P. Eeg. GAEEIGOU-LAGRANGE, O. P.
Protessore alla Facoltà di teologia del Collegio Angelico, Roma.
Perfezione
Cristiana e Contemplazione
secondo
S. Tommaso d'Aquino e S. Giovanni della Croce.
« Optavi,
et datus estmihi sensiis;
invocavi, et venit in me spiritus sapientiae ».
(Sap., vii, 7.)
Traduzione del P. S. G. NIVOLI, O. P.
TORINO - EOMA Casa Editrice MARIETTI fondata nel 1820
di MABIO E. MABIETTI Editore - Tipografo Pontificio, della S. Congregazione dei Riti e dell'Arcivescovo di Torino
1933 .
Noi sottoscritti abbiamo letto l'opera del P. Reginaldo gakrigou-lag-rangb, O. P., Maestro in teologia, intitolata Perfezione, cristiana 9 Contemplazione, e ne approviamo la pubblicazione.
Boma, Peata del SS. Sacramento 1928.
Fr. edoardo hugon, O. P., Maestro in S. Teologia. Fr. M. eaimondo cathala, O. P., Lettore in S. Teologia,
Imprimi potest. Eoma, 31 Maggio 1923.
Fr. LUD. THEISSLING, O. P., Mag.
gen.
Nihil obstat. Taurini, die 10 Decembris 1932.
Can. antonitjs molinaei, Bev. Deleg.
Imprimatur.
Can. FKANCISCUS PALEARI, Prov. Gen.
proprietà lbttìbrabia (l-v-33).
ALLA BEATA VERGINE MARIA MADRE DI DIO E MEDIATRICE
che conduce gli umili all'intimità di Cristo com' Egli stesso li conduce al Padre,
Omaggio molto imperfetto di profonda gratitudine e di filiale ubbidienza.
Queste pagine sono il compendio d'un corso latino di teologia, ascetica e mistica tenuto in questi ultimi anni alla Facoltà di teologia del Collegio Angelico a Roma; e comparvero già in gran parte nella Vie Spirituelle.
Abbiamo preso per guida principalmente S. Tom-maso e S. Giovanni della Croce.
S. Tommaso, Dpctor Communis, come vien chiamato nella enciclica S.tudiorum ducem di Sua Santità Papa Pio XI, primeggiò in fatti fra tutti i teologi per l'unione delle due sapiente acquisita e infusa, e ricevette in grado eminente, per esprimerle, il carisma che S. Paolo chiama sermo sapìentiae. La sapienza acquisita, in lui, univa già, in una mirabile sintesi, la scienza del filosofo e quella del teologo. In quanto alla contempla'z.ione infusa, che procede dal dono della , sapienza, essa in lui pervenne ai gradi più elevati;
spesso accompagnata da estasi e dal dono delle lacrime, restava superiore ad ogni linguaggio umano. Fu essa che gli impedì di dettare la fine della 'Somma Teologica, che non gli pareva più che paglia in paragone di ciò ch'egli intravedeva 1.
' Vedasi la sua Vita scritta da guglielmo di Tocco, e i Bollandisti, 7 marzo. Si legga altresì la recente opera del P. Petitot, O.V.'.S. Tommaso d'Agnino, la vocazione, l'opera, la vita spirituale, Marietti; Torino, 1924.
Vili INTRODUZIONE
' L'enciclica Studiorum ducem, proponendocelo come Maestro incontrastato non solo per la dogmatica e per la morale, ma anche per l'ascetica e per la mistica,, insiste particolarmente su una delle sue più belle dottrine che noi abbiamo qui svolta ampiamente, e. Ili,:' a. V, cioè che il precetto dell'amor ' di Dio non ha limite e che la perfezione della carità cade sotto questo precetto, non certamente come materia, o cosa -da attuarsi immediatamente, ma come il fine a cui ogni cristiano deve tendere, ciascuno secondo la sua condizione 2. S. Francesco di Sales ha conservata la medesima dottrina, che fu spesso disconosciuta quantunque sia essa chiaramente formulata dai Padri della Chiesa e specialmente da S. Agostino 3.
, 2 Encyclica Studiwum ducem. Pio XI, 29 giugno 1923 : « Haec igitur a Deo delapsa seu infusa sapientia, ceteris comitata donis Sancti Spi-ritus, perpetuwn, in Thoma accepit incrementum, aegue oc caritas, om-nium domina et regina virfcutum. Etenim illa huic erat certissima doc-trina, amorera Dei numquam non oportere crescere e ex ipsa forma « praecepti : DUzges Domifium Deum tuum ex foto corde tuo; totum enim « et perfectum idem sunt... Finis praecepti caritas est, iit Apostoins « dieit I Tim., i, 5; in fine autem non adhibetur ali qua mensura, sed « solum in bis quae sunt ad flnem » (II-II, q. 184, a. 3). Quae ipsa est causa quare sub praeceptum perfectio caritatis cadat tanyuam illud gm omnes prò sua quisque conditione niti debent... Itanue praeceptum de amore Dei guani late pateat, caritas eique adjuncta dona Sancti Spi-ritus c[uomodo orescant, multipUces vitae status, ut perfeotionis, ut religiosorum, ut apostolatus, quid inter se differant et quae cujusgue natura visque sit, haec et talia asceticae mysticaeque theologiae capita si guis pernosse volet, is Angelioum in primis Doctorem adeat óportetiit. »
' L'Enciclica scritta da S. Santità Pio XI per il 3° Oentenario di san Hrancesco di Sales, 26 gennaio 1923, la ricordava in questi termini:
« Cristo ha costituito la Chiesa santa e sorgente di santità, e tutti quelli che la prendono per guida e maestra devono per divina volontà tendere alla santità della vita : È volontà di Dio, dice S. Paolo, che voi vi santifichiate. Ohe genere di santità si richiede! Il Signore stesso lo dichiara così : Siate perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste. Nessuno creda che quest'invito sia rivolto ad un piccolo numero di anime elette e ohe a tutti gli altri sia permesso di restare in un grado inferiore di virtù. Questa legge, oom'è chiaro, obbliga assolutamente tutti, senza escezione alcuna. Del resto tutti quelli ohe pervengono alla vetta della perfezione cristiana — e sono pressoché innumerevoli, d'ogni età e d'ogni classe, secondo la testimonianza della storia, — tutti questi
INTRODUZIONE IX
S. Tommaso, trattando delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo, c'insegna principalmente qual è la loro natura e quali sono le loro proprietà. San Giovanni della Croce ci fa conoscere le varie fasi del loro progresso fino al loro perfetto sviluppo. Fra gli autori spirituali noi l'abbiamo preso per guida per diverse ragioni: 1° perché è innegabilmente uno dei più grandi mistici cattolici; 2° perché è canonizzato A e perché la sua dottrina, che subì la prova della critica e fu esaminata dalla Chiesa, è perfettamente sicura; ,3o perché, venuto nel secolo XVI, egli trae profitto da tutta la tradizione 'anteriore, e, conoscendo a fondo l'opera di S. Teresa, la spiega ricollegando gli stati mistici descritti da lei ai principii soprannaturali da cui procedono, alle virtù teologali e ai doni dello Spirito Santo, giunti al loro pieno sviluppo. Egli supera così la stessa S. Teresa, affronta da teologo questioni altissime su cui ella scrisse poco, e con ciò egli fornisce il punto di unione fra la .mistica descrittiva e la teologia speculativa delle virtù e dei doni; 4" finalmente, S. Giovanni della Croce» come tutti i. teologi del Garmelo, è pienamente d'accordo con S. Tommaso sopra le grandi questioni della predestinazione e della grazia, e, a suo esempio, egli distinse ammirabilmente la contemplazione infusa, dai fenomeni straordinari che a volte l'accompagnano..
La dottrina di questi Maestri è l'espressione sicura /della tradizione, come vedremo confrontandola con quella dei Dottori che li precessero e di quelli che li seguirono 5.
conobbero le medesime debolezze della natura che gli altri e corsero i medesimi pericoli. Infatti S. Agostino dice eccellentemente: « Dio non comanda l'Impossibile, ma comandando, avverte di compire ciò che possono le nostre forze e di domandare quello ohe le supera «. — Sopra questa dottrina, cf. S. fbancbsoo di sales, Trattato deU'amor di Dio, 1. Ili, e. i.
• Pio XI l'ha dichiarato Dottore della Chiesa (W, d. T.).
' Cf. e. VI, a. V; L'accordo dei Maestri, pag. 594.
X INTRODUZIONE
* * #
Lo scopo che ci siamo proposto è di far conoscere che cosa è la via unitiva, per indurre le anime ad aspirarvi e a compire generosi sforzi per giungervi.
Vi sono persone che parlano assai di mistica, ma che la comprendono male e ne abusano, come si può abusare delle migliori cose e perfino della S. Scrittura; queste persone devono essere illuminate mediante l'insegnamento sicuro della teologia.
Altre, assai più numerose, ignorano completamente la mistica e sembrano volerla ignorare. Essi non fanno assegnamento che sui loro sfor'zi aiutati dalla grazia comune, per conseguenza non mirano se non a virtù comuni e non tendono alla perfezione, che essi riguardano come troppo elevata. Vite religiose e sacerdotali, che potrebbero essere grandemente feconde, non oltrepassano così una certa mediocrità;
spesso ciò dipende, almeno in parte, dalla prima. formazione e da idee inesatte sull'unione con Dio a cui ogni cristiano può e deve legittimamente aspirare.
Parecchi finalmente di quelli che dovrebbero ben conoscere i libri dei grandi Santi, appena li aprono, col pretesto che la loro dottrina è inaccessibile, ch'essa si presta a interpretazioni divergenti, e che, secondo parecchi teologi, non si può ancora determinare in che cosa essa consista, nemmeno nelle grandi linee, particolarmente su questa questione fondamentale:
La contemplazione, di cui essi parlano, è, sì o no, •nella via normale della santità?
Vi è così in materia di teologia mistica un certo agnosticismo, proprio come ce n'è un altro il quale pretende che non si possano discernere i veri mi-
INTRODUZIONE XI
racoli, perché non si conoscono tutte le leggi della natura, e che uno non si possa appoggiare sulla Sacra Scrittura, perché non sono dilucidati completamente certi passi oscuri dell'Antico e del Nuovo Testamento. • •
Noi crediamo che quest'agnosticismo è falso, che non può far del bene, e che fa capo al risultato funesto che abbiamo ora additato.
La dottrina di S. Tommaso e quella di S. Giovanili della Croce sul problema indicato ci apparisce chiarissima, e se questi grandi maestri avessero lasciato senza soluzione questa questione capitale, sarebbero ancora da costituirsi gli stessi elementi della teologia mistica. ' ;
S. Santità Benedetto XV si degnò di congratularsi col Direttore della Vie Spirituelle perché faceva conoscere questa dottrina, e, il 15 settembre 1921, gli scrisse : « Ai giorni nostri molti trascurano la vita soprannaturale e in sua vece coltivano un inconsistente e vago sentimentalismo. Perciò è assolutamente necessario richiamare più spesso alla mente ciò che, colla S. Scrittura, i Padri della Chiesa c'insegnarono su questo argomento, e di far ciò prendendo soprattutto per guida S. Tommaso d'Aquino, che con tanta chiarezza espose la loro dottrina sull'elevatezza della vita soprannaturale. Bisogna inoltre richiamare istantemente l'attenzione delle anime sulle condizioni richieste per il progresso della grazia delle virtù e dei doni dello Spirito Santo, la cui perfetta espansione si trova nella vita mistica 6. È questo veramente che i tuoi collaboratori e tu avete impreso ad
6 « Necesse omnino est ut saepius recogitetur quid hac in rè tradide-rint, una oum Sacra Scriptura, sanctì Patres, ideine Aquinate prae-sertim magistro, qui quidem Ipsorum dootrinam de elevatione vitae supernctturaUs tara lucide exposuit: ao praeterea quibus conditi onibus proflciat grafia virtutum et donwum Spiritus Sancii, quorum periectio vita mysiica continetur. »
XII INTRODUZIONE
esporre nella vostra rivista, in un modo dottissimo e solidissimo ». .•
Nelle delicate questioni che abbiamo dovuto affrontare, alle volte, quando si vuoi combattere un errore, è difficile non rasentare l'errore contrario, e formulare, come si deve, la dottrina che si eleva sopra queste deviazioni opposte e che non è un giusto me'zzo se non perché è una sommità. Se in qualche luogo avessimo per inavverten'za usata qualche, espressione inesatta, noi la ritrattiamo fin da questo momento e dichiariamo di rigettare ogni spiritualità che s'allontani anche menomamente da quella dei santi approvata dalla santa Chiesa. Per questo noi non abbiamo quasi citato altri che i mistici canonizzati, il cui insegnamento è comunemente accettato.
* * *
Le conclusioni a cui siamo giunti possono riassumersi nel quadro della pagina seguente 7.
Questo quadro da qualche idea del progresso della dottrina su questo punto da S. Agostino a ,S. Teresa, procedendo dal generale al particolare. S. Agostino Aveva distinto i principianti, i proficienti e i perfetti, cosa che, secondo la terminologia di Dionigi, corrispondeva alle vie purgativa, illuminativa e unitiva. S. Tommaso, dopo di lui, notò molte volte il progresso corrispondente delle virtù e dei doni, che sono i principii degli atti soprannaturali, particolarmente i gradi dell'umiltà 8. — Le. purificazioni passive dei sensi
' Questo quadro modifica leggermente quello pubblicato dal Padre Gerest, O. P., nel suo eccellente piccolo Momento della vita spirituale, dpv'egli ci espone le idee che ci sono comimi e secondo le quali modificò l'opera del P. m'eymabd, O. P., Trattato della Vita intcriore (tulle e due le opere in coreo di stampa - marietti, Torino).
• II-II, q. 161, a. 6.
XIV INTEODTJZIONE
e della spirito, indicate da S. Gregoria Magno 9, furono descritte dal Taulero. e sopratutto da S. G-io-vanni della Croce. Quest'ultimo ci dice, Notte oscura, 1. I, e. 9, (3° segno), che nella purifica'zione passiva dei sensi «Dio comincia a comunicarsi, non più mediante i sensi come prima, per mezzo del ragionamento..., ma in un modo puramente spirituale, in un atto di semplice contempla'zione». Qui si tratta ma-. nifestamente della contempla'zione infusa, com'era già dichiarato nella Salita del Carmelo, 1. Il, e. 13. Si capisce dunque perché, nella Notte oscura, 1. I, e. 14 al principio, si dice: v.i proficienti o avanzati si trovano nella via illuminativa; è lì che Dio nutre e fortifica l'anima colla contemplazione infusa ». Finalmente, nella Notte oscura, 1. I, e. 8, si dice: « La purificazione passiva dei sensi è comune, e si produce nei più dei principianti». È veramente la soglia della vita mistica come l'orazione di raccoglimento soprannaturale descritta da S. Teresa, IV Mansione, e. 3. Quest'orazione è spesso preceduta da atti isolati di contemplazione infusa nel corso dell'orazione acquisita. di raccoglimento descritta da S. Teresa nel Cammino della Perfezione, e. 28. — Così nella via illuminativa si vedono manifestarsi chiaramente i doni del timore e della scienza (purificazione passiva dei sensi in cui si conosce il vuoto delle cose create) e quello della pietà (quiete della volontà, in cui si trova questo dono). .
In questo quadro approssimativo si considera l'anima ideale per modo di astrazione, e le vie illuminativa e unitiva sono riguardate, non solo sotto la loro forma imperfetta, ma anche nella loro pienezza, come fa S. Giovanni della Croce, eco fedele della tradizione.
' Ot. l'ultimo capitolo di ciuest'opera sull' « Accordo del Maestri », compendio della dottrina di S. Gregorio. Vi si vedrà che la divisione dei tré gradi della vita spirituale cominciò con Clemente Alessandrino.
INTEODUZIONE XV
Quest'alta perfezione è veramente quella descritta da S. Agostino e da S. G-regorio, quella a cui conducono i dodici gradi dell'umiltà enumerati da San Benedetto, o i sette gradi enumerati da S.'Anselmo;
1° riconoscere d'essere spregevoli, 2° tollerare di essere tali, 3° confessare di esserlo, 4° volere che il prossimo lo creda, 5° sopportare pazientemente che ciò si dica, 6° accettare di essere trattati come persone degne di disprezzo, 7o amare di • essere trattati, così 10.
Questo gran concetto della perfezione cristiana e delle vie illuminativa e unitiva è la sola che ci sembra conservare tutta la elevatezza del Vangelo e delle epistole di S. Giovanni e di S. Paolo.
Infatti il precetto dell'amore, come abbiam detto, non ha limiti: «Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come tè stesso » 11. Gesù aggiunge per tutti;
« Siate perfetti com'è perfetto il vostro Padre celeste» 12, e tutto il discorso del Monte, che comincia ' colle beatitudini, è come il commento di questa sentenza. Per elevarci a questa perfezione, « il Verbo si fece carne e abitò fra noi..., noi tutti abbiamo ricevuto della sua pienezza » 13. — La vita della grazia che ci fu data è il germe di quella del cielo, in fondo è la medesima vita: «In verità, in verità vi dico: Chi, crede in me ha la vita eterna » u. — La contempla-, zio ne dei misteri della vita di Cristo ,sarà data a quelli che lo seguono fedelmente: «Chi ritiene i, miei comandamenti e li osserva, questi è .che mi
10 Vedasi la spiegazione di questi gradi dell'umiltà In
S. Tommaso II-II, q.. 161, a. 6. " Luc.,x, 27. " matth., v, 48. " joan.,
i, 14, 16.
11 joan., VI, 47; Vili, 51.
XVI INTRODUZIONE
ama. E chi ama me, sarà amato dal Padre mio; ed io lo amerò, e gli manifesterò me stesso, et manife-stabo ei meipsum ». 15,. « Io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro consolatorc, affinchè abiti in voi eternamente... Lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quello che ho detto a voi » 16.
• L'amore del prossimo deve esso pure spingersi molto innanzi: «Do a voi un nuovo comandamento, ed è che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi, sicut dilexi vos » 17. « Ora nessuno può avere un amore più grande di colui che da la vita pe* suoi amici » 18.
Il Salvatore, per farci intendere in che consiste la perfezione della carità, disse ancora pregando per noi: «Padre santo, custodisci nel nóme tuo quelli che hai a me consegnati, affinchè siano' una sola cosa come noi... La luce che tu desti a me, io l'ho data ad essi, affinchè siano una sola cosa, come una cosa sola siamo noi, ut sint unum sicut et nos unum su-mus » 19.
Il Vangelo secondo S. Matteo non è d'inferiore elevatezza, quando, al e. xr, 25-29, ricorda queste .parole di Gesù: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute occulte queste cose ai saggi e prudenti, e le hai rivelate ai pargoli ».
Finalmente S^ Paolo ci mostrò tutto ciò che è e dev'essere il corpo mistico di. Cristo, come il cristiano dev'essere incorporato a Cristo mediante una san-.tificazione progressiva, che da una grandissima idea delle tré fasi distinte più tardi.
Via purgativa: Incorporati a Cristo, i fedeli d'e-
" joas.. XIV, 21.
" joan., XIV, 16, 26. " JOAN., XV, 13.
" joan., XIII, Si. " JOAK., XVII, 11,
22.
INTEODTJZIOMÉ XVII
vono dirigere tutta la loro vita verso il cielo e morire sempre più al peccato: «Mortificate le membra dell'uomo terreno che è in voi... spogliatevi'dell'uomo vecchio e di tutte le sue opere » 20. « Noi fummo sepolti con Cristo per il battesimo, per morire al peccato... Se fummo innestati in lui per la l'assomiglianza della sua morte, noi vi saremo altresì innestati per la rassomiglianza della sua risurrezione;
sapendo che il nostro vecchio uomo fu crocifisso con lui, affinchè il corpo del peccato sia distrutto in noi » 21. « Quelli che sono di Gesù Cristo hanno crocifisso la loro carne coi vizi e colle concupiscenze » 22. Quindi gli Apostoli portano « nel loro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifestata in essi » 23. Chi sacrifica la sua vita la ritrova trasfigurata: «se il granello di frumento eaduto in terra non muore, resta infecondo; se poi muore, fruttifica abbondantemente» (Joan., xn, 24).
La via illuminativa è altresì indicata da S. Paolo, quando dice che il cristiano, alla luce della fede e sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, deve «rivestirsi dell'uomo nuovo, che s'illumina e si rinnova secondo l'immagine del suo Creatore... Rivestitevi adunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di tenerezza e di viscere di misericordia, di benignità, d'umiltà, di .modestia, di pazienza... Ma soprattutto rivestitevi della carità, che è il vincolo della perfezione » 2!t. — Bisogna imitare Gesù Cristo e quelli che gli rassomigliano 25, bisogna avere i suoi sentimenti, pren-
. " Coloss., ni, 5, 9.
" Bom., vi, 4-6 e xn, 2.
88 datai., v,
24. : '» II Cor., IV, 10, '•;" Coloss., m, 10, 12;
item Ephes., IV, 1-6; Coloss.,. i, 10-12;
II Cor., sili., 9, 16; Gol., il, 9.
" Philipp., il, 5; I Cor., si, 1.
XVIII INTEODITZIÒNE
dere lo spirito de' suoi misteri, della sua passione26, della sua crocifissione 27, della sua morte, della sua sepoltura 28, della sua risurrezione 29, della sua ascensione 30. Quindi S. Paolo soffre i dolori del parto, finché Gesù Cristo sia formato nell'anima dei fedelis1, finché essi siano perfettamente illuminati dal lume di vita. « Io, dice egli, riguardo tutte le cose come perdita, rispetto all'eminente cognizione di Gesù Cristo mio Signore, per amor del quale ho rinunziato a tutte le cose, e le stimo come spazzatura per far acquisto di Gesù Cristo » 82.
La via unitiva finalmente è quella seguita dal cristiano soprannaturalmente illuminato, che vive in una unione per così dire continua con 'Cristo : ;« Se voi siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo sedente alla destra. di Dio. Abbiate pensiero delle cose di lassù,, non di quelle della terra. Poiché siete morti (al mondo), e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio, vita vostra est abscondita cum Christo in Deo » 33. « E la pace di Cristo, alla quale siete chiamati in modo da formare un solo corpo, regni nei vostri cuori. Siate riconoscenti. La parola di Cristo' abiti in voi abbondantemente e vi colmi di sapienza. Istruitevi ed esortatevi a vicenda;
i vostri cuori si espandano in Dio per mezzo di salmi, d'inni e di canzoni spirituali. E qualunque cosa diciate o facciate, (fate) tutto nel nome del Signore Gesù Cristo, rendendo per lui grazie a Dio Padre » 3t. Tal è veramente, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, l'unione con Dio mediante. Gesù Cristo e mediante la contemplazione amante e saporosa dei grandi misteri
' Rum., vili, 7. 7 Rom., vi, 5. ' Rom., vi, 4-11. • Col., in, 1. « Ephes., il, 6.
" Ctal., IV, 19. " Phil., m, 8. " Col., m, 1-4. " Oo;., m, 15-17.
INTRODUZIONE XIX
della fede s5; è. il
preludio normale della visione del cielo: «E quando apparirà Cristo, vita
vostra, apparirete anche voi nella gloria. Cum Christus apparuerit, vita vostra, tunc et vos apparebitis cum ipso in,
gloria » 36.
" Vedasi a p. 314-345, quello che dice S. Paolo dello spirito della sapienza.
" Còl., Ili, 4.
CAPITOLO PEIMO
II Problema mistico attuale.
articolo i.
Oggetto e metodo della teologia ascetica e mistica.
Che cosa bisogna intendere per Teologia ascetica e mistica? È una scienza speciale o una parte della Teologia? Qual è il suo oggetto proprio? — Sotto qual luce procede essa? Quali sono i suoi principii? Qual è il suo metodo?
Queste son questioni a cui importa rispondere prima di cercare in che cosa si distinguano l'ascetica e la mistica e prima di affrontare i principali problemi ch'esse devono risolvere.
I.
Che cosa bisogna intendere per Teologia ascetica e mistica? Qual è il suo oggetto ?
Teologia significa scienza di Dio; e si distinguono la teologia naturale o teodicea, che conosce Dio col solo lume della ragione, e la teologia soprannaturale, che procede dalla rivelazione divina, ne esamina il contenuto e deduce le conseguenze delle verità di fede.
1 — Perfezione e Contemplazione. - I.
2 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Questa teologia soprannaturale si dice dogmatica in quanto si occupa dei misteri rivelati, principalmente della SS. Trinità, dell'Incarnazione, della Redenzione, dell'Eucaristia e degli altri sacramenti, e della vita futura. Si dice morale in quanto tratta degli atti umani, dei precetti e dei consigli rivelati, della grazia, delle virtù cristiane, teologali e morali, dei doni dello Spirito Santo, che sono altrettanti principii d'azione ordinati al fine soprannaturale che la rivelazione fa conoscere-. , .
Spesso, presso i moderni, la teologia morale, troppo separata dalia dogmatica, alla quale essa ha abbandonato i grandi trattati della grazia, delle virtù infuse e dei doni, è stata come mutilata e disgraziata-. mente ridotta alla casistica che è la meno alta delle sue applicazioni; essa è così diventata in parecchie opere assai più la scienza dei peccati da evitare che quella delle virtù da praticare e da svolgere sotto l'azione costante di Dio in noi. Essa ha così perduto della propria elevatezza e resta manifestamente insufficiente per la direziono delle anime che aspirano all'unione intima con Dio.
Invece, così com'è esposta nella Seconda Parte della Somma Teologica di S. Tommaso.^la teologia morale conserva tutta la sua grandezza e tutta la sua efficacia per la direziono delle anime chiamate alla più alta perfezione. Infatti S. Tommaso non considera la dogmatica e la morale come due scienze distinte; la dottrina sacra, secondo lui, è assolutamente una, eminentemente speculativa e pratica, come la scienza stessa di Dio da cui essa deriva 1. Perciò egli, nella parte morale della sua Somma, tratta non solo degli atti umani, dei precetti e dei consigli, ma ancora della grazia abituale e attuale, delle virtù infuse in generale e in particolare, dei doni dello
' Sunima Theol., I, q. 1, a. 2, 8..
IL PEOBLEMA MISTICO . ATTUALE 3
Spirito Santo, dei loro frutti, delle beatitudini, della vita attiva e contemplativa, dei gradi della contemplazione, delle grazie date gratuitamente- ; come • i] dono dei miracoli, il dono delle lingue e- della profezia, del rapimento, come pure della vita religiosa e delle sue diverse forme. •
Nella teologia morale così Concepita vi sono manifestamente i principii necessari per guidare le anime alla più alta santità. E la Teologia ascetica e mi- . stica non è altro che l'applicazione di questa grande Teologia morale alla direziono delle anime verso un'unione sempre più intima con Dio. Essa suppone quello che insegna la dottrina sacra circa la natura e le proprietà delle virtù cristiane e dei doni dello -Spirito Santo, e studia le leggi e le condizioni del loro progresso in vista della perfezione.
Per insegnare la pratica delle più alte virtù, la perfetta docilità allo Spirito Santo e per 'condurre alla vita d'unione con Dio, essa fa convergere tutti i lumi della teologia dogmatiqa e morale della quale è l'applicazione più alta e il coronamento. ,
In tal modo si compie il ciclo formato dalle diverse parti della teologia, la cui perfetta unità apparisce sempre più. La scienza sacra proòede dalla Rivelazione, contenuta nella Scrittura e nella Tra-. dizione, conservata e spiegata per il Magistero della, Chiesa; essa ordina tutte le verità rivelate e le loro conseguenze in un corpo dottrinale unico, in cui i precetti e i consigli appariscono fondati sul mistero soprannaturale della vita divina, di cui la grazia è» una partecipazione. Finalmente dimostra come, colla pratica delle virtù e colla docilità allo Spirito Santo, l'anima arriva non più solo a credere i misteri rivelati, ma a gustarli, a cogliere il senso profondo della parola di Dio, fonte di ógni cognizione soprannaturale, a vivere in un'unione per così dire centinua colla SS. Trinità che abita in noi. Così la
4 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
mistica dottrinale veramente apparisce come il coronamento ultimo di tutta la scienza teologica acquisita, e può dirigere le anime nelle vie della mistica sperimentale. Quest'ultima è una cognizione amante e saporosa, affatto soprannaturale, infusa, che solo lo Spirito Santo, colla sua unzione può darci e che è come il preludio della visione beatifica.
Tal è manifestamente la nozione della Teologia ascetica è mistica che si fecero i grandi maestri della scienza sacra, specialmente S. Tommaso d'A-quino. , . .
Questa nozione del resto risponde perfettamente al senso corrente e all'etimologia delle parole «ascetica» e «mistica». Il termine ascesi, come- indica la sua origine greca, significa l'esercizio delle virtù. Tra i primi cristiani si chiamavano asceti quelli che si dedicavano alla pratica della mortificazione, degli esercizi di pietà e delle altre virtù cristiane. L'ascetica adunque è quella parte della teologia che dirige le anime nella lotta contro il- peccato e nel progresso della virtù.
La teologia mistica, come il suo nome^ dimostra, tratta delle cose più nascoste e misteriose : dell'unione intima dell'anima con Dio, dei fenomeni transitorii che accompagnano certi gradi dell'unione, come l'estasi, finalmente delle grazie propriamente straordinarie come le visioni e le rivelazioni private.
Difatti sotto questo titolo «Teologia, mistica» Dio-nigi, e dopo di lui molti altri, trattarono della contemplazione soprannaturale e dell'unione intima dell'anima con Dio, mostrandoci così qual è l'oggetto principale di questa dottrina 2.
' Si può dire, con certi autori moderni, che « la teologia mistica poggia sulla teologia dogmatica, come la teologia ascetica poggia sulla teologia morale », secondo le espressioni d'un maestro anonimo citato dal Sauvé, nel suo eccellente trattato sugli Stati mistici, 6* ed., p. I. Nondimeno questo modo di parlare, crediamo, s'ispira ad una conce
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 5
Tutto questo torna a dire che la Teologia ascetica e mistica ossia la dottrina spirituale non è una scienza speciale, ma una parte della teologia. L'insieme dei teologi l'intese sempre così.
Ciò non impedisce per nulla ad uno psicologo, anche incredulo, di studiare da fuori, e in qualche modo dal basso, i fenomeni ascetici e mistici nei cristiani o in altre religioni. Ma questo studio sarà solo psicologico e non meriterà affatto il nome di Teologia ascetica e mistica. Sarà soprattutto descrittivo, e se vuole spiegare tutti questi fatti colle sole forze naturali dell'anima, esso sarà dichiarato falso da ogni cattolico che vedrà in esso una spiegazione materiale del superiore per l'inferiore, simile a quella che i meccanisti propongono dei fenomeni vitali.
Ciò detto, è facile risolvere la questione proposta:
Qual è l'oggetto della teologia ascetica e. mistica, senza distinguere ancora queste due parti della dottrina spirituale? — È la perfezione cristiana, l'unione con Dio, la contemplazione ch'essa suppone, i mezzi ordinar! che vi .conducono, e i soccorsi straordinari che la favoriscono.
Fin d'ora noi potremmo cercare in che cosa si distinguano l'ascetica e la mistica; ma siccome questo problema delicato è risolto in modo più o meno differente secondo il metodo adottato per trattare queste materie, è meglio proporre subito questa questione di metodo.
zione della teologia morale meno alta di quella che se ne faceva S. Tom-maso, e condurre'bbe torse a distinguere oltre misura l'ascetica dalla mistica, a perdere di vista la continuità del progresso spirituale. Ritorneremo sopra questa questione, sulla quale 11 Sauvé si esprime spesso in modo così preciso e così tradizionale nel medesimo trattato.
6 PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
II.
Quali sono i principii e il metodo della Teologia ascetica e mistica? *
Posto ciò che abbiamo detto dell'oggetto di questo ' ramo della teologia, è facile vedere al lume di quali principii essa deve procedere per raggiungere questo oggetto.
È il lume della Rivelazione, contenuta nella Scrittura e nella Tradizione, spiegata dal magistero della Chiesa, commentata dalla Teologia dogmatica e morale che deduce dai principii di fede le conclusioni .ch'essi implicano. Al lume di questi principii devono essere esaminati i fatti della vita ascetica e mistica, se si vuole oltrepassare la, semplice psicologia, e devono essere formulate le regole di direziono perché siano qualcos'altro che ricette pratiche non motivate.
Ciò è chiaro e ammesso da tutti .gli scrittori cattolici; ma se vuoisi precisare maggiormente la questione di metodo, sorgono a volte delle divergenze fra gli autori, divergenze che naturalmente influiscono sopra le loro teorie. Alcuni, specialmente quanto alla-mistica, usano quasi esclusivamente il metodo descrittivo e induttivo, che parte dai fatti; .altri invece procedono principalmente secondo il metodo deduttivo, che parte dai principii.
* * *
A) Metodo descrittivo o induttivo. — La scuola descrittiva, senza disprezzare la dottrina dei grandi teologi sulla vita della grazia e sui .soccorsi ordinar! o straordinari di Dio, s'accinge a descrivere , i varii stati spirituali, e particolarmente gli stati mistici, me-
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 7
.diante i loro segni anziché determinare teologicamente la loro natura e indagare se essi procedono dalle virtù cristiane, dai doni dello Spirito Santo .o dalle grazie date gratuitamente come la profezia e i ca-' rismi che ad essa si ricollegano.
In tal modo si scrissero in questi ultimi anni diverse opere, sotto certi aspetti assai istruttive, che sono specialmente raccolte di descrizioni di stati mistici, seguite da regole pratiche di direzione e ,da alcuni complementi sulle questioni teoriche, come la natura dell'unione mistica 3. Trattati, come dichiarano essi medesimi, analoghi ai manuali di medicina pratica, che insegnano a formulare rapidamente una diagnosi tal quale e a prescrivere i rimedi appropriati, senza indagar oltre quale sia la natura del male da guarire, ne quali siano i suoi rapporti coll'insieme dell'organismo.
Queste opere, utilissime sotto un certo aspetto, contengono solo una parte della scienza: le basi induttive o i fatti e le conclusioni pratiche. Ma la luce dei principii teologici e' la coordinazione dottrinale mancano, per conseguenza le regole di direzione, agli occhi del teologo, restano generalmente troppo empi-riche, insufficientemente classificate e giustificate. La scienza è la cognizione delle cose, non solo mediante le loro apparenze e i loro segni, ma mediante la loro natura stessa e le loro cause. E siccome l'azione deriva dalla natura delle cose, non si può dire praticamente ciò che deve fare l'uomo inferiore se non si è determinata la natura stessa .della vita inferiore. Come dire se si possa senza presunzione e se si debba desiderare l'unione mistica, prima d'aver determinato la natura di quest'unione, prima d'aver riconosciuto se essa sia un dono propriamente straordi-
' Tal è il libro del ciotto e rimpianto P. poijlaim-,s. J,,Les Grdces d'oraison, che devono aver letto attentamente tutti/quelli che vogliono trattare questi problemi (Traduzione italiana : makietti, Torino).
8 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
nario o una grazia eminente, generalmente accordata ai perfetti, e necessaria, almeno moralmente, ad una alta perfezione ? Se questa questione è trattata solo a modo di appendice, come un problema puramente speculativo e quasi insolubile, le regole di direziono precedentemente formulate non avranno il fondamento dottrinale sufficiente.
A certi partigiani della scuola descrittiva, che pur ammettono la verità della dottrina teologica dei doni dello Spirito Santo, principii della contemplazione mistica, accade di dichiarare ch'essa «non ha se, non un interesse storico» t, perché, dicono, essa 'non rischiara ne i fatti, ne le questioni pratiche della di-rezione. Molti teologi pensano invece ch'essa permette di risolvere la questione capitale di cui abbiamo ora parlato', e di distinguere quello che nella vita spirituale appartiene all'ordine della grazia santificante nelle sue forme eminenti e quello che spetta alle grazie date gratuitamente {gratis datae) propriamente straordinarie. E ciò e tanto possibile, che solo questa dottrina ci permette di determinare qual è il punto culminante dello sviluppo normale della vita della grazia, in un'anima inferiore perfettamente docile allo Spirito Santo. Ora è questo uno dei problemi più importanti della dottrina spirituale.
Per supplire a questa lacuna' dottrinale e a questa assenza di principii direttori, alcuni amici troppo esclusivi del metodo descrittivo, alle -volte danno, fin dalla prima pagina del loro Trattato di mistica e come a priori, una definizione così detta nominale dello stato mistico (quiete o unione), che lo dichiara tanto straordinario, o poco manca, quanto le visioni o le rivelazioni private. Simile definizione ' contiene già tutta una teoria. Questi amici del metodo d'osservazione, colpiti da certi segni esterni dello stato mi-
4 potjlain,
Les Ordces d'oraison, IX ediz., pag. 132, 164.
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 9
stico che forse non sono altro che segni accidentali, determinano precipitosamente la sua natura prima di chiedere alla teologia che cosa essa ne pensi. Eppure solo questa scienza suprema, illuminata dalla rivelazione, può dire se questo stato sia la piena - espansione normale della vita soprannaturale ; d'unione con Dio, o se sia un dono straordinario, per nulla necessario alla più alta santità.
'L'uso esclusivo di questo metodo descrittivo condurrebbe a dimenticare che la teologia ascetica e. mistica è una parte della teologia, e finalmente verrebbe considerata come una parte della psicologia sperimentale. In .altri termini, se si trascura di ricorrere alla luce dei principii della teologia, ci si dovrà contentare di quella che forniscono quelli della psicologia, come fanno gli psicologi che trattano dei fenomeni mistici nelle diverse religioni. Ma questo processo dovrebbe far astrazione dalla stessa fede, e non permetterebbe di assegnare una causa soprannaturale se non a fatti propriamente e manifestamente miracolosi; in quanto agli altri fatti mistici più profondi, ma d'una soprannaturalità meno apparente, sarebbero dichiarati inesplicabili o . spiegati indebitamente colle sole forze naturali dell'anima. ' La medesima osservazione vale per la storia 'della vita dei santi, degli ordini religiosi, della Chiesa stessa.
Il metodo descrittivo, per quanto utile e necessario, non può dunque essere esclusivo. Esso è portato a disconoscere il valore d'un'a distinzione teologica fondamentale, che può illuminare tutta la mistica: quello del soprannaturale essenziale (supernaturale quoad substantiam) che è quello della vita intima di Dio, di cui la grazia santificante, ossia «grazia delle virtù e dei doni », è una partecipazione, e del soprannaturale inferiore o preternaturale (supernaturale quoad modum tantum) che è. quello dei. segni o fenomeni straordinari, che il demonio si diletta d'imitare. Come
10 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
S. Tommaso disse spesso 6, è altrettanto S. Giovanni della Croce 6, vi è un abisso tra queste due forme del soprannaturale, per esempio tra la vita essenzialmente soprannaturale della grazia invisibile (che l'angelo stesso non può conoscere naturalmente), e la risurrezione visibile d'un morto, che non è soprannaturale se non per il modo secondo il quale la vita naturale e restituita al cadavere; e ancora tra la fede infusa nel mistero della SS. Trinità e la cognizione soprannaturale d'un avvenimento futuro d'ordine naturale, come la fine d'una guerra '?. È tutta la differenza che passa fra la dottrina e la vita cristiana da una parte e i miracoli e le profezie che ne confermano l'origine divina, e che non sono che segni concomitanti.
Questa distinzione capitale delle due forme del soprannaturale, che domina tutta la teologia, è assolutamente indispensabile in mistica. Ora il metodo descrittivo solo a mala pena vi fa attenzione; esso è colpito soprattutto dai segni più o meno sensibili degli stati mistici, e non dalla legge fondamentale del progresso della grazia la cui soprannaturalità essenziale è troppo profonda e troppo elevata per cadere sotto le prese dell'osservazione. Eppure quest'ultimo soprannaturale è quello che interessa maggiormente la fede e là teologia.
Perciò le opere di mistica puramente descrittiva, per quanto siano utili, non contengono, si può dire, altro che i materiali della teologia mistica. Il perché noi .sottoscriviamo pienamente a, ciò che ci scriveva poco fa un eccellente tomista : « Non vi è teologia mistica come scienza speciale. Vi è solo la teologia della quale certe applicazioni riguardano .la vita mistica. Trattare la teologia" mistica come una scienza
„ ' I-II, q. 3, art. 5: ,« Gratìa gratum facléns est multo excellentior. quam grafia gratta data. »
' Salita del darmelo, 1. II, e. x, xix, xs, xxv, etc. ' Vedasi più innanzi, p. 52.
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 11
che abbia i suoi principii proprii, è un impoverire e diminuire ogni cosa, è un perdere il lume direttore. La mistica s'ha da trattare coi grandi principii della teologia, e allora tutto s'illumina e si è davanti ad una scienza, non davanti ad una collezione di fenomeni».
B) Metodo deduttivo. —Non bisogna tuttavia cadere nell'altro estremo e contentarsi del metodo teologico deduttivo. Certi spiriti semplicisti sarebbero propensi a dedurre la soluzione dei problemi più difficili della spiritualità partendo dalla dottrina di S. Tommaso sulle virtù infuse e sui doni dello Spirito Santo (nettamente distinti dalle grazie gratis datae) senza considerare sufficientemente le ammirabili descrizioni date da S. Teresa, da S. Giovanni della Croce, da S. Francesco di Sales e da altri grandi santi, -dei diversi gradi della vita spirituale, segnatamente dell'unione mistica. E siccome, secondo S. Tommaso e la Tradizione, i doni dello Spirito Santo sono in ogni anima in stato di grazia, qualcuno sarebbe forse in-; clinato a credere che lo stato mistico o la contemplazione infusa siano frequentissimi, e potrebbe confondere con essi quello che non è se non .il preludio, come l'orazione di semplicità così ben descritta da Eossuet 8. Sarebbe così portato a non tener abbastanza conto dei fenomeni concomitanti o -ausiliari di certi gradi dell'unione mistica, come la legatura e l'estasi, e cadrebbe nell'estremo opposto a quello dei partigiani del solo metodo descrittivo.
' bossuet, Manière courte et facile de faire l'oraison en fot et de simple présence de Dieu (opuscolo indirizzato alle religiose della Visitazione di Meaux). Quest'orazione può essere chiamata contemplazione, ma se si paragona agli stati passivi, anche inferiori, descritti da S. Teresa, si vede ch'essa non merita ancora il nome di contemplazione propriamente mistica, salvo che per brevi istanti, e nella sua seconda fase.
12 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Questi due estremi da evitare ricordano l'opposizione che esiste in filosofia tra l'empirismo e l'idealismo platonico, o m apologetica tra quelli che considerano solo i miracoli e le profezie,(segni concomitanti . della rivelazione) e quelli che parlano solo dell'armonia e della sublimità della dottrina e .della vita cristiana.
Praticamente, come conseguenza di questi due eccessi vi sono pure due estremi da evitare nella dirczione: far abbandonare alle anime la via ascetica o troppo presto o troppo tardi. Vi ritorneremo sopra.
* • * ,, *
Unione dei due metodi. — È chiaro che bisogna unire questi due metodi: induttivo e deduttivo, analitico e sintetico.
Al lume dei principii della teologia bisogna determinare: quello che dev'essere 'la perfezione cristiana, senza sminuirla in nulla, qual è la contemplazione ch'essa suppone, i mezzi ordinar! che ad essa conducono, i soccorsi straordinari che la favoriscono.
Per questo bisogna analizzare le nozioni di vita e, di perfezione, cristiana, di santità, che ci da il Vangelo; .descrivere i fatti della vita ascetica e mistica, seguendo J-a testimonianza dei santi che meglio li sperimentarono e li fecero conoscere. Questa descrizione dei fatti, accompagnata dall'analisi delle nozioni teologiche corrispondenti, deve cercar di determinare la natura di questi fatti o stati inferiori e di distinguerli dai fenomeni concomitanti e ausiliari. Gli autori che possono meglio aiutarci in questo sono quelli che furono nel medesimo tempo grandi teologi e grandi mistici, come S. Tommaso e S. Bona-ventura, Eiccardo di S. Vittore, S. Giovanni della Croce, S. Francesco di Sales.
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 13
Dopo questo lavoro di analisi delle nozioni e dei fatti, bisogna far la sintesi alla luce della nozione evangelica di perfezione ossia di santità. Bisogna dimostrare: 1° quello che è essemiale o conforme alla perfezione cristiana e. quello che le è contrario;
2° quello che è necessario o molto utile e desiderabile' per giungervi e quello che è propriamente straordinario, e per ' nulla richiesto alla più alta santità.
In tutto questo è sommamente importante distinguere lo straordinario di diritto (ossia il miracoloso) e lo straordinario di fatto che è l'ordinario o il no.r-•male nella vita dei santi, pur essendo raro come la santità stessa. L'omissione di ^ questa distinzione è la fonte di equivoci frequenti in parecchie opere' moderne, che dimenticano troppo le grandi divisioni del soprannaturale. ' ,
Così sotto la luce delle nozioni e dei principii teologici noi potremo discernere i fatti e formulare le regole di direzione, motivandoli.
Tal è, a nostro avviso, il vero metodo di teologia-ascetica e mistica, e non può essere altrimenti 30 questa, come abbiam veduto, è l'applicazione della teologia alla direzione delle anime verso un'unione con Dio sempre più intima.
Dobbiamo ora esaminare la distinzione dell'ascetica e della mistica, i loro rapporti-e l'unità della dottrina spirituale; questione delicata, in cui non bisogna dimenticare che Dio chiama tutte le anime inferiori a bere alla fonte d'acqua viva dov'osse troveranno la vita in abbondanza, perfino oltre ai loro desideri:
ut vitam habeant et abundantius habeant. Secondo i santi, l'anima che s'adopera a spogliarsi per amor di Dio di tutto ciò che non è D'io, è ben presto compenetrata di luce e talmente unita a Dio ch'ella gli diventa tutta simile ed entra ii\ possesso di tutti i suoi beni.
14 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
abticolo II.
La distinzione dell'ascetica e della mistica e l'unità della dottrina spirituale.
La teologia ascetica e mistica, come dicevamo nel precedente articolo, è un'applicazione della teologia alla dirczione delle anime verso un'unione con Dio sempre più intima. Aggiungevamo ch'essa/deve far uso del doppio metodo induttivo e deduttivo: studiare i fatti della vita spirituale alla luce dei principii rivelati e delle dottrine teologiche dedotte da questi principii. Conviene ora vedere in che cosa si distinguono l'ascetica e la mistica : se questa distinzione è tale che non vi sia continuità nel passaggio dall'una all'altra, ne unità nella dottrina spirituale. Su questo punto non vi è un accordo perfetto tra'^gli autori antichi e parecchi moderni le cui opere sono abbastanza divulgate.
Tesi tradizionale:
unità della dottrina spirituale.
Un tempo, fino ai secoli XVII e XVIII, si trattava generalmente sotto l'unico titolo Teologia mistica non solo dell'unione mistica, della contemplazione infusa, de' suoi gradi, delle grazie propriamente straordinarie che a volte l'accompagnano (visioni e rivelazioni private), ma ancora della perfezione cristiana in generale e delle prime fasi della vita spirituale, il cui progresso normale appariva così ordinato all'unione mistica come al suo punto culminante.
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 15
Quest'insieme costituiva un tutto veramente uno, cioè, la dottrina spirituale, dominata da un'altissima idea della perfezione, attinta dal Vangelo e dai santi, ed era un principio comunemente ricevuto che la contemplazione infusa o mistica (distintissima dalle visioni e rivelazioni private) è ordinariamente concessa ai perfetti e procede specialmente dal dono della sapienza, il cui progresso è proporzionale a quello della carità. In altre parole, vi era l'accordo jne] riconoscere che una carità eminente, principio d'una unione intimissima con Dio, s'accompagna normalmente con un'eminente contemplazione, confusa, ma penetrantissima e saporosa, con una cognizione quasi sperimentale del mistero di Dio, più intimo all'anima ch'ella stessa, di Dio che si fa sentire a lei e agisce costantemente su di lei, nella prova come nella consolazione, tanto per distruggere quello che deve morire quanto per rinnovare e per edificare.
Si possono verificare queste asserzioni consultando le « Teologie mistiche » del domenicano Vallgornera, dei carmelitani Tommaso di Gesù, Domenico della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, Filippo della S. Trinità 1, e, risalendo il passato, le opere di San Giovanni della Croce, di S. Teresa, dei venerabili Lodovico Blosio 2, Dionigi Cartusiano, Taulero, del
' Per esemplo filippo della S. trinità, Summa Theolog. mysticae, 1655, edizione di Bruxelles 1874, t. II,p. 299, dice: n Debent omnes ad gupematuralem contemplationem aspirare: niliil honestius, utilius, deleotabiliug » — t. Ili, p. 13 : « Debent omnes, et maxime Deo spe-cialiter consecratae animae, ad actualem fruitivam nnionem oTim Deo aspirare et tendere » — t. II, p. 310: i Contemplationis supernaturalis gratia ali quando conceditur imperfeotis, augnando denegatur periectis. 11, Aliquando designa piuttosto l'eccezione che la regola. — Lo stesso scrive tommaso di gesù', De contemplatwne divina, 1. I, e. ix.
2 II blosio compendia ammirabilmente l'insegnamento tradizionale sn questo punto nella sua Institutio spiritwilis, e. 1: 11 Tutti gli uomini devono aspirare all'unione con Dio. O. xn. Come si opera nell'anima arrivata alla perfezione l'unione mistica con Dio: § 1. Colui che persevera , ottiene di solito l'unione mistica;... § 3. Alcuni avvisi circa quest'unione: § 4. Suoi effetti. »
16 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
E. Enrico Susone, del B. Bartolomeo de Martyribus, di, S. Tommaso d'Aquino, -di S. Bonaventura, di S. Alberto Magno, di Dionigi il mistico, di S. Agostino .
: S. Tommaso in particolare dimostrava i rapporti di ciò che oggi si chiama ascetica e mistica trattando delle relazioni scambievoli dell'azione, e della contemplazione. Con S. Agostino e S. G-regorio ecco quello ch'egli c'insegna: La vita attiva, a cui si ricollega l'esercizio delle virtù morali della prudenza, giustizia, fortezza, temperanza 3, e le opere esteriori di carità, dispone alla vita contemplativa, in quanto ,essa regola le passioni che turbano la contemplazione, e in quanto ci fa crescere nell'amor di Dio e del prossimo *. Poi la contemplazione di Dio, che è propria dei perfetti, porta all'azione, la dirige e la rendè inolio più soprannaturale e più feconda 5. Così nell'ordine naturale l'immagine precede l'idea e serve poi ad esprimerla, l'emozione precede il volere e serve poi ad eseguire con più ardore la cosa voluta;
cosi ancora, dice S. Tommaso, i nostri atti generano un'abitudine, poi questa ci fa agire più prontamente e facilmente 6. In tal modo l'ascesi non cessa quando la vita contemplativa comincia; ma all'opposto l'esercizio delle diverse virtù diventa '.molto superiore, quando l'anima riceve la grazia mistica - dell'unione quasi continua con Dio.
Come S. Tommaso osserva, vi sono delle anime che a cagione della loro impetuosità sono più atte alla vita attiva, altre invece hanno naturalmente la pu-re'zza di spirito e la calma che le prepara maggiormente alla contemplajzione 7; ma tutte possono dis-
S. tommaso, Sum. Theol., II-II, q. 181, art. 1 et 2. l'bid., q. 182, art. 3. IWd., a. i. l'bid., a. 4, ad. 2. IWd.. a. 4, ad 3.
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 17
porsi alla vita. contemplativa 8, che è la più perfetta e per sé la più meritoria 9. «L'amor di Dio, infatti, è più meritorio di quello del prossimo»10. È l'amore di Dio che, come dice S. Agostino, ci porta a cercare il santo riposo della divina contemplazione n. E se uno dei segni della carità è la pena esterna che uno s'impone per Cristo, un segno molto più espressivo è quello di mettere da parte tutto quello che appartiene alla vita presente e di trovare la propria felicità nel-l'abbandonarsi esclusivamente alla contemplazione di Dio » 12. « Quanto più l'uomo unisce strettamente a Dio l'anima sua o quella d'un altro, tanto più il suo sacrifizio e gradito al Signore» 13. ' '
S. Giovanni della Croce insiste particolarmente Su questo punto: la contemplazione soprannaturale, di cui egli parla nella Salita del Canneto e nella Notte oscura, vi apparisce come il pieno sviluppo della «vita di fede » e dello spirito di sapienza. « Solo la fede, dice egli, è il mezzo prossimo e proporzionato, che può unire l'anima a Dio » u. « La Fede pura, nello spogliamente e nell'abnegazione di, tutto, porta molto più all'amore di Dio che le visioni spirituali»15.
Ciò s'intende, se non si, diminuisce, come fanno parecchi moderni, la soprannaturalità essenziale della fede, e se si ricorda che questa virtù, anche informe o separata dalla carità, è, nonostante la sua oscurità, infinitamente superiore, per il suo oggetto primo e per il suo motivo, alla più alta ^agnizione naturale degli angeli, o anche alla -previsione soprannaturale
' 8. tommaso, Sum'ma Theol., q. 182,
a. 4; ad 3.
• I.bid., a. 2. ,
• Itnd.
1 Città di Dio, 1. XIX, 19.
2 II-II, a. 182, a. 2, ad 1.
3 J6id.,.ad 3.
4 S. giovanni della croce, Montée du Carmel, tr. Hoornaert, I edi.z.,1. II, o. vili; p.118; e. li, p. 83; 6. in, p. 89;introd. p. 76. " IM., pag. 241-242. - .
2 — Perfezione e Contemplazione. - I.
18 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
dei futuri : contingenti naturali; essa è del medesimo ordine essenzialmente divino che la visione beatifica. La fede infusa, dono di Dio, è, dice S. Paolo, «la sostanza delle cose che noi speriamo »,, e, specialmente quand'è accompagnata dai doni dell'intelletto e della sapienza in un grado eminente, è, per così dire, il cominciamento della vita eterna, inchoatio vitae aeternae, dice parecchie' volte S. Tommaso, de 'Ventate, q. 14, a. 3.
Se' vogliamo capire tutta la grandezza della vita di fede, nella quale ogni cristiano deve progredire:,, dobbiamo leggere i maestri della mistica tradizionale. E secondo il loro punto di vista, nessuno si stupirà che la vita mistica perfetta sia il punto culminante dello sviluppo normale della vita dèlia grazia. Così l'unità della dottrina e della vita spirituale è mantenuta nonostante la diversità degli stati Ulteriori.
Tesi di, parecchi moderni :
separazione dell' ascetica e della mistica.
•Pai secoli XVII e XVIII, parecchi autori pensarono di dover distinguere assolutamente e, per così dire, di separare l'ascetica e la mistica, che fin d'allora furono spesso l'oggetto di trattati speciali: «Direttorio ascetico» e «Direttorio mistico».
Ciò avvenne in seguito a vive discussioni provocate dagli abusi provenienti da un insegnamento prematuro ed erroneo delle vie mistiche. Fin dal tempo di S. Teresa queste vie apparvero così sospette a molti che fu necessario difendere gli scritti di San Giovanni della Croce contro la taccia d'illuminismo, e certi superiori si preoccuparono a tal punto da proibire ai loro religiosi la lettura delle opere del Ven. Taulero, del Euysbroeck, del B, Enrico Susone,
Il, PROBLEMA MISTICO ATTUALE 19
di S. Geltrude e di S. Matilde. Dopo la condanna degli errori di Molinos, le vie mistiche furono anche più sospette. '.-•,'- . ,
Allora non , pochi autori, eccellenti .sotto molti, aspetti, convennero nel distinguere assolutamente l'ascetica e la mistica. Troppo solleciti di sistemare,. di stabilire una dottrina per rimediare ,ad abusi, e inclinati per conseguenza a classificare le cose materialmente, dal di fuori, sen'za averne una cognizione abbastanza alta e abbastanza. profonda, dichiararono che l'ascetica deve trattare della vita cristiana « ordinaria », secondo le tré vie purgativa, illuminativa . e unitiva. La mistica, alla sua volta, non doveva trattare se non delle «grazie straordinarie», nelle quali si fecero entrare non solo le visioni e le rivelazioni private, ma anche la contemplazione soprannaturale confusa, le purificazioni passive, l'unione mistica.
Così quest'ultima non apparisce più come il punto culminante dello sviluppo normale della grazia santificante, delle virtù e dei doni; la contemplazione infusa non è più la vita della fede e lo spirito della sapienza portati alla loro perfezione, alla loro piena espansione; ma sembra si allacci piuttosto alle grazie gratis datae, come la profezia, o almeno ad un modo affatto straordinario o miracoloso dei doni dello Spirito Santo. Di modo che questi autori, non solo a proposito delle visioni e rivelazioni private, ma anche a proposito dell'unione mistica con Dio e della contemplazione infusa, dicono alle anime già ferventis-sime: Queste sono grazie propriamente straordinarie che non conviene desiderare, se vuoisi evitare ogni presunzione e camminare per la via dell'umiltà: al-tiora tè ne quaesieris. .Non è forse questo uno sbaglio, analogo a quello di coloro che rifiutavano alle medesime anime la comunione quotidiana, col pretesto che l'umiltà non permette di tendere così in alto?
Questi autori distinguono così una vita unitiva
20 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
detta « ordinaria », la sola necessaria, dicono essi, alla perfezione, e una vita unitiva detta « straordinaria», che, secondo loro, neppure, è richiesta, per la grande santità. Secondo questo punto di vista, l'ascetica non è ordinata alla mistica, e la perfezione ossia. unione «ordinaria», alla quale essa conduce, è normalmente un termine e non una disposizione ad una unione più intima e più elevata. Quindi la mistica non ha importanza se non per qualche privilegiato rarissimo; tanto vale quasi ignorarla per evitare la presunzione e l'illusione.
Invece di rimediare ad un -abuso, non era forse un cadere in un altro chiaramente indicato in molti passi della Salita del Carmelo u o del Cantico spirituale ? Tra i migliori autori, spirituali della Compagnia di Gesù, il P. Lallemant si lagnò abbastanza vivamente di questa concezione della vita. mistica, reputata quasi inaccessibile, concezione che, secondo lui, chiudeva la via dell'alta perfezione e dell'unione intima con Dio 17. /
In tal modo molte anime furono distolte dalla lettura di S. G.iovan.ni della Croce,-H quale è nondimeno il maestro che premunisce di più contro l'illusione e contro il desiderio delle grazie propriamente straordinarie 18.
" Sol-Ita. Prologo : « Per l'anima non vi è stato più inquietante e più penoso di quello di non veder chiaro in se stessa e di non trovare nessuno che la comprenda. Condotta da Dio sulle altezze della contemplazione oscura e dell'aridità, le parrà di smarrirsi, e in mezzo alle tenebre, ai patimenti, alle ambasce e alle tentazioni, il suo direttore le dirà come i oonsolatori di Giobbe : È malinconia, debolezza ; può anch'essere una malizia occulta la causa dell'abbandono in cui Dio ti lascia, stai in guardia ».
17 P. lailema.nt, La dottrina spirituale. 7° principio, e. vi, a. 3, § 11 — e 4° principio, la docilità alla condotta dello Spirito Santo, o. i a. 3; e. n, a. 2. — Fra gli autori posteriori della Compagnia di Gesù, vedasi anche il P. de Caussade e il P. Grou.
18 Salita, 1. II, o. x, xi, xvi, xvn, xx, xxvni.
IL PBOBLEMA MISTICO ATTUALE 21
Ritorno alla tesi tradizionale :
unità della dottrina spirituale.
Si può domandare se questa distinzione assoluta e questa mancanza di continuità fra l'ascetica e la mistica 1° non diminuisca notevolmente l'elevatezza della perfezione cristiana che . è quaggiù il termine del progresso normale della grazia santificante e della carità; 2° se essa non perda di vista che il progresso dei doni dello Spirito Santo è proporzionale a quello della carità, ^ché deve sempre crescere;
3° se essa non confonda con le grazie strettamente straordinarie le grazie eminenti e poco comuni concesse ordinariamente all'alta perfezione, anch'essa abbastanza rara, stante la grande abnegazione che suppone. In poche parole, non confonde essa lo straordinario di fatto, che è l'ordinario devotissimo della vita d'unione con Dio nei santi fin di quaggiù, e lo straordinario di diritto ossia il miracoloso; che per lo più non è che^un segno o un soccorso fransi-. torio d'ordine inferiore alla vita della grazia?
In una parola, si può domandare se .quest'insegnamento non disconosca e non diminuisca la dottrina tradizionale dei grandi teologi e dei grandi mistici sulla soprannaturalità essenziale 19 della vita della grazia, della fede, della carità, dei doni dello Spirito Santo; vita incomparabilmente superiore al fé-. nomeno in qualche modo esterno dell'estasi, ai mi" racoli ed alle profezie, poiché la sua perfezione è come il preludio della visione beatifica, che l'anima santa, già perfettamente purificata, ottiene normalmente senza passare per il purgatorio.
" Soprannaturalità « auoad substantiam 11, dice la sana teologia, per opposizione alla soprannaturalità « quoad modum > del miracolo sensibile o della cognizione profetica degli avvenimenti .tTiturl.
22 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Siffatte questioni, in questi ultimi anni, indussero parecchi autori, come l'abate Saudreau, il P. Lain-balle, il P. Arintero, O. P., a rigettare una distinzione così assoluta fra l'ascetica e la mistica, e a notare la continuità che esiste fra l'una e l'altra. Essi invocarono la testimonianza di S. Giovanni della Croce;
« Quelli che nella vita spirituale s'esercitano ancora nella meditazione, appartengono allo stato dei principianti. Quando piace a Dio di farneli uscire, è col disegno d'introdurli nella via del progresso, che è quella dei contemplativi, e con questo mezzo di farti arrivare sicuramente allo stato dei perfetti, vale a dire all'unione divina» 20. Quest'ultima, nel Un-. guaggio dell'autore della Notte oscura, è manifestamente d'ordine mistico. E come dimostra il P, Lam-balle 21, dai vari testi di S. Giovanni della Croce risulta 'che la contemplazione- mistica e òrdinariar mente accordata ai perfetti, benché certi non l'abbiano che in un modo imperfetto e a momenti 22. .--,
" Notte oscura, I. I, e. i. '
21 E. lamballe, eudista, La Confemplation, Paris, Téqui, 1912, p. 61-71. "st Senza dubbio 8. Giovanni della Croce (Notte oscura, 1. I, e. IX) dice: « Sappiatelo bene. Dio non conduce alla contemplazione perfetta tutti quelli che si danno con risoluzione alla vita inferiore. Perché ciò? Dio solo lo sa. Da ciò deriva che vi sono anime dalle quali Dio non ritira mai completamente la facoltà di produrre considerazioni e ragionamenti, salvo per un tempo. » Ma le prime parole che abbiamo sottolineate: « Dio solo lo sa » dimostrano che non è questa la legge fondamentale del progresso spirituale, anzi : queste parole sono un'allusione
.'alla predestinazione, che S. Giovanni della Croce intende come S. Tom-maso, perché egli dice. Salita, 1. II, e. iv: « È vero che le anime, qualunque sia la loro capacità, possono aver raggiunta l'unione, ma non tutte la possiedono nel medesimo grado. Dio dispone liberamente di questo grado d^unione come dispone Uberamente, del grado della visione beatifica. " È quello che dice S. Tommaso, I, q. 23, a. 5. Ora la pre~ destinazione d'un'anima piuttosto che d'un'altra non riguarda direttamente il problema proposto in quest'articolo: l'unione mistica è' dessa quaggiù la sommità dello sviluppo normale della grazia santificante
-delle virtù e dei doni? La prova è che, in tutti 1 giusti, la grazia è essenzialmente ordinata alla gloria, eppure non sono tutti predestinati alla gloria, alcuni intatti perdono la grazia e muoiono in stato di peccato mortale : 11 Multi sunt vacati, pauci vero electi ».
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 23
S. Teresa parla nello stesso modo; si veda segnatamente II Cammino della 'perfezioni!, e. 20:
«La misericordia di Dio è così grande che a nessuno impedisce di venir a bere a questa fonte d'acqua viva (la contemplazione infusa)... anzi vi ci chiama ad alta voce; nondimeno nella sua bontà Egli non vi ci sforza». La Santa insegna sempre alle sue figlie che esse devono fare tutti i loro sforzi per ^dispersi a ricevere questa preziosa grazia, benché certe anime nonostante tutta la loro buona volontà non ne conoscano quaggiù le gioie. La contemplazione può avere infatti per un tempo abbastanza lungo una forma arida, durante la quale si può essere contemplativi senza saperlo 23. Pio X, nella sua lettera del 7 marzo del 1914 sulla dottrina di S. Teresa, ci dice che i gradi d'orazione da lei enumerati sono altrettante ascensioni superiori verso la .vetta della perfezione cristiana: «docet e.nim gradus orationis quot nume-rantur, veluti totidem superiores in christiana per-fectione ascensus esse». .
Perciò, secondo parecchi teologi contemporanei, ogni giorno più numerosi e in particolar modo solleciti di conservare l'insegnamento tradizionale, così come si trova formulato nei grandi classici della mistica, per ogni anima intcriore, è lodevole il desiderare la grazia
" Si vede che così bisogna intendere certe restrizioni di S. Teresa enunciate nel Cammino, o. XVII, e nel Castello, 5" mansione, o. IH, quando si confrontano col principio generale ch'ella formula e svolge. Cammino, o. xvnx, xx, xxv, xxix. Vedasi sulla conciliazione del varii testi di S. Teresa il P. arintero, Bvolucion mistica, pag. 639, nota 2, e Cuestiones misticas, pag. 305 ss., come pure l'eccellente lavoro del P. gakate, Bazon y Fé, Luglio 1908, p. 325. — È cosa certa che le gioie dell'unione mistica non sono necessario alla perfezione e che la contemplazione soprannaturale è spesso molto arida e dolorosa. S. Teresa, Castello, 5' mansione, e. i, parlando delle religiose dei suoi monasteri, dice:
« Sono assai poche quelle che non entrano in questa 5" mansione. Siccome vi è del più e del meno, io dico che per la maggior parie vi entrano. Certe particolaritd che vi s'incontrano, sono, io credo, la porzione del minar numero; ma se le altre arrivano fino alla porta, è già un'immensa misericordia da parte di Dio, perché vi sono molti chiamati e pochi eletti. »
24 PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE ,
della contemplazione mistica è il disporvisi cóll'aiuto di Dio, coii una fedeltà sempre maggiore alle sue sante aspirazioni 2t.
Secondo questi teologi, segnatamente secondo il P. Arintero, la vita mistica è caratterizzata dal predominio dei doni dello Spirito Santo 25. L'ascetica, dicono essi, tratta della vita cristiana dei principianti e di quelli che s'avanzano, col soccorso della grazia, nell'esercizio delle- virtù cristiane, il cui modo resta un modo umano, adattato a quello delle nostre fa-.:;;:.; colta. Laddove la mistica tratta .^soprattutto della vita ; unitiva dei perfetti, in. cui si manifesta chiara^ •'..mente il modo divino dei doni dello Spirito Santo, ;", nell'esercizio dei quali l'anima è più passiva che .attiva, e in cui ella ottiene una cognizione'«quasi ^ sperimentale »; di Dio presente in lei, come spiega. .,^S. Tommaso, I-II, q, 68, et I Seni. q. 2, a. 2 ad 3). ^«Questi doni, ci dice il grande Dottore, esistono in :. .--tutte le anime in stato di grafia», ma. normalmente
" S. giovanni della oboce, Salita del darmelo. Prologo: «Per acquistare il lume divino e l'unione perfetta dell'amor di Dio — parlo di ciò che può farsi quaggiù — Vanimfi deve attraversare la Notte oscura, e senz'alcun dubbio per spiegare questa Notte e farla capire, ci vorrebbe una scienza più profonda e un'esperienza maggiore della mia... Spero che il Signore m'aiuterà a dire verità utili, per venir così in aiuto a tante anime ohe ne hanno un bisogno urgente. Dopo i primi passi nel cammino della virtù, quando il Signore desidera di farle entrare nella Notte oscura per oondurle all'unione divina, ve ne sono che non vanno più lontano. Alle volte è il desiderio ohe manca, o non vogliono lasciarvigl condurre; qualche volta è a cagione dell'ignoranza, o perché corcano, senza trovarla, una guida accorta capace di condurle alla cima. ~SS veramente doloroso il vedere che tante anime favorite dal Signore di doni e di grazie eccezionali — (a volte avrebbero solo bisogno d'un po' di coraggio per arrivare ad un'alta perfezione) — si contentano di rela-" zioni inferiori con Dio. » Tutto questo prologo ha per scopo di correggere molti errori di direzione. E si sa che, per S. Giovanni della Croce, la Notte oscura è un periodo della contemplazione mistica. In questo medesimo Prologo si dice: '< Condotta da Dio sulle altezze della contemplazione oscura e dell'aridità le parrà di smarrirsi... »
88 Questi doni sono specificamente distinti dalle virtù infuse, I-II, q. 68, a. 1.
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 25
essi non predominano o non si esercitano in un modo.' ad un tempo frequente e manifesto se non nelle anime mortificate, umilissime, e abitualmente docili allo Spirito Santo in ogni circostanza. Certe eccellono nei doni relativi alla vita attiva, come il dono della. fortezza, altre in quelli della vita contemplativa, come l'intelletto e la sapienza. Queste ultime anime specialmente entrano nelle « vie passive », perché esse per così dire non si dirigono più da sé, ma sono abitualmente dirette da Dio immediatamente. Egli da ai loro atti quel modo che Lui solo può loro comunicare, come quando un gran maestro dirige un suo alunno tenendogli la mano. Questi atti sono così doppiamente soprannaturali (reduplicative, direbbero gli scolastici): per la loro essenza, come gli atti delle virtù cristiane della vita ascetica, e per quel modo superiore che sorpassa il semplice esercizio delle virtù cristiane aiutate dalla grazia attuale; è. ciò che a S. Teresa permette di parlare «d'orazione soprannaturale» quando cominciano le vie passive 26. Questo modo divino degli atti soprannaturali, che. provengono immediatamente dalle ispirazioni, dello Spirito Santo, non è tuttavia qualcosa di propriamente straordinario, come un miracolo, una visione, una profezia, ma qualcosa d'eminente, e d'ordinario nei perfetti che vivono abitualmente raccolti nell'adorazione del mistero della. SS. Trinità presente in essi 27. ' , 'Difatto tal è il soggetto principale trattato da tutti
" Vedasi su questo punto fra gli autori domenicani : II susone, Opere mistiche; il taulebo Sermoni; il P. pint L'atìhawdono alla volontà di Dio; fra quelli della Compagnia di Gesù, le eccellenti opere del P. lallemant, La Dottrina spirituale; del P. geott, Massime spirituali 2» Mas. ; del P. DB oattssade L'Abbandono alla Provvidenza. — In S. giovanni della oboce, Notte oscura, sul principio.
37 Un effetto miracoloso sensibile come la vita resa ad un cadavere, non è soprannaturale nella sua essenza ma solo nel modo della sua produzione; mentre l'esercizio dei doni dello Spirito Santo è soprannaturale e nella sua essenza e nel suo modo Quoad suì)stantiam et quoad moduin.
26 PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
i teologi mistici da Dionigi fino al Taulero e a San Giovanni della Croce, che spesso designa con una sola parola « la Fede » questa virtù e il dono della sapienza in un grado superiore. -
Secondariamente questi Maestri hanno parlato dei fenomeni in qualche modo esterni, che accompagnano certi gradi dell'unione mistica, come l'estasi, che sparisce con l'unione trasformante. E distinsero sempre molto profondamente da questa unione del tutto intima con Dio, termine dei loro desideri e di tutta la loro vita, le grazie straordinarie d'ordine inferiore, come le visioni o la cognizione profetica dell'avvenire, che, secondo loro, noi non dobbiamo desiderare.
Sotto quest'aspetto, alcuni interpreti di S. Giovanni della Croce, come il P. Lamballe e il P. Arintero ss, considerano ' che l'unione trasformante o lo sposalizio spirituale-è, quaggiù, la cima dello sviluppo normale della vita della grazia nelle anime pienamente fedeli allo Spirito Santo, specialmente in quelle consacrate a Dio e chiamate alla vita contemplativa.
Alcuni pensarono che questo termine normale del progresso spirituale non oltrepassi la quiete, dopo la quale comincerebbe lo straordinario propriamente detto, con l'unione e con .l'estasi.
Ma, da quanto dice S. Teresa delle anime che non oltrepassano la quiete, pare che vi sia in esse una mancanza di fedeltà alto Spirito Santo e che normale mente avrebbero dovuto giungere a un'unione con Dio. più profonda ch'ella chiama «un più alto grado di. perfezione» 29.
" lamballe, La Contemplation, 195. — abintero Evolucion mistica, pag. 460-180; Cuestiones misticas pag. 60, pag. 571, nota: spiegazione delle grazie necessario all'unione trasformante. — L'abate -sauvé pare favorevole a questa tesi negli Ètats mystigues, pp. 85-90-96, 100.105, 1S9-141, 162...
" 8. teresa, Vita, o. xy: « Vi è un grandissimo numero d'anime che arrivano a questo stato (l'orazione di quiete),.'ma quelle che passano più avanti sono rare... " — Castello dell'anima. I1 Mansione, e. in, e
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 27
,S. Giovanni della Croce si esprime nello stesso modo 30. . .
È veramente possibile che l'estasi npn importi (almeno necessariamente) nulla di straordinario ,nel senso proprio della parola. Sovente sembra essa provenire dalla debolezza dell'organismo che vienmeno sotto l'azione divina; può non essere che il contraccolpo d'una grazia inferiore profonda, che assorbe tutta l'attenzione e tutta la forza dell'anima sopra Dio, che le è intimamente presente e che a lei si fa sentire. Secondo quest'aspetto, vi sarebbe continuità fra tutti i gradi dell'unione mistica, dalla quiete all'unione trasformante, in cui .l'anima non conosce più «la debolezza dell'estasi», secondo l'espressione di S. Ildegarda.
Tal è il pensiero del P. Lamballe, del P. Arintero e di parecchi altri teologi contemporanei che abbiamo consultato. Essi ritengono inoltre che l'orazione affettiva semplificata, che precede l'orazione propriamente mistica o passiva, è normalmente una disposizione a ricevere .questa.' Così vi sarebbe continuità fra l'ascetica e la mistica. La prima sarebbe caratte-
5" Mansione, o. i, a proposito dell'entrata in onesta 5" mansione (superiore alla aulete): « Quantunque noi tutte... slamo chiamate alla contemplazione... ve ne sono poche ohe si dispongano a vedere ohe 11 Signore disvela ad esse quella perla preziosa di cui parliamo. Perché quantunque in ciò ohe riguarda l'esterno non vi sia nulla da riprendere nella nostra condotta, ciò però non basta per arrivare ad un sì alto grado di perfezione. Ohe bisogno abbiamo noi di bandire ogni negligenza ! ».
" Specialmente quando descrive (Notte oscura, 1. II, o. xvin-xx) i dieci gradi della carità enumerati da S. Bernardo, si vede chiaro ohe i gradi inferiori devono, secondo lui, condurre normalmente ai gradi più . elevati e al più alto di tutti. Ora egli aggiunge che il progresso della contemplazione è proporzionale a quello della carità. Tutta l'opera di S. Giovanni della Croce manifesta evidentemente la continuità dei gradi dell'unione mistica fino all'unione trasformante. Alcuni, è vero, pensarono che S. Giovanni della Croce scrivesse solamente per alcuni rari contemplativi. Però alla fine del Prologo della Salita del Canneto, dice egli stesso che propone <i una dottrina vantaggiosa e solida che si rivolge agli uni e agli altri, a condizione ohe si decidano a'passare per la nudità dello spirito ».
28 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
rizzata dal modo umano delle virtù cristiane, la seconda dal modo divino dei doni dello Spirito Santo, che intervengono non più solamente in modo latente o. transitorio, ma in una maniera ad un tempo manifesta e frequente. Prima dello stato mistico o passivo, yi sarebbero, in un periodo di transizione (quello dell'orazione di semplicità descritto da Bossuet), degli atti mistici passeggeri, che per sé disporrebbero l'anima alla vera vita d'unione; questa sarebbe l'età adulta o perfetta della vita spirituale, o la vita della grazia divenuta in qualche modo .cosciente di se stessa.
Se è così, e le ragioni portate dagli autori citati sono serie, come vedremo, l'anima che non ha ancóra nulla della vita mistica, non- ha oltrepassato l'infanzia o l'adolescenza della vita spirituale. Ella deve ricordare le parole di S. Paolo: «Non siate fanciulli d'animo, ma per quel che è malizia siate bambini, è nell'animo procurate di diventar perfetti» (I Cor. xiv, 20). Quest'anima non è arrivata alla maturità spirituale, all'età perfetta accessibile quaggiù; ella può avere una gran cultura, anche teologica, molto tatto nella condotta della vita, molta prudenza, fede, carità, zelo, entusiasmo, una grande attività apostolica; ma, nonostante le sue virtù cristiane solide, nonostante il suo zelo, essa non è abbastanza spiritualizzata, il suo modo di vivere resta troppo umano, troppo esteriore, ancora troppo dipendente dal temperamento; non si vede per così dire in lei quel modo divino, del tutto soprannaturale, di pensare, d'amare Dio e di operare, che .caratterizza quelli che sono veramente -morti a se stessi e perfettamente docili allo Spirito Santo. Solo questi .ultimi hanno, ordinariamente, in ogni circostanza piacevole o penosa, « il senso di Cristo » per giudicare sanamente delle cose spirituali, per conciliare abitualmente nella loro vita delle virtù in apparenza le più opposte^ la
IL PEOBLEMA MISTICO ATTUALE 29
semplicità della colomba e la prudenza del serpente, la fortezza eroica e una mansuetudine piena di tenerezza, l'umiltà del cuore e la magnanimità, una fede assolutamente intransigente su tutti i principii e una gran misericordia per i traviati, una vita inferiore intensa, -un raccoglimento continuo e un fruttuosissimo apostolato.
' '.:^sli * *
Quest'ultima concezione dei rapporti dell'ascetica e della mistica merita considerazione; quelli che sovente hanno letto e meditato i grandi maestri della mistica tradizionale piegheranno, crediamo, in questo senso, ricordando i principii seguenti, espressione sicura della dottrina di S. Tommaso.
lo La perfezione cristiana si trova nell'unione con Dio, la quale suppone in noi il ,pieno sviluppo della carità, delle altre virtù, dei doni dello Spirito Santo che suppliscono all'imperfezione di queste virtù e sono in noi il principio immediato della contemplazione soprannaturale.,
2° Le tré virtù teologali sono soprannaturali nella loro essenza (quoad substantiam) 'a cagione del loro;
motivo formale e del loro 'oggetto proprio, inaccessibili l'uno e l'altro alla sola ragione o anche alla più alta cognizione naturale degli angeli.. Parecchi teologi,. seguendo la dirczione inferiore del nominalismo pensarono invece che gli atti di fede e delle altre virtù cristiane siano atti sostanzialmente naturali, rivestiti d'una modalità soprannaturale (supernaturales quoad. modum tantum et non vi objecti formalis). In tal modo essi rassomiglierebbero assai più ad un'affezione naturale soprannaturalizzata, che ad un'affezione soprannaturale nella sua essenza e per il suo motivo formale. Passa un'immensa differenza tra queste due concezioni della fede e delle altre virtù teologali. Solo
30 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
là prima è vera 31 e fa ben vedere perché la fede nel mistero della SS. Trinità è infinitamente superiore alle intuizioni naturali del genio, o anche alla previsione soprannaturale d'un avvenimento futuro come la fine d'un flagello, superiore in genere alle grazie gratis datae 32.
3o I doni dello Spirito Santo sono doppiamente soprannaturali, non solo nella loro essenza (come le virtù teologali e le altre virtù infuse), ma anche nel loro modo d'azione; per essi l'anima non si dirige più da sé col concorso della grazia, ma viene diretta e mossa immediatamente dall'ispirazione divina; e quando con una fedeltà perfetta allo Spirito Santo vive abitualmente sotto il governo dei doni, ella è in uno stato passivo.
4o Questi doni, che ci rendono docili al soffio di Dio, crescono colla carità, come le virtù infuse. Ora la carità deve quaggiù crescere sempre, mediante i nostri meriti, mediante la santa comunione.. Chi non s'avanza va indietro, perché, secondo l'osservazione di S. Agostino e di S. Tommaso 3S, il .primo precetto non ha limite e solo i santi lo compiono perfettamente: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, .con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, . con tutta la tua mente» (Lue., x, 27).
5° Se noi consideriamo, non tanto quello che è di fatto quanto quello che dovrebbe essere di diritto, non la. fragilità della nostra natura; e la versatilità del nostro arbitrio, ma l'essenza, stessa della grazia ricevuta nel battesimo e della carità, bisogna dire che
31 Lo abìbiamo dimostrato a lungo altrove: DeKevelatione, t. 1, p. 202-217; 458-515. Ci. S. tommaso, II-II, q. 5, a. 1: 'i In olijecto fldei est' aliquid quasi formate, scilicet verità» prima super omnem naturalem co-;. gnitionem creaturae existens, et ali quid materiale, sicut id, cui asserì-timus, inhaerendo primae ventati ».
82 I-II, q. Ili, a. 5: « Utrum gratta gratis data Bit dignior quain grafia gratum faciens >.
" II-II, q. 181, a. 3.
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 31
normalmente o secondo la sua legge fondamentale, la grafia non dovrebbe mai perdersi,, benché molti cristiani cadano nel peccato mortale. Parimenti questa vita della grazia, germe della gloria, cominciamento della vita eterna, dovrebbe normalmente svolgersi abbastanza perché il fuoco della carità ci purificasse da ogni macchia prima della morte e ci permettesse d'entrare in cielo senza passare per il purgatorio; perché è per colpa nostra, che noi saremo trattenuti in quel luogo d'espiazione in cui non vi sono più meriti. Sarebbe nell'ordine radicale il vedere Dio faccia a faccia subito dopo la morte, ed è per questo che le anime del purgatorio soffrono tanto d'essere prive di questa visione. Secondo la legge fondamentale della vita della grazia, le purificazioni dolorose, che liberano l'anima dalle sue scorie, dovrebbero dunque, come nei santi, essere meritorie e precedere la morte, non seguirla. Se tal è la verità, perché l'unione mistica, accompagnata da queste purificazioni passive, non sarebbe l'espansione normale della vita della grazia, benché abbastanza poche anime vi arrivino di fatto, come poche conservano l'innocenza battesimale ? Perché non sarebbe questo, se non l'ordinario di fatto, l'ordine di diritto al termine d'una vita inferiore generosissima? Lo straordinario non resterebbe meno nella' collaborazione di queste grazie eminenti fin dall'infamia, come avvenne in parecchi santi.
Praticamente, tutti ne convengono, è importante evitare due eccessi nella direziono: far abbandonare alle anime la via ascetica o troppo presto o'troppo tardi. Troppo presto le espone a cadere nell'ozio di un quietismo o semiquietismo pratico. Troppo tardi le espone sia ad abbandonare l'orazione, perché non trovano più profitto nella meditazione discorsiva in cui si vuoi mantenerle, sia a non capire nulla nella via oscura ma molto più spirituale, per cui il Signore comincia a condurle. Su questo punto S. Giovanni
32 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
della Croce, nella Salita, 1. II, e. xii-xm, e ^nella Notte oscurarci lasciò gl'insegnamenti più precisi. Tra le opere recenti, una di quelle che, secondo noi, conservano meglio la giusta misura, è quella di Dora Vitale Lehodey: Les voies de Foraison mentale, 63- ed. p. 227-236, 409 {Trad. italiana, maeietti, Torino).
Che cosa dice finalmente l'esperienza? Non dice forse che il fatto e il diritto infine si armonizzano, almeno al termine d'una santa vita? Tutti i santi canonizzati mostrano d'aver avuta l'unione mistica, salvo certi martiri che poterono non averla che nel momento del loro supplizio st-. S. Teresa, come abbiami veduto, dichiara che ne' suoi monasteri vi sono molte anime che arrivano all'orazione propriamente mistica di quiete, che alcune più avanzate godono abitualmente dell'orazione d'unione e che molte altre vi partecipano più o meno 35.
.Difatti non è cosa rara il trovare, specialmente negli ordini religiosi contemplativi, delle anime che hanno certamente sorpassata la meditazione discorsiva o l'orazione di semplicità, che trovano veramente, difficoltà nel cessare il ringraziamento dopo la santa comunione, che sono tutte invase da Dio, come assorbite in Lui, che vivono dei misteri della SS. Trinità, dell'Incarnazione, della Redenzione, in modo incomparabilmente più profondo che il più. dotto teologo se questi non è veramente un uomo di preghiera. Queste vite, benché conoscano gioie e sofferenze intcriori poco comuni, non hanno però nulla di straordinario nel senso proprio di questa parola; invece solo esse sono pienamente nell'ordine. Ed evitano anche,
" II P. PoniAiN lo concede: « quasi tutti i santi canonizzati ebbero l'unione mistica, e generalmente con abbondanza » Des gràces d'oraison, IX ediz., p. 554. Egli riconosce altresì che esiste un periodo di transizione tra la via ascetica e la via mistica, periodo che dinota una certa continuità tra le due, cfr. Oràces d'oraison, p. 13, 122.
" Vita, e. xv. — Fondasiomi, o. iv. — Castello, 5* mansione, e. r.
IL PBOBLEMA MISTICO ATTUALE 33
quanto più è possibile, lo straordinario, secondo il consiglio di S. Giovanni della Croce 36, di cui esse si nutrono tutti i giorni. Questo gran Dottore le rivolge ognora più verso la Trinità che abita in noi;
' esse provano una viva gioia nel leggere le più belle pagine di S'. Agostino e di S. Tommaso su questo mistero, e si. esprimono anche sulla Paternità di Dio, sul valore infinito dei meriti di Gesù Cristo, sul frutto d'una fervente comunione, con una spontaneità e con una freschezza affatto diversa dalla scienza che si attinge dai libri. Certo, questi misteri soprannaturali ci furono rivelati appunto perché noi in tal modo vivessimo di essi; tale è la vita cristiana nella sua piena espansione, il regno profondo di Dio nei cuori.
In queste anime, dopo le purificazioni dolorose. vera notte oscura, la grazia sovrabbonda; esse hanno per così dire intraveduto l'abisso di Dio, purissimo, santissimo, senza fondo. Il loro cuore trabocca, ed esse desiderano d'amare Dio in tal modo che vorrebbero amarlo senza misura, col cuore del Verbo fatto carne. Lo Spirito d'amore le ha pervase, e, nella prova come nella gioia, esse riposano nella carità del padre celeste come un bambino nelle braccia della mamma. Già vedono compirsi la parola di Gesù Cristo:
« Padre, tu in me, ed io in tè, affinchè essi siano consumati nell'unità ». È la vita unitiva, tuttavia senza nulla di straordinario, nel senso di miracoloso; ed è veramente la vita mistica, contemplativa. È anche la vita apostolica: colla loro fede profonda' nella .sovrabbondanza della Redenzione, queste anime si offrono per farne traboccare il calice sui peccatori;
e aspirano ardentemente a lasciar la terra d'esilio per andarsene in ciclo. Non è forse questa la perfezione descritta da 8. Tommaso, quando, dopo aver parlato di quelli che cominciano e di quelli che s'a-
"' Salita del Canneto, 1. II, e. x, xix, xx, xxv, eco. B — Perfezione e Contemplazione. - I.
34 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
vanzano nella vita spirituale, egli dice dei perfetti;
« Essi tendono principalmente ad unirsi a Dio, a godere di Lui e desiderano di morire per essere con Cristo » 37.
