo».

Zoff ricorda di come l'Avvocato si fosse congratulato con lui all'indomani dell'ultimo scudetto: «Era contento perché gli avevo consigliato Buffon e si rivelò una scelta vincente. Nonostante il suo carsima l'Avvocato aveva il dono di mettere gli interlocutori a proprio agio: era una presenza discreta».

Sulla stessa lunghezza d'onda José Altafini: «Era una persona squisita. Sono profondamente addolorato. Quando ero alla Juventus fui invitato a casa sua: non faceva mai pesare la sua potenza».

Commosso il ricordo di Marco Tardelli, oggi allenatore del Bari: «Gianni Agnelli era uno dei più grandi italiani di sempre, sentiremo tutti la mancanza della sua eleganza e del suo stile».

Claudio Gentile, oggi ct dell'Under 21, ma colonna difensiva di una delle Juventus più belle di sempre, rammenta: «Se ne è andato un pezzo di storia della Juventus, dei suoi scudetti e delle prime coppe europee. Ricordo che quando veniva a trovare la squadra trasmetteva un carisma incredibile».

Il presidente della Juventus, Vittorio Chiusano svela: «Una volta dopo aver acquistato Platini mi disse di non avere perplessità. E aggiunse: io i campioni li fiuto».

Antonio Cabrini: «E' un giorno triste per il mondo del calcio perché l'Avvocato era un autentico punto di riferimento. Per lui, poi, la Juve era come una figlia e lui, per noi, un padre».

Tenero il ricordo di Pippo Inzaghi: «In questo momento sono molto commosso e ricordo con molto affetto l'avvocato Agnelli. Con noi giocatori era sempre affettuoso».

Alessandro Del Piero: «Mi chiamava Pinturicchio e questo è un motivo in più per essere orgogliosi di questo soprannome e dare sempre il meglio. Sapeva giudicare e non parlava mai a caso».

Questo il commento di una vecchia gloria juventina, Antonello Cuccureddu, alla morte dell'Avvocato: «Ho tanti ricordi di Giovanni Agnelli, ma quel che mi colpiva di lui erano la sua serietà e la sua semplicità. Mai al centro di una polemica. Nel calcio personaggi così non ne esistono più».

Gli fa eco Angelo Di Livio: «L'avere conosciuto l'Avvocato nella mia vita è per me motivo di grande orgoglio. Rammento quanto fosse curioso di calcio. A tutti faceva tante domande e s'informava su tutto. Nonostante la sua fama e la sua classe era una persona semplice che ci trasmetteva tanta serenità. Un aneddoto? Spesso mentre ci allenavamo passava sopra il campo con l'elicottero. Anche se non lo vedevamo sapevamo che era lui».

Agnelli, le sue battute non hanno risparmiato nessuno

Un catalogo delle "frecciate": da Michel Platini a Roberto Baggio, da Enrico Berlinguer a Tommaso Buscetta

Roma (Adnkronos) - Da Michel Platini a Roberto Baggio, da Enrico Berlinguer a Carlo De Benedetti, fino a Marta Marzotto, Franco Zeffirelli e Ciriaco De Mita, passando perfino attraverso Tommaso Buscetta: le battute di Gianni Agnelli, spesso delle frecciate, tanto bizzarre quanto imprevedibili, non hanno risparmiato nessuno e sono entrate spesso nell'immaginario collettivo. Dell'allora stella bianconera Michel Platini disse: «L'abbiamo comprato per un tozzo di pane e lui ci ha messo sopra il foie gras». Per rimanere nel mondo del calcio, di Roberto Baggio ha detto che è «un coniglio bagnato» mentre ha definito Zibì Boniek «bello di notte». Se Aldo Serena era «bravo dalla cintola in su», di Alex Del Piero ha commentato: «Mi ricordava Pinturicchio. Adesso è Godot». Quanto ad Armando Diego Maradona è stato «migliore di qualunque allenatore». Quando gli fu chiesto di commentare una dichiarazione del superpentito di mafia Tommaso Buscetta, Agnelli affermò: «Buscetta ha detto di essere ossessivamente un tifoso della Juventus? Se lo incontrate ditegli che è la sola cosa di cui non potrà pentirsi». Le sue frecciate non hanno risparmiato neppure Franco Zeffirelli: «È un grande regista. Ma quando parla di calcio non lo sto nemmeno a sentire». Perfida la battuta a suo tempo riservata ad Enrico Berlinguer quando partecipò al picchettaggio di Mirafiori: «Fino ad oggi il Partito comunista è stato visto con due prospettive: quella della speranza e quella della paura. Dopo l'episodio di oggi credo che la prospettiva della speranza sia cancellata». Con Carlo De Benedetti si racconta che ci sia sempre stato un rapporto di odio-amore, probabilmente riassumibile in questa battuta che Agnelli si lasciò sfuggire dopo un'affermazione su Fiat del presidente di Cir: «Faccio i complimenti a De Benedetti anche se lui parla male di noi». Neppure i più stretti collaboratori sono stati risparmiati dall'ipse-dixit di Agnelli. È il caso, ad esempio, di Luca Cordero di Montezemolo, presidente della Ferrari, del quale ha sottolineato: «Come tutti i politici, anche Montezemolo è molto sensibile a quello che scrivono i giornali. Anzi: è più sensibile ai giornali che ai fatti. Sbaglia». Fulminante la risposta che Agnelli riservò ormai quasi venti anni fa a Marta Marzotto, che incrociò in un albergo a Milano. «Avvocato, sono Marta Marzotto», le disse la nobildonna correndogli incontro. E lui: «Sì, lo so», sveltendo il passo per raggiungere l'ascensore. Un capitolo a parte meritano le battute dell'Avvocato su amore e donne. «Mi chiedete se mi sono mai innamorato? Si innamorano soltanto le cameriere», rispose trent'anni fa a un gruppo di giornalisti americani. «Ho conosciuto mariti fedeli che erano pessimi mariti. E ho conosciuto mariti infedeli che erano ottimi mariti. Le due cose non vanno necessariamente assieme», ha detto in un'altra occasione. Memorabile il duetto con il leader socialdemocratico Giuseppe Saragat, il quale osservò durante una cerimonia a Roma: «Caro Agnelli adesso che è presidente della Fiat non potrà più corteggiare le ragazze». Facendo arrossire Saragat, gli rispose: «Allora mi dimetto subito». Sullo stesso tema c'è da registrare anche questa massima personale: «Gli uomini si dividono in due categorie: gli uomini che parlano di donne e gli uomini che parlano con le donne. Io di donne preferisco non parlare». Anche in campo politico Gianni Agnelli è apparso spesso sorprendente, come in tempi recenti. «Non siamo una repubblica delle banane», affermò nell'aprile 2001, alla vigilia delle elezioni politiche, respingendo i severi giudizi della stampa straniera su Silvio Berlusconi. Ma quando Renato Ruggiero, all'inizio del gennaio 2002 si dimise da ministro degli Esteri del governo Berlusconi, l'Avvocato reagì con stizza in un'intervista al giornalista che gli ricordava la sua precedente battuta sulle banane: «Sa quale è la verità? Nel nostro Paese purtroppo non ci sono nemmeno banane. Ci sono soltanto fichi d'India». Due battute che hanno scatenato reazioni e polemiche a catena per giorni e giorni dentro e fuori il Palazzo della politica e dell'economia. Negli anni Ottanta fece discutere la sua definizione dell'allora segretario Dc Ciriaco De Mita come «un tipico intellettuale della Magna Grecia».

Paolo Martini

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