Se è così, non solo vi'è continuità fra l'ascetica e' la mistica, ma vi è una certa compenetrazione. Non sono due rami distinti della teologia, ma due parti o due aspetti del medesimo ramo, che ci mostra la vita spirituale nella sua infanzia, nella sua adolescenza e nella sua maturità. La teologia ascetica e mistica, o più semplicemente la dottrina spirituale è una:
essa deve cominciare con esporre il fine accessibile quaggiù, a cui deve tendere il progresso spirituale, vale a dire la perfezione cristiana. Deve mostrare questa perfezione in tutta la sua elevazione e in 'tutta la sua grandezza, secondo la testimonianza del Vangelo e dei Santi. Poi deve indicare i mezzi per giungere a questo fine: la lotta contro il peccato, l'esercizio delle virtù, la perfetta docilità allo Spirito Santo. Ora il fine proposto, così come è espresso per esempio nelle otto beatitudini, se si bada a non diminuirlo, oltrepassa il dominio della semplice ascesi 38. •Ma questa non cessa quando l'anima entra nell'unione mistica : invece l'esercizio delle virtù diventa molto più perfetto, come lo dimostrano le grandi austerità dei santi, la loro pazienza, il loro zelo. Fino al termine, l'anima deve ricordare la sentenza di nostro Signore:
« Se alcuno vuoi seguirmi, rinunzi a se stesso e porti ogni giorno la sua croce».
Noi ritorniamo così a quello che dicevamo al principio di quest'articolo con S. Tommaso: l'ascesi dis-
87 II-II, q. 24, a. 9: « Terttum stucinim est, ut homo ad. h.pc prinei-pallter intendat ut Deo inhaereat et eo tniatur, et hoc pertinet ad per-feetos curi cupinnt dissolvi et esse cura Obristo ».
" S. tommaso, in Matthaeum, e. v, n. 2, dice a proposito di queste otto teatitudini : « leta merita vel sunt actug donorum, vel actns vir-tutum seoTuidum qnod perflciuntur a donis » ; « supra ìiumanum mo-dum », aveva detto alomie righe sopra.
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 35
pone l'anima all'unione mistica, e di poi questa rende molto più soprannaturali e fecondi l'esercizio delle virtù e il nostro apostolato. La pratica delle virtù dispone alla contemplaizione ed è poi diretta da essa. ' Separate l'una dall'altra;, l'ascetica manca di slancio, d'intimità, d'elevatezza; la mistica perde la sua importanza, la sua gravita, la sua profondità, e sembra essere solo un lusso, nella spiritualità di alcuni privilegiati. ' . ' .
Tale ci sembra essere la nozione della teologia ascetica e mistica ossia della dottrina spirituale più conforme all'insegnamento tradizionale, che noi ci sforziamo di formulare in quest'opera.
36 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE articolo III.
Senso dei termini del problema.
Una delle principali difficoltà che incontrano quelli che studiano le questioni mistiche è quella del vocabolario. Molte controversie in queste materie nascono dal fatto che gli scrittori non s'intesero precedentemente sul senso delle parole di cui si servono. In particolare, quando si tratta di sapere se la vita mistica è il coronamento normale della vita inferiore', la parola mistica è .presa dagli uni in un senso talmente largo che vita mistica sembra quasi identificarsi con vita cristiana per poco che questa sia fervente, o anche con la perseveranza nello stato di grazia; da' altri è presa in un senso talmente particolare che pare non vi sia per essi vita mistica senza estasi, senza visioni e senza rivelazioni prof etiche. Parimenti la parola contemplazione per gli uni ha un senso larghissimo, per .altri non può essere adoperata se non nel senso, assai preciso di contemplazione infusa e passiva. Così ancora la parola normale: se è usata da teologi speculativi, significa qui solamente una legge generale e superiore della vita della grazia, legge che si applica in modi diversissimi, presto o tardi, perfettamente o imperfettamente, presso le anime generose chiamate alla vita contemplativa od anche alla vita attiva, legge che comporta molte condizioni che possono mancare: essa non s'applicherà guari, quando si tratti d'un ambiente poco favorevole, d'una vita di studio troppo assorbente, o d'una mancanza di direzione appropriata, quando ancora si tratti d'un temperamento ingrato e di certe imperfezioni anche involontarie del soggetto nel quale la grazia è rice-
IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE 37
vuta; nonostante 'tutti questi ostacoli, la semenza divina conserva la sua legge formale superiore, che il teologo considera e che accerta anche colui che ha l'esperienza di queste, cose. — Se invece questa parola «.normale^ è usata da un pratico non mistico, che quasi non vede. altro che i fatti particolari e da fuori, essa prende un senso molto più concreto e materiale, che apparisce essere contrario alla realtà, non appena si riscontrano delle eccezioni. E non si domanda neppure se queste eccezioni provengano dalla grazia stessa o dai difetti del soggetto in cui èssa è ricevuta, dalla natura della sementa o dal suolo ingrato, che richiederebbe un lavoro veramente straordinario per essere trasformato.
S'affaccia la medesima difficoltà se la questione vien posta in questi termini: le anime interiori sono tutte chiamate alla vita mistica? —' Per alcuni di quelli che rispondono negativamente, la parola « chiamato » ha quasi il medesimo significato che elevato, o condotto, o predestinato o eletto; e allora è chiaro che non tutte le anime inferiori sono chiamate alla vita mistica; ma ciò è un dimenticare che «vi sono molti chiamati, e pochi eletti»; queste due parole sono diversissime l'una dall'altra. — All'opposto, certi autori che ammettono la chiamata generale delle anime alla vita mistica, sembrano dimenticare l'insegnamento comune sui segni particolari della chiamata individuale, segni che non sono in tutte le anime pie:
e sono i tré assai noti, enumerati da ,8. Giovanni della Croce, e prima di lui dal Taulero; li indicheremo più avanti (e. V, a. 1).
Dunque è chiaro che bisogna precisare il senso della parola chiamata, che può designare una chiamata remota o una chiamata prossima e immediata.
È ancora la medesima difficoltà che si -.ritrova a proposito della parola meritare, nella questione;
Si può meritare la contemplaiZione mistica?
SS PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
In queste materie adunque importa studiarsi di fissare il: vocabolario. Sarebbe certamente difficile il mettersi subito d'accordo sulle definvsìioni reali, che esprimono il fondo delle ;cose e sono il frutto di lunghe ricerche, ma almeno : ci si deve intendere sulle definizioni nominali, sul senso dei principali termini della mistica che sono oggi in uso. E. se la terminologia mistica si è precisata con S:. Teresa, con San Giovanni della Croce, con'S. Francesco di Sales, stante la loro autorità, bisogna evidentemente tener conto di questa precisione, oggi .'acquisita, e che è un prò-' gresso. Se per esempio secondo questi grandi maestri, «orazione propriamente mistica» significa orazione manifestamente passiva, conviene d'ora ,in poi non servirsi di quest'espressione se ,non in questo significato preciso, che per altro comporta molti gradi.
A tal fine, noi vorremmo proporre qui alcune definizioni, almeno nominali 1, abbastanza generalmente ammesse dai teologi mistici, che seguono ad un tempo" la dottrina di S. .Tommaso e quella di S. Giovanni della Croce, di S. Teresa, di S. Francesco di Sales 2. — Nel corso di quest'opera dimostreremo la fondatezza di queste definizioni, o il loro valore reale.
S. Tommaso definisce la contemplazione: «simplex intuitus veritatis» s, una semplice veduta intellettuale della verità, superiore al ragionamento e accompagnata da ammirazione. Può essere puramente naturale come nell'artista, nel sapiente, nel filosofo. La contemplaizione cristiana ha per oggetto le verità rivelate e suppone la fede. .Parecchi teologi ammettono
* La definizione nominale contiene contusamente la definizione reale, e può essere più o meno precisa, secondo che si prende per esempio in un vocabolario ordinario, o in un dizionario filosoflco o teologico.
a Vogliamo parlare specialmente dei Carmelitani Filippo della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, Giuseppe dello Spirito Santo, del domenicano Vallgornera, di parecchi teologi Gesuiti, Francescani e d'altri Ordini.
3 II-II, q.. 180, a. 1 e 6.
IL PfiOBLEMA MISTICO 'ATTTJAI-E 39
qui l'esistenza d'una contemplazione acquisita ch'essi definiscono generalmente: cognizione amante di Dio, che è, al termine della meditazione, il frutto della nostra attività personale aiutata dalla grazia. Per opposizione, .la contemplazione infusa, quella di cui parlano i mistici, è una cognizione amante di Dio, che è il. frutto, non più dell'attività umana aiutata dalla grazia, ma di un'ispirazione speciale dello Spirito Santo, per modo che noi non ne possiamo produrre .l'atto a piacimento, mentre si può fare un atto di fede quando si vuole. Vedasi più avanti, e. IV, a. 2.
Per ordinario nella vita soprannaturale noi intendiamo ogni grazia, ogni atto, ogni stato,, che sono nella via normale della santità, tutto quello che è moralmente necessario nella maggioranza dei casi per giungervi. E per santità bisogna almeno intendere quella che è generalmente richiesta per entrare in cielo subito dopo la morte, perché nessuno fa il purgatorio se non per propria colpa. L'ordinario così definito comprende grazie eminenti che possono dirsi straordinarie di fatto, perché sono abbastanza rare, ma che restano ordinarie di diritto, se davvero, sono moralmente necessarie per arrivare alla santità, alla piena perfezione della vita cristiana, o alla purezza completa dell'anima, che merita l'entrata immediata in cielo.
Per opposizione, è straordinario ogni favore che . sia fuori della via normale della santità e che non sia affatto necessario per giungervi. Sono soprattutto le grazie dette gratis datae, quelle del miracolo, della profezia, le visioni ed altri fatti del medesimo genere. Vedasi più avanti, e. IV, a. 2.
Finalmente per ciò che riguarda la parola chiamata o vocazione, ci studieremo di distinguere in quest'opera i vari sensi che può avere secondo che si tratta d'una chiamata generale e remota di tutte le anime
40 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
giunte alla contemplazione mistica, o all'opposto d'una chiamata individuale e. prossima. Quest'ultima del resto, come vedremo, può essere solo sufficiente e rimanere sterile, o all'opposto efficace, e itì quest'ultimo caso può ancora essere una chiamata efficace sia ai gradi inferiori, sia ai gradi superiori della vita mistica.
In tutte queste questioni bisogna considerare il pieno sviluppo normale della vita della grazia presa in sé, e vedere poi quello che è nelle anime più o meno ben disposte, che hanno ricevuto il germe della vita eterna. Per questo giova ricordare anzitutto la dottrina tradizionale della grazia, tal quale è stata concepita, dopo S. Paolo e- S. Agostino, dal principe dei teologi, S. Tommaso d'Aquino, e dai grandi mistici cattolici.
CAPITOLO II.
La Mistica e le dottrine fondamentali di S. Tommaso.
articolo I.
i
Vita intellettuale naturale e vita soprannaturale.
Molti, colpiti dalla differenza che trovano tra gli scritti dei grandi teologi mistici, come Dionigi, Kic-cardo di S. Vittore, S. Bonaventura, il Taulero, San Giovanni, e quelli di S. Tommaso d'Aquino, si ma-ravigliano che, si cerchino in quest'ultimo i principii della teologia mistica. Anzi alcuni arrivano perfino a vedere in S. Tommaso, non precisamente un gran teologo, che da un punto di vista soprannaturale siasi servito di Aristotile per la difesa e per la spiegazione delle verità divine della fede, ma piuttosto un filosofo di genio, che ci abbia dato un'interpretazione del Vangelo, un Aristotile cristiano, come un Malebranche fu più tardi un Fiatone cristiano.
Per fermarsi a questo modo di vedere, bisogna non aver mai praticato S. Tommaso, non aver letto i suoi trattati della Trinità, dell'Incarnazione, della Eucaristia, della grazia, delle virtù teologali, dei doni dello Spirito Santo; bisogna non aver aperto i suoi commenti sopra S. Paolo, sopra S. Giovanni, sopra i Salmi, sopra il Cantico dei cantici; bisogna ignorare i suoi opuscoli di pietà, le sue preghiere, il suo Ufficio del S. Sacramento,, non conoscer affatto la sua
42 PERFEZIONE CEISTIAMA. E CONTEMPLAZIONE
vita, essere all'oscuro delle sue notti passate presso il tabernacolo, de'^suoi rapimenti, del dono eminente di contemplazione, che gli faceva dire della sua Somma: Non è che paglia, va. paragone di ciò ch'egli intravvedeva. .;
Noi vorremmo dimostrare in quest'articolo che questo giudizio dato sul gran Dottore proviene da un modo affatto materiale di leggere le opere sue. , Noi abbiamo una tendenza esagerata a, materializzare. tutto : la dottrina, la pietà, le regole di condotta, l'azione; tal è l'inclinazione della nostra natura decaduta e ferita, finché non è profondamente rigenerata e completamente vivificata dalla grazia, che guarisce ed eleva (grafia sanans et elevans), finché siamo dominati dal nostro temperamento, finché conserviamo, nonostante lo stato di grazia, una moltitudine di giudizi puramente naturali, per nulla conformi allo spirito di fede.
In queste disposizioni l'uomo,, senza badarci, è propenso a materializzare le più alte dottrine, cioè a non por mente se. non ai loro elementi materiali, che si adattano meglio ai nostri gusti, e a perdere di vista lo spirito, che è il loro costitutivo formale o l'anima del corpo dottrinale. Si verifica ancora una volta il detto di S. Paolo: «La lettera uccide, lo Spirito vivifica» (II Cor., in, 6). Camminando per questa via, col pretesto di appoggiarsi su quello che è tangibile, meccanicamente preciso, indubbiamente certo per gli stessi increduli, si viene a spiegare il superiore mediante l'inferiore e a ridurre il primo al Secondo, ciò che è l'essenza stessa del materialismo in tutte le sue forme. L'uomo è portato a spiegare l'anima mediante il corpo, molto più che il corpo mediante l'anima, a spiegare parimenti la vita della grazia mediante la natura, le dottrine teologiche mediante gli elementi filosofici ch'esse hanno assimilati, 'la vita degli ordini religiosi mediante l'ambiente so-
LA MISTICA E S. TOMMASO 43
ciale in cui nacquero, senza pensare sufficientemente al lavoro incessante ma invisibile di Dio, che solo può suscitare i grandi dottori e i santi. Secondo., questo punto di vista si rimpicciolisce ben presto ogni bene, e, invece di vivere soprannaturalmente, secondo il vero senso di questa parola, si può, nonostante certe apparenze, trascinare una vita mediocrissima e me-schinissima.
Siffatta disposizione a spiegare così il superiore mediante l'inferiore si trova in vari gradi dal materialismo grossolano, che spiega lo spirito mediante la materia, fino alla materiali'zzazione della filosofia spiritualista, .della teologia, dell'esegesi, della storia della Chiesa, dell'ascetica, della liturgia, di cui 'si conserva la lettera, e non lo spirito. '
Anche con un vero desiderio d'istruirsi, è possibile leggere S. Tommaso secondo questo punto di vista; e siccome, nella sua dottrina teologica, gli elementi materiali o filosofici, ch'egli intende subordinare all'idea di. Dio, autore della grazia, sono estremamente numerosi, se l'attenzione si ferma oltre misura a tali elementi inferiori, accessibili alla ragione, invece di sollevarsi fino alla sommità della sintesi, si troverà una reale, opposizione fra questa dottrina e quella dei grandi" teologi mistici, che trattarono principalmente dell'unione con Dio. Gli alberi c'impediranno di vedere la foresta; ovvero, trattenuti dai particolari della base dell'edifizio, noi non vedremo quello che è principale. Per lo meno considereremo solo dal basso il principio soprannaturale di questo capolavoro dello spirito, lo vedremo solo mediante il suo riflesso sulle realtà inferiori ch'esso ordina, invece di giudicare di queste dall'alto, come deve fare la «ragione superiore » cara a S. Agostino, e tanto più la sapienza teologica, senza parlare del dono della sapienza che è anche più elevato.
Vi è così un modo assai poco soprannaturale e an-
44 PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
timistico di leggere e di commentare la So'm.ttia di S. Tommaso. Esso orienta la mente in -un senso tutto diverso da quello che seguirono i grandi commentatori, il Capreolo, il Gaetano, il Bannes, Giovanni di Si Tommaso, i Carmelitani di Salamanca, tutti inferiori al Maestro, ma che lo capirono meglio di noi e che ci guidano dietro a lui verso le medesime vette.
Com'è f acuissimo guastare uno strumento di precisione, e difficilissimo ripararlo, così nulla vi è di più facile che falsificare la dottrina di S. Tommaso; basta mettere in mostra quello ch'essa contiene di secondario e di materiale, esponendo in modo volgare e senz'alcun rilievo quello che vi è di formale in essa e di principale; in tal modo si cessa di vedere le cime luminose che devono rischiarare tutto il resto.
'Notiamo qui le principali confusioni che renderebbero questa dottrina essenzialmente antimistica. Furono esse introdotte principalmente dai teologi nominalisti, che finivano col non più vedere laltro che parole nelle più alte realtà spirituali, quando non/era per essi materialmente evidente che Dio le rivelò 1.
' Queste contusioni, in una certa misura, si fecero anche dai teologi che subirono la triste influenza del nominalismo. Quest'ultimo è una tendenza che deve finire col non vedere altro che parole in tutto ciò che oltrepassa Soggetto immediato dell'esperienza, i fenomeni sensibili. Non vi è più natura umana, che si distingua essenzialmente dalla grazia, ma solo una collettività d'individui umani. A più torte ragione, le realtà spirituali sono naturalmente inconoscibili, per esempio la spiritualità e l'immortalità dell'anima non possono essere per noi certe se non a patto che Dio ce le riveli, e il nostro intelletto non può approfondire le formule rivelate, le nozioni di cui esso dispone sono insufficienti. Questa dottrina conduce finalmente alla negazione della teologia e della filosofia, al positivismo attuale. Talvolta, per reazione, portò certe anime a un misticismo, ma a un misticismo senza fondamento dottrinale, fatto spesso di sentimentalismo, procedendo dall'impotenza. della ragione sminuita e dalla necessità di trovare qualche cosa a cui appigliarsi, anziché dall'idea dell'infinita grandezza di Dio.
Si può essere nominalisti di tendenza, senza saperlo; anzi ciò è fre-quentissimo.
LA MISTICA E S. TOMMASO , 45
La teologia nominalista è una diminuzione considerevole della scienza di Dio. Basta additare siffatte confusioni, per dimostrare che all'opposto la dottrina di S. Tommaso è quella medesima che un S. Giovanni della Croce e i suoi discepoli svolgeranno, insistendo su ciò che forma la sua grandezza, manifestando tutte le ricchezze soprannaturali ch'essa contiene. Per chi ha letto i Salmanticesi, è un fatto che la dottrina del Carmelo e quella del Dottor Angelico sono d'accordo su tutta la linea, specialmente sulle più alte questioni del trattato della grazia.
Consideriamo brevemente le dottrine fondamentali della sintesi tomista che hanno maggior rapporto ;
colla vita spirituale, in particolare quelle relative alla nostra cognizione intellettuale naturale, poi alla vita. soprannaturale, alle virtù infuse, ai doni dello Spirito Santo, all'efficacia della grazia, e finalmente alla natura stessa di Dio. i
* * *
Se si tratta della nostra cognizione intellettuale d'ordine naturale, e anzitutto quella dei primi principii razionali; principio di contradizione (Nessun essere, creato o increato, può essere e non essere nel medesimo tempo e sotto il medesimo rispetto); principio di causalità (Tutto ciò che potrebbe non essere, spirito o corpo, ha una causa); principio di finalità (Ogni agente, materiale o spirituale, agisce per un fine); principio primo della morale (Bisogna fare il bene ed evitare il male). S. Tommaso afferma che 'la cognizione intellettuale di queste verità primordiali proviene in certo modo dai sensi, .perché la nostra intelligenza astrae le sue idee dalle cose sensibili. Intendendo materialmente questa dottrina, certi spiriti sembrano pensare che la certezza intellettuale dei primi principii si risolva Normalmente nella sen-
46 PERFEZIONE OEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sazione, e s'appoggi su di essa come sul suo motivo formale 2. Sarebbe un ridurre un superiore all'inferiore, l'intelletto ai sensi; sarebbe un dimenticare che i principii razionali sono assolutamente universali ,e necessari, che s'estendono alle più alte realtà, a Dio stesso, laddove la sensazione non raggiunge se. non oggetti sensibili, singolari e ^contingenti. Allora l'assoluta universalità e necessità delle prime verità razionali non si spiegherebbero più, l'intelligenza resterebbe prigioniera dei fenomeni, come i sensi dell'animale, e la nostra libertà, conseguenza della nostra intelligenza, scomparirebbe: noi non potremmo resìstere all'attrattiva dei beni sensibili, perché non li. domineremmo. Finalmente la nostra natura, come quella dell'animale, sarebbe incapace di ricevere la grazia e d'essere elevata alla visione di Dio.
Invece, secondo S. Tommaso, la certezza intellettuale dei primi principii razionali si risolve solo materialmente nella sensazione prerequisita s; formal-mente essa si risolve nell'evidenza puramente intellettuale della verità assoluta de' suoi principii che gli appariscono come le leggi fondamentali, non solo dei fenomeni, ma dell'essere o d'ogni realtà intelligibile, corporale o spirituale. Quest'evidenza suppone in noi un lume intellettuale d'ordine infinitamente superiore alla sensazione o alla più sottile immaginazione, che sempre s'arricchisce; lume intellettuale che è un'immagine lontana del lume divino e che nulla può chiarire senza il concorso costante di Dio, sole
" Si materializzerebbe parimenti la dottrina di S. Tommaso, se, per spiegare la sensazione, s'insistesse meno su ciò che Ti è in essa d-i specifico (che è d'ordine rappresentativo o intenzionale) che su una legge più generale già veriflcata nell'ordine degli esseri inanimati: l'azione dell'agente e nel paziente (cf. su ciò che è proprio dell'essere senziente, san tommaso, I, q. 14, a. 1; c[. 78, a. 3).
a I, a. 84, a. 6 : il Non potest dici Qaod sensibllls cognitio sit totalis, et perfecta causa Intellectualis cognitionis, sed magis quodammodo est •materia causae i.
LA MISTICA E S. TOMMASO 47
degli spiriti, maestro delle intelligenze *. Benché noi siamo qui nell'ordine naturale, S. Tommaso parla già quasi come un mistico : « Siccome ogni dottrina umana esternamente proposta, dice egli, non c'istruisce se non in grazia del lume intellettuale che ricevemmo;
da Dio, ne segue che Dio solo c'insegna ulteriormente e come causa principale» 5.
Malebranche e gli ontologisti esagerarono queste parole di S. Tommaso e pare che abbiano un'idea anche più alta della nostra intelligenza naturale, pretendendo che in Dio stesso veda essa i primi principii. Ma l'elevatezza apparente di questo platonismo cristiano non è quella della vera mistica, perché essa tende a confondere l'ordine naturale e quello della grazia, in vece di mantenere la superiorità as-soluta di quest'ultimo.
Per l'ontologismo, la nostra intelligenza e capace di essere tale, perché essa è capace dj. Dio; per San Tommaso, essa è capace di Dio per la grazia, perche essa è anzitutto capace di esserlo, per natura 6. Questo è già all'infinito al disopra dei sensi.
*
I, q. 84, a. 5: « Ipsum lumen intellectuale, cruod est in nobis, nihil est
aliiid quam quaedam partìcipata slmllitudo liimmìs increati, in quo continentur
rationes aeternae '. — I, ci. 79, a. 4: ii Oportet esse aliquem altiorem
intellectum, quo anima juvetur ad inteUigendum ». —I, q. 105, a. 3. — Pare che
alcuni scolastici non considerino in questo lume intellettuale se non la sua
funzione astrattiva, e non la sua funzione illuminatrice che continua dopo
l'astrazione. Ct. De Veritate, q. 10. a. 6.
5 De Feritoie, q. 11, a. 1.
6 Qf, I, q. 12, a. 4, ad 3: « Oum
intellectus creatus per suam naturam natus sii apprehendere lormam
concretarti et esse concretum in abstra-ctione per modum resomtlonis oujusdam,
potest per gratiam elevari ut cognoscat substantiam separatam
subsistentem et esse separatum subsistens». — I-II, ci. 113, a. 13: «
Naturaliter anima est capax gratiae ;
eo enim ipso quod tacta est ad imaginem Dei, capax est Dei per gratiam, ut dicit Augustinus ».
48 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
* * * ;
Se trattasi della vita soprannaturale, è noto il principio di S. Tommaso: «La grazia perfeziona la natura e non la distrugge» 7. Ma per intendere'sempre bene questo principio, senza piegare praticamente verso il naturalismo, ci vuoi un grande spirito di fede. Certuni lo intenderanno materialmente, o baderanno più alla natura che dev'essere perfezionata che alla grazia che deve produrre in noi questa trasformazione. Anzi, considerando la natura tal quale è di fatto, dopo il peccato originale, essi non distingueranno sufficientemente in lei ciò che vi è di essenziale e di buono, ciò che dev'essere perfezionato, e ciò che dev'essere mortificato, l'egoismo in tutte le sue forme, grossolane o sottili. Si troverà allora una reale opposizione fra la dottrina di S. Tommaso così materializzata e il celebre capitolo .dell'Imitazione, III, 54: «Dei diversi moti della natura e della grazia». Si dimenticherà quello che insegna il S. Dottore circa le ferite, conseguenze del peccato originale, che restano nel battezzato 8. Si dimenticherà più ancora quello ch'egli dice della distanza infinita che separa la più perfetta natura, anche quella del più nobile angelo, e il minimo grado di grazia santificante, ch'egli dichiara « superiore al bene naturale di tutto l'universo »/9, dei corpi e degli spiriti. Tutte le nature angeliche prese insieme non valgono il minimo movimento di carità.
I teologi nominalisti hanno sminuito questa dottrina, a tal punto da pensare che la grazia non sia una realtà soprannaturale di sua essenza, ma che abbia solo un valore morale che ci da un diritto alla vita eterna,
' I, q. 1, a. 8, ad 2 ; ci. 2, a. 2, ad 1 ; q. 60, a. 5.
8 I-II, q. 85, a. 3; III, a. 69, a. 3, a. 4, ad 3; C. Gewtes, IV, e. 52. ' « Bonum gratiae unius (hominis) majus est quam bonum naturae totius universi » I-II, q. 113, a. 9, ad 2.
LA MISTICA E S. TOMMASO 49
come un biglietto di banca ci ,dà il diritto di avere una certa somma in oro 10. Parimenti per loro il carattere battesimale e il : carattere sacerdotale erano solo denominazioni e.strinseche, relazioni di ragione, Luterò, discepolo dei nominalisti, giunse a dire : la grazia santificante non è una realtà in noi, non è una vita nuova, ma solo il perdono delle nòstre colpe esternamente concesso da Dio.
Senza trascorrere fino a simili estremi, certi teologi pensarono che Dio poteva creare un'intelligenza per, la quale la visione beatifica fosse naturale 11. Era un non vedere la distanza infinita che separa necessariamente la natura d'ogni intelligenza creata e creabile dalla grazia che è una partecipazione della .natura divina» (I-IL, q. 110, a; 3).
Per. ben intendere che cosa sia questa distanza, bisogna convincersi che la'grazia è realmente e for-malmente una partecipazione della natura divina, appunto in quanto è divina, una partecipazione : della Deità, di ciò che fa sì che Dio sia Dio, della sua vita intima. Come la; razionalità fa sì che l'uomo sia uomo, la Deità è il costitutivo formale 'di Dio tal quale, è'in sé. La grazia ne è una partecipazione misteriosa, che sorpassa ogni cognizione naturale. Le pietre, per il solo fatto che esistono, hanno già una somiglianzà remotissima con Dio, in quanto egli è essere; anche le piante gli rassomigliano molto da lontano in quanto egli è vivente; l'anima umana e
" I nominalisti come Ockam, Gabriele Biel, Pietro d'Ailly, giudicavano di tutto dai fatti d'esperienza e non dalle ragioni formali delle cose, le quali sole tuttavia possono rendere intelligibili i fatti. Non sapendo più discernere negl'individui umani ciò che costituisce la natura umana, essi non vedevano più quello ohe distingue questa dal dono della, , grazia. Per loro questo dono era solo soprannaturale per un'istituzione contingente di Dio, come 11 metallo o la carta hanno valore solo in virtù d'una legge fatta dal!'autorità ci vile. La grazia così concepita non è più realmente e forroalmente il seme della gloria.
" Era un perdere di vista l'abisso che separa l'oggetto naturale dell'intelletto divino da quello dell'intelletto umano.
4 — Perfezione e Contemplazione. - I.
50 PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
l'angelo sono naturalmente ad'immagine dì Dio e gli rassomigliano analogicamente-in quanto egli è intelligente; ma nessuna natura creata o creabile .può rassomigliare a Dio in quanto precisamente è Dio;
solo la grazia può farci partecipare realmente e for-malmente alla Deità, alla vita intima di Colui del quale essa ci fa figliuoli. La Deità che resta inaccessibile ad ogni cognizione naturale creata, è superiore a- tutte le perfezioni divine conoscibili, superiore all'essere, alla vita, alla sapienza, all'amore;
tutti questi attributi divini s'identificano in lei, senza distruggersi; sonò in lei formalmente ed eminentemente, come tante note di un'armonia superiore la cui semplicità ci sorpassa 12.
A questa Deità, a questa vita eminente e intima di Dio, la grazia ci fa partecipar realmente e formai-, mente, poiché essa è in noi il principio radicale di operazioni propriamente divine, che finalmente consisteranno nel vedere Iddio immediatamente, com'egli vede se stesso, e nell'amarlo come ama se stesso. La grazia è il germe della gloria, '.semen gloriae; per conoscere intimamente la sua essenza, bisognerebbe aver veduta l'essenza divina di cui essa ,è la partecipazione. Per essa noi siamo veramente «nati da Dio», come dice S. Giovanni. È quello che fece dire a Pascal: «Tutti i corpi insieme e tutti gli spiriti insieme con tutte le loro produzioni non valgono il minimo movimento di carità; questo è d'un altro ordine, infinitamente più alto».
Se s'intende bene questa dottrina, si vede che la
11 S. tommaso, I, q. 13, a. 5 : « Omnes rerum perfectiones quae sunt in rebus creatis divismi et multipllciter, in Deo praeexistnnt unite et simplioiter »—I, q. 13, a. 11, ad 1: « Quantum ad id ad quod signifl-candum imponi tur, est magis proprium hoc nomen Deus, quod impó-nitnr ad significandana naturam dimuam, quam nomen Qui est ».
gaetano, in I, q. 39, a. 1, n. 7 et
8: « Ratio formalis Deitatis prior est ente et omnibus dTflerentiis ejus, est
enim super ens et super •mium, etc. ».
LA MISTICA E S. TOMMASO 51
grazia, non solo ci vivifica e ci spiritualizza, ma ci deifica; « come solo il. fuoco può rendere incandescente un corpo, dice S. Tommaso, così Dio solo può deificare le anime» 13.
Ne segue che il minimo grado di grazia santifi-. caute è infinitamente superiore al miracolo sensibile, che è solo soprannaturale per la sua causa, per il suo modo di produzione (quoad modum), non per la sua intima realtà : la vita resa ad un cadavere risuscitato è solo la vita naturale, infima in confronto di quella della grazia; il paralitico riceve infinitamente più della sua guarigione quando gli sono perdonati i peccati. A Lourdes, le più grandi benedizioni non sono quelle che guariscono i corpi, ma quelle che guariscono le anime. Il soprannaturale «modale» o il preternaturale non conta, per così dire, in confronto del soprannaturale essenziale.
Ne segue ancora che il minimo grado di grazia santificante è infinitamente superiore al fenomeno dell'estasi, alla . visione profetica degli avvenimenti futuri, o alla cognizione naturale dell'angelo più elevato. . . • ' - ' • • •
La cognizione naturale dell'angelo supremo potrebbe, nel suo ordine naturale, crescere sempre, alPinfinito, in intensità, e mai non arriverebbe alla dignità delia cognizione soprannaturale della fede infusa o del dono della sapienza; mai non raggiungerebbe neanche oscuramente la vita intima di Dio; proprio come il progresso indefinito dell'immaginazione non raggiua-gerebbe mai l'intelligenza, come la moltiplicazione indefinita dei lati del poligono inscritto nella .circonferenza non raggiungerebbe mai questa, perché il lato, per piccolo che sia, mai non diventerà un punto. Negli angeli in stato di. via, come nell'uomo, vi era,
13 I-II, q.112,a.1 : ii Sic neoesse est quod solus Deus deificet, commu-nioando oonsortimn divina® naturae per quamdam similitudinis parti-cipationem; siavi impossibile est OTOd allquod igniat nisi solus ignis '.
52
PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sopra la cognizione naturale di Dio, quella che procedeva dalla fede infusa e dai doni.
Anche da ciò si vede la distanza che separa la soprannaturalità essenziale della grazia santificante e quella del miracolo sensibile o anche quella della profezia. , . , , .
Abbiamo altrove 14; esaminato a lungo il valóre di. questa divisione del soprannaturale, generalmente ammessa, e delle sue suddivisioni. È una cosa capitale, in teologia e particolarmente importante in teologia mistica. Il lettore può rendersene conto dal quadro seguente, nel quale giova distinguere bene il so-;
prannaturale quoad substantiam e il miracolo quoad substantiam o di prim'ordine; nel primo si considera la causa formale, nel secondo una causa estrinseca, '• la causa efficiente. Così la grazia santificante è soprannaturale per la sua essenza o per la sua causa formale, e i miracoli anche di prim'ordine non lo sono se non perché nessuna forza creata li può produrre, per la risurrezione d'un morto è la vita. naturale che gli viene restituita soprannaturalmente.'
\ Dio nella, sua vita intima, mistero della SS. Trinità. j Persona increata del Verbo tatto carne.
L'ulne di gloria. Grazia abituale delle virtù e dei doni e grazia attuale.
•$ i Atto naturale d'una virtù acquisita, ,, 3? { soprannaturalmente ordinato dalla carità al fine so-Q I prannaturale.
Miracolo quoad siihstantiam (es. : glorificazione del corpo)
e Profezia. Miracolo quoad suhiectum (es, : risurrezione non gloriosa)
e conoscenza dei segreti dei cuori. , Miracolo quoad modum (es.: guarigione subitanea d'un .. male guaribile col tempo); dono delle lingue e grazie
simili.
" De Eevelatvone, t. I, p. 197-217.
LA MISTICA E S. TOMMASO 53
La questione discussa nella presente opera può ridursi a questo: La vita mistica appartiene alla categoria della grazia santificante delle virtù e dei doni o a quella relativamente inferiore del miracolo e della profezia ?
Per risolvere il problema mistico attuale bisogna considerare attentamente l'elevatezza soprannaturale della grazia santificante tal quale fu concepita da S. Tommaso 16. Come abbiamo dimostrato 16, nessun teologo seppe, come lui, distinguere l'ordine naturale e l'ordine essenzialmente soprannaturale; nessuno meglio .affermò l'elevatezza infinita della vita della grazia, la sua assoluta gratuità, al disopra d'ogni esigenza e d'ogni desiderio innato della natura umana e della natura angelica. Eppure nessuno ha altresì dimostrato meglio come questo dono, per quanto gratuito, sia ammirabilmente conforme alle nostre più alte aspirazioni : che cosa vi e di più gratuito e di più desiderabile della visione beatifica, e quaggiù della santa comunione? 17.
Troppo sovente, quando consideriamo la conformità del Cristianesimo colle nostre aspirazioni naturali, noi cessiamo di vedere l'assoluta gratuità del dono divino, e incliniamo così verso il naturalismo pratico; all'opposto, se si trascura di vedere quest'ammirabile conformità, si è propensi a concepire un soprannaturale rigido, contro natura, senza semplicità.;
cosa che condurrebbe all'esaltazione e alle pazzie del .falso misticismo.
Se Ttommaso mantiene maravigliosamente l'elevatezza infinita della grazia al disopra della nostra na-
" II-II, q. 110, a. 3, et i; — q. 112,
a. 1.
" De Bevelatione, t. I, pp. 206, 337-403, specialmente pp; 395-403:
perché ne nella nostra natura, ne in quella dell'angelo, vi può essere un desiderio innato della vita sporannaturale, ne una potenza obbedì enzale attiva,ma, solo una velleità eia capacità passiva d'essere elevato a quest'ordine infinitamente superiore.
" III, q. 79, a. 1, ad 2.
54 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
.tura, ed anche la loro armonia. Ma aggiunge che quest'armonia non apparisce veramente se non dopo una profonda purificazione della natura mediante la mortificazione e mediante la croce, come lo dimostra la vita dei santi. Egli ci ricorda costantemente che quest'armonia non fu effettuata quaggiù nella sua pienezza se non nei Signor nostro Gesù Cristo. Bos-suet dice lo stesso parlando di Gesù: «Ohi non ammirerebbe la condiscendenza con cui egli tempera l'altezza della sua dottrina? È latte per i bambini e pane ad un tempo per i forti. Si vede ch'egli è pieno dei segreti di Dio; ma si vede che non ne è stupito, come gli altri mortali a cui Dio si comunica: egli ne parla naturalmente come colui che è nato in quel segreto e in quella gloria; e ciò eh'egli ha senza misura (Joan., in,.'34) lo spande con misura, affinchè la nostra debolezza lo possa portare » 18.,
Con questa maravigliosa conciliazione di qualità così diverse, della gratuità assoluta e della somma convenienza della grazia, S. Tommaso ci orienta verso la più alta mistica ortodossa, che non è altro che il commento della parola di nostro Signore : « Se tu sapessi il dono di Dio! •i). .. „-. , .
Lo vedremo meglio parlando della soprannaturalità delle virtù infuse, morali e teologali e dei doni dello Spirito Santo.
,, l3 Discorso sulla Storia universale^ p. II, e. xis.
LA MISTICA E S. TOMMASO 55
articolo II.
La -mistica e la soprannaturalità essenziale della tede infusa.
Le dottrine di S: Tommaso sulla nostra cognizione intellettuale naturale e sull'essenza della grazia santificante ci orientano, come dicevamo, verso la più alta mistica ortodossa. Lo stesso dicasi del suo insegnamento sulla soprannaturalità delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo. In quest'articolo par-. leremo specialmente della soprannaturalità della fede;
ma prima convien dire qualche parola di quella delle virtù morali cristiane.
•Queste virtù morali sono le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, e le virtù annesse: particolarmente quelle della religione (ossia giustizia rispetto a. Dio), della magnanimità, pazienza, perseveranza (annesse alla fortezza), della castità, della mansuetudine, della modestia, dell'umiltà. '
Quando si tratta di queste virtù morali cristiane, segnatamente della prudenza, della giustizia, della fortezza, della temperanza, molti, leggendo la Somma teologica di S. Tommaso, pensano che siano solamente le virtù naturali, descritte da Aristotile e rivestite d'una semplice modalità soprannaturale avventìzia, proveniente dall'influsso della carità, che deve ordinare a Dio tutti i nostri atti. Certi teologi si sono fermati .a. questa concezione. ,
Assai più alto è il pensiero di S. Tommaso. Se-. condo lui, le virtù morali cristiane sono infuse, ed. essenzialmente distinte, per il loro oggetto ^formale, dalle più alte virtù morali acquisite, descritte dai più grandi filosofi..- Quest'ultime, per quanto utili,
56 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
potrebbero sempre svolgersi senza mai raggiungere l'oggetto formale delle prime. Vi è una differenza infinita fra la temperanza aristotelica, regolata solo dalla retta ragione, e la temperanza cristiana, regolata dalla fede divina e dalla prudenza soprannaturale. Infatti «è chiaro,, dice S. Tommaso, che la misura da imporsi alle nostre passioni differisce essenziale mente secondo ch'essa deriva dalla regola umana della ragione o dalla regola divina; per esempio nell'uso dei cibi, la misura prescritta dalla ragione ha ' per scopo di evitare ciò che è nocivo alla salute e all'esercizio della stessa ragione; laddove secondo la regola della legge divina si richiede, come dice S. Paolo, che l'uomo castighi il suo. corpo e lo riduca in servitù, mediante l'astinenza ed altre simili austerità» 1. Questa misura d'ordine soprannaturale, infatti, si ispira a ciò che la ragione ignora e a ciò che la fede c'insegna, sulle conseguenze del peccato originale, dei nostri peccati; personali, sulla elevatezza infinita del nostro fine soprannaturale, sull'ob-bligo di amare più di noi stessi e sopra ogni .cosa. Iddio, autore della grazia, e di rinunziare a noi stessi per seguire nostro Signor Gesù Cristo 2.
S. Tommaso non è meno affermativo circa la necessità d'una purificaiZione progressiva, affinchè queste virtù cristiane, aiutate dalle virtù acquisite, pervengano alla loro perfezione. Egli ci mostra ciò ch'esse devono diventare in quelli che tendono veramente all'unione divina: «Allora, dice egli (I-II, q. 61, a.- 5), la prudenza disprezza tutte le cose del mondo per la contemplazione delle cose divine, e dirige tutti i pensieri dell'anima a Dio; la speranza abbandona, per quanto la natura può sopportare, quello che il
' I-II, q. 63, a. i.
' Ct. B. froset, AbitaziOfte dello Spirito Santo nelle anime giuste, P. IV, o. v, § 3: Le virtù morali infuse, specificatamente distinte dalle virtù morali acquisite. ,' :
LA MISTICA E S. TOMMASO 57
corpo esige; la fortezza impedisce all'anima di spaventarsi davanti alla morte e davanti all'incognita delle cose superiori; la giustizia la inclina finalmente ad entrare pienamente in questa via tutta divina». E aggiunge: «Più alte ancora sono le virtù dell'anima già purificata, virtutes jam 'purificati animi, quelle dei beati e dei grandi santi sopra la terra.
Quest'insegnamento non. è meno elevato di quello dato dal Taulero ne' suoi' Discorsi o da S. Giovanni . della Croce nei capitoli della Salita del Carmelo, e della Notte oscura consacrati alla purificazione attiva e passiva dell'anima.
* * *
Se trattasi delle' virtù teologali, certuni leggendo. la Somma Teologica in- modo affatto materiale, giungono a considerare il nostro atto di fede come un atto sostanzialmente naturale rivestito d'una modalità soprannaturale: sostanzialmente naturale, perché poggerebbe formalmente sulla cognizione naturale, storica della predicazione di Gesù e dei miracoli che la confermarono; rivestito d'una modalità soprannaturale, perché esso sia utile alla salute. Questa modalità fa pensare, fu detto spesso, alla sottile lamina d'oro applicata su rame per fare del similoro. Si avrebbe così del « sqprannaturale impiallacciato », e non una vita nuova essenzialmente soprannaturale 3.
Secondo questo concetto, la certezza della nostra fede soprannaturale nella SS. Trinità, nell'Incarnazione, negli altri misteri s'appoggerebbe formalmente, in ultima analisi, sulla cognizione inferiore moralmente certa che la nostra ragione può da se stessa:
avere .dei segni della Rivelazione e delle note della Chiesa. L'atto di fede sarebbe una specie di ragionamento fondato formalmente sopra una certezza d'ordine
' I-II, q. 63, a. i; II-II, q. 6, a. 1.
68 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
inferiore, che alla sua volta spesso non si appoggia se non sópra la testimonianza umana dei nostri genitori e dei nostri pastori, perché ben pochi fedeli possono fare uno studio critico delle origini del cristianesimo . L'atto di fede teologale così concepito non è più infallibilmente certo, e non conserva quasi più nulla di soprannaturale e di misterioso: non si vede più : bene perché la grazia inferiore sia assolutamente, necessaria non solo per: confermarlo, ma per produrlo; quest'ultimo punto nondimeno fu definito dalla Chiesa: contro i Pelagiani e i Semipelagiani.
Ancora una volta, è un ridurre il superiore all'inferiore e un commettere un errore analogo a quello già rilevato a proposito dei primi principii razionali.
In realtà, secondo S. Tommaso, siccome la sensa-'zione non è se non una cognizione inferiore, prerequisita a quella dei principii, che, alla sua volta, si fonda sopra un'evidenza intellettuale; così la cognizione razionale dei segni della rivelazione .fa solo la parte di preambolo, per preparare il nostro intelletto a ricevere l'influsso della grazia, la quale solo può farci aderire infallibilmente al motivo formale della fede, cioè all'Autorità di Dio rivelatore, in un ordine infinitamente, superiore al ragionamento che precedette. . ' •
S. Tommaso vide tutto il senso e tutta la portata delle parole di nostro Signore: «Nessuno può venire a Me, se, il Padre che mi ha mandato non lo trae... Chiunque ha udito il Padre e ricevuto il suo insegnamento, viene a Me... In verità, vi dico, colui che crede in Me ha la vita eterna... » (Joan., vi, 44). «Le mie pecorelle ascoltano la mia voce;...» (Joan., x, 26). «Chiunque sta per la, verità, ascolta la mia voce» (Joan., xvm, 37). Similmente S. Paolo dice:
«La fede è un dono di Dio... è la sostanza delle cose che speriamo », ossia il germe, il cominciamento della vita eterna.
LA MISTICA E S. TOMMASO, 69
E il Concilio di Trento, sess. VI, e. 7, definisce:
« nella giustificazione l'uomo riceve, insieme colla remissione dei peccati, le tré virtù della fede, della speranza e della carità, infuse nel medesimo tempo nell'anima sua da Gesù Cristo, sul quale egli è inneggiato ».
Quindi per S. Tommaso là fede è sostanzialmente soprannaturale, specificata da un motivò formale -del medesimo ordine,, affatto soprannaturale, ch'essa raggiunge in modo assolutamente infallibile. Perciò, piuttosto che metterlo in dubbio, dobbiamo subire i maggiori tormenti come i martiri.
'Siffatta certezza assolutamente infallibile ed essenzialmente soprannaturale adunque non si risolve se non materialmente nella nostra cognizione moralmente certa (critica o non critica) dei segni che confermarono la predicazione di Gesù e delle note della Chiesa. Essa si fonda formalmente sull'autorità di Dio rivelatore, sulla Verità prima rivelatrice, increata, che rivela se stessa insieme coi misteri ch'essa manifesta, che è creduta coi misteri in un ordine infinitamente superiore all'evidenza razionale, come la luce fisica si mostra ed è veduta nel medesimo tempo ch'essa fa veder i colori (cfr. S. Tommaso, De ventate, q. 14, a. 8, ad 4). Onde i Tornisti dicono a tutto andare : « Veritas prima reve-lans est simùl id quod et quo ereditar, sicut lux est id quod et quo yidetur» i. E S. Agostino l'aveva già detto in mia, pagina mirabile del suo commento sul Vangelo di S. Giovanni 6. '
Infatti non si tratta solo di credere a Dio autore
*• Ct. gaetano in II-II, q. 1, a. 1, n. xi, e nel medesimo luogo giovanni DI S. tommaso, bannbs,,! sa.lmanticesi, billuart, eoe. ca-
preolo parla nel
medesimo senso nel suo Comm. sopra/le Sentenze, III Seni. dist. 24., q. 1, a. 3 et i.
', .
" S. agostino in Joan., e. vili, v. 11, tr. 38. migne, t. 35, col. 1658:
« Testimoniimi sibi perhibet lux... et sibi ipsa testis est, ut cognoscatur lux... Sic sapientia, Verbum Del... "
60 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
della, natura e del miracolo sensibile, che la ragione può conoscere colle sue sole forze; ma si tratta di credere a Dio autore della grazia, a Dio considerato nella sua vita intima, e che ci conduce ad uà fine soprannaturale, suscitando in noi degli atti essenzialmente soprannaturali 6. ;
Se Dio avesse rivelato Soprannaturalmente solo le4 verità .naturali della religione, come la sua provvidenza naturale, senza dirci nulla dei misteri sòpran-' naturali, come la SS. Trinità, la nòstra fede sarebbe':
stata soprannaturale solamente per la sua origine, ;
per il suo modo di produzione, ma non per il suo Ì oggetto formale ne per la sua essenza. Essa sarebbe^, stata specificamente inferiore alla fede cristiana, checché ne abbiano detto i semirazionalisti, che vollero dimostrare i misteri del cristianesimo. All'opposto la nostra fede infusa non è specificamente inferiore a quella che avevano gli angeli prima di godere la visione beatifica, benché la nostra si esprima in idee acquisite e la loro in idee infuse.
In realtà, è il mistero soprannaturale della sua vita intima che Dio ci rivelò. Perciò la nostra fede si fonda sulla Verità stessa di Dio, autore dellagrazia, sulta cognizione increata ch'egli possiede della sua
° II-II, q. 1, a. 1 : « In fide si considerenms formalem rationem ob-jecti, nihil est aliud quam Veritas 'prima. Non enim fldes de qua lo-quimur assentit alleni, nisi quia est a Deo revelatum. Unile ipsi veritati divinae fides znnìtitur, tanquam medio ». — Q. 4, a. 1: " Veritas prima, est objectum fldel secondimi quod ipsa non est visa, et ea quibus propter ipsam credimus ». — Q. 5, a. 1: «In objecto fldei est aliquid quasi formale, soilicet veritas prima, super omnem naturalem cogni-
,tìonem creaturae existens, et aliquid materiale, sicut id cui assen-timus, inhaerendo primae ventati ».
Item, De Veritate, q. li, a. 8, corp.: « Omnis creata veritas defectibilis
i est... Unde oportet quod fides, quae virtus ponitur, taciat intelleetTim hominis adhaerere veritati quae in divina cognitione consistit, tran-scendendo proprii intellectus veritatem. Et sic fldelis, per simplicem et semper eodem modo se habentem veritatem liberatur ab instabili» erroris varietate, utdicit Dionysius:£leri!TO.OT,om.c.vil. » Oi. Wd. ad 2, ad 3, ad 9, ad 16.
1A MISTICA "E S. TOMMASO 61
vita intima: Verità prima affatto
Soprannaturale, alla quale ci eleva, e ci fa aderire infallibilmente il lume
in/usò della fede 7. Verità prima eterna, oscura ancora
per noi, perche transluminosa, dice Dionigi;- infinitamente superiore
non solo all'evidenza dei principii razionali che ci fanno discernere il miracolo,
ma anche all'evidenza di cui godono naturalmente gli angeli e che conservano ,i
demoni! 8; prima verìtas quae interius hominem
illuminai et docet 9.
Perciò senza il lume infuso della fede, l'uomo rimane di fronte al Vangelo come un uditore privo di senso musicale che ascoltasse una sinfonia senza afferrarne veramente la bellezza. «L'uomo naturale, dice San Paolo, non percepisce le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono una pazzia per lui e non le può conoscere, perché è per mezzo dello Spirito che se ne giudica» 10.
' II-II,q. 5, a. 3, ad 1; «Alios artioulos fidei de quibus haereticus non errat, non tenet eodem modo giout tenet eoa fidelis, aoilicet simpli-cifer inhaerendo primae veritati, ad quod indiget homo adjuvari per habitum fidei; sed tenet ea quae sunt fìdei, propria voluntate et proprio 3udicio ». — Q. 6, a. 1 : « Cum homo assentìendo his quae sunt fldei, ele-vetur supra naturam suam, oportet quod hoc ei insit ex superfwturali principio interius movente ». .
In Boetium de Trinit., q. 3, a. 1, ad 4: « Quae exterius propomintur se habent ad oognitionem fldei, sicut aocepta per sensumi ad oognitionein . principiorum ».
8 De Veritate, q. 14, a. 9, ad 4: i Credere aeguivoce dicitur de honu-nibus fldelibus et de doemonibus ». ; ,
» QuodUbet II, a. 6, ad 3.
10 I Cor., il, 14. Vedasi il commento di S. Tommaso su questo testo, — Quindi Leone XIII, nell'Enciclica Providentissimus dice: « Incor-ruptum sacrarum Litterarum sensum extra Ecclesiam neutiquana repe-riri, ncque ab eis tradi posse qui, verae fidei expertes, Scripturae non medullam attingunt, sed corticem rodunt: II senso vero o non corrotto delle Sante Scritture non si può trovare fuori della Chiesa, non può essere dato da quelli che, non avendo la vera tede, non raggiungono il midollo della Scrittura, ma ne rodono la scorza ». — Per scoprire il senso letterale della Scrittura, non bastano sempre la grammatica, il dizionario e le regole dell'esegesi razionale, ma bisogna anche seguire positivamente quelle dell'esegesi cristiana e cattolica che procede sotto la luce divina della tede, come dicono tutti i buoni trattati d'interpreta-zione della Scrittura.
62 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
II fedele invece intende « le profondità di Dio » di cui parla la rivelazione proposta dalla Chiesa. «È. molto lontana dai sensi, dice S. Agostino, quella scuola in cui Dio insegna ed è udito. Vediamo molti uomini venire al Figliuolo di Dio, poiché ne vediamo molti che credono a Cristo; ma dove e come abbiano udito e appreso dal Padre .questa verità, noi. non lo vediamo: questa grazia è troppo intima e segreta» 11.
« Tré cose c'inducono a credere a Cristo, osserva S. Tommaso: prima la ragione naturale..., secondo le testimonianze della Legge e dei Profeti..., terzo la predicazione degli Apostoli; ma quando noi, così condotti, siamo giunti a credere, allora possiamo dire:
.non è per nessuno dei precedenti motivi che noi crediamo, ma unicamente a cagione della Verità stessa di Dio... alla quale noi aderiamo fermamente sotto l'influsso d'un lume divino infuso: quia fides habet certitudinem ex lumine infuso divinitus » 12.
Altrove egli dice : « Dio abita in noi per la fede viva, secondo il detto di S. Paolo (Eph., m,. 17):' «Cristo abita nei nostri cuori per la tede». (In Ep. ad Gai., in, il).
Quest'alta dottrina fu spesso materializzata, considerevolmente sminuita. I grandi commentatori di San Tommaso da sette secoli l'hanno sempre difesa: è ad essi più cara della pupilla dei loro occhi. Basta leggere quello che scrissero sugli articoli della Somma relativi alla soprannaturalità delle virtù teologali e specialmente della fede ls. Bisogna vedere special-
" De Praedestinatwne Sanctorum, M. L. t. 41, col. 970. - Item, M. L. t. 45, col. 1019. .
" S. tommaso, in Joann., o. IV, lect. V, n. 2.
" Di questi commenti abbiamo fatte lunghe citazioni De Revelatwne, t. I, p. 482-500. Il Capreolo, il Gaetano, il Cano, II Lemos, Giovanni di S. Tommaso, 1 Carmelitani di Salamanca su questo punto capitale combatterono sempre energicamente le concezioni nominaliste o nate dal nominalismo, ohe disconoscono la soprannaturalità essenziale della fede infusa e del motivo che la specifica. Il Suarez è d'accordo con san Tommaso su questo punto.
LA MISTICA E S. TOMMASO 63
mente le maravigliose dissertazioni dei Carmelitani di Salamanca su questo punto, nel q.uale essi hanno certamente veduto il fondamento della, dottrina mistica del loro Padre S. Giovanni della Croce li.
" salmanticesi, de Gratta, tr. XIV, disp. 3, dub. 3, n; 40 : n II motivo formale della tede infusa è la testimonianza di Dio, autore della grasia, che fonda una certezza soprannaturale. L'uomo colle sue forze naturali può ben appoggiarsi sulla testimonianza di Dio, autore della- natura (e del miracolo naturalmente conoscibile), ma senza la grazia non può appoggiarsi sulla testimonianza di Dio, autore della grazia, sulla voce. del Padre celeste, che è il principio d'una certezza essenzialmente soprannaturale, relativa a un oggetto e a un fìne del medesimo ordine. >' Cf. ibid. n. 28, 40, 42, 45, 60. — salmant., de Fide, disp. 1, dub. 5, n. 163, 193: « Di vina revelatio est obìeatTiTo.quoetquod credi tur ». La rivelazione divina è quello per cui noi crediamo i misteri ed essa medesima è creduta col medesimo atto ; noi vi aderiamo soprannaturalmente per la tede. In . tal modo, come abbiamo detto con san Tommaso (De Verilate, q. 14, a. 8, ad 4), la luce e veduta e fa vedere i colori. Queste ultime formule, come abbiamo notato, sono comuni presso tutti i commentatori di S. Tommaso, domenicani e carmelitani, ed anche presso il Suarez.
Ultimamente la medesima dottrina veniva benissimo ditesa dal P. Q. mattiussi, S. J., Kmista di Filosofia Neo-Scolastica, die. 1918, pag. 416-419, L'atto di fede, e dal P. M. DE la taille, S. J.,Recherches de Science religieuse, seti. 1919, pag. 275, ss., L'oraison contemplative. — Parimentì, alcuni anni or sono, il P. G. petazzi, S. J., in un interessante studio: Credibilità e Fede, opponeva giustamente la tede dei demonii, ohe proviene dalla perspicacia naturale che loro fa discernere il miracolo (II-II, q. 5, a. 2 ad 2) e la tede infusa del fedeli: « La fede acquisita dei demonii, dice egli giustamente, non è ne essenzialmente soprannaturale, ne meritoria : non è soprannaturale, perché quantunque il •motivo formale della loro adesione sia l'autorità di Dio, non è però l'autorità di Dio come autore dell'ordine soprannaturale, e in relazione con un flne soprannaturale; per conseguenza non è ne meritoria ne lodevole; perché i demonii, ammettendo i misteri di tede non cercano il bene di Dio, ma solo il loro proprio (sarebbe per loro cosa stupida negare l'orìgine divina d'una parola confermata da segni così strepitosi). E poiché l'autorità di Dio, come autore dell'ordine soprannaturale, in relazione con un fine soprannaturale, costituisce un motivo formale diverso dall'autorità di Dio semplicemente considerata come verità prima, naturalmente conoscibile, ne segue che la fede dei demonii differisce specificamente da quella dei fedeli, come dice S. tommaso, -De Veritate, q. 14, a. 9, ad 4: n credere aeyuivoce dicitur de hominibus fide-libus et de daemonibus; nec est in eis fides ex aliguo lumino gratiae infuso, sicut est in, infidelibus ».
Ciò ammesso, si può dire metaforicamente, come diceva il P. Rous-selot: il demonio percepisce il soprannaturale in modo vuoto « en . creux », e questo produce sopra di lui un ottetto di repulsione, come la luce viva su occhi malati incapaci di sopportarla.
61 PERFEZIONE CRISTIANA E .CONTEMPLAZIONE
S. Francesco di Sales'e Bossuet non si esprimono diversamente 15.
Fra i teologi moderni, Scheeben, che capì molto bene quest'insegnamento, scrisse: ^«11 motivo formale della fede è puramente e immediatamente divino e per conseguenza assolutamente uno e ; semplice, fermo e sussistente, identico alla sorgente prima e immutabile d'ogni verità (Veritas prima}. D'altra parte, la fede stessa si presenta come un commercio diretto, un'unione intima con la parola interna di Dio e con-seguentemente colla sua vita inferiore. E siccome. questa parola interna non esisteva solo al tempo della manifestazione della parola esterna, ma, in quanto parola eterna dì Dio, sussiste in un eterno presente, essa eleva la nostra mente alla partecipazione della sua verità e', della sua vita immortalQ, e ve la fa riposare.
«L'opinione contraria, secondo la quale l'atto esteriore della rivelazione sarebbe un motivo parziale •della fede..., poggia su una concezione meccanica, in cui la fede apparisce come un processo deduttivo, che ci aiutasse a scoprire la verità del suo contenuto. Essa sminuirebbe il carattere trascendentale della fede, che è essenzialmente uno slancio verso Dio » 16.
15 S. fkancesco di sales, nel Trattato delVamm di Dio, 1. II, e. xrv, dice: « Quest'oscura chiarezza della fede essendo entrata nella nostra mente, non in forza di discorso, ne per apparenza d'argomenti, ma per la sola soavità della sua presenza, si fa credere e obbedire dall'intelletto con autorità tanto grande quanto la certezza ch'essa ci da della verità, superando tutte le altre certezze del mondo ». — bossuet, nelle Elevazioni sui Misteri, 18* sett., 17» elev., dice: «Al disopra di tutto, voi avete bisogno di credere che quelli che credono devono tutto a Dio ;
ch'essi sono, come dice il Salvatore, ammaestrati da lui, dodhiles Dei, parola per parola: dodi a Dea (Joan., vi, 45); che bisogna ch'egli parli dentro, e che vada a cercare nel. cuore quelli a cui egli vuole specialmente farsi udire. Dunc[ue non ragionate più: umiliatevi. Ohi ha orecchi per ascoltare, ascolti (Matta,, xi, 15): ma sappia che oodesti orecchi che ascoltano, è Dio che li da. »
" soheeben,
Dogmatik, I, § 40, n. 681.
LA MISTICA E S. TOMMASO 65
È ciò che faceva dire molto giustamente al P. La-cordaire :
«Quello che avviene in noi, quando crediamo, è un fenomeno di luce intima e sovrumana. Non dico che le cose esterne non agiscano sopra di noi come motivi razionali di certezza; ma l'atto stesso di questa certezza suprema di cui parlo ci tocca direttamente come un fenomeno luminoso (lumen infusum fidei);
dico di più un fenomeno transluminoso... Siamo toccati da una. luce transluminosa... Se fosse altrimenti, come volete che vi sia proporzione fra la nostra adesione che sarebbe naturale, razionale, e un oggetto che sorpassa la natura e la ragione?... Così un'intuizione simpatica pone fra due uomini, in un solo momento, quello che la logica non vi avrebbe inesso in molti anni. Così alle volte un'illuminazione subitanea illumina il genio... Ricordate i due discepoli che andavano ad Emmaus » ". '
Mons. Gay si esprime nello stesso" mòdo 18.
Per farci aderire così'alla Verità suprema, essenzialmente soprannaturale, la fede infusa deve dunque
17 lagobdaibe, Conf. di-N. S. di Parigi, Cont. 17° (Nuova trad. ital. con note stori che e critiche del P. A. Arrighini — marietti, Torino).
" Les Vertus chrétiennes, ed. in-12, t. I, p. 159 et 160, nel capitolò sulla Fede: « I sensi e la ragione possono ben darci lina cognizione fisica o storica dei fatti divini soprannaturali, e questo è il loro uso più eminente. Il loro concorso è qui indispensabile. Senza di essi, l'atto di tede sarebbe radicalmente impossibile; sono il suolo in cui questo atto germoglia e ohe gli serve d'appoggio. Ma per ciò che spetta alla percezione reale, comandata, meritoria del soprannaturale rivelato, i sensi più squisiti e la ragione più esercitata ne rimangono affatto incapaci. Solo la fede ce la può dare, ed essa non solo è necessaria 'per farci aderire all'intimo della rivelazione, cioè alla realtà divina enunciata in lingua umana, ma ancora, senza la grazia che l'inaugura in noi, non sapremmo arrenderci come conviene alle prove su cui essa si appoggia... Senza la tede, l'uomo più intelligente e più dotto resta quell'uomo puramente naturale ohe S. Paolo chiama animale e del quale egli dice « che non percepisce quello che è dello Spirito di Dio... nwi potest infelligere » (I Cor., e. n, 14). Del resto lo spirito umano, quand'anche fosse capace di quest'adesione... rimarrebbe ancora il cuore, che per forza, ha qui la parte sua, ma la parte sua veramente larghissima «.
5 — Perfezione, e Contemplazione. - I.
66 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
essere anche soprannaturale per. la sua essenza e non solo per una modalità, avventizia. Essa è così infinitamente superiore al lume della ragione, come questa è superiore ai sensi 19.
Se non si sminuisce questa grande dottrina di San Tommaso, materializzandola, si vede ch'essa è per la sua elevazione il fondamento della, miotica e che non la cede in nulla alle più belle pagine di Dio-nigi 20, del Taulero 21, del B. Enrico Susone 22, o
19 Se si espone questa' dottrina a quelli che hanno
l'altro modo di vedere, alcuni rispondono : « Sono parole ». Così, senza
volerlo, confessano il loro nominalismo incosciente. Questo dovrebbe condurli a
non vedere che parole vuote di senso nella vita intima di Dio, in quanto
essa fonda l'ordine dei misteri soprannaturali, essenzialmente superiore
a quello dei misteri divini naturali, ohe la ragione può da se stessa
conoscere. Questa distinzione dei due ordini per i nominalisti era solo una
distinzione contingente, dipendente dal libero arbitrio di Dio, e non
l'elevatezza infinita della sua vita intima. Of. De Bevelatione, 1.1,
p. 340.
Altri dicono : 11 Quello di cui parlate suppone un'illuminazione mistica straodinaria », quando in realtà, noi parliamo solo della fede cristiana, anche in un credente in stato di peccato mortale, tede di cui sovente s'ignora il pregio e la grandezza.
" DiONiai, De divinis Nom., o. vii, § 4: n L'intelletto divino non è altro che la verità nella sua semplicità perfetta e la pura e infallibile cognizione deUe cose; e sotto questo rispetto, esso diventa l'oggetto della tede divina, e la tede, base inconcussa, fissa i credenti nella verità, e fissa la verità in loro ; e conosciuta la verità nella sua purezza, i fedeli aderiscono ad essa con una forza e con una eertezza invincibile «. — II contemplativo si convince ognora di più che Dio è superiore ad ogni eccezione: «Allora, dice dioni&i, l'anima, liberata dal mondo sensibile e dal mondo intellettuale, entra nell'oscurità transluminosa d'una santa ignoranza, e, rinunziando ad ogni dato scientifico, si perde in Colui che non può essere ne veduto ne raggiunto ». Theol. mystica, e. i. Vedasi anche o. il.
31 Nel suoi Discorsi il taulebo parla spesso della fede nuda affatto pura, sciolta dalle immagini e dalle cognizioni razionali; e la dichiara assai superiore alle consolazioni e alle rivelazioni. Questa fede pura è certamente accompagnata dai doni dell'intelletto e della sapienza in un grado eminente. Gl'insegnamenti del tattusko su questo punto furono riassunti nelle Istituzioni, o. vili e xxxv, opera che pare non sia stata scritta da lui, ma tratta dalle sue opere.
" B. enrico
susone, CEuvres mystigues, ed. Thiriot, t. II, p. 357.
•LA MISTICA E S. TOMMASO 67
di S. Giovanni della Croce sulla vita di fede. In modo particolare le purificazioni passive dello spirito, descritte nella Notte oscura, come vedremo, non si possono capire se non mediante quello che ora ab-biam detto sull'assoluta soprannaturalità del motivo formale delle virtù teologali. Queste purificazioni passive, dolorosissime, a cui concorrono grandemente i doni dello Spirito Santo, mettono in un potente rilievo questo purissimo motivo soprannaturale, sciogliendolo sempre più da ogni motivo inferiore, accessibile alla ragione.
Per dimostrare che la contemplazione mistica non è altro che la pienezza della vita di fede, di cui abbiamo determinato l'essenza, basta qui citare alcuni passi caratteristici di S. Giovanni della Croce.- Nella Salita del Carmelo, 1. II, e. vili 23, egli scrive: «Per essere disposti all'unione divina, bisogna che l'intelletto sia purificato, vuoto di tutto ciò che gli viene dai sensi, di tutto ciò che gli si può presentare con chiarezza, e che esso sia intimamente calmo, raccolto e abbandonato nella Fede. Solo questa Fede è il mezzo prossimo e proporzionato che 'può unire l'anima con Dio, perché la Fede è in connessione così intima con Dio che il credere per la Fede e il vedere per la .visione .beatifica hanno il medesimo oggetto. Dio è infinito, ed essa ci propone l'infinito; egli è uno e trino, ed essa ce lo propone uno e trino. Come Dio è tenebre per la nostra mente, così è alla cieca che esso illumina il nostro intelletto. Per questo solo mezzo Iddio si manifesta all'anima in una luce divina che eccede ogni intelligenza; d'onde risulta che quanto più la fede è grande, tanto più profonda è l'unione... Perché sotto le tenebre della fede l'intelletto s'unisce a Dio; sotto questa misteriosa oscurità, Dio si trova nascosto».
23 Citiamo la nuova trad. francese Hoomaert, I ediz., pag. 118. Nella traduzione dei Carmelitani, questo testo si trova al oap. ix.
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Più avanti nella medesima opera, 1. II, e. xxn 2i, circa le visioni spirituali che si riferiscono alle creature si dice: «Non nego che possa 'risultarne un certo amor di Dio, il risveglio del gusto per la contemplazione, ma la Fede pura nello spogliamento e nella rinunzia di tutto, che fa'si che s'ignori d'onde e come vengano questi ricordi, vi ci porta assai più. Se accade che l'anima provi un'ansietà d'amore purissimo, nell'ignoranza della causa e del motivo, è la Fede sviluppata nella notte, nella nudità e nella povertà spirituale, che la produce-e si accompagna con una carità infusa più profonda di D'io. Quanto più l'anima è avida di oscurità e d'annientamento rispetto ad ogni oggetto esterno ed interno ch'essa è atta a possedere, tanto più aumenta la sua Fede, alla qual virtù si associano la Speranza e la Carità, poiché le tré virtù teologali formano una unità. Spesso la persona favorita non capisce quest'amore e non ne ha la sensazione, considerato ch'esso non è nel senso., per tenerezza, ma nell'anima per una forza, per un, coraggio, per un'iniziativa prima sconosciuti». . '
Precedentemente, 1. II, e. in 25, S. Giovanni della Croce aveva scritto : « Per arrivare alla trasformazione soprannaturale, l'anima deve entrate nell'oscurità (non solo relativamente alle creature, ma relativamente a quanto la ragione può conoscere di Dio). Bisogna ch'ella resti nell'oscurità, come un cieco, appoggiandosi sopra la Fede oscura, prendendola come luce e guida; ella non può aiutarsi con nessuna delle cose che comprende, sente o immagina... La Fede domina tutte queste idee, questi gusti, questi sentimenti ed immagini. Se l'anima non vuole spegnere i suoi lumi, preferendo loro l'oscurità totale, non giungerà mai a quello che è superiore, cioè a quanto la Fede in-
21 Trad. Hoornaert, p. 241. " Ihid., p. 86.
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segna... L'anima si crea grandi ostacoli nella sua ascensione verso questo alto stato d'unione con Dio, quando s'appoggia su ragionamenti, o, s'attacca al suo giudizio o al suo volere ». Ella mescola a' suoi atti soprannaturali, dice altrove, un'azione grossolana che non raggiunge il fine 26.
E ancora, 1. II, e. xxvin 27: «Occuparsi di cose chiare' per la mente e di poco valore, è un interdirsi l'accesso all'abisso della Fede, in cui Dio nel segreto istruisce soprannaturalmente l'anima, l'arricchisce a sud insaputa delle virtù e dei doni... Lo Spirito Santo illumina l'intelletto raccolto, nella proporzione di siffatto raccoglimento. Ora il raccoglimento più perfetto è quello che si verifica nella Fede, 'e per questo motivo lo Spirito Santo non comunica i suoi lumi fuori della Fede ». In tutti questi testi si tratta della fede viva, illuminata da un dono dello Spirito Santo 2a.
Il medesimo insegnamento si ha nella Notte oscura, per anime più avanzate: «L'anima -entri dunque nella seconda Notte per spogliarvisi perfettamente, secondo il senso e lo spirito, di 'tutte le percezioni e sapori, a fine di camminare nella purezza della Fede oscura. Ivi solamente può l'anima trovare il mezzo
" IWd., p. 270. — S. giovanni della croce dice parimenti nella Viva fiamma, 3" strota, vers. Ili, ed. Hoornaert, pag. 291 : « I maestri spirituali, che ignorano le vie spirituali e quello che le caratterizza, distolgono le anime dalle delicate unzioni colle quali lo Spirito Santo le prepara all'unione divina... Anche se i] desiderio di Dio si manifesti formalmente, essi s'ostinano a non permettere che le anime vadano oltre i loro principii e metodi i quali non conoscono se non il discorsivo e l'immaginario. Divieto alle anime di varcare i limiti della capacità naturale, e quanto è povero il frutto ch'esse ne ricavano'...
Colui che concepisce la fede stessa come un procedimento discorsivo, non inerita egli in particolar modo questi rimproveri? Se all'opposto uno ritiene l'atto di fede per un atto semplice, senz'alena ragionamento, si dispone con ciò stesso a seguire la via indicata da S. Giovanni della Croce.
" Salita, p. 269. .
" II P. poulain ci sembra interpretare giustamente S. Giovanni su questo punto: Des grdces d'oraison, IX ediz., pag. 227 (Trad. it. ma-kietti, Torino).
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proprio onde unirsi con Dio secondo che egli dichiara per bocca del profeta Osea: «.Sponsabo tè mihi in fide: T'unirò a me per la fede» (n, 20) 29. : Finalmente nel Cantico spirituale, in una pagina mirabile, S. Giovanni della Croce compendia questa dottrina e ne mostra tutta l'elevatezza; egli insiste sulla soprannaturalità assoluta dell'oggetto che la fede raggiunge mediante gli articoli del Credo:
Ah ! se tu, fonte cristallina, alla superflce de' tuoi veli d'argento lasciassi apparire ad un tratto
gli occhi tanto desiderati 80 ch'io porto abbozzati nel mio cuore!
«... Con questi "veli d'argento,, l'anima indica le proposizioni o gli articoli di Fede.'Per capire questi versi e i seguenti, bisogna osservare che gli articoli della Fede sono figurati dall'argento in confronto dell'oro che è la sostanza della Fede, ossia le verità ch'essa contiene considerate in se stesse. Infatti, durante la nostra vita noi aderiamo a questa sostanza della Fede, benché si nasconda sotto un involucro d'argento, ma essa apparirà svelatamente in cielo, e quest'oro puro noi lo, contempleremo con delizia... In tal modo adunque la Fede ci comunica Dio fin da questa vita; benché sotto uri velo, d'argento, e ciò non impedisce di riceverlo realmente» ,31.
" Notte oscura, 1. II, par. II, e. n fine, trad. Hoornaert, pag. 80. Ifein, Viva fiamma, III'strof., vera. Ili, n. ix, pag. 304.
30 Cioè, come viene spiegato più avanti, lo sguardo di Dio del quale la tede infusa è come un abbozzo, poiché questa tede è, per così dire, il preludio della visione beatifica.
" Cantico spirituale, I part., str. xn, trad. Hoornaert, pag. 100-103. Parimenti nelle Sentenze e avvisi spirituali, iì)id., pag. 350, Sent. 100:
« Nessuna percezione o cognizione soprannaturale potrebbe aiutarci tanto per amar Dio, quanto il minimo atto di Fede viva e di Speranza sciolta di ogni appoggio intellettuale. » Item, Sent. 104. Vedasi anche Viva fiamma, str. III. vers. II: Le obombrazioni dell'anima, l'ombra delle perfezioni divine.
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S. Tommaso non parla diversamente. Correggendo Ugo di S. Vittore, egli osserva che solo la contemplazione, che sorpassa la fede, è la visione beatifica; secondo lui la contemplazione degli Angeli e d'Adamo prima della caduta non era superiore alla fede, ma, dice egli, essi avevano ricevuto il lume del dono della sapienza con maggior abbondanza di noi 32. Del resto dimostra che la contemplazione uniforme o circolare, di cui parla Dionigi, suppone il sacrifizio dei sensi e del ragionamento, ossia della moltiplicità a cui essi si soffermano 33.
Sarebbe un ingannarsi il pensare che S. Tommaso non parli qui se non della contemplazione'detta «ordinaria » e in nessun modo della contemplazione mistica. Sarebbe un confondere quest'ultima co' suoi fenomeni concomitanti^ e un dimenticare che il santo Dottore riconosce che il grado superiore della contemplazione uniforme o circolare è quello chiamato da Dionigi la grande., tenebra, ossia la pienezza della fede. «Allora, dice S. Tommaso, noi conosciamo Dio per ignoranza, per una unione che supera 'la natura della nostra mente; e nella quale siamo illuminati dalla profondità della divina Sapienza, che non possiamo scrutare » M. La medesima dottrina troviamo in S. Alberto Magno 36.
La testimonianza delle anime che hanno l'espe-
" II-II, q. 5, a. 1, ad 1.
83 II-II, q. 180, a. 6, ad. 2 : « In anima vero, antequam
ad istam uni-formitatem perveniafc, esigitu-r quod duplex ejus difformitas
amoveatur. Primo
quidem ìlla, quae est ex diversìtate exterzorum rerum... et secTmda quae
est ex discursu ratìonis. »
" S. tommaso, In Itbr. de divinis Nomin.. o, vii, leot. 4 : « Cognosci-mus Deum per ignorantìam per quandam imitlonem ad divina supra naturam mentis... Et sic oognoscens Deum in tali statu cognitionis lllu-minatur ab ipsa protunditate divinae Sapientiae, qnam persorutari non possumus ». —Itetn, I Seni., d. 8, (i. 1, a. 1, ad 5.
" AlBEETO magno, Comment. m Mvsticam Theologiam Dionysii, e. i. — Vedasi ancora il De adhaerendo Dea, o. in, che per lungo tempo tu a lui attribuito.
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rienza delle vie mìstiche conferma quest'insegnamento. « Un giorno, dice la B. Angela da Foligno, io vidi Iddio in una tenebra; e necessariamente in una tenebra, perché egli è collocato troppo sopra la mente, e tutto quello che può diventare oggetto d'un pensiero è senza proporzione con lui. È una dilettazione ineffabile nel bene che contiene tutto, ed ivi nulla può diventare oggetto ne d'una parola ne d'un concetto. Non vedo nulla e vedo tutto: la certezza viene attinta dalla tenebra. Quanto più la tenebra è profonda, tanto più il bene eccede tutto; è il mistero riservato... Fai attenzione. La divina potenza, la sapienza e la volontà, ch'io vidi altrove maravigliosamente, apparisce meno di questo. Questo è un tutto; le altre si direbbero parti » 36. È la Deità superiore all'essere, alla sapienza, all'amore, che s'identificano nella sua eminenza.
Tal è manifestamente il pieno svolgimento della fede infusa, di cui S. Tommaso determinò così bene la soprannaturalità essenziale, fondata su un motivo formale, inaccessibile alla ragione e alla cognizione naturale degli angeli. Certe anime contemplative trovarono una gran luce nell'apprendere qual è il vero pensiero del S. Dottore su questo punto fondamentale s7.
86 II libro delle 'visioni ed istruzioni della B. Angela da Foligno, e. xxvi.
87 Una di esse scrive a questo proposito: «.Questa Verità prima da all'anima una grande indipendenza riguardo a tutto il creato; è come se ella avesse ricevuto asilo nell'immutabile. Non potrebbe più come prima soffrire degli avvenimenti esteriori, eppure porta seco una sofferenza continua. Il mondo di quaggiù, in cui ella è obbligata a continuare a vivere, ha le sue realtà materiali, passeggere, alle quali parì-menti non può sottrarsi, e si vede come assoggettata alla menzogna. Tutto, fuorché il contemplare questa Verità prima, è per lei un grave peso, tuttavia lo porta senza impazienza, si dedica a tutte le sue occupazioni esteriori con coraggio, benché senza gusto alcuno, perché tal è, per il tempo della prova, la volontà di Dio. E la volontà di Dio è la. Verità. Essa l'ama appassionatamente, qualunque sofferenza vi trovi. In tal modo appunto le cose celesti e le cose di quaggiù, rimmensa felicità e la sofferenza continua si armonizzano nella pace, sotto quel raggio di Verità, che illumina ora la mia vita. Io dico « o Verità! » come
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Difatti, chi fosse ben convinto della soprannaturalità della fede, capirebbe che la contemplazione mistica è l'espressione normale di questa virtù teologale unita alla carità e ai doni dello Spirito Santo. Solo il contemplativo arriva fino alla cima della sua fede.
La certezza della sua contemplazione si fonda for-malmente su una segreta illuminazione dello Spirito Santo,' laddove i fenomeni concomitanti di legatura e di estasi sono solamente effetti e 'segni d'uno stato, la cui soprannaturalità è troppo alta da cadere nel campo dell'osservazione. Qui come per la cognizione naturale dei primi principii e come per la certezza di fede, è dunque assai importante distinguere il motivo formale affatto spirituale della nostra adesione, e i segni sensibili che l'accompagnano.
* * *
All'opposto, chi materializza la dottrina di S. Tom-maso sulla soprannaturalità della fede, sarà condotto
altri dicono ; o Amore, o Misericordia. Questa è la mia giaculatoria, la mia comunione spirituale, che mi da tutto 11 mio Dio. Questa verità prima, questa verità sussistente, è Dio, è il mio Essere, è Lei che mi da la vita, e piegandosi verso di me, nulla e peccato, ella prende il nome d'amore e di misericordia.
• 80 benissimo di non aver veduta questa Verità, polche non mi è dato di vedere Iddio nella prigione del nostro corpo, ma in siffatto splendore tenebroso la mia fede lo possiede.
« Durante una dì queste orazioni di intensa oscurità, mi fu dato di contemplare quella gloria essenziale della SS. Trinità, in paragone della quale le più magninone opere della sua sapienza, anzi quella dell'Incarnazione, non contano nulla. E mi pareva che a Questa vita intima di Dio corrispondesse l'atto di fede della contemplazione. Allora capivo la verità di questo detto di S. Giovanni della Croce ohe il più piccolo atto del puro amore è di maggior pregio agli occhi di Dio ed è più profittevole alla Chiesa che le più grandi opere. Il desiderio di dare a Dio, alla sua Chiesa, delle anime contemplative si trovò molto accresciuto. E capii che la dottrina di S. Tommaso sulla soprannaturalità della fede è intimamente legata alla vita contemplativa e mistica, la quale non è altro che la vita di fede per eccellenza. «
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a materializzare la contemplazione mistica; si fermerà oltre misura nei fenomeni che a volte l'accompagnano e la dichiarerà assolutamente straordinaria, perché perderà di vista la legge fondamentale dello sviluppo continuo «della grazia delle virtù e dei doni».
Materializzerà ancora quanto insegna il S. Dottore circa la speranza e la carità. Infatti s'egli si figura che la sola ragione, studiando storicamente il Vangelo, confermato dai miracoli, può, sema la grazia, raggiungere il motivo formale che specifica la fede infusa, sarà condotto a pensare ch'essa può conoscere parimenti il motivo formale della speranza e della carità. Allora gli atti di queste virtù dovrebbero essere sostanzialmente naturali, e richiedere solo una modalità soprannaturale per essere utili alla salute. Il nostro atto di carità farebbe così pensare ad un affetto naturale e ragionevole, che sia stato sopran-•natur alizzato per diventare meritorio. Non si vede più allora la distanza infinita che separa nella loro essenza stessa, nella loro vitalità essenziale, il desiderio naturale d'essere felici e l'atto di ' speranza infusa, o ancora quella che separa l'amor naturale del Sommo Bene di cui parla Fiatone nel Convito, e la carità divina di cui si parla ad ogni pagina del Vangelo.
Se vi sono teologi che, dopo i nominalisti, hanno gravemente sminuita la soprannaturalità delle'virtù cristiane, anche teologali, questa diminuzione non si trova certo in S. Tommaso. Per lui queste virtù sono soprannaturali nella loro essenza stessa, che sopraeleva infinitamente la vitalità della nostra intelligenza e della nostra volontà. Esse sono specificate da un oggetto formale o motivo formale, che oltrepassa infinitamente le forze naturali dell'anima umana e dell'angelo più elevato,
Questa dottrina del motivo formale esserizialmente soprannaturale delle tré virtù, teologali colloca l'in-
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segnamento di S. Tommaso alla medesima altezza di quello dei più grandi mistici ortodossi 3S.
Trattasi finalmente dei doni dello Spìrito. Santo e dell'ispirazione soprannaturale a cui essi ci rendono docili, come le vele rendono la barca docile al soffio del vento? Certi teologi che non vedevano la, necessità delle virtù morali infuse, superiori alle virtù morali acquisite, si sono maravigliati udendo dire che, in ogni anima in stato di grazia, ' vi sono anche dei doni dello Spirito Santo, per il loro modo divino superiori alle virtù morali infuse. Essi negarono questa superiorità essenziale, perché disconoscevano le ricchezze soprannaturali che la vita mistica soprattutto ci manifesta. E. intendendo materialmente S. Tommaso, confusero l'ispirazione dello Spirito Santo colla grazia attuale necessaria per l'esercizio delle virtù non appena si presenti qualche difficoltà speciale. Invece S. Tommaso insegna f crinalmente la distinzione essenziale delle virtù e dei doni, e per. conseguenza distingue chiaramente l'ispirazione dello Spirito Santo, che oltrepassa il modo umano, e la semplice grazia attuale che s'adatta a questo modo 39. Con ciò ancora, e dichiarando i doni necessari alla Salute, S. Tommaso s'accorda coi più grandi mistici. Egli aggiunge, com'essi, che i doni, benché subordinati alle virtù teologali, concorrono però assai al progresso di queste. È nel raccoglimento della fede che lo Spirito Santo ci comunica i suoi lumi. Perciò corre una gran differenza tra la fede soprannaturale che sussiste senza la carità in un'anima in stato di
" II-II, a. 6, a. 3 : « Species cujusllbet habitus dependet ex formali ratlone objecti; qua sublata, species habitus remanere non potest. '
" I-II, q. 68. — Vedasi cap. iv, a. 5: Ufficio dei doni dello Spirito Santo, il loro predominio nella contemplazione infusa.
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peccato mortale, e la fede viva, aiutata dai doni e dai tocchi profondi dello Spirito Santo.
Noi troveremo la medesima elevatezza nella dottrina di S. Tommaso sopra la grazia attuale, sopra il modo di presenza di Dio nell'anima giusta, e sopra l'eminente e assoluta semplicità dell'essenza divina,
L'umile S. Tommaso d'Aquino, sempre silenzioso e raccolto, viveva questa dottrina soprannaturale. Il suo cuore tutto quanto era abbandonato all'amor di Dio, quando la sua mente ragionava e risolveva le più ardue questioni. Come poteva essere altrimenti in un gran santo, chiamato a restare per secoli il lume della teologia? Il dono della sapienza illuminava dall'alto le sue ricerche, dirigeva la sua intelligenza e la sua volontà verso il possesso sempre più profondo della verità e della vita divina; e ciò in mezzo agli studi più disparati. Certi argomenti Che ci paiono lontanissimi da questo fine supremo, non sono tali in realtà se non per un'anima non ancora giunta a quell'altezza in cui tutto si perde in Dio, principio e fine d'ogni cosa. Non vi è dubbio che il santo dottore sia stato elevato ai gradi superiori della contemplazione mistica, e la sua dottrina certamente non. arresterà le anime nella loro ascensione.
LA MISTICA E S. TOMMASO 77
articolo in.
La mistica e la dottrina di S, Tommaso sull'efficacia della grazia.
Quelli che si maravigliano di vedere che si cerchino nelle opere di S. Tommaso i principii della teologia mistica dovrebbero principalmente considerare il suo insegnamento sull'efficacia della grazia.
Questa dottrina, appunto perché è altissima, non è generalmente ben capita se non da teologi speculativi, abituati a considerare ogni cosa relativamente a Dio, causa prima universale e autore della salute, o dalle anime entrate già nelle vie passive e che conoscono per così dire sperimentalmente che nell'opera della salute tutto è da Dio perfino la nostra coope-ra'zione, in questo senso che non vi si può distinguere una parte che sia esclusivamente nostra e non venga dall'Autore d'ogni bene. .
Quest'ultima formula, che noi abbiamo sottolineata è frequente nei Padri e in, S. Tommaso; ed essa, come vedremo, esprime bene il suo pensiero. Ma, per afferrarne tutta l'altezza e tutta la profondità, ricordiamo prima le concezioni meno alte proposte da certi teologi. Non è inutile conoscere qual sia l'efficacia della grazia attuale di cui abbiam bisogno per con-vertirci, poi per resistere alla tentazione alle volte violenta, per meritare, per crescere nell'amore di Dio, per passare per il crogiolo delle purificazioni e per perseverare nel bene fino alla morte.
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Alcuni 1 pensarono che la grazia, che ci piega a volere il bene salutare, è detta efficace, non perché essa ci porti sicuramente per se stessa in modo dolcissimo e tortissimo al buon consentimento, ma perché ci è data nell'istante in cui Dio previde che, da noi soli, sceglieremmo di consentirvi piuttosto che di re-sistervi. La previsione divina della risposta dell'uomo ' è quellb che distingue la grazia efficace da quella che non è tale. In altri termini, quest'efficacia non viene dalla volontà divina ma dalla volontà umana; la grazia è efficace, non perché Dio lo vuole, ma perché l'uomo vi consente. Secondo questo modo di vedere, può accadere che due peccatori, ricevendo nelle medesime circostanze grazie attuali rigorosamente uguali, l'uno si converta e l'altro resti nel suo peccato. Questa differenza di determinazione fra questi due uomini proviene dunque unicamente dalla sola volontà umana e non dalla differenza dei soccorsi divini che ricevettero. La medesima grazia, che fu solo sufficiente e che restò sterile in uno, fu efficace nell'altro, perché egli stesso la rese efficace. Se è così, l'atto salutare è senza dubbio provocato dall'attrattiva divina, ma la distinzione iniziale che separa il giusto dal peccatore non viene da Dio, ed è esclusivamente
' Per solito S. Tommaso non designava altriménti 1 teologi di cui egli non condivideva la opinione; ma esponeva esattissimamente il loro pensiero secondo le loro proprie parole. La carità vi guadagnava, e la discussione restava altresì più serena. Noi seguiremo il suo esempio, per quanto è possibile. Basta riferir qui le asserzioni principali dei teologi di cui parliamo : « Auxilium sufflciens esse efficax aut mefflcax, ab arbitrio ejus cui praestatur, pendet. — Ausilio acquali fieri potest ut unus vocatorum convertatur et alius non. — Auxillo gratiae minori potest quis adjutus resurgere, quando alius majori non resurgit, durusque perseverat. Non quod is qui acceptat, sola libertate sua acceptet; sed quia ex sola libertate illtid discrimen oriatur, ita ut non ex diversitate auxilli praevenientis a.
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nostra. E questa concezione dell'efficacia della grazia non si applica solamente agli atti salutari che precedono la giustificazione, ma ancora a tutti gli atti meritorii, fino all'ultimo che corona l'opera della salute 2.
Siffatta spiegazione umanissima di questo mistero divino gli conserva essa la sua grandezza? La Scuola di S. Tommaso non pensò mai tale cosa s. La determinazione libera non è forse la miglior parte dell'opera salutare? È dessa che distingue il giusto dal peccatore, nella produzione di ciascun atto salutare, ogni volta che nel corso della sua vita egli evita il peccato, trionfa della tentazione, merita e persevera nel bene. Secondo S. Tommaso non si potrebbe ammettere che questa distinzione capitale venga esclusivamente da noi e in nessun modo da Dio, autore della salute. Infatti S. Paolo dice: Che cosa è che ti distingue? Che: cosa hai che non abbi ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché ti glorii tu, come se non l'avessi ricevuto ? i. Senza di me non potete far nulla, disse nostro Signore 5. In queste parole, i Padri, se-. gnatamente S. Agostino e dopo di lui S. Tommaso, videro quest'affermazione che nell'opera della nostra
2 Quello ohe, in questa concezione, dipende dal beneplacito divino, è che Pietro sia collocato nelle circostanze in cui, secondo la previsione di Dio, infallibilmente egli si salverà, e Giuda in un altro ordine di circostanze in cui Infallibilmente si perderà. Il beneplacito divino avrebbe potuto fare la scelta in modo inverso. Messa a parte questa scelta dì circostanze, resta nondimeno, in questa teoria che questi è salvato senza essere stato aiutato di piii dalla grazia ohe quell'altro che si perde;
anzi, certi eletti sono stati aiutati meno dalla grazia che certi riprovati, non solo nel corso della loro vita, ma anche nell'istante supremo.
8 Gt. SALMANTicEai, De Grafia, ti. XIV, disp. vii, de gratia efficaci :
confronto
della dottrina suddetta con quella di S. Tommaso. Quest'ultima è esposta
secondo i medesimi testi, in un modo molto più giusto che nell'articolo Oràce
del Dict. Tìiéol. cath.
1 1 Cor., iv, 7.
' joann., sv, 5. — S. Tommaso dice in Matth. xsv, Qui
plus oo-natur, plus habet de gratia, sed guati plus conetur, indiget altiori
cavea. — Parimente in Ep. ad Efihes., iv, 7.
1A MISTICA E S. TOMMASO 99
S. Agostino: (i Domine, da quod jubes, et jub.e quod vis — Signore, date ciò che comandate, e comandate ciò che volete». , .
Così ancora prega la Chiesa-nel suo Messale: « Signore, fate ritornare a voi le nostre volontà .ribelli;
fate che gl'infedeli che non vogliono credere, lo vogliano veramente. Applicate il nostro cuore alle buone opere. Dateci la buona volontà. Convertiteci e traeteci fortemente a voi. Toglieteci il nostro cùòr di pietra e dateci un cuor di carne, un cuor dòcile e puro. Cambiate le nostre volontà e inclinatele verso il bene.» 21. ' i
Tal è la santa fiducia della preghiera della Chiesa, perché essa è sicura che Dio non è impotente a con-vertire i peccatori più. induriti. Che cosa deve fare -il sacerdote che, non giunge a ricondurre al bene un peccatore che sta per morire? Se è persuaso che Dio può convertire questa volontà colpevole, prima di tutto egli pregherà. Se invece si figura che Dio ha presa su questa volontà solamente da fuori, mediante le circostanze, i buoni pensieri, le buone ispirazioni, che restano esterne al consenso salutare, -, non s'indugerà egli troppo nell'usare mezzi superfi- ;:
ciali? avrà egli nella sua preghiera quella santa arditezza, che noi ammiriamo nei santi,, e che poggia sulla loro fede nella somma efficacia della grazia ?
Parimenti la preghiera dev'essere in qualche senso continua, poiché l'anima nostra ha bisogno d'una nuova.. grazia attuale efficace, per ciascun atto salutare, per ciascun nuovo merito. Quindi si capisce il senso prò-;
fondo delle parole di nostro Signore: «Bisogna pregar:
31 " Ut Deus rebelles nostras ad se compellat volimtates. Ut infi- :
deles
ex nolentibus credere volentes faciat. Ut applicefc cor nostrmn bonig operibus.
Ut det
nobis bonam voluntatem. Ut convertat et per-;
trahat nos ad se. Ut auferat oor lapideum et det
nobis cor cameum seu ' docile. Ut immutet vorautates nostras easque ifìclinet
ad bonum. » Su queste preghiere della Chiesa, cf. S. agostino, Efnst. ad ViW. 217 (al. 107), e bossuet, Défense de la Tradition,
1. X, e. x.
100 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sempre,-senza stancarsi» 22; parole che non si verifi-cano pienamente se non nella vita mistica, in cui la" preghiera diventa veramente, come dicono i Padri, « la respirazione dell'anima », la- quale non cessa, press'a poco, come quella del corpo; l'anima costantemente desidera la grazia, che è come l'aria che la rinnova e le fa produrre sempre nuovi atti d'amor di Dio. ' ' ,,
Se tale dev'essere ' la preghiera di domanda, dobbiamo anche rendere grazie a Dio'per tutte le nostre buone azioni, perché senza di lui, noi non avremmo fatto nulla. È quello che fa dire a S. Paolo: «Pregate incessantemente. Per tutte le cose rendete grazie:
poiché tal è la volontà di Dio in Cristo Gesù riguardo a tutti voi» 23. «Cantate e salmeggiate coi vostri cuori al Signore, rendendo sempre grazie per ogni cosa a Dio Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo » M.
Questa dottrina dell'efficacia intrinseca della grazia conduce non meno direttamente alla preghiera di contemplazione, che considera soprattutto l'azione profonda di Dio in noi per mortificare e vivificare, e che si esprime mediante il fiat del perfetto abbandono. Nella contemplazione appunto noi vediamo compirsi nel più intimo dell'anima la parola della Scrittura:
«Voi siete grande, o Signore, nell'eternità..., voi mortificate e 'vivificate, voi conducete alla tomba e risuscitate» 25.' «La vostra parola guarisce tutto» 26. In questo lavorio intenso e nascosto della grazia in noi, anche quando crocifigge e sembra distruggere tutto, il dire un fiat perfetto, è la cooperazione più segreta, ma la più feconda nella più .grand'opera di Dio; è la preghiera di Gesù nel Getsemàni, e quella della Vergine ai piedi della croce.
" Lue., svilì, 1.
" Thess., V,
17. " tob., sin, 2.
" Ephes., v, 20. " Sap., xvi, 13.
1A MISTICA E S. TOMMASO 101
Finalmente questa dottrina ci ricorda che, anche per pregare, la grazia efficace è necessaria: «Lo Spirito viene in aiuto' alla nostra debolezza, .perché noi non sappiamo quello che, secondo i nostri bisogni, occorra domandare nelle nostre preghiere. Ma lo:
Spirito stesso prega per noi con gemiti .ineffabili; e Colui che scruta i cuori, conosce quali sono i desideri dello Spirito; mentre egli sollecita Dio pei santi 27. Questo mistero si verifica soprattutto nell'unione mistica, spesso oscura e dolorosa, in cui l'anima impara per esperienza quanto ' la grazia sia necessaria per pregare, come per ben operare. Ma inoltre, dice San Giovanni della Croce 2S, « le anime giunte ad un certo grado dell'unione, ottengono da Dio tutto quello chef' esse si sentono ispirate a domandargli, secondo che dice Davide: Riponete le vostre delizie nel Signore,-' ed egli vi accorderà quello che desidera il vostro cuore. Ps. xxxvi, 4». Del resto ogni preghiera umile, confidente, perseverante, per cui domandiamo quanto è necessario o utile alla nostra salute, è infallibilmente efficace, in virtù della promessa di nostro Signore, e perché .è Dio stesso che la fece scaturire dai .nostri cuori. Risoluto anticipatamente, fin da tutta l'eternità, di concederci i suoi benefizi, è Lui che c'induce a domandarglieli 29.
* * *
Questa dottrina dell'efficacia somma della grazia conduce finalmente ad una grande altezza nella pratica delle virtù teologali. Perché? Perché essa è intimamente legata al -mistero sublime della predestinazione, e gli conserva tutta la sua grandezza. San
" Rom., vili, 26. " Notte oscura, 1. II, o. 20.
"• Cf. S. tommaso,
II-II, "q. 83, a. 2.
— S. agostino, Enchirid., e.
xxxil. — bossuet, Défense Se
la Tradition, I. XII, e. xxxvin.
102 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Paolo ce lo dice nell'Epistola ai, Romani, viu, 28:
« Noi sappiamo che tutte le cose concorrono al bene di quelli che amano Dio, di quelli che sono chiamati secondo il suo (eterno) disegno. Perché coloro ch'egli ha preveduti, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Pigliuoi suo, ond'egli sia il primogenito tra molti fratelli. E quelli che ha predestinati, li ha anche chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha anche glorificati. Che diremo dunque a tali cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?». La medesima dottrina si ha nell'Epist. agli Efesini s0.
S. Agostino 31 e S. Tommaso 32 spiegarono mirabilmente senza sminuirle queste parole di S. Paolo, Bossuet, loro discepolo, le compendia colla sua maestria abituale dicendo s3: «Io non nego la bontà da cui Dio è mosso verso tutti gli uomini, ne i mezzi che loro prepara per la loro salute eterna, nella sua Provvidenza generale. Perché egli non vuole che nessuno perisca, e aspetta tutti i peccatori a penitenza si, Ma per grandi che siano le mire che ha
" S. paolo, ad. Ephes., i, 4, 11, dice altresì: «È tn Gesù Cristo che Dio Padre ci elesse prima della fondazione del mondo, affinchè fossimo santi e immacolati nel suo cospetto in carità. Il quale ci predestinò all'adozione in figliuoli per Gesù Cristo a gloria sua, secondo il beneplacito della sua volontà, onde si celebri la gloria della sua grazia, mediante la quale ci ha resi accetti ai suoi occhi nel diletto suo Figlio... È anche in lui che fummo eletti, predestinati giusta il decreto di lui, che opera tutto secondo il congiglio della sua volontà, affinchè siamo argomento di lode alla sua gloria noi che i primi abbiamo sperato in Cristo ».
n S. agostino, vedasi particolarmente De Praedestinatione sancto-rum, o. in, 6-11, 11, 15, 17. De dono perseverantiae, C. I, 6, 7, 12, 16-20. 23. De corre'ptione et gratia, o. ix, 12, 13, 11. — Ot. sopra questi testi DEL pbado, De Gratia et Ubero arbitrio, t. Ili, p. 555-564, t. II, pag, 67-81, 259..., e bossuet, Défence de la Tradition, 1. XII, o. 13-20.
" S. tommaso, in Ep. ad Kom., vili, 28..., in Ep, ad Ephes., I, 25... — I, <1. 23. '
" bossuet, Meditazioni sul Vangelo, p. II, giorno 72°, Vedasi.anche l'indice delle opere di Bossuet alla parole' 'prédestination et grace.
" II petb., in, 9.. ;.., ... .
LA MISTICA E S. TOMMASO 103
sopra tutti, egli tuttavia ha un. certo riguardo particolare e di preferenza sopra un numero che gli è noto. Tutti quelli ch'egli riguarda in tal modo piangono i loro peccati, e sono convertiti a loro tempo. Perciò quand'ebbe gettato' sopra S. Pietro questo favorevole sguardo, egli si sciolse in lacrime; e questo fu l'effetto della preghiera che Gesù Cristo aveva fatta per la stabilità della sua fede. Infatti bisognava primieramente farlo rivivere, e, a suo tempo, fortificarlo, per perseverare sino alla fine. Così è di tutti quelli che il Padre suo gli diede in un certo modo; ed è di questi ch'egli disse:. Tutto quello che mio Padre mi da viene a me... e la. volontà di mio Padre è ch'io non perda alcuno di quelli che mi diede, ma ch'io li risusciti nell'ultimo giorno (Joan., vi, 37-39). . . ' -,
« E perché ci fa egli penetrare in queste sublimi verità ? Forse per turbarci, per sgomentarci, per gettarci nella disperazione, e per far sì che uno si agiti, dicendo : Sono io- un elètto o non lo sono ? Lungi da noi un così funesto pensiero, che ci spingerebbe a penetrare nei segreti consigli, -di Dio, a frugare, per così dire, fino-nel suo seno, e scandagliare l'abisso profondo de' suoi decreti eterni. Il disegno del nostro Salvatore è che, contemplando quello sguardo segreto ch'egli getta su quelli ch'egli sa, e che il Padre suo gli diede per una certa scelta, e riconoscendo ch'egli. li sa condurre alla loro salute eterna con mezzi che non falliscono, noi impariamo primieramente a domandarli, a unirci alla sua preghiera, a dire con lui:
Preservateci da ogni male (Matth., vi, 13); o,, come parla la Chiesa: Non permettete di separarci da voi;
se la nostra volontà vuole sfuggire, non lo permettete;
tenetela sotto la vostra mano, cambiatela, e riconducetela a voi». ' . '
Questa preghiera prende tutto il suo valore dalla pienezza della vita di fede, che è la vita mistica:
104 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
fede tanto pratica quanto sublime nella sapienza di Dio, nella santità del suo beneplacito, nella sua onnipotenza, nel suo sovrano dominio, nel valore infinito dei meriti di Gesù Cristo, e nell'efficacia infallibile della sua preghiera.
Fede nella sapienza di Dio: «O profondità imperscrutabile dei tesori della scienza e della sapienza di Dio! Quanto sono impenetrabili i suoi giudizi e incomprensibili le sue vie!... Chi è stato il primo a dare a lui, da pretenderne ricompensa? Perché tutto è di lui, tutto è per mezzo di lui, tutto è m lui. A lui gloria nei secoli. Così sial » 36.
Fede nella santità del beneplacito divino: «Vi benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché avete nascosto queste cose ai prudenti e ai sapienti e le avete rivelate ai piccoli. Sì, Padre, vi benedico che così vi sia piaciuto» 36. —Slmilmente Gesù disse ai Farisei: «Non mormorate fra voi. Nessuno può venire a me, 30 il Padre che mi ha mandato non l'attrae;
ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno 37.
Fede nell'onnipotenza divina: Dio può convertire al bene i peccatori più induriti: «II cuore del rè è nella mano del Signore, ed egli lo volgerà dovunque a lui piace» ss. « È Dio che opera in noi il volere e il fare, secondo il suo beneplacito» 39. « Le mie pecorelle ascoltano là mia voce; io le conosco, ed esse mi seguono. Io do loro una vita eterna, e non periranno giammai, e nessuno me le strapperà di mano. Il mio Padre, che me le diede, è più grande di tutti, e ninno può rapirle di mano al Padre mio. Io e il Padre mio siamo una cosa sola» w.
Fede nel supremo dominio del Creatore: « Come l'argilla è in mano del vasaio, così voi, casa d'Israele,
" Kom., xi, 33-36. " Prov., xxi, 1.
" matth.,. XI, 25. " Phil., Il, 13.
" JÒANN., VI, it. " joann., X, 27.
LA MISTICA E S. TOMMASO 105
nella mano mia» 41. «Non è dunque il vasaio padrone della creta, per far della medesima pasta un vaso per uso onorevole, un altro per uso vile? Che se Dio, volendo mostrare l'ira sua (la sua giustizia vendicatricè) e far conoscere la sua potenza, con molta pazienza sopportò dei vasi d'ira atti alla perdizione, e se volle far conoscere anche i tesori ideila sua gloria a prò dei vasi di misericordia, i quali preparò per la gloria... (dov'è l'ingiustizia)? ì2. '
Fede nel valore infinito dei meriti e della preghiera di Gesù: «II Padre ama il Figliuolo, e nelle sue mani ha poste tutte le cose» is. «In verità vi dico, chi crede in-me ha la vita eterna» it. «Ho manifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato nel mondo. Erano tuoi e li hai dati a me: ed essi hanno osservata la tua parola... Per essi io prego... Padre santo, custodisci nel nome tuo quelli che hai a me consegnati, affinchè siano una sola cosa come noi. Quando ero con essi nel mondo, io li custodivo nel nome tuo. Ho conservato quelli che a me consegnasti, e nessuno di essi è perito, eccetto il figliuolo. di perdizione, affinchè si adempiesse la. Scrittura... Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li guardi dal male... Ne io prego solamente per questi, ma anche per coloro, i quali mediante la loro parola crederanno in me... Padre, voglio che quelli che desti a me siano anch'essi con me dove sono io; che veggano la gloria mia, quale tu l'hai data a me; perché mi hai amato prima della formazione del mondo » ia.
Quest'atto di fede serena e invincibile nei meriti infiniti di Gesù rapisce il cuore di Dio, il quale in certe ore permette che tutto sembri esternamente perduto per dare a' suoi figliuoli occasione di dargli prova della loro fede con un simile atto.
41 jerem., xviil, 6. 18 Som,., ix, 21. " JoAlrfN., vi, 47.
" joann., 111,35. "joann., XVII, 6.
106 PERFEZIONE'CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Questa, dottrina di grazia ci porta altresì ad una speranza tutta soprannaturale fatta di confidenza e d'abbandono alla divina Misericordia. Il motivo formale della speranza infatti è la misericordia divina . infinitamente soccorritrice {Deus auxilians); in Dio, e non nella forza del nostro libero arbitrio, dobbiamo '•* noi sperare, affinchè questa virtù della speranza sia divina e teologale. «Chi ha fiducia nel proprio cuore è un insensato. Ma chi cammina nella sapienza sarà salvo» i6. Considerando, la nostra debolezza, dobbiamo «operare la nostra salute con timore e tremore » ", « e colui che crede di stare in piedi badi di non cadere » 48. Ma d'altra parte, considerando la bontà infinitamente soccorrevole di Dio, dobbiamo dirgli: «Mio Dio, in voi confido... nessuno di quelli che sperano in voi sarà confuso » 49. « Nelle vostre mani io rimetto il mio spirito » M. «.Gustate e vedete come buono è il Signore, beato l'uomo , che cerca in lui il suo rifugio» 61. .«Custoditemi, o Signore, perché ho sperato in voi» 52. « In voi ho riposto il mio rifugio, fate ch'io mai non sia sfiduciato » 5S. « Ecco che Dio è la mia liberazione, ho confidenza ,e non temo nulla; Egli è la mia forza e la mia salvezza » 64. « Io posso tutto in colui che mi fortifica» 55.
Tal è l'abbandono che Gesù vuoi insegnarci; e non vi è qui nessun quietismo, come spiega molto bene Bossuet: «Dobbiamo abbandonarci alla divina bontà, non perché non sia necessario agire e lavorare, o perché sia permesso di darci, ' contro gli ordini di Dio, in preda all'inerzia, o a pensieri temerari, ala
" proi>., xxviii, 26. " Phil.. il, 1?. " I Cor.. x, 12. " Ps. xxiv, 2, " Ps.xxx,6.
51 Ps. xxxni, 9. " Ps.xv,1. »'
ps. xxx,2. " Is., xn, 2. " PMl., iv, 13.
IA MISTICA E S. TOMMASO 107
perché adoperandoci con tutte le nostre energie, è necessario soprattutto abbandonarci a Dio solo per il tempo e per l'eternità.
«Mio Salvatore, io mi ci abbandono... affido alle. vostre .mani la mia libertà malata e vacillante, e solo in voi io voglio riporre la mia fiducia.
« L'uomo superbo teme di rendere la sua salute troppo incerta, se non la tiene in sua mano; ma s'inganna. Posso io essere sicuro appoggiandomi sopra me stesso ? Mio Dio ! sento che la mia volontà mi sfugge ad ogni istante.: e se voi voleste rendermi il solo padrone della mia sorte, io rifiuterei un potere così pericoloso per la mia debolezza. Non mi si dica adunque che, questa dottrina di grazia e di preferenza getta le anime buone nella disperazione! Che? si crede forse di rassicurarmi maggiormente, col rimettermi a me stesso, e coll'abbandonarmi alla mia incostanza? No, mio Dio, non vi consento. Io non posso trovar sicurezza se non nell'abbandonarmi a voi. E ve ne trovo tanto più, in quanto quelli a ,cui voi date tanta confidenza da. abbandonarsi interamente a voi, ricevono in questo dolce impulso il miglior segno della vostra bontà che si possa dare su questa terra. Aumentate dunque in me questo desiderio; e con questo mezzo fate entrare nel mio cuore questa. beata speranza di trovarmi finalmente nel numero di questi eletti... Guaritemi e sarò guarito;
convertitemi e sarò convcrtito » (Medit. sul Vangelo, E. II, 72o giorno). :
Nelle dolorosissime purificazioni passive dello spirito, le anime sono molto spesso tentate contro la speranza, e turbate a proposito del mistero della Predestinazione; in tale momento venendo loro meno tutti . i soccorsi creati, esse devono eroicamente sperare, contro ogni speranza, per questo solo e purissimo motivo: Dio è infinitamente soccorrevole, egli non abbandona i giusti per il primo, non permette che siano
108 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
tentati oltre le loro forze aiutate dalla grazia, è Lui che le sostiene colla sua onnipotente bontà. Egli lo disse a-S. Paolo: «Basta a tè la mia grazia, poiché la potenza mia arriva al suo fine per mezzo della debolezza». — «Volentieri adunque, scrive il grande Apostolo; mi glorierò nelle mie debolezze, affinchè abiti in me la potenza di Cristo. Per questo mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angustie per Cristo;
perché quando sono debole, allora sono potente »' 66.
Nel momento di grandi difficoltà pensiamo a questo motivo formale della speranza: Deus auxilians. Dio soccorrevole; ora egli è tale efficacemente, per la grazia che non solo ci sollecita a} bene, ma che in modo soavissimo e tortissimo lo fa compire 57. «Salus autem justorum a Domino: Da Dio viene la salute dei giusti, ed Egli è. il loro protettore nel tempo della tribolazione, Egli li libera dai malvagi e li salva, perché essi riposero in lui la loro fiducia» (Ps. xxxvi, 32).
Finalmente questa dottrina sull'efficacia della grazia conferma la nostra carità verso Dio e verso le anime. Questa carità è un'amicizia fondata sulla comunicazione che Dio ci fa della vita divina mediante la grazia. E perciò quanto più la grazia che ci è data è intima ed efficace, tanto più noi dobbiamo amar Dio, ossia corrispondere al suo amore. ..«Non siamo stati noi i primi ad amare Dio, dice S. Giovanni, ma fu Lui che ci amò per il primo» 68. Lo stesso divin Maestro aveva detto a' suoi Apostoli: « Non siete voi che avete eletto me; ma io ho eletto voi, e vi ho destinati che andiate e facciate frutto, e il vostro frutto sia durevole, e il Padre vi conceda qualunque cosa gli chiederete nel nome mio » 59. E nell'esercizio
•• il cw., xn, s.
" Gf. Catechismo del Concilio di Trento, e. 45, sulla tentazione. " joann., iv, 10.
•• joann., xv, 16.
LA MISTICA E S. TOMMASO 109
dell'apostolato, S. Paolo, appunto perché credeva alla somma efficacia della grazia, potè scrivere: «Ohi ci dividerà dalla carità di Cristo? Sarà la tribolazióne, o l'angustia, o la^persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada?... Ma di tutte queste cose siamo più che vincitori' per Colui che ci ha amati. Poiché io sono sicuro che ne la morte, ne la vita, ne gli angeli, ne i principati, ne le virtù..,, ne àlcun'altra cosa creata potrà dividerci dalla carità di Dio in Gesù Cristo .Signor nostro» 60. Cristo aveva detto al Padre suo : « Ho conservato quelli che a me consegnasti... e voglio -che quelli che desti a me siano anch'essi con. me dove son io... Io ho fatto loro conoscere il tuo nome e glielo farò conoscere ancora, affinchè la carità,, con la quale amasti me, sia in loro e io in èssi» 6i.
Queste parole di nostro Signore non si yerificano pienamente quaggiù se non nella vita mistica, preludio della vita del eie lo. E la grande teologia di S. Agostina e di S. Tommaso, sopra, la grazia, se si bada a non sminuirla, raggiunge così la più alta. mistica ortodossa.
Che cosa vi è di più soave della grazia infallibilmente efficace di Dio? essa si spande dolcemente nell'anima che comincia a volere; quanto più quest'anima vuole, quanto più ha sete di Dio, tanto più sarà colmata. Il giorno in cui il Signore diventerà esigentissimo, quando vorrà il terso cristallo là dove non c'era che il peccato, allora darà la sua grazia in abbondanza per rispondere alle sue esigenze. Non lo disse egli stesso: «Io sono venuto perché voi ab-^ biate la vita, e l'abbiate in abbondanza»? 62. L'anima purificata finisce col cantare la potenza di Dio: « La destra del Signore ha spiegata la sua .forza, ed io
'" Rom., vin, 35.
" joann., xvn, 12, 24, 26. •' joann., x, 10.
110 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
non morrò, ma vivrò e narrerò le opere dell'Altissimo» ^(Ps.'.oxvn,; 17).
Perciò non rechi maraviglia se si trova questa dottrina nei più grandi maestri della vita spirituale.
S. Bernardo dice: «La grazia è necessaria alla salute, e parimenti il libero arbitrio. Ma la grazia per dare la salute, e il libero arbitrio per riceverla... Non attribuiamo adunque una parte della buona opera alla grazia, e una parte al libero arbitrio; essa si fa tutt'intera- mediante l'azione comune e inseparabile di tutte e due. Tutta quanta mediante la grazia, e tutta quanta mediante il libero arbitrio; ma provenendo tutta quanta dalla prima nel secondo» 63
S. Bonaventura dice lo stesso: «Le anime pie non cercano d'attribuirsi, nell'opera della salute, una parte che non venga da Dio, ma riconoscono che tutto, proviene dalla grazia divina» 64.
Il Taulero parla dell'efficacia della grazia come S. Tommaso.
L'autore dell'Imitazione di Gesù Cristo scrive, 1. HI,;? e. 4, n. 3 : « Non ti riputare mai d'essere qualche , cosa per le tue buone opere... Da tè stesso sempre cammini al niente; presto cadi, presto sei vinto, presto ' ti conturbi, presto ti rilassi. Tu non hai nulla onde ti possa gloriare; bensì hai molto onde ti debba umi--liare; perché sei assai più fiacco di quello che tu puoi comprendere». — L. Ili, e. 8, n. 1: «Signore, io sono un niente, e non l'ho mai avvertito. Se io resto abbandonato a me stesso, eccomi un nulla e tutto . fiacchezza. Se poi all'improvviso volgete sopra di me
" De gratiaettfberoarWtrw, o. •iexiv.Ct.Dwt, Théol., art. S. Bernard col. 776.
" II Seni. Dist. 26, <i. 2 : « Hoc etiam piarmn mentìuin est, ut nthll sihi tribuant, sed totuin gratìae Del «.
•LA MÌSTICA E S. TOMMÀSO 111
10 sguardo, di presente divengo forte e mi riempio di nuovo gaudio». — L. Ili, e, 9, n. 2: «Da me, figlio mio, il piccolo e il grande, il povero e il ricco, come da viva sorgente, attingono l'acqua viva; e quelli che di buon animo e liberamente mi servono, riceveranno dalla mia pienezza grazia sopra grazia... Non ti devi dunque appropriar niente del bene che è in tè, ne attribuire ad alcun uomo la virtù ch'egli ha; ma
11 tutto riconosci da Dio, senza cui l'uomo non ha nulla, sed totum a Deo, sine quo nihil habet homo:
Io ho dato il tutto e il tutto voglio ricevere... Questa è. la verità, colla quale si scaccia la vanità. E se la grazia celeste e la carità vera entrerà in tè, non vi sarà alcuna invidia ne strettezza di cuore, ne l'amor proprio ti sorprenderà. Perché la divina carità trionfa di tutto, e dilata tutte le forze dell'anima ». — L. Ili, e. 55, n.-5: «Oh grazia beatissima, vieni, di-' scendi in me, riempimi delle tue consolazioni fin dal mattino, affinchè l'anima mia per la stanchezza ed aridità di mente non venga meno... Questa grazia divina è la mia fortezza; essa mi da consiglio ed aiuto; essa è più potente di tutti i miei nemici, ed è più savia di tutti i savi insieme... Che cosa sono, io senza di lei, se non un legno secco, e un inutile sterpo da gettar via? La grazia vostra dunque,, o Signore, sempre mi prevenga e mi accompagni ». — L. Ili, .e. 58, n. 3: « Io, dice il Signore, debbo essere lodato in tutti i miei santi: io ho da essere benedetto sopra ogni cosa, ed onorato in ciascuno di essi, come quelli ch'io inalzai e predestinai a tanta gloria senza alcun precedente lor merito 65, Tutti sono una stessa cosa per il vincolo della carità è amano più me che se stessi e i proprii loro meriti. Rapiti sopra di sé e tutti fuori del loro amor proprio, s'inabissano in-
" « Ego super omnia benedieendns sum et honorandus, quos sic gloriose magniflcavi et praedestinavi sine ullìs praecedentibus propriis merìtis ». La stessa dottrina che in S. Tommaso, I, q. 23, a. 5.
112 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
teramente nell'amore che hanno per me e in esso con sommo loro gaudio si riposano deliziosamente ».
S. Teresa, ogni volta che tocca la questione della .grazia, parla come S. Agostino e S. Tommaso 66.
S. Giovanni della Croce suppone sempre la verità di questa dottrina 67.
" II pensiero direttore di S. Teresa è questo: n È Dio che opera in noi II volere e il fare secondo il suo beneplacito ». — «Perché Dio agisce in tal modo? scrive ella nel cap. xxi della sua Vita: Perché egli vuole e fa come gli par bene. Se non trova l'anima disposta. Egli la dispone , a ricevere il tesoro che le concede ». Dopo aver esaminato perché un'anima arriva più presto alla contemplazione e alla perfezione ohe un'altra, ella conclude : « In fin dei fini diciamo che tutto dipende dal beneplacito e dalla libera scelta di nostro Signore » (Vita, e. xxn). « Dio concede i suoi doni Quando vuole, come vuole e a chi vuole. Sono beni suoi ed egli non fa torto a nessuno » (Castello, M. IV, o. i).
Nel racconto della sua conversione (Vita, e. vili, e IX), ella dice:
« Supplicavo Dio di venirmi in aiuto. Ma una cosa certamente mi mancava, e al presente credo di rendermene ragione; ed i ch'io •non confidavo interamente nena sua Maestà e non diffidavo assolutamente di me stessa... Non avevo nessuno per darmi la vita ed io non ero in condizione. di '•prenderla da me stessa. — Colui che poteva darmela aveva ragione di, rifiutarmi la sua assistenza, poiché tante volte egli m'aveva già ricondotta a sé ed io l'avevo sempre abbandonato... In quell'istante lo supplicai di darmi la forza di non più offenderlo... Il mio ricorso a 8. Maddalena mi recò una grazia particolarmente efficace, ed è ch'io allora non speravo più nulla da me, ma aspettavo tutto da Dio. Se ben ricordo, dissi a nostro Signore che non mi sarei più. levata di là finché egli non avesse esaudita la mia preghiera. Ed egli l'esaudì, ne sono convinta, perché cominciando da quel giorno i miei progressi furono sensibili • (Vita, o. ix).
« Iddio mi diede insieme colla libertà la forza di venirne all'esecuzione » (Vita, e. xxrv). Come tu detto benissimo: Davanti a questo mistero formidabile, contro il quale insorsero tante eresie, che sollevò tanto dolorose controversie, anche tra i veri figli della Chiesa, la serafica Vergine s'inchina con serenità e riconoscenza: « O mio tenero Maestro, esclama ella, che gioia per me che voi non abbiate fatto dipendere il compimento della vostra volontà da un volere così miserabile come il mio ! Siatene benedetto in eterno e tutte le creature cantino le vostre Iodi » (Cammino della Peri., e. xxxn, pag. 235).
« Quanto più le cose. sono difficili a capire, tanto pi'fi esse m'ispirano divozione, e ciò in proporzione che tali sono maggiormente » (Vita, o. xxvni).
" Cantico spirituale, P. IV, str. 38, trad. Hoornaert, p. 302 : « In quel giorno dell'eternità, vale a dire prima della creazione, e secondo il suo beneplacito. Iddio predestinò l'anima alla gloria, e determinò il grado che vi occuperebbe. Da quel momento, questa gloria è divenuta pro-
LA flIISTICA E S. TOMMASO 113
Lo stesso S. Francesco di Sales ci dice: «La. grazia agisce fortemente, ma così soavemente che la nostra volontà non rimane .punto appressa sotto una. cosi potente azione... Jl consenso alla grazia dipende molto più dalla grazia che dalla volontà, e la resistenza alla grazia non dipende se non dalla sola volontà... Se tu sapessi il dono di Dio» 6S.
A qualunque scuola teologica appartengano, i buoni autori spirituali sono condotti alla medesima dottrina dall'elevatezza delle anime ch'essi accostano -69.
Concludiamo con Bossuet: praticamente l'umiltà risolve tutte le difficoltà del mistero della grazia:
« Ecco, dice egli, uno scoglio terribile per l'orgoglio umano: L'uomo dice nel suo cuore; Io ho il mio libero arbitrio; Dio mi fece libero e io voglio farmi
prietà dell'anima, e ciò in modo così assoluto, che nessuna vicissitudine, ^ uè temporale, ne spirituale, è capace di forgitela radicalmente, perché ciò che Dio le diede gratuitamente, non può mancare di rimaner sempre suo bene ». — Nella Salita, 1. II, e. iv, trad. Hoorn., p. 3 7 : « Dio dispone Uberamente di questo grado d'unione (mistica), come dispone libera--mente del grado della visione beatifica ». — Nella Preghiera dell'anima infocata (ed. des Carmélites, t. I, p. 475) eg-li dice ancora: n Che se voi, o Signore, aspettate le mie opere per concedermi così quello ch'io vi domando, datemele, operatele in me, e unitevi le pene che voi vorrete accettare da me 11.
" S. peancesco Di sales, Trattato dell'amor di Dio, 1. II, e. XII. Nel medesimo luog'o eg'li dice; « La grazia è così graziosa, e s'impossessa così graziosamente dei nostri cuori per attrarll, che non guasta nulla nella libertà della nostra volontà; essa tocca potentemente, ma pure così delicatamente, le molle del nostro spirito, che il nostro libero arbitrio non ne riceve alcun danno.
" II P. geoij, S. J., Maximes Spirituelles, 2° assioma, scrive come i più fedeli discepoli di S. Tommaso : i Solo la grazia può liberarci dalla schiavitù del peccato, e assicurarci la vera libertà; d'onde segue che quanto più la volontà si assoggetterà alla grasia, e quanto più questa farà tutto quanto dipende da lei per rendersene assolutamente, pienamente e costantemente dipendente, tanto piìi ella sarà libera... Così tutto per lei consiste nel rimettersi nelle mani di Dio, nel non far uso della propria attività se non per giungere ad essere più dipendente da Lui... La nostra salute non è forse incom'pardbilménte pi.ù sicura nelle mani di Dio cne nelle mani nostre? In tondo che cosa possiamo noi per salvarci fuori di quello che Dio ci fa potere? » Of. anche P. de caussade, S. J., l'Aliandoli a la Providence. 1. Ili, e. i, 2; e il P. lallbmant, S. J., La Doctrine spirituelle, i Principe, la docllité au Saint-Esprit, e. i e n.
8 — Perfezionee Confemplaiione: - I.
114 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
giusto... Io voglio scoprire qualche cosa a cui appigliarmi nel, mio libero arbitrio, che io non posso accordare' Con siffatto abbandono alla grazia. Superbo contradittore, vuoi tu accordare queste cose, oppure credere ' che le accorda Iddio ? Egli le accorda talmente che, senza dispensarti in nulla dalla -tua azione, vuole che tu gli attribuisca tutta l'opera della tua salute: perché egli è il Salvatore, e dice: Non vi è Dio che salvi fuori di me 70. Credi fermamente che Gesù Cristo è Salvatore e tutte le difficoltà spariranno » n.
• Come dimostra il passo di S. G-iovanni della Croce che poc'anzi abbiamo citato, questa grande dottrina di S. Paolo, di S. Agostino, di S. Tommaso orienta manifestamente le anime verso la più alta unione mistica, che non è altro che la pienezza della vita di fede. Lo vedremo meglio trattando della natura della perfezione cristiana, e di ciò che forma l'essenza della contemplazione mistica. Ecco l'oggetto dei capitoli seguenti. :
"' la., suii, il. '
" bossuet, Elevazioni sui Misteri, 18» sett., 15" elev.
^CAPITOLO III.
La piena perfezione della vita cristiana.
articolo I.
La Perfezione cristiana ossia la vita eterna cominciata,
Come parlare, senza sminuirla, della perfezione cristiana, della sua natura e delle sue condizioni ? Come sollevarsi all'intelligenza della parola del divin Maestro: «.Siate 'perfetti com'è perfetto il vostro Padre celeste»? 1. Se lo domandiamo all'apostolo S. ,Giovanni, ci risponde coi termini stessi di Gesù, ch'egli ci riferisce: La vita cristiana e soprattutto la perfezione cristiana, è la vita eterna cominciata.
Infatti nostro Signore dice ripetute volte nel quarto Vangelo: «Chi crede in me ha la vita eterna» 2, non solo l'avrà più tardi s'egli persevera, ma in un certo senso l'ha già, perché la vita della grazia, quaggiù, è il cominciamento della vita dell'eternità, inchoatio vitae aeternae, dice ripetute volte S. Tom-maso 3. E in quel modo che il germe vegetale non si può definire se non per la pianta che nascerà da esso, o l'aurora se non per il giorno ch'essa an-
' matth., v 48.
2 joan., ih, 36; V, 24, 39; vi, 40, 4.7. Vedasi anche vi, SS s., e il Commento di S. Tommaso siti Vangelo di S. Giovanni ai medesimi passi.
» S. tommaso, II-II, a. 24, a. 3, ad 2: 11 grafia nihil allud est quam quaedam inchoatio gloriae in nolis ». Hem, I-II, q. 69, a. 2, e de Veri-tate, q. 14, a. 2.
116 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPEAZIONE
nunzia, così la vita della grazia non si può concepire se non considerando anzitutto quella della gloria di cui- essa è il germe (grafia est semen gloriae). Per la medesima ragione non si può determinare quello .che e la perfezione cristiana senza parlare prima della vita eterna, di cui essa è il preludio.
, È quello che noi faremo nella prima parte di questo articolo. Nella seconda, vedremo come la vita della ' grazia quaggiù nel suo fondo è la medesima che la vita del cielo, la medesima anche per la carità, che non cesserà mai, e com'essa ne differisca per la fede e per la speranza, che devono scomparire per lasciare il posto al possesso definitivo di Dio per la visione;
Negli articoli seguenti, studieremo, seguendo San Tommaso, in che consista principalmente, quaggiù, la perfezione cristiana propriamente detta, quali siano le sue relazioni colle virtù e coi doni da una parte, e poi, precetti e coi, consigli-dall'altra; vedremo così tutto quello ch'essa richiede.
La vita eterna nel suo ultimo sviluppo.
« La vita eterna, disse nostro Signore al Padre suo, è questa, ch'essi conoscano tè, solo vero Dio,-e Colui che hai mandato, G;esù Cristo » 4. S. Giovanni ci spiega queste parole dicendo: « Carissimi, noi siamo adesso figliuoli di Dio, e quello che saremo un giorno non si-è ancora manifestato; ma sappiamo che quando si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo qual .egli è» 5. S. Paolo aggiunge: «Adesso noi vediamo (Dio) a traverso d'uno specchio, in modo oscuro, ma allora lo vedremo faccia a faccia; ora, conosco in parte, . ma allora conoscerò in quel modo stesso ond'io pure sono conosciuto» 6. Vedremo faccia a
* joan., svii, 3. °IJoAN.,ni,2. « I Cor., xill, 12.
•LA. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 117
faccia, cioè immediatamente, tal quale è in se stesso, questo Dio « che abita in una luce inaccessibile » 7 ad ogni cognizione naturale creata e creabile.
La Chiesa c'insegna chiaramente che «le anime dei beati in cielo hanno dell'essenza divina una visione intuitiva e faciale, senza l'intermedio d'alcuna creatura precedentemente conosciuta: la divina essenza si presenta immediatamente allo scoperto, in una perfetta chiarezza; quelle anime beate ne godono incessantemente e per sempre; tal è la vita eterna» 6, « alla quale deve elevarci il lume della gloria » 9.
Noi siamo dunque chiamati a vedere Iddio, non solo mediante il riflesso delle sue perfezioni nelle creature sensibili o mediante il suo maravigliosó irradiamento nel mondo degli spiriti puri, ma a, vederlo senza mezzo alcuno; anzi meglio che non vediamo quaggiù coi nostri occhi di carne le persone con cui parliamo, perché Dio essendo affatto spirituale sarà intimamente presente nel nostro intelletto, ch'egli illuminerà dandogli la forza di tollerare il suo abbagliante splendore 10. Tra Lui e noi, non vi sarà neanche l'intermedio di un'idea, perché nessuna idea creata potrebbe rappresentare tal qual è in sé l'Essere stesso, Atto puro infinitamente perfetto, Pensiero increato eternamente sussistente, Lume di vita e fonte d'ogni verità 11. E non potremo esprimere la nostra contemplazione con nessuna parola, nemmeno con alcun verbo intcriore; siffatta contemplazione, superiore ad ogni idea finita, ci assorbirà in qualche modo in Dio, e resterà ineffabile, come noi perdiamo, fin di quaggiù, il dono della parola, quando il sublime ci rapisce. La Deità tal quale è in sé non può esprimersi se non con la parola consostanziale, che è il Verbo increato, « splendore del lume eterno,
' I Tim., vi, 16. •
• denzingeb, Enchiridion, n. 530. " S. tommaso, I, q. 12, a. 5.
• IWd., n. 475. "I,g.21,a.2.
118 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
specchio senza macchia dell'attività di Dio. e immagine della sua bontà».12. . "
Questa visione di Dio faccia a faccia per il suo oggetto è infinitamente superiore, non solo alla più sublime filosofia, ma alla più alta. cognizione degli angeli. Noi siamo chiamati a vedere tutte le perfezioni divine unite, identificate nella loro sorgente comune, la Deità'; a vedere come la Misericordia più tenera e la Giustizia più inflessibile procedono da un solo e identico Amore infinitamente generoso e infinitamente santo, Amore del sommo Bene, che vuole comunicarsi quanto più è" possibile, ma che ha un diritto imprescrittibile ad essere amato sopra tutto, e che così unisce mirabilmente Giustizia e Misericordia in tutte le opere di Dio ls. Noi siamo chiamati a vedere come quest'Amore, anche nel suo più libero beneplacito, .s'identifica colla pura Sapienza, come nulla vi è ,-in lui che non sia sapiente, e nulla nella Sapienza che non si converta in amore; a vedere come quest'Amore s'identifica col sommo Bene amato da tutta l'eternità, come ia divina Sapienza s'identifica con la Ve-.rità prima sempre conosciuta, come tutte queste perfezioni si armonizzano e non formano che una sola cosa nella stessa essenza di Colui che è.
; Noi siamo chiamati a contemplare la vita intima di Dio, la Deità stessa, purezza e santità assoluta, a perdere il nostro sguardo nella sua infinita fecondità che si espande in tré Persone divine, a vedere l'eterna generazione del Verbo, «splendore del Padre, e figura della sua sostanza», a mirare in un rapimento senza fine l'ineffabile spirazione dello Spirito Santo, torrente di fiamma spirituale, termine dell'amore comune del Padre e del Figliuolo, vincolo che li unisce eternamente nella più assoluta diffusione di se stessi.
" Sap., vii, 26. • " S. tommaso, I, q. 21, a. 4.
LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CRISTIANA 119
Chi può dire l'amore e la gioia che farà crescere in noi questa visione? Se già miriamo incantati dal riflesso delle perfezioni divine partecipate dalle creature, dal fascino del mondo sensibile, dalle armonie dei suoni e dei colori, dall'azzurro d'un, cielo purissimo sopra un mare soleggiato, che Ci fa pensare all'oceano tranquillo dell'Essere e alla luce infinita della divina Sapienza; se noi siamo più ancora ma-ravigliati degli splendori del mondo delle anime che la vita dei santi ci rivela, che sarà quando vedremo Dio, lampo eternamente sussistente di sapienza e d'amore, donde procede tutta la vita del creato? Noi parliamo d'un lampo di genio per indicare un'illumi-nazione improvvisa della mente;, e che cosa dire della luce increata di Dio? Essa non resta nascosta per noi, se non a cagione del suo soverchio splendore, come il bagliore troppo vivo del sole pare tenebre all'occhio impotente dell'uccello notturno.
La gioia che nascerà da una simile visione sarà quella d'un amor di Dio così forte, così assoluto, che nulla potrà mai distruggerlo, neppure diminuirlo,, Quest'amore seguirà necessariamente la visione 'beatifica del sommo Bene, sarà tanto spontaneo quanto possibile, ma non sarà più libero. Il Bene infinito, presentandosi così a noi, spegnerà la nostra sete insaziabile di felicità, colmerà la nostra potenza di amare, «che aderirà necessariamente a Lui» lt. La nostra volontà, per la sua stessa natura, si porterà a Lui con tutta la sua inclinazione e con tutto il suo peso; non le resterà più nessuna energia disponibile per sospendere il suo atto, che le sarà in certo modo rapito dall'infinita attrattiva di Dio veduto faccia a faccia. Riguardo ad ogni bene finito la nostra volontà resta libera, e può anche arrendersi o non arrendersi all'attrattiva e alla legge di Dio, finché noi non ve-
, " S. tommaso, I, q. 82, a. 2.
120 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
diamo immediatamente la sua infinita bontà; ma quando la sua gloria ci apparirà, allora i nostri desideri saranno compiti, e noi non potremo più non corrispondere al suo amore: «.satìabor cum apparuerit 'gloria tua» (Ps. xvi, 15).
Quest'amore sarà fatto di ammirazione, di rispetto, di riconoscenza, ma soprattutto d'amicizia, con una semplicità ed una profondità d'intimità, che nessun affetto umano può avere. Amore per cui noi ci rallegreremo soprattutto che Dio sia Dio, infinitamente santo, giusto, misericordioso, amore per cui adoreremo tutti i decreti della sua Provvidenza in vista della sua gloria, che irradierà in noi e per mezzo nostro. • ; • ^.
Tale dev'essere la vita eterna, in unione con tutti quelli che saranno morti nella carità, specialmente con quelli che avremo amati nel Signore. '
La vita eterna adunque consiste nel conoscere Dio com'egli conosce se stesso, e nell'amarlo com'egli si ama. -Ma se penetriamo più a fondo, vediamo che questa cognizione e quest'amore divino non saranno possibili se Dio in certo modo non ci deifica nella stessa anima nostra. G-ià nell'ordine naturale, l'uomo non è capace di cognizione intellettuale e d'un amore illuminato superiore all'amor sensibile se non perché egli ha un'anima spirituale; — parimenti'noi non saremo capaci d'una cognizione divina e d'un amore soprannaturale salvochè non abbiamo ricevuto una partecipazione della stessa natura di Dio, della Deità; salvochè l'anima nostra, principio della nostra intelligenza e della nostra volontà, non sia stata in un certo senso deificata o trasformata in Dio, come il ferro, immerso nel fuoco, si trasforma per così dire in fuoco, senza cessare d'essere ferro. I beati in cielo non possono partecipare alle operazioni propriamente divine, se non perché essi partecipano della natura divina, principio di queste operazioni, e se non perché
-LA. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA OEISTIANA 121
essi ricevettero da Dio questa natura, un poco come un figlio quaggiù riceve la sua natura dal proprio padre.
Da tutta I/eternità, Dio Padre -genera necessariamente un Figliuolo uguale a lui, cioè il Verbo; gli comunica tutta la sua natura senza dividerla, ne moltipllcarla; lo fa essere « Dio di Dio, Lume di Lume » ; e per pura 'bontà, gratuitamente, egli volle avere nel tempo altri figliuoli, figliuoli adottivi, secondo • una filiazione non solo morale e figurata, ma realissima, che ci fa veramente partecipare alla natura divina, alla sua vita intima. «Questa filiazione adottiva, dice S. Tommaso, è così realmente una somiglianzà partecipata della filiazione eterna del Verbo » 16. « Osservate, dice S. Giovanni, quale amore ci ha dimostrato il Padre, che siamo chiamati figVtuoU di Dio, e che tali siamo infatti» 17. Noi siamo «nati da Dio» 18 «.partecipi della natura divina», aggiunge S. Pietro 19. «Perché coloro che Dio ha prevenuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figliuoi suo, ond'egli sia il primogenito tra molti fratelli» 20.
Tale è l'essenza della gloria, che Dio riserva a' suoi figli: «quello che l'occhio non vide, quello che l'orecchio non udì, quello che non salì nel cuore dell'uomo. Dio l'ha preparato per quelli che l'amano » 21. .
Gli eletti sono veramente della famiglia di Dio, e in cielo entrano nel ciclo della Trinità santa, che abita in essi. Il Padre in essi genera il suo Verbo, il Padre e il Figliuolo in essi spirano l'Amore. La
" S. tommaso, III, q. 3, a. 8, etin Ep. ad Bom., vili, 29.
17 I joan-., in, 1.
11 joan., i, 13.
11 II petb., i, 4.
20 Rom., vili, 29.
" I Cor., Il, 9.
122 PEBFEZIONÈ CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
carità li assimila allo Spirito Santo, la visione beatifica li rende simili .al Verbo, che li assimila al Padre di cui egli è l'immagine. In ciascuno di loro la Trinità conosciuta ed amata abita come in un tabernacolo vivente, e più ancora essi sono in Lei, alla cima dell'Essere, del Pensiero e dell'Amore.
Tal è il fine di tutta la vita .cristiana, di ogni progresso spirituale; qui non si tratta più dei nostri interessi terreni, ne di cercar di sviluppare la nostra personalità (povera formula, stoltamente ripetuta da molti cristiani dimentichi della vera grandezza della loro vocazione); la Rivelazione ci dice che bisogna tendere infinitamente più in alto: Dio predestinò i suoi eletti a diventar conformi all'immagine del Fi-gliuoi .suo. Il mondo, nella sua saggezza, respinge questa risposta; i suoi filosofi rifiutano di udirla; allora il Signore chiama gli umili, i poveri, gl'intermi 22, a partecipare alle ricchezze della sua gloria:
« Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, disse Gesù, che tu abbi ^ nascoste queste . cose ai prudenti'e ai sapienti, e le abbi rivelate ai piccoli» 23.
La vita eterna cominciata.
Come si può raggiungere un fine così alto? Il progresso spirituale non vi può tendere se non perché esso suppone in noi il gerirne della gloria, vale a dire una vita soprannaturale identica nel suo fondo colla vita eterna. Il germe contenuto nella 'ghianda non potrebbe diventare una quercia se esso non fosse della medesima natura della quercia, se non contenesse allo stato latente la medesima vita; il bambino
28 Lue., xiv, 21: «II Padre di famiglia Irritato disse allora, al suo servitore: Va presto sulle piazze e per le strade della città, e conduci qui 1 poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi. » .
" matth., XI, 25.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CKISTIANA 123
non potrebbe diventare un uomo s'egli non avesse un'anima ragionevole, se la ragione non sonnecchiasse in lui. Così il cristiano della terra non potrebbe divenire un beato del cielo se non avesse già ricevuta la vita divina.
Se noi vogliamo ben conoscere la natura del germe contenuto nella ghianda, dobbiamo considerarlo nel .suo stato perfetto nella quercia pienamente sviluppata. Così se vogliamo conoscere la vita (iella grazia dobbiamo contemplarla nel suo supremo sviluppo, nella .gloria che è la sua consumazione. - :
In fondo è la medesima vita soprannaturale, là mè-,desima carità, con due differenze: Dio quaggiù è .conosciuto solamente nell'oscurità della fede, non nella chiarezza della visione; di più, noi speriamo di possedere Iddio in modo inamissibile, ma finche siamo .sopra la te^ra possiamo perderlo per nostra colpa.
Nonostante queste due differenze, è la medesima vita. Lo disse nostro Signore alla Samaritana: «Se tu conoscessi il dono di Dio... Chi berrà dell'acqua ch'io gli darò, non avrà più sete; all'opposto l'acqua ch'io gli darò, diventerà in lui una fonte che zampillerà fino alla vita eterna» 24. Nel tempio, l'ultimo giorno della festa dei tabernacoli, Gesù stando in piedi disse ad alta vóce : « Ohi ha sete, venga da me, e beva.'A chi crede in me scaturiranno dal seno di lui fiumi, d'acqua viva» 25. S. Giovanni .aggiunge:
« Questo egli diceva riguardo allo Spirito, che erano per ricevere quelli che credevano in lui». Parecchie volte Gesù ripete, come abbiamo già osservato : « Chi crede in me ha la vita eterna» 26. «Chi mangia la mia carne, e beve il mio sangue, ha la vita eterna, ed io. lo risusciterò nell'ultimo - giorno » 27. « II regno di Dio non viene in modo da colpire gli
" joan., IV, 10-14. " joan., Ili, 36; VI, 40, 47. 25 J.OAKT,, VII, 37. " jqan., vi, 55.
124 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sguardi. Ne si dirà: eccolo qui, ovvero eccolo là;
perché ecco che il regno di Dio è in mezzo a voi » o « dentro di voi » 28. Esso è lì nascosto come il grano di senapa, come il lievito che farà fermentare tutta la pasta', come il tesoro nascosto in un campo. -. •
E come conosciamo noi d'aver già ricevuta questa vita che deve durar sempre? S. Giovanni ce lo spiega a lungo 2S: «Noi, dice l'Apostolo, 'sappiamo che siamo trasportati dalla morte alla vita, se amiamo i fratelli. Chi non. ama è nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che l'omicida non ha la vita eterna abitante in se stesso » 30.* «Vi ho scritto queste cose, perché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figliuolo di Dio» 81.
, E infatti Gesù lo disse nella preghiera sacerdotale:
« La vita eterna consiste nel conoscere tè, solo "vero Dio, :e Colui che , hai mandato, Gesù Cristo » 32. Questa cognizione già comincia colla fede soprannaturale, e, mediante la fede viva o vivificata dalla ' carità, Gesù «abita in noi e noi in lui» 33; ciò .che lo stesso S. Giovanni spiega dicendo: «Dio ci diede la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo. . Chi ha il Figliuolo, ha la vita; chi non ha il Figliuolo, non ha la vita» si.
Se è così, che cosa diventa la morte per il véro cristiano? Un passaggio dalla vita soprannaturale ancora imperfetta alla pienezza di siffatta vita; in questo senso appunto bisogna intendere queste parole di Gesù
-. at Lue., xvn, 20 s.
"Questo punto è posto in bella luce nello studio esegetico del Padre J. B. fb-et, S. Sp., Le Ooncept. de « Vie » dans S. Jean, comparso sulla nella rivista Biblica, 1920, p. 38-58, 213-239.
• "' I joan., Ili, 11 S.
" I joan., v, 13. " joan., xvn, 3. " joan., xv, 1; xvn, 26.
" I joan.,v, 11 S.
LA PIENA. PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 125
Cristo : « In verità, in. verità vi dico, chiunque osserverà la mia parola, mai non vedrà la morte». I Giudei stupefatti gli replicano: «Noi vediamo adesso che un demonio è in tp: Abramo è morto, i profeti altresì, e tu dici: Chiunque osserverà la mia parola non gusterà mai la morte! Chi pretendi tu di essere?» 35. Alla tomba di Lazzaro, Gesù disse pa-rimenti: «Io sono la risurrezione e'la vita; chi erede-in me, se anche fosse morto, vivrà; e chiunque vive e crede iti me non morrà in eterno» 3e. E ancora ai Giudei: «I vostri padri mangiarono la manna nel deserto,'e morirono. Ecco il pane disceso dal cielo, affinchè se ne mangi e non si muoia » 37. . - '
La liturgia nella Messa per i morti dice la medesima cosa: Tuis enim fidelibus, Domine, vita mu-tatur, non tollitur ss. . .. : ...
La grazia santificante ricevuta nell'essenza dell'anima nostra è dunque, di natura sua, imperitura, essa deve durar, sempre ed essere coronata dalla vita, eterna s9. Parimenti fra le virtù teologali, ce n'è una, la carità che neanch'essa deve scomparire. «La carità non passerà mai, dice S. Paolo... Adesso queste tré cose rimangono: la fede, la speranza, la carità, ma la maggiore delle tré è la carità» w. Anzi vi . sonos dei santi quaggiù che hanno un grado di carità più alto di certi beati in cielo, senz'aver, tuttavia altrettanta continuità nell'atto d'amore; S.; Gio-
»' joan., vili, 51-SS.
" joan., xi, 25-26. La traduzione data alla fine di onesto testo e quella che esige 11 testo greco; vedasi Giovanni, iv, 14, vili, 51 s., x, 28, xm, 8.
" joan., VI, 49 s., 59.
'» (i Per 1 vostri fedeli, o Signore, la vita si cambia, non si perde.» •• " Gf. saimanticesi, de Gratta, disp. IV, dub. vi, n. 107,109 : dub. vii, n. 141 : la grazia santificante è 11 medesimo abito, che ricevendo la sua ultima perfezione si chiama gloria o grazia consumata.
" I Cor., xm, 8,13, e S. tommaso, I-II, q. 67, a.6 : .La carità differisce dalla tede e dalla speranza in ciò ch'essa non implica imperfezione e può amar Dio sia nell'oscurità della tede, sia nella chiarezza della visione.
126 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
vanni, sopra la terra aveva un grado di carità superiore a quello che possiede nella beatitudine l'anima d'un bambino morto subito dopo il battesimo 41. I doni dello Spirito Santo sussistono anch'essi in cielo (I-II, q. 68, a. 6). È dunque veramente la medesima vita.. .
Senza dubbio, noi non raggiungiamo Iddio nella chiarezza della visione, ma la nostra fede raggiunge veramente Lui stesso, la grazia della fede ci fa aderire alla Verità increata rivelatrice, noi crediamo alla parola stessa di Dio, non a quella di S. Pietro o di S. Paolo 42, e questa parola ci rivela «le profondità-di Dio» 43. In tal modo la nostra fede è, «la -sostanza (ossia il principio, il germe) delle cose che noi speriamo » 4:ì e che contempleremo in cielo. Questa fede, nonostante la sua oscurità, oltrepassa infinitamente le intuizioni naturali più gemali, ed anche la cognizione naturale più sublime dell'angelo più elevato. «Quando noi stessi, dice S. Paolo, quando un angelo venuto dal cielo vi annunziasse un altro Vangelo diverso da quello ch'io vi ho annunziato, sia anatema » tó.
Senza dubbio, finché la speranza non darà luogo al possesso definitivo di Dio, la vita soprannaturale della
" Come dimostrano i salmantioesi, de Charitate, disp. VII, club. iv, B. 66, 1 teologi ammettono comunemente che la carità di un giusto vivente guaggiù può essere eguale a quella d'un beato del ciclo. La ragione è che la carità di oiascrm beato nella patria ha un grado determinato, oltre il quale essa non aumenta più. Ora questo grado può esser raggiunto ed anche oltrepassato da un'anima giusta quaggiù. Ed è certo che la S. Vergine, quand'era ancora sopra la terra, aveva una carità che oltrepassava di gran lunga quella d'ogni anima beatificata e quella degli angeli beati.
Ma la carità ohe un adulto possiede quaggiù è sempre inferiore a quella ch'egli stesso avrà nella patria, dove nulla più arresterà lo slancio del suo amore. Ci. I, q. 117, a. 2, ad 3.
" I Thess., n, 13.
" I Cor., n, 10.
" Hetr., si, 1.
" Gca., i, 8.
1À PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CKISTIANA 127
grazia e della carità si può perdere, ma unicamente perché noi stessi possiamo fallire e venirle meno. La grazia santificante, considerata in sé, e la carità, che è in noi, sono per sé assolutamente incorruttibili, come un'acqua viva che si conserverebbe sempre pura, se il vaso che la contiene non venisse a spezzarsi. «È Dio che fa brillare il lume nei nostri cuori... ma noi portiamo questo tesoro in vasi di creta, affinchè apparisca che questa somma potenza del Vangelo viene da Dio e non da noi» i6. Purtroppo 1 noi possiamo perdere la carità a cagione della volubilità del nostro libero arbitrio; ma, comunque sia della nostra fragilità, « l'amore di carità », considerato in se stesso, «è forte come la morte; il suo zelo è inflessibile come l'inferno, i suoi ardori sono ardori di luoco, una fiamma di Colui che è. Le grandi acque non potrebbero spegnere l'amore, ne sommergerlo i fiumi» ". È l'amore che ogni giorno strappa anime /al demonio, alle seduzioni del mondo, è l'amore che trionfò delle persecuzioni, dei peggiori supplizi; e se noi stessi ci lasciamo da esso penetrare, siamo invincibili.
L'amore di carità è veramente identico a quello che sussiste in cielo; suppone che noi siamo «nati da Dio e non dal sangue, ne dalla volontà dell'uomo » ìs, e che siamo non solo servi di Dio, ma suoi figliuoli' e suoi amici secondo una filiazione adottiva, ma reale come la grazia, che è ben più reale che la carne, poiché essa ci è data per durar sempre.
Non intendiamo noi adesso perché la rivelazione c'insegni che la SS. Trinità abita in ogni anima in stato di grazia, come in un tempio in cui ella è conosciuta ed amata? È indubitabile che in cielo tutta la Trinità abita nell'anima dei beati come in un tabernacolo vivente in cui non cessa d'essere glorifi-
" II Cor., iv, 6 s. *' Cant., vili, 6. " joan., 1,13.
128 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
cata. Ma se la vita della grazia e della carità è in fondo identica a quella del cielo, bisogna dire, come c'insegna la Rivelazione, che fin d'ora la Santa Trinità abita nelle anime giuste : « Se alcuno mi ama, dice 'Gesù, osserverà la mia parola, e mio Padre l'amerà, e noi verremo da lui, e porremo in lui la nostra dimora » tó. « Chi sta nella carità sta in Dio, e Dio in lui » 60, « Quando sarà venuto il Consolatore, lo Spirito di Verità, aggiunge. ,:nostro Signore, egli vi guiderà in ogni verità.» 61. «Non sapete voi, dice San Paolo ai fedeli di Oorinto, che siete un tempio di Dio, e, che lo Spirito di Dio abita in voi?» 62. «Non sapete voi che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo il quale è in voi, il quale vi è stato dato da Dio, e che voi non siete più di voi .stessi?» 63. «.Noi siamo il tempio di Dio vivo » 51.
Quest'abitazione della SS. Trinità in ' noi è . appropriata allo Spirito Santo, perché la carità che resterà in cielo, ci assimila più particolarmente allo Spirito d'amore, laddove la fede che sarà sostituita dalla visione, non ci assimila ancora se non imperfettamente al Verbo, figura del Padre e splendore della sua sostanza. Nondimeno la SS. Trinità è tutta quanta in noi, come la vita della nostra vita, l'anima dell'anima nostra; alle volte ella si fa sentire a", noi specialmente mediante il dono della sapienza 65, e in tal
" joan., xiv, 23. .
" I joan., iv, 16.
" joan., xvi, 13.
" I Oor., ni, 16 s. , :
" I Cor.. vi, 19.
" IIC'or.,vi, 16.
, " Ct. S. tommaso, I, q. 43, a. 3 : « Dio è in ogni cosa perla sua essenza, per la sua potenza e per la sua presenza, come la causa negli effetti che partecipano alla sua perfezione. Ma oltre questo modo generale di presenza, ce n'è uno speciale che conviene alla creatura ragionevole nella quale Dio è come oggetto conosciuto ed amato. E perche, conoscendolo ed amandolo, la creatura ragionevole colla sua operazione raggiunge Dio stesso, si dice non solo che Dio è in lei, ma ch'egli vi abita come nel suo tempio... Ella anzi lo possiede, perché può li neramente go-
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 129
modo, nell'oscurità. della fede, ci dispone alla vita beata. ' .
«La vita eterna cominciata, dice-Bossuet 56, consiste nel conoscere per la fede (cognizione tenera e affettuosa che porta ad amare) 67; e la vita eterna consumata consiste nel vedere faccia a faccia e sve-latamente; e Gesù Cristo ci da l'una e l'altra, perché ce la merita e perché ne è il principio in tutte le membra ch'egli animar. '
Tal è la vita della grazia e della carità, infinitamente superiore al genio, al dono dei miracoli, alla scienza degli angeli58. Tale dev'essere particolarmente la perfezione cristiana, di cui ci sarà più facile determinare adesso, senza sminuirla, la vera natura e le condizioni. Noi già vediamo ch'essa è la configurazione al Figliuolo unico di Dio, configurazione progressiva, che ^ deve renderci simili a Cristo Gesù nella sua vita nascosta, nella sua vita apostolica,
dere di Lui ; questo potere procede dalla grazia santificante, colla quale lo Spirito Santo stesso ci tu dato. »
I Sent., d. 14, q. 2, a. 2, ad 3 : « Non basta una cognizione qualunque perché vi sia missione (e abitazione dello Spirito Santo), ma si richiede una cognizione che proceda da un dono appropriato a questa persona, un dono ohe ci unisca a Dio secondo il modo proprio di questa persona, cioè per amore. Così questa, cognizione è quasi sperimentale. " Suppone dunque la presenza di Dio, che così si fa sentire a noi, come il principio che ci vivifica. Questa spiegazione, pur lasciando sussistere il mistero, si rischara assai, se si ricorda che la carità è la medesima virtù in cielo e in terra; in quanto amicizia perfetta essa già esige l'unione reale con Dio amato sopra ogni cosa. Dio puro spirito, non essendo di natura sua in un luogo, non è da noi separato per lo spazio, già è in noi come in tutte le cose a titolo di causa prima conservatrice. Per non pochi tornisti, s'egli, per impossibile, non fosse già presente in noi, diventerebbe presente per la carità. Cf. B. froget, O. P.: L'abitazione dello Spirito Santo nelle anime giuste (ediz. mabietti, Torino),, e I, q. 43, a. 3, II-II, q. 27, a. i, gonet, salmanticesi, billuart. Tuttavia su questa ipotesi « per impossibile », giovanni di S. tommaso parla diversamente, ma la sua opinione pare meno probabile.
" bossuet Meditazioni sul Vangelo, p. II, 37° giorno, in Joan., xvn, 3 : « La vita eterna consiste nel conoscere voi, che siete il solo vero Dio, e Gesù Cristo che avete mandato. »
" IWd.
" I Cor., xin, 1 ss.
9 — Perfezione: e Contemplazione. - I.
130 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
nella sua vita dolorosa, prima di farei partecipare alla sua vita gloriosa, di cui già abbiamo il germe:
«Chi crede in me ha la vita eterna» 69.
Noteremo fin d'ora due conseguenze importanti che derivano da questa dottrina..
1° Poiché la grazia, santificante - è la vita eterna cominciata, poiché già in ogni anima giusta vi è-Vill'unione abituale colla SS. Trinità, che abita in lei, l'unione mistica o l'unione attuale, intima e pressoché continua con Dio, così come si trova fin di quaggiù nelle anime sante, apparisce come il punto culminante, sopra la terra, dello sviluppo della grazia delle virtù e dei doni, e come il preludio normale,.. sebbene assai poco frequente, della vita beata 60. Quest'unione mistica infatti appartiene all'ordine della grazia santificante, e, procede essenzialmente dalla «grazia delle virtù e dei doni», e non dalle g'ra»zie gratis datae, transitorie e in qualche modo esteriori (come il miracolo e la profezia) che possono accom-, pagnarla.. La vita mistica è la vita cristiana divenuta in qualche modo cosciente di se stessa. Essa. non ci da la certezza assoluta che noi siamo in stato di grazia, certezza che supporrebbe una rivelazione speciale, secondo il Concilio di Trento, ma, come dice S. Paolo, «lo Spirito Santo rende testimonianza"
" joan., m, 36. , , •" Ot. S. giovanni della croce, Salita del Carmelo, 1. II, e. iv (trad. Hoomaert, p. 91-95); 11 Quanto più grande è l'amore, tanto più ancora è intima l'unione, e ciò significa ohe la conformità di volontà con quella di Dio è più perfetta. La volontà, conforme nella sua totalità, effettua nella sua totalità l'unione e la trasformazione soprannaturale in Dio.
« Questa dottrina fa già comprendere che se l'anima è occupata delle ' creature o delle sue facoltà, sia per attrattiva, sia per disposizioni abituali, manca per ciò stesso di preparazione ad una simile unione: la ragione è ch'ella non si offre interamente a Dio, ohe vuole la sua trasfor-. inazione soprannaturale. Bisogna dunque che l'anima si preoccupi unicamente di eliminare gli ostacoli, le dissomiglianze naturali, affinchè Dio, che si comunicava già naturalmente secondo la natura, si comuniohi soprannaturalmente mediante la grazia. » Così si conferma la dottrina che abbiamo difesa sulle relazioni tra l'Ascetica e la Mistica.
LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CRISTIANA 131
al nostro spirito che noi siamo figli di Dio» 61; Egli ce lo fa conoscere, osserva S. Tommaso, «mediante l'amor filiale che produce in noi» 62.
2" Siccome la vita della grazia è essenzialmente ordinata a quella della gloria, la sommità normale, sebbene in fatto abbastanza rara, del suo sviluppo dev'essere una disposizione perfettissima a ricevere il lume della gloria, appena dopo la morte, senza passare per il purgatorio; perché è solamente per colpa nostra che noi saremo trattenuti in quel luogo di espiazione, dove non si merita più. Ora questa disposizione perfettissima alla glorificazione immediata non può essere se non una carità intensa con l'ardente desiderio della visione beatifica, tali quali li riscontriamo soprattutto 'a.eQ.'unione trasformante, dopo le dolorose purificazioni passive che hanno liberata l'anima dalle sue scorie. Poiché niente d'inquinato entra in cielo, queste purificazioni passive,, bisogna, come principio, conoscerle almeno in una data misura prima della morte, meritando e progredendo, o dopo la morte senza meritare n@ progredire 6S. :
Queste conseguenze, su cui dovremo ritornare, ci rivelano la grandezza della perfezione cristiana attuabile quaggiù, e contengono il più pratico e il più alto degl'insegnamenti.
" Bom.. vili, 16-2.
«i! S. tommaso, m Ep. ad Bom., vili, 16, et I-II,q. 112, a. 5. —B. fbo-GET, ^abitazione dello Spirito Santo nelle anime giuste.
63 Ciò non vuoi dire che in fatto sia d'uopo arrivare all'unione trasformante prima di morire, per evitare il purgatorio ; vi sono certamente delle anime che, come quelle dei bambini morti subito dopo il battesimo, vanno direttalmente in oielo senza essere giunte quaggiù a questo grado d'unione intima. Ma qui, considerando una questione di principio, più che di fatto, quello che vogliamo dire e spiegheremo più avanti, è che l'unione trasformante è il preludio normale, della visione beatifica, è una sommità normale; la prima di queste due parole non deve farci dimenticare la seconda, ne la seconda la prima. Parecchi di quelli che muoiono subito dopo il battesimo o dopo la professione religiosa sono lungi dall'essere perfetti ; se avessero continuato a vivere, sarebbero caduti in colpe ohe avrebbero rese necessario le purificazioni di cui parliamo.
132 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
AimCOLO II.
La perfezione cristiana consiste specialmente nella carità.
Per trattare della perfezione cristiana, noi abbiamo considerato il fine a .cui essa è essenzialmente ordinata, e secondo questo punto di vista l'abbiamo definita: il cominciamento della vita eterna nelle anime nostre ossia la vita eterna cominciata nella oscurità della fede. La grazia, di cui essa è quaggiù il pieno sviluppo, si definisce già'in fatti il germe della gloria, semen gloriae, e fra le tré virtù teologali che possediamo, ce n'è una che deve sussistere sempre: la carità. .» '
Dobbiamo ora, con 8. Tommaso 1, considerare in che consista specialmente e principalmente la perfezione cristiana quaggiù; quali siano i suoi rapporti 1° colle virtù e coi doni dello Spirito Santo, 2o coi precetti e coi consigli.
E vedremo ch'essa consiste specialmente nella carità, principalmente nella carità verso Dio, e secondariamente nella carità verso il prossimo. Studieremo poi che cosa è la carità dei perfetti per opposizione a quella dei principianti e dei proficienti;
vedremo quali sono i gradi della carità perfetta fino all'eroismo ed alla santità. Saremo così .condotti a parlare dei rapporti di questa carità dei perfetti Colle altre virtù, colle purificazioni passive dell'anima, coi doni dello Spirito Santo, principii della
1 I-II, q. 184. Noi seguiremo l'ordine degli articoli di questa questione, rendendoli completi con quelli del trattato della carità, che vi ei riferiscono immediatamente.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 133
contemplazione. Da ciò vedremo la difficoltà e la grandezza della perfezione evangelica, considerata in tutta la sua elevatezza, così .come ce la propone nostro Signore, nelle otto beatitudini al principio del discorso del monte.
In secondo luogo tratteremo dei rapporti della perfezione così definita col precetto dell'amore, e coi consigli. E finalmente vedremo a quali diversi titoli l'obbligo di tendere alla perfezione s'imponga ad ogni cristiano, ai chierici e ai religiosi. È con alcuni complementi l'ordine seguito da S. Tommaso nella trattazione di quest'argomento, II-II, q. 184.'
Dottrine erronee o incomplete •sull'essema della perfezione.
Per risolvere la. questione: in. che consista special-mente la perfezione cristiana,, S. Tommaso si domanda, a modo di obiezione,, se essa non si trovi soprattutto nella sapienza, o nella fortezza, nella pazienza, o ancora nell'insieme- delle virtù. Son queste infatti concezioni diverse che si presentano alla mente, e che furono proposte in modo più o meno esplicito.
Per i sapienti greci, la perfezione stava soprattutto nella sapienza, di cui il filosofo è l'amico, nella visione di tutte le cose, considerate nella loro causa prima e nel loro fine ultimo, visione che afferra l'armonia dell'universo, e deve dirigere tutta la nostra vita.
Oggi i teosofi fanno consistere la perfezione nel « renderci coscienti della nostra identità divina », nella intuizione della nostra divinità. — La teosofia infatti suppone il panteismo, ed è la negazione radicale dell'ordine soprannaturale e di tutti i dogmi cristiani, benché spesso conservi i termini del cristianesimo ' dando loro un altro senso. È una perfidissima imi—
134 PERFEZIONE CRISTIANA E COSTEMPLAZIONE
fazione e corruzione della nostra ascesi e della nostra mistica 2. •
Alcuni cristiani sarebbero inclinati a dire: la perfezione consiste principalmente nella contemplazione, che deriva dal dono della sapienza, e per provarlo invocherebbero i testi di S. Paolo: « Siate come bambini rispetto alla malizia, ma siate perfetti per il giudizio » 3;
«noi parliamo della sapienza tra i perfetti..., l'uomo spirituale giudica di ogni cosa..., noi abbiamo il senso di Cristo » 1. Leggendo questi testi ispirati, in modo troppo naturale e troppo corrivo, certe persone penseranno forse d'arrivare rapidamente alla perfezione mediante la lettura assidua dei grandi mistici, senza. curarsi gran fatto di praticare le virtù ch'essi raccomandano, e senza ricordare abbastanza che la vera contemplazione dev'essere tutta compenetrata di carità soprannaturale e di oblio di sé 5.
Secondo un punto di vista inferiore, alcuni trascorrerebbero anche a pensare che lo studio della teologia e delle scienze annesse sia ciò che vi è di principale nella vita del sacerdote, dell'apostolo, perché egli deve lottare contro l'errore e illuminare le intelligenze. Si potrebbe in tal modo giungere a tenere praticamente per secondario, in una vita sacerdotale e apostolica, la celebrazione della santa messa e l'unione con Dio, unione che pure è l'anima stessa dell'apostolato. Quanti, senza quasi rendersene ragione, fanno consistere la perfezione in quello ch'essi chiamano il pieno sviluppo della loro personalità, e soprattutto cercano.
2 Vedasi l'opera del P. maina&b, O. P., Les prinezpes de la fhéosophie, 1922 (edizione della Reme des Jeunes).
3 I Cor.. xiv, 20. .
4 I Cor., il, 6, 1S, 16.
6 La contemplazione, ohe è un atto delFin folletto, come vedremo appresso, non è quello in cui consiste specialmente la perfezione, questa sta nella carità. Nondimeno la contemplazione amorosa di Dio è quaggiù il mezzo più efficace per raggiungere la perfezione della carità, ed è un mezzo congiunto al fine.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 136
questo in una grande cultura umana, svariatissima, informatissima dei problemi attuali, quanto mai sollecita di prendere il Cristianesimo da' suoi lati più attraenti per una natura elevata; essi però ne penetrano poco più che la corteccia, e alla fin fine si fermano al naturalismo pratico, senza influsso vivificante .sulle anime. Quelli tra loro che sono poi profondamente mossi dalla grazia di Dìo s'accorgono della loro strana illusione, e comprendono che l'edificare solamente sull'intelligenza è un edificare sopra l'arena, come dice S. Tommaso a proposito della parola di nostro Signore:
«.super arenam aedificat» (Matth., vii, 27). Non vivificata dall'amor di Dio, « la scienza produce in noi la gonfiezza dell'orgoglio, dice S. Paolo; ed è la carità che edifica» 6. Perché? — Perché essa ci fa vivere non « per noi », come chi cerca solo il pieno sviluppo della sua propria personalità, ma «per;
Dio»: « charitas proprie facit tendere-in Deum, uniendo affectum hominis Deo; ut scilieet homo non sibi vivai, sed Deo » 7.
A questo intellettualismo esagerato s'oppone un'altra .tendenza ugualmente difettosa: i caratteri portati all'azione sono per ciò stesso inclinati a fare consistere la perfezione soprattutto nell'attività esteriore, nella fortezza o nel coraggio che in essa bisogna mostrare, oppure nella pazienza, quando le circostanze ci sono contrarie. Per gli eroi dell'antichità, il' perfetto è specialmente il forte, l'intrepido. Se si vuole trasportare questa concezione nell'ordine soprannaturale, si citerà la sentenza di S. Giacomo : « la pazienza fa opera perfetta » 8. È infatti la gran virtù che dimostra la santità dei martiri. Ma che cosa è che ispira e regola questa pazienza ? Non è forse una virtù superiore?
' « Soientta inflat, charitas a-utem aedtflcat » (I Gor., vili, 1). ' S. tommaso, I-II, q. 17, a. 6, ad 3. ' jaoob., i, 4.
136 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Secondo una tendenza analoga, alcuni sarebbero propensi a far consistere la perfezione specialmente nell'austerità, nei digiuni, nelle pratiche di penitenza, e sotto quest'aspetto gli ordini religiosi più austeri sarebbero per ciò stesso i più perfetti. Così si giungerebbe forse, non senza orgoglio, come i giansenisti, a un certo amore dell'austerità, che si cambierebbe nel falso zelo e nell'amarezza; gli si sacrificherebbe la carità 9, e si farebbe Consistere formalmente la virtù piuttosto nel difficile anziché nel bene e nell'orbe voluto da Dio 10, Sarebbe un confondere un mezzo col fine, o anche un invertire l'ordine del mezzo al fine, che è l'unione con Dio; l'austerità dev'essere. proporzionata a questo scopo, ma non è lo scopo 11. Altrettanto bisogna dire dell'umiltà, che ci piega davanti a Dio, perché noi riceviamo docilmente il suo influsso, che 'deve sollevarci a Lui 12.
• SI può dire in un senso giustissimo : « II meglio ohe si possa fare della miglior cosa è il sacrificarla », a coudizione però che si conservi la gerarchla dei doni e delle virtù, e non si sacrifichi ciò che è superiore a quello che è minore.
" « Ratio virtutis magis oonsistit in tono. quam in difficili, quamvis diffioultas provenieng ex magnitudine operis meritum augeat«, dice in sostanza S. tommaso, I-II, q. Ili, a. i, ad 2 ; II-II, q. 155, a. i, ad 2 ;
q. 123, a. 12, ad 2. La virtù consiste più nel bene che nel difficile, quantunque la difficoltà proveniente dalla grandezza dell'opera da compire accresca il merito. Il principio del merito è nella carità, quindi è più meritorio compire con gran carità cose tacili, che tare con una carità minore cose penosissime; è cosi che molte anime tiepide portano la loro croce senza gran merito, laddove la S. Vergine cogli atti di carità più tacili meritava più di tutti i martiri insieme nei loro tormenti.
" S. tommaso a questo proposito dice, II-II, q. 188, a. 7, ad 1:
« La povertà non è la perfezione, ma un mezzo, uno strumento di perfezione, per altro inferiore alla castità e all'ubbidienza. Ora il mezzo o
10 strumento non è ricercato per se stesso, ma per il fine, ed è tanto migliore, in quanto è, non maggiore, ma più proporzionato al fine.
11 buon medico è colui che da non molti, ma buoni rimedi... Un ordine religioso non è dunque più perfetto, perché è più povero, ma perché la. sua povertà è meglio proporzionata al fine della vita religiosa e al suo fine speciale proprio. '
12 Ot. S. tommaso, II-II, q. 161, a. 5, ad 2: n L'umiltà e una virtù fondamentale in quanto rimuove il principale ostacolo, l'orgoglio a cui Dio resiste, e In quanto sottomette perfettamente l'uomo a Dio, perché
•LA. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 137
Altri sarebbero inclinati a far consistere la perfezione principalmente nel culto interno ed esterno che si deve a Dio, negli atti della virtù della religione, negli esercizi di pietà compiuti colla massima fedeltà e nella divozione che li anima. Qui ci avviciniamo alla verità; ma nondimeno questo modo di vedere non discerne abbastanza la superiorità delle virtù teologali, che più-delle altre ci uniscono a Dio, perché sono immediatamente specificate da Lui; la virtù della religione resta loro inferiore, perché essa riguarda immediatamente, non Dio stesso, ma il culto che gli è dovuto 13. Sotto quest'aspetto, si giungerebbe forse ad essere più attenti, al culto, alla liturgia, che a Dio stesso, alle figure che alla realtà, al modo come si deve dire un Pater o un Gloria che al senso sublime di queste preghiere: il servizio di Dio passerebbe avanti all'amor di Dio.
Altri finalmente, assai rari, sarebbero tentati di vedere la perfezione nella vita solitària, soprattutto se l'anima è ivi favorita di visioni e di rivelazioni. Aristotile, nel libro 1° della sua Politica, dice : « Chi vive nella solitudine e non comunica più cogli uomini è una bestia o un Dio ». E lo Spirito Santo. stesso, per bocca del profeta Osea, dice-della nazione eletta, figura dell'anima inferiore : « Io voglio attrarla e condurla nel deserto, ed ivi parlerò al suo cuore » (n, 16). Ma ne segue forse che l'amore della soli-, tudine sia l'essenza della perfezione? Che cosa farebbero le anime ferventi, trattenute nel mondo dai loro doveri, che cosa farebbero gli apostoli, i sacer-
egll riceva l'influsso della grazia. Perciò sta scritto: 11 Dio resiste al superbi, e da la grazia agli umili », jac., iv. In questo senso l'umiltà è chiamata fondamento dell'edifìcio spirituale. » Ma è 'però inferiore alle virtù che ci uniscono immediatamente a Dio, cioè alle virtù teologali, ed anche alle virtù intellettuali, come la sapienza, e alla giustizia legale. Ct. iWd.
13 Cf. II-II, q. 81, a. 5: Perché la virtù della religione non è una virtù teologale, ma solo la prima delle virtù morali? Perché il suo oggetto è il culto dovuto a Dio e non Dio stesso.
138^ PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
doti consacrati al ministero, che non possono ritirarsi in una tebaide? «La solitudine, dice S. Tommaso, come la povertà, non è l'essenza della perfezione, ma sì un mezzo o uno. strumento» (II-II, q. 188, a. 8).
Come osserva S. Francesco di Sales: «Ognuno si rappresenta la divozione (o la perfezione) conforme alla sua passione e alla sua fantasia. Chi è dedito al digiuno si crederà, digiunando, di essere un gran divoto, quand'anche abbia il cuore pieno di risentimenti... Un altro s'immaginerà di essere divoto, perché recita ogni giorno una filza di preghiere, sebbene poi la sua lingua trascorra a parole dure, arroganti -e ingiuriose con quei di casa e coi vicini. Quell'altro tira fuori volentieri dal borsellino la limosina da dare ai poveri, ma non è buono a cavar dal cuore un tantino di dolcezza con cui perdonare a'' .suoi nemici; altri invece perdonerà ai nemici, ma non soddisfa a' suoi creditori. Questo in realtà non è altro che un simulacro e una larva di divozione (o di perfezione) » u.
Ciascuno è proclive a giudicare conforme alle sue attitudini e a'- suoi gusti individuali, 'e cerca pòi' Una giustificazione delle sue vedute.
Per evitare questo difetto, alcuni faranno consistere la perfezione nelVinsieme delle virtù cristiane, e invocheranno le parole di S. Paolo: «Rivestitevi di tutte le armi di Dio, a fine di potere tener fronte alle insidie del demonio... a fine di poter resistere nel giorno cattivo, e restare in piedi dopo aver superato tutto» (Eph., vi, 11). ' .
È indubitato che tutte le virtù cristiane son ne-cessarie alla perfezione evangelica: 'la. fede, la speranza, la carità, e le virtù morali, tra le quali tiene il primo posto la virtù della religione, che è la giustizia riguardo' a Dio.
11 Introduzione- alla vita divota, e. i.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 139
Ma tutte queste virtù sono ordinate, come le funzioni d'un organismo, e fra loro non ce n'è forse una che domina tutte le altre, che le ispira, le comanda, le anima o le informa, e fa convergere tutti i loro sforzi ad un medesimo fine supremo? E non è forse principalmente in questa virtù maestra che consiste la perfezione, alla quale le altre virtù devono concorrere ?
Vera soluzione :
La Perfezione sta specialmente nella Carità.
Alla questione proposta, vediamo che cosa risponde la Scrittura, poi vedremo che cosa insegna la teologia.
S. Paolo, e tutta la tradizione con luì7 ci risponde:
« Come eletti di Dio, santi ed amati, rivestitevi di viscere di misericordia, di bontà, di umiltà, di dolcezza, di pazienza. Sopportatevi gli uni cogli altri... Ma sopra tutte queste cose abbiate la carità la quale è il vincolo della perfezione. E trionfi nei vostri cuori la pace di Cristo, alla quale siete anche stati chiamati per formare un solo corpo» (Coloss., in, 12-15).. • „
Infatti . questa virtù della carità risponde appunto ai due più grandi precetti, che sono .il fine di tutti gli altri e dei consigli: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come tè stesso» (Lue., x, 27).
S. Paolo è talmente convinto di questa superiorità della carità sopra tutte le altre virtù, sopra i doni, e sopra le grazie gratis datae, che scrive: « Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la, carità sono come un bronzo risonante o un cembalo squillante. E quando avessi iF dono della profezia, e intendessi tutti i misteri e ogni scienza,
140 PEETEZIONB CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
e quando avessi tutta la fede sicché trasportassi le montagne, se non ho la carità sono un niente. .E quando distribuissi in nutrimento dei poveri tutte le mie facoltà, e quando sacrificassi il mio corpo ad
.essere bruciato, se ,non ho la carità, nulla mi giova» 15. Se non compio il primo comandamentp di Dio, se non conformo la mia volontà alla sua, io rimango lontano da Lui.
Del resto la, carità abbraccia in qualche modo tutte le virtù che le sono subordinate e che appariscono come altrettante modalità o aspetti dell'amore di Dio. È quello che dice 8. Paolo, nel medesimo luogo:
«La carità è paziente, è benefica; la carità non è
. astiosa, non è insolente, non si gonfia, non è ambiziosa, non cerca il proprio interesse, non si muove ad ira, non pensa male, non gode dell'ingiustizia, ma gode della verità; a tutto si accomoda, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» 16.
A ciò bisogna aggiungere coll'Apostolo : «La carità non perisce mai. Le profezie passeranno, e cesseranno le lingue, e la. scienza sarà abolita. Poiché imperfettamente conosciamo e imperfettamente profetiamo. Venuto poi che sia quello che è perfetto, sarà rimosso quello che è imperfetto... Vediamo adesso a traverso di uno specchio, in un modo oscuro, ma allora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò in quel modo stesso, ond'io pure sono conosciuto. Ora poi restano la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di queste è la carità)) 17. Solo essa sussisterà eternamente, quando la fede e la speranza saranno scomparse, per dare luogo alla visione e al possesso definitivo di Dio.
Di più, secondo S. Paolo, in proporzione che noi amiamo Dio, lo conosciamo con quel conoscimento saporoso che è la divina sapiewa: « Siate radicati e
" I C'o»-.,xnr, 1. " IW., i. " IUd., 8.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 141
fondati nella carità, affinchè possiate con tutti i santi comprendere quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza, e la profondità, e intendere eziandio quella carità di Cristo, che sorpassa ogni scienza, per modo che siate ripieni di tutta la pienezza di Dio» 18.
Finalmente S. Paolo ci dice ripetute volte: per la carità noi diventiamo il tempio ove abita lo Spirito Santo. . •
È la medesima dottrina che troviamo nell'apostolo S. Giovanni: «Dio è amore; e chi sta nell'amore sta in Dio, e Dio in lui» 19; «Chi non ama non ha conosciuto Dio, poiché Dio è amore» 20; «noi sappiamo che siamo stati trasportati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama è nella morte » 21. ^
S. Pietro dice la stessa cosa: «Prima di tutto abbiate gli uni per gli altri un'ardente carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati» 22. Il Signore aveva,/ detto della Maddalena ; « Le sono rimessi molti peccati, perché ha amato molto».
Quest'insegnamento scritturale, costantemente commentato dai Padri, prende ai nostri occhi tutto il suo valore dalla spiegazione che ne da la teologia. Vediamo come S. Tommaso stabilisce che la perfezione cristiana consiste specialmente nella carità.
«Ogni essere, ci dice egli 23, è perfetto in quanto raggiunge il 'suo fine, che è la sua perfezione ultima » ;
così il soldato che sa battersi, il medico che cura bene, il maestro istruito che ha l'arte di comunicare la sua scienza; ma non bisogna confondere questi fini particolari del soldato, del medico, del maestro, col fine universale di tutta la vita umana, col fine dell'uomo
18 Ephes., in, 17. " I joan., Ili, 14. " I joan., iv 16. 8a I petb., IV, 8. " I joan., iv, 8. " II-II, <l. 184, a. 1.
142 EEETEZIONE CRISTIANA E CONTEMPIiÀZIONE
e del cristiano. «Ora, continua S. Tommaso, il fine ultimo della vita umana è Dio, ed è la carità che ci unisce a lui, secondo il detto di S. Giovanni: "Chi sta nella carità, sta in Dio, e Dio sta in, lui,, 2*. Dunque la perfezione della vita cristiana consiste specialmente nella carità». -
II santo Dottore aggiunge, più oltre: «La perfezione si trova principalmente nell'amor di Dio, e secondariamente nell'amor del. prossimo, che sono l'oggetto dei precetti principali della legge divina; solo accidentalmente sta nei mezzi o strumenti di perfezione, che ci sono indicati dai consigli evangelici ,25. Ritorneremo più tardi sulla questione dei consigli di povertà, castità ed ubbidienza, ma già fin d'ora è chiaro ch'essi sono subordinati alla carità. Non è men certo che l'oggetto primo di questa virtù teologale è Dio stesso; il prossimo ne è l'oggetto secondario, e dev'essere amato per Dio, che egli deve glorificare eternamente con noi partecipando alla sua beatitudine.
La carità così concepita è veramente «il vincolo della perfezione », come dice S. Paolo, -perché, se l'uomo è reso perfetto da tutte le virtù, la carità le riunisce tutte, le ispira, le comanda (imperai), le anima o le informa, ed assicura la loro perseveranza, facendo convergere i loro atti al fine ultimo, a Dio amato sopra ogni cosa. La carità non solo ci lega a Dio, ma lega in qualche modo tutte le virtù, e ne costituisce una unità perfetta 26,
Di più la carità, perché ci unisce così al nostro fine ultimo, non può coesistere col peccato mortale che ci allontana da questo fine; essa è dunque inseparabile dallo stato di grazia o di vita divina, laddove la fede e la speranza possono trovarsi in un'anima peccatrice
" I joan.,iv, 16.
" II-II, q. 184, a. 3.
" Ct. 8. tommaso, m Ep. ad Coloss., m, 14,.et II-II, q. 23, a. 6, 7, 8.
•LA. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIAMA 143
in stato di morte. Così si spiega il detto di S. Paolo:
«Senza la carità, se avessi anche una fede da trasportare le montagne, non sono niente»; senza la carità siamo «nella morte», dice S. Giovanni. Con ciò si spiega ancora la sentenza di S. Pietro: «La carità copre una moltitudine di peccati».
Finalmente, perché non ha nessuna delle imperfezioni della fede e della speranza, la carità sussisterà eternamente. Fin di quaggiù essa raggiunge Dio immediatamente, e per questo essa ci fa tempii dello Spirito Santo. Cf. II-II, q. 27, a. 4; I, q. 43, a. 3..
La perfezione adunque consiste veramente in essa in modo speciale;- e non solo essa raggruppa tutte le nostre forze, ispira la nostra pazienza e la nostra ' perseveranza, ma riunisce ancora le anime tra loro, e le porta a unirsi nella verità.
L'obiezione degli intellettuali:
Perché la carità è superiore alla nostra cognizione,-, di Dio ?
A questa grande dottrina tradizionale certi spiriti, soprattutto intellettuali, faranno un'obiezione. L'intelligenza, diranno, non è forse la prima facoltà dell'uomo, quella che dirige le altre e che primieramente ci distingue dalla bestia ? Non bisogna forse concludere che la perfezione dell'uomo si trova specialmente nella cognizione intellettuale ch'egli può avere di tutte le cose considerate nel loro principio e nel loro fine, e perciò nel conoscimento di Dio, -regola suprema della vita umana?
S. Tommaso non ha certo ignorato questo aspetto del problema della perfezione.
Egli stesso ammette che l'intelligenza è superióre alla volontà ch'essa dirige: l'intelligenza infatti ha un oggetto più semplice, più assoluto, più universale,
144 PERFEZIONE CRISTIANA. E CONTEMPLAZIONE
l'essere in tutta la sua universalità, e per conseguenza tutti gli esseri; la volontà ha un oggetto più ristretto, il bene, che è una modalità dell'essere, e in ciascuna cosa la perfezione che la rende desiderabile. Come il bene suppone l'essere, la volontà suppone l'intelligenza ed è diretta da essa; è dunque per .l'intelligenza che l'uomo differisce primieramente dal bruto, ed è perciò la prima delle sue facoltà ?7.
S. Tommaso ammette pure che in cielo la nostra beatitudine sarà essenzialmente nella visione beatifica, nella visione intellettuale e immediata dell'essenza divina, perché è anzitutto per questa visione che noi prenderemo possesso di Dio per l'eternità; l'amor beatifico sarà solo la conseguenza necessaria di questo conoscimento immediato del sommo Bene. Siccome le proprietà d'una cosa derivano dalla sua essenza, il nostro amore immutabile di Dio e la gioia di possederlo seguiranno necessariamente la visione beatifica, la .quale sarà così l'essenza della nostra beatitudine 28.
Il Dottor angelico non poteva meglio affermare la superiorità dell'intelletto sopra la volontà, in principio, e nella vita perfetta del cielo.
Perché ci dice adesso che la perfezióne cristiana quaggiù consiste specialmente nella .carità, che è una virtù della volontà, e non nella fede o nel dono della sapienza, nella contemplazione, che appartengono all'intelletto?
In questa questione, ci da egli stesso una risposta delle più profonde, e di un'importanza capitale in •
" I, q.. 82, a. 3.
" I-II, q. 3, a. i: «Oonsequimur ipsum (Demn) per hoc quod flt praegena nobis per actum intelleotus, et tunc voluntas delectata con-quiesoit in fine jam adepto. Sic igitur essentia beatitudinis in aotu in-telleotus consistit, sed ad voluntatem pertinet delectatio beatitudtnem consequens, secundum quod Angustinus dicit (Coiifes., X, 23), quod. beatitudo est gaudimn de Tentate ; quia seilicet ipsum gaudium. est consuinmatio beatitudinis ».
LA PIENA PERFEZIÓNE DEIAA VITA CRISTIANA 145
teologia ascetica e mistica. Egli ci dice in sostanza 29: Benché una facoltà, per la stessa sua natura, sia superiore ad un'altra, come la vista è superiore all'udito, può darsi che un atto della seconda sia superiore a un atto della prima, come l'audizione d'una sublime e rarissima sinfonia è più ricercata che la vista d'un colore ordinario. Così quantunque l'intelletto, per la sua stessa natura {simpliciter), sia superiore alla volontà ch'esso dirige, perché ha un oggetto più semplice, più assoluto, più universale;
tuttavia secondo un certo aspetto (secundum quid) e in ordine a Dio, l'intelletto resta quaggiù inferiore alla volontà; in altre parole, quaggiù l'amor di Dio è più perfetto del conoscimento di Dio (melior est amor quam cognitio) mentre è meglio il conoscere le cose inferiori ' .che l'amarle.
Osservazione profonda che non si medita mai abbastanza.
E d'onde viene questa superiorità dell'amor di Dio sopra il conoscimento che abbiamo di Lui quaggiù ? «Viene, dice S. Tommasp 30, dal fatto che Fazione del nostro intelletto si fa. mediante la rappresentazione m noi della realtà conosciuta, laddove l'azione della nostra volontà si porta verso la cosa amata, tal quale è in sé. Quindi il filosofo dice che il bene, oggetto della volontà, è nelle cose, mentre il vero;
è f crinalmente nella mente ». .Ne segue che quaggiù il nostro conoscimento di Dio è inferiore àll'amor di Dio, poiché, come dice il Dottor angelico 31, per conoscere Dio, noi l'attiriamo in qualche modo in noi, e per rappresentarcelo gì'imponiamo il limite delle nostre idee circoscritte. Laddove, quando l'amiamo, noi .ci portiamo, ci solleviamo a. lui, tal quale è in se stesso. È dunque meglio amar Dio che conoscerlo, benché'l'amore supponga sempre una certa cogni-
" I, q. 82, a. 3.
10 — Perfezione e Gontemninzi.fvnr - t
" I, g.-82, a. 3.
14-6 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
zione e sia diretto da essa. All'opposto, è meglio conoscere le cose inferiori che amarle: conoscendole noi in qualche modo le eleviamo al nostro intelletto, mentre amandole noi c'incliniamo verso di loro, e potremmo renderci schiavi di esse, come l'avaro del suo tesoro; è meglio conoscere le proprietà dell'oro che amarlo. È questa una delle dottrine capitali del Trattato dell'Uomo che. ci lasciò S. Tommaso.
.. Il S. Dottore dice la medesima cosa nel Trattato della Carità, II-II, q. 27, a. 4,-quando si domanda:
Si può quaggiù amar Dio immediatamente, ossia senza intermedio ? Egli risponde : « La nostra cognizione di Dio, perché è mediata (ossia per via d'idee) è detta enimm.atica e scomparirà per dar luogo alla visione. Ma la nostra carità non scomparirà, e perciò fin di quaggiù essa aderisce immediatamente a Dio. La ragione fu già data sopra: la cognizione, compiendosi mediante la rappresentazione in noi dell'oggetto conosciuto, è proporzionata al modo finito della nostra intelligenza limitata. Invece l'amore, portandosi all'oggetto amato in se stesso, è proporzionato al modo di essere di quest'oggetto... Quindi il nostro conoscimento di Dio quaggiù resta mediato, si solleva a lui per mezzo delle cose sensibili; laddove fin d'ora il nostro amore di carità tende a Dio immediatamente, e da Dio deriva o si estende alle creature», al prossimo, che dev'essere amato per amore del nòstro Padre comune.-«La nostra cognizione si solleva dalle creature a Dio, mentre la nostra carità discende da Dio alle creature» (ibid., ad 3).
Da ciò si vede la superiorità della carità sopra la fede e sopra la speranza. « La fede e la speranza raggiungono Dio, in quanto egli ci da una cognizione della, verità, e un soccorso in vista della. Beatitudine; ma la carità raggiunge Dio stesso, per riposare in lui, e non per ricevere qualche cosa da lui (cha-ritas attingi! ipsum D'eum, ut in ipso sistat, non ut
LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CRISTIANA lì?
ex eo aliquid noMs proveniate. Essa è dunque superiore alla fede e alla speranza, e per conseguenza alle virtù morali, die non hanno Dio. direttamente per oggetto» a2. Così si spiega che la carità, all'opposto della fede e della speranza, sia inseparabile dallo stato di grazia e dall'abitazione, della SS. Trinità in noi: «Chi sta nella carità sta in Dio, e Dio sta in lui».
In virtù del medesimo principio enunziato da San Tommaso, si vede ancora che la carità è superiore • a9i ogni cognizione quaggiù, anche alla contemplazione che procede dal dono della sapienza. Questa cognizione quasi sperimentale di Dio, Gl'impone ancora di fatto il limite delle nostre idee, e trae il suo sapore dallo stesso amore che la ispira. È la carità che pone in noi una connaturalità, una simpatia per le cose divine, rese in tal modo saporose per noi 33. I doni dello Spirito Santo trovano così nelle virtù teologali la loro regola remota. Essi sono regolati immediatamente dalle ispirazioni divine secondo un modo sovrumano, e sotto quest'aspetto (secundum quid) aggiungono una perfezione nuova alle virtù teologali, ma restano loro però subordinati per natura (simpliciter) 3Ì, e i loro frutti sono i medesimi frutti della carità: la gioia e la pace. ,
Tutto questo ci dimostra il senso profondo delle parole di S. Paolo: «.la carità è il vincolo della perfezione'»: non solo essa d'unisce a Dio più delle altre virtù, ma unisce tutte le virtù ispirandole e ordinando tutti i loro atti al fine ultimo y che è il suo oggetto proprio, a Dio amato sopra ogni cosa. Perciò essa è chiamata madre di tutte le virtù. In
" II-II, q. 23, a. 6. .
" II-II, q. 45, a. 2 et i.
" I-II, q. 68, a. 8: « Virtutes theologioae praeterutitur dónte Spl-ritus Saneti et regulant ea; unde neque ad perfectionem... septem dona perveniunt, nisi in fide, spe et charitate fiat omne quod agunt ».
148 PEBFBZIONE OBISTIAISTA E CONTEMPEAZIOHE
•^ •
questo senso S. Agostino potè dire: «Ama e fa quel che vuoi »; ciò sarà bene,, purché tu ami in verità il Signore più di. tè stesso e sopra tutto. E come è possibile amarlo così, senza osservare i suoi comandamenti, di cui il primo, quello dell'amore, è il principio e il fine di tutti gli altri?
Bisogna dunque concludere con tutti i teologi che la perfezione della vita cristiana consiste specialmente nella carità, e nella carità operante, che ci unisce attualmente a 'Dio e fruttifica in ogni specie di buone opere 86.. Questa virtù deve a.vere indubitabilmente il primo posto nell'anima nostra»
La Perfezione è una pienezza.
Da quanto abbiamo, detto bisogna forse concludere che le altre virtù, per importanti che siano, come la fede, la speranza,, la virtù della religione, la prudenza^ la giustizia, la fortezza, la pazienza, la temperanza, la mansuetudine, l'umiltà, non contribuiscano a costituire l'essenza della perfezione e non le appartengano se non accidentalmente, a titolo di strumenti o di mezzi secondari?
Così pensarono alcuni teologi s6.
" Alcuni teologi, come il suakez, insegnano che la perfezione consiste tormalm.ente nella virtii della carità, antecedentemente e concomitantemente nei suoi atti. A noi sembra preferibile il dire col passerini, che, come crediamo, riproduce l'opinione della scuola tomista: la perfezione, a cui è ordinato lo stato di perfezione, consiste formalmente negli atti di carità, e antecedentemente nella virtù, come nel principio dell'operazione perfetta. La ragione è che la perfezione consiste nell'unione attuale con Dio, umihi adhaerere Deo bonum est», essa trovasi dunque nella carità operante, o nell'attività della carità, ohe nelle anime veramente perfette dev'essere moralmente continua o incessante. La virtù è ordinata al suo atto come alla sua perfezione, e noi tendiamo non solo a poter amare Iddio perfettamente, ma ad amarlo di tatto evitando quanto più è possibile ogni peccato. La vita è soprattutto nell'atto di vivere.
" gaetano, in II-II, q. 184, a. 1, et stjakez, in eod. loco.
1A PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 149
Noi crediamo col Passerini, O. P., il qaale fra i tornisti Commentò più. profondamente gli articoli di S. Tommaso che spieghiamo/che tale non fu il pensiero del santo Dottore. Infatti ci dice egli stesso:
«.La perfezione consiste essenzialmente nei precelti (tra cui i due principali sono quelli della carità, mentre gli altri allontanano ciò che e contrario alla carità); essa consiste accidentalmente o strumentalmente nei consigli, che c'invitano a rinunziare a certe cose, le quali, senza essere contrarie i alla carità, sono un ostacolo alla sua attività e al suo pieno sviluppo» 37. Ne segue, come dimostra il .Passerini, che la perfezione , consiste « essenzialmente: », non nella sola carità, ma anche negli atti delle altre virtù, che sono di precetto e che sono imperate (o comandate) dalla carità M. In tal modo appunto gli atti di fede, di speranza, di religione, la preghiera, l'assistenza alla santa messa, la . santa comunione, appartengono .alla stessa essenza della perfezione, che 'è una pienezza. Di questa pienezza la carità è il vincolo; è la parola di S. Paolo. Perciò si può con verità dire con S. Tommaso che la perfezione con-
" II-II, q. 184, a. 3: « Pertectio essentlàliter consistit in praeceptìs... seoundario autem et instrumentaliter (all'inizio dell'articolo: accidenta-liter) perfectio oonsistit in consiliis... »
" passerini, O. P., de Statibus fwminum, in II-II, ci. 184, a. 1, p. 20, n. 8: «Perfeotio aotualis consistit essentlàliter non In solo actu chari-tetis, aed etiam in aotibus aliaruin virtutum, a oharitate Imperatis, prout Bunt de praecepto. » Ct. ibid., p. 22-27, 49, 54. — « Pertectio aotualis consistit specialiter et principalUer In sola charitate, prout charitas perflcit simplieiter, aliae virtutes seoundum quid.... Imo perieotio aotualis formaliter in sola charitate est, quae est vinculum perfectionis... Aliac tamen virtutes ad essentiam perfectionis pertinent, sicut materia ad esBentiam compositi naturalis )> (p. 21, n. 10). — « Aotus aliarum virtutnm, ut sunt de consilio, sunt accidenlia perfectionis » (p. 23, n. 20 ss.) —- Mediante questa distinzione fra ciò che è di consiglio e ciò che è di -precetto nelle virtù inferiori alla carità, il Passerini reca una precisione che il Gaetano aveva dimenticato, e da veramente il pensiero di S. Tommaso, che, come vedremo a proposito dell'articolo 3, non tu capito dal Suarez.
150 PEBFEzioisrE cristiana e contemplazione
siste « specialmente » nella carità 39, e « principalmente » nell'amor di Dio t0. Così il corpo e l'anima costituiscono l'essenza stessa dell'uomo; benché questa sia costituita specialmente dall'anima ragionevole, che distingue l'uomo dal bruto.
Tale è il posto della carità nella vita cristiana. S. Tommaso può dire: «la vita cristiana consiste specialmente nella carità, che unisce l'anima a Dio». All'opposto della fede e della speranza, la carità esclude assolutamente il peccato mortale ed esige lo stato di grazia ossia di vita.
Ne segue forse che ogni anima in stato di grazia sia perfetta, e che abbia raggiunta la perfezione? Ella manifestamente non ha ancora se non la perfezione nel senso largo della parola (perfectio substan-
, tialis), che- esclude il peccato mortale, ma con ciò non ha la perfezione propriamente detta (perfectio simpliciter') di cui parla la teologia ascetica e mistica e a cui aspirano le anime interiori, particolar-mente le anime consacrate a Dio nello stato religioso.
Vedremo in un prossimo articolo in che consista questa perfezione propriamente detta, che è la perfezione della carità, o la carità dei perfetti, per op-
' posizione a quella dei principianti e a quella dei proficienti. Ma fin d'ora noi intravediamo la grandezza inesprimibile della carità, anche nell'anima appena strappata al peccato mortale e che fa i primi passi nella via della perfezione. Quest'anima è veramente passata dalla morte alla vita, alla vita che non deve finire mai.
39 SpeciaUfer, e il termine adoperato da S. Tommaso, là dove tratta la questione ex professo, II-II, q. 181, a. 1. — Egli dice altrove, opusc. 18, de Perfectione vitae spiritwalis, inltio : « Consistit principaUter sptritualls vita in oharitate. 11 • -, . " « PrincipaliUr secundum dilectionem Dei, secundario autem se-onndum dilcotlonem proximt » (II-II, ci. 184, a. 3).
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 151
articolo IH.
La piena perfezione della carità presuppone le purificazioni passive dei sensi e dello spirito.
Abbiamo veduto che la perfezione consiste specialmente nella carità; non basta però, come è troppo evidente, l'avere questa virtù, l'essere in stato di grazia, per avere raggiunta la perfezione propriamente detta, di cui parla la teologia ascetica e mistica, e a cui aspirano tutte le anime inferiori, par-ticolarmente quelle che si sono consacrate a Dio nello stato religioso: «Non è ch'io sia già perfetto, dice S. Paolo, ma corro per guadagnare il premio» (Phil., in, 12). Questa perfezione propriamente detta consiste appunto nella carità dei perfetti, superiore .a quella dei principianti e dei proficienti. : .
Appunto di questa - carità dei perfetti dobbiamo trattare in quest'articolo, e la considereremo non solo nella sua essenza, ma nella sua integrità, ossia nella sua pienezza normale.
* * *
Si tratta qui della sommità dello sviluppo normale della carità, sviluppo la cui legge fondamentale, affatto diversa da quella della nostra natura decaduta, è quella della grazia, che ci rigenera progressivamente e la cui consumazione non è altro che la vita eterna.
Tutti gli. autori spirituali ammettono tré fasi in questo sviluppo della carità : : lo quella dei principianti, che soprattutto lottano contro il peccato; ed è per questo chiamata via purgativa; 2° quella di
182 EE-EPEZIONE OKISTIANA E CO^tEMPLAZIONB
coloro .che progrediscono nelle virtù alla -luce della tede e della contemplazione; .ed è spesso chiamata via illuminativa; So quella ; dei perfetti, che vivono soprattutto nell'unione con Dio, 'mediante la carità;
ed è chiamata via unitiva. — Questi tré gradi costi- :^ , tuiscono l'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta della;|, vita spirituale 1. , ^
Ma questi termini generali, comunemente accettati^ non hanno per'tutti esattamente il medesimo sènso:.:
Un certo numero d'autori dopo i secoli xvn e xvm ammettono due vie unitive: l'una ordinaria e ascetica, l'altra detta «straordinaria» passiva e mistica, a cui non si potrebbe giungere senza vocazióne speciale. Sotto quest'aspetto le anime potrebbero generalmente essere perfette, ed anche giungere all'alta perfezione richiesta per la beatificazione, senz'aver ricevuta alcuna grazia mistica.
Altri sostengono che, secondo la dottrina tradizionale, i» wo. unitiva è una e che la sua piena espansione normale non è altro che . l'unione mistica perfetta, ossia unione trasformante 2. Quest'ultima, dicono essi, in ciò che ha di essenziale, appartiene all'ordine della grazia santificante ossia «grazia delle virtù e dei doni», e non all'ordine inferiore delle grazie gratìs datae, come il dono della profezia o • quello dei miracoli che a volte l'accompagnano.
Abbiamo già toccata questa questione, determinando i rapporti dell'ascetica e della mistica 3.
Gli ultimi autori di cui abbiamo parlato invocano la tradizione anteriore al secolo xvn, e in particolare S. Giovanni della Croce. Giova pertanto esaminare
1 Ct.'S. tommaso, I-II, q, 24, a. 9, et II iSe'n,(.,.d.9, 2, &.. :-
2 Certi autori si contentano ài dire un po' timidamente : per avere Tm insieme della vita unitiva, 'bisogna •unirvi gli stati mistici. Cosi si esprime il P. mbynabd, O. P., nel suo Traitf de la Vie mtérieme, t. i, p. 464, nota, e p. 22 e 28.
• Ot. e. I, a. 2 : « L'Ascetica e la Mistica ».
LA PIENA PERFEZIONE PELEA VITA CRISTIANA 153
da vicino qual è la .dottrina di questo grande maestro su questo punto, vedere come dev'essere interpretata e quali sono i suoi rapporti colla tradizione anteriore.
Dottrina di 8. Giovanni della Croce sulla perfezione della carità e ciò ch'essa richiede.
Questo gran santo parla dì tré vie . purgativa, illuminativa e unitiva in più luoghi, segnatamante nella Salita del Carmelo, 1. I, e. i, nella Notte oscura, 1. I, e. 1 e e. 14, e nel Cantico spirituale, strofa 1, 4, 6, 22, 26. Secondo lui, la via illuminativa ossia quella dei proficienti comincia colla cessazione della meditazione e coll'inizio della contemplazione infusa o mistica. Infatti, trattando di questa contemplazione, dice: «Le anime cominciano a entrare in questa notte oscura (passiva)., quando Iddio stesso le scioglie a poco a poco dallo stato dei principianti, quello in cui esse lo meditano nella vìa spirituale, e le introduce nello stato dei proficienti, che è quello dei contemplativi. Bisogna ch'essi passino per questa via per diventare perfetti, vale a dire per raggiungere ;la divina unione dell'anima con Dio» i.
Quest'ascensione non è senza sofferenze, come ne fummo avvertiti fin dal Prologo della Salita del darmelo: «Per raggiungere il lume divino e l'unione perfetta dell'amor di Dio— parlo di ciò che può farsi quaggiù — l'anima deve attraversare la .Notte oscura... Di solito, quando le anime elette si sfor zano di raggiungere questo stato di perfezione, in centrano tenebre tali, soffrono dolori fisici e moral così duri che la scienza umana è impotente a pene ararli colile l'esperienza, a rappresentarli» 6.
4 Notte oscura, 1.1, e. i (secondo l'ed. critica 'spagnola,?. 6). 8 Salita dei darmelo. Prologo.
154 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Non certo senza pena si giunge a vincere -completamente l'egoismo, la sensualità, la pigrizia, l'impazienza,. l'invidia, l'ingiustizia nel giudizio, i moti della natura, la fretta naturale, l'amor proprio, le stolte pretese, ed anche la ricerca di sé nella pietà,- il desiderio smoderato delle consolazioni sensibili, l'orgoglio intellettuale e spirituale, tutto ciò che si oppone allo spirito di fede ed alla confidenza in Dio 6, per giungere ad amare il Signore perfettamente « con tutto il cuore, con tutta Inanima, con tutte le forze, con tutta la mente, e il prossimo, compresi i nemici, come se stesso », finalmente per restar saldi, pazienti e perseverare nella carità, qualunque cosa succeda, allorché si -verifica il detto dell'Apostolo:
«Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù, avranno da soffrire la persecuzione'»' (II Tini., m, 12).
Per arrivare a questa perfezione è necessaria, ma non basta affatto la mortificazione, ossia purificazione attiva dei sensi e dello spirito: « nonostante tutta la sua- generosità, l'anima non può giungere a purificarsi completamente, e non può in conto alcuno rendersi atta all'unione divina nella perfezione dell'amore. Bisogna che Dio stesso vi metta mano e purifichi l'anima in questo fuoco oscuro, per lei, secondo il modo che spiegheremo tosto» 7. E. prima di tutto l'anima vien privata delle consolazioni seinsibili, utili un tempo, ma che diventano un ostacolo quando si ricercano per se stesse. Da ciò proviene la necessità della purificazione passiva dei sensi, che getta l'anima nell'aridità sensibile e la porta ad una vita spirituale assai più sciolta dai sensi, dall'immaginazione e dal ragionamento. Mediante i doni dello Spirito Santo si riceve qui una cognizione intuitiva, la quale,
' Notte oscura, 1. I, o. i-vii. ' Notte oscura, 1. I, e. in.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 155
nonostante una oscurità penosissima, ci inizia profondamente .alle cose di Dio; essa alle volte ce le fa penetrare in un istante più che non farebbe la- meditazione per mesi ed anni. Per resistere alle tentazioni che si presentano assai spesso in questa notte dei sensi, ci vogliono degli aiti eroici di castità e di pazienza 8. Questo periodo fu giustamente paragonato a quello della dentizione, nei bambini appena slattati.. Difatti qui l'anima viene disposta a rice-'vere un cibo più solido, e vengono largite grazie spirituali, più preziose delle precedenti, ma queste sconcertano la nostra sensibilità che desidera le grazie sensibili.
•Dopo aver trattato di questa purificazione, San Giovanni della Croce osserva: «L'anima adunque è liberata,, e ha cominciato a penetrare nella via dello spirito che seguono i prò fidenti e, gli avanzati, e che si chiama anche via illuminativa o via di contemplazione infusa 9. Questo testo è uno dei più importanti: trattasi, espressamente della contemplazione infusa e non acquisita 10.
Ma per arrivare alla perfezione della carità, ' non basta la purificazione passiva dei sensi: «All'uscire dallo stato dei principianti l'anima rimane per lo
' Come dice S. giovanni della croce, Notte, 1. I, o. 8 : « La purificazione passiva dei sensi è comune, e si produce nei •più dei principianti ». Perciò siamo sorpresi al vedere in un piano di teologia ascetica e mistica (pubblicato dalla Revue d'Ascétigue et de Mystique, gennaio 1921, p. 35) porre la notte dei sensi nell'ultimo capitolo consacrato ai perfetti o alla via unitiva. Secondo S. Giovanni della Croce questa presentasi ordinariamente molto più presto.
" Notte oscura, 1. I, e. 14.
10 Trattasi anche di essa nel primo testo citato. Notte oscura, 1. I, e. i, e ancora nella Salita, 1. I, e. xin. Quando S. Giovanni della Croce usa la parola « contemplazione », trattasi della contemplazione propriamente detta ossia contemplazione infusa, che è più o meno passiva ne' suoi inizi. Questi corrispondono alle prime orazioni soprannaturali di S. Teresa, quelle di raccoglimento passivo e di quiete, IV Mansione. S. Teresa descrive la notte dello spirito, VI Mansione. Noi riferiremo questi testi nel capitolo IV, a. 3, § 2.
156 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
più immobile negli esercizi proprii degli avanzati per un periodo indeterminato che può durare degli anni. Simile al prigioniero che ha lasciato il duro. carcere, ella si sente bene .nelle cose divine, e vi trova maggior soddisfazione... Infatti ne l'immaginazione, ne le potenze conservano più i loro antichi attacchi al discorso n e alla cura spiritual®. Senz'al-cuno sforzo intellettuale l'anima gusta ora una calmissima e affettuosissima contemplazione accompagnata da sapore spirituale... Tuttavia la purificazione" non è ancora completa e non lo può essere, poiché manca ancora la principale che è quella dello spirito... L'anima adunque proverà ancora aridità, tenebre, ambasce, a volte assai più forti delle precedenti.» 12. Non è possibile affermare più chiaramente la necessità della purificazione passiva dello, spiritò. In un modo o in un altro bisogna passarvi per giungere alla perfetta purezza dell'anima. -
Qui non vi sono più peccati veniali deliberati, ma vi sono ancora le imperfezioni proprie degli avanzati;. queste sono incompatibili colla piena perfezione della carità: «Le macchie del vecchio uomo persistono nello spirito, benché non si sospettino e non si scorgano guari. Nondimeno devono scomparire e cedere al sapone e al forte ranno della purificazione passiva dello spirito, senza di che la purezza richiesta .per l'unione farà sempre difetto. Questi avanzati soffrono ancora dell'hebetudo mentis, della durezza naturale che ogni uomo contrae col peccato; sono soggetti alle distrazioni, alla divagazione dello spirito nelle cose esterne... Il demonio si diletta d'ingannare molti con visioni immaginarie) con false profezie, che portano alla- presunzione.:.. Questa materia
" II discorso o ragionamento non ai trova pia nella cognizione^ che procede dai doni dello Spirito Santo, che qui intervengono sempre più. Vedasi S. Tommaso, II-II, q. 8 et q. i5.
11 Notte oscura, 1. I, o. i.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 157
è inesauribile, e queste imperfezioni sono tanto più incurabili in quanto questi avanzati le prendono per perfezioni spirituali... Dunque chi vuoi fare progressi deve necessariamente passare per la purificazione della Notte spirituale... Lì soltanto può l'anima trovare il mezzo proprio col quale ella s'unisce a Dio» 13.
. Z perfetti (los perfectos) adunque sono quelli che non solo seppero imporsi la mortificazione esterna ed interna, ma che attraversarono anche le purificazioni dei sensi e dello spirito. L'anima che non è passata per questo crogiolo, non è ancora purificata dalle sue scorie.
>
A proposito della Notte dello spinto, S. Giovanni della Croce osserva: «quante altalene si succedono su questa via, come la prosperità di cui si gode un momento è seguita da procelle e da pene!,.. .Queste fluttuazioni sono ordinarie nello stato contemplativo;
prima di raggiungere lo stato di pace definitivo, il riposo è sconosciuto, è un continuo salire e discen-. dere. Siccome lo stato di perfezione consiste nel perfetto amore di Dio e nel disprezzo di sé, non è possibile concepirlo senza le sue- due parti: conoscimento di Dio e conoscimento di sé. Da ciò deriva per l'anima la necessità d'una formazione preliminare nell'uno e nell'altro senso; e per questo Iddio ora la eleva facendole gustare quello ch'ella ha di grande, ed ora l'umilia mostrandole la sua bassezza. Questo movimento di salita e di discesa non può dunque cessare se non nel momento in cui l'abitudine perfetta delle virtù è acquistata, quando l'anima perviene all'unione con Dio» u.
Per resistere alle tentazioni contro le virtù teologali, che si presentano abbastanza frequentemente nella
" Notte oscura, I. li, o. n. 14 Notte, oscura. I, II, o. xvin.
168 PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
notte dello spìrito, ci vogliono degli atti eroici: di fede, di speranza e di carità, che aumentano considerevolmente l'intensità di queste virtù. Nel medesimo tempo le illumuiazioni del dono dell'intelletto rischiarano. l'anima sopra le profondità sconosciute dei misteri -della fede, sopra le perfezioni imperscrutabili di Dio, sopra il nulla della creatura, sopra la gravita infinita del peccato mortale, sopra gli abbassamenti inauditi di Cristo, a tal punto che l'Incarnazione e l'Eucaristia sembrano assolutamente impossibili; l'intelletto ancora troppo debole- è sconcertato, disarmato, simile ad uno che non sapesse nuotare e che, gettato in alto mare, si credesse sul punto di sprofondare. -È questa l'azione purificatrice di Dio, contraria alla tentazione del demonio, che sovente è simultanea, e che il Signore fa servire a' suoi finì.
Al ^ termine di questa purificazione passiva dello spirito, le anime sono normalmente pronte a entrare in cielo immediatamente dopo la morte; « e se .non passano per il purgatorio, lo devono alla loro purificazione perfetta mediante l'amore » 15. Esse fecero il loro purgatorio quaggiù, e come si conviene, cioè meritando, laddove, dopo la morte, le anime che per colpa loro devono essere purificate, non meritano più. Tratteremo a lungo della, natura di queste purificazioni, e. V, a. 2.
Secondo S. Giovanni della Croce, la piena perfezione accessibile quaggiù non si trova se non nella unione trasformante o sposalizio spirituale: «allora
11 IbiS., I. II, c. xx. Vi sono certamente delle anime ohe evitano 11 purgatorio senza essere passate per le purificazioni passive dello spirito, per esempio le anime dei bambini morti subito dopo 11 battesimo, quelle dei religiosi morti subito dopo la loro professione solenne; ma se queste persone avessero continuato a vivere, sarebbero ricadute in molteplici imperfezioni che avrebbero rese necessario le purificazioni di cui parla S. Giovanni della Croce. Egli considera non i casi. accidentali, ma quello che è ordinariamente richiesto per raggiungere quaggiù un'alta perfezione e in ciclo un grado proporzionato di gloria.
LÀ. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 159
infatti l'anima non è più inquietata dal demonio, ne;
dal mondo, ne dalla carnè; ne dagli appetiti, e può dire le parole del Cantico, n, 11: Ecco che l'inverno è finito, la pioggia è cessata, i fiori appariscono sopra la nostra terra» 16. È il pieno sviluppo della carità;
l'amor perfetto .accetta per Dio qualsivoglia opera o sofferenza, e in questa trova perfino una santa gioia 17. Non paventa la morte, ma la desidera;
non attribuisce nulla a sé, ma riferisce tutto a Dio, e si trasforma in qualche modo in Lui, conforme al detto di S. Paolo: «Chi s'unisce con Dio è uà solo spirito con Lui» (I Cor., vi, 17). Insemina è Dio stesso che si comunica all'anima mediante una gloria ammirabile e la trasforma in se. Allora avviene che {.'anima e Dìo non formano che una sola cosa, così intimamente come il cristallo e il raggio, come il carbone e il fuoco, come la luce delle stelle e. quella del sole, benché una tale unione- non sia ancora ne così essenziale ne così completa come quella dell'altra vita» ls.
Con la carità tutte le virtù cristiane sono giunte al loro perfetto sviluppo: « esse sono connesse e strettamente -unite una all'altra, la qual cosa rende la loro resistenza più forte per lo scambievole appoggio. Ne risulta un tutto che costituisce la completa perfezione dell'anima, un insieme compatto, una solidarietà, che esclude qualsiasi punto debole che possa dare il passo al demonio o alle cose del mondo» 19.
11 Cantico spirituale, p. Ili, str. 22, fine.
" IWd., str. 24. : -,
\* lìlid., str. 26. Quest'insegnamento di S. Giovanni sullo sposalizio spirituale, culmine dello svolgimento della vita mistica, non differisce da "quello degli altri santi che commentarono il Cantico dei Cantici. E questi commenti non diventano veramente Incé di vita se non per le anime che sono sulla via di quest'unione perfetta. —-Vedasi a questo proposito l'ultima opera del P. aeintebo, O. P., Cantar de los Can-tares, Exposicion mistica. Salamanca.
" Cantico spirituale, str. 24.
16Q PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Finalmente «ramina possiede i sette doni dello Spirito Santo, secondo l'intera perfezione compatibile colla vita di quaggiù» 20. «Le operazioni dell'anima nell'unione vengono dallo Spirito divino... per conse--guenza solo esse sono di perfetta convenienza... senza essere mai fuori di proposito... Lo Spirito di Dio fa conoscere a queste anime ciò che devono sapere, rammenta loro ciò che devono ricordare... . fa loro dimenticare ciò che merita d'essere dimenticato, amare ciò che è degno del loro amore, e non amar nulla di ciò che non si trova in Dio. Così tutti i primi moti delle potenze in tali anime sono divini, e non reca maraviglia che i moti e le operazioni di. queste potenze siano tali, perché sono trasformati nell'Essere divino» 21. /
Secondo S. Giovanni della Croce, la via illuminativa e la via unitiva appartengono dunque alla vita mistica propriamente detta. È questo certamente un altissimo concetto di ciò che dev'essere il pieno sviluppo della «grazia delle virtù e dei doni», di ciò 'che deve diventare normalmente l'intimità dell'unione divina in un'anima "Ulteriore che passò la sua vita in una gran fedeltà allo Spirito Santo.
Questo concetto della vita unitiva o perfetta, occorre forse dirlo? oltrepasSia di gran lunga quello che molti autori ascetici moderni chiamano vita unitiva ordinaria. Quest'ultima per loro, non suppone le dolorose purificazioni passive, almeno quelle dello spirito, che appartengono agli stati mistici 22. Ora
M Cantico spirituale, str. 26, principio.
81 Salita del Cariitelo, 1. Ili, e. 1. Sarebbe un errore manifesto il credere ohe la Salita del C'aratelo sia solo d'ordine ascetico, e che la contemplazione di cui ivi si parla, non sia la contemplazione infusa o mistica; et. 1. II, o. 13. Ma l'anima ivi impara ciò che deve tare, laddove nella Notte oscura ella apprende come deve lasciarsi condurre da Dio. — Cf. P. gabeiel db jesus, C. D., La Suoida Sei Monte Carmelo es ascetica o es mistica? nella La Vida Sobrenatural, Enero 1923, p. 24... (Salamanca). L'autore risponde come noi.
82 Per es. il P. fb. naval nel suo recente Cursus Theologiae asce-
LA PIENA PERFEZIÓNE BELLA VITA CRISTIANA 161
passa una differenza considerevole tra le anime che attraversarono coraggiosamente queste grandi prove e quelle che ancora non le hanno subite. D'onde proviene questa divergenza dell'insegnamento ascetico di questi autori moderni e della dottrina di S. Giovanni della Croce? È quello che esamineremo nell'articolo seguente.
Grave questione 1 Sostenere che si arriva al pieno sviluppo normale della vita cristiana, senza passare, sotto una forma o un'altra, per le purificazioni passive, che sono d'ordine mistico, senza essere stati elevati alla contemplazione infusa, iniziazione oscura e segreta al mistero di Dio presente in noi, non e questo uno sminuire notevolissimamente l'ideale della perfezione? E sotto pretesto di evitare le illusioni, di seguire la via comune, i sentieri battuti, non è forse un sopprimere lo slancio e le grandi aspirazioni della vita inferiore ? Non è forse un proporre alle anime una buona piccola via illuminativa e unitiva, che è di tale natura da dar loro un'illusione contraria a quelle che si vogliono eliminare? Sotto pretesto di combattere una forma di presunzione, non è forse cadere in un'altra? Non è un portare le anime a credere di essere sul punto di conseguire la perfezione, d'essere già nella via unitiva, quando forse non sono ancora se non fra i principianti, e hanno appena un'idea della vera vita illuminativa ossia dei proficienti ? Non è forse un esperie anche ad essere completamente sconcertate, quando verranno le dolorose purificazioni passive, durante le quali esse crederanno d'indietreggiare, quando.. queste prove sono la porta stretta che conduce alla
ticae et mysticae, p. 240-259, per la vita unitiva ordinaria non richiede altro che la contemplazione detta acquisita, e, secondo lui, vi si arriva senza aver subite le più forti purificazioni passive del sensi, senza aver provate quelle dello spirito. .
11 — Ferfesione e Contemplazione. - I.
162 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
vera vita? Quam angusta porta et arata via est, quae ducit aà.mtam, et pauei sunt qui inveniunt eami A questo proposito si meditino le parole di S. Giovanni della Croce che abbiamo citate nelle pagine precedenti. — .Noi ora ci limitiamo ,a proporre la questione. Ricordiamo solo, per terminare, le parole di S. Tommaso: «II servo di Dio deve sempre aspirare a cose più perfette e più sante sen^sa fermarsi mai» 2S.
• a» g_ tommaso, in eh), ad Bebraeos, e. vi, 1, leot. 1.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 163
aeticolo IV.
La piena perfezione della vita cristiana è di ordine mistico, secondo la Tradizione.
Abbiamo veduto che la piena perfezione della vita cristiana/secondo S. Giovanni della Croce, è d'ordine nettamente mistico e non si effettua veramente se non nell'unione trasformante. .Abbiamo altresì veduto che non pochi autori ascetici moderni s'esprimono affatto diversamente.
D'onde proviene questa divergenza?
È nota la spiegazione data dal P. Poulain: «Tutti gli autori ascetici, dice egli, parlano di tré vie purgativa, illuminativa, unitiva, e ad esse fanno corrispondere, almeno approssimativamente, le espressioni di vie dei principianti, dei prò fidenti, degli avanzati., Gli uni non vi assegnano alcun ufficio alla mistica;
gli altri, per lo meno, non la collocano se non alla fine della terza via. S. Giovanni della Croce usa pa-rimenti queste sei parole, ma intendendole m modo diverso da tutti. Egli si colloca nel punto di vista speciale della mistica, e pone questa nella seconda e nella terza via...: «La via dello spirito o dei prò-fidenti è ancora chiamata via illuminativa, o via della contemplazione infusa» (Notte, 1. I, e. 14). Certamente questo linguaggio e assai, diverso da quello degli altri autori spirituali» 1.
Il linguaggio di S. Giovanni della Croce differisce notevolmente, è certo, da quello di non pochi autori ascetici moderni. Taluni di questi ultimi distinguono non più solo tré vie, ma sei, tré ascetiche e tré mr-
' A. potjlain, Gràces d'oraison, IX ediz., e. xxxi, n. 45, p. 612 (Trad. ital. maeietti, Torino). '
164 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPÌ-AZIONE
sticlie 2. Non è questo un materializzare tutto, sotto pretesto d'essere più precisi? La tradizione non parlò mai se non di tré vìe, non di sei, ma materialmente, secondo il soggetto in cui sono, esse appariscono in modo imperfetto oppure nella loro pienezza s. Il linguaggio di S. Giovanni della Croce, pure precisando in parecchi punti quello dei grandi dottori che lo precessero, è del medesimo ordine che Ui loro,
, e non rende forse il medesimo suono 7
, Si trova forse una minore elevatezza nelle opere spirituali dei PadrF, di S. Agostino, di Dionigi, di S. Bernardo, di S. Bonaventura, di S. Tommaso, del laniero, del Blosio, di Dionigi Certosino, dell'autore deli'I imitazione, di S. Francesco di Sales, e in generale nelle opere dei Santi che parlarono della vita perfetta considerata nella sua pienezza? Essi, come S. Giovanni, della Croce, non fanno menzione d'una doppia vita unitiva, la prima ordinaria e la seconda straordinaria di natura sua, e per sé inaccessibile alla maggior parte delle anime intcriori.
Come si spiega adunque la divergenza che abbiamo indicata? — Mentre certi autori si rivolgono principalmente a principianti o ad anime che mirano solo ad una perfezione relativa, S. Giovanni della Croce scrive «per quelli che si decidono a passare per la nudità dello spirito», soprattutto per anime contemplative; egli propone loro la più alta perfezione accessibile'quaggiù e i mezzi più efficaci e più diretti per raggiungerla. Lo dice egli stesso nel Prologo della Salita ì. Con -ciò si spiega l'apparente esa—
2 Vi sarebbe la via purgativo-ascetica, l'illuminativo-ascetica, l'unitivo-ascetica, sotto alle tré vie mìstiche correlative. Ciò ricorda la divisione dell'insegnamento primario in primario-elementare, primario-medio, primario-superiore. , '
• Così la medesima dottrina esposta a parecchi allievi è intesa benissimo da uno di essi, e meno bene da un altro.
4 ic Gli uni e gli altri troveranno in questo libro una dottrina sostan-
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIANA 165
gerazione delle sue esigenze in fatto d'abnegazione. Con ciò si spiega altresì l'altissima idea ch'egli si fa della via illuminativa e della via unitiva; egli ce le presenta nella loro pienezza, che si trova solamente nella vita mistica. Molti autori ascetici moderni all'opposto ce ne danno solo un'idea inferiore e monca, perché, se queste due vie appariscono nel corso della vita ascetica, ciò non può essere se non in un modo ancora assai imperfetto. .
Succede qui qualcosa di simile a quello che accade circa la cultura intellettuale. Per molti la formazione teologica sufficiente è data da un manuale che si può studiare in tré anni, e che difficilmente si rilegge, perche quello che contiene è presto esaurito i Chi potrebbe pretendere che trovisi lì la perfezione della cultura ..teologica? Altri non possono soddisfare le esigenze .della loro mente se non con lo' .studio profondo di S. Tommaso e de' suoi principali .commentatori. Questo non è per loro un lusso, uno .studio straordinario, ma. necessario per la forma-.z.ipne della loro mente. Sono anzi convinti che, passando anche tutta la loro vita nell'insegnare la Somma teologica, scritta tuttavia per novizi, non l'esauriranno mai, e non giungeranno ad impossessai" -sene pienamente in tutta la sua ampiezza, elevatezza e profondità; per questo bisognerebbe avere un'Intel^ ligenza uguale a quella del Maestro. «Comprendere è uguagliare» diceva Raffaello. Per studiare il trattato della Grazia, certi vi consacreranno tré mesi e più non vi .ritorneranno sopra; altri invece son persuasi che il lavoro di tutta la loro vita non basterebbe a penetrare quello che i Dottori della Chiesa vollero dirci su questo gran mistero.
ziosa, ma a patto che si decidano a passare per la nudità dello spirito. Contesso però ohe con questo trattato to ebbi soprattutto di mira alcun-i mèmbri del mio. Ordine.» '
166 PERFEZIÓNE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Così, sotto l'aspetto spirituale, molte anime sono presto e troppo presto soddisfatte di una perfezione molto relativa, che ad altri apparisce assolutamente insufficiente. Questi ultimi hanno assolutamente bisogno d'arrivare all'esercizio eminente della carità e dei doni dello Spirito Santo. Vi sono temperamenti appassionatissimi e intelligenze quanto mai vigorose che sembra non trovino pace se non in un'alta perfezione, anzi in quella stessa descritta da S. Giovanni della Croce. Questo si verifica tanto più delle anime che ricevettero di buon'ora un'attrattiva superiore di grazia: esse non troveranno il riposo se non dopo le purificazioni dolorose, nell'unione trasformante, in cui non saranno più inquietate dal demonio, dalla carne e dal mondo.
: Perché S. Giovanni della Croce non avrebb'egli
-conservato il vero e altissimo concetto tradizionale della perfezione cristiana, dell'unione con Dio in ciò ch'esso ha di essenziale? Non sarebbero pàrecchi-au-tori ascetici moderni che hanno impoverita la 'tradizione, confondendo il pieno sviluppo normale della vita della grazia quaggiù con ciò che ne è solo il-preludio? Questo pensano parecchi teologi contemporanei
•che considerano la vita mistica come necessaria alla piena perfezione, cristiana, a quella, per esempio, che si richiede per la beatificazione 5. Essi aggiungono:
l'altra opinione, pur pretendendo di combattere là presunzione, può far credere a certe anime d'essere arrivate alla vita Unitiva, quando ne sono ben lontane. In tal modo si può abbassare l'ideale della perfezione, lo scopo della vita religiosa, e privare le anime d'uno dei più grandi stimoli ad una vita sempre più fervente, più generosa, più unita a Dio^
' Cf. P. akintebo, La Ciencia tomista, maggio 1919. L'espressione « piena perfezione » dimostra che noi parliamo non solo della sua essensa, ma anche della sua integrità. Così aver cinque dita in ciascuna mano appartiene all'integrità del corpo umano, senz'essere di sua essenza.
LA PIENA PERFEZIONE DE1LA VITA CEISTIANA 167
Tale ci sembra essere la verità: non vi sono due ,, vie unitive, una ordinaria, e l'altra per sé straordinaria, a cui non potrebbero aspirare tutte le anime :
ferventi. Yi è solò una via unitiva, che, mediante una docilità ogni giorno più perfetta allo Spirito ? Santo, •conduce ad un'unione mistica più intima. Questa:.;
ultima è straordinaria di fatto a cagione del piccolo , numero d'anime pienamente docili, ma non è straordinaria per sé ossia per natura, come il miracolo , o la profezia; anzi è per sé l'ordine perfetto, il pieno ;
sviluppo della carità, attuato di fatto nelle anime ve-:;' ramente generose, almeno al termine della loro vita, se vivono abbastanza a lungo.
Può darsi benissimo che, per difetto d'una direzione appropriata, o d'un ambiente favorevole, -o ancora a cagione di un'indole molto propensa a far vita esteriore, certe anime generose non perverrebbero alla vita mistica se non dopo un tempo più lungo della durata ordinaria della vita quaggiù 6. Ma queste? son circostanze accidentali e, per quanto siano frequenti, non nocciono alla legge fondamentale del. pieno sviluppo della vita della grazia 7. S. Giovanni', della Croce notò bene questa cosa, al principio delle sue opere, scritte, come dice egli, «per recar aiuto a tante anime che ne hanno un bisogno urgente. Dopo i primi passi nel sentiero della virtù, dice il Santo, ' quando il Signore desidera di farle entrare nella Notte oscura per condurle all'unione divina, ve ne sono che non vanno più lontano. A volte manca loro il desiderio, oppure non vogliono lasciarvisi condurre;
qualche volta è a cagione dell'ignoranza, o perché
r Ct. M. de la taille, S. J., L'oraison contemplative, opusc. 1921. :
7 Così nell'ordine fisico il cedro non raggiungerà la sua altezza normale se non è piantato in un terreno appropriato, oppure mancano certe circostanze esteme. Così, secondo il punto di vista intellettuale,. per difetto d'una formazione seria, d'un ambiente favorevole, o a cagione d'un temperamento ingrato, certe intelligenze laboriose non raggiungono il loro pieno sviluppo normale.
168 PERFEZIONE .CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
esse cercano, senza trovarla, una guida accorta capace di condurle alla vetta» 8.
Non s'arriva a questa vetta senza la contemplazione infusa; e questa non è certo il frutto della nostra industria personale, essa supera il modo umano delle virtù cristiane; noi non l'abbiamo quando vogliamo; e viene da una grazia speciale, da un'ispirazione e da un'illuminazione a cui i doni dello Spirito Santo ci rendono docili. Ma benché noi non abbiamo questa ispirazione quando vogliamo, possiamo però tenerci pronti a riceverla, domandarla, e meritarla nel senso largo della parola merito. Infatti ogni anima in stato di grazia ha ricevuto i doni dello Spirito Santo che si svolgono colla carità, e generalmente lo Spirito Santo ci muove secondo: il grado della nostra docilità abituale 9. :
«La conclusione è chiara, dice il santo Dottore:
Appena che l'anima giunge a purificarsi accuratamente dalle forme e immagini percettibili, ella nuoterà in quella pura e semplice luce, che per lei diventerà lo stato di perfezione. Infatti questa luce è sempre pronta a penetrare in noi; ciò che pone ostacolo alla sua infusione sono le forme e i veli delle creature, che avvolgono e impacciano l'anima. Lacera cedesti veli... e a poco a poco, senza indugi, il ri-
6 Salita del Oarmelo, Prologo.
9 Ct. giovanni DI S. tommaso, in I-II, q. 68, De donis Spiritus Sancii, disp. xvni, a. 2, n. 31 : « Instinctus actualis Spirifcus Sancti in mami nostra non est, sed est in manu nostra hahere cor semper paratura ad obediendum et ut tacile mobiles sinms a Spiritu Sancto ».
I teologi del Oarmelo e quelli della scuola domenicana insegnano che tutte le anime devono aspirare alla contemplazione soprannaturale o infusa, e che questa si può meritare saltem de congrua: « Debent omnes ad supernaturalem contemplationem aspirare ». Questa tesi è difesa da filippo della S. trinità, Theol. myst., ed. del 1874, t. II, p. 299 e 311; da antonio dello spirito santo, Directarium my-sticum, ed. del 1732, p. 99; dal vallboenbba, Theol. Mystica, ediz. Berthier, t. II, p. 418 (marietii, Torino); dal P. mbtnabd, O. P., Traiti de la vie intérieure, t. II, p. 131.
LA PIENA PERFEZIONE DEILA VITA CRISTIANA 169
poso e J.a pace divina colmeranno l'anima .tua di ammirabili e profonde'vedute sopra Dio, avvolte d'amor divino » 1Q.
'Dimostreremo che. questa .dottrina di S. Giovanni della Croce, pure precisando quella dei grandi Dottori. che lo precedettero, resta loro perfettamente conforme, e< che è già contenuta nelle beatitudini evangeliche. Queste ci propongono la perfezione cristiana in tutta la sua grandezza e non sono certo inferiori in altezza a .quello che scrisse l'autore del Cantico spirituale. ' :
Così cominciamo già a vedere la risposta che deve darsi alle tré questioni recentemente proposte :
1° Ohe cosa è che caratterizza la vita mistica?
Una passività speciale, o il predominio dei doni dello Spirito Santo, il cui modo sopra umano è specificamente distinto dal modo umano delle virtù cristiane, senza però confondersi con le grazie gratis datae come la profezia; queste ultime non sono affatto necessario alla vita mistica, ma sono in certo modo esteriori e date specialmente per utilità, del prossimo 11.
11 Salita del Carmelo, 1. II, o. xm. Ciò è vero, come principio. Resta sempre sottintesa la predestinazione a proposito della quale S. giovanni della croce scrive: «È vero che le anime, qualunque sia la loro capacità, possono aver raggiunta l'unione, ma non tutte la posseggono nel med-esimo grado. Dio dispone liberamente di. Questo grado d'unione, come dispone liberamente del grado della visione beatifica » (Salita, 1. II, o. iv). Per il tatto che non tutti 1 giusti sono predestinati alla gloria e non vi pervengono infallibilmente, non sì può pretendere ch'essa non sia la consumazione normale della grazia, e lo stesso dicasi Quanto all'unione mistica quaggiù. Non bisogna confondere vocazione e predestinazione: « vi sono molti chiamati e pochi eletti ».' — Notiamo nondimeno una differenza: un adulto non può mancar di operare la sua salute se non per sua colpa personale, laddove non è sempre a motivo d'una colpa se non s'arriva alla contemplazione.
" Questa dottrina si presenta come va giusto mezzo e come un puntò, culminante al disopra di due opinioni opposte fra loro. La prima riduce la contemplazione mistica a un atto di tede viva più intensa che gli altri, e ciò perché essa disconosce la distinzione specifica tra le virtù e i doni, stabilita da S. Tommaso, I-II,q.68,a. 1,2,3.—La seconda sembra che
170 pEBMizioNE cristiana e contemplazione
2° Quando comincia la vita mistica nel corso della vita spirituale? — Normalmente con le .purificazioni passive dei sensi, e con l'orazione di raccoglimento passivo, di cui parla S. Teresa, IV Mansione, e. in 12. 3° Ci vuole una vocazione speciale per giungervi? iNo, come principio; «la grazia delle virtù e dei doni » basta per sé a disporvici median1,e il suo sviluppo normale, e la contemplazione mistica è necessaria alla piena perfezione della vita cristiana 13. Tuttavia, di fatto, per difetto di certe Condizioni, a 'volte indipendenti dalla nostra volontà; certe anime anche generose non vi arriverebbero se non dopo un tempo più lungo della durata ordinaria della nostra esistenza quaggiù; come, per colpa di certe, condizioni, certe intelligenze capaci d'una formazione intellettuale superiore non vi arrivano. Finalmente in taluni più atti alla vita attiva, sono i doni dell'azione che dominano u.
* * *
iQuest'insegnamento è assai; anteriore a S. Gio-vanni della Croce. Eicordiamo il capitolo xxv della Imitazione, 1. Ili, sulla vera pace. lEsso non è certo d'ordine inferiore alla dottrina ora esposta, e si ri-
innalzi molto la vita mistica, ma in realtà la diminuisce, perché non vede abbastanza la differenza profonda ohe esiste fra i doni dello Spi-.' rito Santo (soprannaturali per la loro essenza e per il loro modo e pre-;;
senti in tutte le anime in stato di grazia) e le grazie gratis datae che , generalmente non sono soprannaturali per la loro essenza stessa, ma solo per il loro modo (guoad modum), che non suppongono necessaria-, mente lo stato di grazia, che sono in qualche modo esteriori, e straordinarie non solo di tatto, ma per sé. Ot. I-II, q. Ili, a. 5.
" Vedasi in appresso, e. IV, a. II.
" Ot. intra e. V.
14 Si può concedere che vi sono materialmente e di fatto due vie unitive, benché formalmente e come principio ve ne sia una sola, effettuata qui perfettamente e là imperfettamente. Non bisogna erigere una distinzione materiale o di tatto in una. distinzione formale o di principio.
1A PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CBISTIANA 171
volge a tutte tè anime per mostrar loro un ideale di perfezione, a cui senza presunzióne alcuna tutte possono aspirare:
« Tutti bramano la pace; ma non tutti- si curano di fare ciò che conduce all'acquisto della vera pace. La mia pace, dice il Signore, è Cogli umili e coi mansueti di cuore. La tua pace sarà nell'esercizio di molta pazienza... Fuori di me non desiderare ne cercare nulla... Il progresso dell'uomo e la sua perfezione consiste nell'offrirsi di tutto cuore al volere divino, senza cercare il proprio interesse ne in poco ne in molto, ne nel tempo ne nell'eternità, per modo che riguardando tutto d'un medesimo occhio, e tutto pesando in una giusta bilancia, egli mi ringrazi di continuo tra le prosperità ugualmente che nelle avversità. ' ..
> «E non è tutto; bisogna ancora che tu sia così forte e costante nella speranza che, ove ti venga sottratta ogni consolazione interna, disponga il tuo cuore a soffrire tribolazioni anche maggiori; e non giustificherai tè stesso, come se non meritassi di patire tanti affanni, ma anzi mi loderai per santo in tutte le mie disposizioni; allora sì che tu cammini nella vera e diritta via della pace, e:-puoi sicuramente sperare che abbi a rivedere la mia faccia con giubilo.
« Che se mai arrivassi ad un perfetto disprezzo di tè stesso, sappi che allora tu godrai abbondanza di pace, quanto è possibile di averne nel luogo del tuo pellegrinaggio». ' '
iQuesta pace è il frutto -d'una carità eminente e del dono della sapienza, che ci fa contemplare tutte le cose, piacevoli o penose, in Dio, principio e fine di tutto. A questo dono, dice S. Agostino, corrisponde la beatitudine dei pacifici.
E per questo nel medesimo libro dell'Imitazióne, I. Ili, e. xxxi, il discepolo chiede la grazia superiore della contemplazione: « Signore, ho bisogno d'una grazia, maggiore, se devo giungere a quello stato in
172 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
cui niuli uomo ne verun'altra creatura sarà per me un': legame... Bramava questo, libero volo quegli che diceva: 'Chi mi darà penne a guisa di colomba, per volare e trovare il mio riposo? (Ps.. uv, 7)... -È dunque necessario levarsi sopra tutto il creato, e abbandonare perfettamente se stesso, e in tale elevatezza di mente e come uscito, di sé (« in excessu mentis stare»), conoscere bene che voi, Creatore/del tutto, non avete nulla di simile alle creature. Ma se alcuno non sarà affatto distaccato dalle cose create, non potrà liberamente attendere alle cose divine. Quindi pochi si trovano che diansi alla contemplazione, perché pochi sanno interamente strigarsi da tutto ciò che è caduco e. creato. Per giungere a tanto si richiede una grazia potente, che sollevi l'anima e la rapisca sopra se medesima. Finché l'uomo non sarà così levato in ispirito e sciolto da ogni attacco alle creature e tutto unito a Dio, tutto quello che égli sa e tutto quello ancora che egli ha non è di gran momento »..' : ' ; • / '
Questo meraviglioso capitolo, ohe bisognerebbe citare tutto intero e di cui tutte le parole devono essere diligentemente ponderate 15, non è d'ordine inferiore a quelli di S. Giovanni della Croce sull'unione trasformante; esso è, propriamente parlando, d'ordine mistico, e lì, solamente si trova la vera perfezione dell'amor di Dio 16.
16 Vedasi il commento che ne da 11 P. dumas, nel suo libro eccellente: L'Imitafion de Jésus-Ohrist: introducHon a Vunion intime cisVee Dieu, p. 360-370. ^
" Da un Oarmelo francese una maestra delle novizie ci scriveva poco fa a questo proposito : < Da molti anni sono nella vita religiosa e da un pezzo sono incaricata del noviziato. Mi sembra che molte anime restino alla porta della vita vera, per ditetto d'istruzione e per l'illusione di credere che solo ]a meditazione sia uno stato sicuro. Ordinariamente quando si entra nei nostri monasteri colle disposizioni richieste (e cosi dev'essere in tutti i chiostri) e si lavora sul serio all'acquieto delle virtù, in brevissimo tempo, l'anima viene da Dio assoggettata alle aridità e alle impotenze, preludio delle purificazioni passive. Ebbene è quasi
LA PIENA PEBFEZIONE DELLA VITA CEISTIA'NA 173
Tale fu il linguaggio di tutti i santi, .quando parlarono dell'amor perfetto, del conoscimento intimo di Dio e di noi stessi ch'esso. suppone e dei segni a cui si riconosce. ; . . .
Così parlava il Signore a S. Caterina da Siena:
«Mi resta ora a dirti a qua.1 segno si conosce'che l'anima è arrivata all'amor perfetto. Questo segno è quel medesimo che fu ..visto, negli apostoli, quando ebbero ricevuto lo Spirito Santo. Essi uscirono dal
impossibile far comprendere a quelle che furono allevate secondo il metodo della meditazione ragionata che questo stato è buono e che è fatto per condurle all'unione divina. Esse non arrivano ad intendere l'insegnamento di S. Giovanni della Croce che: n l'applicarsi in quel momento a capire e a considerare oggetti particolari, fossero pure altamente spirituali, sarebbe un porre ostacolo al lume generale, sottile e semplice dello spirito, sarebbe un far intervenire una nuvola » (Salita, 1. II, o. xm).
« Tutto all'opposto avviene per le anime ohe accettano con sottomissione queste prime pene; è in brevissimo tempo la pace prima e poi la scienza di saper trovare Dio in tali oscurità, e da ciò proviene un rapido avanzanemto. Le prime, dopo trent'anni e più di vita religiosa, attendono ancora ohe qualcuno venga finalmente a sollevarle e a mostrar loro quello che cercano sempre; conducono una vita scolorita e senza slancio. Nella vita contemplativa, il segreto della felicità è saper vivere siffatta vita sotto lo sguard.o di Dio.
«Posso io continuar ad insegnare che la contemplazione proprìampnte detta, ne' suoi varii gradi, viene sempre da Dio e ch'essa è infusa3 Una delle ragioni che sempre m'inclinarono a credere questo è che, quando l'anima è un po' avanzata nell'orazione, la sola cosa che la accontenti, è sentire che tutto quello ch'essa ha e tutto quello che sente le viene direttamente da Dio e non da sé. Ogni anima, per poco che sia veramente contemplativa, cerca istintivamente di disfarsi di tutto ciò che le è personale e non ne fa alcun caso. Capisco benissimo la contemplazione acquisita al termine d'uno studio o d'una lettura attraente, è l'ammirazione davanti alla verità scoperta. Ma nell'orazione gli argomenti sono sempre su per giù i medesimi; ora come si può restare per un certo tempo e abitualmente in quest'impresa, senza la grazia della contemplazione infusa i e non si è torse sicuri sulla via di questa contemplazione dal momento che si vuole accettare le purificazioni che ne sono la portai».
Tale infatti ci sembra essere la dottrina di S. Giovanni della Croce, per lui la contemplazione propriamente detta è infusa.
Vedasi in appresso e. IV, a. II, III, IV, V, VI.
174 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
cenacolo, e, liberati da ogni timore, annunziavano la mia parola, e predicavano la parola del mio unigenito Figliuolo. Nonché temere i patimenti, facevano di essi la loro gloria...
« Quelli che hanno la passione del mio onore, e che hanno fame della salute delle anime, corrono alla mensa della santa Croce. Non hanno altra ambizione che di soffrire e di affrontare mille fatiche per il servizio del prossimo... Portano nel loro corpo le stimate di Cristo, e l'amor crocifisso, che le brucia, splende nel disprezzo che hanno di sé, nella giòia, che provano negli obbrobrii, nell'accoglienza che fanno alle contradizioni e alle pene che loro concedo, da qualunque parte vengano e in qualunque modo io le mandi loro...
«Essi corrono con ardore nella via di Cristo crocifisso; seguono la sua dottrina, e nulla può rallentare la loro corsa, ne le ingiurie, ne le persecuzioni, ne i piaceri che il mondo loro offre e loro vorrebbe dare. Passano sopra a tutto questo, con una fortezza incrollabile, con una perseveranza che nulla turba, col cuore trasformato dalla carità, gustando e assaporando questo cibo della salute delle anime, pronti a sopportar ogni cosa per loro. Ecco ciò che dimostra, senza che se ne possa dubitare, che l'anima ama il suo Dio con perfezione, e senz'alcun interesse. Se questi perfetti amano se stessi, e per Me; se amano il prossimo, è per Me, per rendere onore e gloria al mio nome. Ecco perché la sofferenza li trova sempre forti e perseveranti... In mezzo a tutte le ingiurie, è la pazienza che brilla e che afferma la sua sovranità.
« A questi faccio la grazia di sentire ch'io non sono mai separato da loro 17, laddove negli altri io
17 Queste parole indicano manifestamente l'unione mistica ed anche l'unione mistica perfetta.
LÀ PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 175
vado e vengo', non già ch'io ritiri da essi la mia grazia, ma sì il sentimento della mia presenza... Queste anime immerse nel fuoco della mia carità, senza che nulla rimanga di esse, fuori di Me, non avendo più alcuna volontà propria, ma tutte quante infocate in Me, chi dunque le potrebbe prendere e ritrarle da Me e dalla mia grazia? Sempre esse mi sentono in loro, mai non sottraggo loro il sentimento della mia presenza... Onde molte volte il corpo è sollevato da terra, a motivo di questa perfetta unione... il corpo resta come immobile, tutto spezzato dall'amore dell'anima, a tal segno ch'esso non potrebbe più vivere se la mia bontà non lo cingesse della sua forza... Perciò io interrompo per qualche tempo quest'unione, onde permettere all'anima di restar ancora nel suo; corpo. Di questo corpo, a cui era stato incatenato, S. Paolo si lagnava, perche gl'impediva, ancora per qualche tempo, di vedermi. Egli gemeva di trovarsi tra i mortali, che sempre m'offendono, privo della mia visione, cioè di vedermi nella mia essenza » 18.
Non minore elevatezza noi troviamo in S. Tom-maso d'Aquino, quando nella sua lingua sobria di teologo, tratta la questione: Può qualcuno essere perfetto in questa vita ? ' '
«La legge divina, .risponde egli, non comanda l'impossibile. Ora essa ci dice: Siate perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste.
« La perfezione della vita cristiana infatti consiste nella carità e importa' una certa universalità o totalità, perché perfetto è quello a cui nulla manca.
" S. caterina da siena, Dialogo, o. xliv-xijx.
176 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
«Sotto questo aspetto,' si può considerare una trìplice perfezione:
« La perfezione assoluta consiste nell'amàr Dio quanto è amabile, e questa non è- possibile- per la creatura; perché Dio solp può amarsi così, cioè ,iti-finitamente. ' :
«Altra è la perfezione che consiste nell'amàr Dio' con tutto il nostro potere, per tal modo che il nostro amore tenda sempre attualmente a Lui. Questa perfezione non è possibile quaggiù, ma è quella del cielo.
« Finalmente vi è una perfezione che consiste nell'amàr Dio, non quanto egli è amabile, ne nel tendere sempre attualmente a lui, ma nell'escludere quello che si oppone all'amor ed Dio. Il veleno che uccide la carità, dice S. Agostino, è la cupidigia o la concupiscenza; quando ^questa è distrutta, si ha la perfezione. Sopra la terra, questa perfezione, può, esistere, e in due modi:
« O l'uomo esclude : dal' suo affetto tutto ciò. che è contrario alla carità .e la distruggerete, come il peccato mortale. E questo è necessario alla, salute.
«Oppure l'uomo esclude dal suo affetto, non solò ciò che è contrario alla'.carità, ma tutto db che impedisce al suo amore di ,dirigersi totalmente a Dio. Senza questa perfezione la carità può esistere, per esempio nei principianti e nei proficienti» (II-II, q. 184, a. 2).
Quest'ultima perfezione è appunto quella dei perfetti; vi sono ancora in essi dei peccati veniali di fragilità o di sorpresa; ma essi evitano i peccati veniali deliberati ed anche le leggere imperfezioni coscienti e volute. Sono fedelissimi alle ispirazioni dello Spirito Santo, sia che queste ispirazioni richiamino alla mente un dovere anche minimo oppure un semplice consiglio 19. Di più li perfetti, in vece di
» I-II, q. 68, a. 2.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 177
contentarsi d'atti di carità relativamente deboli per il grado di vita soprannaturale a cui sono pervenuti (actus remissi), fanno spessissimo atti almeno intensi quanto la carità che hanno nel cuore, atti per cui meritano di ottenere nello stesso istante un aumento notevolissimo di tale virtù 20. Essi avendo dieci talenti si guardano bene dall'agire come se ne avessero ricevuti solo due. Parimenti si comunicano con un gran fervore di volontà; ed hanno fame dell'Eucaristia 21. Tendendo sempre a grandi cose per la virtù della magnanimità 22, mostrano nondimeno una profonda umiltà nelle loro confessioni, in tutta la loro vita, e si giudicano gli ultimi degli uomini 23. Sono mansueti e umili di cuore quanto fermi e forti. In essi, «la prudenza disprezza tutte le cose del mondo per la contemplazione delle cose divine; e dirige tutti i pensieri dell'anima a Dio. La temperanza abbandona, per quanto la natura può tollerare, quello che esige il corpo. La fortezza impedisce all'anima di spaventarsi davanti alla morte e davanti all'in- . cognita, delle cose superiori. La giustizia finalmente induce a entrare pienamente in questa via tutta divina» 2t. Più in alto ancora, secondo S. Tommaso, sono le virtù dell'anima pienamente purificata, vir-tutes jam purgati animi, quelle dei grandi santi quaggiù e dei beati in cielo».
Nei perfetti, la preghiera di desiderio è pressoché continua; essi ascoltano le parole di nostro Signore:
Bisogna pregare sempre. La loro fede è diventata contemplazione amante 25; la loro speranza, fiducia invincibile 36. -
II-II, q. 24, a. 6.
Ìli, q. 80, a. 10.
II-II, q. 129, a. S, ad i.
II-II, q. 161, a. 6, Dei gradi d'umiltà.
I-II, q. 61, a. 5.
II-II, q. 8, a. tot 7;, g. 45; i. 180, a, 6. II-II, q. 18, a. i; q. 129, a. 6,
12 — Perfezione e Contemplazione. - I.
178 PERFEZIONE CEI8TIANA E CONTEMPLAZIONE
Insomma, « mentre i principianti s'adoperano soprattutto a fuggire il peccato, a resistere ai moti della concupiscenza.,., e'mentre i proficienti si sforzano principalmente di avanzarsi nella pratica della carità e delle altre virtù... i perfetti tendono soprattutto a unirsi a Dio, ad aderire a lui, a godere di lui, e desiderano di morire per essere con Cristo » 27.
.5. Tommaso non si fa un'idea meno alta di ciò che dev'essere in queste anime l'amor del prossimo:.
«Vi sono parimenti tré gradi nella carità verso il prossimo. .Nel primo, la nostra carità, senza escludere nessuno, positivamente s'estende quasi soltanto ai nostri amici e a quelli che ci son noti. Poi essa vuole e fa del bene agli estranei, e finalmente ai nostri nemici. Questo è proprio dei perfetti, dice S. Agostino.
« Siffatto .progresso nell'estensione della carità è accompagnato da un . altro nell'intensità di questa virtù. Questa intensità crescente si manifesta me-' diante le cose che l'uomo disprezza per il prossimo; egli giunge a disprezzare non solo i beni esteriori, ma anche le afflizioni corporali e finalmente la morte, conforme alla sentenza del Signore : Non vi è •maggior carità che il dare la vita per i proprii amici.
« Finalmente il progresso della carità fraterna si manifesta da' suoi effetti, quando l'uomo da per il prossimo non solo i suoi beni temporali, ma anche .i suoi beni spirituali e da finalmente tutto quanto se stesso, conforme al detto di S. Paolo (II Cor., xii, 15): Io per me. volentierissimo spenderò il mio, e spenderò di più me stesso per le anime vostre;
quantunque amandovi di più, dovessi essere amato di meno» 2S. Lo stesso dice S. Bonaventura 29. .
" II-II, q. 2.4, a. 9. ,
'» II-II, a. ISì, a. 2, ad 3. ,. 29 S. bonavent., Opiisc. de gradzbus virtutum, cap. i; et Opusc. de triìilici via vel Itwendwm anwris.
LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CEISTIANA 179
A questi tré gradi della carità, secondo S. Tom-maso, corrispondono tré gradi nelle virtù morali 30, ed anche nei doni e nella contemplazione 31.
È difficile farsi una più alta idea della perfezione cristiana; escludere tutto ciò che all'anima impedisce di essere totalmente di Dio; aderire a lui;
aspirare vivamente all'unione del cielo; amare effettivamente e in particolare gli stessi nemici proprii;
disprezzare, la morte per la gloria di Dio e per la salute delle anime : tale è l'età perfetta della vita spirituale.
* * * ;
Se finalmente si risale agli antichi Dottori, che parlarono per i primi delle tré vie purgativa, illuminativa e 'unitiva e dei gradi di carità corrispondenti, si vede ch'essi prendono questi termini nel grande senso conservato da S. Giovanni della Croce, e non nel significato monco, divenuto comune in molti autori ascetici moderni.
Non si potrebbe negare che la distinzione delle tré vie debba la sua origine alla dottrina della contemplazione cristiana secondo S. Agostino e Dionigi. Il sig. Pourrat lo riconosce nella sua recente opera, La spiritualité chrétienne, p. 349, n. 1, e aggiunge:, «La dottrina delle tré tappe: la purificazione, l'illu-minazione e l'unione.... sarà a. poco a poco generalizzata e applicata alla vita cristiana ordinaria ». Cioè, queste espressioni, in seguito, sovente saranno prese in un senso diminuito.
'0 I-II, 61, a. 5, ad 3. Manifestamente la perfezione delle virtù dell'anima purificata, virtutes purgati animi, descritta da S. Tommaso, è d'ordine mistico. • ,
" II-II, q. 180, a. 6. dioni&i certosino, De Dowis, tr. II, a. 1,5, descrive bene questi tré gradi dei doni; 11 terzo è certamente d'ordine mistico.
180 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
In origine sono prese nel loro più alto significato, che designa non qualcosa di straordinario in sé o di miracoloso, ma alcunché di emineate, .l'ordine perfetto, o il pieno sviluppo' della vita soprannaturale quaggiù.
Dionigi parla sovente di queste tré vie, specialmente in tutto il cap. v del suo libro della 'Gerarchla ecclesiastica: « Dio, dice egli, purifica^ prima le anime nelle quali egli abita, poi le illumina e finalmente le conduce all'unione divina... Così nella Chiesa, all'ordine dei diaconi appartiene la virtù di purificare..., a quello dei sacerdoti la virtù d'illuminare, e all'ordine episcopale quella di perfezionare. S. Tom-maso riproduce più tardi questa dottrina e la fa sua 32. . .
Nella sua Teologia mistica, e. i, n. 1, Dionigi dimostra più esplicitamente tutto ciò ch'egli intende con queste parole che ricorrono così Spesso sotto la. sua penna : « In quanto a tè, o diletto Timoteo, nel tuo desiderio di arrivare alle contemplazioni mistiche, sforzati, senza stancarti, di scioglierti e dai sensi e dalle operazioni dello spirito, e da tutto ciò che è sensibile e intelligibile, e da tutto ciò che è o non è, a fine di sollevarti coll'inconOscenza, per quanto è possibile il farlo, all'unione di Colui che è sopra ogni essere ed ogni cognizione, cioè, di sollevarti, distaccandoti assolutamente da tè stesso e da ogni cosa, spoglio di tutto, e sciolto da ogni impaccio,
»2 S. tommaso, IV Seni., d. 4, q. 1, a. 1, q. 3, e II Seni., d. 9, q. 1, a. 2, e. et ad 8. Tntto quest'articolo, che ha per titolo Utrum unus> angelus purffet aliutu, dev'esser letto, per ben vedere in qua! senso esatto S. Tom-maso, seguendo Dionigi, prende le parole purgatio, illuminano, unto.
Vedasi anche nell'indice generale delle opere di S. Tommaso, chiamato Tabula aurea, la parola illustrano. Chi si vuoi fare un'idea di ciò ch'egli intende per vita illuminativa legga quello ch'egli dice del dono dell'intelletto. III Seni., d. 34, q. 1, a. 1, e. fin.: i Intellectus donum, ut Gregorius dicit, de auditis mentem illustrai, ut homo etiam in hac vita praelibationem tuturae manifestationis accipiat ». Quest'illuminazione del dono dell'intelletto ci da un pregustamento della visione beatifica.
LA PIENA PEEEEZIONE DELÌLA VITA CEISTIANA 181
a quel raggio soprannaturale transluminoso delle tenebre divine». È "esattamente la medesima dottrina e i medesimi termini che troviamo più tardi in S. Giovanni della Croce.
S.. Agostino non parla diversamente, quando tratta della contemplazione nelle Confessioni, IX, o, 10, nei Soliloqui, I, e. 1, 12, 1,3, nella Vita beata, .e nel De quantitate animae ss. In particolare in quest'ultima opera, 1. I, e. 33, quando descrive i diversi gradi della vita dell'anima, dopo .aver considerata la vita vegetativa, la vita sensitiva, la vita intellettuale o la cognizione delle scienze, egli studia i gradi della vita spirituale: 1° la lotta contro il peccato, l'opera difficilissima della purificazione, durante la quale bisogna mettere tutta la propria confidenza in Dio; essa, dice egli, conduce alla vera virtù, che mostra tutta la grandezza dell'anima, la sua incomparabile superiorità sul mondo dei corpi; 2o l'entrata nella luce, che non è possibile se non a quelli che sono purificati; gli occhi malati non 'possono sopportare la luce che l'occhio puro e sano desidera;
3o la contemplazione e l'unione divina, che ci permette di godere del Sommo Bene: «Nella visione intellettuale e nella contemplazione della verità... quali sono le gioie dell'anima... quali sono i soffi di questa eterna serenità, che potrei dirne io? Alcune anime grandi e incomparabili raccontarono queste maraviglie... noi sappiamo ch'esse le videro e che le vedono ancora» st.
" Queste opere si trovano in mi&ne, P. L., t. XXXII. Il Sig. Pourrat pose bene in rilievo questi testi nella la SpiritvMifé chrétienne, p. 332-3H. Ma ci sembra che si vedrebbe meglio tutta la loro portata se si raffrontassero con quelli citati nella medesima opera, al capo precedente, che ha per titolo la Doctrine spiritueìle de saint Augustin. La mistica di S. Agostino non è certo separata dalla sua Dottrina spirituale, e noi non vediamo perché il Big. Pourrat ne abbia trattato separatamente in due capitoli distinti.
34 De Quantitate animae, 1. I, o. xxxni.
182 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
È questa contemplazione che S. Agostino stesso descrive nelle Confessioni, IX, e. 10, quando ricorda il suo trattenimento colla madre sua ad Ostia : « Colui che facesse tacere in sé i tumulti della carne; che chiudesse gli occhi agli spettacoli della terra, delle acque, dell'aria e del firmamento; che facesse tacere l'anima propria, senza permetterle di fermarsi in sé... colui che non udisse più queste creature... e a cui solo Dio stesso parlasse direttamente... in modo affatto spirituale... se questo rapimento continuasse e se solamente questa contemplazione assorbisse colui che la godesse..., non sarebbe ciò il compimento di queste parole evangeliche,: " Entra nel gaudio del tuo Signore „?» s6.
Bisogna egli far le maraviglie che, per una tale contemplazione e unione divina, sia necessaria la piena purificazione di cui parlerà più tardi S. Giovanni della Croce? S. Agostino stesso la esige, e sarebbe un errore separare la sua ascetica dalla sua mistica: la prima conduce alla seconda, come l'ado-.lescenza all'età adulta. Le tré vie di cui egli ha testé parlato in termini press'a poco simili a quelli dei grandi maestri posteriori, corrispondono ai tré gradi della carità di cui egli parla altrove, quello dei principianti, dei proficienti e dei perfetti 36.
Secondo lui, infatti, ci vuole già una gran carità per essere.nel numero dei proficienti. E si può dire che non si. è tali, finché non si è subita la prova della critica e della contradizione da parte degli uomini che non sanno sopportare che si faccia meglio
" SI qui tratta certamente della contemplazione Infusa, anzi eie-' vata.
" Ot. S. AaoStnro,-De natura et gratia. c.Lxx,n.84, n. 82.—In I Ep. Joannis, tr. V, i: s Ut perflclatur (caritas), nascitur; omn tuerit nata, nutritur; cum tuerit nutrita, roboratur; cum fuerit roborata, perflcitur... Si quis... paratus sit prò fratribus etiam mori, perfecta est in ilio caritas r. È questo testo classico che cita S. Tommaso, II-II, O.. 24, a. 9, sed. e.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEÌSTIANA 183
di loro s7. La carità di cui parla S. Agostino nel Cantico dei gradi s8 e nelle Confessioni, XIII, 8, suppone che uno sia disposto a morire per i propri fratelli, e non si concepisce senza quel conoscimento intimo e penetrante di Dio che è la contemplazione mistica. Il dono della sapienza cresce colla carità, tutto l'organismo soprannaturale della grazia, delle virtù e dei doni si sviluppa nel medesimo tempo. -
Concludiamo dunque che nella descrizione che fa delle tré vie purgativa, illuminativa e unitiva, come in quella che ci da dei tré gradi di carità corrispondenti, S. Giovanni della Croce è in perfetto accordo con S. Agostino, con Dionigi, con S. Tommaso di Aquino, e possiamo anche aggiungere, con S. Ber-nardo, con S. Bonaventura, e coi veri discepoli di questi grandi maestri; egli precisa il loro insegnamento su vari punti, ma non lo altera in nulla. L'altissima idea ch'egli si fa delle vie illuminativa e unitiva e dunque veramente tradizionale; e non si contenta di dipingerle sotto una forma inferiore o..embrionale, come fanno parecchi autori ascetici moderni, ma ce le mostra nella loro pienezza, e così considerate esse sono propriamente d'ordine mistico.
Perciò bisogna ritenere con questo grande maestro, eco fedele della tradizione, che la piena perfezione della carità quaggiù non può esistere senza la contemplazione mistica, senza il pieno sviluppo dei doni dell'intelletto e della sapienza, che crescono colla carità. Tutto l'organismo soprannaturale deve svilupparsi nel medesimo tempo, e non è questa una cosa per sé straordinaria, ma sì la piena armonia, l'ordine perfetto della vita della grazia giunta quaggiù al sommo del suo sviluppo normale. Questa grazia chiamata
" Enarr. in psalm., cxix, n. 3.— Vedasi potorat, La Spiritualité chrétienne, p. 313.
" Enarr. m psalm., lxxxiii, n. 10.
184 PERFEZIONE OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
da S. Tommaso «grazia delle virtù e dei doni» 3i) è affatto distinta, come abbiam veduto, dalle grazie gratis datae, come la profezia o il dono dei miracoli w.
È questo che fece dire a S. Giovanni della Croce:
« O anime create per tali glorie e che dovete goderne per predestinazione, a che pensate voi? Di che vi occupate? Quanto volgari sono le vostre aspirazioni e miserabili i vostri pretesi benil Come è deplorevole il vostro accecamento! Voi chiudete gli occhi alla luce più smagliante, e non udite le voci potenti che vi sollecitano! Lasciandovi trascinare da ciò che voi riguardate come la felicità e la gloria, voi non vedete che rimanete sprofondate nelle vostre miserie e nella vostra volgarità, e vi rendete indegne dei tesori che vi sono destinati!» t1.
Tutti devono dire col salmista: ,« Come il. cervo sospira le fonti d'acqua viva, così l'aaima mia anela a tè, o mio Dio. L'anima mia ha sete di Dio vivo. Quando verrò e apparirò davanti alla faccia di Dio? » (Ps. xli, 3).
Perfezione relativa. — Eroismo e santità.
I teologi mistici t2 osservarono che, tra gli stessi perfetti, si devono distinguere quelli che cominciano a vivere la vita perfetta, quelli che vi progrediscono coll'eroismo delle virtù;, e quelli che arrivano alla piena perfezione ossia alla santità.
Subito dopo la purificazione passiva dei sensi, l'anima ha già una perfezione relativa, evita general-
" III, q. 62, a. 2.
" I-II, q. Ili, a. 5.
" cantico Spirituale, P. IV, str. 33.
" Segnatamente giuseppe dello spirito santo nel suo Cursus Theol. soholasttco-mysticae, dove tratta dei perfetti secondo S. Giovanni della Croce.
LA PIENA PERFEZIONE BELLA VITA CBISTIAl.TA 185
mente i peccati veniali deliberati e gode d'una contemplazione di Dio assai calma e affettuosa *3, descritta da S. Teresa nella IV e V Mansione. Ma vi sono ancora .molte imperfezioni da fare scomparire.
È soprattutto durante le purificazioni passive dello spirito e le. prove concomitanti, che si praticano le virtù eroiche, particolarmente quella della fede, della speranza e della carità, come dimostra S. Giovanni della Croce, Notte, 1. II, e. S. Teresa al principio della VI Mansione. . .
Finalmente all'uscire da quéste purificazioni passive dello spirito l'anima, arriva alla piena perfezione della vita interiore, descritta da S. Giovanni della Croce nella•'Viva 'Fiamma e nella Parte III'del Cantico '* spirituale, e da S. Teresa nella VII Mansione. Si'vedano anche i più alti dei dieci gradi della carità enumerati da S. Bernardo ti.
Per. la qual cosa nella presente opera abbiamo generalmente parlato a bello studio" della .piena perfezione della vita cristiana, e non solo d'una perfezione relativa; notevolmente meno elevata, di cui si tratta in parecchie opere ascetiche che non trattano della vita mistica propriamente detta.
Questa piena perfezione non è essa veramente il sommo dello sviluppo normale della vita .della grazia? La parola normale non deve far dimenticare quella di sommità, e viceversa. Per ben intendere ciò bisogna rammentare che la vita cristiana richiede in tutti l'eroismo delle virtù secundum praeparationem animi, vale a dire che ogni cristiano dev'essere pronto ' a compire col soccorso dello Spirito Santo atti eroici, quando le circostanze lo esigeranno. Il martirio, in certi casi, è di precetto e non solo di consiglio ;
" Ot. S. giovanni delia cbocb, Notte oscura, 1. II, e. 1. 41 S. giovanni della croce li spiega: Notte oscura, 1. II, o. xx, seguendo un opuscolo attriluito a S. Tommaso.
186 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
perché dobbiamo preferire tutti i tormenti e fa morte all'abiura, e amar Dio' più della nostra vita. Senza ciò, come saremmo noi configurati a Cristo croci-, fisso, segnati della sua immagine? tó. I cristiani che praticano abitualmente i loro doveri, devono sperare che lo Spirito Santo darà loro, se gliela domandano con umiltà, fiducia e perseveranza, la forza d'essere fedeli perfino in mezzo ai supplizi, se hanno da subire simile prova. Nostro Signore diceva a' suoi discepoli: «Non temete quelli che uccidono il corpo... Lo Spirito Santo v'ispirerà in quel momento quello che bisognerà dire ». E, anche dal semplice punto di vista naturale, ogni cittadino non deve già egli in certe ore morire eroicamente per la difesa della patria?
Ogni cristiano deve altresì amare il bene soprannaturale, la salute del prossimo più de* suoi proprii beni naturali. La carità gli dice d'andare, con pericolo della sua vita, in soccorso dell'anima che si trova in un'estrema necessità spirituale. L'obbligo è più stretto per il sacerdote, che ha cura d'anime, e per il vescovo riguardo al suo gregge. Senza essere tenuto ad avere le virtù in grado eroico, egli. dev'essere pronto a dare all'occasione la sua vita per i fedeli della sua diocesi.
Bisogna dunque ammettere che la carità cristiana nel suo progresso quotidiano deve tendere normalmente verso il grado eroico, il quale permette di compire prontamente ed anche con gioia le cose più difficili per Dio e per il prossimo. È quello a cui sentesi fortemente inclinata ogni anima che passa per le purificazioni passive dello spirito.
Queste purificazioni conducono finalmente alla vera santità, che è la perfetta purezza, l'immutabile unione
" Vedasi su questo punto S. Tommaso nella questione del martirio, II-II, i. 124, a. 1, ad 3.
LA PIENA PERFEZIÓNE DELIA VITA CBISTIANA 187
con Dio te, e l'armonia intima di tutte le virtù, anche di quelle che sono apparentemente più opposte:
l'accordo d'una grande fortezza e d'una perfetta mansuetudine, d'una giustizia rigorosa e d'una tenerissima misericordia, della sapienza più alta e più semplice colla prudenza che scende ai minimi particolari. È questa veramente la santità davanti a Dio, benché essa non sia sempre manifestata da segni certi davanti alla Chiesa. E; solamente lì si'trova la piena perfezione della vita cristiana, ben superiore alla perfezione relativa, di cui parlano parecchi autori ascetici,- e che è solo l'entrata nella via dei perfetti.
Come si vede, noi parliamo non solo dell'essenza della perfezione, ma della sua integrità normale. Così l'aver buoni occhi appartiene, se non all'essenza del corpo umano, almeno alla sua integrità. Pari-menti, come vedremo sempre meglio, la contemplazione infusa appartiene, se non all'essenza della, perfezione cristiana, almeno alla sua integrità. E questa contemplazione, manifestissima nei perfetti più atti alla vita contemplativa, è come diffusa negli altri perfetti in cui dominano soprattutto i doni dello Spirito Santo relativi all'azione, doni del timore, della .fortezza, del consiglio, della scienza, uniti al dono della pietà, sotto un influsso meno visibile dei doni della sapienza e dell'intelletto. Cf. infra, e. IV, a. vii, § in.
" II-II, q. 81, a. 8.
188 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE articolo V.
La Perfezione e il precetto dell'amor di Dio.
^) II primo precetto è sema limite ?
Il doppio precetto dell'amore è formulato nel modo più completo nel Vangelo di S. Luca, x, 27: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta l'anima tua è con tutte le tue forze, e con tutto il tuo spirito, e ^l tuo prossimo come tè stessavi.
Ponderiamo il senso di ciascuna parola, consideriamo l'insistenza con cui è ripetuta la parola tutto e domandiamoci con S. Tommaso: II precetto dell'amor di Dio ha egli un limite, per tal modo che, oltre tale limite, non vi sia più che un consiglio di carità, nel quale consisterebbe la perfezione?
Alcuni così pensarono, e dissero : Per osservare anche perfettamente questo precetto, non è necessario • avere un'alta carità; la perfezione superiore, che sopprime non solo i peccati veniali deliberati, ma anche le imperfezioni volontarie, è solo di consiglio;
essa non è contemplata dal precetto, ma lo sorpassa. Così la perfezione starebbe nel compiménto di certi consigli di carità, che sarebbero superiori allo stesso primo precetto 1.
' Così parla il scabez, de Statu perfectionis, e. xi, n. 15-16. Egli riconosce che S. Tommaso e prima di lui S. Agostino sembrano veramente insegnare che la perfezione della vita cristiana sia non solo consigliata^ ma comandata, dal primo precetto, a titolo di fine al quale bisogna
-LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 189
Ciò può sembrar vero, se si guardano superficialmente le cose. S. Tommaso, proponendo questo problema, lo notò in questa obiezione: « Tutti sono tenuti ad osservare i precetti, e questo è di necessità di salute. Se dunque la perfezione della vita cristiana consistesse nei precetti, ne seguirebbe che la perfezione sia di necessità di salute, e che tutti vi sarebbero tenuti, il che è falso » 2.
È questa un'obiezione speciosa che S. Tommaso, come vedremo, sciolse perfettamente, mostrandoci, eolla scorta di S. Agostino, tutta la grandezza del precetto dell'amor di Dio, superiore a tutti i consigli;
e reca maraviglia il vedere che teologi moderni e non dei minori, disconoscendo su questo punto fondamentale della spiritualità la dottrina dei più grandi maestri, abbiano fatto di questa obiezione la loro propria tesi.
Non ci fermiamo alle apparenze, ne alla materià-
tendere. Ma egli dal canto suo risponde negativamente: «Respondeo nihilominus, si proprie et in rigore loquamur, perfectionem superero-gationis non solum non praecipi, ut materiam in quam obli^atio praecepti cadat, veruni etiam neQue per modum finis in piaeceptis contineri a. Ammette adunque sopra il precetto dell'amor di Dio, che per lui ha im limite, dei consigli di carità, superiori a quelli di povertà, castità ed ubbidienza, e la perfezione, secondo lui, consiste essenzialmente in questi consigli di carità, strumentalmente nei tré altri. Ct. ibid n. 16.
Questa dottrina del Suarez fu ampiamente criticata dal grande canonista passerini, O. P., che era un protondo teologo tedelissimo a S. Tommaso. Vedasi nell'opera sua de Hominum statibus et officiis in II-II, q. 184, a. 3, p. 50, n. 70 et p. 57, n. 106, dov'egli dimostra che questa dottrina del Suarez è opposta a quella di S. Agostino, di S. Tommaso, ammessa da S. Antonino, dal Gaetano e dal Valenza. Si può facilmente rendersene ragione mediante la lettura stessa dell'articolo citato della Somma Teologica che tradurremo. Risponderemo brevemente in nota, alle obiezioni del Suarez.
Anche S. Tommaso usò qualche volta (v. g. in Ep. ad Phil., e. 3, tect. 2) l'espressione « perfectio supererogcctionis », ma in un altro senso diverso dal Suarez; cf. barthieb, O. P., Perfection cìtrétienne et Per-fectwn religieuse, t. I, p. 229. Con ciò S. Tommaso vuoi dire solamente che i tré consigli di povertà, castità ed ubbidienza, non sono obbligatorii.
8 II-II, q. 181, a. 3, 2" ob.: La perfezione è nei precetti o nei consigli?,
190 REFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
lità delle cose; ma vediamo quali è il senso profondo e' la portata del precetto. Seguiremo esattamente quanto è possibile il medesimo testo di S. Tommaso in quest'articolo troppo poco conosciuto: La perfezione consiste nei precetti o nei consigli? II-II, . q: 184, a. 3.
* * *
Nel Deuteronomio, vi, 5, sta scritto : Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, e nel Le-vitico, xix, 18: Amerai il \ tuo prossimo come tè stesso. Nostro Signore aggiunge (Matth., xxii, 40):
Su questi due comandamenti si fondano tutta la Legge e i Profeti.'Ora, la perfezione della carità, secondo la quale la vita cristiana è perfetta, consiste appunto in ciò che noi amiamo D,io con tutto il nostro cuore e il prossimo come noi stessi. D'onde segue che la. perfezione consiste nel compimento dei precetti.
« Per ben intendere questo, bisogna notare che la perfezione consiste necessariamente ed essenzialmente in una cosa, secondariamente ed accidentalmente in -un'altra. :.
«Necessariamente ed essenzialmente la perfezione della vita cristiana consiste nella carità; principalmente nell'amor di Dio, e poi nell-'amor del prossimo;
'ecco l'oggetto dei due principali precetti della legge .divina. Ora s'ingannerebbe chi si figurasse che l'amor di Dio e del prossimo formino l'oggetto d'una legge solo in una certa misura, cioè, fino ad un certo grado, oltre il quale esso diventasse l'oggetto d'un semplice consiglio. No. I termini del comandamento sono ^chiari, e mostrano che cosa è la perfezione: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore..., ex foto corde tuo. Le due espressioni tutto 'è. intero ossia perfettosono sinonime. Parimenti sta scritto: Amerai
LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CRISTIANA 191
il tuo prossimo, come tè stesso, e ognuno si ama, per dir così, senza limite (maxime) 3.
« Ed è così, perché, secondo l'insegnamento dell'Apostolo (I Tim., i, 5), la carità è il fine del comandamento e di tutti i comandamenti. Ora il finei non si presenta alla volontà frammentariamente, ma nella sua totalità, nel che esso differisce dai mezzi. Il fine si vuole o non si vuole, ma non si vuole per metà, come osservò Aristotile (I Polit., e. 3). Il medico vuole forse per metà la guarigione del malato? No certo; quello ch'egli misura è il medicar. mento, ma non la salute ch'egli vuole senza misura. Manifestamente adunque la perfezione consiste essenzialmente nei precetti. Onde S. Agostino, nel suo libro de Perfectione justitiae, e. vili, ci dice: «Perché dunque non sarebbe essa comandata all'uomo questa perfezione, quantunque nessuno, in questa v'ita, possa averla (pienamente)? A.
Questo è tanto più vero in quanto il fine di cui si tratta qui, non è un fine intermedio come la salute, ma il fine ultimo, Dio stesso, che è il bene infinito, «L'uomo, dice S. Tommaso, non può mai amare Iddio quant'egli dev'essere amato; parimenti non possiamo credere e sperare in Lui quanto dobbiamo 6. Onde le virtù teologali differiscono dalle virtù morali in ciò ch'esse non consistono essenzialmente in un giusto mezzo; il loro oggetto, il loro
3 In questo senso che ognuno deve per carità volere per sé la salute, la vita eterna, e non solo un dato grado inferiore di gloria, ma la vita .etema senza fissare alcun limite, perché non sappiamo a qual grado Dio voglia oondurcl.
* « Cur ergo non praeciperetur nomini ista perfectio, quamvis eam in hao vita nemo habeat? r S. Agostino vuoi dire che anche la perfezione del cielo cade sotto il precetto dell'amore di Dio, non come una cosa da attuarsi immediatamente, ma come il fine al quale bisogna tendere, come spiega il Gaetano in II-II, q. 184, a. 3.
1 I-II, q. 61, a. i : Le virtit teologali consistono esse in un giusto messo?
192 PEKEEZIOSE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
motivo formale, la loro misura essenziale è Dio stesso, la sua verità e la sua bontà infinita. Se queste virtù supreme sono sotto un aspetto in un giusto mezzo 6, ciò è accidentale e da parte del soggetto umano, non dell'oggetto divino, in questo senso per esempio che il proficiente può e deve amar Dio più che il principiante senza poter amarlo ancora come il perfetto, ne come il beato, in cielo 7.
Finalmente un altro motivo, per cui il precetto dell'amore non ha limiti, è che la carità d&ve sempre crescere fino alla morte, perché siamo in stato di via o di viaggio verso l'eternità. La via .o: il sentiero dell'eternità non è fatto perché uno vi si adagi e vi si addormenti, ma sì per camminare. Sono i pigri che si coricano sulla strada, senza continuare il cammino fino alla meta prefissa. Per il viaggiatore che non è ancora arrivato al termine obbligato del suo viaggio, l'avanzare è un comando e non solo un consiglio, proprio come il bambino deve crescere, secondo una legge di natura, finche sia arrivato all'età adulta. Ora, quando si tratta di camminare verso Dio, non ci si avanza corporalmente, ma sì
' Per esempio, la tede tra l'infedeltà e la credulità; e la speranza tra la presunzione e la disperazione.
' Parimenti sotto questo aspetto secondario e accidentale, dal lato dell'uomo e non dal lato di Dio, la speranza si trova tra la disperazione e la presunzione. Il presuntuoso non spera troppo in Dio, ciò è impossibile, ma spera un bene che eccede la condizione in cui si trova, per esempio il perdono senza un vero pentimento. Parimenti la credulità non consiste nel credere troppo in Dio, ma nel credere come rivelato da Lui ciò che è solo invenzione o immaginazione umana (I-II, q. 64,. a. 1). Laddove la virtù morale che regola una passione, deve essenzialmente costituire un giusto mezzo tra l'eccesso e il difetto di questa passione. Cosi la virtù della fortezza è essenzialmente un giusto mezzo razionale tra la codardia e la temerità; giusto mezzo del resto che, da parte della sua razionalità, s'inalza come un punto culminante sopra queste torme irrazionali dell'agire umano. Dimenticare con Epicuro-ohe il giusto mezzo razionale debba essere cosi una sommità, e voler far consistere le virtù teologali essenzialmente in un mezzo come le virtù morali, è proprio della mediocrità, o della tiepidezza, eretta a sistema sotto pretesto di moderazione.
•LA PIENA PERFEZIONE DEIAA VITA CRISTIANA 193
a passi d'amore o di carità, gressibus amoris, dice 8. Tommaso. Dobbiamo adunque, ogni giorno in tal modo accostarci a Dio, senza mai assegnare un limite" •al progresso della nostra carità. Non abbiamo il diritto di dire : Amerò Dio fin. qui, ma non più lontano; sarebbe un non ascoltar più il primo precetto che è senza misura: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutto il tuo spirito».
Ne segue forse che la perfezione non consista in conto alcuno nei consigli evangelici?
S. Tommaso, nel medesimo luogo, risponde:
« Secondariamente e strumentalmente la perfezione consiste nei consigli; in altre parole, questi sono soltanto strumenti preziosi per arrivarci. Infatti tutti i consigli come i precetti sono ordinati alla carità, con una differenza però. I precetti inferiori ai due grandi comandamenti dell'amore hanno' per scopo di rimuovere quello che è contrario alla carità, quello che la distruggerebbe; mentre i consigli hanno per scopo di rimuovere ciò che impedisce o intralcia il perfetto esercizio della carità senza esserle tuttavia contrario, come il matrimonio, la necessità di occuparsi dei negozi secolari, e cose simili. È quello che insegna S. Agostino (Enchiridion, e. xxi): «precetti... e consigli... sono bene osservati quando si compiono colla mira d'amar Dio, e il prossimo per Dio, in questo mondo e nell'altro ».
Perciò nelle Conferenze dei Padri, I, e. vii, l'abate Mosè dice: «I digiuni, le veglie, la meditazione delle Scritture, la nudità e la privazione dei beni esterni non sono la perfezione, ma strumenti o mezzi di perfezione; non consiste in essi, ma per essi si arriva alla perfezione». .
In questo senso nostro Signore disse al giovane ricco: «Se vuoi esaere perfetto, va, vendi quello che hai, dallo ai poveri; e tu avrai un tesoro in
13 — Perfezione e Contemplazione. - I.
194 PEErEZIOME CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
cielo, poi vieni e seguimi» (Matth., xix, 21). Come nota S. Tommaso (7oc. cit. ad 1), con queste parole Gesù indica anzitutto la via che conduce alla perfezione : Va, vendi quello che 'hai, dallo ai 'poveri, poi aggiunge quello in cui consiste questa perfezione: e seguimi, in ispirito con la carità, «sequi jubet non corporis gressu sed mentis affectu» dice S. Am-brogio in Lue. v, 27. I consigli adunque sono strumenti o mezzi per giungere alla perfezione, ma non la costituiscono essenzialmente. Essa trovasi nel compimento del precetto supremo, che non ha limiti, di quello, cioè, dell'amor di Dio e del prossimo.
. * * *
Si obietterà ritornando alla difficoltà indicata. da principio : • « Ma tutti sono tenuti ad osservare i precetti, è di necessità di salute. Se dunque la perfezione della vita cristiana consiste essenzialmente. nei precetti, ne segue ch'essa sia di necessità di salute, e che tutti siano tenuti ad essere perfetti, il che è manifestamente falso. Di più la carità imperfetta osserva già i precetti; sembra dunque che la carità perfetta consista essenzialmente nell'osser-vare i consigli». .
A queste due difficoltà S. Tommaso (ibid., ad 2 et ad 3), seguendo S. Agostino, da una profonda risposta, la quale mostra tutta l'altezza del precetto dell'amore, che solo i santi osservano nella sua pienezza: • •
«Come dice S. Agostino, nel suo libro de Perfe-ctione justitiae, e. vin, la perfezione della carità è comandata all'uomo in questa vita, perché " non si corre nella buona direziono, se non; si sa verso quale meta bisogna correre; e come la si potrebbe sapere» se nessun precetto l'additasse?,, Ma ciò che è
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 195
l'oggetto del precetto (dell'amore) può adempirsi in vari modi. Perciò chi non lo adempie nel modo più perfetto, non per questo trasgredisce il precetto. Per evitare questa trasgressione, basta osservare la legge di carità in qualche modo come fanno i principianti.
« La perfezione dell'amor divino rientra bensì tutta quanta (universaliter) nell'oggetto del precetto; nem-.-meno la perfezione del cielo ne è esclusa, poiché è il fine a cui bisogna tendere, come dice S. Agostino8. Ma si evita la trasgressione del precetto attuando in qualche modo anche inferiore la perfezione della carità. . .
«Ora il grado infimo dell'amor di Dio consiste nel non amar nulla più di Dio, o contro Dio, o quanto. Dio, e chi non ha questo grado di perfezione, non compie in alcun modo il precetto. All'opposto vi è. un grado di carità che non si può raggiungere quaggiù e che consiste nell'amor di Dio con tutto il nostro potere, per tal modo che il nostro amore -•tenda sempre attualmente. a Lui. Questa perfezione è possibile soltanto in cielo; dunque non si trasgredisce il precetto per il fatto che non la si ha ancora quaggiù. Parimenti non la 'si trasgredisce per il fatto che non si 'raggiungono i gradi medi della perfezione, purché si arrivi al grado infimo ».
Ma è evidente che chi resta lì, non compie in tutta la sua perfezione il precetto supremo e non attua pienamente quello che domanda la legge d'amore: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutto il tuo spirito ».
Sarebbe dunque una grande illusione il pensare che solo la carità imperfetta sia di precetto, e che i gradi di questa virtù, superiori al grado infimo, siano solamente di consiglio. Essi cadono sotto il
8 Ibwt. et de Sinritu et lAttera. o. xxxvi.
196 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
precetto, se non come una cosa da compirsi immediatamente, almeno come quella a cui bisogna tendere, si non ut materia saltem ut finis, dicono i tornisti. Anche la carità del cielo è comandata come il fine verso il quale l'anima in stato di via deve sempre camminare, ed anche correre, dice S. Paolo 9, senza perdere il tempo che le è concesso. II purgatorio è fatto per coloro che non hanno abbastanza bene usato il loro tempo di prova sopra la terra 10.
Questa grande. dottrina a primo aspetto sembra sottile a cagione dell'obiezione che può ingombrare la mente; ma, in realtà, è pienamente conforme a quello che ci dice il senso comune nell'ordine naturale.
«Così, infatti, osserva S. Tommaso {ibid., ad 3), l'uomo, appena nato, ha una certa perfezione essenziale, per cui egli appartiene alla specie umana e si .trova già superiore all'animale; ma non è ancora la perfezione dell'età adulta, il pieno sviluppo del corpo 'e delle facoltà dell'anima. Parimenti vi è una certa perfezione della carità che non è 'altro che la stessa sua essenza: amar Dio sopra tutto e nulla amare contro di lui; ma vi è altresì, e fin •da questa vita, un'altra perfezione della carità, a cui. non si arriva se non col progresso spirituale, analogo allo sviluppo naturale, così il cristiano si
" I Cm; IX, 21: « Non lo sapete! Nelle corse deUo stailo, tutti corrono, ma uno solo riporta il premio. Correte in guisa da far vostro il premio ».
10 II cardinal gaistano, in II-II, q. 184, a. 3, dice a questo proposito:
« La perfezione della carità è comandata come fine (waeciyitur ut finis} bisogna voler conseguire il fine, tutto il fine ; ma appunto perché essa è fine, basta, per non mancare al precetto, essere nello stato di raggiungere un giorno questa perfezione, sia pure nell'eternità. Chiunque possiede, anche nel più debole grado, la carità, e cammina così verso il clelo, è nella via della carità perfetta, e fin d'allora egli evita la trasgres-sione del precetto, che è di necessità di salute ». Ma colui che muore in stato di grazia, senza aver utilizzato abbastanza come si deve il tempo della vita, dovrà passare per il purgatorio, per esservi profondamente purificato; là egli conoscerà l'ardente desiderio della visione di Dio.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 197
astiene dalle cose anche lecite per compire più liberamente i suoi doveri verso Dio».
È chiaro: basta essere bambino per appartenere .alla specie umana, ma questo, di certo, non basta per essere perfettamente uomo; anzi, in forza d'una legge necessaria il bambino deve crescere sotto pena, non di restare un bambino, ma di diventare un nano deforme. Slmilmente basta avere un grado infimo di parità per evitare la trasgressione del precetto dell'amore, ma ciò, com'è chiarissimo, non basta, per compire perfettamente questo primo precetto, superiore a tutti gli altri e a tutti i consigli. Di più, se il principiante non cresce nella carità, egli non resta un principiante, ma diventa un anormale e come un nano sotto l'aspetto spirituale. Vi è, per esempio, una fede e una pietà per dir così embrionali con una cultura letteraria, scientìfica o professionale sviluppatissima; la sproporzione è manifesta, l'equilibrio manca assolutamente, le obiezioni insorgono, sconcertano e sviano lo spirito'; il seme divino che è in esso, per mancanza di sviluppo, corre grave rischio di morire, come si dice nella parabola del seminatore 11. Sulla via della salute, gli anormali non sono certo i veri mistici e i santi, ma i ritar-datari e i tiepidi. :
Questo punto di dottrina, della massima evidenza, è capitale nella vita spirituale. Eeca maraviglia che sia così spesso ignorato o per lo meno dimenticato. La perfezione della carità non è solo consigliata, ma comandata come il fine a cui ogni cristiano deve tendere se non colla pratica dei consigli, almeno col suo spirito crescendo ognora nella carità. S. S. Pio XI
11 «Una parte del seme cadde lungo la strade, e gli uccelli del elelo vennero e Io beccarono. Un'altra parte, caduta sopra un suolo pietroso, spuntò subito fuori, perché non aveva profondità di terreno. Ma levatesi 11 sole lo abbruciò, e perché non aveva radici inaridì » (matth., e. xiii, 4).
198 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
ciò ricordava ultimamente nella sua enciclica sulla dottrina spirituale di S. Francesco di Sales 12. Rigettare questa dottrina è lo stesso che sopprimere la causa finale nella questione di cui ci occupiamo 13.
Quando un'anima dopo aver vissuto lungo tempo nel peccato mortale, ritorna a Dio,. non basta che si preservi dalle ricadute ed eviti le occasioni del male, ma deve salire più in alto. Il precetto dell'amore, come abbiamo veduto, non ha limiti; non si ferma ad un certo grado, dopo il quale non siavi più che un consiglio; ma ci comanda di crescere sempre nella carità, senza fermarci mai. Dio che è il bene infinito, merita d'essere amato senza misura, quanto è possibile, sempre più « con tutto il nostro cuore, con tutta l'anima nostra, con tutte le nostre forze, con tutto il nostro spirito». E .solo i santi osservano perfettamente questa grande legge che è l'anima della vita cristiana 14.
12 L'abbiamo citato nella nostra introduzione.
13 Questa verità fu recentemente posta in luce dal Card. meeoibb nel suo bellibro La Vie intérieure, appel aux àmes sacerdotales, 1919, p. 98... Egli conclude : « Tutti siamo chiamati a salire verso le vette della perfezione : a salire dallo stato di vita in cui il timore di perdere la carità è 11 movente ordinario e predominante della condotta, a quello in cui l'anima si lascia più volentieri guidare da intenzioni di progresso nella virtù; a salire ancora più in alto, fino al completo distacco dal creato e allo spirito d'unione con Dio solo per lui solo. A questo riguardo vi ' sono nel mondo e talvolta anche nel clero, pregiudizi funesti, profondi, che noi, di comune accordo, dobbiamo studiarci di estirpare. Si, ripetiamolo, tutti sono chiamati alla pienezza della perfezione evangelica... A tutti è detto : Siate per fottio com.tè perfetto zi vostro Padre celeste » (matth., v, 48). Il catechismo del Concilio di Trento, P. II, Se Matrimonii sacramento, dice: « A tutti devono i Pastori del popolo fedele raccomandare la vita perfetta..., tonte di felicità la più completa che l'uomo possa gustare quaggiù ». Per tutti, la santa liturgia domanda la grazia di non lasciarsi agitare dalle fluttuazioni del mondo, ma di conservare 11 cuore fisso su Colui che, solo, può renderci veramente felici » (Or. dom. IV -posi Pascila).
11 Si obietterà torse: II precetto non obbliga però a tare un atto di carità ad ogni minuto, e quindi "un atto di carità, non obbligatorio, è solo di consiglio.
Il passerini risponde giustamente (op. ctt., p. 50. n. 72): quest'atto
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIANA 199 5)
Tré. conseguenze, adi precetto dell'amor di Dio.
Vorremmo notar qui tré conseguenze importanti di quest'alta dottrina: il primo precetto, superiore a tutti gli altri e a tutti i consigli, non ha limiti; per esso la perfezione della vita cristiana è non solo consigliata, ma comandata a tutti, se non come materia o cosa da farsi immediatamente, almeno come fine a cui ognuno deve tendere, secondo la sua condizione.
* * *
Se la carità del cristiano deve crescere sempre fino alla morte, arrestarne lo sviluppo è un andare contro la legge dell'amor di Dio; così si spiega il detto di parecchi Padri della Chiesa: «.Nella via di Dio, chi non avanza indietreggia». Se la vita non sale, discende. L'anima non può vivere senza' amore; se si ferma nell'amore di Dio, ricade nell'egoismo.
non è obbligatorio come cosa da effettuarsi immediatamente, è vero;
ma è obbligatorio come fine intermedio a cni bisogna tendere.
Si insiste: Ma non è di precetto che quest'atto sia più intenso del precedente, perché ciò che cade sotto il precetto è la sostanza dell'atto 'e non il modo più o meno perfetto.
La medesima risposta: Questo è il precetto almeno a titolo di fine.
•^fc cui "bisogna tendere; perché l'uomo deve aspirare ad amare sempre tiù Dio. E, come spiega S. Toimnaso, I-II, ci. 100, a. 10, ad 2:. i; Se
•colui che onora i genitori, è tenuto ad onorarli per un motivo di carità
•soprannaturale, ex cariiate, questo non proviene dal precetto speciale:
•Onora i genitori, ma dal precetto supremo : Amerai il Signore con tutto
•il tuo cuore >. In tal modo quello che cade sotto il precetto inferiore è la sostanza dell'atto, ma il modo dell'atto è comandato dal precetto
•supremo. Ctr. II-II, q. ti, a, 1, ad 1. Di più sotto il precetto della ca-
•rttà cade il modo che è espresso dalle parole con tutto il tuo cuore, et. II-II,, <1. ti, a. i, ad 1, ed anche l'ordine della carità: Iblei., a. 8.
200 PERFEZIONE CBISIIANA E CONTEMPLAZIONE
È il pericolo degli atti imperfetti (aotus remissi, dicono i teologi), che procedono dalla carità, ma sono inferiori in intensità al grado che questa virtù ha . raggiunto in noi. Rispetto ad essi bisogna notare tré cose:
, 1° Questi atti sono ancora meritori, ma, secondo S. Tommaso e i migliori teologi, essi non ottengono. subito un aumento di carità; e non l'otterranno se:
non quando faremo un atto più fervente, uguale, i o superiore al grado della nostra virtù; così, nell'or, i dine naturale, un'amicizia virtuosa non cresce veramente se non mediante atti più generosi 15.
2° Gli atti di carità relativamente troppo deboli per il grado in cui ci troviamo segnano anche un ^deficit, in questo senso che l'anima in stato di via deve progredire tutti i giorni, in vece di restare stazionaria, come un bambino la cui crescenza si fermasse.
3° Finalmente questi atti ci dispongono a ritornare effettivamente indietro, perché a cagione della loro .debolezza lasciano rinascere inclinazioni disordinate, che portano al peccato veniale e possono finire col prevalere o col condurre alla morte spirituale. — Cosicché la virtù della carità diminuisce essa direttamente? — Non direttamente in sé; ma il suo irradiamento, ' il suo influsso s'indeboliscono, a cagione degli ostacoli che a poco a poco s'accumulano attorno ad essa, come la luce d'una lanterna che, pur serbando la ,sua intensità, illumina sempre meno,
1B 01. S. tommaso, ÌI-.II, q. 24, a. 6, ad 1 : i Quillbet actus charitatls. meretur oharltatts augmentTim; non tamen statini augetur, sed quando aliquis oonatur ad hTijusmodi augmentmn 11. Ibid., ad 2: « Etiam in ge-neratione virtutis acquisitae non quilibet aotus oomplet generationem vtrtutis, sed quilibet operatur ad eam, ut disponens ; et ultimus, qui est perfectior, agens in virtute omnium praecedentium, reducit eam. in aetum; siout etìam est in multis guttis cavantibus lapiderà 11. Item, I-II, q. 114, a. 8, ad 3.—Vedi su questo punto i commentatori di S. Tommaso, Trattato della carità.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 20 E
perché i vetri della lanterna sono sempre più appannati e insudiciati dagli schizzi di fango della. strada 16. .
In tal modo l'anima che si rilassa indietreggia,. come l'uomo intelligente che cessa d'applicare la sua. intelligenza allo studio. Se, avendo già cinque talenti,. noi ci adoperiamo come se ne avessimo solo due-o anche quattro, non facciamo fruttificare abbastanza-il tesoro che ci è affidato; vi è qui una negligenza, una pigrizia spirituale, che c'impedisce d'osservare? perfettamente il precetto dell'amore, la legge fondamentale della vita cristiana. Da ciò si vede che-l'atto meritorio troppo debole è un'imperfezione che-dispone al peccato veniale, come questo al peccato-mortale.
Il proficiente, che si contenta d'agire come un principiante, 'cessa di progredire, e diventa un'amwo-in ritardo. Il numero di queste anime è considerevole, e non vi si riflette abbastanza. Quanti pensano a sviluppare la loro intelligenza, a estendere le loro» cognizioni, la loro attività esteriore o quella del gruppo di cui fanno parte (nel che ci può essere-una buona dose d'egoismo o di nosismo}, e pensano-troppo poco a crescere nella carità soprannaturale, che dovrebbe avere in noi il primo posto, e ispirare,.
" I teologi ingegnano comunemente con S. Tommaso, II-II, q. 24, a. 10, ohe la virtù della carità, benché possa perdersi per 11 peccato mortale, non diminuisce direttamente in sé per il peccato veniale, ne per la cessazione degli atti. Infatti il peccato veniale è -un disordine ohe riguarda i mezzi, senza toccare 11 fine ultimo, oggetto della carità. E siccome 'questa virtù è infusa, e non acquisita colla ripetizione degli atti, essa non è neppure direttamente aumentata da essi, uè diminuita. in sé dalla loro cessazione.
Nondimeno questa inattività e 1 peccati veniali diminuiscono indirettamente la carità, perché ne impediscono l'applicazione o l'influsso, e permettono che si formino delle cattive abitudini, ostacoli all'irradiamento della carità. Questi ostacoli meritano che Dio diminuisca le sue grazie attuali speciali, ed essi dispongono finalmente al peccato mortale.
202 PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
vivificare tutta la nostra vita, associarla intimamente alla grande vita della Chiesa e a quella di Cristo 1 E quante anime ritardatario finiscono col divenire come tiepide, fiacche e noncuranti, soprattutto quando la piega della loro mente le inclina allo scetticismo e al disprezzo; a lungo andare esse possono indurirsi, e alle volte diventa più difficile ricondurle , ad una vita fervente che ottenere la conversione d'un .•;' gran peccatore 17. :-,:
Certi autori moderni non pensano abbastanza al?' numero considerevole d'anime in ritardo .che si trovano nella categoria detta dei proficienti. Quanti descrivono la via illuminativa contentandosi alle volte ;' un po' troppo di mostrare quello ch'essa è gene-
•Talmente di fatto, cioè notevolmente inferiore alla contemplazione infusa, che apparisce così come una grazia straordinaria. S. Giovanni della Croce invece, sulla scorta dei più grandi maestri, ha dimostrato quello ch'essa dev'essere per corrispondere pienamente al 'suo gran nome. Secondo questo punto di vista superiore non reca maraviglia ch'egli faccia cominciare questa via illuminativa o dei proficienti-
•con la notte passiva dei sensi o col principio della contemplazione infusa, che apparisce allora nello svolgimento normale della vita intcriore 18.
Questa prima conseguenza: « chi non avanza indie-
" Circa le anime rilassate e tiepide, vedasi saudeeau, Dégres de la
•vie spirituelle, ed. V, t. I, p. 4:6, 49. , '
18 Notte oscura, 1. I, e. i: « Le anime cominciano a entrare in questa alette oscura (passiva), quando Iddio stesso le scioglie a poco a poco <ìallo stato dei principianti, quello in cui si medita nella via spirituale,
•e le introduce nello stato dei proflcienti, che è -quello dei contemplativi. Bisogna ch'essi passino per questa via per diventar 'perfetti, che è quanto
•dire per raggiungere la divina unione dell'anima con Dio ». Notte oscura, ,1. I, e. xiv: «L'anima è dunque uscita, ha cominciato a penetrare nella . "via dello spirito che seguono i proflcienti e gli avanzati, e che si chiama •sinché via illuminativa o via di conte'ffiplasione inf usavi. Abbiamo già 'citato questo testo importantissimo, che non si medita mal abbastanza.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIANA 203
treggia'», fa vedere che il progresso della carità deve essere incessante, essa apre così le più grandi prospettive. .
* * *
Altra conseguenza: Tutti i cristiani, ognuno secondo la sua condizione, devono tendere alla perfezione della carità. È per loro un obbligo generale e non speciale come per il religioso e per il chierico.
Il religioso deve tendere alla perfezione in forza dei voti, praticando i consigli di povertà, castità, ubbidienza e la regola del suo ordine. Quest'obbligo speciale lo costituisce altresì nello stato di perfezione, senza renderlo subito ^ perfetto. Esso s'identifica con l'obbligo di osservare i voti 19, la cui trasgressione in materia grave è un peccato mortale. Nella via del progresso, così come gli è tracciato dalla sua regola, il religioso non può dire mai: basta; ma deve sempre aspirare a salire più in alto.
Il sacerdote non religioso, senza essere nello stato di perfezione, deve tendere a questa, in ragione dell'ordine sacro che ricevette; e, quand'anche non abbia cura d'anime, è obbligato ad una santità ulteriore più grande di quella richiesta per un religioso non sacerdote: «Mediante un ordine sacro, dice San Tommaso, il chierico è consacrato ai più degni ministeri, per cui egli diventa ministro di Gesù Cristo medesimo nel sacramento dell'altare, la, qua! cosa richiede una santità intcriore maggiore di. quella che si esige dallo stato religioso 20.
18 Ot. saialusttiobsi, Theol. moralis, t. IV, de Stata religioso, inltlo. 20 S. tommaso, II-II, a.. 184, 8. —'Nell'articolo 6, ibiS., si legge ancora : « Bisogna possedere la perfezione ulteriore per compire degnamente gli atti del sacerdozio « ; e nell'articolo 8 : « Se si paragona li sacerdote religioso, che ha cura d'anime, al sacerdote non religioso che ha altresì cura d'anime, essi sono ngiiaU_l>er l'ordine e per l'ufficio ossia
204 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
II semplice cristiano deve, alla sua volta, tendere alla perfezione della carità secondo l'obbligo generale del primo precetto. Come? Evitando il peccato mortale e veniale, avendo lo spirito dei consigli, senza legarsi a, praticare quelli che non corrispondono alla sua condizione, e crescendo così nella carità fino alla morte 21. Se il cristiano segue generosamente questa via, sarà chiamato, non solo in un modo remoto, ma in un modo prossimo ed anzi efficace, a un'alta perfezione, a cui egli può arrivare restando nello stato del matrimonio. Tutti devono òrescere nella carità, ognuno secondo la sua condizione, di semplice fedele, di sacerdote secolare, o di religioso, o ancora ciascuno secondo là sua condizione di principiante, di proti-ciente o di perfetto 22.
, In questo senso, nostro Signore disse a tutti: «Siate perfetti com'è perfetto il. vostro Padre celeste'» 3S, non solo come sono perfetti gli angeli, ma come Dio stesso, poiché noi abbiamo ricevuto una parte-
tunzione, ma 11 primo è superiore al secondo per lo statò di vita, polche egli è nello stato dì perfezione. Se 11 sacerdote religioso non ha cura d'anime, è superiore al curato per lo stato, inferiore per ^'ufficio, ed uguale-per l'ordine ». E il santo Dottore aggiunge che la bontà o perfezione dello stato religioso, in cui il religioso s'impegna per sempre, è superiore a quella d'un ufficio di curato che non obbliga per tutta la vita. In quanto alla difficoltà di perseverare nel bene, essa è maggiore per il sacerdote che vive nel mondo, a cagione degli ostacoli che vi s'incontrano. Nella vita religiosa vi è un'altra difficoltà, quella che proviene dalla dignità dell'opera da compire : la pratica dell'ubbidienza, della povertà, l'austerità delle osservanze. Ora questa seconda difficoltà accresce il merito, il ohe non si verifica sempre della difficoltà che proviene dagli ostacoli esteriori, perché può avvenire che non si ami abbastanza la virtù da rimuovere tali ostacoli o abbandonare la vita secolare (Cf. ibid., ad 6).
21 Nel Dialogo di S. caterina da siena, si legge: «Siccome i consigli sono legati ai comandamenti, nessuno può osservare i comandamenti senza osservare i consigli almeno spiritualmente. Se si posseggono le ricchezze del mondo, si devono possedere con umiltà... e con un cuore distaccato ».
12 Ct. S. tommaso, in Bp. ad Hebr., x, 25.
21 matth., v, 48.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 206
cipazione non solo della- natura angelica, ma della natura divina, e questa, partecipazione, cioè la grazia santificante, è la vita eterna cominciata, che avrà la sua piena espansione nella gloria, dove noi vedremo e ameremo Dio, com'egli vede e ama se stesso.
Nel medesimo senso S. Pietro scrive per tutti i fedeli: «Deposta ogni malizia ed ogni frode, e le finzioni, e le invidie, e tutte le detrazioni, come bambini di fresco nati, bramate il latte spirituale, sincero, affinchè per esso cresciate a salute, se pure avete gustato com'è dolce il Signore. Accostatevi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma eletta e onorata da Dio; e voi pure come pietre vive siete edificati sopra di lui, (per essere) tempio spirituale, sacerdozio santo, per offerire vittime spirituali, gradite a Dio per Gesù Cristo» 2Ì. «.Crescete nella grazia e nel conoscimento di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo» 25. S. Paolo c'insegna pure: «Confessando la verità, continuiamo a crescere sotto ogni
•aspetto nella carità in unione con colui che è il capo, Oesù Cristo» 26. «Per questo... non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ripieni di cognizione della volontà di lui con ogni sapienza e intelligenza spirituale, onde camminiate in maniera degna di Dio, piacendo a lui in tutte le cose, producendo frutti d'ogni buona opera, e crescendo nella scienza di Dio, corroborati con ogni specie di fortezza dalla gloriosa potenza di lui ad ogni pazienza
•e longanimità con gaudio» 27.
— « Perciò, lasciando da parte i primi elementi della dottrina cristiana, eleviamoci all'insegnamento dei 'perfetti» '2S. ...
Sopra quest'ultimo testo di S. Paolo, S. Tommaso osserva: .
24 I petb., Il, 2.
'"• II petb., m, 18. " Coloss.. I, 10.
" B'pìles., iv, 16. "ffe6r.,vi,l.
206 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
— « Quanto al giudizio circa se stesso, l'uomo non deve stimarsi perfetto, ma dev'essere sempre come uno che cammina e tende più in alto, secondo il detto dell'Apostolo: «Non che io abbia già conseguito il premio, o sia già perfetto» 29. In quanto-al progresso da fare, l'uomo deve sempre sforzarsi d'arrivare alla perfezione: «dimenticando quello che ho dietro le spalle, e stendendomi verso, le cose che mi stanno davanti» 30. Perché, come dice S. Ber-nardo, nella via dì Dio il non progredire è un indietreggiare... Per certo non è a dire che tutti siano tenuti alla perfezione in qualche modo esteriore, che consiste per esempio nella povertà volontaria e-nella verginità... Ma tutti devono tendere alla perfezione inferiore della carità... perché se qualcuno non volesse amar Dio maggiormente, mancherebbe a. quello che la carità esige » s1. « Ohi non volesse sempre diventar migliore, non potrebbe in ciò evitar di disprezzare quello che è degno d'ogni rispetto » s2.
" Philipp, m, 12.
" iwd.
" S. tommaso, in ev- ad Bebr., vi, 1 : « Quantum ad. progressmn ad. pertectionem semper debet niti homo transire ad statina perte-ctum... In via enim. Dei non progredì est regredi, alt Bernardiis... Duplex est perfectio, -una sollicet exterior, nuae conslstit in aotibiis exte-rioribus qui sunt signa interioruin, sicnt virgmitas, volTintarla paupertas. Et ad hanc non omnes tenentiir. Alia est interior, quae consistit in dile-ottone Dei et proximi, seoundum illud ad Col. 3 : « Charitatem habete, auod. est vinoulum pertectionis 11, et ad perieotionem mi]iismodi non ómnes tenentur, sed omnes teneniu'f wi eam tendere, quid si sms noUet 'plus diligere DeuW) non tacerei (iuod exigit caritas ».
32 S. tommaso, in Matth. xix, 12 : <i Quantum ad actus exteriores, q.nla> non tenetur ad inoertum, non tenetnr homo ad meliora; sedqTiantum ad. aflectum, tenetnr ad. meliora. Unde 91*1 non sem'per vellet esse ineliiyr, •non possei sine contem'ptu velleT. parimenti si legge, II-II, c[. 186, a. 2, ad 2 : « Omnes tam saeculares ctTianì religiosi tenentnr aliq.'ualiter tacere (l'uidq.Tild boni possunt; omnibus enim commuuiter dicitur Eccl. ix ;
QuodcumQue facere potest manus tua, instanier o'perure. Est tamen aliq.ui& modus h-oc praeceptum implencli, cltio peccatum vitatur, scilicet si homo faciat quod potest, secundum q.uod req.uirit conditio s'uì status : dum-modo oontemptus non ad.sit agendi meliora, per auem anfanus firmatTir contra spiritualem profectum ».
LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CEISTIANA 207
S. Francesco di Sales insegna la medesima dottrina 83, citando queste parole della Scrittura: «.Chi è giusto, si faccia sempre più giusto; e chi è santo, tuttora si santifichi v•i. II sentiero dei giusti è come la 'brillante luce del mattino, il cui splendore va crescendo fino al pien meriggio 36. Come il corridore nello stadio, correte in guisa da far vostro il premio s6. Se voi seguite Cristo, andrete e correrete;
sempre, perché egli non si fermò mai, ma continuò. la corsa del suo amore ed ubbidienza fino alla morie:. e morte di croce» 37.
Secondo questa medesima legge, in Maria, preservata da ogni neo di colpa, il progresso della carità,. quaggiù, fu continuo. Non era neppure interrotto dal sonno, perché la scienza infusa ch'ella aveva ricevuta teneva sempre desta la parte superiore dell'anima sua, e i suoi atti mentori non cessavano al pari dei palpiti del suo cuore 38. La pienezza iniziale di grazia, ch'ella aveva ricevuta fin dall'istante del suo immacolato concepimento, in tal modo veniva. moltipllcata per ciascun atto di carità, più intenso del precedente, moltipllcata incessantemente secondo una progressione maravigliosa che noi non sapremmo» calcolare 39. . . ' .
Qual prodigioso acceleramento del progresso d-él-l'amor divino, quando in un'anima niente lo arrestai La ragione rimane sbalordita davanti a. questo capo- •
" Trattato dell'amar di Dio, 1. Ili, e. 1. 31 Apoc., ssil, 11.
35 ptov., IV, 18. .
" I Cm., ix. 24.
" Phil., n, 8. Vedasi l'obbligo generale per ogni cristiano di tendere, secondo la propria condizione, ad una carità sempre più perfetta, passerini, de Statibus hominum, p. 758, n. 13; Q. babthieb, O. P., De Zw perfection cìirétienne et de la perfection religieuse, 1097 (Lethielleus), t. I, p. 315-373; P. A. weiss, O. P., A-pologie des Christe.nfhwms, voi. V, index: Volikommenheit.
" « Ego donnio et oor menio. vigilat ». Cant. v, 2.
" Ct. hugon, O. P., Marie, mère de la divine gràce, p. 112-124.
208 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
lavoro di Dio. Pare cosa mcred.ibil.el Eppure, se .guardiamo attorno a noi, troviamo perfino nel mondo
•dei corpi una somiglianzà remota di quest'ammirabile
•legge della vita spirituale: Ogni corpo che cade liberamente nel vuoto, prende un movimento uniformemente accelerato, la cui velocità cresce proporzionalmente al tempo della caduta ì0. È un caso parti-
••colare della gravitazione universale, che — non ci
•si pensa abbastanza — s'applica analogicamente nell'ordine spirituale. Se i corpi attraggono in ragione
•diretta delle loro masse e in ragione inversa del
•quadrato della loro distanza, slmilmente le anime
•sono tanto più attratte da Dio, quanto sono più vi-
•cine a Lui per l'intensità della loro carità soprannaturale. In un'anima che fosse sempre fedele, il progresso dell'amor di Dio, non incontrando ostacolo,
•sarebbe dunque uniformemente accelerato e tanto più intenso quanto più grande fosse stata la velocità iniziale o la grazia prima. Questo ci fa in'-travedere quello che dovette essere quel progresso .nell'anima della Vergine, nella quale la grazia iniziale era superiore a quella di" tutti i santi e di tutti .gli angeli riuniti, come il diamante vale da solò più di tutte le altre pietre preziose. Maria poteva altresì evitare non solo ciascun peccato veniale, ma Anche tutti presi collettivamente, ed ella non fu mai ' al di sotto di ciò che poteva, il progresso dell'amor
•di Dio non trovò mai in lei il menomo ostacolo, ne il menomo ritardo.
S. Tommaso, che non ignorava che i corpi cadono tanto più velocemente quanto più s'avvicinano alla terra 41, .aveva anche notato questo acceleramento
1!1 In tal guisa. In cinque secondi, la velocità iniziale, moltipllcata 3per il tempo, aumenta secondo la progressione seguente: 20, 20X2,
•20X3, 20X4, 20X5, ossia 20, 10, 60, 80, 100.
41 S. tommaso, in I de Ooelo, leot. 17, fin: «velooitas oorporis gravis
•est major, quanto grave corpus amplius descendit»; e S. Tommaso
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA 209
del progresso della carità nell^anima dei santi nella misura in cui s'accostano a Dio: «Quelli che sono in stato di grazia, dice egli, devono crescere in essa quanto più s'accostano al fine» t2. In questo modo appunto intendeva egli le parole dell'Epistola agli Ebrei, x, . 25: «Facciamoci animo, e tanto più in quanto vediamo avvicinarsi il giorno », tanto più in quanto ci accostiamo al termine del viaggio.
* * *
Terza conseguenza: Se la perfezione della carità cade sotto il precetto, come il fine a cui bisogna tendere, per certo, ci sono progressivamente offerte grazie attuali, proporzionate a questo scopo da conseguire. E allora come non dobbiamo sperare di arrivarci? e come possiamo credere che l'umiltà ci vieti di pretendere di salire così in alto? Gesù Cristo non cessa di dirci: Sursum corda, e aggiunge: « Senza di me non potete far nulla; se tu sali, non ti gloriare in tè stesso, sono io che ti porto, che t'inalzo, che costantemente ti do la vita e voglio dartela sempre più abbondante, perché tu risponda sempre più perfettamente al precetto del Padre mio. La carità perfetta, come esiste nell'unione trasformante, apparisce così- ognora più come la sommità dello sviluppo normale della grazia battesimale. Sembra ora assai dif-
spiegava questo tatto colla teoria aristotelica del luogo naturale : « causa hujusceaccidentis est, quod quanto corpus grave magis descendit, tanto magis contortatur gravitas ejus propter propinquitatem ad proprium locum », ibid. — Item, I-II, q. 35, a. 6, dove si dice che all'opposto del movimento violento, ogni movimento naturale è più intenso alla fine che al principio, perché esso s'avvicina al termine ohe conviene alla natura d.el mobile e che l'attrae come un fine.
|s " " Qui sunt in gratta quanto plus accedunt ad flnem, plus debent g crescere », in Epist. ad Betiraeos, x, 2S, supra haec verba: « tanto magis Esquanto videritis appropinquantem dtem. »
14 — Perfezióne e Contemplazione. - I.
210 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
fioile ammettere che sia possibile la discussione su questo punto 4S. E dire che certe anime contemplative soffrirono tanto per aver voluto dubitare di questa munificenza di Dio per il battezzatoi II cuore aveva ragione di protestare contro questi. dubbi della loro mente. Come tutto si connette e si lega in una soave armonia nella verità di Dioì Ei che calma doveva regnare nell'anima d'un S. Agostino, d'un S. Tommaso, che vivevano abitualmente nella contemplazione pacificante dell'Essere e dell'Unità di Dioì Che amore scaturisce altresì dalla cognizione saporosa del precetto supremo e della grazia offerta per compirlo sempre meglio? Per quanto sublime sia il grado a cui la divina misericordia solleva un'anima quaggiù, questa deve dire a se stessa: Se, nel tempo che mi resta a vivere sopra la terra, io non salgo più in alto, è colpa mia. Per il grado di santità e per il grado di gloria che avremo in cielo, vi è il medesimo profondo mistero che per la salvezza :
è la bontà di Dio che suscita la nostra, ci salva e ci fa progredire; è la cattiva volontà della creatura che la perde, o per lo meno la ritarda nella via dell'eternità : Perditio tua, Israel, tantummodo in me
43 In virtù di questo principio enunciato in quest'articolo si spiega come teologi tornisti, quali Filippo della S. Trinità, Vallgornera, Antonio dello Spirito Santo, sostengano non solo che tutti possono lodevoi-mente desiderare la contemplazione infusa e l'unione truitiva, ma ancora che tutti devono desiderarla, la qual cosa a. tutta prima apparisce esagerata, e tale sarebbe se parlassero d'un obbligo speciale (che può esistere per un religioso contemplativo). Ma essi parlano solo d'un obbligo generale fondato nel primo precetto, che fa a noi tutti un dovere di tendere alla perfezione del cielo, e per conseguenza a ciò che si trova normalmente sulla via del cielo, anche in un grado altissimo, a ciò che è 11 preludio normale della visione beatifica. Con questo si spiegano le tesi ohe questi teologi formulano nello stesso modo nella loro teologia mistica nei capitoli della contemplazione infusa e dell'unione fruitiva : ". Detieni omnes ad coniemplationem supernaturalem aspirare. Debent omnes, et maxime Deo specialiter consecraiae animae, ad aetualem frwitivam unionem cum Deo aspirare et tendere ». Abbiamo già indicate queste due tesi, ma avremo l'occasione di ritornarci sopra.
LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEÌSTIANA 211
auxilium tuum it. Allora le profondità dell'umiltà si aprono per l'anima contemplativa, nel medesimo tempo che gli abissi della misericordia divina, in cui ella si vede sempre più immersa. Alla miseria, che supplica umilissimamente, risponde l'altezza dell'infinita misericordia, che s'inchina per darci la forza di compiere sempre meglio il primo precetto, legge ge-neratrice e pensiero dominante di tutta la nostra vita. Non è egli quello che canta il salmo x.li, 7:
«Dentro di me è turbata l'anima mia, per questo io penso a tè e grido a tè... L'abisso chiama l'abisso al rumore delle tue cateratte... Così io supplico il Dio della mia vita...- Spero in Lui, non cesserò di pregarlo e di cantare le lodi di Lui, salute della mia faccia e mio Dio 1 » ? Questa grande poesia dei salmi ci è rivelata per essere intesa, ma per bene intenderla' e perché faccia vibrare le profondità dell'anima, non è forse necessario aver ricevuto quella contemplazione infusa, che eleva la mente e il cuore fino alla sorgente d'acqua viva e al lume di vita? Di questa contemplazione e de' suoi gradi dobbiamo parlare ora.
" osea, xin, 9 : « Quello che ti perde, o Israele, è che tu sei contro, di me, contro Colui ohe è il tuo soccorso ».
CAPITOLO IV.
La Contemplazione e i suoi gradi.
Abbiamo, alla luce. della Rivelazione e a quella dell'esperienza, determinato che cosa sia e debba essere la piena perfezione della vita cristiana. Ci resta ora a vedere se essa supponga veramente la contemplazione infusa o mistica. Dopo aver analizzato il primo dei due termini del problema, dobbiamo esaminarne il secondo.
A questo scopo, dopo aver ricordato che cosa deve essere la preghiera in genere e l'orazione comune, considereremo 1° i vari sensi delle parole «contemplazione», «ordinario» e «straordinario»; 2o la descrizione della contemplazione mistica e de' suoi gradi secondo i santi più autorevoli; 3° cercheremo quello che la contemplazione infusa non richiede essenzialmente; 4o quello che la costituisce e da qual principio proceda. Saremo così condotti a vedere se essa è per sé straordinaria, come un favore miracoloso, oppure se appartiene al pieno sviluppo normale della vita della grazia quaggiù.
214 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE aeticolo I.
La preghiera in genere e l'orazione comune.
Conviene farsi anzitutto una giusta idea della preghiera in genere e ricordare quello che S. Agostino e ...S. Tommaso c'insegnano della preghiera di domanda 1.
§ 1-
La preghiera di domanda,
Abbiamo l'aria di credere a volte che la preghiera sia una forza che ha il suo primo principio in noi, e medi&nte la quale noi tentiamo di piegare la volontà di Dio, per modo di persuasione. E subito 'il nostro pensiero urta in questa difficoltà, sovente 'formulata dagl'increduli, specialmente dai deisti: nessuno può muovere la volontà di Dio, nessuno può piegarla. Dio senza dubbio è la bontà che non do -.manda altro che di darsi, Dio è la misericordia sempre pronta a venire in soccorso di chi soffre e implora, ma egli è altresì l'Essere perfettamente immutabile. La volontà di Dio da tutta l'eternità e tanto inflessibile quanto misericordiosa. Nessuno può vantarsi d'aver illuminato Iddio, di avergli fatto cambiar volontà. «Ego sum Dominus, et non mutar». -.Per il suo decreto provvidenziale fortemente e soave-, mente l'ordine del mondo, la serie degli avvenimenti, sono irrevocabilmente già fissati. Bisogna forse con-
1 Ct. II-II, q. 83, a. 2.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GUADI 215
eludere che la nostra preghiera non può nulla, che viene troppo tardi e che, preghiamo o non preghiamo, quello che deve accadere accadrà?
La promessa del Vangelo rimane : « Domandate e riceverete, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto». — Infatti la preghiera non è una forza che abbia il suo principio in noi, non è uno sforzo dell'anima umana, che tenti di far violenza a Dio, per fargli cambiare le sue disposizioni provvidenziali. Se a volte si parla così, è per metafora, è un modo umano di esprimersi. In realtà la volontà di Dio è assolutamente immutabile, ma la sorgente dell'infallibile efficacia della preghiera è appunto in questa immutabilità.
In fondo è una cosa semplicissima: la vera preghiera con cui domandiamo per nói, con umiltà, confidenza e perseveranza, i beni necessari alla nostra santificazione, è infallibilmente efficace, perché Dio, che non può disdirsi, decretò ch'essa sarebbe tale, e perché nostro. Signore lo promise (II-II, q. 83, 15).
Un Dio che non avesse prevedute e volute da tutta l'eternità le preghiere che gli rivolgiamo, è una concezione, così puerile come quella d'un Dio che si piegasse davanti ai nostri voleri e cambiasse i Buoi disegni. Non solo tutto quello che accade fu previsto e voluto o per lo meno permesso anticipa»--tamente con un decreto provvidenziale, ma il modo come le cose accadono, le cause che producono gli avvenimenti, tutto ciò è da tutta l'eternità fissato dalla Provvidenza. In ogni ordine, fisico, intellettuale e morale, in vista di certi effetti, Dio preparò le cause che li devono produrre. Per le messi materiali, egli preparò la semenza; per fecondare una terra arsa, egli volle una pioggia abbondante; per una vittoria che sarà la salvezza d'un popolo,' suscita un grande capo d'esercito; per dare al mondo un uomo di genio, preparò un'intelligenza superiore, servita
216 PERFEZIONE CRISTIANA •E CONTEMPIAZIONE
da un cervello squisito, da un'eredità speciale, da uà ambiente intellettuale privilegiato. Per rigenerare il mondo nei periodi più torbidi, decise che vi fossero dei santi. E per salvare l'umanità, ab aeterno la divina Provvidenza aveva preparata la venuta di Cristo Gesù. In ogni ordine, dall'infimo al supremo, in vista di certi effetti, Dio dispose le cause che li devono produrre. Per le messi spirituali come per le materiali, egli preparò la semenza, e la messe non si otterrà senza di essa.
Ebbene la preghiera è appunto una causa ordinata a produrre quest'effetto, che è di ottenere da Dio i doni necessari o utili alla salute. Tutte le creature vivono solamente dei doni di Dio, ma la creatura intellettuale è sola a rendersene ragione. Le pietre, le piante, gli animali ricevono senza saper di ricevere. Ma l'uomo vive dei doni di Dio e lo sa; se il carnale lo dimentica, è perché non vive da uomo;
se l'orgoglioso non vuoi ammetterlo, è perché non vi è peggiore stoltezza dell'orgoglio. L'esistenza, la salute, la forza, il lume dell'intelletto, l'energia morale, la riuscita delle nostre imprese, tutto questo è dono di Dio, ma principalmente la grazia, che ci muove al bene salutare, ce lo fa compire, e vi ci fa perseverare.
Bisogna forse far le maraviglie che la divina Provvidenza abbia voluto che l'uomo chiedesse la- limosina, poiché egli può capire che vive solo di limo-sine? Qui come dovunque Dio vuole anzitutto l'effetto finale, poi ordina i mezzi e le cause che lo devono produrre. Dopo aver risoluto di dare, egli decide che noi pregheremo per ricevere, come un padre, risoluto anticipatamente di concedere un piacere a" suoi figlioli, si ripromette di farlo domandar loro. Il dono di Dio ecco il risultato, la preghiera ecco la causa ordinata ad ottenerlo; essa ha il suo posto nella vita delle anime perché esse ricevano i beni
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 217
necessari o utili alla salute, come il calore e l'elettricità hanno il loro posto nell'ordine fisico.
Gesù, che vuoi convertire la Samaritana, per inciurla a pregare, le dice: «Se tu sapessi il dono di Dio, tu avresti dovuto domandare a me da bere, ed
10 t'avrei dato dall'acqua viva... che sale fino alla vita eterna».
Da tutta l'eternità, Dio previde e permise le cadute della Maddalena, ma egli ha i suoi disegni 'sopra di lei, e vuole rendere la vita a quest'anima morta;
,se non che decide altresì che questa vita non le sarà restituita salvochè ella lo desideri, e che l'aria respirabile non sarà resa a questo petto, salvochè questo petto voglia aprirsi, e Maddalena voglia pregare, e decide ancora di darle una grazia attuale fortissima e dolcissima che la farà pregare. Ecco la sorgente dell'efficacia della preghiera. Siate sicuri che quando la Maddalena avrà pregato, la grazia santificante le sarà data, ma ancora siamo certi che senza questa preghiera ella resterebbe nel suo peccato.
È dunque tanto necessario pregare per ottenere
11 soccorso di Dio dì cui abbiamo bisogno per osservare la legge divina e perseverarvi, quanto è necessario il seminare per aver del grano.
Dunque non diciamo: «Preghiamo o non preghiamo, ciò che doveva avvenire avverrà »; ciò sarebbe tanto assurdo quanto dire: «Seminiamo o non seminiamo, venuta la state, se dobbiamo aver del grano, ne avremo». La Provvidenza s'estende non solo ai risultati, ai fini, ma anche ai mezzi da usare, e tutela la libertà umana con una grazia tanto dolce quanto forte, «fortiter et suaviter». — «In verità, in verità, vi dico che quello che domanderete a mio Padre in nome mio. Egli ve lo darà».
La preghiera non è dunque una debole forza che abbia il suo primo principio in noi. La sorgente della
218 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sua efficacia è m Dio e nei meriti : infiniti di Gesù Cristo. Essa dipende da un decreto eterno di Dio,:
proviene dall'amor redentore, e risale alla misericordia divina. Un getto d'acqua non può sollevarsi se non a condizione che l'acqua discenda da una medesima altezza. Nello stesso modo quando preghiamo, non si tratta di persuadere Iddio, di piegarlo, di cambiare le sue disposizioni provvidenziali, si tratta solo di sollevare la nostra volontà all'altezza della sua, per volere con Lui quello ch'egli decise di darci, cioè i beni utili alla nostra santificazione e alla nostra salute. La preghiera adunque, anziché tendere ad abbassare l'Altissimo verso di noi, è un'elevazione dell'anima nostra a Dio. Dionigi paragona l'uomo che prega al marinaio che, per approdare, s'attacca fortemente alla gomena fissata alla roccia della riva. Questa roccia che domina le acque è perfettamente immobile; tuttavia, per colui che è sulla barca, sembra che sia la roccia che si avanzi: in realtà solo la barca muove. Parimenti sembra a noi che la volontà di Dio si pieghi esaudendoci, invece solo la nostra sale; noi ci mettiamo a volere nel tempo quello che Dio voleva per noi da tutta l'eternità.
, La preghiera, anziché opporsi al governo divino, coopera, in tal modo al governo divino. Invece di uno, siamo in due a volere; quell'anima peccatrice per cui abbiamo pregato a lungo, è Dio che la con-vertì, ma noi eravamo gli associati di Dio, ed egli da tutta l'eternità aveva deciso di non produrre in lei quest'effetto salutare se non col nostro concorso.
Se non che, — ed è un punto di dottrina definito dalla Chiesa contro i pelagiani e i semipela-giani — noi non possiamo fare una vera preghiera senza una grazia attuale. Infatti non si domanda se non quello. che si desidera, e qui si tratta di desiderare quello che Dio vuole per noi e com'egli lo
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 219
vuole, si tratta .di mettere la nostra- volontà all'unisono colla sua. Per questo bisogna ch'egli ci attragga e che noi ci lasciamo attrarre da lui. «Nessuno, dice nostro Signore, viene a me, se mio Padre non l'attrae». E S. Paolo aggiunge: «Noi non siamo capaci di formare da noi stessi, come da noi stessi, il minimo pensiero giovevole alla salute, e tanto meno il minimo desiderio ».
Tuttavia il peccatore, privo della grazia santificante, e in tale stato incapace di meritare, può pregare. Basta una grazia attuale, la quale è^ offerta a tutti, e solo coloro che la rifiutano ne sono privati 2. Nel momento in cui essa gli viene accordata, il peccatore si getti in ginocchio; s'egli non resiste, sarà condotto di grazia in grazia fino alla conversione e alla salute. Con' umiltà, confidenza e perseveranza, il cristiano deve per tutta la vita domandar così a Dio le energie soprannaturali che gli occorrono per guadagnare il cielo.
* * *
Si vede per conseguenza quello che la preghiera può ottenere. Il- fine della vita delle anime è il cielo;
a questo, fine supremo Dio subordina tetti i beni che gli piace di largirci, perché egli non^ ce li da, ne per il corpo ne per l'anima, se- non per la conquista della beata eternità.
Dunque la preghiera non può ottenerci, se non i beni che sono nella cerchia del nostro fine ultimo, nell'ambito della vita eterna. Fuori di lì'essa non può nulla, essa è troppo alta da ottenerci un dato successo temporale senza rapporto colla nostra sa-
2 E, come abbiamo già detto, o. li, a. 4, l'uomo se non basta a ss stesso per desiderare e volere il bene salutare, basta però per mancare, e per mancare liberamente. Dio spesso lo rialza,' ma non sempre, è un mistero.
220 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Iute. Non dobbiamo aspettarci da essa questo risultato, come non si richiede da un ingegnere l'ufficio d'un manovale 3.
I beni che ci avviano al cielo sono di due sorta:
gli spirituali, che vi ci conducono direttamente; e i •temporali, che possono essere indirettamente utili alla salute, nella proporzione che si subordinano ai primi.
I beni spirituali sono la grazia, le virtù, i meriti. La preghiera è onnipotente per ottenere al peccatore la grazia della conversione, e al giusto la grazia attuale necessaria al compimento dei doveri del cristiano. La preghiera è sommamente efficace per ottenerci una fede più viva, una speranza più fiduciosa, una carità più ardente, una maggior fedeltà alla nostra vocazione. La prima delle cose che dobbiamo chiedere secondo il Poter, è che il nome di Dio sia santificato, glorificato per mezzo d'una fede raggiante; che venga il suo regno, che è l'oggetto della nostra speranza; che la sua volontà sia fatta, compiuta con amore, con una carità più fervente. La preghiera è onnipotente per ottenerci il pane di ogni giorno, non solo quello del corpo, ma anche quello dell'anima, il pane soprassostanziale delFJEu-caristia, e le disposizioni necessarie per una buona comunione. È efficace per ottenerci il perdono delle nostre colpe colla disposizione interiore di perdonare al prossimo; per farci trionfare della tentazione:
'«Vegliate e pregate, affinchè non cadiate nella tentazione », diceva nostro Signore; per liberarci dal male e dallo spirito del male, giacché « questa sorta di demonio non si scaccia se non colla preghiera e col digiuno» (Matth., xvii, 20).
Ma la preghiera, non occorre dirlo, dev'essere sincera: chiedere di vincere una passione senza evitare le occasioni, chiedere la grazia d'una buona morte
' II-II, q. 83, a. 6, 6.
LA OONtEMPI-AZIONE E I SUOI GEADI 221
senza sforzarci di far una vita migliore, non è una vera preghiera, un vero desiderio, ma appena una velleità. La preghiera deve ancora essere umile, e un povero che domanda; dev'essere fidente nella misericordia di Dio, non deve dubitare della sua infinita bontà; dev'essere perseverante per dimostrare ch'essa viene da un desiderio profondo del cuore i. Pare alle volte che il Signore non ci esaudisca subito, per provare la .nostra confidenza e la forza dei nostri buoni desideri, come Gesù mise alla prova la confidenza della Cananea con parole severe che parevano un rifiuto: «Non sono stato mandato se non alle pecorelle smarrite d'Israele... non conviene gettare ai cani il pane dei figliuoli». Sotto l'ispirazione divina, la Cananea rispose: «Benissimo, o Signore; ma anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola del loro padrone ». — « O donna, disse Gesù, grande è la tua fede, ti sia fatto come desideri»; e la sua figliola, ch'era tormentata dal demonio, da quel punto fu liberata (Matth.,, xv, 22).
Ma se noi abbiamo veramente pregato con perseveranza e se, nonostante le nostre suppliche, Dio ci lascia alle prese colla tentazione, rammentiamo l'apostolo S. Paolo, che supplicò egli pure ripetute volte per essere liberato dallo stimolo che lo tormentava nella sua carne e che ricevette questa risposta :
« Ti basta la mia grazia per vincere », sufficit Ubi gratta mea. Crediamo coll'Apostolo che questa lotta ci è profittevole, e non cessiamo di chiedere la grazia, la quale sola può impedirci di cadere. Impariamo da ciò a conoscere la nostra indigenza, a conoscere che siamo dei poveri, e che l'atto del povero consiste nel domandare.. Il cristiano per tutta la sua vita deve mendicare le energie soprannaturali che gli occorrono
* II-II, q. 83, a. 15, a0 2.
. 222 PERFEZIONE GBISTIANA ..E CONTEMPLAZIONE
per operare la sua salute. L'anima umana non può raggiungere il cielo se non a condizione di essere lanciata da Dio 6; ma una. volta lanciata, bisogna ch'ella voli; la preghiera è come il colpo d'ala dell'uccellino lanciato fuori del nido e che implora-, un nuovo soccorso.
In quanto ai beni temporali, la preghiera può ot-tenerci tutti quelli che, in un modo o in un altro, devono aiutarci nel- nostro viaggio verso l'eternità :
il pane del corpo,,, la salute,, la forza, la prosperità dei nostri affari, la preghiera può ottenere ogni cosa, a condizione che prima di tutto e sopra tutto domandiamo a Dio di amarlo di più: «Cercate il regno de' cieli, e tutto il resto vi si darà per giunta» 6. Si deve forse dire che la preghiera è inefficace perché non abbiamo ottenuto la riuscita di un'impresa? Ma se veramente abbiamo pregato, noi' non abbiamo chiesto quel bene temporale per se stesso, ma solo nella proporzione in cui esso era utile alla nostra salvezza. Se non l'abbiamo ottenuto, è perché noi dobbiamo salvarci senza di esso. La nostra preghiera non è dunque perduta; non abbiamo ottenuto quel bene temporale che c'era utile, ma, abbiamo ottenuto oppure otterremo un'altra grazia più preziosa.
La 'preghiera umile, fidente, perseverante, onde noi. domandiamo per noi i beni necessari alla salvezza è infallibilmente efficace, in. virtù della promessa del Signore 7. Dio infatti ci comanda di lavorare per la nostra salute. E aggiunge: «Senza di.me (senza la mia grazia) voi non potete far nulla », — « domandate, e riceverete»; domandatemela questa grazia, ed io ve la darò, ve lo prometto. Anzi è lui che fa sprigionare la preghiera dai nostri cuori, che c'induce a. chiedere quello che da tutta l'eternità vuole
" I, q. 2», a. 1.
* Cf. II-II, q. 83, a. 6.
7 II-II, q. 83, a. 15, ad 2.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 223
concederci. Se una tal preghiera non fosse infallibilmente efficace, la salute sarebbe impossibile, Dio ci comanderebbe l'impraticabile, e la contradizione sarebbe in Lui, suprema Verità e suprema^ Bontà. I semplici capiscono subito le parole di Gesù: «Domandate e riceverete, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto; e chi mai è tra voi, che chiedendogli il suo figliuolo del -pane gli porgerà un sasso? e se domanda un pesce, gli darà egli una serpe? Se'dunque voi, cattivi come siete, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il Padre vostro, che è ne' cieli, concederà cose buone a quelli che gliele domandano?» 8. Tal è la preghiera semplice e profonda del contadino che ritorna dal lavoro, posa la sua vanga davanti alla porta della chiesa ed entra per dire un Pater noster. Che delitto è quello di strappare questa fede sublime al povero, che per essa si riallaccia all'eternità! Saper pregare, per l'anima, è saper respirare.
La preghiera adunque è una forza più potente di tutte le forze fisiche prese insieme, più potente del danaro, più potente della scienza. Quello che tutti i corpi e tutti gli spiriti creati non possono colle loro proprie-forze naturali, lo può la preghiera. «Tutti' i corpi, dice Pascal, il firmamento e i suoi astri, la terra e i suoi regni, non valgono il minimo degli spiriti... Da tutti i corpi insieme non si potrebbe far uscire un piccolo pensiero, ciò è impossibile e d'un altro ordine... Ebbene tutti i corpi insieme e tutti gli spiriti insieme, e tutte le loro produzioni, non valgono il minimo movimento di carità, essendo questo d'un ordine infinitamente più elevato...» 9. Ma la preghiera può ottenere la grazia, che ci farà produrre quest'atto di carità.
8 matth., vii, 7; Luo., xi, 9. ' Pensées, ed. Havet, art. xvil, 1.
224 PERFEZIONE CRISTIANA ® CONTEMPLAZIONE
La vera preghiera fa così nel mondo una parte infinitamente più grande che la più maravigliosa delle scoperte. Chi oserebbe paragonare l'influsso esercitato da un sapiente autentico come il Pasteur, a quello che esercitò colla sua preghiera un S. Paolo, un S. Giovanni, un S. Benedetto, un S. Domenico o un S. Francesco? .
Ciascun'anima immortale vai più di tutto il mondo fisico, essa è come un universo, unum versus alia, poiché colle sue due facoltà superiori, intelletto e volontà, si apre a tutte le cose e all'Infinito. A questi universi in cammino verso Dio, che sono le anime, la preghiera assicura due cose : II lume soprannaturale che le dirige, e l'energia divina che le spinge. Senza preghiera si fa l'oscurità nelle anime, che si raffreddano e muoiono, come astri spenti. Abbiamo fiducia in questa forza d'origine divina ^.rammentiamo d'onde viene, ricordiamo dove va; essa discende dall'Eternità, da un decreto dell'infinita bontà, e all'eternità risale.
§ 2.
L'orazione comune. [Maniera semplicissima di farla.}
La preghiera è dunque un'elevazione dell'anima a Dio, per cui noi. vogliamo nel tempo quello che Dio da tutta l'eternità vuole che gli domandiamo, cioè i' diversi mezzi di salute, e soprattutto il progresso della carità: «Cercate il regno di Dio, e tutto il resto vi si darà per giunta». Ma noi sentiamo il bisogno d'una preghiera più intima, in cui l'anima nostra, in un raccoglimento più profondo, prenda contatto colla SS. Trinità che abita in noi, per ricevere più abbondantemente dal Maestro interiore quel lume di vita, il quale solo può veramente farci pene-
LA OONTEMPI.AZIONE E I SUOI GRADI 225
trare e gustare i misteri della salute e riformare il nostro carattere soprannaturalizzandolo, rendendolo conforme a,.Colui che. c'invita a cercar la pace dell'anima nell'umiltà e nella dolcezza. Questa preghiera intima è l'orazione.
Vediamo ora che cosa dev'essere quella che è in nostro potere, e che dispone alla contemplazione infusa. Vedremo poi brevemente come possiamo pervenire a quest'orazione acquisita e come perseverarci.
Nostro Signore dice nel Vangelo: «Non fate come gl'ipocriti che cercano d'essere veduti dagli uomini, quando pregano;.... per conto tuo, quando vuoi pregare, entra nella tua camera... e prega tuo Padre
•che è nel segreto dell'anima tua, e il Padre che vede nel segreto tè lo renderà». S. Teresa dice in un modo semplice del pari che profondo : « L'orazione non è altro che uno scambio d'amicizia, per cui l'anima spesso s'intrattiene da sola a solo con Dio, da' cui sa di essere amata » 10. È una preghiera affatto spontanea, tutta intima, che le .anime cristiane veramente semplici e pure conobbero sempre. Un contadino, 'interrogato dal curato d'Ars, la definiva in modo mirabile; il santo curato, stupito di vederlo rimaner silenzioso, senza muover le labbra, in lunghi momenti d'adorazione, gli chiese che cosa dicesse
•a nostro Signore durante quelle ore di raccoglimento :
« Oh ! non gli dico nulla, rispose il contadino, io guardo Lui, ed Egli guarda me» u. Preghiera in tenore che fu così spesso quella dei cristiani delle catacombe e di tutti i santi, molto prima dei trattati moderni sulla meditazione.
Che cosa vi è di più semplice dell'orazione? Alle volte le si toglie la sua spontaneità proponendo metodi troppo complicati che possono essere utili ai
" Vita di S. Teresa scritta da lei, o. vili. 11 L'orazione di questo contadino, in vero, era già contemplazione.
15 — Perfezione e Contemplazione. - I.
226 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
principianti, ma che non tardano a provocare una reazione eccessiva in molti; questi, stanchi di siffatta, complicazione, se ne restano a volte in una pia fantasticheria, senza profitto veramente reale. La verità. qui, come altrove, è al disopra dì questi due errori estremi, come un giusto mezzo e un punto culminante. Un metodo è utile al principio specialmente per preservarci dalla divagazione; ma, per non diventare-colla sua complicazione un ostacolo anziché un soccorso, bisogna che esso sia semplice, e, lungi dallo-spezzare la spontaneità e la continuità dell'orazione, deve contentarsi di descrivere il movimento d'elevazione dell'anima a dìo, deve limitarsi a indicare gli atti essenziali di cui si compone questo movi^ mento. •. • • •
Quali sono. questi atti? È chiaro anzitutto che l'orazione non è solo un atto d'intelligenza, come un semplice studio. Vi sono anime speculative e curiose delle cose di Dio che non sono per questo anime contemplative, anime ' d'orazione; se nelle loro considerazioni gustano un piacere che oltrepassa di molto-quello dei sensi, questo piacere spesso non viene se non dalla loro sola cognizione, e non dalla carità;
esse sono mosse dall'amore della cognizione assai più che dall'amor di Dio. E questo piacere aumenta spesso il loro orgoglio e le-rende amanti di se stesse. Lo studio, la speculazione, non suppone necessariamente lo stato di grazia e -la carità, e non concorre sempre a sviluppare questo. L'orazione invece deve procedere dall'amor di Dio e terminare ad esso. È, per amor di Dio che si cerca di contemplarlo, e la contemplazione della sua bontà e della sua bellezza accresce l'amore. Anzi, quaggiù, l'amor di Dio, come abbiamo veduto, è più perfetto del conoscimento-di Dio, la carità è più perfetta della fede, perché il conoscimento attrae in. qualche modo Iddio in noi e lo riduce, per così dire, alla misura delle nostre.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GKADI 227
idee, laddove l'amore ci attrae a Dio, ci solleva a Lui, ci unisce a Lui. Quindi, finché siamo privi della visione beatifica, è soprattutto la carità che ci unisce a Dio ed è la carità che costituisce la perfezione. Onde questa virtù deve avere il primo posto nell'anima nostra.
In altre parole, l'anima deve elevarsi a Dio sulle due ali dell'intelletto e della volontà, aiutate dalla grazia. L'orazione adunque è un movimento di cognizione e d'amore affatto soprannaturali.
Se è così, quali sono gli atti essenziali, dell'orazione ? Affinchè l'orazione sia quest'elevazione di tutta l'a-.ninia a Dio, deve prepararsi con un atto d'umiltà e procedere dalle tré virtù teologali, che ci uniscono a Dio, animano là virtù della religione e ci ottengono le illummazioni e le ispirazioni dello Spirito Santo. L'anima vola, per cbsì dire, come l'uccello collo sforzo delle sue ali, ma il soffio dello Spirito Santo sostiene questo sforzo e spesso la porta più in alto ch'ella non potrebbe andare colle sole sue virtù.'
Fermiamoci a questi vari atti dell'Orazione. Nei . perfetti sono sovente simultanei e continui, ma per descriverli bisogna enumerarli un dopo l'altro, come si presentano nei principianti.
Anzitutto un atto di umiltà, virtù fondamentale, perché ogni preghiera dev'essere umile; rammentiamo quello che siamo noi, che veniamo a conversare con Dio. Da noi stessi siamo nulla e meno di nulla, poiché i nostri peccati sono un disordine inferiore allo stesso nulla. L'umiltà, virtù fondamentale, rimuove il principale ostacolo alla grazia, che è l'orgoglio; e, anziché 'deprimerci, essa ci porta all'adorazione, ci ricorda che in un vaso fragilissimo noi portiamo un tesoro infinitamente prezioso: la grazia santificante e la Trinità che abita in noi. Pensiamoci al principio della nostra orazione, affinchè questa non proceda da un vano sentimentalismo, ma dalla grazia stessa, infi-
228 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
nitamente superiore alla nostra sensibilità. Adoriamo umilmente la SS. Trinità, che ci vivifica internamente. L'adorazione è uno dei primi atti della virtù della religione, che s'unisce naturalmente a quella dell'umiltà (II-II, q. 84).
Dopo quest'atto d'umiltà, un atto di. fede, semplicissimo, senza parole, atto profondo e prolungato su questa o quella verità fondamentale : Dio, le sue perfezioni, la sua bontà, o nostro Signore, i misteri della sua vita, della sua Passione, della sua gloria, o anche i nostri grandi doveri, il peccato, la vocazione, i doveri del nostro stato, il nostro fine ultimo. Questi soggetti devono ripresentarsi costantemente, Nei giorni di festa, la liturgia da il soggetto. Per questa considerazione di fede, bastano alcune parole del Vangelo o dell'Ufficio divino. S. G-iovanni della Croce insegnava a' suoi discepoli a 'consacrare poco tempo alla rappresentazione delle figure formate nell'immaginazione, e a sollevarsi dagli atti discorsivi alla considerazione del mistero stesso nella luce della fede, per esempio alla considerazione di ciò che forma il pregio dei patimenti di Cristo, il suo amor redentore d'un valore infinito. Non è necessario ragionar molto, l'atto della fede teologale è superiore a siffatti ragionamenti, e diventa sempre più uno sguardo semplice, che dev'essere accompagnato da ammirazione e da amore. Questa fede superiore ad ogni speculazione filosofica o anche teologica ci fa aderire infallibilmente e soprannaturalmente ai misteri che contemplano gli eletti in cielo. In questo senso essa è, come dice S. Paolo, la sostanza delle cose.che speriamo. La sua oscurità non le impedisce d'essere infallibilmente sicura. È il primo lume della nostra vita intcriore. Io credo quello che Dio ha rivelato, perch'egli l'ha rivelato. Pare che questo Credo in certi momenti diventi un Video. Si vede da lontano la fonte d'acqua viva.
LA CONTEMPLAZIONE E I^STJOI GRADI 229
Questa veduta di fede circa la verità divina considerata, fa nascere come naturalmente un atto di speranza: si desidera la beatitudine, la pace promessa da Dio a quelli che seguono Gesù Cristo; ma si sente benissimo che colle sole proprie forze naturali non si giungerà mai a conseguire questo ideale soprannaturale; allora si fa ricorso alla bontà infinitamente soccorrevole di Dio, gli si chiede la sua grazia; ecco la supplica, linguaggio ordinario della speranza, il cui motivo formale è il soccorso divino:
«Deus auxilians» 12. Dopo aver detto Credo, l'anima viene così con. tutta spontaneità a dire: desidero, sitio, spero... Dopo aver veduto da lungi la sorgente d'acqua viva, si desidera di arrivarci per be-verci a larghi sorsi: «Come il cervo desidera le acque vive, così ha sete, o Signore, l'anima mia » (Ps. xti).
. Ma l'atto di speranza, alla sua volta, ci dispone a un atto di carità; perché là fiducia nel soccorso di Dio ci fa pensare ch'Egli è buono in se stesso e non soltanto per i suoi benefizi ls. Allora, con ogni spontaneità, sorge in noi un, atto di carità, anzitutto sotto una forma affettiva.
In questi affetti, se la nostra sensibilità ci offre il suo concorso inferiore, accettiamolo, esso può esser utile, a condizione che resti subordinato, ma non .è necessario; esso scompare nelle aridità. Qui si tratta d'un affetto calmo, ma profondo, che è più sicuro e più fecondo delle emozioni superficiali. Si esprime così: Mio Dio, non voglio più mentire dicendovi che vi amo; fatemi la grazia di amarvi e di piacervi in ogni cosa. Diligo.
Finalmente questa carità affettiva deve divenire carità effettiva: Voglio conformare la mia volontà
12 La speranza induce così alla preghiera di domanda, che è un atto della virtù della religione. Ct. II-II, q.. SS, a. 3. " CI. I-II, a. 62, a. i.
230 PERFEZIONE CBISTIANA E OONTEMPI.AZIONE
a quella' del buon Dio, voglio spezzar tutto quello che mi rende schiavo del peccato, dell'orgoglio, dell'egoismo, della sensualità; voglio, o Signore, voglio partecipare sempre più a codesta vita divina che mi offrite; voi siete venuto perche noi abbiamo la vita in abbondanza. Aumentate il mio amore, voi non domandate altro che di dare, io voglio ricevere come voi volete ch'io riceva,; .tanto nella prova come nella consolazione, sia che voi veniate in me per • associarmi ai misteri gaudiosi o ai misteri dolorosi della vostra vita terrestre, perché tutti conducono a quella vita dell'eternità che ci unirà per sempre. Prendo oggi la risoluzione di esservi fedele su questo punto che così spesso ho trascurato. 'Volo.
Qui, in questo punto culminante dell'orazione, la cognizione di fede e l'amore di .speranza e di carità tendono, sotto l'influsso divino, a fondersi va. uno sguardo d'amore soprannaturale. Questo sguardo, come vedremo, è la contemplazione nascente, sorgente eminente dell'azione, contemplazione cristiana che ha per oggetto Iddio e nostro Signore, come la contemplazione dell'artista ha per oggetto la natura e quella della madre ha per oggetto il viso del suo bambino. , Questa contemplazione amante suppone- un'ispirazione dello Spirito Santo; i suoi doni,, specialmente il dono della sapienza, che abbiamo ricevuto nel battesimo e che crescono colla carità, ci rendono parti-colarmente docili a queste buone ispirazioni. Così lo Spirito Santo risponde alla preghiera/che ha suscitata Egli stesso; di tempo in tempo si fa sentire a noi come l'anima dell'anima nostra, la vita della nostra vita, manda per bocca nostra ineffabili gemiti, dice S. Paolo; è lui che ci fa gridare « Padre » al nostro Padre celeste e che, facendoci gustare la bellezza, la ricchezza dei misteri della salute, ci da un conoscimento quasi sperimentale della sua presenza, ci conduce a quella fonte d'acqua viva che è
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI -231
Lui stesso, fonie a cui si beve la 'luce di vita senza l'intermedio d'alcun ragionamento umano, benché sempre nell'oscurità della fede. « Gustate et videte qua-, mam suavis est Dominusf ». Come il Vangelo colma le nostre aspirazioni, le sorpassa e le sopraeleva!
Alla cognizione delle verità conservate nella memoria sulla vita trascorsa da Gesù Cristo, succede una cognizione viva, come sperimentale dell'azione di Dio in noi, dell'influsso attuale dell'umanità di Gesù che ci trasmette ogni grazia, della presenza della SS. Trinità nelle anime nostre 14:. L'orazione ci -introduce cosi nell'intimità dell'amore; nulla può meglio correggere i nostri difetti di carattere, darci il vivo desiderio di rassomigliare a nostro Signore, spingerci ad imitarlo in tutto, suscitare le più alte virtù. Vi sono dei caratteri che non giungeranno a riformarsi se non mediante la. contemplazione-amante del divin Maestro nell'orazione, perché anche senza badarci s'imitano quelli che si amano.
Tale è l'orazione: «scambio d'amicizia, onde l'anima si trattiene sovente da sola a solo con Dio da cui ella sa d'essere amata » : « D.ilectus meus mihi et ego illi: II mio Diletto è mio, ed io sono suo »'. Gli atti d'umiltà, di fede, di speranza, di carità, l'influsso dei doni dello Spirito Santo, in proporzione che l'anima cresce, tendono a fondersi in questo sguardo d'amore ardente; onde i metodi utili da principio devono sempre più dar luogo alla docilità dello Spirito Santo, che soffia dove vuole.
L'orazione tende a diventare come una comunióne spirituale prolungata: «Io guardo nostro Signore, ed egli guarda me». Quindi, come abbiamo detto, essa
14 II Verbo e le altre due persone della SS. Trinità abitano In noi :
« 8e alcuno mi ama, osserverà i miei comandamenti, e mio Padre ramerà, e noi verremo in luì, e vi porremo la nostra dimora ». L'umanità di Gesù, come dimostra S. Tommaso, III, q. 48, a. 6, e causa fisica strumentale di tutte le grazie che riceviamo, dopo avercele meritate quaggiù.
232 PEEBEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
è veramente il riposo dell'anima in Dio o la respira-zio,ne dell'anima, che aspira la verità e la> bellezza. di Dio mediante la fede e respira l'amore; quello che riceve da Dio sotto forma di grazia; essa glielo rende sotto forma d'adorazione.
Quest'orazione, come vedremo, è una disposizione alta contemplazione. Basta per' ora citare queste parole di S. Teresa: «Le persone che potranno rinchiudersi così nel piccolo cielo dell'anima loro, ove abita Colui che la creò..., devono credere che sono sopra una strada eccellente, e ' che riusciranno a dissetarsi alla fonte. Realmente esse fanno molto cammino in breve tempo. Eassomigliano a colui che è salito sopra una nave 15: per poco cfie il vento gli sia favorevole le, arriva in pochi giorni < al termine del suo viaggio... Queste anime vanno a vele gonfie, come si dice » 17.
* * *
Questo metodo o meglio questo modo semplicissimo di far orazione, ricordando la necessità degli atti delle tré virtù teologali, permette di conciliare la semplicità dell'orazione descritta .dagli antichi au-
15 Quest'espressione dimostra ohe quest'orazione è in nostro potere, almeno nel suo principio, come il contesto fa vedere.
11 È simbolo del soffio dello Spirilo Santo, e allora l'orazione diventa infusa, come vedremo in appresso. . .
17 Cammino della Perfezione, o. xxvm. Più avanti, parlando della contemplazione acquisita, o. iv, a. 2, faremo lunghe citazioni di questo' capitolo di S. Teresa, ove tratta dell'oraziorae (acquisita) di raccoglimento ^ che dispone al n raccoglimento soprannaturale » e alla quiete, di cui si parla nella IV Mansione, e. i e ni.
Il passaggio dall'orazione acquisita alla . contemplazione infusa si trova ben descritto nell'opuscolo dove bossuet tratta dell'orazione che si chiama « di semplicità o di semplice 'presenza di Dio » ; la prima fase di quest'orazione è acquisita, la seconda infusa, come vedremo' meglio appresso.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 233?
tori con quello che vi è di utile negl'insegnamenti dei maestri più'recenti. È agevole fare questi atti/ di fede, di speranza e di carità a proposito di tutti i soggetti. ' - •
Ma se nessun soggetto ci attrae, e se d'altra parte-non ci sentiamo abbastanza uniti a Dio da evitare-la perdita di tempo e fuggire le distrazioni, seguiamo il consiglio di S. Teresa: meditiamo quanto più lentamente è possibile il 'Poter. -È la più grande delle preghiere; composta da nostro Signore, essa contiene tutte le domande possibili in un ordine perfetto:;
spesso noi la recitiamo nel giorno, ma troppo in fretta. da gustarne quello che racchiude. Essa è la vera;
conversazione dell'anima, oratio,. Diciamola con Cristo che ce l'insegnò. Le tré prime domande corrispondono appunto, dice S. Tommaso, ai tré atti di fede,. di speranza e di carità che abbiamo distinti:
Padre nostro che sei ne' deli: tu sei anche in noi,. l'anima nostra è come un cielo ancora oscuro;
Sia santificato il tuo nome: glorificato, cioè, riconosciuto e adorato («gloria est darà notitia cum. laude»), la tua parola sia accolta con una fede viva, inconcussa. Credo.
Venga il tuo regno: è l'oggetto della nostra speranza che s'appoggia prima di tutto sulla tua Bontà, infinitamente soccorrevole.
Venga questo regno in me e attorno a me si dilati sempre più. Sitio, spero.
Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra, La nostra volontà, come quella dei santi del cielo, sia. conforme alla tua. È il maggior desiderio della carità affettiva ed effettiva, che domanda anche il Pane-quotidiano dell^Eucaristia, il perdono delle colpe. È. • dessa pure che perdona le offese del prossimo e che ci fa domandare d'essere preservati dal peccato per l'avvenire. .È l'elevazione delFanima a Dio: al mattino prima del lavoro, alla sera prima del sonno, il
'234 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
più spesso possibile nell'intervallo almeno con qualche breve invocazione. '
Se, in certi giorni, non possiamo nemmeno meditare in modo così semplice il Poter, se non arriviamo
•a liberarci dalle distrazioni e non troviamo altro che aridità, facciamo l'orazione di cuore, che consiste
•semplicemente nel voler essere lì per amare nostro Signore più di noi stessi, nel voler rimanervi abbandonati alla sua divina volontà, accettando la nostra impotenza, nell'unirci a Cristo negli abbandoni ch'egli conobbe quaggiù, nel Getsemani, sulla Croce, in quelli <he conosce ancora nell'Eucaristia. Quest'orazione,
•che alle volte rassomiglia a un purgatorio, non è inerzia, dalla quale essa distinguesi per la • vigilanza
•dell'amore, ed è fruttuosissima, poiché il merito viene dalla carità, e lo scopo .dell "orazione è meno.
•quello di fare alte considerazioni che d'unirci a Dio, in Gesù Cristo,. nelle nostre pene come nelle nostre .gioie. Molti amici intimi di nostro Signore sono così per lunghi anni associati alle sofferenze del suo
•Cuore. Egli li fa partecipare alla vita dolorosa che menò quaggiù, prima di comunicar loro la sua vita
•gloriosa per l'eternità. Il cristiano è in tal modo condotto all'« amore di Dio fino al disprezzo di sé », o per lo meno fino all'oblio di sé, per non pensare se'non alla gloria di Dio è alla salute delle anime.
Come pervenire alla vita d'adorazione e perseverarvi.
;Da ciò che abbiam detto si vede ciò che dev'essere l'orazione comune che tende a semplificarsi sempre più. Come vi si può arrivare e perseverarvi?
Bisogna confessare che l'orazione, anche comune, dipende soprattutto dalla grazia di Dio, e per conseguenza uno vi si prepara molto meno con processi
IiA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 235
meccanici che con l'umiltà; è agli umili che Dio da la grazia. «Se voi non diventate simili a bambini, non entrerete nel regno de' cieli», sono i piccoli che Dio si compiace d'istruire interiormente ; anime umili come il contadino d'Ars. Insieme coll'umiltà, quello che ci prepara alla vita d'orazione, è la mortificazione, il distacco dalle cose. sensibili e da se stesso. È chiaro che se-abbiamo la mente preoccupata dalle faccende del mondo, l'anima agitata da un affetto troppo umano, dalla gelosia, dal giudizio, temerario, dalla memoria dei torti del prossimo, noi non potremo trattenerci a conversare con nostro Signore. Se oggi abbiamo criticato i nostri superiori, questa sera sarà impossibile sentirci uniti con Dio. È chiaro che tutte le inclinazioni devono essere mortificate perché la carità prenda il primo posto nell'anima nostra e si sollevi spontaneamente a Dio. A propòsito di tutto, delle pene o delle consolazioni, bisogna prendere l'abitudine di sollevare costantemente il proprio cuore a Dio, benedire l'ora che scocca» bisogna far silenzio nell'anima propria, far tacere le passioni, per udire il Maestro intcriore che parla a bassa voce come l'amico al suo amico. Se siamo abitualmente preoccupati di noi stessi, come gusteremo le sublimi armonie della Trinità, dell'Incarnazione, della Redenzione, dell'Eucaristia?
Tutto questo lavoro della vita può essere chiamato:
preparazione remota all'orazione, ma è assai più importante della preparazione immediata e della scelta d'un soggetto; perche quest'ultima preparazione ha solo per scopo d'eccitare quel fuoco della carità che mai non deve spegnersi i,n noi e che deve alimentare una generosità di tutti gl'istanti. Cosi certe anime ferventi semplicissime ridurranno a quasi nulla la preparazione immediata, e spesso faranno anche durante un lavoro manuale una buona orazione di conformità abituale alla volontà di Dio.
236 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Ma non basta pervenire alla vita d'orazione, bisogna perseverarvi. Colla perseveranza non si può mancare di guadagnar molto, e senza di essa si può perdere tutto. Questa perseveranza non è cosa facile, vi è una lotta da impegnare contro se stesso, contro la pigrizia spirituale, contro il demonio che c'induce allo scoraggiamento. Quante anime private delle prime consolazioni che avevano ricevute sono ritornate indietro 1 perfino anime assai avanzate indietreggiarono. ;.S. Caterina da G-enova, che s'era data all'orazione dall'età di tredici anni e vi aveva • fatto grandi progressi, dopo cinque anni di pene, abbandonò la vita intcriore, e menò per cinque anni una vita tutta d'opere esteriori; ma un giorno ella sentì con ambascia il vuoto spaventoso dell'anima sua, e il 'desiderio si ridestò in lei. Ella fu ripresa da Dio, ripresa istantaneamente in modo quasi fulmineo, e . dòpo quattordici anni d'una terribile penitenza ricevette l'assicurazione d'aver pienamente soddisfatto alla giustizia divina: «S'io ritornassi sopra i miei passi, diceva ella, vorrei che mi si strappassero gli occhi e non crederei che ciò bastasse».
Altre anime che hanno lottato per un pezzo si scoraggiano, dice S. Teresa, quando sono a due passi ^ dalla sorgente d'acqua viva. Esse ricadono, senza. l'orazione non hanno più la forza di portar la croce,.;
trascorrono ad una vita superficiale, ih cui altre forse ;
si salverebbero, dovechè esse corrono rischio di per- ,-, dersi, perché le loro facoltà le porteranno agli eccessi. & L'eccesso, se si può dir così, sarebbe loro permesso .' ed anche domandato dal lato . dell'amor di Dio, la cui misura è di essere senza, misura, ma in ogni altro caso esso le condurrà alla rovina. Per certe anime naturalmente elevate, la mediocrità non è possibile; se non sono tutte di Dio, saranno tutte di se stesse contro Dio; vorranno godere del loro io, delle, loro facoltà e corrono rischio di collocarsi como
LA CONTEMPLAZIONE E 1 SUOI GRADI 237
fine assoluto, al posto di Dio. Gli Angeli non possono conoscere se non la carità ardente o il peccato mortale irremissibile; il peccato veniale, secondo San Tommaso, per loro è impossibile, essi vedono troppo lontano e impegnano a fondo la loro volontà 18. Angeli o demonii, santissimi o estremamente perversi, ecco la sola alternativa per loro. Vi sono anime che hanno qualcosa d'angelico, e per loro è cosa pericolosissima il non perseverare nell'orazione e il non osservi più presenti se non col corpo, senz'alcun 'atto d'amor vero :. ; è-l'abbandono della vita inferiore, forse la rovina. .
> Per perseverare, dicono i santi, bisogna primieramente sperare in nostro Signore che chiama tutte le anime pie alle acque vive dell'orazione, e vedremo specialmente su questo punto la testimonianza di S. Teresa 19. In secondo luogo bisogna umilmente lasciarsi condurre per la via che nostro Signore stesso ha scelta per noi.
1° Sperare, aver fiducia nella nostra Guida. È un mancarvi il dire dopo le prime aridità: l'orazione .non è fatta per me. Si potrebbe anche dire come i Giansenisti: la comunione non è fatta per me, ma solo per alcuni grandi santi. Nostro Signore chiama tutte le anime a siffatto scambio d'amicizia con lui. Egli è il Buon Pastore che conduce le sue pecorelle agli eterni pascoli, affinchè noi ci nutriamo non solo di pane, ma di ogni parola di Dio. Nel centro di questi pascoli vi è la fonte d'acqua viva, di cui Gesù parlava alla Samaritana che pure era una peccatrice:
« Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice:'Dammi da bere! tu stessa avresti chiesto a. lui da bere ed egli ti avrebbe dato dell'acqua viva...
18 Ct. I-II, q. 89,,a. 4. -, , .
-1' Ct. infra, o. IV, a. 2 e 3; vedremo che per «il bere alla sorgente d'acqua viva » ella intende la contemplazione infusa, che ci è data dallo Spirito Santo : la sorgente è lui stesso, fons vivua,
.238 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Ohi berrà dell'acqua ch'io gli darò non avrà più sete, e l'acqua che gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampillerà fino alla vita eterna» (Joan., iv). A Gerusalemme, un giorno di festa. Gesù, stando nel tempio, gridava a tutti: «Se alcuno ha sete, venga a me e beva, e fiumi d'acqua viva scorreranno dal suo petto» (Joan., vii, 38). Questa sorgente d'acqua viva, fons vivus, come nostro Signore spiega più tardi, è lo Spirito Santo consolatorc, che. Egli ci deve mandare, che ci farà penetrare e gustare il senso intimo del Vangelo.
Ora lo Spirito Santo è in noi, dice S. Paolo, per mezzo della carità, e quindi è in ogni anima in stato di grazia, ed egli vi abita non per restarvi ozioso, ma per farsi nostro Maestro inferiore mediante i suoi sette doni, che si sviluppano di mano in mano che la carità cresce in noi, ^e questa fino alla nostra morte deve crescere senza che mai non le assegniamo limiti. Se non udiamo meglio le sante ispirazioni del Maestro • interiore, è perché ascoltiamo troppo noi stessi, e non 'siamo abbastanza umili, abbastanza desiderosi del. régno di Dio in noi.
2° Bisogna lasciarsi condurre per la via che nostro Signore ha scelto per noi. Vi è la grande strada .comune, quella dell'umiltà e della conformità alla volontà divina. Tutti devono pregare come il pubblicano. Ma in questa strada vi sono luoghi sassosi,, altri, lisci, taluni coperti di folta erbetta, una parte è arsa dal sole, e l'altra ombreggiata. Il Buon Pastore conduce le sue pecorelle come giudica bene, le une per il sentiero delle parabole, le altre per quello del ragionamento, prima di condurle all'intuizione semplice nell'oscurità della fede. Lascia cer-tune per un tempo abbastanza lungo in passi difficili per agguerrirle. Nostro Signore solleva alla contemplazione più presto le Marie che le Marte, ma le prime vi trovano pene intime ignorate dalle
LA CONTEMPIAZIONE E I SUOI GRADI 239'
seconde, e queste, se sono fedeli, arriveranno alle acque vive e saranno dissetate secondo il loro desiderio.
Dobbiamo vedere adesso che cosa sono .queste? acque vive, simbolo della contemplazione.
240 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
articolo II.
Varii sensi delle parole « contemplazione > « ordinario » e « straordinario ».
Ì I.
Contemplazione detta acquisita e contemplazione infusa.
La contemplazione in generale così come può esistere già nel filosofo non credente, quella di cui parlarono Plafone e Aristotile, è una semplice veduta intellettuale della verità, -superiore al ragionamento
•e accompagnata da ammirazione, simplex intuitus veritatis, dice S. Tommaso 1. — Per esempio, la
•cognizione ammirativa di questa verità suprema della filosofia : alla cima di tutti gli esseri composti . e .mutevoli, esiste l'Essere stesso assolutamente semplice e immutabile, principio e fine di tutto; egli non ricevette l'esistenza, ma è per sé l'Esistenza stessa, la Verità, la Sapienza, la Bontà, l'Amore, come nell'ordine fisico la luce, per sé, è luce e non ha bisogno d'essere illuminata, come il calore, per sé,, è calore. La ragione, mediante le sole sue forze, in-.sieme al concorso di Dio, può sollevarsi a siffatta contemplazione.
Se invece si tratta della contemplazione dei fedeli,
•questa è fondata sulla Rivelazione divina ricevuta mediante la 'fede. Benché la fede sia un dono di Dio, infuso, ricevuto nel battesimo, non pochi teologi
* II-II, q.. 180, a. 1 e 6.
LA CONTEMEIAZIONE E I SUOI GRADI 241
ammettono nei fedeli una contemplazione « acquisita ». Essi la definiscono generalmente: wwa cognizione semplice e affettuosa di Dio e delle sue opere, che è il frutto della nostra attività personale, aiutata dalla grazia. Comunemente si ammette che questa contemplazione detta « acquisita » esista nel teologo al termine della sua ricerca, nella visione sintetica a cui fa capo, o anche nel predicatore che vede tutto il .suo discorso in un'idea madre, come pure nei fedeli , che ascoltano attentamente questo discorso, ne afferrano l'ordine, ne ammirano l'unità e gustano per conseguenza la grande verità di fede di cui essi vedono l'irradiamento. . •"-
Vi è qui una certa contemplazione, che è, col soccorso della grazia, il frutto dell'attività umana, .della nostra riflessione o della meditazione dell'au-•tore che leggiamo, del' predicatore che udiamo. La grazia, le virtù teologali v'intervengono certamente, vi è perfino un influsso latente dei doni dello Spirito Santo; ma se l'attività umana ben ordinata mancasse, l'anima non arriverebbe a questa contemplazione, che per questa ragione è detta «acquisita». Un discorso mal preparato, senz'ordine, senza vigore, senza unzione, produrrà piuttosto l'effetto contrario, vale a dire la .noia, nella maggioranza degli uditori. Parimente la lettura d'una pagina di Nicole non produrrà il medesimo effetto di quella delle Elevazioni sui Misteri di Bossuet. Così in un ordine di gran lunga superiore alla speculazione filosofica, molti fedeli colla lettura e colla meditazione possono .giungere a gustare queste parole di Dio : « Io sono Colui che sono... Dio è spirito, e quelli che l'adorano devono .adorarlo in spirito e verità... Dio è amore, e colui che rimane nella carità rimane in Dio, e Dio in lui»,
Se poi la contemplazione amante di Dio non è più il frutto dell'attività umana, aiutata dalla grazia, 16 — Per festone e Contemplazione. - I.
242 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
non si potrebbe chiamarla acquisita, ma infusa. Per • esempio, se m una predica mal ordinata, senza vita, che produce solo la stanchezza nella maggioranza dell'uditorio, viene tuttavia citata una parola di nostro Signore che colpisce profondamente un'anima, l'avvince e l'assorbe per un'ora 2, allora si tratta d'una contemplazione che non è il frutto dell'attività umana del predicatore, ne della riflessione personale, ma che promene da un'ispirazione divina abbastanza manifesta. Essa dicesi infusa. Perché? Non solo perché deriva dalle virtù infuse, come già avviene della contemplazione detta «acquisita». Neppure in questo senso che l'atto stesso della contemplazione sia infuso o immediatamente prodotto solo da Dio in noi, il che non sarebbe più un atto vitale, libero e meritorio. Ma si dice infusa ed anche passiva, in questo senso che non è in nostro potere il produrre quest'atto a piacimento, come un atto di fede ordinario. Solo è in nostro potere il ricevere docilmente. l'ispirazione divina e il disporvici con un pio raccoglimento. « Haec contemplatio infusa seu passiva est in nobis, sine nobis deliberantibus, non vero sine nobis consentientibus». (Vedasi quello che dice Sari Tommaso della grazia operante, I-II, q. Ili, a. 2.)
Questa contemplazione infusa dicesi anche soprannaturale, perché essa è tale doppiamente {reduplicative}: non solo in quanto alla sostanza dell'atto, come l'atto di fede infusa, ma anche in quanto al modo, che è qui il modo sopra umano dei doni dello Spirita Santo, modo non più latente, ma manifesto.
Questa contemplazione propriamente infusa co- ;
mincia con quello che S. Teresa chiama orazione di:
raccoglimento passivo (IV Mansione, e. 3), e San^
' Noi supponiamo ohe quest'assorbimento non provenga dal fatto: ' che Quest'anima abbia già spesso meditata questa parola. Nondimeii.o Y la contemplazione infusa non è sempre ricevuta all'improvviso, ma uno--' può disporsi a riceverla.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 243
Giovanni della Croce, notte passiva dei sensi, cioè, al principio della vita mistica propriamente detta. D'onde segue che la contemplazione propriamente mistica a quella che è manifestamente passiva, nel senso che abbiamo ora indicato 3, e se essa dura e diventa frequente, è lo stato mistico.
* * *
Tutto quello che abbiamo detto intorno al senso delle parole « contemplazione acquisita » e « contemplazione infusa» è abbastanza generalmente ammesso.
Tuttavia . l'espressione « contemplazione acquisita » non si trova nei grandi maestri; e per loro la contemplazione propriamente detta è infusa, e la chiamano -senz'altro contemplazione. «La contemplazione, dice S. Giovanni della Croce, è una scienza d'amore, una cognizione amorosa di Dio, infusa» i. Santa Teresa parla nello stesso modo 5, similmente San Francesco di Sales 6, S. Francesca di Guantai.
Il canonico Saudreau 7 nota che Tommaso di Gesù (1564-1627), nel suo libro de Contemplatione divina (Anversa, 1620), fu il primo carmelitano a parlare d'una contemplazione acquisita come d'un grado d'orazione intermedio fra la meditazione affettiva ,e la contemplazione infusa. E aggiunge:
«II medesimo autore nel prologo della sua 'prima opera, Grados de Oracion, pubblicato nel 1609, divideva l'orazione in due classi: l'orazione acqui-
" Ct. Dom vitale lehodet, Le Vie, dell'Orazione, mentale, Ma-rietti, 1932. . ,
4 Notte oscura. Ti, o. xvin (ed. critica, t. II, p. 111). È della contettipla-zione infusa che si tratta al principio della Notte oscura, 1.1, o. i, ed anche nella Salita del Garmelo, 1. II, e. xm. ,
6 C'astello, Mansione V, e. i; Mans. VII, e. iv. —Cammino, e. xvu.
6 Trattato dell'anwr di Dio, 1. VI, e. vii.
' Etat mystigue. II ediz., pag. 109 et 367.
244 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sita, che è la meditazione, e l'orazione infusa, che è la contemplazione; questa divisione è giustissima e pienamente conforme alla dottrina di S. Teresa. Questo prologo che si trova nelle edizioni del 1610, 1613, 1616 e 1623, fu soppresso nelle edizioni posteriori del 1665 e del 1725, senza dubbio perché la dottrina che vi si espone non combina con quella che riconosceva una contemplazione non mistica ».
Infatti al principio del secolo xvii, per difendere le opere di S. Giovanni della Croce contro le ingiuste accuse d'illuminismo, vi s'introdussero delle chiose che spesso attenuavano il senso dei termini 8, e certi autori sostennero che il santo non avesse " trattato se non della contemplazione acquisita, inferiore all'infusa di cui parla S. Teresa; ma il senso di questi, termini non era ancora ben fissato 9. Alcuni pretesero perfino che la contemplazione acquisita sia la sommità o il termine dello sviluppo normale della vita in-teriore, che la contemplazione infusa sia assolutamente straordinaria, come le grazie gratis datae, e che non si potrebbe desiderarla senza presunzione: tal fu in particolare l'insegnamento di Antonio dell'Annunciazione, C. D., Disceptatio mystica, tr. 2, q. 4, a. 8, n. 34; ma su questo punto non fu seguito dai teologi del Oannelo, come si vede chiaro da ciò che dice di lui un altro carmelitano scalzo ben noto, Giuseppe dello Spirito Santo, Cursus Theol. schol. mysticae, ed. 1721, t. II, II Praed., p. 224 e 236.
• II P. Andrea dell'Incarnazione, O. D., s'accinse nel 1751 a ristabilire il vero testo del Santo, ma non potè pubblicare il suo lavoro. Recentemente il compianto P. Gerard, C. D., ci diede un'edizione critica che conta nel libro I 55 correzioni, nel libro II 207 e nel libro III 71. Molti problemi di critica testuale si presentano ancora, d. Vie Spirituelle, marzo 1923, p. (154).
° In quel tempo l'espressione contemplazione infusa o soprannaturale non era ancor chiaramente intesa da tutti; pare che con ciò alcuni designassero la contemplazione unita a certe grazie gratis datae che S. Teresa ricevette abbondantemente e di cui ella parlò soventi volte.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 245
Davanti a queste difficoltà e a queste divergenze si spiegano le riserve di certi autori. Solleciti di conservare la dottrina di S. Teresa,, essi non vogliono ammettere un grado d'orazione di cui ella non abbia parlato. E infatti, se per contemplazione acquisita s'intende un'orazione distinta dall'orazione affettiva anche semplificata, in cui l'intelletto sia assorbito totalmente dal suo oggetto e in cui uno si metta mediante la soppressione d'ogni attività razionale, questo è un creare non solo un grado d'orazione ignorato da S. Teresa, ma è ancora un andar contro il suo insegnamento formale. Infatti la Santa s'oppone ripetute volte al fatto che si sopprima totalmente il discorso e il movimento del pensiero, finché non siasi ricevuta la contemplazione infusa 10.
Tale però non è il concetto che i teologi carmelitani si fecero della contemplazione acquisita. Le descrizioni particolareggiate che ne danno nelle loro opere .ci fanno vedere che l'orazione ch'essi hanno di mira corrisponde a quella che S. Teresa, Cammino, e. 28, chiama «orazione (acquisita) di raccoglimento», in cui l'attività intellettuale è semplificata, ma non soppressa. Quest'orazione è dai teologi chiamata contemplazione, perché l'atto di semplice veduta intellettuale in essa è frequente e predominante, e la meditazione piuttosto ridotta. Allora il fondo della difficoltà sparisce, e non abbiamo più che una questione di terminologia 11.
Di più, generalmente i teologi del Oarmelo, che ammisero l'esistenza della contemplazione acquisita, rifiutarono a buon diritto di vedere in essa il termine normale del progresso spirituale quaggiù; essa è per loro una nigposiziONB prossima a ricevere
" Vita, e. xill, p. 172; Castello, Mansione IV, e. m. " Ot. infra, alla fine di quest'opera l'ultimo articolo avIV Accordo dei Maestri.
246 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPIAZIONE
normalmente la contemplazione infusa, nelle anime generose, veramente fedeli allo Spirito Santo 12.
', Si verificarono, delle divergenze circa il momento in cui comincia la contemplazione infusa, volendo certi autori annettere alla contemplazione infusa la .quiete e perfino l'ebbrezza spirituale ls. Ma, se si legge attentamente la IV Mansione, e. ni, di S. Teresa, apparisce certo ch'essa comincia coll'ora-zione di « raccoglimento soprannaturale », che noi non ci possiamo procurare colla nostra propria attività, aiutata dalla grazia, e che precede quasi sempre l'orazione soprannaturale di quiete. Questo « raccoglimento soprannaturale» è diverso affatto dall'orazione acquisita di raccoglimento, frutto della nostra attività, di cui si parla nel Cammino della perfezione,
G. XXVIII.
Dichiarare che la contemplazione acquisita è quella in cui noi possiamo mett&rci couia nostra propria industria e includervi il raccoglimento soprannaturale, , la quiete, l'ebbrezza spirituale e il sonno mistico, è una dottrina assolutamente insostenibile.
Se invece si vuole chiamare contemplazione acquisita quella che S. Teresa, trattando dell'orazione acquisita, chiama orazione di raccoglimento nel Cammino della perfezione, e. xxvm, si conserva la sua dottrina, senza conservarne i termini, perché la parola « contemplazione » presso di. lei, come vedremo meglio in appresso, designa la contemplazione infusa.
" È l'insegnamento di Tommaso di Gesù, di Filippo della S. Trinità, d'Antonio dello Spirito Santo, di Domenico di Gesù, di Giuseppe dello Spirito Santo, ed essi trovaronsi d'accordo su questo punto col domenicano Giovanni di S. Tommaao (of. il suo Catechismo) e Vallgor-nera.
" Studes Oarmélttaines, genn.-apr. 1920, genn.-apr. 1921, p. 90 ss., articoli sulla Contemplazione acquisita.
I.A CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 247
* * *
«
Non si potrebbe meglio dimostrare ch'ella non la prese come la differenza essenziale che separa l'ultima orazione acquisita e la prima orazione infusa, e il passaggio dall'una all'altra.
Nel Cammino della perfezione, e. xxvni, parlando ,dell''« orazione (acquisita) di raccoglimento », che fu poi spesso chiamata « orazione affettiva », ella dice :
« È un'orazione che presenta numerosi vantaggi. Si chiama orazione di raccoglimento, perché l'anima m raccoglie tutte le potenze e si ritira dentro se stessa col suo Dio 1A. Per questa via più prontamente che per nessun'altra, il suo divin Maestro la istruirà e le concederà l'orazione di quiete... Le persone che potranno rinchiudersi così nel piccolo cielo dell'anima loro, ove abita Colui che creò lei così come la terra, che s'abitueranno a custodire la loro vista, •a pregare in un luogo dove nulla possa distrarre i loro sensi esterni, devono credere di essere sopra una via eccellente, e che riusciranno a 'bere alla fonte 16. Realmente esse fanno molto cammino in breve tempo. Rassomigliano a colui che è salito in una barca: per poco che il vento sia favorevole le, egli arriva in pochi giorni al termine del suo viaggio,
14 Tutti questi termini: «l'anima vi raccoglie tutte le sue potenze, tì si ritira dentro se atessa », denotano manifestamente un'orazione acquisita. Del resto tutti l'ammettono.
11 S. Teresa non vuoi dire ohe l'anima senza oltrepassare quest'orazione acquisita di raccoglimento, berrà alla tonte d'acqua viva, ch'ella propone sempre alle sue flglie come il termine della loro corsa. Perché ella l'ha già dichiarato espressamente (Cammino, xix) : « Nel senso in cui la prendo, io non chiamo acqua viva quell'orazione che si fa col discorso dell'intelletto », e da ciò ohe si dice nel Cammino, xix, si vede che l'acqua viva è l'immagine della contemplazione che ci è data dallo Spirito Santo.
" Questo è il simbolo dello Spirito Santo che soffia dove vuole.
248 PERFEZIONE CRISTIANA È CONTEMPLAZIONE
laddove quelli che vanno per terra 17 impiegano un tempo molto maggiore.:. Queste anime vanno a gonfie vele, come si dice. È vero che non hanno interamente abbandonata la terra, ma almeno, nel tempo della preghiera, fanno, per mezzo di questo raccoglimento dei loro sensi, quello che è m loro potere 'per liberarsene ». ; . •
Nel capitolo seguente S. Teresa precisa bene la" natura di quest'ultima orazione, acquisita e mostra. in essa una disposizione a ricevere la contemplazione infusa : « C,olei che vorrà acquistare quest'abitudine, perché lo ripeto, la cosa a'' in nostro potere, non deve stancarsi di adoperarvisi... Se quest'applicazione è reale, vi riuscirete in un anno, e forse in sei.mesi. È ben poca cosa, non è vero? per un profitto tanto considerevole 1 Inoltre voi ponete qui un saldo fondamento, e se piace al Signore di sollevarvi a grandi cose, egli vi troverà disposte, per ciò stesso, che voi vi terrete vicine a Lui 1 Si degni sua maestà di non permettere mai che noi ci allontaniamo dalla sua presenza. Amen ». Nel medesimo capitolo xxix del Cammino, di questa orazione acquisita di raccoglimento si dice: « Intendetelo bene^
QUESTO NON E' QUALCOSA Dt SOPRANNATURALE, MA .DIPENDE DALLA NOSTRA VOLONTÀ' 18. 'noì possiamo-.
.arrivarci colla grafia di Dio senza la quale evidentemente nulla è possibile, poiché da noi stessi non possiamo neppure formare un buon pensiero. Non si tratta qui del silenzio delle potenze, ma semplicemente del loro ritiro dentro dell'anima ».
Tutt'all'opposto, « il raccoglimento soprannaturale » descritto nel Castèllo, IV Mans., e. ni, non è 'in. nostro potere insieme col soccorso di Dio, e non
" Simbolo dell'orazione che resta discorsiva.
" II P. Baimez notò sull'originale : e Per soprannaturale ella intende quello che non è lasciato alla nostra scelta colla grazia ordinaria, di Dio «.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 249'
dipende dalla nostra volontà. È un'orazione che, come-dice la Santa, precede quasi sempre l'orazione soprannaturale di quiete: « È un raccoglimento che mi sembra anche soprannaturale. Esso non consiste nel mettersi nell'oscurità, ,nè nel chiudere gli occhi; non. dipende in alcun modo dalle cose esteriori. Eppure,. senza volerlo, si chiudono gli occhi e si desidera la. solitudine. Pare che allora si costruisca, ma sema il lavoro dell'arte, il palazzo dell'orazione di cui ora, ho parlato... Il monarca che abita la regia residenza del castello, vedendo la loro buona volontà, nella sua grande misericordia vuole veramente chiamarli a Sé-(i sensi e le potenze).. Come un buon pastore, egli fa.. loro udire la sua voce, e con un fischio così dolce ch'essi appena lo afferrano, li invita a cessar' di vagare qua e là e a ritornare alla loro antica dimora. Questo fischio del pastore ha sopra di essi •tanto impero, che abbandonando le cose esterne che= li rendevano schiavi, essi rientrano nel castello. Mi sembra di non aver mai spiegato questo" così ben» come al presente. .
« Quando Iddio la concede, questa grazia aiuta singolarmente a cercar Dio in se stesso... Ma noni pensate ohe questo raccoglimento s'ottenga col lavoro dell'intelletto, sforzandosi di pensare a Dìo> dentro di sé, ne con quello dell'immaginazione rappresentandoselo in sé. Questo è cosa ottima, è un modo. di meditare veramente eccellente, perché s'appoggia su questa verità indiscutibile che Dio è in noi. Ma non si tratta di quel modo di fare che è in potere di ciascuno, sempre-col soccorso di Dio, ben inteso. quello di cui paelo b' dipfhbentb. Qualche volta, anche prima che si sia cominciato a parlare a Dio, le persone di cui parlavamo si trovano-già nell'interno del castello... Qui la cosa non dipende dalla nostea volontà'; essa non avviene se non quando Iddio vuole veramente farci questa
'350 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
•grazia. È mia opinione ch'egli scelga, per accordarla ad esse, delle persone che rinunziarono alle cose del mondo. Egli allora le invita ad attendere in modo speciale alle cose inferiori. Quindi sono persuasa che, se si lascia a Dio la sua libertà d'azione, egli non limiterà lì la sua liberalità verso le anime che
•chiama evidentemente a salire più in alto ». La Santa aggiunge che se Dio non ha ancora fatto questa grazia, ella non capisce bene « come si possa incatenare il movimento del pensiero, senza che ne risulti più danno che vantaggio ». Item, Vita, e. xm.
Il « raccoglimento soprannaturale » è manifestamente un'orazione mistica, il principio della contemplazione infusa; e non si potrebbe meglio dimostrare in che
• cosa esso differisca dall'orazione acquisita di raccoglimento spesso chiamata orazione affettiva semplificata. S. Teresa ancora indica benissimo come si fa il passaggio dall'una all'altra 19.
Questo passaggio è descritto anche da Bossuet, ma egli non mostra così chiaramente la distinzione dell'ultima orazione acquisita e della prima orazione infusa 20.
1B Vedasi su questo punto un eccellente articolo comparso in un numero della Vie spirititene, oot. 1922, dedicato a S. Teresa: La doctrine 'de sainte TJiérèse. Les oraisons communes, di una carmelitana. All'opposto, nel periodico Etudes Carmélitaines 1920, 1981, 1922, l'autore di , parecchi articoli sulla Oontemylasione acquisita chiama con questo nome le orazioni di raccoglimento soprannaturale, di quiete, di sonno mistico, d'ebbrezza spirituale. Senza volerlo, egli s'allontana certamente dal ;
pensiero di 8. Teresa, e dimentica ch'ella dichiarò espressamente ohe ' sinatte orazioni soprannaturali non sono in nostro potere; non si possono dunque chiamare acquisite. Il testo della Santa è chiarissimo. Se ":
si vuole chiamare acquisite queste orazioni, perché sono spesso prece-' dute da una preparazione che ci dispone a riceverle, bisognerebbe altresì ammettere un rapimento acquisito, perché spesso questa grazia è data -dopo una lunga orazione mentale» (Vie de sainte Thérèse, e. svilì, pag. 223). Per evitare qui ogni contusione, basta notare la differenza ohe fa S. Teresa tra il raccoglimento soprannaturale (IV Mans., e. ni) e l'ora- ;
zione acquisita di raccoglimento (Cammino, o. xxviu).
20 L^orasionG di semplicità, descritta da Bossuet nel suo opuscolo su, questo soggetto, sembra essere acquisita nella sua prima fase e infusa
•LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 261
Se si vuole nominare contemplazione acquisita l'ultima delle orazioni acquisite chiamata da S. Teresa « orazione di raccoglimento » 21, si conserva, come abbiam detto, la dottrina della Santa, ma non se ne conservano i termini, perché ella, come tutti i grandi mistici, colla parola « contemplazione » intende la contemplazione infusa. È facile il convincersene leggendo le sue opere, là dove ella comincia a usare questó parola: Cammino, e. 18, 19, 20, 21, 25, 27, 31, e IV e V Mansione 23. È altresì manifesto che è della contemplazione infusa, che parla S. Giovanni della Croce nella Notte oscura, ove descrive specialmente l'azione di Dio e la nostra passività 2S. Nella Salita del Carmelo egli non trattò prima d'una contemplazione specificamente differente, descrivendo la parte che noi vi possiamo prendere; se infatti non possiamo procurarci col nostro lavoro questa contemplazione infusa, possiamo però mettervi ostacolo oppure, all'opposto, disporvici e favorirne l'esercizio.
Il carmelitano scalzo, Nicola di Gesù Maria 24 aveva
nella seconda; è il passaggio dall'una all'altra: «L'anima pertanto lasciando il ragionamento si serve d'una dolce contemplazione, che la tiene pacifica, attenta e suscettibile delle operazioni e impressioni divine ohe lo Spirito Santo le comunica (Qui, con questa comunicazione, l'orazione diventa infusa). Ella fa poco e riceve molto; il suo lavoro è dolce e nondimeno più fruttuoso, e siccome s'accosta sempre più alla sorgente di ogni luce, d'ogni grazia e d'ogni virtù, cosi gliene viene anche elargita di più... Iddio diventali solo Padrone del suo interno, e vi opera in modo più particolare che per solito; quanto meno la creatura lavora, tanto più
•potentemente opera Iddio, e poiché l'operazione di Dio è un riposo, l'anima gli diventa in qualche modo simile in quest'orazione e vi riceve altresì effetti maravigliosi... i divini influssi che l'arricchiscono d'ogni sorta di virtù. Questa medesima luce di tede che ci tiene attenti a Dio ci tara scoprire le nostre minime imperfezioni e concepirne un gran dispiacere e pentimento. » Manière eourte et facile pour faire l'oraison en foi et de simple présence de Dieu. Ct. infra, pag. 260. 21 Cammino, o, xxvin.
" Citeremo questi testi nel presente capitolo, articolo 2. " Notte, II, o. xvm ; « La contemplazione è una scienza d'amore, è
•una cognizione amorosa di Dio, infusa ». Item, Notte, 1. I, e. i. «
" Elucidano phrasium mysticarum operum Joannis a Cruce, P. II, o. iv.
252 PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Certamente ragione di dire che si tratta della contemplazione infusa fin dalla Salita del Carmelo, 1. il, e. 13; non se ne potrebbe dubitare, perché ciò è espresso in termini proprii 25.
S. Francesco di Sales 26, i carmelitani Giovanni dì Gesù Maria, O. D. 27 e Michele de la Fuente 28 parlano nello stesso modo, subito dopo la meditazione, della contemplazione infusa, senza far menzione dell'acquisita come d'un grado speciale d'orazione.
Vedremo più avanti 29 che gli altri autori del Medio Evo non si esprimevano diversamente e che in particolare è veramente la contemplazione infusa che S. Bonaventura 30, il Taulero, il Blosio 31, vogliono indicare colle parole, contemplano divina, o contemplatio senz'altro.
Quindi, da diverse partì, gli autori solleciti di ritornare alla terminologia tradizionale stimano che la contemplazione propriamente detta è infusa sz.
. Se coll'espressione « contemplazione acquisita » si volesse intendere altro che l'orazione affettiva semplificata chiamata da S. Teresa « orazione (acquisita) di raccoglimento » 3S, se si volesse farvi entrare
26 Salita del Garritelo, 1. II, e. xni: « Dio si comunica all'alluna ohe resta passiva, come la luce ad. uno ohe tiene gli occhi aperti e non fa:
nulla per riceverla. E per l'anima, ricevere cosi la luce infusa sopranna--turalmente, è un comprendere pur restando passiva ».
" Trattato dell'amar di Dio, 1. VI, e. vii. Subito dopo aver trattato .della meditazione, senza aver parlato della contemplazione acquisita. S. B'rancesco di Sales descrive i varii gradi della contemplazione infusa, :
come S. Teresa, cominciando dal raccoglimento soprannaturale, che non è in nostro potere, E considera questa transizione come nonnaie :
«La santa oontemplazioue è il fine e lo scopo a cui tutti questi esercizi -tendono e si riducono ad essa » (1. VI, e. vi).
27 Theologia mystica (Herder), e. xil. as Las tres Vidas, Introd., e III, i. " Ct. infra e. VI, a. 4.
" Or. La théol. myst. de. S. Bonaventure, di P. E. lompké, O. F. M., 1921, Quaracchi (Firenze).
31 Institutio spirituaUs, e. xit.
" Ot. saudbeau, Etat mystiaue, II ediz., pag. 103... et 357...
" Cammino, o, xxvm.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GKADI 26S
le orazioni soprannaturali superiori al nostro potere, ch'ella descrive nella IV e V Mansione, si farebbe violenza alle sue parole, si urterebbe colle .autorità che abbiamo citate, e con difficoltà molteplici, di cui. accenneremo le principali: 1° Si spiega come vi sia una certa contemplazione acquisita al termine d'uno studio o d'una lettura affascinante, quando l'anima è sospesa nell'ammirazione delle verità divine che scopre o che le sono proposte: così essa esiste nel filosofo, nel teologo; ed è il frutto delle loro indagini. Può anche esistere nel semplice cristiano, udendo un buon discorso, alla: fine della meditazione, oppure durante la salmodia, l'assistenza alla santa messa, durante il canto liturgico, nelle anime abituate alla meditazione delle cose divine, e che tuttavia non hanno ancor ricevuta la grazia della contemplazione infusa. La varietà dell'ufficio divino favorisce una certa attività delle facoltà superiori e inferiori, che c'induce a gustare la parola di Dio. Ma nell'orazione di semplice presenza di Dio; in cui l'oggetto conosciuto è press'a -poco sempre lo stesso, se l'anima viene ad esser realmente cattivata nelle sue facoltà superiori, non è più, sembra, il frutto dell'attività umana, perché non si è in tal modo cattivati a piacimento; ciò è il risultato d'una grazia speciale di lume e di attrattiva, che è il germe della contemplazione infusa. .
2° igi potrebbe dire, è vero, che l'anima resta cattivata, per l'intensità del suo amore, senza che vi sia nulla di nuovo nella considerazione dell'oggetto che l'attrae." Ma quest'amore intenso suppone normalmente una cognizione viva e penetrante della bontà di Dio, ed è, come vedremo, una disposizione prossima e immediata a ricevere la grazia della contemplazione infusa. Quindi il P. Arintero pensa che la contemplazione detta acquisita è rara nell'orazione o che per lo meno essa duri poco nelle persone ge-
254 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
nerose, perché, quando l'anima vi arriva, Iddio, trovandola disposta a ricevere l'azione dello Spirito Santo, le dona un principio di contemplazione infusa 34.
3° L.a contemplazione acquisita esclude le distrazioni, oppure cessa quando queste cominciano; è quello che avviene nel filosofo o nel teologo. Ora, come .insegnano comunemente i grandi autori mistici, la contemplazione iniziale e spesso accompagnata da distrazioni dell'immaginazione e dura nonostante siffatte divagazioni; S. Teresa ciò spiega a lungo parlando della quiete (IV Mansione). Questa contemplazione iniziale adunque non .è il frutto dell'attività del nostro intelletto, che diriga l'immaginazione, ma l'effetto di un'ispirazione- speciale dello Spirito Santo, che fissa il nostro spirito, nonostante la mobilità delle facoltà inferiori.
4° Coloro che ammettono la contemplazione acquisita come stato speciale d'orazione tra l'orazione affettiva semplificata e la contemplazione infusa dicono che -vi è in essa un influsso dei doni dello Spirito Santo, latente ancora, ma più spiccato che nella meditazione discorsiva. Ora sembra assai difficile distinguere quest'influsso da quello che produce la contemplazione. infusa iniziale o l'orazione incompletamente passiva, chiamata da S. Teresa, nella IV Mansione, raccoglimento soprannaturale e quiete. E questa, non essendo in nostro potere, non può dirsi acquisita.
5° Finalmente S. Teresa nel medesimo luogo, parlando del raccoglimento soprannaturale, ohe è il principio della contemplazione infusa, osserva con molta insistenza che, finché non si è ricevuto questo" dono, bisogna « guardarsi dall'incatenare il movimento del pensiero... dal restar lì come degli stupidi» 36. Se ammettesse la contemplazione acquisita come stato
" Ouestiones mystieas, t ed..,pag. 291-311. " Castello. IV Mans., o. in.
tl.a. CONTEMPLAZIONE E I SUOI GBADI 25S
d'orazione intermedio fra la meditazione affettiva semplificata 36 e la contemplazione infusa iniziale,. ella concederebbe che -l'anima può « fermare il movimento del pensiero » prima d'aver ricevuto « il raccoglimento soprannaturale » o passivo. Ora questo per lei è un "ingerirsi nelle vie mistiche, come fanno i quietisti, che in. realtà restano lì « come degli stupidi ».
.Notiamo finalmente che fu appunto uno dei principali errori dei quietisti l'applicare alla contemplazione. acquisita, ch'essi raccomandavano sempre e a, tutti, quello che i santi dicono della contemplazione infusa. Così s'ingerivano presuntuosamente nelle vie mistiche o passive, e « restavano lì come degli stupidi »» secondo l'espressione di S. Teresa. Cf. Denzinger, n. 1243, 23» proposizione di Molinos. Si vede, da questa proposizione condannata, che Molinos chiamava contemplano, acquisita quella ch'egli raccomandava senza posa e che secondo lui precedeva la contemplazione infusa, favore specialissimo agli occhi suoi. Ad ogni modo egli simulava lo stato passivo prima dell'ora voluta da Dio.
Come giustamente fu osservato 37, Molinos ere-. de va che S. Giovanni della Croce nella Salita del Carmelo non avesse parlato che di contemplazione-acquisita. Da questa contemplazione falsamente chiamata acquisita, come fu detto, egli prende la regola di passività e ne fa una passività acquisita essa pure»
" Quella da lei chiamata orazione (acquisita) di raccoglimento. " dudon, S. J., Le suiétisme espugnai. Michel de Moliifos, 1921,. pag. 280; «.Non vi è contemplazione degna di questo nome salvo la contemplazione passiva... E Dio nella sua provvidenza comune, ne-tavorisce quelli ohe, per la generosità eroica della loro virtù, si mostrano degni d'essere trattati da amici privilegiati... 11 — p. 265: «Certi dottori del secolo xx, vantano, come Molinos, una contemplazione intermedia fra la meditazione e la contemplazione passiva... Si può e si de-v-e accertare questo tatto, senza istituire, contro gli scrittori in causa, il menomo processo di tendenza ».
256 PEKPEZIOICE oaiSTIANA E CONTEMPLAZIONE
E applicando questa passività ad un'orazione ch'era in realtà ascetica, egli la introduceva in tutta l'ascesi,
•che da quel momento si trovava per dir così soppressa.
Per tutte queste ragioni noi non crediamo che la contemplazione detta acquisita sia uno stato
•d'orazione speciale, distinto dall'orazione affettiva semplificata, chiamata da S. Teresa « orazione (acquisita) di raccoglimento » (Cammino, xxvin). — Ma «quello che i grandi mistici intendono per « contemplazione;,» senz'altro, è indubbiamente, come vedremo anche meglio appresso, la contemplazione infusa. E questo basta per fissare i vari sensi di questa parola.
§11.
L'ordinario e lo straordinario nella vita soprannaturale.
Si tratta ora di sapere se la contemplazione infusa o propriamente mistica sia straordinaria, o invece ordinariamente concessa ai perfetti e conviene ben definire i sensi di questi ultimi termini 38.
Nella vita soprannaturale, propriamente è straordinario, per se o per natura, quello ohe è fuori della
•via normale della santità e che non è in alcun modo necessario per giungervi s9. Per esempio le grazie gratis datae, come il dono della profezia, il dono delle lingue, quello dei miracoli, il dono di esporre i misteri più elevati della religione (sermo sapientiae) w,
" Converrebbe definire prima l'ordinario, se le difficoltà attuali non
•convergessero precisamente verso questa parola.
" Si tratta almeno della santità generalmente richiesta per entrare in ciclo subito dopo la morte, perché nessuno ta il purgatorio se non ~Ser colpa sua, a cagione di negligenze che si sarebbero potute evitare.
*° In questo senso S. Tommaso attribuisce alla grazia, gratis data
•chiamata sermo sapientiae, il grado elevato del dono della sapienza,
•che non solo ta contemplare i più alti misteri, ma ci rende capaci di
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 287
non sono affatto necessari alla santificazione personale; ' e sono concessi soprattutto (per se primo) per l'utilità del prossimo, benché possano secondariamente servire alla santificazione di colui che li riceve, s'egli ne usa con carità.
Tanto più è per sé straordinaria la visione beatifica ricevuta in modo transitorio prima della morte, come sembra l'abbia ricevuta S, Paolo, secondo l'opinione di S. Agostino e di S. Tommaso. È ancora per sé straordinaria una conversione miracolosa, che, senza previa preparazione, purifica, l'anima in un' istante e la introduce subito nella vita mistica, come la conversione di S. Paolo. Così è manifestamente straordinaria la grazia di un'unione trasformante o dello sposalizio spirituale concessa fin dall'infanzia a certi santi, all'età di sei o sette anni. In un grado minore, sono straordinarie certe grazie mistiche meno elevate concesse ' ad anime ancora imperfettissime, prima ch'esse abbiano le disposizioni ordinariamente richieste t1. . . '
Per opposizione,, nella vita soprannaturale è ordinario per sé o per natwa quello che è nella vìa normale della santità, quello che è assolutamente necessario o moralmente necessario nella maggioranza dei casi per arrivarci ì2. In altre parole, resta ancora ordinario per sé nella vita soprannaturale quello
manifestarli agli altri e di dirigere il prossimo. Of. II-II, q. 45, a 5 :
« Quidam autem altieri gradii percipiunt saplentiae donum, et quantum ad oontemplationem divinorum, in quantiun scilicefc altiora quaedam mysteria et oognoscunt et aliis manifestare possunt, et etiam quantum ad directionem... possunt alios ordinare ».
41 Possono essere collocate fra le grazie straordinarie le parole intcriori, le visioni, anche se siano ordinate direttamente alla santificazione dell'anima ohe le riceve. Allora non sono grazie gratis datae, ma fenomeni concomitanti della vita mistica, fenomeni accessori e passeggeri ohe non sono moralmente necessari nella maggior parte dei oasi per arrivare alla santità.
" Questa definizione è data dal P. Arintero, nelle Cuestiones mysticas, 2 ed., p. 45. '
17 — Perfezione e Contemplazione. - I.
258, PERFEZIONE CRISTIANA E CONtEMPIAZIONE
che si compie secondo le stesse leggi superiori del suo pieno sviluppo, leggi infinitamente più elevate di quelle della nostra natura.
In tal modo la 'visione beatifica, dopo la morte, quantunque sia del tutto soprannaturale, non è un dono straordinario, ma il coronamento normale della ; vita della grazia, tal quale Dio gratuitamente la volle '
per noi tutti. Non ne segue tuttavia che la maggio-;;ranza degli uomini giungerà a questo fine così alto:
•' « Vi sono molti chiamati, ma pochi eletti ». Gli eletti in cielo sono evidentemente una classe eletta, come significa lo stesso nome, ma una classe scelta in tutte le condizioni, e tutti noi dobbiamo vivamente desiderare di farne parte ì3.
Parimenti, quaggiù, la sommità dello sviluppo normale della vita della grazia, per alta che sia, non deve ' dirsi straordinaria per sé, benché possa essere rara o straordinaria di fatto, come la perfetta gene-' rosità' ch'esso suppone. Questa .sommità si chiama santità ed anche alta santità, che abbraccia l'eroismo delle virtù. Prima d'essere giunti a tal punto, si può avere una certa perfezione, ma non vi è ancora la piena perfezione a cui la vita della grazia è essenzialmente ordinata. In quel modo che si distinguono i principianti, i proficienti e i perfetti, fra questi ultimi, come abbiamo detto i1, bisogna distinguere. , quelli che nella perfezione cominciano, quelli che sono più avanzati e finalmente quelli che sono giunti
*3 S. Tòmmaso a questo proposito osserva. I, q. 23, a. 7 ad 3: « Cum beatitudo aeterna in visione Dei congistens excedat com.mune'm. statum naturae, et praeolpue gecundum quod est gratia destituta per corru-ptionem originalis peccati, •pawiores sunt vai salvantur. Et in hoc etiam maxime misericordia Dei apparet, quod aliquos in illam saluterà erigit a qua plurimi deficiunt seeundum oommunem cursum et Inclinatìonem naturae ».
" Tal è in particolare la dottrina di S. Giovanni della Croce, come osserva Giuseppe dello Spirito Santo in parecchi luoghi del suo grande Gwsus theologiae mvstwo-scholastwae. Ved. sopra e. Ili, a. 4:.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 259
alla pienezza della perfezione, all'alta santità, la quale sola merita d'essere chiamata il punto culminante dello sviluppo della vita della grazia.
Per conseguenza tutto quello che è o assolutamente necessario, o moralmente necessario nella maggior parte dei casi, per raggiungere questa vetta, non è straordinario per sé, anzi è la pienezza dell'ordine morale voluto da Dio. A questo proposito, 'non bisogna confondere quello che è grandemente ' utile nella maggioranza dei casi per giungere alla santità e quello che si riscontra nella maggior parte delle anime pie, quello che è comune fra loro, perché molte di esse sono ancor lungi dalla meta. Per conseguenza, senza ammettere che le orazioni mistiche siano per sé straordinarie, si può distinguerle .dalle orazioni comuni: infatti esse suppongono . una grazia eminente o superiore 15.
Se dunque le purificazioni passive non solo dei sensi, ma anche dello spirito, che sono uno stato mistico, e la contemplazione infusa, anche in grado superiore, che si trova attuato nell'unione trasfor-. mante, come insegna, S. Giovanni della Croce ie, sono generalmente necessario alla perfetta purificazione e santificazione dell'anima, èsse non si devono dire straordinarie per sé o di diritto, benché siano abbastanza rare di fatto, a cagione della comune mediocrità. Queste purificazioni passive ci appariscono .straordinarie, perché sono dolorosissime e sorprendono la nostra, natura; sono infatti un purgatorio anticipato ; ma . normalmente le anime generosissime devono fare il loro purgatorio sopra la terra meritando, in vece di farlo dopo la morte, senza meritare.
" Qt. Dom vitale lehodey, Le vie dell'orazione mentale: I. Dell'orazione in generale; II. Delle orazioni comuni; III. Delle orazioni mistiche. — Vedasi anche l'eccellente Trattato dell'amor di Dio, del Padre subin, S. J.
" Notte oscura. 1.1, o. in; 1. II, e. i.
260 PERFEZIONE CBISTIA-KlA E CONTEMPLAZIONE
Se noi lo facciamo dopo la morte, sarà per colpa nostra, perché abbiamo trascurato grazie che ci erano concesse oppure offerte durante la vita. Questo purgatorio dopo la morte, per quanto sia frequente, non è nell'ordine voluto da Dio per lo sviluppo plenario della vita soprannaturale, poiché, subito dopo la morte, l'ordine radicale vuole che l'anima possegga Iddio mediante la visione beatifica, ed è per questo motivo appunto che in purgatorio ella soffre di non vederlo. Consideriamo. adunque negli scritti dei santi qual sia secondo essi la via normale che conduce alla santità ".
" Bossuet, alla fine del suo ammirabile opuscolo sul Modo facile e breve di fare l'orazione di fede... disse: n Dopo la purgazione dell'anima 'nel purgatorio delle sofferenze, per cui bisogna necessariamente passare, verrà l'illuininazione, il riposo, la gioia, per l'unione intima con Dio, ohe le renderà questo mondo, pur essendo un esilio, come un paradiso. » Quelli che spesso meditarono quest'aureo opuscolo di Bossuet possono rendersi ragione ch'esso differisce sensibilmente da ciò ch'egli aveva detto nelle Istruzioni sugli stati d'orazione (Articoli dell'introduzione, n. 22) dov'egli chiamava n straordinaria » l'orazione di semplice presenza di Dio, di abbandono o di quiete, e da ciò ch'egli aveva detto anche nell'opera Mystici in tufo, n. 41 : « S. Francesco di Sales era giunto all'apice della perfezione, senza aver oltrepassata la meditazione discorsiva ». — La Chantal dice il contrario nelle sue Béponses, II ed., Parigi 1665, pag. 508 e seg. — Nel presente opuscolo, Bossuet dice dell'orazione semplificata, che « l'anima per la sua fedeltà nel mortificarsi e nel raccogliersi di solito la riceve ». Ora la seconda fase di quest'orazione, come abbiamo veduto, pag. 250, è infusa.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 261
articolo III.
Descrizione della contemplazione infusa e de' suoi gradi secondo S. Teresa.
Noi potremmo togliere la descrizione della contemplazione mistica e de* suoi gradi, non da S. Teresa, ma da altri autori, per esempio da Dionigi, da Ric-cardo di S. Vittore, da S. Bonaventura, dal Taulero, dal Euysbroeck, dal Blosio, da S. G-iovanni della Croce o da S. Francesco di Sales. Se noi scegliamo S. Teresa, è perché in parecchi punti ella parlò con maggior precisione, perché la sua descrizione diventò classica, ed anche perché specialmente sopra di lei pretendono appoggiarsi coloro che considerano la contemplazione infusa o mistica come un favore propriamente straordinario. .
Quando apriamo la Vita di S. Teresa, scritta da lei stessa, o il suo Castello inferiore, . a tutta prima ci appare come un mondo spirituale inaccessibile, affatto superiore a quello che ogni anima inferiore può legittimamente desiderare. Spesso infatti si tratta di fenomeni straordinari, di visioni, che fanno presentire fin di quaggiù la vita del cielo, di rivelazioni o di parole inferiori che la maggior parte delle anime pie non udirono mai. Questo complesso di fenomeni straordinari, che colpiscono assai alla prima lettura, . se noi vi ci fermiamo, può nasconderei, anziché manifestarci, quello che vi è di più profondo e di più elevato in questa Vita: voglio dire: il pieno sviluppo ch'ebbero in lei le virtù cristiane che tutti dobbiamo avere, e che in molti restano meschine, senza vigore, e come intristite.
262 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Quando invece si leggono le opere di S. Teresa, cercando di vedere in esse soprattutto lo sviluppo perfetto di- quell'organismo spirituale chei è in ogni anima giusta, non è possibile non riconoscere che è così veramente che deve espandersi, quando gli ostacoli sono caduti, la grazia delle virtù e dei doni, che ricevemmo nel battesimo. Allora le manifestazioni esteriori più o meno straordinarie della vita soprannaturale passano in seconda linea.
Non conosciamo abbastanza il pregio del tesoro che ogni vero cristiano porta in un fragile vaso. I nostri occhi di carne vedono solo il vaso, e dimentichiamo che la grazia santificante, che è in noi, è la vita eterna cominciata, semen gloriae, . inchoatio vitae aeternae 1. Dimentichiamo praticamente ch'essa è una 'partecipazione reale e formale della vita intima di Dio, e che un giorno essa deve assolutamente o morire per sempre in noi o espanderai nella gloria, facendoci vedere e amare Iddio come 'Egli vede e ama-se stesso. Tal è il nostro destino, e finalmente per ciascuno di noi non vi è se non un'alternativa inevitabile: vita eterna o morte eterna.
È questa la nostra ricchezza e la nostra nobiltà:
per la grazia noi siamo di Dio,' nati da Dio 2, e fin di quaggiù la nostra vita soprannaturale in tondo è la medesima che quella del cielo, come la vita vegetale nascosta nella ghianda è identica a quella della quercia vigorosa che da essa proviene, come la vita intellettuale che sonnecchia ancora nel bambino è identica a quella dell'uomo adulto pervenuto al pieno sviluppo della sua ragione.
Questa grazia santificante deifica l'anima nostra e da essa derivano nelle nostre facoltà, per sopraelevarle, le virtù soprannaturali, soprattutto le virtù
1 Ct. S. tommaso, II-II, q. 24, a. 3, ad 2. 8 ii Ex Deo nati », joann., I, 13.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GPADI 263
teologali, la fede, la speranza e la carità, di cui l'ultima deve durare eternamente. Questa vita totalmente soprannaturale è incomparabilmente superiore al miracolo sensibile, che è solo un segno 3, assai superiore anche alla vita naturale degli angeli creati e creabili, poiché essa- è una partecipazione della vita stessa di Dio i.
Con questo tesoro soprannaturale che divinizza tutte le nostre energie, noi ricevemmo lo stesso 'A.u.-_ tore della grazia, lo Spirito Santo, che fu mandato agli apostoli il giorno della Pentecoste, e che ci fu dato mediante la Confermazione, insieme coi sette doni che ci dispongono a ricevere le sue ispirazioni divine. Per noi disse Gesù: «Lo Spirito Santo che il Padre manderà in mio nome, v'insegnerà ogni cosa, e. vi richiamerà alla mente tutto quello che vi ho detto... egli vi guiderà in ogni verità» 5. «La sua unzione, dice S. Giovanni, v'insegna ogni cosa» 6.,
Questa vita soprannaturale in molti cristiani resta come anemica, senza forza, senza, irradiamento, perche essi, troppo assorbiti dalle cose terrene, appena sollevano a lunghi intervalli il loro intelletto e il loro cuore a Dio, in vece di vivere con Lui, come col-l'ospite inferiore, col Padre ed amico più intimo a noi che noi stessi. Invece nell'anima dei 'santi questa vita soprannaturale apparisce in tutta la sua
' L'effetto miracoloso, per esempio, la vita resa al cadavere è naturale nella sua essenza, e soprannaturale solo per il modo della sua produzione; nel ohe esso è assai inferiore alla grazia che è essenzialmente soprannaturale. Lo stesso bisogna dire dell'annunzio profetico d'un avvenimento futuro e libero d'ordine naturale. È quello che esprimono i teologi dicendo che la vita della grazia è soprannaturale quoad sub-stantmm ossia essenzialmente, laddove il miracolo e la profezia sodo soprannaturali solo guoad modum, per il modo della loro produzione o preternaturali.
* Gli angeli stessi dovettero ricevere la vita della grazia per poter meritare la visione beatifica, che supera infinitamente le forze e le esigenze della loro natura. Ct. I, a. 62, a. 2.
° joann., xiv, 26; xvi, 13.
'' I joann., li, 27.
264 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
energia, ed è questa soprattutto che noi dobbiamo considerare in loro, molto più che i doni straordi^ nari, miracolosi e inimitabili per i quali la loro .santità è manifesta all'esterno.
Vediamo dunque in che consiste quaggiù nell'anima dei santi l'unione con Dio che costituisce il fondo della loro vita, e quali sono i suoi gradi. Seguiamo a passo a passo su questo punto la dottrina di Santa Teresa e usando le sue proprie parole. Il migliore dei- commenti non consiste forse nel raffrontare su un medesimo soggetto i varii testi della Santa, che s'illuminano gli uni cogli altri ?
§ I. Lo stato mistico in generale.
1. Preparasione. — 2. Chiamata generale e chiamata individuale. — 3. Natura dello stato mistico.
1. La Santa ci mostra che prima di tutto l'anima, che cerca d'unirsi a Dio presente in lei, deve per -solito sollevarsi col suo proprio sforzò, aiutato dalla grazia, al di sopra delle cose sensibili, facendo atti spesso ripetuti d'umiltà, di fede, di speranza, di carità, che le suggerisce l'orazione domenicale, il Poter 7. Per penetrare le verità rivelate, essa le medita, aiutandosi, all'uopo, con un libro, le raffronta le une colle altre .e ne deduce le conseguenze pratiche che c'inducono a volgere sempre più il nostro cuore a Dio. È questo il lavoro umano dell'intelletto che si semplifica abbastanza presto, come la lettura nel bambino che non ha più bisogno di compitare. La meditazione' diventa così un'orazione affettiva sem-
' Cammino, da e. xxi a xxyii, e CasieUtì, II e III Mansione.
LA CONTEMPLAZIONE È I SUOI GEADI 265
plicissima, un raccoglimento attivo che è una preparazione o disposizione a ricevere la grazia della contemplazione 8. Fin qui l'anima non arriva a bere se non un'«acqua, che scorre sopra la terra e dove s'incontra ancora con un po' di fango» 9, essa non raggiunge la verità divina • se non mista alle considerazioni umane. . . .
2. Ma vi è una fonte d'acqua viva, di cui Gesù parlava alla Samaritana; e «quanto è vantaggioso il bere ad essa!» 10. È l'immagine della contemplazione che ci è data dallo Spirito Santo. Qualsisiano gli ostacoli che presenta la via che conduce a questa sorgente, bisogna « camminare coraggiosamente senza stancarsi... Pensate che il Signore invita tutti («Venite ad me omnes... » Matth., xi, 28). Egli è la verità stessa, dunque la cosa è fuor di dubbio. Se il festino non fosse generale, egli non ci chiamerebbe tutti, oppure, chiamandoci, non direbbe: Io vi darò da bere, ma direbbe: Venite tutti, non ci perderete nulla, ed io darò da bere a chi crederò bene. Ma poiché egli dice senza restrizione : « Venite tutti », io considero come certo che tutti quelli che non resteranno per istrada riceveranno quest'acqua viva. Si degni
' Cammino, e. xxvin: (ricordiamo questo testo capitale che abbiamo già citato sopra) <i È un'orazione che presenta molti vantaggi. Si chiama orazione di raccoglimento (attivo), perché l'anima vi raccoglie tutte le sue potenze e si ritira dentro di sé col suo Dio. Per questa via, più prontamente ohe per nessun'altra, il suo divin Maestro la istruirà e le concederà l'orazione di quiete... Le persone che potranno rinchiudersi così nel piccolo cielo dell'anima loro, ove abita Colui che la creò,... devono credere ch'esse sono sopra una via eccellente e che riusciranno a dissetarsi alla tonte... Queste anime vanno a vele gonfie, come si dice ». Nel capitolo ~s.-s.i~s., S. Teresa determina bene la natura di questo raccoglimento attivo: 11 Questo non è qualcosa di soprannaturale, ma dipende dalla nostra volontà n. E il P. bannez notò nell'originale: 11 Per soprannaturale ella intende quello che non è lasciato a nostra scelta colla grazia ordinaria di Dio ». — Citeremo sempre secondo la traduzione dei Carmelitani di Parigi.
• Ibid., e. xix, 150.
10 Cammino, e. xix, p. 156.
266 PEKFEtaONE OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Colui che ee la promette di darci la sua grazia per. cercarla come si deve 1 Io gliela domando a nome di lui stesso» 11. Tal è la. chiamata generale e remota, ma non .è ancora la chiamata individuale e prossima 12. . . ,
In altre parole, se siamo umili, generosi e fedeli nella pratica delle virtù e dell'orazione comune, verrà un momento in cui lo Spirito Santo, che abita in noi per illuminarci e santificarci, prenderà sempre più la direziono della nostra vita e ci domanderà di essere interamente docili alle sue divine ispirazioni. Allora comincerà per noi un'unione con Dio più .intima, chiamata da S. Teresa orazione soprannaturale ls ed oggi abbastanza generalmente «stato, mistico». . , ,'•
3. Quello che, caratterizza essenzialmente questa vita mistica, è una cognizione infusa e amorosa di Dio; in altre parole è un lume infuso e un amore
11 Cammino, o. xix, p. 156.
" Su questa chiamata generale e remota di tutte le anime Intcriori alle acque vive della contemplazione infusa, vedasi anche nel Cammino, e. xx: « Sembra che vi sia contraddizione tra quello che ho detto nel capitolo precedente e quello che avevo detto più avanti, per consolare le anime che non arrivano alla contemplazione... Eppure mantengo quello che ho detto. Il nostro Dio intatti, conoscendo la nostra debolezza, ordinò ogni cosa in modo degno di lui. Ma non disse: Gli uni ' vengano per una via e gli altri per un'altra. No, nella sua gran misericordia, a nessuno egli impedisce di dirìgersi verso questa fonte di. vita per dissetarvisi. Sia egli benedetto!... che dico! Pubblicamente e a gran voce ci chiama («Stabat Jesus et clamabat dicens: 8i q.uìs sitit, veniat ad me et bibat ». joa.nn., vii. 37)... Così, Sorelle mie, non ore- ;
diate di morire di sete su questa via... Ciò posto, seguite 11 mio con-, sigilo, e non restate per istrada, ma combattete da persone coraggiose,., pronte a morire nella pena. » — Parimenti, Castello, e. xxi : « Lo ripeto, quello che maggiormente importa è avere una risoluzione ferma, una determinazione assoluta, incrollabile, di non fermarsi fino a che non/ siasi raggiunta la tonte, qualunque cosa avvenga, qualsislano le eri-. tiche di cui siasi l'oggetto... quando pure dovesse crollare il mondo! »y
13 Questa vita superiore è infatti soprannaturale doppiamente (redu- . lalicative'), non più solo nella sua essenza, come la vita cristiana comune,,. ma per il modo divino di conoscere e di amare, che è ispirato dallo Spirito Santo. '' .
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 267
infuso, che ci vengono dallo Spirito Santo e da' suoi doni, per farci crescere sempre più nella carità 11. In certuni è l'amore che domina, in altri il lume. Ma siccome non si ama se non quello che si conosce, e non si può amare ardentemente quello che si conosce male, ogni anima per essere, accesa d'amore dev'essere anche molto illuminata. Qui l'anima non è più portata a meditare da se stessa, a ragionare sopra le grandi verità della fede, per eccitarsi ad atti d'amor di Dio, ma riceve « un raccoglimento spirituale», ch'ella non potrebbe mai acquistare co' suoi proprii sforzi, e «che non dipende dalla nòstra volontà» 15. Non è più l'anima che si raccoglie, ma è Dio che la raccoglie e l'attrae verso il santuario interno. È il principio della contemplazione propriamente detta, la quale è infusa, poiché non possiamo procurarcela colla nostra attività aiutata dalla grazia. E se non abbiamo ancora ricevuto questo dono, osserva espressamente S. Teresa, contro i quietisti, guardiamoci dall'incatenare il movimento del nostro pensiero... e di restar lì come degli stupidi» 16.
" Dai testi che seguiranno si vedrà perché noi non potremmo ammettere che la contemplazione mistica sia, secondo S. Teresa, una -percezione immediata di Dio in se e non nei suoi effetti, ne una cognizione-•per idee infuse simili a quelle degli angeli e che escludano completamente la possibilità del ragionamento. La contemplazione mistica diventerebbe^ così una grazia miracolosa, e non solo eminente : sarebbe, propriamente parlando, straordinaria, e, contrariamente a ciò che dice S. Teresa, non tutte le anime interiori potrebbero aspirarvi come alla fonte d'acqua viva. Sopra questo punto vedasi l'articolo ohe segue;.. I testi di S. Teresa che riuniamo qui sono già una risposta alle obiezioni che ci fa a questo proposito Mons. Farges nella Revue d'Ascétigue et de STystigue, luglio 1922, pag. 272. Ci ritorneremo sopra.
15 Castello, IV Mansione, e. in, p. 114, Ilo, 116.
11 Ibid., p. 117, 119. Quest'osservazione della Santa riguarda la chiamata individuale prossima alla contemplazione infusa. Ella mostra chiaro di non ammettere, dopo, l'orazione acquisita di raccoglimento, descritta nel Cammino, e. xxvin (quella chiamata poi sovente orazione affettiva semplificata), e prima dell'inìzio della contemplazione infusa di cui si tratta qui, uno stato intermedio che meriti il nome di contemplazione acquisita. Se l'ammettesse, concederebbe che l'anima
268 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Questo raccoglimento e la quiete che lo segue sono « qualcosa di soprannaturale, e che noi non possiamo procurarci coi nostri sforzi, quali si siano » 17. « In quanto al disporvici, sì, questo si può ed è senza dubbio un gran punto» 18. La salmodia, per esempio, dispone all'orazione contemplativa : e la fa\ desiderare.
Sotto questo, raccoglimento passivo « Iddio ferma l'intelletto, gli fornisce di che ammirare, di che occuparsi ; allora nello spazio d'un Credo, noi, senza
«può fermare il movimento del pensiero i prima d'aver ricevuta! la grazia del raccoglimento soprannaturale.
Se si vuole chiamare contemplazione acquisita l'ultima delle orazioni acquisite che è l'orazione affettiva semplificata, chiamata da S. Teresa orazione eli raccoaUmento (acquisito) nel Cammino, e. xxvni, si conserva in tal modo la dottrina della Santa, ma non se ne conservano i termini, perché ;come tutti i grandi mistici, quello ch'ella intende per contemplazione senz'àltro, è la contemplazione infusa, che non possiamo procurarci col nostro alorzo. Ct. Cammino, e. xvm, xix, xx, xxi, xxv, xxvn, xxxi e IV e V Mansione.
Se invece si vuoi chiamare contemplazione acquisita altra cosa che non sia l'orazione acquisita di raccoglimento e se vuoisi farvi entrare le orazioni soprannaturali descritte nella IV e V Mansione, si fa vio-. lenza alle parole di S. Teresa e alla sua dottrina, poiché ella dichiara . espressamente che noi colla nostra propria industria aiutata dalla grazia non possiamo metterci in oneste orazioni soprannaturali di raccoglimento (passivo), di quiete, d'ebbrezza spirituale e di sonno mistico. Qui non e' necessario interpretare la Santa, ma basta leggere. Se si dovessero chiamare acquisite queste orazioni soprannaturali, che non sono in nostro potere, perché possiamo disporci a riceverle, se bisognasse rl-fiutar loro il qualificativo d'infuse o di mistiche, perché vi si reca una preparazione qualunque, bisognerebbe anche rifiutarlo al rapimento di cui ella parla nella sua Vita, e. xvm, p. 223; al principio, dice ella, esso avviene 11 quasi sempre dopo una lunga orazione mentale ». Per essere logici, bisognerebbe dunque parlare d'un rapimento acquisito e perfino di un'unione trasformante acquisita.
Tutto all'opposto sono nella vera tradizione di S. Teresa i carmelitani Giovanni di Gesù Maria, Theot. mystica (Herder), e. ni, e Michele de la Fuente, Las tres vidas, Introd., i quali subito dopo l'orazione affettiva semplificata ossia orazione acquisita di raccoglimento collocano ]a contemplazione infusa. Lo stesso dice S. Francesco di Sales, A'mor di Dio, vi, 7.
" Cammino, e. xxxi, p. 223 e e. xxxn, p. 241.
11 Relation liv, al P. Bodriguez Alvarez, p. 295. Vedasi quello che si dice anche del lavoro dello spirito, analogo a quello della noria, che dispone all'orazione soprannaturale di quiete che noi non possiamo procurarci col nostro sforzo naturale (Ct. Viti, o. xiv, p. 177).
"LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 269
discorrere, riceviamo più lume che non ne potremmo acquistare in molti anni con tutte le nostre industrie terrene» 19. «Nella contemplazione, l'anima rinonosce che il Maestro divino la istruisce senza rumore di parole» 20. «Non è questa una visione, ma sì quello che si chiama, credo, teologia mistica... L'intelletto resta come stupefatto delle grandi cose ch'esso concepisce. Infatti Iddio vuole ch'esso allora comprenda di non comprender nulla di ciò che gli viene mostrato» 21. «Non appena ci -mettiamo in oraziane, noi troviamo a chi parlare: dagli effetti, dai ..'sentimenti d'ardente amore, di fede viva, di generosità mista a tenerezza, che nascono nell'anima. nostra, noi comprendiamo ch'egli ci ascolta. Dio ci largisce allora una grandissima grazia, e, chi la riceve deve stimarla molto, • perché è un'orazione elevatissima, ma insomma non, è una visione. D,agli effetti 32 che Dio produce nell'anima, si capisce ch'egli è lì; è una via per la quale sua Maestà vuole farsi sentire a noi» 23. !' ' .i - ''
Sotto questo lume infuso, « l'anima s'accende d'amore, ma non sa com'ella ami » si. Questo soavissimo amore del nostro .Dio entra nell'anima con una somma dolcezza, la riempie di piacere e di gioia 25, senza ch'essa possa capire come e per dove questo bene siasi introdotto in lei» 26. È dunque veramente un amore infuso, come il lume ch'esso suppone; è, di-
" Vita, e. XII, p. 160. " Cammino, e. xxv, 187.
21 Vita, o. X, p. 134.
22 Dunque non st percepisce Dio in se stesso O immediatamente, come pretesero certi interpreti di S. Teresa. Essa parla come fa S. Tommaso, 1,0. 94,a. 1, ad 3 ; II-II, a. 5, a. 1; i. 97, a. 2, ad 2.
23 Vita, e. xxvn, p. 338, in cui S. Teresa distingue l'orazione mistica dalle visioni che a volte possono accompagnarla.
" Cammino, o. xxv, p. 187.
25 Nondimeno sussiste nell'aridità della notte oscura, come ve--dremo. ' •
28 Pensieri sul Cantico, e. iv, p. 437.
270 PERPEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
cono i tornisti, il frutto d'una grazia operante per la quale l'anima è mossa vitalmente e liberamente da Dio, senza ch'ella sì muova da sé deliberatamente 27. « Quando Iddio ci farà bere quest'acqua (della contemplazione)... voi capirete che il vero amor di Dio, quando trovasi nella sua forza, cioè interamente liberò dalle cose della terra e aleggiante sopra esse, è padrone di tutti gli elementi e del mondo stesso» ss. Quest'orazione è una piccola scintilla del vero amor divino che il Signore comincia ad accendere nell'anima» 29, e questo fuoco «purifica l'anima dal fango e dalla, miseria ove le sue colpe l'avevano immersa » 30. .
Tale è il fondo essenziale della vita mìstica: quel conoscimento infuso e quell'amore infuso, che sono l'esercizio superiore delle virtù teologali,.. sotto -l'in.-fLusso dei doni dello Spirito Santo. Egli solo può comunicare questo conoscimento di Dio e quest'amore, il cui modo sovrumano supera ogni sforzo personale aiutato dalla grazia 31. :
S. Giovanni della Croce. esprime la medesima dottrina dicendo: «Là contemplazione è una scienza d'amore, una cognizione infusa e amorosa di Dio» 32.
' S. tommabo, I-II, q. Ili, a. 2.
8 Cammino, e. xix, p. 118.
• Vita, e. xv, p. 130.
° Cammino, e. xix, p. 150.
' Intatti S. Teresa dice. Vita, e. xrv, che per far intendere che cosa sia un'orazione soprannaturale, avrebbe bisogno di parlare del soccorso yarticolare, che l'anima vede in qualche modo col proprii occhi in quest'orazione. Ella non parla d'idee infuse.
32 Notte oscura, 1. II, e. xvm, ediz. orlt. spagnola, p. Ili: i. La con-templacióìi es ciencia de amor, la cuoi es noticia infusa de Dios amorosa. » Definendo così la contemplazione S. Giovanni della Croce dimostra che perlai la contemplazione propriamente detta è infusa, e di essa appunto tratta egli costantemente. Quindi il carmelitano Nicola dì Gesù Maria nella sua Elucidati» phrasium myst. operum Joannis a Cruce, P. II, e. iv, ha ragione di dire che si tratta della contemplazione infusa non solo nella Notte oscura, ma anche nella Salita, 1. II, e. xm. Cf. Etudes Garmelitaines, luglio 1912, pag. 263, 270.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 271
« Questa contemplazione tenebrosa... è là teologia mistica che i Dottori chiamano sapienza segreta, comunicata, secondo la dottrina di San Tommaso, mediante ..l'infusione dell'amore nell'anima; cf. II-II, ,q. 180, a. 1 33. Questa comunicazione si fa segretamente... le nostre facoltà sono incapaci di acquistarla, ed è lo Spirito Santo che la versa nell'anima» 3i. Sotto il suo influsso, è il più alto esercizio delle tré virtù teologali s5. Questa contemplazione infusa e amante, se dura un certo tempo, .si chiama uno stato di orazione, stato passivo, o per lo meno più passivo che attivo, in questo senso che noi non possiamo produrlo, ma solo disporvici.
§ II.
I gradi dello stato mistico. Dalla IV alla VII Mansione.
Si tratta qui soprattutto dell'intensità crescente della carità, della fede viva e dei doni corrispóndenti. S. Tommaso la studiò da un punto di vista astratto e teorico 36; essa è descritta da S. Teresa'secondo, l'esperienza e sotto le sue forme più alte. Per dimostrare questa intensità crescente dello stato mistico, la Santa insiste sulla sua estensione progressiva alle diverse facoltà dell'anima, a poco a poco sospese o soggiogate da Dio. Prima solo la volontà è presa, fissata, poi l'intelletto, l'immaginazione; finalmente nell'estasi è sospeso l'esercizio dei sensi esterni. Tut-
" Da questa citazione di S. Tommaso fatta da S. Giovanni della Croce si vede quanto s'ingannino coloro che pretendono oggi che 11 Dottore angelico non abbia parlato, nella Somma Teologica, della contemplazione mistica propriamente detta.
" Notte, 1. II, e. xvni.— Vedasi anche Notte. 1. II, o. v.
" Salita, 1. II, e. v e vi.
" II-II, q. 24.
272 PEBFEZIOSB CEISTIANA E CO'NTEMPI.AZIONB
tavia S. Teresa sa che la legatura dell'immaginazione e dei sensi è solamente un fenomeno concomitante e accidentale della contemplazione infusa 37, e che l'estasi non è un segno certo d'una maggiore intensità del conoscimento e dell'amore di Bio,' poiché cessa generalmente nello stato,, mistico più perfetto, che è l'unione trasformante 88., Lo stato mistico completo quanto alla sua estensione, non è dunque necessariamente il più intenso o il più elevato 89.
" Castello, V Mansione, o. i, p. 128. Cominciando a trattare dell'ora-sione d'unione, che segue la quiete, e che alle volte è accompagnata da un principio d'estasi, ella elice alle sue figlle : n Le più entrano in onesta V mansione. Certe yartwolarità che vi s'incontrano sono, credo, la porzione del piccolo n'amerò, ma se le altre arrivano solo fino alla porta, è già da parte di Dio un'immensa misericordia; perché vi sono molti chiamati e pochi eletti ».
Più avanti, V Mans., e. in, p. 152, ella dice: e II Signore ha il potere d'arricchire le anime per diverse vie e di farle pervenire a queste Mansioni (cioè: all'orazione soprannaturale d'unione) senza -passare per il Sentiero traverso che ilo indicato, a Vedremo più avanti che cosa ella intenda per i questo sentiero traverso»: non lo stato mistico, come a volte ru creduto, ma lo stato estatico, o un principio d'estasi.
Di più, V Mansione, e. in, S. Teresa parla anche d'unione di conformità alla volontà divina, che non è un grado d'orazione, ma una disposizione eccellente a non avere volontà propria, disposizione che si può avere senza ricevere un principio d'estasi.
" Castello, VII Mans., e. m, p. 300.
" Ciò fu tiene spiegato dal Can. saudbeau, Etat mystigue, II ediz. p. 89. Ma appunto per questo noi deploriamo dì vedere nella medesima opera, p. 4:6, ch'egli chiama straordinarie le orazioni della V e VI Mansione, accompagnate da estasi. Esse non sono straordinarie nel loro tondo, per la loro stessa essenza, ma solo per alcuni fenomeni concomi-. tanti e accidentali. Il can. Saudreau lo riconosce altrove, p. 51, dt-' cendo come noi: i Dio può condurre l'anima fino all'unione trastor-, mante, senza concederle rapimenti «.
Certo vi sono ragioni per distinguere lo stato mistico da ciò ch'egli chiama fenomeni straordinari d'ordine angelico (p. 180), e le obiezioni che a questo proposito gli turono fatte ultimamente (BeCTte Apologé-tigue, lo giugno 1922), non sono certamente fondate. Lo stesso Padre Poulain distingueva chiaramente lo stato mistico dalle visioni ohe possono accompagnarlo.
Il P. lallemast, 8. J., l'aveva già osservato giustamente nella Dot-trina spirituale, VII Principio, o. vi, a. 7 : « I gradi della contemplazione, dice egli, secondo alcuni, sono primo il raccoglimento delle potenze, secondo il mezzo rapimento, terzo il perfetto rapimento, quarto l'estasi. Ma questa divisione non esprime tanto l'essenza della contemplasione
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 27S
8. Teresa non lo ignora; ma questa estensione,, prima progressiva, poi ristretta, è abbastanza facile ad accertarsi, a descriversi, e può gettare un po' di luce sull'elevazione ' .crescente dello stato mistico, se là si unisce a un altro segno più profondo sul' quale insistette molto S. Giovanni della Croce. Questo segno più profondo si trova .nelle purificazioni passive dei sensi da prima, e poi dello spirito, che alla loro volta denotano un progresso nell'intensità del conoscimento e dell'amor di Dio. S. Teresa, come vedremo, non trascurò questo secondo segno.
Un terzo segno anche più decisivo viene dal fatto che la virtù sale normalmente coli'orazione. È da questo soprattutto che bisogna giudicare dell'azione sempre più intima di Dio, più ancora che dalle purificazioni passive. Queste infatti dipendono molto dagli ostacoli che la grazia incontra, ed anche dai generi di temperamento, dalle disposizioni morbose. Benché siano inseparabili dallo sviluppo della vita mistica, queste purificazioni passive non possono darne una misura così certa come il progresso della virtù. Quello che corrisponde all'intensità crescente della contemplazione infusa e dell'amor di Dio, è il progresso della virtù, non sempre come ne giudica l'uomo,, ma come esso si fa veramente davanti a Dio,
quanto i suoi decidenti; perché un'anima avrà a volte sensa rapimento un lume più sublime, una cognizione più chiara, un'operazione di Dio più eccellente, che un'altra con rapimenti straordinari e con estasi. La S. Vergine nella contemplazione era più elevata di tutti gli Angeli e di tutti i Santi insieme, eppure non aveva rapimenti a. Certi santi ne
•ebbero da fanciulli, come Bernadetta alla grotta di Loùrdes, e molto meno in appresso.
In quest'osservazione vi è qualcosa d'analogo a quella fatta di solito
•a proposito della scienza: 11 suo progresso in estensione (augmentum ex-tenslvum) non è un segno certo del suo progresso in penetrazione (au-tìmentum infensivum). Molti hanno •una cognizione abbastanza completa ed estesa d'una scienza, senza averne un conoscimento profondo o elevato, che solo permetterebbe loro di afferrare, come con uno sguardo, tutta questa scienza nei suoi principii primi; et. S. Tommaso, I-II, q. 52.
18 — Perfezione e Contemplazione. - I.
274 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
solo giudice-delie anime. Questo, come vedremo, fu maravigliosamente osservato da S. Teresa ì0. Sua Santità Pio X la lodò in: modo particolare di questo, dicendo che « i gradi d'orazione da lei enumerati sono altrettante ascensioni superiori verso la vetta della. perfezione » 41.
* * *
Anzitutto, nell'orazione di quiete « solo la volontà è soggiogata » 42 dal misterioso lume ricevuto, che le manifesta la bontà di Dio presente in lei; così come un bambino assapora il latte che gli si da is. O meglio, è come lo scaturire dell'acqua viva di cui parlava Gesù alla Samaritana : « l'acqua procede dalla stessa sorgente che è Dio... viene dal nostro fondo più intimo con una pace, con una tranquillità, con una. •soavità suprema... Appena quest'acqua celeste ha cominciato a sgorgare dalla sua sorgente,... subito-si direbbe che tutto il. nostro interno si dilati e s'allarghi. Allora sono .beni spirituali che non sì possono dire, e l'anima stessa è incapace' di comprendere quello ch'ella riceve in quell'istante » Ì1A. /
" Oltre i testi che citeremo, vedasi su questo punto quello ohe, nella,. sua Vita, ai dice del progresso della -virtù corrispondente alle orazioni simboleggiate dai quattro modi d'inaffiare; 2° acoua: i fiori (della virtù} sono sul punto di comparire (e. xv, p. 198, 199) ; — 3° acqua; fiori s'boe-oiano, le virtù traggono da quest'orazione molto maggior vigore che. dalla precedente, che è quella di quiete (e. xvi, pag. 209 e o. xvil, pagine 210, 211) ; — '1° acqua: 11 Da quest'orazione l'anima ricava beni molto più abbondanti e più elevati elle dalle orazioni precedenti; la sua umiltà aumenta. È qui che nascono le promesse e le risoluzioni eroiche, i desideri infiammati, l'orrore del mondo, la visione chiara della vanità... r (e. xix, p. 229).
41 i Dooet enim gradus oratlonis quot numerantur, veluti totìdems superiores in christiana perfectione ascens-us esse ». Lettera del 7 marzo 1911 sulla dottrina di S. Teresa.
*2 Cammino, o. xxi, p. 224.
" Iì)id., p. 228.
14 Castello, IV Mansione, e. il, p. 109, 110.
LA CONTEMPLAZIONE ~E I SUOI GRADI 275
Nondimeno, in tale stato, l'intelletto, la memoria, l'immaginazione non sono affatto schiave dell'azione divina. Alle .volte sono le ausiliari della volontà e s'occupano al suo servizio, altre volte il loro concorso serve solamente a turbarla. «Spesso, dice la Santa, durante quest'orazione, voi non saprete che fare del vostro intelletto e della vostra memoria (che non cessano di agitarsi)... Ma quando la volontà si troverà in siffatta quiete, essa non deve occuparsi dell'intelletto (o del movimento del pensiero o della , immaginazione...) più di quello ch'essa si occuperebbe d'un pazzo » ÌB.
Siffatta quiete del resto . è spesso interrotta dalle aridità e dalle prove della notte passiva dei sensi ie, dalle tentazioni contro la pazienza, contro la castità, che obbligano ad una salutare reazione; la qual cosa fortifica assai quelle virtù morali che hanno la loro sede nella sensibilità. Gli effetti dell'orazione di quiete sono una più grande virtù, soprattutto un maggior amore di Dio, e una pace ineffabile almeno nella parte superiore dell'anima vì.
* * *
Se l'anima è umile e generosa is, sarà elevata ad un grado superiore. 'Seìl'wione semplice, l'azione di Dio è abbastanza forte da assorbire totalmente l'attività delle facoltà ulteriori dell'anima; tutta questa^i
15 Oammiw), o. xxxi, p. 227, 228, e Castello, IV Mans., o. i, p. 103.
" Gommino, o. xxxrv, p. 254, e o. xxnr, p. 178,c.xxxvin.C'as(eZto, III Mans., e. i, p. 81; IV Mans., o. i, p. 98, 102, 105. Da confrontare con S. Giovanni della Croce, Notte, I. I.
" Cf. Vita, o. xv.
48 Castello, V Mans., o. i, p. 128. La Santa osserva ohe qui non basta seguire attentamente la propria regola, ma bisogna anche essere dooi-lissìmi alle ispirazioni dello Spirito Santo, il quale diventa tanto più esigente quanto maggiormente egli da e vuoi dare,
276 PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
attività va a Lui, e non si espande più all'esterno. Non solo la volontà è presa, soggiogata da Dio, ma anche il pensiero, la memoria, l'immaginazione. Onde l'anima generalmente non è più turbata dalle distrazioni. Dio sospende l'azione naturale dell'intelligenza «per meglio imprimere in lei la vera sapienza» 49. Anche la memoria e l'immaginazione sono fermate nelle loro operazioni naturali e intimamente unite a Dio a loro modo. L'anima non cerca più con sforzo di far venire l'acqua salutare che rinfresca e purifica^ ma riceve semplicemente quest'acqua, che, come la pioggia, cade dal cielo °0. «Dio non ci lascia qui altro soccorso che quello d'una volontà interamente sottomessa » 61. « Che stato è quello di un'anima immersa nella grandezza di Dio, e così strettamente a Lui unita durante un breve spazio di tempo, perché, secondo me, quest'unione non arriva mai ad una mezz'ora! » 52. Quest'anima ha, per dir così, cambiato forma, morendo interamente al mondo, come il baco da seta-che si cambia in una bianca farfalla °3.
S. Teresa osserva che quest'orazione d'unione è molto spesso incompleta, senza sospensione dell'immaginazione e della memoria, che a volte fanno una vera guerra all'intelletto e alla volontà M. Allora, come fu detto a proposito dell'orazione di quiète, non bisogna
" Castello, V Mans., e. i, p. 134. . ,
'•° La prima maniera d'irrigare, traendo l'acqua dal pozzo a forza di braccio, è l'immagine della meditazione (Vita, e. xi, p. 118) ; il secondo <^,modo con la noria, simboleggia l'orazione di quiete, in cui vi è ancora qualche attività, benché sia un'orazione soprannaturale (V'ita, e. xrv, p. 177); il terzo modo d'irrigare, mediante l'acqua corrente d'un fiume o d'una fonte, corrisponde al sonno delle potenze ( Vita,, e. xvi, p. 201) ; la quarta acqua che è quella della pioggia, simboleggia l'orazione d'unione (Vita, o. xvin, p. 217, 223).
•1 Castello, V Mans., e. i, p; 136.
" Ihia,., o. il, p. 142.
" Itlid.; bisogna osservare che è per siffatta trasformazione che quest'insetto giunge all'età adulta, e mediante una trasformazione analoga l'anima arriva all'etó adulta della vita soprannaturale.
51 Vita, o. svii, p. 212, 215.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 277
far caso dell'immaginazione, più'che d'una pazza56. È di quest'unione mistica incompleta che parla S. Teresa nel Castello, V Mans., e. m, p. 152, dicendo;
« Per l'unione della quale qui si tratta, è forse necessario che vi sia sospensione delle potenze ? No, il Signore ha il potere d'arricchire le anime per diverse vie e di farle arrivare a queste Mansioni senza passare per la via traversa che ho indicato » 56.
Gli effetti dell'orazione d'unione sono dei più santificanti; l'anima sente una gran contrizione de' suoi peccati, un ardente desiderio di lodare Iddio, una fortezza a tutta prova nel suo servizio, sente un vivo dolore alla vista della perdizione dei peccatori, e intravede così quello che dovettero essere i patimenti di Cristo durante la sua vita terrestre. Allora comincia veramente la pratica eroica delle virtù 57..
"• Vita, o. xvn, p. 215.
53 Si credette qualche volta ohe questa via traversa e le delizie ohe vi si trovano fosse la contemplazione infusa o mistica, ma è solo la sospensione dell'immaginazione e della memoria, o un principio d'estasi, ohe a volte accompagna l'unione mistica e la facilita assai. Ct. abintbbo, O. P., Evolucion mistica, p. 639, et Ouestiones misticas, p. 325 ss. ; P. gasate, S. J., Rasson y Fé, luglio 1908, p. 325. Il Saudreau, Les Degrés Se la Vie spirituelle, V ediz., t. II, p. 101, n. 2: » In occasione di questo passo, V Mans., e. in, p. 151, le nuove traduttrici di S. Teresa dicono ohe, secondo lei, vi sono due vie per condnrre allo stato d'unione, la via mistica e la via non mistica. S. Teresa non, dice nulla di simile;
se lo dicesse, contradirebbe alla sua dottrina costante (Ct. Cammino, o. xvin, xix, xx, xxi). Dice solamente, e la nuova traduzione lo attesta come il testo originale, ohe si entra in questa V Mansione o per l'unione, che è il principio d'estasi, o senza di essa; ora è possibile che non slasi ricevuta quest'unione estatica e siansi ricevute grazie mistiche assai preziose 11. Come già abbiamo notato, bisogna aggiungere: l'orazione d'unione passiva adunque non è straordinaria nel suo tondo e nella sua stessa essenza, benché certi suoi fenomeni aceldentall, concomitanti, possano esser tali. Vedasi, su queste parole di S. Teresa « via traversa «, Filippo della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, abintebo, Evolucion, mistica, II ediz., p. 667 ss.
" Castello, V Mans., o. il.
278 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMP1A2IONE
* * *
A questo punto viene generalmente un periodo di prova, descritto da S. Teresa al principio della VI Mansione, e. i, e che da S. Giovanni della Croce è chiamato notte passiva dello spirito. «Sono le mormorazioni delle persone con cui s'hanno relazioni... Ecco che costei fa la santa, vanno esse dicendo, essa cade negli estremi... Quelli ch'ella considerava suoi amici l'abbandonano. Anzi sono i più ardenti nel dilaniarla colle loro critiche maligne... Sono motteggi senza fine, maldicenze d'ogni genere... e siffatte dicerie a volte durano per tutta la vita » 58. Ma l'anima illuminata da Dio è «fortificata anziché abbattuta da queste prove, perché l'esperienza le ha dimostrato tutti i vantaggi ch'ella ne ricava... Onde ella arriva a concepire per le persone che la fanno soffrire una tenerezza particolare» 69. «Allora il Signore per solito manda grandissime malattie» w...
« Ma che dire delle pene inferiori ? Se fosse possibile darne un'idea, oh! quanto leggere apparirebbero le prime 1... Biasimo del confessore che teme tutto, dubita di tutto... Ambascia inferiore dell'anima alla vista della sua propria miseria... Ella si figura che a cagione de'' suoi peccati, Dio permetta che sia ingannata: pena che diventa quasi intollerabile, soprattutto in quelle aridità in cui sembra che non si sia mai avuto e che mai non si avrà il minimo pensiero di Dio, e in cui, udendo parlare di lui, è come se ti si nominasse una persona di cui non si è più udito parlare da un pezzo... L'intelletto è tanto oscurato che e incapace di capire la verità;
esso crede tutto ciò che l'immaginazione gli rappre-
" Castello, VI Mans., e. i, 169. " IM., VI Mans., e. i, p. 171. " Ibid.
LA CONTEMPEAZIONE E I SUOI GBAM 278
senta e tutte le pazzie che il demonio gli suggerisce. Certo nostro Signore permette a costui di tentar l'anima, ed anche di darle ad intendere ch'ella è riprovata da Dio... Durante questa tempesta ella è incapace di ricevere alcuna consolazione... Non vi è . altro rimedio che sperare nella misericordia di Dio. E Dio, quando meno uno se l'aspetta, con una sola parola ch'egli rivolge all'anima o con avvenimento che si presenta, la libera da tutti i suoi mali. Si direbbe che mai vi siano state nubi... e l'anima benedice nostro Signore, perché è lui che combattè per lei e la rese vittoriosa. Ella vede fino all'evidenza che non è lei che vinse la battaglia... Allora riconosce chiaramente la sua miseria e 'il poco di cui noi siamo capaci da noi stessi quando il Signore ci sottrae il suo soccorso. Non ha più bisogno di riflettere per capire questa verità» ff1.
«Poiché queste pene vengono dall'alto, gli oggetti terreni non vi posson nulla. Questo gran Dio vuole che noi riconosciamo la sua sovranità e la nostra miseria... Il miglior mezzo... per arrivare a sopportare queste ambasce, è. quello di attendere ad opere esterne di carità e di aspettarsi tutto dalla misericordia di Dio. Egli non viene mai meno a quelli che sperano in Lui... Le sofferenze esteriori cagionate dai demoni! sono più rare-... e tutte le pene che possono cagionare sono poca cosa in confrontò di quelle che ora ho indicate » 62. Più avanti, Santa Teresa parla d'una purificazione d'amore ancor più -dolorosa, che avviene all'entrata della settima Man-
" Castello, VI Mans., e. 1, p. 172-175. S. Teresa capiva in tal modo per esperienza la grande dottrina di S. Agostino e di S. Tommaso sulla. •grazia efficace per se stessa, così come la esponeva Domenico Bannez. Generalmente le anime ohe passano per la notte dello spirito non possono più ammettere altra dottrina, quand'anche prima inclinassero verso l'opinione opposta, secondo la quale la grazia è resa efficace dal' nostro consenso.
" Castello, VI Mang., e. i, p. 176, 177.
280 PERFEZIONE CEISTIÀNA I, CONTEMPLAZIONE
sione, «come la purificazione del purgatorio introduce nel cielo » es; ma allora l'anima sopportando questa sofferenza ha coscienza che è un eminente favore.
All'uscire da queste pene intcriori l'anima riceve una tale cognizione della grandezza divina, che abbastanza sovente ne segue l'estasi parziale o totale et. L'unione con Dio è così perfetta che sospende le operazioni dei sensi esterni; tutta l'attività dell'a-.nima è rapita verso Dio, e cessa per conseguenza, di esercitarsi riguardo al mondo esterno 65. Se alle volte il sapiente, come Archimede,, è talmente assorbito dalla speculazione, che non ode più le parole che. gli si rivolgono, ciò si verifica tanto più dell'anima contemplativa, nel momento in cui una grazia tortissima, facendole presentire l'infinita grandezza di Dio, l'assorte in questa beata contemplazione 66.
Alle volte l'anima esulta e non può trattenersi dal cantare le lodi di Dio. Ed è questa una grazia desiderabilissima: «Si degni la divina Maestà di concederci frequentemente una tale orazione, così sicura. e. così vantaggiosa ad un tempo 1 Acquistarla è im-
•» Castello, VI Mana., o. xi, p. 270.
'* Ibid., o. v. — II P. Joret, O. P., dimostrò bene (Vie Sptrit., maggio 1922, p. 90), ohe restasi, ohe è una conseguenza della contemplazione infusa, non è propriamente parlando straordinaria ; è caso diverso se essa-'precede la contemplazione e dispone ad essa.
e8 Ciò è in virtù d'un principio sovente formulato da S. Tommaso:
« cum totalìter anima intenda! ad actum unius potentiae, abstrahitur homo ab aotn alterius potentiae » (de Veritate, a. 13, a. 3). Ot. II-II, (1. 173, a. 3; q. 175, a. 2 (Caletan.).
" Dio allora apparisce sempre più come la Verità suprema, e si capiscono queste parole del Salmista; n Ogni uomo è mentitore «. Si vede. altresì perché l'Altissimo ami tanto l'umiltà: « perché egli è la suprema. , Verità, e l'umiltà non è altro che il camminare nella verità. Sì, è una grande verità che noi non abbiamo nulla di buono da noi stessi, e che la miseria, il nulla, sono il nostro retaggio » (V Mans., e. x, p. 265), — Sa-•rebbe dunque un errore il credere che il giusto si discema dal peccatore;
solo per la sua libertà, e ohe questa differenza non venga dalla grazia, Quis enim tè discernif! dice S. Paolo.
I.A CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 281
possibile,, perché è cosa interamente soprannaturale, Ciò alle volte dura una giornata intera... Questo giubilo immerge l'anima in una tale dimenticanza di sé-. e di tutte le cose, che diventa incapace di pensare e di. parlare, se non per dare a Dio quelle lodi, che sono come il frutto naturale della sua gioia» 87.
Invece, a proposito delle visioni immaginarie, Santa Teresa dice: «Non conviene in modo alcuno desiderarle » 68; sono favori straordinari totalmente distinti dal pieno' sviluppo della vita della grazia in noi-« Per il ricevere molti favori di questo genere, un'anima non merita maggior gloria... Vi è un gran numero d'anime sante che non sanno che cosa sia. ricevere queste grazie, ed altre, che non sono sante, le ricevono... e| spesso, per uno solo di questi favori, il Signore manda uh gran numero di tribolazioni» 69.
* * *
Finalmente l'anima viene introdotta nella settima Mansione: l'unione trasformante con .Dio, che è immediatamente- preceduta da un'ultima purificazione;
dolorosissima, quella dell'amore, «in cui l'anima muore del desiderio di morire» 70. In questa mansione certe persone hanno una visione intellettuale della SS. Trinità presente in noi; ma questa veduta, la cui chiarezza varia e che è come intermittente, non è di essenza dell'unione trasformante, e non sembra nep -
" Castello, VI Mans., o. vi, p. 226.
" Ihid., o. ix, p. 257. Nel medesimo senso 11 carmelitano scalzo Giuseppe dello Spirito Santo, correggendo Antonio dell'Annunciazione,. del medesimo ordine, dice molto giustamente e prova che « noi possiamo vivamente desiderare e umilmente domandare a Dio la contem-plazione infusa, ma non l'estasi ed altri simili favori che a volte l'accompagnano ». Cursus theol. mystico-scholasticae, ed. 1791, t. II, p. 222 et 224..
" Castello, VI Mans., e. IX, p. 259.
" IWd., VII Mans., e. xi, p. 272.
282 PEBrÉZÌONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
pure che le aia necessariam.en.te legata 71. Di più le estasi sono generalmente cessate 72, e ciò che costituisce il fondo di questo stato eminentissimo non è per nulla miracoloso: le facoltà superiori sono passivamente attratte al centro ove abita la SS. Trinità. Sotto questa grazia l'anima non può dubitare della presenza in lei delle divine persone, e non è quasi mai priva della loro compagnia. «Da certe aspirazioni segrete si riconosce essere Dio che da la vita all'anima nostra », ch'egli è la vita della nostra vita 73. Il cristiano giunto a quest'età perfetta forma moralmente una sola cosa con lui, nel senso in cui S. Paolo ci dice: «Chi aderisce a Dio, diventa un medesimo spirito con lui » r!i. È la prima attuazione, per quanto è possibile quaggiù, della preghiera di nostro Signore : « Che siano una sola cosa, come una sola siamo noi, io in essi, e tu in me... onde conosca il mondo che tu mi hai mandato e hai amato essi come hai amato me» 76. Così l'acqua che cade dal ciclo in un fiume si confonde talmente con esso che non è più possibile distinguerli. ^Oppure, secondo l'immagine di S. Giovanni della Croce, è come quando
71 S. Teresa ne parla VII Mans., e. i e il e la descrive oom'essa le tu concessa a per una via straordinaria» (p. 279). S. Giovanni della Croce ohe tratta più ampiamente dello sposalizio spirituale in relazione colle virtù teologali, non dice affatto che una tal visione sia strettamente legata a questo stato. Egli si contenta (.Cantico, III P., e Viva fiamma)
-di segnalare nell'unione trasformante una contemplazione elevatissima
-delle perfezioni divine. Lo stesso P. Poulain Io riconosce: OrSces d'oraison, e. xix, n. 15, IX ediz.
" Castello, VII Mans., e. in, p. 300, 301. n Dal momento in cui il Signore le discopre le meraviglie di questa Mansione e gliene apre l'entrata, l'anima perde quella gran debolezza (dell'estasi) che le era così penosa, e da cui nulla aveva potuto liberarla. Forse questa viene dal fatto ohe il Signore l'ha fortificata, dilatata e resa capace delle sue operazioni. « Così l'unione con Dio, potendo tarsi senza intralciare l'esercizio delle facoltà, diventa presso a poco costante.
- " Castello, VII Mans., e. li, p. 288. " I Cor., vi, 17. •" joann., xvn, 22. . '
LA. CONTEMPLAZIONI; E I SUOI GRADI' 283
il fuoco, dopo aver intaccato il' legno colla sua fiamma e averlo disseccato, finalmente lo penetra e lo trasforma in sé 76. È ancora legno, ma legno incandescente, che ha preso le proprietà del fuoco. Così dal cuore purificato una fiamma si solleva quasi costantemente verso Dio.
G-li effetti di questa unione trasformante sono quelli delle virtù teologali e dei doni pervenuti al loro pieno sviluppo. L'anima è pressoché liberata dal turbamento delle passioni; finché è sotto la grazia attuale dell'unione trasformante, ella non pecca venialmente di proposito deliberato 77. Fuori di questi momenti le accade di commettere ancora qualche colpa veniale, presto riparata. Quello che si osserva in lei è una gran dimenticanza di sé, un grandissimo desiderio di soffrire ad esempio, di nostro Signore, una vera gioia della persecuzione. Le aridità e le pene interne sono cessate, come pure il desiderio di morire. Quante anime arse dello zelo 'della gloria di Dio e della salute del prossimo «desiderano di vivere lunghi anni in mezzo alle più sensibili prove, affinchè il Signore ne sia anche solo un tantino di più glorificato» 78. È veramente questa la vita apostolica (manifesta o nascosta), che trabocca dalla pienezza della contemplazione, secondo l'espressione di S. Tommaso 79. È la piena perfezione della vita cristiana di cui nostro Signore, la S. Vergine e gli Apostoli ci diedero il più alto esempio. «Dio non può concederci nulla di più prezioso d'una vita conforme a quella del suo diletto Figliuolo. Perciò... queste grazie sono destinate a fortificare la nostra debolezza e a renderci capaci di sopportare, ad esempio di questo divin Figliuolo, grandi soffe-
" Viva fiamma, strof. 1, v. i. " Castello, VII Mans., e. il. " Ihid., o. m, p. 295. " II-II, q. 188, a. 6.
284 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
renzè 80. Così l'anima è veramente spiritualizzata e partecipa della stessa forza di Cristo e del suo immenso amore per Dio e per il prossimo. Tal è quaggiù l'età perfetta della vita della grazia, il pieno compimento del primo precetto: «Amerai it Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutto il tuo spirito » (Lue., x, 27).
* * *
A quest'alta perfezione, a quest'unione trasformante, preludio normale della vita del cielo, tutte le anime giuste sono chiamate, almeno in modo generale e remoto; e se fossero fedeli a questa chiamata, umili e generose,: esse ne udirebbero un'altra, individuale, più prossima e più incalzante81. S. Teresa lo ripete nell'Epilogo del Castello: « Veramente colle tue proprie forze, per quanto. grandi ti appariscano, non puoi penetrare in tutte, le Mansioni: al padrone del castello spetta introdurti. Se dunque tu incontri da parte sua qualche resistenza, io ti consiglio di non tentare di passar oltre. Lo offenderesti, talché egli tè ne chiuderebbe l'ingresso per sempre. Egli ama sommamente l'umiltà. Se ti credi indegna di penetrare anche nella terza Mansione, otterrai ben presto l'ingresso nella quinta. Potrai anche frequentarla così assiduamente e servire lui stesso così bene che ti ammetterà in quella che egli si. è, riservata» 82. La stessa cosa dice ella nella sua Vita ss,
" Castello, VII Mans., o. iv, p. 306
81 Vedasi il testo del Cammino, o. svilì, xix, xx, xxi, citati nella prima parte di quest'articolo.
82 Castello, Epilogo, p. 316, 317. Vedasi pure S. Giovanni della Croce, Cantico spirituale, str. Si.
" Vita,c.~SL,-p. 142: i Mi fu detto: Ah! figlia mia, come sono 'pochi duelli che mi amino veramente! Se mi amassero, io non nasconderei loro i miei segreti «. Ella osserva ancora Vita, o. xl, p. 147, che i vi sono assai
LA -CONTÈMPlAZiOlSTÈ E I SUOI GEADI 285
Per concludere: nelle opere di S. Teresa, dobbiamo vedere soprattutto quello che è veramente la via normale della Santità: l'umiltà e l'abnegazione, che dispongono alla contemplazione infusa, altamente desiderabile per tutti, e a un'unione divina sempre più intima, fino all'unione trasformante, punto culminante dello svolgimento normale della vita soprannaturale. ' .
In quanto ai fatti straordinari, come le visioni, le parole inferiori e rivelazioni private, per quanto utili possano essere alla santificazione dell'anima, non conviene desiderarle; sono fenomeni accidentali, che passano, laddove la contemplazione infusa continua;
essi ci uniscono meno a Dio che la' fede perfetta e il dono della sapienza, che in diversi gradi trovasi in tutti i giusti s4.
Quello che l'anima inferiore deve desiderare soprattutto è il regno di Dio ognora più profondo in lei, è il crescere sempre quaggiù nella carità, senza ter-' marsi nel viaggio, perché il precetto dell'amore è senza limiti, perché esso ci obbliga, se non ad essere santi, almeno a tendere alla santità ognuno secondo la sua condizione85, e perché a tutti è detto : « Siate
più donne ohe uomini favoriti di questo genere di grazie ». E per dimostrare qual purezza d'anima si richiede per entrare in cielo, dice iòid., o. xxxvin, p. 121: « sopra 11 gran numero d'anime che mi furon mostrate (dopo la loro morte), io ne vidi tré sole che evitarono il purgatorio ». Ora evitarlo è la via normale della santità.
Da tutti questi testi di S. Teresa citati in quest'articolo 'si vede qual tondamente possano avere le obiezioni ohe ci fa Mons. fab&es, Revwe d'Ascétigue et de Mystigue, luglio 1922, p. 272-281: quando sostiene che secondo S. Teresa la contemplazione infusa, anzi la semplice orazione di quiete, è non solo eminente, ma propriamente straordinaria, come le rivelazioni protetiche, e che la generalità delle anime ulteriori, per generose che siano, non può legittimamente aspirarvi.
" Salita del darmelo, 1. II, e. vii e vili.
" Of. S. tomma.so, II-II, q. 184, a. 3. Non si medita mal abbastanza quest'articolo di S. Tommaso, la cui dottrina, come abbiamo notato, è dimenticata e disconosciuta da molti teologi moderni, e non dei minori.
286 PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPI.AZIONE
perfetti com'è perfetto il vostro Padre celeste». Questo fine è quello che S. Teresa ci ha mostrato. Il più grande elogio che di lei si possa fare non è forse il dire ch'ella cantò maravigliosamente la gloria di Dio» facendoci vedere, co'' suoi scritti e colla sua vita, quanto l'Altissimo ami gli umili, e tutto quello che . Egli vuoi fare per « le anime risolute di seguire nostro-Signore e di camminar sempre, ad ogni costo, fino alla sorgente d'acqua viva ?... Questa è la via regia che conduce al cielo » 86.
" Gommino, o. 33:1, p. 164.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 287
articolo IV.
Quello che la contemplazione infusa non richiede essenzialmente.
Dalla descrizione che precede, alla luce dei principii teologici, noi dobbiamo trarre ' una definizione propriamente detta. Le diverse definizioni della contemplazione infusa, date dai teologi, convengono su un punto fondamentale: La contemplazione infusa, dicono essi, è, al disopra del ragionamento e nella oscurità della fede, una cognizione semplice e amante di Dio, che non si può ottenere colla nostra attività personale aiutata dalla grazia, ma che richiede una ispirazione e illuminazione speciale, abbastanza manifesta dello Spirito Santo 1. Quando dura un certo» tempo, questa contemplazione è uno stato d'orazione passiva.
Questo punto fondamentale su cui i teologi generalmente convengono, è, a nostro parere, la vera definizione, che ritiene l'essenziale delle descrizioni fatte dai più autorevoli mistici.
Per ben intendere questa definizione, mostriamo prima quello che la. contemplazione infusa non richiede; sbarazzato il campo, vedremo meglio in appresso quello che la costituisce positivamente cercando qual è il principio da cui essa procede.
' Nella vita ascetica l'ispirazione dello Spirito Santo resta latente» ma nella vita mistica essa è generalmente abbastanza manifesta, se non per l'anima che la riceve, perché nel periodi di prova può restarle nascosta, almeno per il direttore il quale vede che la notte passiva dei sensi e quella dello spirito hanno per causa principale una luce purifl-;
catrioe d'ordine mistico.
S88 PERFEZIONE OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE * * *
Alcuni teologi credettero di dover aggiungere alla «definizione suddetta caratteri più precisi. Gli uni
•dissero: La contemplazione infusa ci è data subitamente, d'improvviso, senza preparazione da parte nostra ed è accompagnata da un'impossibilità assoluta'di discorrere e di ragionare 2. Altri cont'on-
•dendola con certi fenomeni accidentali e concomitanti, "vollero veder in essa una grazia gratis data, come la profezia, un dono straordinario 3; secondo alcuni,
•essa esigerebbe idee infuse, simili a quelle degli angeli, e ci farebbe percepire Iddio immediatamente tal quale è 4. Certi perfino aggiunsero che la contemplazione infusa non è un atto meritorio 5.
2 Così onorato di S. maria, C. D., nella sua opera sotto certi ri-
•apetti preziosissima, Tradition des Pères et des auteurs ecclésiastigues
•sur la coniemplation (Parigi 1708), III Part., diss. 3, a. 1, § 2, chiama
•acquisita ogni orazione contemplativa ohe fu preceduta da qualche la-
•voro di raccoglimento. Onde viene a sostenere che la contemplazione aacquisita, del pari che rinfusa, « è accompagnata... dall'orazione di «quiete, dal sonno delle potenze, dal silenzio spirituale, dall'estasi, dal rapimento ». Si vede tuttavia obbligato ad aggiungere : « Quantunque la contemplazione acquisita possa alle volte produrre l'estasi e il rapimento, sembra chiaro ohe ciò non possa avvenire senza gualche, incusso
•dei doni dello S'pirito Santo; e così la contemplazione acquisita passa in
•infusa 11. — Nel medesimo capitolo si legge: « In questa contemplazione requisita, non s'arriva mai a quello che si chiama pura contemplazione. » s È quello ohe insegnò, come abbiamo veduto, antonio dell'annun-
•ciazione, O. D., Disceptatio mystica. ti. 2, q. A, a. 8, n. 31, corretto poi su questo punto da giuseppe dello spirito santo, C. D., Cursus fheol. my st.-scfi.ol., t. II, q. 224.
4 Mons. fABGtES, Les Phénomènes mystiques, 1921, pag. 76, 86, 94, 198, 108, 114.
5 bossuet, Istruzione sugli stati d'orazione, llb. VII in fine: o Lo stato ^mistico è come la profezia o il dono delle lingue o del miracoli, rassomiglia a quel genere di grazia che si chiama gratuitamente data,
•sgratia gratis data... Se vuoisi ancora andare più avanti, diremo che lo istato mistico consiste principalmente in qualche cosa che Dio fa in noi, .senza di noi, e in cui, per conseguenza non vi è ne vi può esser merito...» Confusione strana in una inente così grande, e che lo condusse a dire nella medesima opera, 1. IX, che S. Francesco di Sales, non aveva
•avuto l'esperienza della quiete! S. Giovanna di Chantal dice l'opposto
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 289
Queste confusioni si dissipano facilmente col semplice esame delle descrizioni di S. Teresa riferite nell'articolo precedente, ed è agevole dimostrare che la definizione da noi data è pienamente sufficiente, senza aggiungere nuovi caratteri.
lo La contemplazione infusa non è sempre data subitamente, all'improvviso, come la pioggia cade dal eielo. Per lo più è concessa dopo una certa preparazione, quando l'anima è già raccolta. Così l'orazione di quiete, secondo S. Teresa (VI Mansione), è un'orazione «soprannaturale», che noi siamo incapaci di procurarci coi nostri proprii sforzi, e nondimeno, dice ella, l'anima si dispone a riceverla con pii pensieri, con un lavoro dell'intelletto, come si gira una noria o un congegno per procurarsi dell'acqua (Vita, e. xiv. Vedasi anche S. Giovanni della Croce, Salita, I. II, e. xn).
. 2° La contemplazione infusa non è necessariamente accompagnata da 'an'impossibilità assoluta di discorrere o di ragionare che deriverebbe dalla legatura dell'immaginazione. Questa legatura può non esistere, poiché, secondo i santi, nell'orazione soprannaturale di quiete vi sono distrazioni e certe persone, che sono in questo stato, hanno torto, dicono essi, d'u.-scirne volendo discorrere troppo,
3° Sarebbe certo un altro errore il sostenere che la contemplazione infusa.è un atto non meritorio. Senza dubbio, noi non possiamo averlo a piacimento, come si fa un atto di fede, ma possiamo consentire liberamente ad essere mossi dallo Spirito Santo. In tal modo l'atto è vitate e libero, senza essere propriamente deliberato e senza essere il frutto del nostro
nelle sue Réponses, II ediz., Paris 1665, p. 508 e ses. — Vero è ohe più tardi nei suoi ultimi scritti, nelle sue lettere di dirczione ed opuscoli di pietà, Bossuet, come abbiamo veduto, avendo approfondito siffatte questioni, parlò della contemplazione e dell'orazione di semplice presenza di Dio come S. Giovanni della Croce e S. Teresa. Vedasi a pagina 2SO e 260, nota.
19 — Perfezione e Contemviaswne..- I.
290 PERFEZIONE CSISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sforzo personale. Così l'allievo studioso, che afferra attentamente la dottrina proposta dal maestro, è passivo ricevendola, e non avrebbe potuto scoprirla da sé; ma la riceve volontariamente e docilmente, ed è tutto occhi e tutto orecchi. Nella contemplazione infusa questa docilità si esercita riguardo a Dio, ed è libera ed anche meritoria, poiché procede dalla carità, principio d'ogni merito.
4° La coscienza dello stato'di grazia non è neccessaria alla contemplazione infusa più che i dolci godimenti, perché, ne questa coscienza, ne queste gioie si trovano nei periodi chiamati notti passive dei sensi e dello spirito, periodi che pure sono veramente uno stato mistico. Come vedremo più avanti, nella notte dei sensi è il dono della scienza che domina, manifestando specialmente la vanità delle cose create (II-II, q. 9, a. 4), e nella notte dello spirito è il dono dell'intelletto (II-II, q. 8, a. 7) che qui ci mostra meno la bontà di Dio che la sua infinita, maestà e per contrasto la nostra miseria. La dolcezza e la pace frutto del dono della sapienza si fa sentire specialmente fra le due notti e assai più. dopo la seconda. Se in fatti nella 'vita mistica vi;
sono grandi consolazioni, vi sono anche terribili prove intime che durano mesi ed anni.
5° lì sentimento della presenza di Dio per' la medesima ragione non è essenziale allo stato mistico;
questo sentimento non esiste nella notte dello spirito, durante la quale l'anima si crede respinta da Dio e sembra quasi che disperi della sua salute. L'anima ha bensì sempre la cognizione amante e profondissima dell'infinita grandezza di Dio, ma è come schiacciata da essa: «allora, dice S. Giovanni della Croce, la contemplazione (purificatrice) consiste nel sentirsi privi. di Dio, castigati, respinti da lui» 6. Se volessimo
6 Notte oscura. I. II, e, vi.
IiA. CONTEMPI.AZIOME E I SUOI GRADI 291
ammettere che l'essenza dello stato mistico sia il sentimento della presenza di Dio, saremmo condotti a sostenere, con un autore recente, che nei periodi di desolazione, per i quali passano i contemplativi, lo stato mistico non esiste più. Nulla è più opposto alla dottrina esposta da S. Giovanni della Croce nella Notte oscura sul lume infuso purificatore che fa l'impressione d'una grande tenebra all'anima ancora troppo debole da sopportarla. Tutto ciò è fondato sulla stessa descrizione dei mistici più autorevoli; e passiamo a considerazioni d'ordine più astratto.
* * *
60 La contemplazióne infusa non è certamente una grazia gratis data, concessa soprattutto in vista della santificazione del prossimo, come la profezia, o il dono delle lingue, poiché essa è direttamente ordinata alla santificazione personale,. e per lo più è conosciuta solo dall'anima che la riceve e dal suo confessore. Onde Giuseppe dello Spirito Santo, G. D., dice a buon diritto ch'egli non può capire per qual .motivo Antonio dell'Annunciazione, C. D., contrariamente alla tradizione, abbia collocata la contemplazione infusa tra le grazie gratis datae, e abbia sostenuto ch'essa non si debba domandare a Dio, se non con le riserve secondo le quali si può domandare la grazia dei miracoli e il dono della profezia 7.
7° La contemplazione infusa non esige parimenti idee infuse simili a quelle degli angeli. Queste possono ben trovarsi in certi stati mistici, come fenomeno concomitante, per esempio nelle visioni intellettuali e in certe rivelazioni. Ma la stessa profezia, secondo San
' giuseppe DEL'Lo spirito santo, Owsustheol.myst.-scìwl.,eSlz. 1721, t. II, PraedicaMle II, disp. xi, o. n, p. 224 et 236.
292 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Tommaso 8, non richiede generalmente queste idee infuse, bastando un lume infuso, cosa affatto diversa, e una nuova coordinazione delle idee acquisite. Sarebbe un. grosso errore il confondere l'impressio spe-clerum e ì'impressio luminis; sarebbe un non distinguere più il materiale della cognizione (le specie o idee) dal formale (il lume che eleva l'intelletto e gli da la forza di percepire e di giudicare) 9.
Di più, se la contemplazione mistica esigesse specie infuse d'ordine angelico, essa dovrebbe ordinariamente farsi senza alcun concorso dell'immaginazione, e tutti quelli che sono nello stato mistico, anche semplicemente nella quiete, opererebbero senza il concorso del cervello, e il sonno non vi opporrebbe alcun ostacolo. Essi farebbero orazione dormendo. Ora l'esperienza dimostra che non è così se non per stati specialissimi e veramente straordinari 10.
Secondo S. Tommaso che segue in ciò Dionigi e Alberto Magno, nella contemplazione infusa (a parte certe visioni intellettuali assai superiori) vi è un certo concorso quasi impercettibile dell'immaginazione; benché non si ponga mente alle immagini, non sono però escluse 11. Così nel corso ordinario della vita ci serviamo d'una penna per scrivere, senza
8 II-II, q. 173, a. 2.
' Ct. S. tommaso, ibid.
" saudbeau, Btat mystigue, II ediz., p. 356.
" S. tommaso, II-II, q. 180, a. 5, ad 2; de Variiate, q. 18, a. 5. In quest'articolo, 11 santo Dottore dimostra che, nello stato d'innocenza, Adamo, a cui attribuisce tuttavia una contemplazione mistica altissima, non conosceva gli angeli per la loro stessa essenza, in modo puramente spirituale; perche in lui la cognizione naturale e quella soprannaturale non si tacevano senza immagini sensibili, salvo forse in rapimenti straordinari : « Nec naturali cognitione nec gratuita Adam angelos per essentiam oognovit; nisi forte ponamus eum per gratiam ' in altiorem statuin elevatum, sicut fult Paulus in raptu ». Nello stato attuale l'uomo non conosco infatti senza un certo concorso dell'immaginazione, e la grazia perfeziona l'intelletto senza cambiare questo modo di cognizione. S. Tommaso cita in conferma questo testo di Dionigi che pure aveva la più alta idea della contemplazione infusa, de Ocelesti
LA COKTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 293
notare quale sia la sua forma; per leggere, vediamo le lettere, ma non badiamo che al senso.
lì. teologo che specula sulla Deità, superiore all'essere, all'uno, al. bene, non ha più se non una immagine verbale, la parola Deità, e non vi bada. Altre volte ci serviamo dell'immagine respingendola, come di quella d'un corpo, per pensare all'incorporale. La contemplazione infusa è tanto più perfetta quanto è più sciolta dalle immagmi sensibili, • come S. Tommaso dice chiaro, II-II, q. 15, a. 3, e spesso basta avere nell'immaginazione l'impressione d'un lume, o all'opposto, nel periodo detto notte oscura, quella delle tenebre, o ancora quella confusissima che fa pensare alla vita. In ogni caso idee infuse simili a quelle degli angeli non sono in modo alcuno ne-' cessane, benché siano alle volte concesse in favori straordinari 12.
8° A più forte ragione, ad onta di ciò che se ne disse recentemente 13, la contemplazione infusa non richiede una perceafio'fie immediata di Dw che ce lo faccia conoscere tal quale è. Questa percezione immediata di Dio non esiste infatti" nelle grandi ansietà delle notti passive .dei sensi e dello spirito, che pure sono stati mistici e che comportano la contemplazione infusa. Esisterebbe essa nelle altre fasi dell'ascensione mistica? Nulla permette di affermarlo;
anzi tutto induce a pensare che è impossibile.
I testi di S. Tommaso su cui pretende di appoggiarsi
Bierarch., e. i: « quod Impossibile est nobis aliter Incero diylnum radium, nisi varietate sacrorum velaminum ciroumvelatum ». Vedasi anche-de Veritate, q. 13, a. 1.
12 È l'insegnamento comune; et. vallgobnbba, Theol. myst.S. Thó-mae,t. I,p. 450, e filippo'della SS. trinità, antonio bbllo spirito santo. .
" Mons. FABCtES, Les Phénomèftes mystigues, p. 97: iln due parole:
Dio, agente soprannaturale, e immediatamente percepito hella sua azione ricemtta nell'anima (specie impressa) come l'agente materiale è diretta-/mente percepito nella sua azione sui sensi esterni, quasi species (impressa) rei visae n.
294 PEEfEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
' . . ' *
questa teoria non potrebbero avere il senso ch'essa da loro 1•S
«Basta, ci si dice, (nella contemplazione mistica) conoscere Dio tal quale egli si mostra, parzialmente, per conoscerlo tal quale egli e» 16. Ma Dio non avendo parli, non può mostrarsi parzialmente, per tal modo da farsi vedere tal quale'è. Gli attributi divini esistono in Lui formaliter èmfnenter, e sono solo virtualmente distinti, e s'identificano, realmente nella eminenza della Deità; quindi non si può vedere uno di essi tal quale esso è senza vedere gli altri, e senza vedere la Deità stessa, che, come dice Dionigi, è super ens et super unum. S. Tommaso dice espressamente e prova che nessuna visione inferiore alla visione beatifica può farci conoscere Dio tal quale è in se; nessuna specie impressa creata può manifestare tal quale è l'Essere stesso, l'Intellezione stessa eternamente sussistente (I, q. 12, a. 2). L'espressione siculi est in teologia ha un senso formale, che non si verifica se non nella visione beatifica l6. Ne l'angelo prima d'aver ricevuto il lume della gloria, ne Adamo prima tiel peccato, conobbero Dio tal quale è; S. Tommaso è formale su questo punto: Cf. I, q. 56, a. 3; q. 94, a. 1; II-II, q. 5, a. 1; de Verit., q. 18, a; 1. In questo ultimo articolo egli dice chiaro quanto è possibile : « La visione dei beati in ciclo differisce da quella della creatura ancora in stato di via, non come il vedere più perfettamente e il vedere meno perfettamente, ma come il vedere
14 S'invoca (op. 'cit. p. 98,n. 2) un testo del CowfraCfentes,l.lTI, o. Si, ad 2 et 3 senza badare che S. Tommaso parla ivi del lume Setla gloria necessario alla visione beatifica, e non d'una specie impressa cittì renda possibile una percezione immediata di Dio Inferiore a. questa 'visione. La differenza è molta.
«5 Op. cit., p. 98.
11 II Concilio di Vienna condannò quest'errore dei Begardi « ohe l'anima non ha bisogno del lume della gloria per vedere Iddio e per goderlo ».
•LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 295
e il non vedere. Quindi ne Adamo, ne gli angeli in stato di'via videro l'essenza divina».
Se S. Paolo ricevette quaggiù la, visione beatifica in modo transitorio, quando fu rapito ,al terzo cielo, come pensarono S. Agostino e S. Tommaso, fu eerto una grazia assolutamente straordinaria, molto superiore agli stati mistici più alti .descritti da S. Teresa 1!..
Fu creduto potersi sostenere 18 che la percezione immediata di Dio, che sarebbe essenziale alla contemplazione mistica, non sia altro che quella che posseggono naturalmente gli angeli secondo S. Tommaso. — Ora, .secondo il santo Dottore, questa cognizione naturale che .l'angelo ha di Dio non è immediata. Egli non dice (I, q. 56, a. 3), come. gli si attribuisce, ch'essa escluda la specie espressa o yerbum mentis, ma ch'essa non si fa mediante lo specchio delle creature esteriori all'angelo. La differenza è considerevole. «L'angelo, dice S. Tommaso, conosce naturalmente Iddio, in quanto egli stesso (per la sua natura angelica) è una similitudine di Dio. Ma non vede l'essenza divina, perché nessuna somiglianzà creata può rappresentarla. Perciò questa cognizione angelica s'avvicina piuttosto alla cognizione speculare; poiché la natura dell'angelo è come uno specchio che rappresenta, l'immagine di Dio».
17 Anche In (piclle grazie straordinarie che sono le visioni'intellettuali della SS. Trini'tà, di cui parla S. Teresa, l'intuizione riinane negativa, per viam negatzonzs, come insegna S. tommaso, de peritate, ci. 10, a. 11, ad 14: «...de visione intellectuall, qua Sancti divinam veritatem in conteinpiatione intuentur: non quidem sciendo de ea quid est sed magis quid non est ». — Mediante ima visione intellettuale della SS. Trinità, visione d'ordine angelico o per idee infuse si vede soprattutto dell'essenza divina del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, quello che non sono, anziché quello che sono ; questa visione è senza dubbio assai superiore alla speculazione teologica, ma lascia sussistere la fede; essa non da l'evidenza intrinseca del mistero, evidenza che non è data se non dal lume della gloria.
1£ Mons. fabgks, oy. cit., p. 99 e 108.
296 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Se, come fu detto 19, l'intuizione immediata di Dio, essenziale alla contemplazione mistica, «è in pari tempo il dono naturale degli angeli e il dono soprannaturale dei mistici contemplativi », ne seguirebbe che la contemplazione mistica sia d'un ordine immensamente inferiore a quello della grazia santificante e. delle virtù teologali; non sarebbe una partecipazione -della natura e della vita divina, ma solo una partecipazione della vita angelica; tra i due vi è un abisso. Anzi essa non oltrepasserebbe la cognizione naturale che il demonio conserva di Dio, perché l'angelo caduto conserva l'integrità della sua cognizione naturale (I, q. 64, a. 1). — Invece è assolutamente certo che la contemplazione infusa, come la grazia santificante o .grazia delle virtù e dei don^, è soprannaturale essenzialmente (quoad substantiam}, tanto nell'angelo nello stato di via come nell'uomo. Essa è per ciò infinitamente superiore non solo alla cognizione naturale dei più grandi genii .umani, ma anche alla cognizione naturale dell'angelo più elevato, e perfino degli angeli creabili 20.
Da ciò si vede che questa teoria della contemplazione mistica, che sembra elevarla assai, facendone una cosa straordinaria, angelica, generalmente, inaccessibile alle anime inferiori, la abbassa non poco identificandola alla cognizione naturale che conserva il demonio 21.
" Mons. FABCtBS, vp. cit., p. 99 e 108. • ' .. . " Abbiamo svolto questo punto nella Vie Spirituelle, marzo-1923 Suppl. p. [112].
21 Recherà meraviglia che sotto quest'aspetto, Mong. Farges dichiari che la via unitiva si M/orca in due direzioni diverse, via ordinaria o attiva, e via straordinaria o passiva (op. cit., p. 18). Egli invoca in oonierina un testo isolato di S. Teresa il cui senso dovrebb'essere determinato mediante un contronto con vari altri testi importantissimi comunemente citati in favore della tesi opposta.
La principale ragione, ci si dice (op. cit., p. 275) per la quale, secondo S. Teresa molte anime non oltrepassano la quiete, è che Dio non le chiama ad uno stato più alto. — Invece S. Teresa a questo proposito
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI. GEADI 297
Questo modo di vedere proviene dalla confusione a cui abbiamo parecchie volte accennato, tra il soprannaturale essenziale (quoad substantiam) della grazia delle virtù e dei doni, e il soprannaturale modale (quoad modum) del miracolo, della profezia ed altri fatti straordinari del medesimo genere. La differenza è tuttavia considerevole: la risurrezione di un morto gli rende soprannaturalmente la vita naturale, infinitamente inferiore a quella della grazia;
la vita restituita non è soprannaturale essenzialmente, ma solo per il modo della sua produzione (quoad modum). Parimenti, se la cognizione naturale dell'angelo per idee infuse è comunicata all'uomo, essa è per lui soprannaturale per il modo della sua produzione (quoad modum), ma non essenzialmente. .Quindi resta infinitamente inferiore all'ordine della grazia, e potrebbe diventare sempre più perfetta nel suo ordine proprio, senza mai arrivare alla dignità della f&de infusa per la quale noi crediamo alla Tri-
• nità e all'Incarnazione 22. Così si possono moltipli-
dice (Mans. V, e. i) : « Vi sono molti chiamati, e pochi eletti... Supplichiamo il Signore che ci conceda questa grazia, affinchè noi non ne siamo privati per colpa nostra: preghiamo che ci mostri il cammino e dia all'anima nostra la forza di scavare senza posa, finché essa abbia trovato questo tesoro nascosto 11. Ct. S .Francesco di Sales, Amar di Dio, 1. XII, e. xi.
Mons. Farges invoca pure, pag. 127, l'autorità del Vallgornera, O. P., ma sembra dimenticare che questo tomista fedele alla sua scuola, insegna, come i teologi carmelitani, che tutte le anime devono aspirare alla contemplazione infusa e che questa è per solito concessa ai perfetti ;
non è dunque straordinaria di natura sua. 0(. vallo ornerà, Theol. myst. S. TTwmae, t. I, 128... item Philippus a SS. Trinitate, C. D., et Antonlug a Spiritu Sancto, O. D.
Per altro si riconosce (op. eit., p. 243, 257), ohe le purifica3ion,i passive, purgatorio prima della morte, sono necessarie per liberare l'anima da tutte le sue scorie. Se a ciò si aggiunge che queste purificazioni passive sono, come dice S. Giovanni della Croce, uno stato mistico, non bisogna torse concludere che lo stato mistico è nella via normale che conduce alla piena perfezione della vita cristiana, alla perfetta purificazione dell'anima immutabilmente unita con Dio?
• ss Così la nostra fede infusa, che si esercita per mezzo delle idee acquisite. differisce materialmente dalla fede infusa degli angeli, ohe si eser-
29.8 , PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
care indefinitamente i lati d'un poligono inscritto in una circonferenza, e il poligono mai non coinciderà con essa, perché il lato, per piccolo che sia, non sarà mai .un punto. . ' ,
La teoria della percezione immediata' di Dio ' è ancora in contradizione con, l'insegnamento comune dei mistici. S.. Giovanni della Croce ci dice che anche nello sposalizio spirituale la contemplazione si fa nella fede. E per lui, come per S. Tommaso 23, fede .e percezione immediata s'escludono a vicenda: l'atto di visione non può essere un atto di fede. Qui non si potrebbe dunque ammettere se non un'intuizione oscura negativa (per vicini negationis) 24. Secondo S.. Tommaso questa intuizione ci mostra sempre meglio, quello che Dio non è, ch'egli supera ogni concetto, e l'amore infuso ci unisce appunto a questo Dio quasi •ignoto. • ,
Da per tutto i mistici ci dicono ch'essi percepiscono, non Dio stesso, qual egli è, ma l'effetto della sua azione sull'anima loro, specialmente nelle dolcezze d'amore ch'egli fa loro provare. S. Teresa, parlando di ciò che spesso accade a quelli che hanno l'orazione soprannaturale d'unione o quella di quiete, scrive, come abbiamo già notato:, «Appena ci mettiamo in orazione, noi troviamo a chi parlare: dagli .affetti, dai sentimenti d'ardente amore, di fede viva, di generosità mista a tenerezza, che nascono nell'anima nostra, noi comprendiamo di essere 'ascoltati. Dio allora ci concede una grazia segnalata, e chi la riceve deve stimarla molto, perché è un'orazione altissima, ma infine non è una visione. Dagli effetti
citava per mezzo delle idee infuse, ma non ne d-iflerisce formalmente per II motivo formale, ne per 11 lume infuso, ugualmente soprannaturale.
'» II-II, a. 1, a. 4.
24 Essa è stata recentemente ben descritta dal P. Joret, O. P., nella Vie spirituelle. ottobre 1921, p. 25-27. Ne parleremo più avanti, p. 336 e segg.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 299
che Dio produce nell'anima si capisce ch'egli è lì presente; è una via per la quale la divina maestà vuole veramente -farsi sentire da noi 25. Dai più grandi maestri della vita mistica 2e si potrebbero citare* molti testi simili. È quello che diceva S. Tommaso spiegando il detto restato classico di Dionigi: «non. solum discens sed et patìens divina»: «Duplex est cognitio divinae bonitatis vel voluntatis. Una quidem speculativa... Alia autem est cognitio divinae voluntatis sive bonitatis affectiva sive experimentalis, dum quis experìtur in seipso gustum divinae dulcedinis, et complacentiam divinae voluntatis; sicut de Hierotheo dicit Dionysius e. 2 de div. noni. quod' didicit divina ex compassione ad ipsa. Et hoc modo monemur ut probemus Dei voluntatem et gustemus ejus suavi-tatem » 27. È un conoscere Dio, non immediatamente, tal quale è, ma dagli effetti che produce in noi.
, " Vita, o. xxvn.
" Ot. saudbeau, Etat mvstigue, II ediz., p. 320-348, dov'è dimostrato ' ohe i testi invocati in favore della percezione immediata di Dio sono incompleti, e non hanno il senso ohe loro si vuoi dare.
" II-II, q. 97, a. 2, ad 2. Nel commento sui Nomi divini, o. n, san Tommaso spiega cosi questo passo ; «Non solum discens sed et patiens divina, id est, non solum divinorum seientiam in intelleotu accipiens, sed etiam diligendo, et unitus per affectum 11. Item de Veritate, q. 26, a. 3, ad 18. — Si vedano, a pag. 310, altri testi di 8. Tommaso e di Giovanni di S. Tommaso.
300 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
articolo V.
Rapporto essenziale della contemplazione infusa e della vita mistica coi doni dello Spirito Santo.
Abbiamo veduto quello che la contemplazione infusa non esige essenzialmente, ed ora bisogna vedere quello che la costituisce formalmente e da quale principio proceda. Spiegheremo così la definizione che abbiamo dato, al principio dell'articolo precedente, p. 287.
Secondo l'insegnamento comune dei teologi, come
•abbiamo detto,Ma contemplazione infusa è, al disopra del ragionamento e nell'oscurità della fede, una co-
/ gnizione semplice e amante di Dio, che non può ottenersi" colla nostra attività personale aiutata dalla grazia, ina che richiede un'ispirazione e illumuiazione speciale, abbastanza manifesta, dello Spirito Santo 1.
In altre parole, mentre la vita ascetica è caratterizzata dal predominio del modo umano delle virtù cristiane, che noi esercitiamo a piacimento, la vita mistica ha per carattere distintivo il predominio del modo sovrumano o divino dei doni dello Spirito Santo, vale a dire" una cognizione infusa e un /imor infuso, che non possono essere il frutto del nostro sforzo personale 2.
1 Quest'Ispirazione e ilinminazione è abbastanza manifesta, se non per la persona ohe la riceve, almeno per 11 direttore sperimentato al quale si la conoscere, come spiegheremo. Intatti si può essere nello stato mistico senza saperlo; è il caso di certe anime purissime e semplicissime ohe non udirono mai parlare di stato passivo, ma che ci si trovano, come notò parecchie volte S. Teresa.
2 S. Teresa, nella sua Vita, o. siv, dice : « Per molte cose la scienza mi sarebbe necessaria. Qui, per esempio, converrebbe esporre la natura del soccorso generate e del soccorso particolare ecc., che molti non cono-
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 301
Per ben intendere questa dottrina, bisogna ricordare quali sono nella nostra vita soprannaturale t'ufficio e la necessità dei doni dello Spirito Santo, specialmente del dono della sapienza, che i teologi considerano comunemente come il principio superiore della contemplazione infusa. Non ^ sarebbe possibile conoscer meglio su questo punto l'insegnamento tradizionale che vedendo quello che ne dice S. Tom-maso, il quale fu generalmente seguito.
§ I.
Ufficio dei doni dello Spirito Santo. Sono essi specificamente distinti dalle virtù acquisite e dalle virtù infuse?
Abbiamo già spiegato, e. II, a. 2, la distinzione specifica delle virtù infuse e delle virtù acquisite mediante il loro oggetto formale. È di fede che sopra le virtù naturali che s'acquistano e si sviluppano mediante la ripetizione frequente dei medesimi atti, noi abbiamo ricevuto,^ colla grazia santificante, le virtù infuse della fede, della speranza e della carità (Concilio di Trento, sess. VI, e. 7). In quanto alle virtù morali infuse, come la prudenza cristiana, la giustizia, la fortezza, la temperanza, differiscono dalle virtù morali acquisite corrispondenti, perché hanno una regola superiore, non più la ragione naturale, ma la ragione illuminata dalla fede, e sono ispirate da'vedute assai più alte 3. Così la temperanza cristiana implica una mortificazione che la morale semplicemente naturale non conoscerebbe, e si
scono, e spiegare come, durante quest'orazione, l'anima vede co' suoi occhi, in qualche modo, questo soccorso particolare ». Ella non poteva esprimere meglio l'ispirazione speciale a cui, come vedremo, i doni dello Spirito Santo ci rendono docili. 3 I-II, q. 63, a. i.
302 PERFEZIÓNE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
fonda sulle dottrine rivelate del peccato originale, della gravita dei nostri peccati personali, delle loro conseguenze, dell'altezza del nostro fine soprannaturale, dell'imitazione di Gesù crocifisso. Che distanza fra ,1'a temperanza descritta da un Aristotile e quella di .cui parla un S. Agostino!
I doni dello Spirito Santo sono ancora superiori alle virtù morali infuse, e, benché siano meno elevati delle virtù teologali, recano ad esse con il loro, .concorso una perfezione di più i, come vedremo.
«Per distinguere i doni dalle virtù, dice S. Tom-maso 5, bisogna seguire il modo di parlare della Scrittura, che li chiama non precisamente doni, ma spiriti. Così sta scritto in Isaia, xi: «sopra' di lui -riposerà lo spirito di sapienza e d'intelletto ecc. » 6. Queste parole danno chiaramente ad intendere che i sette spiriti ivi enumerati sono in noi per un'ispirazione divina, ossia per una mozione esterna dello Spirito .Santo. Infatti bisogna considerare che l'uomo è mosso da un doppio principio motore (o direttore) :
l'uno è interno, ed è la ragione, l'altro è a lui esterno, ed è Iddio,, come abbiamo dimostrato sopra^7, e come disse lo stesso Aristotile nella sua Morale a Eudemo, 1. VII, e. 14, della buona fortuna.
.«Del resto è manifesto che tutto ciò che è .mosso dev'essere proporzionato al suo motore; e la perfe-.:
zione del mobile come tale è la disposizione che'' gli -permette .appunto d'essere bene mosso dal suo
4 I-II, q, 63, a. 8.
• I-II, q. 68, a. 1.
8 Intatti si legge in Isaia, xi, 2-3: «Sopra di lui riposerà lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelletto, spirito di consiglio e di-lortezza, spirito di scienza e di pietà, e lo riempirà lo spirito del timore del Signore ». Questo testo s'applica al Messia annnnziato, e dopo la Pentecoste ai applica anche ai mèmbri vivi del corpo mistico di nostro Signore. Così l'intesero i .Padri; et. Dici. de Théol. Catìwl. art. Dons du Saint-Es'prit, per 11 P. gardeii,, O. P., Fondamento scritturale di questa dottrina, e insegnamento dei Padri, col. 1728-1781.
' I-II, q. 9, a. 4 e 6. ;
•LA. CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI §03
motore. Onde quanto più il motore è elevato, tanto più perfette devono essere le disposizioni che preparano il mobile a ricevere la sua azione. Per se^ guire le lezioni d'un professore d'insegnamento superiore, ci vuole una lunga preparazione, che non è alla portata di tutti. ' ,
«Finalmente è chiaro che le virtù umane perfezionano l'uomo in quanto egli si dirige colla ragione 8, nella vita interna ed esterna. Bisogna; dunque;
che vi siano in lui delle perfezioni superiori, che lo dispongano ad essere mosso divinamente, e queste perfezioni sonò chiamate doni, non solo perché esse sono infuse da Dio, ma perché per esse l'uomo diventa capace di ricevere prontamente l'ispirazione divina 9, secondo il detto d'Isaia, l, 5: «II Signore m'aprì l'orecchio, per farmi udire la sua voce; qualunque cosa egli mi dica, io non resisto, e -non torno indietro». E lo stesso Aristotile dice, loc. cit., che quelli che sono mossi da un istinto divino non hanno bisogno di deliberare come fa l'umana ragione, ma devono seguire l'ispirazione interna, che è un principio superiore. E perciò; alcuni dicono che i doni perfezionano l'uomo disponendolo ad atti superiori a quelli delle virtù ». "
Da ciò si vede che i doni dello Spirito Santo non sono atti, ne. mozioni attuali o soccorsi passeggeri della grazia, ma sì qualità o abitudini permanenti conferite all'anima in vista di certe operazioni soprannaturali.
La Scrittura, nel testo classico d'Isaia,' xi, 2, li rappresenta come esistenti in modo stabile nel giusto, e dello Spirito Santo sta scritto : « Egli dimorerà
' Si tratta nell'ordine soprannaturale della ragione Illuminata dalla, fede ; è così in particolare che la prudenza infusa dirige le virtù morali infuse.
' « Secundum ea homo disponitur, ut efficiatur prompte mobiUs bì> inspiratlone divina. »
304 PEBKEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
in mezzo a voi, e sarà in voi» (Joan., xiv, 17). La Chiesa nella sua liturgia considera il «sacro settenario»,, sacrutn septenarium, come quello che forma una .sola cosa colla grazia abituale o santificante, chiamata sovente «grazia delle virtù e dei doni».10. S. Gregorio Magno insiste su questa permanenza dicendo: «Mediante i doni, senza cui non si può giungere alla vita, lo Spirito Santo risiede in modo stabile negli eletti, laddove per la profezia, per il dono dei miracoli ed altre grazie gratuite, egli non stabilisce la sua dimora in quelli a cui si comunica» 11.
Come S. Tommaso li definisce, «i doni dello. Spirito Santo sono abitudini (o qualità permanenti essenzialmente soprannaturali) che perfezionano l'uomo e lo dispongono ad ubbidire con prontezza alle ispirazioni dello Spirito Santo» 12.
La parola ubbidire usata da S. Tommaso non esprime una pura passività; come le virtù morali assoggettano le nostre facoltà appetitive' all'impero della ragione e in. tal modo le dispongono a ben operare, così i doni ci rendono docili allo Spirito Santo, per farci produrre quelle opere eccellenti conosciute sotto il nome di. beatitudini ls. In questo senso si potè dire dei doni: « Sono essi ad un tempo pieghevolezze ed energie, docilità e forze, che rendono l'anima più passiva sotto la mano di Dio e nel medesimo tempo più attiva a servirlo e a fare le .opere sue » lt.
1B Cf. S. tommaso, III, q. 62, a. 2 : <i Utrum gratta sacramentalls allauid addat super gratiam virtutum et donorum ».
" S. gkeg. M., Moral, 1. II, e. lvi: n In hls igitur donig, sine qutbus ad vitam. perveniri non potest, Spiritus Sanotus In eleotis omnibus semper manet; sed in aliis non semper maneti).
12 I-II, q.. 68, a. 3 : « Dona Spiritus Sancti sunt quidam habitus quibus homo perflcitur ad prompte obediendum Spiritui Sancto»; ibid. a. 2, ad 1, et III Se.nt., d. xxxiv, q. 1, a. 1.
" I-II, q. 70, a. 2: n Beatitudines dicuntur solum perfecta opera, quae etiam rattone suae pertectionis magis attribuuntur donis q.uam virtutibus ».
11 Mons. gay, La vita e le virttt cristiane, trattato I. ,
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 305
Secondo questi principii, la gran maggioranza dei teologi ritiene con S. Tommaso che i doni sono realmente e specificamente distìnti dalle virtù infuse, come distinti sono i principii che li dirigono: lo Spirito Santo e la ragione illuminata dalla fede. Abbiamo qui due direzioni regolatrici, due regole diverse, che costituiscono motivi formali diversi. Ora è un principio fondamentale che le abitudini (habitus) sono specificate dal loro oggetto e dal loro motivo formale, come la vista dal colore e dalla luce, e l'udito dal suono 15. La virtù è un'abitudine che c'inclina a seguire la regola della retta ragione, qua recte vivitur secundum regulam rationis le', i doni sono perfezioni più alte, che hanno per regola l'ispi-ramione divina 17. Una data virtù e il dono corrispondente, per esempio la fortezza e il dono della fortezza, hanno una medesima materia, ma differiscono per la regola che serve di misura ai loro atti, poi per il loro modo di agire; perciò il loro oggetto formale non è il medesimo. La ragione, anche illuminata dalla fede e dalla prudenza infusa, dirige : i nostri atti secondo un modo umano, invece lo. Spirito Santo secondo un modo sovrumano ls.
" Del resto non si potrebbe confondere le virtù e i doni senza urtare in gravi inconvenienti. Non si spiegherebbe perché certi doni come il timore non figurano nel numero delle virtù, e perché Cristo possedette i sette doni, come c'insegna Isaia, xi, 2, senz'avere certe virtù, come la fede, la speranza e la penitenza.
" I-II, o. 68, a. 1, ad 3.
"Ibid. et III Seilt.d. xxxiv, q. l,a. 3: « Cum dona sint ad operandum supra humanum modum, oportet anod donorum operati ones men-surentur ex altera regula humanae virtutis, quae est ipsa Divinitas ab homine partioipata suo modo, ut jam non humanitus, sed quasi Deus factus participatione, operetur 11.
" I-II, d. 68, a. 2, ad 1 : <i Dona excedunt communem pertectionem virtutum, non quantum ad gemis operum, eo modo ano constila prae-cedunt praecepta, sed quantum ad modum operandi, secundum qnod movetur homo ab altieri principio ».
Item III d. xxxiv, q. 1, a. 1 : « Dona a virtutibus distinguuntur in hoc quod virtutes perfleiunt ad actus modo hwmano, sed dona ultra humanum.
20 — Perfezione e Contemplazione. - I.
306 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Parimenti, mentre la fede aderisce semplicemente alle verità rivelate, il dono dell'intelletto ne fa scrutare la profondità. Il teologo dimostra quello che è di fede e risponde ai sofismi dell'eresia, confrontando gli uni cogli altri i testi della Scrittura e dei Concilii secondo un procedimento umano spesso assai complicato; persone semplici, sotto un'ispirazione speciale dello Spirito Santo, rispondono .in un altro modo, alle volte con una perspicacia maravi-gliosa e senza replica, che fa dire al teologo: «Mi-rabilis Deus in sanctis auisi ». ''. '.
La medesima differenza passa tra la prudenza e il dono del consiglio. In vista d'una grave decisione, la prudenza, sia acquisita sia infusa, deve consultare, esaminare tutte le circostanze e le conseguenze-dell'atto da compire, essa delibera a lungo senza mai giungere ad una certezza su quello che convenga scegliere. Invece, se abbiamo pregato con umiltà e con fiducia, un'ispirazione del dono del consiglio viene alle volte in un istante ad illuminare ogni cosa 19., In una situazione difficile, in cui bisogna conciliare due doveri in apparenza opposti, la prudenza è come perplessa, per esempio, esita su una risposta da darsi per evitare la bugia e per serbare un segreto. In.
modum-'; III, i. xxxv, q. 2, a. 3: i Donum In hoc transoendit virtutens quod supra hunwnum modum operetur ».
-Questa dottrina di S. Tommaso nel suo Commento sulle Sentenze.. non differisce, checché se ne dica, da quella della Somma, come si può-vedere dal testo della I-II citato al principio di questa nota, e da quello indicato nella nota seguente. Di più, è chiaro che quando, I-II, q. 68, a. 1, egli distingue le virtù dai doni mediante i loro rispettivi motori, sì •tratta di motori che dirigono e regolano (lo Spirito Santo e la ragione) o non pure cause efficienti che darebbero un impulso, più o meno torte, senza direziono e senza regolazione formale. Ed è manifesto ohe lo Spirito Santo dirige secondo un modo sovrumano. La dottrina della Somma teologica mantiene veramente su questo punto quello ohe si trovava già nel Commento sulle Sentenze.
, Item qu. disp. de cìiaritate, q. unic. a. 2, ad 17 : i Dona perflciunt vir-tutes, elevando eas supra modum: humanum ». " II-II, q. 52, a. 2, ad 1.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 307
certi casi, solo un'ispirazione del dono del consiglio ' ci farà trovare la risposta conveniente, senza mancare in nulla alla verità, senza ricorrere a restrizioni mentali d'una dubbia moralità 20.
§ II.
I doni dello Spirito Santo sono necessari. alla salute?
La necessità dei doni dello Spirito Santo, come abbiamo già veduto, proviene dal modo imperfetto che conservano in noi le virtù cristiane, anche elevate, e si prevede che quanto più l'anima s'avanza verso la perfezione,, tanto più i doni devono intervenire, talché il loro modo sovrumano deve finire con prevalere, in un ordine superiore non solo ai procedimenti della casistica, ma anche a quelli dell'ascetica e ai metodi d'orazione. È il fondamento stesso della nostra dottrina.
Qui, come dice S. Tommaso, bisogna procedere con misura. Senza dubbio il trascurar di esaminare da se stesso, quando si può, quello che conviene pensare, dire e fare, col pretesto di abbandono alla Provvidenza, sarebbe un tentare Dio -21; ma bisogna ren-
B" S. Tommaso dice espressamente, II-ÌI, q. 52, a. 1, ad. 1 ; « Prudentia vel eubulia sive sit acquisita, sire sit infusa, dirigit hommem in inqui-sttlone consilii secundum ea quae ratio comprehendere potest. Unde homo per prudentlam Tei eubuliam fit bene consilians vel sibi vel alii. Sed quia humana ratio non potest comprehendere singularia oontin-gentia quae occnrrere possunt, flt quod cogitationes mortalium sint ti-midcte et incerine, providentiae nostrae, ut dicitur Sap. ix. Et ideo indiget homo la inquisitione consilu dirigi a Deo qui omnia comprehendit. Quod flt per donum consilii, per quod homo dirigitur, quasi consilio a Deo aocepto «. Item III Seni., d. xxxiv, q. 1, a. 2. — Per l'applicazione di questa dottrina, et. II-II, q. 110.
21 II-II, q. 53, a. 4, ad 1: « Si homo praetennittat tacere qnod potest, solum divinum auxilium expectans, videtur. tentare Detim ».
308 PEEFEZIONE CEISTIAMA E CONTEMPLAZIONE
dersi ragione della nostra insufficienza di fronte al fine soprannaturale a cui dobbiamo tendere.
S. Tommaso insegna che i doni dello Spirito Santo son necessari alla salute 22.
« II più elevato fra i doni, dice egli, è quello della sapienza, e l'ultimo quello del timore ». Ora il libro della Sapienza, vii, 28, ci dice: «Dio non ama se non colui che abita colla sapienza», e nell'Ecclesiastico, i, 28, si legge: «Chi non ha il timor (di Dio) non potrà. diventar 'giusto». — Nostro Signore ci promise lo Spirito Santo, da cui abbiamo ricevuto il sacro settenario, appunto perché conosceva i bisogni profondi delle anime nostre.
Per spiegare questa necessità dei doni, S. Tommaso ricorre ad una ragione profondissima: «I doni, dice egli 23, sono, come abbiamo veduto, perfezioni che dispongono l'uomo a ben seguire le ispirazioni divine. E là dove, -non bastando l'istinto della ragione, è necessaria l'ispirazione dello Spirito Santo, sono altresì necessari i doni. La ragione umana è perfezionata in due modi; primieramente da una perfezione naturale (come, la virtù acquisita della sapienza), ' e in secondo luogo da una perfezione soprannaturale, cioè da quella delle virtù teologali. Benché questa seconda perfezione sia superiore alla prima, noi la possediamo secondo un modo meno perfetto; -l'uomo infatti possiede, per così dire, pienamente la sua ragione naturale, mentre ha solo in modo imperfetto il conoscimento e l'amor di Dio.
« Ora chiunque possiede perfettamente una natura, una forma, una virtù, insomma un principio qualunque d'operazione, con la mozione ordinaria di Dio, che opera internamente in ogni agente naturale o libero, può agire da se stesso in quest'ordine d'opera-
t' I-II, a. 68, a. 2. 28 IbU,:
•LA COMTEMPLA.ZIONE E I SUOI GEADI 309
zione. Ma chi possiede solo imperfettamente un principio d'attività non basta a se stesso per agire, ed ha bisogno d'un soccorso estraneo, d'una mozione speciale. Nell'ordine fisico il sole illumina per se stesso, ma: la luna non illumina se non colla luce che riceve dal sole. Nell'ordine intellettuale, il me-.dico che conosce perfettamente la sua arte, opera per se stesso; ma lo studente di medicina, che non è ancora pienamente istruito, ha bisogno della dirczione e dell'assistenza del suo maestro.
«Sicché adunque, per le cose che sono del dominio della " ragione, e relative al suo fine connaturale, l'uomo può. .operare colle sue energie native . (insieme col soccorso ordinario che la Provvidenza da alle cause seconde); e se in quest'ordine l'uomo è aiutato da .un'ispirazione .speciale (instìnctum spe-cialem) di Dio, ciò sarà effetto d'una bontà veramente sovrabbondante, che va volentieri oltre il necessario (7ioc erit superabandantìs bonitatis). Onde, secondo i filosofi, non tutti quelli che hanno le virtù morali acquisite hanno le virtù eroiche o divine. .
« Ma perché piacque a Dio di chiamarci ad un fine ultimo soprannaturale (che supera assolutamente le forze e le esigenze della nostra natura ragionevole), la ragione, essendo solo imperfettamente perfezionata dalle virtù teologali, è incapace di condurci a questo beato termine del nostro viaggio; ci occorre la di-rezione, la mozione dello Spirito Santo, secondo queste parole di S. Paolo 21: «Quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio, sono suoi figli». Di salmo cxlii, 10, dice inóltre: « È il tuo Spirito che mi condurrà nella terra dei santi ». Quindi per giungere a questa meta suprema soprannaturale, l'uomo ha bisogno dei doni dello Spirito Santo » 25. In questo senso essi sono
24 -roto., vili, 14. :
" I-II, q. 68, a. 2. Vedasi 11 commento del Gaetano su questa questione 68 e quello di Giovanni di S. Tommaso. '
310 ' PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
necessari ^alla salute a titolo di disposizioni abituali per ricevere le ispirazioni celesti, come le vele sono necessarie sopra la barca perché essa sia docile al soffio dei venti.
Non già che il cristiano sia sempre incapace di fare un atto soprannaturale senza l'intervento dei doni dello Spirito Santo; certo, s'egli ha perduto questi doni insieme colla carità, per un peccato mortale, può ancora con una grazia attuale ordinaria fare nn atto soprannaturale di fede; e ben sovente ancora il giusto agisce soprannaturalmente senza un'ispirazione speciale dello Spirito Santo. Ma, come dice S. Tom-maso, non è in potere della ragione, anche illuminata dalla fede e dalla prudenza infusa, «il conoscere tutto quello che importerebbe sapere, e il preservarsi da ogni sviamento (stultitia). Solo Colui che è onnisciente e onnipotente può darci un rimedio contro l'ignoranza, la stupidità o stoltezza spirituale, la durezza del cuore, e contro le altre miserie di questo genere. È per liberarci da questi difetti che ci sono largiti i doni, che ci rendono docili alle ispirazioni. divine » 26.
«Per le/virtù teologali e morali l'uomo non è talmente perfezionato in vista del fine ultimo soprannaturale, ch'egli non abbia sempre bisogno di essere mosso da un'ispirazione superiore dello Spigrito Santo » 27.
"I-II, a. 68, a. 2, aO 3.
" IWd., a. 2, ad 2. Certuni interpretarono male questo testo Sì S. Tom-maao e pensarono ohe volesse dire: l'uomo ha bisogno d'essere sempre mosso per clascun atto salutare da un'ispirazione speciale dello Spirito Santo, anche negli atti remissi. Era un confondere la grazia attuale ordinaria ooll'ispirazione speciale di cui si tratta qui. S. Tonunaso non scrisse : « ouin indigeat semper moveri », ina, « quia semper indigeni mover! ». Il che vuoi dire: L'uomo non è talmente perfezionato dalle virtù teologali, ch'egli non aolia sempre bisogno d'essere ispirato dal maestro intcriore, come si dice: Quello studente di medicina non è talmente istruito che non abbia sempre bisogno dell'assistenza del suo maestro per certe operazioni. Ot. appresso.
È ben certo che si può fare un atto soprannaturale di fede, con una,
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 311
§ ni.
Necessità d'una docilità sèmpre più perfetta al Maestro inferiore.
L'assistenza speciale di cui abbiamo parlato è t anto più necessaria in quanto l'anima, progredendo, deve operare opere più perfette, e in quanto lo Spirito Santo vuole condurci ad una cognizione più profonda e più amante dei misteri soprannaturali 28.
Anche giunte ad un alto grado, le virtù infuse, teologali e morali, senza un soccorso speciale dello Spirito Santo operano ancora secondo il modo umano delle facoltà nelle 'quali sono ricevute 29.
La fede ci fa conoscere Dio in modo ancora troppo astratto, troppo esteriore, « in speculo et in Benigniate », mediante formule troppo ristrette che devono essere moltipllcate ; noi vorremmo poterle condensare in una sola, che ci faccia prendere meglio contatto col Dio vivo, che ci esprima il lume di vita ch'egli dev'essere sempre più per noi. A quest'imperfezione della fede partecipano la speranza e la carità, che sono dirette da essa. Queste due virtù della volontà mancano di slancio e conservano, un modo troppo umano, finché sono dirette solamente dalla ragione illuminat'a dalla, fede.
Per accorta che sia, la prudenza cristiana che
grazia attuale, senz'alò™ concorso dei doni dello Spirito .Santo; è veramente 11 caso di quel fedele che, essendo in stato di peccato mortale, ha perduto colla carità i doni dello Spirito Santo e che pure fa ancora abbastanza sovente atti di lede soprannaturale. Ot. gabdeil, Dici. Théol., art. Dona, fine, col. 1779.
II P. B. projet, O. P., L'Abitazione dello Spirito Santo nelle anime aiuste (Marletti, Torino-Roma), P. IV, o. vi, da manifestamente su •questo punto il vero pensiero di S. Tommaso.
13 Rom., vili, 14: « Quioumque Spiritu Dei agnntur, 11 sunt filli Del ».
2" I-II, q. 68, a. 2.
312 PERFEZIONE CRISTIANA E ÓOMTEMP.LAZIONB /
regola le altre, virtù, morali, pur essendo assai superiore alla prudenza puramente naturale, descritta. dai filosofi, resta sovente tìmida, incerta ; nelle sue previsioni, troppo misurata da rispondere a tutte le ' esigenze dell'amor divino, come la nostra fortezza. e la nostra pazienza sono insufficienti in certe prove, e la nostra castità davanti a certe tentazioni 80.
,Le nostre virtù soprannaturali, per il fatto che devono adattarsi al modo umano delle nostre facoltà, ci lasciano dunque in uno stato d'inferiorità di fronte al fine soprannaturale, verso il quale bisognerebbe, correre con maggiore slancio.
Con -le sole virtù anche soprannaturali, l'uomo è come un apprendista, che conosce press'a poco quello che bisogna fare, ma che non ha la maniera di farlo come conviene. Bisogna dunque che il maestro che lo forma di quando in quando gli prenda la mano e gliela diriga perché l'opera sia presentabile. Così la nostra.. -orazione resta troppo umana da poter gustare veramente la parola di Dio, fino a tanto che essa, è semplicemente il frutto d'una meditazione assidua. Nella meditazione beviamo solo un'acqua che è passata sulla. terra, mista a fango, dice S:: Teresa; affinchè noi beviamo alla sorgente, bisogna che lo Spirito Santo, come il maestro dell'apprendista,. intervenga direttamente egli stesso, s'impadronisca della nostra intelligenza e della nostra volontà e loro comunichi la sua maniera propria di pensare e di amare, maniera divina sola degna di Dio, che vuoi essere conosciuto come una verità vivente e amato divinamente. E come noi ,di fronte a Dio rimaniamo sempre apprendisti, affinchè la nostra, orazione e le nostre opere siano-'perfette, bisogna che lo Spirito Santo intervenga abitualmente. Perciò, a differenza delle grazie puramente gratuite (gratis datae) come la profezia, i doni, che
" S. tommaso, III Seni., d. xxxiv, q. 1, a. 2.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADi 313:
ci rendono docili alle ispirazioni divine, come le virtù alle direzioni della ragione, devono essere i.Q, noi permanenti 81; sono essi veramente nell'anima nostra quello che sono le vele sopra la barca. La. barca può avanzare in due modi: a forza di remi» e ciò è penoso e lento, oppure perché il vento gonfia. le vele; l'anima può avanzarsi mediante l'esercizio" delle virtù, e in ciò essa è attiva, oppure mediante l'ispirazione dello Spirito Santo che soffia dove vuole e quando vuole, e qui l'anima è docile, movendosi meno che non sia essa mossa: « dona Spiritus Sancii perficiunt hominem secundum quod agitar a Spiritu-Dei... sed sic agitur homo a Spiritu San'cto quod etiam agit, in quantum est liberi arbitrii unde in-diget habitu» 32. Da ciò si vede che l'anima non s'accosta alla perfezione sé non mediante una gran docilità allo Spirito Santo, secondo la quale il modo-sovrumano dei doni deve prevalere normalmente, per rimediare sempre meglio a ciò che vi è di essemial-.mente imperfetto, nel modo umano delle virtù; e questo sarà l'ufficio dei doni.
§ IV.
L'ispirazione speciale dello Spirito Santo e il progresso della carità.
Nessuno dubita che la teologia mistica di S. Tom-maso si trovi soprattutto in ciò ch'egli c'insegnò circa i doni dello Spirito Santo, sul loro rapporto colla carità da una parte, e colla contemplazione infusa dall'altra. Ma spesso ci si contenta di leggere abbastanza rapidamente nella Somma Teologica gli articoli della I-II, q. 68, dedicati ài doni dello Spi-
" I-II, q. 68, a. 3: i Utp.mi dona sint haMt-ns ». 32 Ibid.. ad 2. • .
314 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
rito Santo in generale, e quelli della II-II, q. 8, 9, 45, relativi ai doni dell'intelletto, della scienza e della sapienza, senza considerare abbastanza il loro rapporto con ciò che si dice, II-II, q. 24, a. 9, dei tré gradi della carità, nei principianti, .nei pro-ficienti e nei perfetti, 'e senza ricordare ciò che insegna S. Tommaso, I-II, q. Ili, a. 2, circa la grazia operante, a cui si annette l'ispirazione speciale dello Spirito Santo. Quindi non si vede abbastanza ciò che vi è di originale e di elevatissimo nella dottrina tomista dei doni.
Questo punto invece fu brevemente ma chiaramente indicato nel lavoro più completo che attualmente abbiamo sui doni, il grande articolo del Padre G-ardeil, O. P., nel Dictionnaire de Théologie ca-tholique, t. IV, 1911, col. 1728-1781. Nella parte storica di questo lavoro, dopo aver posto in vista le fonti della dottrina dèi doni nella Scrittura, nei Padri greci e latini, e ricordato i saggi dei primi teologi scolastici, il P. Gardeil analizza gli scritti dei fondatori della teologia sistemata dei doni, Alessandro di Halès, S. Bonaventura, S. Alberto Magno •e S. Tommaso d'Aquino. È interessantissimo il vedere come questi quattro grandi scolastici reagirono contro Guglielmo d'Auxerre e Guglielmo di Parigi, che negavano il carattere specifico dei doni e li riducevano alle virtù, preparando così la dottrina minimista dei nominalisti decadenti del secolo xiv. «Questi quattro grandi teologi, dice il P. Gardeil, toc. oit., col. 1776, consacrarono a fondo la dottrina antica, che distingueva i doni dalle virtù considerandoli come dei primi motus in corde... ma, in vece d'identificare doni e grazie attuali, essi videro nel dono, almeno S. Tommaso, la disposizione soggettiva a ricevere le più sublimi fra queste ultime. Inoltre S. Tommaso, con una magnificenza di sintesi incomparabile, ricollegò quest'angolo di dottrina.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GBADI 315
a ciò che la filosofia d'Aristotile e la sua propria teologia hanno di più elevato, di più profondamente vero, rispetto al primato dell'agire divino. Così egli la ricondusse ai primissimi principii, che tanto in filosofia come in teologia reggono le questioni dell'azione divina come tale, cioè in quanto si svolge conforme alla legge intima dell'Essere divino, e, mediante questa sistemazione, egli le assicurò la solidità indistruttibile di ogni dottrina collegata coi primi principii, evidenti per se stessi o primieramente, rivelati» 8S.
Qui noi vorremmo 1° dimostrare come, secondo S. Tommaso, l'ispirazione speciale dello Spirito Santo, alla quale i doni ci rendono docili, differisca dalla grazia attuale comune necessaria all'esercizio delle virtù infuse, e 2° seguire l'elevazione crescente di quest'ispirazione speciale, nei principianti, nei prò" fidenti e nei perfetti, considerando specialmente i •doni della sapienza, dell'intelletto e della scienza.
L'ispirazione speciale dello Spirito Santo e la grazia attuale comune.
Per ben intendere questa dottrina, come osservò profondamente il P. del Prado, O. P. st, bisogna distinguere con S. Tommaso le diverse maniere secondo le quali Dio muove il nostro intelletto e la-nostra volontà, sia nell'ordine naturale, sia nell'ordine soprannaturale. Il santo Dottore distinse tré modi principali della mozione divina nell'ordine della
33 Ot.P. GABDEi'L,-&e Donne révéléetlathéologie, Parigi, Gabalda, 1910:
• III. Les systèmeg theologIqTies oomparés entre enx, p. 266-286. Circa la questione di cui ci occupiamo, vedasi anche l'introduzione dell'eccellente opera del medesimo autore. I doni dello Spirito Santo nei Santi Domenicani, makietti, Torino.
" De gratta et Libero arbìtrio, E'dburgo (Svizzera), 1907, t. II, p. 201..., 225..., W...
316 PEBEEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
natura, e tré altri proporzionalmente simili in quello della grazia. Essi possono esprimersi nella divisione seguente che stiamo per spiegare:
j5.2
o 'o fl
a volere la beatitudine in generale.
§ '"3 , . . ( un dato bene vero. ^i " B <* aetermznarsz ai , ® r^ ^ f o a un bene apparente. fl " -^ . . ;_ g mediante una ispirazione speciale, per es. d'ordine
;,-filo8onco, poetico, eco. § , <d i a couvertirsi a Dio, fine ultimo soprannaturale.
'S § S i a determinarsi alla pratica delle virtù infuse, o ^ ^ < '-> §' ~s i mediante un'ispirazione speciale a cui i dom ci ren-
1j °1 a f dono docili.
Il primo modo 'di mozione è prima della deliberazione umana 86, il secondo è dopo di essa o con essa, il terzo al di sopra di essa, e ciò tanto nell'ordine della natura quanto in quello della grazia. San Tommaso li ha enumerati I-II, q. 9, a. 6, ad 3;
q. 68, a. 2 e 3; q. 109, a. 1, 2, 6, 9; q. Ili, a.. 2; de• •'V'svitate, q. 24, a. 15. Qui basta tradurre il primo di questi testi, che — parecchi sembrano ignorarlo — si spiega coi seguenti, come vedremo:
«Dio, dice S. Tommaso, muove la volontà; dell'uomo, come primo motore universale, verso l'oggetto universale della volontà che è il bene; e sènza questa mozione universale l'uomo non può voler nulla. Ma l'uomo per la ragione si determina a voler questo o quello, un bene vero, o un bene apparente. Alle •volte tuttavia Iddio muove specialmente certi a volere in un modo determinato un dato bene, come quelli ch'egli muove colla sua grazia, nel modo che spiegheremo appresso» (q. 109, a. 2 e 6; q. Ili, a. 2) se. ,
"• Non vi ha, propriamente parlando, deliberazione ed. elezione sul fine ultimo, cf. I-II, q. 13, a. 3, et II-II, q. 24, a. 1, ad 3; noi lo spiegheremo in seguito.
" I-II, q. 9, a. 6, ad 3: Deua mOYet voluntatem hominis, siout uni-versalls motor, ad universale objeotum voluntatis, quod est bomim;
LA. CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 317
Per il primo modo di mozione divina, nell'ordine naturale, la nostra volontà è dunque mossa, in, quanto all'esercizio, a volere il bene in generale ossia la beatitudine, e quest'atto, per il quale ognuno di noi vuole essere felice o desidera la felicità, è senza dubbio un atto vitale, posto, emesso dalla volontà, ma non è libero, in questo senso che noi non possiamo odiare la beatitudine ne preferirle altra cosa 37;
è sempre ad essa che noi aspiriamo, e quest'aspirazione si porta così confusamente verso Dio, quantunque noi non giudichiamo sempre che sia in. Lui •che si trova la nostra beatitudine vera 38. Ogni uomo desidera naturalmente d'essere felice, «il collocare la felicità dove bisogna, è la fonte d'ogni bene, e la fonte d'ogni male è il collocarla dove non bisogna» 39. Per questo Gesù cominciò la sua pre--dicazione colle beatitudini evangeliche, le quali ci dicono, contro le massime del mondo, dove sta la vera felicità.
In questo primo atto di volontà, in questo desiderio naturale della felicità, se si considera in sé
•et sine hac universali motione homo non potest aliquid velie ; sed homo per ratlonem determinat se ad volendum hoc vel illud, quod est vere bonum, vel apparens boriimi. Sed tamen Interdum specialiter, Deug movet aliquos ad aliquid determinate volendum quod est bonum, siout in hls
•quos movet per gratiam, ut infra dicetnr » (q. 109, a. 2,. et 6, et q. Ili, a. 2).
Circa questo testo e la sua relazione cogli altri che abbiamo citato, vedasi del pbado, de Ch'atta et Libero arbitrio, t. I, p. 236; t. II, pagine 228, 256.
" I-II, q. 10, a. 1 et 2.
" I, ci. 2, a. 1, ad 1: i Oognoseere Deum esse in aliquo communt, «uh quadam contusione, est nobis naturaliter insertum. In quantum soilicet Deus est hominig beatitudo; homo enim naturaliter desiderat beatitudinero ; et quod naturaliter desideratur ab nomine, naturaliter cognoscitur ab eodem. Sed hoc non est simpliciter cognoscere Deum. esse, sicut oognoscere venientem, non est oognoscere Petrum, quamvis eit Petrus venlens; multi enim perfectum hominis bonum, quod est leatitudo, existimant divitias, quidam vero voluptates, quidam autem aliquid aliud ».
" bossuet, Meditazioni sul Vangelo, 1" meditazione.
318 PERFEZIONE OEI8TIANA E CONTEMPLAZIONE
indipendentemente dagli atti che possono seguirlo, non vi può essere peccato. Non si dice che la volontà muove se stessa a questo primo atto, perché essa propriamente non si muove ad un atto se non in virtù d'un atto anteriore; così essa si muove a scegliere i mezzi in virtù dell'atto per il quale essa vuole il fine t0. Ora si tratta qui del primissimo atto, e per questo la volontà qui non può peccare;
essa è mossa da Dio senza muovere se stessa, benché essa produca vitalmente quest'atto A1.
Il secondo modo di mozione divina è quello in virtù del quale, già nell'ordine naturale, il nostro-libero arbitrio si determina a questo o a quello, a. un dato bene vero, o ad uno apparente. Questo movimento della nostra volontà non è solo vitale ma Ubero, e la volontà muove se stessa in virtù d'un atto anteriore a produrlo, e perciò qui essa può peccare ts. Ma siccome Dio non può essere per la sua mozione ugualmente causa del male e del bene, bisogna dire che la mozione per la quale egli porta il libero arbitrio a determinarsi a un atto buono naturale non è la medesima che quella per cui egli è causa dell'atto fisico del peccato e non della sua malizia is. L'atto buono è tutto quanto di Dio, come
" I-II, q. 9, a. 3: i Intellectus per hoc, quod cognoscit prinoipium, reducit seipsum de potentia In actum, quantum ad cognitlonem con-clusionum. Et hoc modo movet seipsum. Et slmlllter volimtas, per hoc qnod vult flnem, movet s&vpsam ad volendum ea quae sunt ad flnem » ;
etibid., ad 1, et 1, q. 63, a. 5.
41 I-II, o.. 9, a. 6, tertia oblectio et responsio ad ipsam. " Ot. I, q. 63, a. 1, ad 4; a. S; a. 6; et I-II, q. 69, a. 1 et 2. " Altrimenti ne seguirebbe che Dio colla sua mozione non sia causa dell'atto buono più che del peccato ; il che sarebbe contro la definizione del Concilio Tridentlno, sess. VI, can. 6 : « Si quis dixerit mala opera ita ut bona Denm operar!, non permissive solum, sed proprie et per se anathema sit ». Se 11 concorso divino tosse solo simultaneo, o se fosse •nna premozione indifferente. Dio, con siffatto concorso, non sarebbe causa dell'atto buono più che del peccato. La ragione per cui non sarebbe causa del peccato è che 11 suo concorso sarebbe simultaneo e in-
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI . 319'
della sua causa prima, e tutto quanto nostro, come della sua causa seconda : « Ghe cosa hai tu che non - abbi ricevuto ?» it. Invece F'atto cattivo, considerato in ciò che esso ha di disordinato e di cattivo, non viene da Dio, ma solo dal nostro libero arbitrio defettibile e mal disposto fó. Così il camminare delio-zoppo, in quanto azione, viene dalla sua energia vitale, ma in quanto difettoso viene solo dalla mala. conformazione della gamba t6. All'opposto della mozione divina che porta al bene, quella richiesta per l'atto fisico del peccato è accompagnata dalla permissione divina del disordine contenuto nel peccato. Dio lascia che accada questo disordine, per ragioni altissime di cui egli è giudice, ma non può esserne la causa in modo alcuno. Principio indefettibile d'ogni-bene e d'ogni ordine, egli non può causare il male nell'atto del peccato più di quello che l'occhio vedendo il colore d'un frutto possa percepirne il sapore. Il male morale non cade sotto l'oggetto della onnipotenza più che i suoni sotto l'oggetto della vista. Iddio, seiiza essere obbligato, spesso rimedia ai mancamenti del nostro libero arbitrio; ma non lo fa. sempre, ed è questo un mistero.
Il terzo modo ,di mozione divina nell'ordine naturale è quello di cui parla S. Tommaso A7, citando
differente; dunque, per la medesima ragione egli non sarebbe propria' mente causa dell'atto buono. Cf. I-II, q. 79, a. 2. et thomistas in hunc at-tioulum. , .
41 I Oor., IV, 7. Coinè dimostra S. Tommaso nel commento di questa epistola, tutti i beni sono di Dio, anche la buona determinazione del nostro libero arbitrio, in quanto essa si distingue dalla cattiva. Of. I, q. 23, a. S; et I-II, q. 109, a. 2.
*' I-II, q. 79, a. 1 et 2.
" IWd.
" I-II, a. 68, q. 1 : « Et Philosophus etiam dicit in cap. de bona fortuna (Maga. Moral., 1. VII, e. xiv) quod bis qui moventur per instin-otum divinum, non exyedit consiliari secundum ratiónem hwinaftam, sed quod sequantur interiorem instinetum, quia •moventur a meliori principio quam sit ratio humana ».
320 PERFEZIONE OEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
la Morale a Eudemo, 1. VII, e. 14. In quest'opera
•attribuita ad Aristotile, ma composta sotto il suo influsso da uno de' suoi discepoli platoneggiante, si dice: « Si domanderà forse se è la buona fortuna di « qualcuno che gli fa desiderare quello che bisogna e « quando bisogna... Senza riflettere, senza delibe-« rare o prendere consiglio, gli accade di pensare e « di volere quello che conviene meglio... Quale ne è «la causa, se non la .buona fortuna? Ma che cosa
•v. è essa medesima e. come può dare così felici ìspide razioni? È lo stesso-che domandare qual è il prin-
•«cipio superiore dei movimenti dell'anima. Ora è
•« manifesto che Dio, il quale è il principio déll'uni-
•« verso, è anche quello dell'anima. Ogni cosa è mossa
•« da lui, che è presente in noi stessi. Il principio « della ragione non è la ragione, ma qualcosa di «superiore. Ora che cosa è superiore alla ragione « e all'intelletto, se non Dio ?... Perciò gli antichi di-«cevano: "Beati sono coloro che, senza deliberare, «sono portati a ben agire,,; ciò non viene portato « dalla loro volontà, ma da un principio presente in
•« essi,' che è superiore' al loro intelletto e alla loro
•«volontà... Anzi certuni sotto un'ispirazione divina
•n prevedono l'avvenire ». '
'Neìì'Etioa a Nicomaco, 1. VII, e. 1, Aristotile stesso parla degli eroi come Ettore òhe «per l'eccellenza del loro coraggio sono chiamati divini..., perché in essi vi è alcun che di superiore alla virtù umana »
•o alla scienza umana. Così si diceva: «il divino Fiatone », a cagione dell'ispirazione superiore che sposso .animava il suo discorso. Quest'ispirazione è d'ordine naturale e piglia diverse forme, filosoficà, poe-. tica, musicale, strategica; e sono le forme svariate del genio.
S. Tommaso osservò bene che quest'ispirazione speciale non è necessaria, all'uomo perché raggiunga 'il suo fine ultimo naturale, ma egli ritiene che la
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 321
cosa è diversa nell'ordine della grazia, in cui i doni dello Spirito Santo e le ispirazioni corrispondenti sono necessari alla salute is.
* * * .;
Nell'ordine della grazia si trovano trasportati questi tré modi nella mozione divina, e i tré sono qui qualche cosa di normale.
lo — Nell'istante della giustificazione dell'empio, Dio, come autore ' della grazia, muove il libero arbitrio. dell'uomo a convertirsi al fine ultimo soprannaturale. Sotto questa mozione divina e per essa, il peccatore vien. fatto giusto o giustificato, e comincia ad agire non più solo in vista della felicità naturalmente desiderata, ma per Dio, soprannaturalmente amato sopra ogni cosa.
Questa mozione soprannaturale prepara anzitutto il peccatore a ricevere la grazia santificante e lo giustifica coll'infusione di questa grazia e della carità, portandolo ad un atto libero di fede, di carità e a un atto di pentimento i9.
Qui, propriamente parlando, il libero arbitrio non muove se stesso a quest'atto di fede viva e di carità;
" I-II, cl. 68, a. 2, e.: « Quantum ad ea, quae subsunt humanae rationi, In ordine scilicet ad finem connaturalem homini homo potest opepari per judicium rationis; si tamen efciam in hoc homo adjuvetur a Deo •per specialem instinctum, hoc erit superabundantis tionitatis. Unde seoundum Philosophos, non quicumque nabebat virtutes morales ac-<iuisitas, nabebat virtutes heroicas vel divinas. Sed in ordine ad finem ultimum supernafuralem, ad quem ratio movet, secundiim quod est aliqualiter et imperfecte informata per virtutes theologicas, non sufficit ipsa motto rationis, nisi desuper adsit instinctus et motio Spiritus Sancii, secundum illud ad Hom., vili, 14: Quicumoue Spiritu Dei {iguniur, 7ii sunt filii Dei. » -,
" I-II, q. 113, a. 1, 2, 3,1, ad i, 5,6, 7, 8.—Cf. de hac rè del pbà.do, de Oratia et Libero arbitrio, t. II, p. 240. '
21 — Perfezione e Contemplazione. - I.
322 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
ma vi è mosso dalla grazia operante50. In quest'atto non vi può essere peccato, anzi vi è detestazione del peccato. Ed esso si produce liberamente sotto la grazia efficace 51.
Benché sia liberissimo, questo movimento soprannaturale di volontà rassomiglia al primo movimento naturale per il quale noi vogliamo la felicità. Nei due casi, l'uomo, propriamente parlando, non può muovere se stesso; ciò supporrebbe un atto anteriore efficace del medesimo ordine. Ora quest'atto anteriore non esiste, poiché si tratta qui del primo atto efficace d'amore del fine soprannaturale 52. Anziché essere preceduto da un merito personale, è desso che';
apre la via al merito; esso è come la soglia dell'or-* dine della grazia, o come il primo passo nell'esecuzione della predestinazione divina.
" I-II, g. Ili: a. 2: <i Quantum ad actum interiorem voluntes se habet ut mota, Deug ut movens, praesertim cum voluntas incipit bonum velie, yuae prius malum volebat. Et ideo, secundum quod Deus move! humanam mentem ad. huno actum, dioitur gratia operans. Alias autem aotus est exterior, qui oum a voluntate imperetur, ut snpra habitum est (q. 17, a, lo), consequens est, quod ad huno actum operatio attribnatur voluntati. Et quia etiam ad buno actum Deus nos adjuvat et interius oonflmiando voluntatem, ut ad aetum pervenlat, et exteriug facultatem operandi praebendo respectu hujusmodi actus gratia dicitur cooperane ». —Ibid. ad 2, S. Tommaso mostra come sotto la grazia operante benché Ìa volontà non muova se stessa in virtù d'un atto interiore, essa tuttavia consente liberamente a essere mossa: « Deus non ginenobis nos'justiflcat:
quia per motum liberi arbitrii, dumjustificat. Dei justitiae conseutinms. lile tamen motus non est causa gratiae, sed eflectus, nude tota operatio pertinet ad gratiam r.
51 I-II, q. 113, a. 5, et q. 112, a. 3: 11 Si ex intentione Dei moventig est, quod homo, oujus cor movet, gratiam consequatur, infalllbiliter eam eonsequitur ».
" II-II, a. 24, a. 1, ad 3. — Ot. del p.rado, op. cit.. t. II, p. 220:
« Hic motus voluntatis (sub gratia operante in instanti justiflcationis), 'quamvis liberrimus, est etiam ad instar motus naturalis per modum sim-pliois volitionis ; et homo non valet per rationem se primo determinare ad hujusmodi velie, quod excedit omnem naturalem facultatem, tam ratìonis, quam voluntatis... Est tundamentum oinnium sanotarum ele-otionum in ordine gratiae ». — Of. ibid., p. 223, et 1.1, p. 226-228, 236, dove si dimostra che Lemos su questo punto è più fedele a S. Tommaso ohe Diego Alvarez, Gonet e Goudin, ohe riducono la grazia operante ad una grazia eccitante ohe non conduce fino al buon consentimento.
I.A CONTEMPLAZIONE E I SUOI GKADI 323
2° — II secondo modo di mozione in quest'ordine e quello per il quale Dio muove l'uomo giusto a ben agire soprannaturalmente facendo uso come si conviene delle gerita infuse. In questo movimento del lìbero arbitrio, la volontà è mossa e muove se stessa, in virtù d'un atto soprannaturale anteriore. Vi è qui deliberazione propriamente detta circa i mezzi in vista del fine, e modo umano di agire,, sotto la dirczione della ragione illuminata dalla fede 63. Perciò la grazia è qui chiamata cooperante ai. Sotto questa grazia, qùand'è efficace, il libero arbitrio ..può ancora resistere, se vuole, ma non lo vuole m,ai. Non può avvenire infatti che il peccato si produca nell'uso stesso della grazia, quando l'uomo è mosso dalla grazia attuale efficace 55. Così, colui che è seduto, può ben levarsi, ma non può essere nel medesimo tempo seduto e in piedi. La libertà sussiste, perché Dio,, infinitamente potente e più intimo a noi che noi stessi, muove la nostra, volontà, secondo la sua inclinazione naturale a volere liberamente questo o quello 56.
" In tal modo per la prudenza infusa l'uomo delibera per agire come conviene secondo la virtù della religione, della giustizia, della tortezza, della temperanza, ed ancue per fare, quando occorre, degli atti di fede, di speranza, di carità. La prudenza impera così per accidens gli atti delle virtù teologali, benché non li misuri, Ot. II-II, q. 81, a. i, comment. P. Billuart.
" I-II, q. Ili,a.2: « In ilio autem eflectu, in quo mens nostra et movet et movetur, operatio non solum attribultur Deo, sed etiam animae, et secundun hoc (licitar gratia cooperans «. La volontà volendo già il flne ultimo soprannaturale muove se stessa, sotto la grazia cooperante, a volere i mezzi ordinati a questo flne, et. I-II, q. 109, a. 9, e hugon, de Qratia, p. 281-283.
15 I-II, q. 10, a. i, ad 3: « 81 Deus movet voluntatem ad aliquid, •ineompossibile est nule posttloni, quod vomntas ad illud non moveatur. Non tamen est impossibile simpliciter. TJnde non sequitur quod vo-luntas ex necessitate moveatur. »
" Ibid. ad 1: « Voluntas divina non solum se extendit ut aliqmd fiat per rem quam movet, sed ut etiam eo modo fiat quo congruit naturae ipsius. Et ideo magia repugnaret divinae motioni, si voluntas ex necessitate moveretur, quod suae naturae non competit; guani si moveretur
324 PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPIAZIONE
3°— Finalmente il terzo modo di mozione divina, nell'ordine della grazia, è quello per cui Dio muove •specialmente il libero arbitrio dell'uomo spirituale, disposto alle divine ispirazioni dai doni dello Spirito Santo. Qui il giusto è guidato direttamente, non dalla sua ragione illuminata dalla fede, ma dallo Spirito Santo stesso, in modo sovrumano 57. Questa mozione non solo è data per l'esercizio dell'atto, ma per la sua direziono e per la sua specificazione, perciò si chiama illuminazione e ispirazione 58. È. un modo eminente della grazia operante, che induce. così agli atti più elevati delle virtù e dei doni: la fede, illuminata dal dono dell'intelletto, diventa assai più penetrante e contemplativa; la speranza, illuminata dal dono della scienza sopra la vanità di tutto ciò, che passa, diventa confidenza perfetta e filiale abbandono alla Provvidenza, mentre le illumuiazioni del dono della sapienza invitano la carità all'intimità dell'unione divina. Come l'àpe o, l'uccello viag-"giatore, spinti dall'istinto, agiscono con una sicurezza ammirabile che rivela l'Intelligenza che li dirige, così, dice S. Tommaso, «l'uomo spirituale è inclinato ad « agire, non principalmente per il movimento della «sua propria volontà, ma per l'istinto dello Spirito «Santo, secondo il detto d'Isaia, lix, 19: «Perché «egli verrà come un fiume rinchiuso, cui il soffio «del Signore precipita». Così sta scritto: «Gesù fu «spinto dallo Spirito nel deserto», Lue., iv, 1. Non « ne segue affatto che l'uomo spirituale non operi «di sua volontà e di suo libero arbitrio, ma è lo
Ubere, prout competit suae naturae 11. — Item I, q. 19, a. 8; q. 83, a. 1, ad. 3 ; de Malo, q. 6, a. 1, ad 3 : « Deus movet quidem voluntatem imvtvu-tabiliter propter effloaolam virtutis moventis, quae deflcere non potest, sed propter naturara voluntatis nostrae, quae indifierenter se habet ad diversa, non inducitur necessitas, sed manet libertas '.
" I-II, q. 68, a. 1, 2 et 3.
" IWd. . ' '
LA CONTEMEIAZIONE E I SUOI GRADI 325
« Spirito Santo che pausa in lui quel movimento, di «volontà e di libero arbitrio, secondo la ; sentenza d-i «S. Paolo: «È Dio che opera in noi il volere e il «fare» Phil., n, 13» 59.— Queste parole di San Tommaso sono il miglior commento di ciò ch'egli ha scritto sopra la grazia operante, I-II, , q. Ili, a. 2. — «Così, dice egli ancora, i figli di Dio sono « condotti dallo Spirito Santo, perché attraversino, «.questa _vita piena di tentazioni (Job, vii, 1) e ri-«.portino la vittoria mediante la forza di Cristo» 60,
Se l'illumuiazione dello Spirito Santo ci dispensa dal deliberare, l'atto resta però Ubero e meritorio, perché noi consentiamo ad essere mossi in tal modo, come il buon allievo vuole ricevere nel miglior modo la lezione del maestro, come l'ubbidiente è perfettamente e liberamente docile all'ordine che gli è dato. Questo terzo modo di mozione divina adunque tutela ancor la libertà e la concilia maravigliosa-mente con l'infallibilità della prescienza e dei decreti divini: «Lo Spirito Santo opera infallibilmente « ciò che vuole, perciò, quando lo Spirito Santo vuoi «muovere qualcuno a un atto di carità, è impossibile
" S. tommaso in Epist. ad Rom. vili, lì : « Quioumque enirn Spi-ritu Dei aguntur, li sunt flili Dei. » — « lila enim agi dicuntur, quae quodam superiori instinciu moventur; linde de brutis dicimus, quod non agunt, sed aguntur. quia a natura moventur et non ex proprio motu ad suas actiones agendas. Similiter autem homo spiritualis, non quasi ex motu propriae voluntatis principaliter, sed ex insiinctw SpirUus Sancii inolinatur ad aliquid agendum, seoundum illud Isaiae lix, 19:
Cum venerit quasi fluvius violentus, guem Spiritus Domini cogit, et Lue. iv, 1: Jesus... ayehatur a Spiritu in desertum. Non tamen per hoc excluditur, quin viri spirituales per voluntatem et liberum arbitrium operentur; quia ipsum motum voluntatis et liberi arbitrii Spiritus Sanctns in eis oausat, seoundum illud Philipp, n, 13: Deus est enim, qui operatur in vobis et velie et perfwere ». Itera in Comm. in Oantic. Cantic. o. i...
" In Matihaeum iv, 4, supra haeo verba: « Jesus ductus est in desertum a Spiritu Sanoto », dioit: « Sic filii Dei aguntur a Spiritu Sancto, ut tempus hujus vitae, quae piena est tentatlonibus... transeant cum viatoria per Christi virtutem ».
826 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
«che questi nel" medesimo istante pecchi e perda la «•carità » 61.
•; Si vede che questi tré modi • di mozione, tanto nell'ordine naturale quanto in quello della grazia, si, distinguono benissimo, secondo che sono, sia prima .della deliberazione umana 62, sia dopo di essa (o con essa), sia- al di sopra di essa es. Ma, il terzo di questi modi si trova solo di rado nell'ordine naturale, nei genii e negli eroi, laddove nell'ordine della, grazia esso e normale, perché la ragione, anche illuminata dalla •fede, ha una maniera ancora troppo umana, perché basti a dirigerei all'ultimo fine soprannaturale 6t. •
Questa dottrina di S. Tommaso, che conferma quello ch'egli insegna circa «le,, virtù dell'anima purificata» 66, si ritrova esattamente in S. Giovanni della Croce 66 là dove parla di queste anime purificate:
" II-II, q. 24,, a. 11: 11 Spiritus Sanotus.liifallibiliter operatur quod-oumque voluerit. Unde impossibile, est haeo duo simili esse vera, quod Spiritila Sanotus velit aliquem movere ad aotum charltatis, et quod ipse charitatem amittat peccando)'.
i2 Infatti non si delibera per; desiderare la. felicità, e se si delibera per mettere il proprio fine ultimo in- Dio e non nella creatura (I-II, q.89,a.6), ciò non è la deliberazione propriamente detta la quale rig-narda i mezzi: et. I-II, q. 13, a. 3, et II-II, q. 24, a. 1, ad 3: i Oharitas, oujus objeotum est finis ultimus, magis debet dici esse in voluntate, quam in libero arbitrio. »
" I-II, q. 9, a. 6, ad 3 ; così si spiega questo famoso ad 3, ohe tu l'oggetto di tante controversie, of. del pbado, de Gratia et Ub. arb., t. I, p. 236, t. II, p. 228, 256. . -
" I-II, q. 68, a. 2, ad 3: i Katlo (etiam ut perteota theologiois vir-tutibus) non potest quautum ad omnia repellere stultitìam et aiia hujùsmodi... ignorantiam, hebetudinem et duritiam ».
" I-II, q. 61, a. 5: « Qnaedam vero sunt virtutes jam assequentium divinain similitudinem, quae vooantur virtutea jam purgati animi; ita ecilicet quod prudentia sola divina ìntueatur, temperantia terrenaa cupiditates nesciat; fortitudo passiones ignoret; justitia cum divina mente perpetuo foedere sooietur, eam soillcet Imitando; quas quideitt virtutes dioimus esse beatorum, vel allquorum in hac vita perteotissi-morum n.
'•' Salita del darmelo, 1. Ili, e. i, trad. Hoornaert II ediz., p. 7 et 8. Abbiamo alquanto modificata questa traduzione per seguire più da vicino lo spagnolo. ' ' ,
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GBADI 327
« Così ordinariamente i primi movimenti delle po-«tenze in tali anime sono come divini, e non bisogna «farne le maraviglie, poiché queste potenze sono in «certo modo trasformate nell'Essere divino 67... Dio «muove specialmente (con particularidad) le potenze «di queste anime... perciò le loro opere e le loro «preghiere sono sempre efficaci. Tali furono quelle «della gloriosa Madre di Dio. Fin dal principio della «sua esistenza ella si trovò elevata a quest'alto grado «d'unione; nell'anima sua non vi fu mai l'impronta «d'una forma di creatura qualunque, capace di dis-« trarla da Dio, e di farla deviare, perché fu sempre « docile alla mozione dello Spirito Santo » es.
Dunque in ogni uomo giusto, insieme colla grazia e colle virtù infuse, vi sono i sette doni dello "Spirito Santo, che sono connessi colla carità; essi perfezio^ nano le diverse virtù e costituiscono con esse un organismo soprannaturale perfetto, pronto a muoversi deliberatamente e anche ad essere mosso dallo Spirito Santo al disopra d'ogni deliberazione umana. E perciò la grazia abituale o santificante è chiamata «grazia delle virtù e dei doni », dal nome-.degli habitus infusi, che derivano da essa, come le facoltà derivano dall'essenza dell'anima 69.
Quest'organismo soprannaturale secondo la dottrina di S. Agostino e di S. Tominaso può figurarsi come segue, notando la corrispondenza delle virtù, dei
" Questa trasformazione è l'effetto della grazia giunta ad un alto grado; poiché la grazia, essendo una partecipazione della natura divina, in qualche modo ci deifica. Ct. I-II, q. 112, a. 1: « Necesse est quod solus Deus deificet... sicut impossibile est quod aliquid igniat, nisi solus ignis », '
" Sulla santità di Maria, S. Tommaso parla nello stesso modo. Ili, <1. 27, a. 4 in corp. '
" Cf. Ili, q. 62, a. 2, ad 1 ; « Gratta virtutum et donorum sufflcienter perfloit essentiam et potentias animae, quantum ad generatemi ordina-tionem aotuum animae, sed quantum ad quosdam elìectus speciales qm reqniruntnr in via ohristiana, requiritur sacramentalis gratia ». , ,,
328
PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPI.AZIOME
doni e delle beatitudini indicata dottori :
virtù
doni
da questi due grandi
frutti dello Sp. 'beatitudini Santo
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carità- |
d. della sapienza |
b. i pacifici |
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rito |
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In questo riassunto, in cui si
riuniscono i dati della Scrittura e della Tradizione su questo argomento, le
virtù sono scritte secondo l'ordine della loro gerarchla, come i doni
corrispondenti 70. Il dono della scienza è ivi indicato accanto alla
speranza, in quanto ci fa conoscere la vanità dei beni terreni e dei soccorsi
umani71 e ci induce così a desiderare il possesso di Dio e a sperare
in Lui. Si vede meglio la corrispondenza delle beatitudini, se si richiamano
alla mente le ricompense promesse in ciascuna 72; l'ultima : «
Beati quelli che soffrono, persecuzione », non è indicata, quantunque sia la
più perfetta, perché contiene tutte le altre in mezzo alle più grandi difficoltà
".
"'
Quest'enumerazione dei doni corrisponde a quella d'Isola, XI, 2, salvo in
quanto al dono del consiglio e della fortezza, che, in ragione della loro materia
difficile, sono collocati da Isala prima di quella della scienza e della
pietà, pur essendo loro simpliciier inferiori. Of. I-II, <r. 68, art.
7.
"
II-II, q. 9, a. 1.
"
I-II, q. 69, a. 3, ad 3, et II-II, q. 8, a. 7 ; q. 9, a. 4 ; q. 45, a. 6 ; q.
19, a. 12; q. 121, a. 2; q. 139, a. 2.
"
II-II, q. 69, a. 3, ad S, e circa i trotti dello Spirito Santo cf. I-II, q.
70. S. Tommaso dimostra ch'essi procedono dallo Spirito Santo secondo ch'egli
dispone l'anima nostra rispetto a Dio, riapetto al prossimo e rispetto alle
cose inferiori.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI
329
L'ordine dei doni dello Spirito
Santo apparisce chiaro mettendo così a riscontro quello che dice San Tommaso,
I-II, q. 68, a. 4, e II-II, q. 8, a. 6:
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contro
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scenze sregolate . dono del timore |
temperanza f |
|
Così si vede che i doni
dell'intelligenza, dirigendo gli altri, sono loro superiori 7Ì. Essi
perfezionano l'intelligenza nelle sue due prime operazioni: 1° semplice
apprensione e penetrazione della verità, 2" giudizio. Non si tratta della
terza, cioè del ragionamento ossia discorso, perché gli atti che dipendono dai
doni sono precisamente non discorsivi, superiori al modo umano del
ragionamento. Il dono della sapienza è superiore a quello dell'intelletto,
perché la sapienza giudica degli stessi primi principii per la più alta Causa 75.
Qui si tratta del giudizio non solo secondo 11 perfetto uso della ragione
speculativa, come nella sapienza acquisita, ma per connaturalità o simpatia
verso le cose divine, connaturalità fondata sulla carità, ossia sull'amore
soprannaturale di Dio 76.
.'«
I-II, q. 68, a. 7.
"
I-II, q. 66, a. 5. Nello schema precedente, per la semplicità della figura, la
sapienza tu posta dopo l'intelletto ; ma dovrebbe esser prima.
"
II-II, q. 45, a. 2 : « Rectitudo judioil (circa rea divmas) potest contìngere
dupliciter: Uno modo secundum perfectum usum rationis;
330 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Elevazione crescente dell'ispirazione spirituale dello Spirito Santo nei principianti, nei prò fidenti e nei perfetti.
Tutti i doni, essendo connessi
con la carità ", come abiti infusi crescono con essa, la quale,
quaggiù, deve sempre svilupparsi fino alla morte 78. Per conseguenza,
come si distinguono, tré gradi della carità: quella dei principianti, dei
proficienti e dei perfetti 79, così si fa la medesima distinzione
per i doni dello Spirito Santo. Questo punto fu svolto in modo particolare da
Dionigi Certosino nel suo trattato dei Doni 80, dov'egli fa
vedere che il loro primo •grado corrisponde all'obbligo stretto, il secondo
alla pratica dei consigli, il terzo agli atti eroici.
, Noi mostreremo brevemente
questi tré gradi, prima nel dono della scienza e in quelli che gli sono subordinati,
poi in quelli più alti dell'intelletto e della sapienza. ,
II dono della scienza ci
fa giudicare santamente delle cose create, sia che ci mostri il loro nulla 8i,
sia che ci riveli il simbolismo divino in esse nascosto. Nel primo grado ci fa
conoscere che le creature non son nulla per sé, e che noi non dobbiamo
attaccarvici come a nostro fine ultimo; ma dobbiamo servircene unicamente per andare
a Dio. Nel
allo
modo propter connaturaUtatem suamSam ad. ea d'eqnibusju.dioaiidum est...
sicut Dionys. dioifc in e. il de div. Nom. quod Hierotheus est per-tectus in
divinis, non solum disoens, sed et patlens divina. »
"
I-II, il. 68, a. 5. ,•
"
II-II, ci. 181, a. 3.
"
"
II-II, q. 24, a. 9, et q. 183, a. 4.
""
Opera omnia. Tornaci 1908, t. XXXV, p. 157-2,60 : De Dowts
Sfi-ritws Sancii. •
• . . • ' • . : .
11 II-II, q. 9, a. 2 et i. Questo dono ha ima gran
funzione nella notte passiva dei sensi, da esso procede la santa, tristezza di
Qui parla, Gesù nella beatitudine delle lacrime.'• - •- - ;.. . :.:...,., •y -.•:, ,:
•LA CONTEMPLAZIOÌIE E I SUOI GRADI 331
secondo grado c'induce ad usare
moderatamente delle creature, con un vero distacco inferiore, e nel medesimo
tempo ci solleva a Dio collo spettacolo della natura 82. Nel terzo
grado esso da lo Spirito di rinunzia spinto fino alla pratica eroica dei
consigli, ci fa vedere il pregio delle umiliazioni e dei patimenti, che ci
configurano a Cristo crocifisso, e che ci associano al gran mistero della
redenzione. Non è più un conoscimento superficiale, reminiscenza, di pie.
letture, ma un profondo convincimento e una vera partecipazione alla scienza
divina delle cose create 83;
in modo particolare è la scienza
della gravita del peccato, ed ha per frutto le lacrime della contrizione.
Sotto la dirczione-del dono della
scienza si esercitano quelli del consiglio, del timore, della pietà,' della
tortezza. .
. Mentre il dono della scienza ci
dirige da un punto di vista generale (distacco dal creato), quello del consiglio,
perfezionando la prudenza» ci fa. conoscere in particolare i migliori mezzi per
conseguire il fine.;
anche là dove la prudenza
resterebbe titubante, ci mostra quello che bisogna fare ed evitare, quello che
bisogna dire e tacere, .quello che bisogna intraprendere e abbandonare si.
— Nel primo grado ci dirige nelle cose di stretto obbligo; nel secondo ci
inclina alla pratica generosa dei consigli evangelici;
nel terzo ci fa intraprendere
opere sante con. una perfezione veramente eroica 85, Esso
corrisponde alla
."
Per questo dono.S. Francesco d'Assisi calpesta tutte le cose terrene, e riceve
una tale intuizione del simbolismo della natura, ch'egli chiama suoi fratelli e
sue sorelle tutte le creature e per esse risale fino a Dio. .
.
" Su questi tré gradi del dono della scienza et. diontsium oa.rt., op. cit., tr. 3, a. 25. . '
84 I-II, o.. S2, a. 1 e1. Esso ci fa evitare più
sicuramente la precipitazione, la. temerità, l'inconsideratezza, • la
negligenza, l'incostanza, cr. II-II, q. 53, 54, 55, •.
•'
Ct. dion. cabt., Olì. cit.,
tr. 3, a. 7. : .
332 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
beatitudine dei misericordiosi,
perché ci consiglia le opere di misericordia, e solo i misericordiosi sanno
dare, come si conviene, agli afflitti il buon consiglio che li solleva 8e. • .
Sotto la direziono del dono della
scienza, quello del timore viene a rassodare'la temperanza,, la castità,
facendoci evitare, in vista di- Dio, gli errori della nostra natura corrotta 87;
esso corrisponde anche alla speranza, portandoci al rispetto filiale verso Dio 88.
Nel primo grado ispira l'orrore del peccato, premunisce contro la tentazione 89.
Nel secondo, da un rispetto filiale più profondo della, maestà divina, preserva
dall'irriverenza rispetto alle cose sante, ed anche dalla presunzione. Nel
terzo,, induce alla pratica della rinunzia perfetta, e della mortificazione,
secondo il detto di S. Paolo: «portando sempre con noi nel nostro corpo la
morte di Gesù, affinchè la vita di Gtesù sia altresì manifestata nel nostro
corpo» (II Cor., iv, 10). Da ciò si vede come questo timore, che ha per frutto
la beatitudine dei poveri di spirito, sia «il principio della sapienza» 90
e di un'altissima sapienza. .
. . , -.
Ma questo santo timore dev'essere
accompagnato dal dono della pietà, che. ci riempie d'un affetto veramente
filiale verso Dio, nostro Padre, e ci fa compiere con una religiosa premura e
con gran coraggio tutto quello che si riferisce al culto divino. È il dono
della pietà che ci fa gridare : « Padre, Padre», dice S. Paolo, Eom., vili, 15.
Esso risponde alla beatitudine dei mansueti, perché da una soavità tutta
celeste e induce così a sollevare il prossimo afflitto mostrandoci in esso un
fratello, o un membro
" ii-n, a. 52, a. 4.
"
II-II, q. 19, a. 9, e.; q. 141, a. 1,
ad 3.
•<
II-I'I, q. 19, a. 9, ad 1.
••
Ps. cxviii, 120: «Conflge timore tuo earnes meas >.
•«
Ps. ex. 10.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GKADI
333
aofferente di Cristo 91.
Nel suo grado più elevato, il dono della pietà c'inclina fortemente a dedicarci
tutti quanti al servizio di Dio, a offrirgli tutti i nostri atti e tutti i
nostri patimenti come un sacrificio perfetto; questo dono fa capire che la
santa comunione è una partecipazione al sacrificio 'della Croce perpetuato
sopra l'altare, partecipazione mediante la quale nostro Signore vuoi rendere i
nostri cuori simili al suo saero Cuore di Sacerdote e di Vittima, ed associarci
ai sentimenti più profondi ch'egli aveva istituendo l'Eucaristia, nel momento
ch'era per morire per noi 92. Su quest'unione a Cristo sacerdote,
cf. I Petr., n, 5 a».
Il dono della fortezza,
sotto la medesima direzione dei doni della scienza e del consiglio, ci comunica
il coraggio d'intraprendere (aggredì) per Dio grandi cose, e di
sopportare (sustinere) per lui pene opprimenti; viene anche- in aiuto
alla virtù della fortezza nelle più difficili circostanze. E corrisponde alla
quarta beatitudine: « Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia» e
che, ad onta di tutti gli ostacoli, conservano una fiducia incrollabile nel soccorso
di Dio. Nei perfetti questo dono comunica all'anima uno slancio sovrumano,
induce a soffrire con gioia, per Dio, per la fede e per la giustizia, i
peggiori supplizi, è questo dono della fortezza che fa riportare ad umili
verginelle, a deboli bambini
"
II-II, q. 121, a, 1, ad 3, et a. 2.
'2
III, q. 79, a. 2, ad 1 : « Oportet ut prìus simul compatiamur ut postea
simul glorifloemur » ut dicitur Bom.., vili, 17. Ci. Offlcium SS.
Sa-crameitti. — Vedasi anche sul tré gradi della pietà Dionigl Certosino :
op-
cit-, tr. 3, a. 40; egli applica al
terzo grado di questo dono riguardo .al prossimo il detto di S. Paolo: «
Volentierissimo spenderò il mio, e apenderò di più me stesso per le anime
vostre, quantunque amandovi yiù dovessi essere amato di meno ».
"
n Accostatevi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini... e-vòl pure come
pietre vive siete edificati sopra di lui... per offerire vittime spirituali,
gradite a Dio per Gesù Cristo». I Petr., ir, 5. :
334 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
la corona del martirio 9t.
. È questo ancora che sostiene quelli che passano senza piegare per il duro
crogiolo delle purificazioni passive dello spirito e che sperimentano il detto
della Scrittura:
«multae tribulationes
jusfcorum... liberabit eos Do-.minus».(Ps, xxxin, 20). È questo che faceva dire
a San Paolo: «Io sovrabbondo di gioia in mezzo a tutte le nostre tribolazioni»
(II Cor.,. vii, 4;
«Godo di quello che patisco per
voi, e do nella mia carne compimento a quello che. rimane dei patimenti di
Cristo, a prò del corpo di lui, che è la Ohiasa» (Coi.,, i, 24) 95.
Tali sono i doni inferiori
ordinati alla vittoria sul peccato e all'azione. L'anima che vive abitualmente
sotto il dominio di questi doni è già nella vita mistica, sovrumana,
quand'anche non discernesse ancora chiaramente i,n sé la contemplazione
mistica, che procede dai doni superiori. Questo è importantissimo in pratica,
e dev'essere ben notato per mantenere, senza esagerazione, il senso esatto
della dottrina che noi difendiamo sul carattere normale, setór bene eminente,
della contemplazione infusa. Benché sia normalmente concessa ai perfetti, essa
non è sempre nettamente caratterizzata in loro; ma sono già nella vita mistica
se vivono abitualmente sotto l'impero dei doni che corrispondono alle
beatitudini della, fuga del peccato e .a quelle della vita- attiva. Chiunque
può facilmente rendersene ragione da ciò
•*
II-II, q. 139, a. 1, et dion. caet., op.
di., tr. 3, a. 18, »" Cf. S. Thomam in Ep. ad Col. i, 24. Alla
passione di Cristo in sé stessa non manca nulla, essa ha un valore
sovrabbondante e infinito ;
manca
solo qualche cosa al suo irradiamento in noi, perciò S. Paolo dice:
«
Do nella mia carne compimento a ciucilo che inanca ai patimenti di
Cristo », per essere associato alla grand'opera della redenzione in Cristo e
per continuare per mezzo di Lui l'opera sua redentrtee, mediante l'applicazione
dei suoi meriti: « Noi siamo .eredi di Dio e coeredi di Cristo, se però
soffriamo con lui, per essere glorificati con lui «(.Rom., e. vili, 17).
I-A
COM.EMPLAZIONE E I SUOI GRADI
338
che S.. Tommaso dice di queste
prime cinque beatitudini 96. Gon ciò l'anima è immediatamente
disposta . alla contemplazione infusa, che è soprattutto il frutto dei doni
dell'intelletto e della, sapienza.
Il dono dell''intelletto
ci fa penetrare (intus legere, leggere dentro), il senso delle verità
rivelate, scoprire lo spirito sotto la lettera. Mentre la fede è un semplice
assenso alla parola di Dio, assenso che esiste anche nel fedele in stato di
peccato mortale, questo dono invece, il quale, come gli altri, si trova solo
nei giusti, implica un'intelligenza penetrante e progressiva dei misteri della
fede, dei precetti e dei consigli. Non toglie alla fede ne la sua oscurità, ne
il suo merito; non ci da mai quaggiù l'evidenza dei misteri propriamente detti,
di quelli per esempio della SS. Trinità, dell'Incarnazione, della Redenzione,
della Predestinazione, ma ci fa sempre meglio percepire che l'oscurità
di questi misteri è diametralmente opposta a quella : .dell'incoerenza e
dell'assurdità, e che proviene da una luce troppo grande per i nostri deboli
occhi. Con ciò esso ci mostra l'inanità delle obiezioni che si fanno contro la
fede, e conferma, grandemente i motivi di credibilità ossia segni della
Rivelazione 97,
Nel primo grado, esso consolida
la fede d'ogni buon cristiano, a tal segno che certi illetterati, che non
possono fare uno studio dei motivi di credibilità, aderiscono alla parola di
Dio con una fermezza che può superare quella della fede dei dotti. Nel secondo
grado, questo dono ci svela le principali convenienze e la sublimità dei
misteri rivelati; contribuisce inoltre grandemente alla purificazione passiva
dello spiritó,-
"
I-II, q. 69, a. 3 e 4. Vedasi pure ciò che si dice della vita attiva;
e
delle sue relazioni colla vita contemplativa e colla vita mista o apostolica,
II-II, q. 179, 181, 182, 188, a. t e 6.
"
II-II, (fc 8, a. 1, 2, 4.
336 PERFEZIONE CEISTIAt.TA
E CONTEMPLAZIONE
facendoci intravedere l'infinita
grandezza di Dio, le sue perfezioni imperscrutabili, gli annientamenti del
Verbo fatto carne, e d'altra parte il fondo di miseria che sussiste in noi;
quindi corrisponde alla beatitudine dei cuori mondi 98. Nel terzo
grado fa penetrare nelle profondità dei misteri divini, svela ' sempre più il
senso delle profezie, delle parole di nostro Signore, e, in certo modo, ci fa
vedere Iddio, « per donum intellectus Deus quoclammodo videri .potest»
", non già per un'intuizione positiva immediata dell'essenza divina, ma
mostrandoci sempre meglio quello che Di,o non è,, e come la sua vita
intima oltrepassa infinitamente .la cognizione naturale d'ogni intelletto
creato o creabile 100. .
È chiaro che il terzo grado del
dono dell'intelletto, quello che normalmente conviene ai perfetti, appartiene
alla vita mistica propriamente detta, come principio della contemplazione
infusa. Chiunque se ne renderà facilmente ragione leggendo in Dionigi Certosino
la descrizione di questo terzo grado 101.
"
II-II, a. 8, a. 7 : « Munditia cordis (ab inordinatts affiectionibus) flt per
virtutes et dona quae pertinent ad vim appetitivam... Alia vero est... munditia
mentis depuratae a pliantagmatibus et erroribus... et - hanc munditiam tacit
donum intellectus ».
"
I-II, q. 69, a. 2, ad 3 : «i In hac etiam vita, purgato oculo per donum
intellectus, Deus guodammodo videri •potestn. Così le ricompense di ciascuna
delle otto beatitudini esistono già in certo modo, mchoative, nella vita
cristiana di quaggiù, che è la vita eterna cominciata, «semen gloriae ».
100-
ii-n, q, 8, a. 7 : « Duplex est Dei visio. Una quidem perfecta,
per quam videtur Dei essentia. Alia vero imperfecta, per quam etsi non
videamus de Deo quid est, videmus tamen quid non est, et tanto in
hac vita Deum perfectzus cognoscimus, quanto magis infelligimus eum
exce-dere (luidquìd intellectu comprehenditur. Et utraque visto pertinet ad
'donum intellectug. Prima quidem ad donum intellectus consummatum, secundum
auod erit in patria; secunda vero ad donum intellectus in-choatum, secundum
quod habetur in via ».
"'1
dion, oabt., De donis, tr.
2, a. 35: «Ad tertium gradum (doni Intelleotus) id attlnet ut singulorum fldei articulorum
proprias rationes ae fundamenta quis pnrgatissima acie valeat considerare...
atque certissimo mentis oculo queat delectabiliter speculari... i
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI;
33T
Finalmente, mentre il dono
dell'intelletto concepisce e penetra, quello della sapienza ci fa
giudicare di tutte le cose create con il gusto, con la cognizione
.affettiva e saporosa di Dio, loro principio e loro fine 102.
"Pur restando quaggiù nell'oscurità della fede, la sapienza, senza vedere
Iddio tal quale è (siculi est), contempla Lui stesso nella sua vita intima,
nella misura in cui Egli si fa sentire a noi •come l'anima dell'anima nostra,
la vita .della nostra vita. Come noi ci rendiamo consci, dell'anima nostra per
via delle nostre azioni los, così in certo modo abbiamo una
cognizione quasi sperimentale di Dio mediante l'azione ch'egli esercita
in noi e mediante la gioia spirituale e la pace che ne proviamo lot.
Così dice S. Paolo: «Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro
spirito che noi siamo figli di Dio » 105. Tal è veramente, come
dimostrano S. Tommaso e Giovanni di S. Tommaso, l'effetto del dono della sapienza.
Gome meglio, vedremo appresso, fa d'uopo ritornare a queste formule del Maestro
che citiamo in nota 106.
•"'
II-II, q. 45, a. 1, 2.
""
I, q. 87, a. 1: « Socrates vel Piato percipit se habere
ammamin-telleetivam ex hoc quod percipit se intelligere i>. :
"*
Ot. II-II, q. 45, a. 2 et 5, et q. 97, a. 2, ad 3, oyé si dice: «Ùuplex est
oognitio divinae bonitatis vel voluntatis. Una quidem speculativa... Alia
affectiva, sive experimentalis, dum quis experitur in seipso gustum
divinae dnicedtnig et complacentiam divinae voluntatis. Sicut de-Hierotheo
dicit Dionysius de div. Nom., o. il, lect. 4, quod didicit divina ex
compassione ad ipsa «. Questo non esige punto delle idee infuse. —" S.
Tommaso dice anche in I, diat. li, q. 2, art. 2 ad 3; « cognitio
iste est quasi experintentalis i.
1" Rom., vili, 16.
""
S. tommaso, in Ep. act Som.,
Vili, 16, dice: « Ipse ewim Spiritus testimonium reddit spiritui nostro quod
sumus filvi Dei, reddit testimo'-nium per effectum amoris filialis,
quem in nolls tacit ». — Iter/i in I-II, q. 112, a. 5: ii (Sine
revelatione speciali) praesentia Del in nolis et ab-
•sentia
per certitudinem cognosci non potest... Sed cognoscitur aliquid
•oonjeoturaliter
per aliqua signa: et hoc modo aliquis cognoscere potest ae habere gratiam, in
quantum scilicet percipit se delectari in Dea efc
22 — Perfezione e Contemplazione, • I;
338 PERFEZIONE CRISTIANA
E CONTEMPLAZIONE
II dono della sapienza è così il
più perfetto di tutti, ed esercita sugli altri il medesimo influsso
-che la carità. sulle virtù che
le sono subordinate. Esso ,è ad un tempo eminentemente speculativo e pratico 107,
e apparisce negli uni soprattutto sotto la. prima* forma, e negli'altri
soprattutto sotto la seconda. In tal modo vi sono dei santi chiamati alla
-•vita attiva, come S. Vincenzo
de' Paoli, che pure, sotto. una forma pratica, hanno una profondissima unione,
.mistica con Dio, quella che fa
loro vedere costantemente nei poveri, nei malati, nei bambini abbandonati i
mèmbri sofferenti di Gesù Cristo. È assai importante notare, come abbiamo
detto, queste forme pratiche della vita mistica, per ben intendere il senso
: della dottrina che noi teniamo
come tradizionale, e per non volerla applicare materialmente nel modo medesimo
a tutte le anime.
A questo dono della sapienza
pensa S. Paolo quando dice : « Vi è una sapienza che. noi predichiamo tra
contemnere
res mundanas et in quantum homo non est conscius sibi alioujus peccati
mortalis. Seoundum quem modum potest intelligi» quod habetur Apocal. n: Vincenti
(lobo manna absconditum, quod nemo iiovit, ms"; gwi accipit, quia
scilicet ille, qxii accipit (gratiam), per quam-dam experientiam dTilcedinis
novit, quam non experitur ille, qui non aocipit". In tale senso appunto
viene generalmente citato dai mistici. questo testo dell'Apocalisse.
giovanni di S.
ToMMAao spiega bene questa dottrina dicendo;
«
Sicut contaotus animae quo experimentaliter sentitur, etiamsi in sua,
gnbstantla non videatur, est informatio et animatlo, qua corpus reddit viynm et
animatum, ita contoctus Dei guo sentitur experimentaliter, et
-at
objectuni oonjunotum, etiam aiitequam videatur intuitive in se, est
oontactua operationis intimae, quo operatur intra cor, ita ut sentiatur» "
et experimentaliter manifestetur, eo quod n unctio ejus docet nos de:
omnibus », ut dicitur I Joann., iv...
«
Haeo cognitio experimentalig datar etiamsi res intuitive non videatur in
se, sufficit quod per proprws effectus, quasi per tactum et
vivi-iìcatiouem sentiatur, sicut animam nostram experimentaliter cognoscì-iulus, etiamsi intuitive ejus
substantiam non videamus ». Joannes & S. Thoma in I, q. 43, disp.
17, a. 3, n. 13 et 17. If.em valloobneea,
Theoloaia mystica D. Thomae. t. II, n. 868..., p. 29-31, ed.
Taurin., 1924, makietti.. .
"'
II-II, q. 45, a. 3.
LA
CONTEMPIAZIONE E I SUOI GRADI 339
i perfetti... sapienza di Dio,
misteriosa e occulta... Nessuno conosce quello che è in Dio, fuorché lo Spirito
di Dio... questo Spirito di Dio noi l'abbiamo ricevuto... L'uomo spirituale
giudica di tutte le cose ed egli non è giudicato da alcuno... Noi abbiamo il
senso di Cristo » 108. Questa esperienza delle cose divine da una
certezza che riempie l'anima d'una ineffabile consolazione 109.
Perciò il dono della sapienza corrisponde alla beatitudine dei pacifici 110,
i quali in mezzo a tutto ciò che potrebbe turbarli, conservano profondamente la
pace, la tranquillità dell'ordine, tanto da comunicarla agli altri; essi sono
abituati a contemplare in Dio tutte le cose, gli avvenimenti più imprevisti e
,,i più penosi come le cose più consolanti. .
Questo dono ci è comunicato in
proporzione .della nostra carità, in virtù della sua intima connessione con
essa; onde, meglio ancora che negli altri, si vedono in esso tré gradi
corrispondenti a quelli della. carità. Nel primo grado, ci mostra specialmente
la grandezza dei comandamenti di Dio e ci comunica l'attrattiva del bene. «
Mihi autem adhaerere Deo bonum est» (Ps. lxxii,
28). Nel secondo grado, ci fa vedere il pregio dei consigli, come tutti
i cristiani devono avere lo spirito di questi consigli, anche quando la loro condizione
non permetta loro di praticarli. Rischiarata dal lume della contemplazione,
l'anima che attraversa la notte dello spirito apprezza sempre meglio la Croce
di Gesù, e in certi momenti vi trova perfino una soavità spirituale e una «pace
che supera ogni sentimento ». Nel terzo grado l'anima è trasformata dal dono
della sapienza; alla sua luce «il
w8
I Cor., il, 6-16, e S. tommaso, I-II,
4S, i.
"•
Ctt. S. tommaso in Ps.
xxxin, 9 : « Gustate et ridete quoniam suavis est Dominus «. 11 Eflectus
experientiae ponitur duplex. Unus est certitudo intellectus, alius securitas
afiectus ».
1» II-II, d. IS, .a. 6.
•
340 PERFEZIONE
OE1STIANA E CONTEMPLAZIONE
perfetto, dice S. Tommaso, tende
soprattutto ad aderire a Dio, a godere di Lui, e desidera di morire per
essere con Cristo» 111. Intanto, come-dice S. Paolo, egli si
compiace «nelle debolezze, negli obbrobrii, nelle necessità, nelle persecuzioni
e. nelle angustie per Cristo » 112. È l'ottava beatitudine, la più
alta di tutte lls.
"
È chiaro che questo terzo grado
del dono della sapienza appartiene alla vita mistica propriamente detta, anche
se si presenta soprattutto sotto una forma pratica, come nei santi chiamati
alla vita attiva, Questo apparisce chiaro nella descrizione che Dio-nigi
Certosino, secondo i principii di S. Tommaso, da di questo terzo grado : « Lo
spirito non si ferma più in nessuna cosa creata per essa medesima, ma è
totalmente fissato nella contemplazione delle cose divine, contemplazione
quanto mai pura, facile e dolce, ora che le passioni sono calmate, e l'anima
purificata... quanto lo permette la fragilità di questa vita. Questa sapienza
appartiene a quelli che possono dire con S. Paolo (II Cor., m, 18):. Noi tutti
col viso scoperto, riflettendo quasi in -uno specchio la gloria del Signore, ci
trasformiamo nella stessa immagine di gloria in gloria, come per opera dello
Spirito del Signore » 114;. Non v'ha dubbio che noi dobbiamo
desiderare questa divina sapienza il cui
111 II-II, q. 24, a. 9: « Diversi gradus caritatis
distingunntur seound'am diversa studia (incipientium, proflcientlum et
perfeetorum)... Terti'mn antera studium est, ut homo ad hoc principaliter
Intendat, ut Deo inhaereat et eo truatur, et hoc pertinet ad perteetos, q'iri cupiunt
dissolvi et esse cuw, Ohristo. » — Item in Ep. cui PMl., i, 23.
112 II Cor., xn, 10.
'"
I-II, q, 69, a. 3, ad 5.
114 dion. oabt., de
Donis, tr. 2, a. la: « Quod donum sapientiae et virtus oaritatis divinae
proportionaliter orescunt sfamil...»— art. 16:
De
triplici gradu doni sapientiae: 11 Tertius sapientìae gradns 'perfectis tantummodo
congrult, et in eo oonsistit ut intellectTil nulliiis rei creatae cognitio
saptat, delectet vel placeat, nisi in auantmn ad diTinormn no-titiam confort,
sicque mena ipsa divinorum oontemplationi totaliter
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GUADI 341
progresso accompagna normalmente
quello della carità, che quaggiù deve sempre crescere 116.
Ciò che è straordinario è la
contemplazione sovreminente, che procede non solo dai doni dello Spirito Santo,
ma anche da una grazia gratis data, come quella della profezia o quella
chiamata da S. Paolo «sermo sapientiae ». Quindi, dopo aver detto che tutti i
giusti ricevono il dono della sapienza, nella misura necessaria alla loro
propria santificazione, S. Tommaso aggiunge: «Certi la ricevono in un più alto
grado, quanto alla contemplazione, per conoscere .certi .misteri altissimi e
per manifestarli ad altri, e in quanto alla dirczione della; vita, non solo per
loro, ma anche per altri. Questo'grado di sapienza no:n è comune a tutti
quelli che hanno la grazia santificante (e vi progrediscono), ma appartiene
piuttosto alle grazie gratis datae» lle.
Bisogna ancora notare che queste
grazie, come la profezia, non sono precisamente necessario per questo
Inflgatur,
ut ea prompte, sincere, subtiliter, dulolter valeat contueri, passionibus iam
sedatis, exteriorique homine penitus retormato, ordinato, ac rationis censurae
ad nutum subjecto, quantum praesentis vita tragilltas capit vel sustinet. Haec
saplentia competit his qui cum divino Apostolo (II Oor., in, 18) dicere
possunt; Nos autem revelata facie glariam Domini specillante», in eamdem
imaginem reformamur a claritate in claritatem, tanguam a Domini Spiritu... Vivo
autem iam non ego, vivit vero in, me Qhristus (II Qalat., n, 20) ».
Dionigi
osserva cluì ancora che questi
tré gradi del dono della sapienza corrispondono ai tré gradi delle virtù
morali spiegati da S. Tommaso, I-II, (i. 61, a. 5, ove distingue le virtuies
politicas, purgatorìas et purgati animi.
Ilem ci. Dicw. oa.bt.,
De fonte lucis, a. 12, 13, 15, et De coni., Uh. I, a. 4à;
in queste opere si trova una simile descrizione al terzo grado del dono della
Sapienza e si dice chiarissimamente, ae fonte lucis, a. 12 et 15, che è
questa propriamente la s contemplano unitivae oc mysticae sapientiae »
che ci unisce a Dio tanguam prorsus ignoto, nelle tenebre transluminose,
per supersplendentem caliginem, di oui parlò Dionigi 11 mistico e dopo
di lui S. Tommaso, in Ut>. de div. Nom., e. i, lect. 1;
e.
vii, lect. i.
115 C£. henbi Suso,
L'Bxemplaire, I P., o. IV, III P., e. i, e butsbboeok Le Royaume des Amante, o. xxxm.
"•
II-II, q. 45, a. 5, et de gratiis gratis datis, I-II, q. Ili, a. 1.
342 PEKFSZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
atto di contemplazione, ma
aiutano semplicemente a renderlo più completo e più perfetto 117.
Ciò che sarebbe ancor più
straordinario, è la visione beatifica accordata quaggiù in modo transitorio,
come S. Agostino e S. Tommaso pensarono che fosse accordata a Mosè e a S. Paolo
118.
Tal è la dottrina del Dottor
angelico sull'ispirazione speciale dello Spiritò Santo nell'anima dei giusti e
sul suo progresso, che accompagna abitualmente quello della carità. Se
richiamiamo alla mente die, per lui, la perfezione della carità non è solo di
consiglio, ma cade sotto il primo precetto, come il fine, a cui tutti devono
tendere, ognuno secondo la sua condizione 119, vedremo sempre meglio
che la contemplazione infusa, che procede dal dono della sapienza, trovasi
veramente nella via normale della .santità e che è generalmente concessa ai
perfetti.
Ora dobbiamo fare uno studio più
profondo del dono della sapienza in particolare, e della sua relazione
colla fede da una parte, e colla contemplazione infusa dall'altra.
117
q(_ tommaso di gesct', O. D., De
Oontemplatione, 1. II, e. in, iv, v;
de
Oratione, 1.1, e. i et iv. — sohbam, Theol. must., 1.1, P.
II, e. iv, § 244 :
<i
Solum probatnr conteraplationem secundum essentiam suam non consistere
in bis gratiis, sed per illas juvari aceidentaliter et 'perfici dircele in
ordine ad alias, indireote in ordine ad. se... Quia senno est de
conterà -platione perieota, quae supponit vel faoit animam pertectam, baec
neqnit a solia gratiis grafcis datis procedere, cuin sit cariiate formata, et
elevata donis Sptritus Sancti ». — Ot. mbynabd,
O. P. Trattato della Vita inferiore, t. II, n. 42-16, mabietti, Torino.
"•
II-II, d. 17S, a. 3-6.
1» II-II, q. 184, a. 3.,
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 343
akticolo VI.
Carattere essenziale della
contemplazione infusa. In che modo procede dal dono della sapienza e della fede
?
Per le ragioni che abbiamo
esposte, i teologi insegnano comunemente che la contemplazione infusa procede
formalmente dai doni dello Spirito Santo, in particolare dal dono della
sapienza che ci fa gustare i misteri della salute, e vedere in qualche maniera
tutte le cose in Dio, come la sapienza acquisita si sforza di giudicare di
tutto per mezzo della causa suprema .e del fine ultimo 1. Vi
contribuisce pure-il dono dell'intelletto facendoci penetrare (zntus legere)
questi misteri 2. Il dono della scienza può averci anch'esso una
parte manifestandoci il vuoto, la vanità di tutte le cose create, in confronto
di Dio, o rivelandoci l'infinita gravita del peccato mortale assai meglio che
non potrebbero fare anni ed anni di meditazione 3.
Tutta la tradizione annette alle
ispirazioni del dono della sapienza quella cognizione amorosa di Dio, •— ben
diverga dalla cognizione speculativa, — che
1 Ot. II-II, q. 45, a. 1 et 2.
'
Ot. II-II, q. 8. Con un'elevazione di questo genere nostro Signore aprì la
niente del discepoli d'-Bmmaus per dar loro l'intelligenza delle Scritture.
'
II-II, q.. 9. Così il dono della scienza secondo S. Agostino e S. Tom-
•maso,
corrisponde alla beatitudine delle lacrime: « beati quelli che piangono «
vedendo, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, la gravita delle loro colpe,
come male dell'anima e offesa di Dio. — Gli altri doni, come
•quelli
del consiglio, della pietà, della fortezza, del timore, non concorrono
formalmente alla contemplazione infusa, ma dispongono ad essa.
•Questa
può a volte essere accompagnata dal lume profetico, ma allora è un favore
straordinario.
344 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
suppone, coll'illuminazione
speciale dello Spirito Santo, una vivente « connaturalità alle cose divine
» S fondata sulla carità infusa, una simpatia tutta soprannaturale dell'anima
per Dio che si fa sentire a lei come la vita della sua vita. Cognizione affettiva
che diventa tanto più viva, penetrante, saporosa, quanta più cresce la carità
e con essa il dono della sapienza, che le è connesso come le virtù infuse e
gli altri doni.
§ I.
Lo Spirito della sapienza nella Scrittura.
Questa dottrina comunemente accolta
nella Chiesa è manifestamente fondata su ciò che la 8. Scrittura ci dice dello
spirito della sapienza. -Non è solo del futuro Messia che Isaia annunziava: «Lo
Spirito di Dio riposerà sopra di lui, spirito di sapienza e d'intelletto,
spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, egli sarà
ripieno del timor di Dio » 5. Di tutti parla l'Antico Testamento
quando ci dice -queste parole che abbiamo citate : « Dio non «ama se non colui
che abita colla sapienza» 6; «la. «sapienza non entrerà in un'anima
cattiva, e non «abiterà in un corpo soggetto al peccato» 7. San
Giovanni scrive ai fedeli: «L'unzione che riceveste da Dio rimane in voi...
essa v'insegna ogni cosa, è vera e non è una menzogna» 8. S. Paolo,
dopo averci detto: «L'amor di Dio è diffuso nei nostri cuori dallo Spirito
Santo, che ei fu dato.» 9, aggiunge: «Voi non avete ricevuto uno
spirito di ser-
II-II,
g. 45, a. 3, e Giovanni di 8. TommaBO, de Donis, a. 4.
la.,
xi, 2. , .
Sap., vii, 28.
Sap., i, 4.
I joaiw., n, 27.
Rom., v, 5.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI
34S
vitù... -ma uno spirito
d'adozione, per il quale noi gridiamo: Abbai Padre» 10. «È una
sapienza ch& noi predichiamo tra i perfetti, sapienza che non è-di questo
secolo, ne dei principi di questo mondo che saranno annientati; ma predichiamo
la sapienza di Dio, misteriosa e occulta, che Dio, prima dei secoli, aveva
preordinata per la nostra gloria; sapienza. che nessuno dei principi di questo
mondo aveva conosciuta; se infatti l'avessero conosciuta, non avrebbero mai
crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto, sono cose che ne
occhio vide, ne orecchio-udì, e che non sono punto salite al cuore dell'uomo,
còse che Dio ha preparate per coloro che lo amano.. Dio ce le rivelò per mezzo
del suo Spirito. Lo Spirito infatti penetra tutte le cose, anche le
profondità. di Dio. Per certo chi tra gli uomini conosce le cose dell'uomo,
fuorché lo spirito dell'uomo, che sta in-lui ? Così pure le cose di Dio niuno
le conosce, fuorché-lo Spirito di Dio. Ora noi abbiamo ricevuto non lo"
spirito di questo mondo, ma lo Spirito che è da Dio, affinchè conosciamo le
cose che a noi furono donate-da Dio per la sua grazia. E noi ne parliamo, non
con discorsi che l'umana sapienza insegna, ma con quelli che lo Spirito
insegna, usando un linguaggio spirituale per le cose spirituali. Ma l'uomo
animale non. capisce le cose dello Spirito di Dio, giacché per lui sono una
stoltezza, ne può intenderle, perché si. giudicano spiritualmente. L'uomo
spirituale invece giudica di tutte le cose, ed egli non è giudicato da.
alcuno. Poiché chi mai ha conosciuto la mente del Signore da poterla
comprendere? Noi invece la mente-di Cristo la conosciamo» u.
Questa pagina ammirabile sulla
sapienza predicata « fra i perfetti » non è pienamente vissuta se non dalle
anime elevate alla contemplazione mistica;
"
Som., vili, 16.
" I Cor., il, 6.
34:6 PERFEZIONE CRISTIANA S CONTEMPLAZIONE
a queste soprattutto l'unzione
dello Spirito Santo «insegna tutte le cose»; per mezzo di Lui esse gridano a
Dio nella loro orazione, scrutano le sue profondità, presagiscono tutto quello
ch'egli ha preparato per coloro che lo amano, conoscono sperimentalmente
tutte le ricchezze già ricevute, e giudicano di tutto, degli avvenimenti più
penosi come dei più prosperi, riferendo ogni cosa alla gloria di Dio. Ed
•è per tutti i cristiani che S.
Paolo scrive ancora:
« Noi tutti con visp scoperto,
riflettendo quasi in uno specchio la gloria del Signore, ci trasformiamo nella
stessa immagine di gloria in gloria, come per opera' dello Spirito del Signore
» 12. La qual cosa, per certo, non è pienamente effettuata quaggiù
fuorché nella
•contemplazione infusa. .
Senza questa cognizione mistica
di Dio, come si può possedere la piena perfezione della vita cristiana? «È con
essa che vengono tutti i beni spirituali» ls.
•Come dice l'Apostolo S. G-iacomo:
«La sapienza, che viene dall'alto primieramente è pura, poi pacifica,
•condiscendente, conciliativa,
piena di misericordia e di buoni frutti, esente da doppiezza e da ipocrisia » 1A.
Dopo S. Agostino e S. Gregorio
Magno, i Dottori della Chiesa in questi passi della Scrittura videro il dono
della sapienza, principio della contemplazione .infusa. Ed è quello che dice
anche la liturgia a tutti i fedeli nel canto del Veni Creator 16.
"
II Oor., ni, 18.
"
Sap., vii, 11.
14 jacob., in,
17.
"
Ot. Dici. Théol. art. Dons del P. gabdbil, doctrine des Pères. I fondamenti scritturali della
dottrina di S. Tommaso sul doni si trovano nei Commenti siill'Antloo e il
Nuovo Testamento, nel passi che
•abbiamo
citato ed. anche nel seguenti : ps.xli, 2;iS'tip.,vil,
7, 22; Eccli,, xv, 2; xxxix, 8; isaia,
xn, 3; lv, 1; matth., v, 1; joann., in, 4;
•ìv,
11; vii, 38; xiv, 16-28; xvi, 13-14; Bom., vili, 26; Ephes., ni,
10;
:iv,
30; PMl., ìv; I joann,, ìv,
1-13.
LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GUADI 347
§
II.
Il dono della sapienza e la/contemplazione infusa secondo la teologia.
Conforme a questa tradizione, S.
Tommaso insegna che la contemplazione e soprattutto ,il frutto del dono della
sapienza. Questo è una disposizione infusa (habitus infusus) dell'intelletto,
come la contemplazione è un atto intellettuale 16, ohe suppone
un'illumuiazione dello Spirito Santo. Ma siccome il dono della sapienza
presuppone la carità, anche la contemplazione dipende essenzialmente dalla
carità, che ci fa desiderare di conoscere meglio Iddio, non per le gioie della
cognizione, ma per Dio stesso, e per amarlo di più 17. Qui non solo
la volontà applica, l'intelletto a considerare le cose divine
preferibilmente a tutte le altre (ordine d'esercizio), ma (nell'ordine di
specificazione), per il fatto che questa volontà è profondamente rettificata e
sopraelevata, da una carità eminente, queste cose divine. .ci- appariscono
sempre più conformi alle nostre più alte aspirazioni, e sperimentiamo
perfino ch'esse colmano queste aspirazioni superandole e che non cessano di
elevarle. Allora noi viviamo sempre più di Dio, della sua suprema Bontà, che
si fa sentire a noi come la Vita della nostra vita. Noi «gustiamo la soavità di
Dio»:
«Gustate et videte quoniam suavis
est Dominus» (Ps. xxxin, 9).
« La sapienza, dice S. Toinmaso 18,
è una cognizione che implica la rettitudine del giudizio, fondata su ragioni
divine (essa giudica di tutto per mezzo della
"
II-II, q. 180, a. 1. " Ibid. "
II-II, q. 45, a. 2.
348 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
causa più alta e del fine
supremo). Ma questa rettitudine di giudizio può essere di due specie. Essa
proviene sia dal perfetto uso della ragione, sia da una certa connaturalità
(rassomiglianza di natura e •simpatia) con le cose di cui bisogna giudicare.
Così per ciò che spetta alla castità, se ne può giudicare con rettitudine, sia
perché si conosce ciò che insegna a questo riguardo la scienza morale, sia, se
si possiede questa virtù, per una certa connaturalità o simpatia fondata su
questa stessa virtù, che c'inclina a ben giudicare del suo oggetto. Slmilmente
riguardo alle ..cose divine: la rettitudine del giudizio fondata sulle ricerche
razionali appartiene alla sapienza acquisita (del filosofo o del teologo), ma
la rettitudine dei. giudizio fondata sopra una certa connaturalità (o
rassomiglianza di natura con Dio e sopra l'ispirazione divina) 19
appartiene al dono della sapienza. Onde Dionigi, nei Nomi divini, 1. II,
e. 2, dice:
Hierotheus est perfectus in
divinis, non solum discens sed et patiens divina. Questa simpatia (compassio)
o connaturalità colle cose divine è fondata sulla carità, che ci unisce
con Dio secondo queste parole di S. Paolo, I Cor., vi, 17: «Chi aderisce a Dio
è un medesimo spirito con lui».
. Così l'amore fa meglio
conoscere l'oggetto amato, « affectus transit in conditionem objecti,
dice Giovanni di S. Tommaso 20, perché per sé e per Inesperienza
affettiva quest'oggetto ci apparisce sempre più conforme alle nostre
aspirazioni, e intimamente unito a noi; l'intelletto si porta così a Dio
come"
"
S. Tommaso nell'articolo precedente dice: « Hujwawdi jvdicium. consegiuitw
homo per Spiritum Sanctum... (lili omnia scrutatur ». Intatti potrebbe
esservi semplice cognizione affettiva per la fede unita alla carità.
Affinchè questa cognizione proceda dal dono della sapienza, ci vuole
inoltre un'ispirazione dello Spirito Santo; e con ciò la contemplazione infusa
si distingue dalle consolazioni sensibili acquisite nella, meditazione,
come indicheremo più avanti.
" Giovanni di San Tommaso, in I-II, q. 68, disp. 18, a.
4.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GBADI
349
se esso lo toccasse
sperimentalmente. In tal modo l'amore muove l'intelletto, non solo applicandolo
a considerare {in genere causae effectivae), via, in modo obiettivo (in
genere causae objectivae), poiché per siffatta esperienza l'oggetto
apparisce ben diversamente da quello che apparirebbe senza di essa », e
si manifesta come sommamente conveniente, come la Bontà stessa sperimentata. È
ciò che fa dire a nostro Signore : « Se alcuno vuoi fare la volontà del Padre
mio, conoscerà che la mia dottrina vien da Dio» (Joan., vii, 17).
[Quest'amore è più unitivo della
cognizione astratta 21, e per l'esperienza che ci da
ci fa desiderare sempre più la cognizione intuitiva dell'altra vita, la
visione beatifica. Tal è il vero pragmatismo, che si ride del
pragmatismo; esso nasce dalla carità soprannaturale, che suppone la fede.
* * *
Potrebbe esservi cognizione affettiva
per il semplice fatto che l'amore di carità s'unisce all'atto di fede, ed è
ciò che già avviene nell'orazione discorsiva affettiva; ma, nella
contemplazione infusa, vi è inoltre', un'ispirazione e un'illuminazione
speciale dello Spirito Santo, di cui abbiamo parlato a lun-go più sopra,
art. V. .
Allorquando, come spesso avviene
nei Padri e nei teologi, si distinguono illuminasione e ispirazione,
21 I-II, q. 28, a. 1, ad 3 : » Oognitlo perfleltur per
hoc duod cognitum TinitUT cognoscenti secundum auam similitudinem. Sed amar
facil.iiimd ipsa res, Quae amatur, amanti (Aiguo 'modo uniatur; nude
axaor est magis unitiTus quam cogniti o «.
Nondimeno
se la cognizione è assolutamente immediata, se si'conosce Dio
per la sua stessa essenza, e non più per una similitwKne, eom'è
il caso della visione beatifica, allora è questa che ci (a prendere possesso
di Dio, più ohe l'amore; et. I-II, q. 3, a. A.
360 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMELAZIONE
l'illuminazìone speciale è una
grazia per l'intelletto, ,e l'ispirazione una grazia per la volontà. In questo
senso si parla di cognizione infusa e d'amor infuso, che noi non possiamo
produrre a piacimento. Ora nessuno può fissare un limite all'intensità
crescente di questa illuminazione che il dono della sapienza ci rende atti
a ricevere; essa può, come ora vedremo, crescere sempre quaggiù in intensità
come la carità.
Questa contemplazione infusa è oscura, perché superiore non solo
ad ogni immagine sensibile, ma anche ad ogni idea distinta. Questo stato di
oscurità transluminosa è anche, dal lato dell'intelletto, ciò che forma
il fondo dello stato mistico, secondo Dio-nigi, S. Giovanni della Croce e i più
grandi Maestri. È cosa molto difficile a descrivere, perché è tutto
soprannaturale e ciò sorpassa ogni espressione; abbiamo qui come una morte
dell'intelletto, che è in realtà una vita nuova incomparabilmente
superiore," il vero preludio di quella del cielo. Su questo punto bisogna
leggere specialmente la Notte oscura, 1. II, e. xvi, str. II, v. i:
«L'immaginazione non si rappresenta più nulla di gradevole, la memoria non
esiste più, l'intendimento, invaso dall'oscurità, abbandona ogni percezione ».
Le facoltà sono come annientate secondo il loro modo umano, ed è la
comunicazione sempre più viva e .profonda del modo divino di conoscere
e di amare. S. Giovanni della Croce (Notte, 1. II, e. xvi.) cita qui S.
Tommaso, II -II, q. 180, a. 1, e aggiunge: «Questa comunicazione si fa segretamente
senza che. intervenga l'azione naturale dell'intelletto, ne delle altre
potenze. Siccome queste potenze sono incapaci di acquistarla e lo Spirito Santo
la infonde nell'anima e ne fa il suo ornamento, la Sposa dei Cantici dichiara
d'averne avuto il dono a sua insaputa e d'ignorare come l'infusione siasi compiuta,
e perciò la comunicazione è veramente «segreta». E non è l'anima sola ad
ignorare quello
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI
351
che succede, ma ogni altra
creatura, perfino il demonio. Perché il Maestro istruisce l'anima nell'interno,
e in quanto egli vi si trova sostanzialmente niuno lo può scoprire, ne il
demonio, ne l'intelletto, ne il senso naturale».
Perciò è difficilissimo
descrivere psicologicamente quello che la teologia chiama il modo sovrumano
dei doni dello Spirito Santo, soprattutto del dono della-sapienza. Una delle
migliori descrizioni è quella che abbiamo ora citata, ed anche quella in cui S,
Teresa, IV Mansione, e. in, distingue la prima orazione infusa (il
raccoglimento soprannaturale) dall'ultima delle orazioni acquisite che
precedette. Noi abbiamo riferita più sopra questa descrizione, e. IV, a. II e
III.
* s|s <s
Ma non bisognerebbe credere col
protestantesimo-liberale e coll'agnosticismo .modernista che questa oscurità
transluminosa della .contemplazione infusa^ che non reca alcuna cognizione
distinta, possa far a meno d'un Credo determinato o che trovi in esso un
ostacolo 22. Anzi essa è agli antipodi del «vago nell'anima» di cui
si contenta il sentimentalismo o la teosofia, e si oppone ad esso, un po'' come
Dio, suo oggetto, s'oppone alla materia prima suscettibile di tutte le forme.
Infatti è la contemplazione infusa che. da sempre meglio lo spirito
delle parole, dei concetti;, delle formule della fede. Essa ci fa così oltrepassare.
incerto modo le formule dei dogmi, per andare fino
82 Ogni vero mistico cattolico è e deve essere pronto a
dare la sua vita per il minimo iota del Credo. Ogni eresia l'ormale
distrugge in noi la tede-infusa e perciò la carità, cioè i principii essenziali
d'onde procede la. contemplazione di cui parliamo.
352 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
alle profondità di Dio, credendo
ai misteri così come
•sono in. Lui, senza darci modo
di vederli a3.
Così concepita, questa
contemplazione ci fa penetrare molto più profondamente di qualsivoglia stadio
•o meditazione, le parabole
evangeliche, i varii misteri della salute, le perfezioni inarrivabili di Dio,
il mistero supremo della Deità che le contiene tutte, <e le relazioni
ineffabili delie Persone divine.-
Perciò S. Tommaso 24
distingue, dopo -Dionigi, tré principali gradi in questa contemplazione,
secondo
•che l'illuminazione dello
Spirito Santo, il cui progresso intensivo non ha limiti, è ognora più viva.
1° Si contempla D'io nello
specchio delle cose sensibili di cui egli è l'autore, o anche nello
specchio delle parabole evangeliche, l'infinita misericordia nella
•storia del figliuoi prodigo.
L'anima si eleva da un ' fatto sensibile a Dio, con un movimento retta
come
•quello dell'uccello, dell'allodola
ohe sale direttamente dalla terra verso il cielo. Nostro Signore predicando le
parabole metteva il suo uditorio in quest'orazione.
2" Si contempla Dio nello
specchio dei misteri della salute, misteri del Verbo fatto carne : Incarnazione,-
Redenzione, Eucaristia, vita della Chiesa, mi-' steri che il Rosario fa
costantemente passare sotto i nostri occhi, per renderci familiari con essi.
In. questo specchio spirituale l'anima contempla la Bontà
•di D,io, afferra sempre meglio
l'armonia di questi misteri, va dall'uno all'altro con un movimento speziato
analogo a quello dell'uccello che già sollevato in aria si porta da un punto
all'altro perdendo il suo sguardo nell'azzurro del cielo.
3° Si contempla Dio in se
stesso, non come i beati del cielo, ma nella penombra della fede. Qui
l'anima
•;.
" Of. Vie spirititene, die. 1922, p. 341-360; Une
ccwfre/ai»» Se la ^Spiritwdtté catholigue: l'hérésie tfiéoso'phia'ue, SÌ
L. lavato. " II-II, q. 180,
a. 6.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI
353
è elevata sopra la molteplicità
delle immagini sensibili e delle idee. Ella intravede che D,io, nostro Padre,
infinitamente buono, è sopra tutte le idee che possiamo farci di Lui, che la
sua bontà oltrepassa tutto ciò ch'Egli stesso potè dirci in formule umane, come
il cielo congloba tutti gli astri che ci manifestano le sue profondità. E non
solo l'anima dice a se s fessa quelle cose, che ogni filosofo anche in
stato di peccato mortale può pensare, ma sotto l'ispirazione dello Spirito
Santo ella è santamente unita, mediante un conoscimento amante e quasi
sperimentale, a questo Dio, sconosciuto; santa è saporosa ignoranza, superiore
ad ogni scienza. È il puro movimento contem-^
•piativo che raccoglie l'anima
in D'io solo al di sopra di tutto, come lo descrisse mirabilmente Dionigi
nei S orni divini, e. iv, § 9. Quest'orazione fu paragonata al movimento
circolare descritto dall'aquila nelle più alte regioni dell'aria, o al
movimento dell'uccello che si libra e che pare completamente immobile. Immobilità.
molto più perfetta dei varii movimenti che la precedevano. Come nel movimento
circolare non vi è ne principio ne fine, così qui non vi è più metodo, non si
parte da principii per far capo a conclusioni, ma è veramente sotto
l'illuminazione dello Spirito 'Santo il simplex intuitus veritatis,
l'intuizione semplice della verità divina, nell'oscurità della fede, e lo
slancio deU'amore, che ci unisce misteriosamente con Dio 25.
L'Orazione sacerdotale di Cristo, nel Vangelo
25 II-II, q. 180, a. 6. — Questa contemplazione, da
Dionigi paragonata al movimento circolare, com'egli dice, toc. cif.,
consiste per l'anima:
«
nell'abbandonare le cose esterne, per rientrare in se stessa, nel ridurre-le
sue facoltà intellettuali all'unità, affinchè essa, chiusa come in un cerchio,
non possa sviare; poi in quest'affrancamento dalle distrazioni,
-
in questo raccoglimento e in questa
semplificazione di se stessa, nell'unirsi agli angeli meravigliosamente
perduti nell'unità, e nel lasciarsi così condurre al Bello e al Bene, alla
stessa Deità superiore al Bello e al Bene ». . .•'•'..-
filippo della S.
trinità, O- D., .seguito dal vallciobneba, O. P., nella sua teologia
mistica, t..II, p.. 66,. dove tratta, della contemplazione
28 — Perfezione e Contemplazione. - I.
354 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
di .8. Giovanni, e. xvii, ci- da
l'idea di questa contemplazione circolare, e non bisogna cercarvi un ragionamento,
con maggiore, minore e conclusione; sono
•come fasci di luce, o meglio
come ondulazioni luminose che scendono dal cielo per venire fino a noi. Questa
contemplazione circolare non rassomiglia;
: alla meditazione o
alle speculazioni astratte sopra, l'essenza divina più di quello che la .
circonferenza. rassomigli al poligono inscritto in essa; tanto- essa,' è
semplice, tanto è complessa. E quante volte i commenti scritti ; sulle opere
dei santi fanno la medesima impressione di questo poligono, di cui invano si
moltipllcano i lati perché s'identifichi colla circon-" ferenza che', lo
circondai
S. Tommaso, come si vede dal suo
Commento sui
/Nomi divini oc. iv, vii,
xi, segue D.ionigi 26. Sopra la teologia simbolica, che parla di
D,io per metafore, e della teologia speculativa, che si esprime in termini
meno improprii e ragiona sulle perfezioni
-divine e sui misteri, vi è «un
perfetto conoscimento di Dio, che s'ottiene per ignoranza in virtù d'una
incomprensibile unione; questo si verifica quando l'anima, abbandonando
ogni cosa e dimenticando se
-stessa, s'unisce agli
splendori della gloria divina e
•si rischiara tra questi fulgidi
: abissi della sapienza, imperscrutabile» (Nomi divini, vii, 3). Solo
quegli che ricevette questa grazia può intendere bene tutto quello che vogliono
dire queste parole. S. Tommaso loc. cit., lect. 4, aggiunge: «
Cognoscimus Deum per ignorantiam, per quamdam unitionem ad divina supra.
àiaturani mentis... Et sic cognoscens Deum, in tali
•circolare, riconosce ch'essa è generalmente infusa. È il
meno che si possa. dire. Questa contemplazione intatti differisce enormemente
dalla spe-
-culazione
acquisita del filosofo o dalla meditazione sull'inefla'btiltà dell'essenza
divina.
"
Nella Somma Teol., II-II, q. 180, a. 6: i Cessante discursu fiffitur ieju8
(animae) intwitus in contemplatlone Tmiiis simplicis Yeritatis 11.
LA
CONTEMPI-AZIOUE E I SUOI GEADI
356
statu cognitionis, illuminatur
ab ipsa profundilate divinae Sapientiae, quam perscrutari non possumus ».
Noi non raggiungiamo il misterioso
oceano dell'essere, superiore alla sostanza, alla vita, alla luce, se non col
riposo delle facoltà superiori, e non con ragionamenti, ne con una visione di
Dio, ma con un'unione piena d'amore e intimissiima, « con una ^specie
d'iniziazione che nessun maestro può insegnare» (Ep. ix, 1). «Noi, dice
Dionigi, desideriamo d'entrare in quest'oscurità transluminosa, e di
vedere e di conoscere, per il fatto stesso di non vedere e di non conoscere,
Colui che è sopra ogni vista e ogni cognizione. Perche il dichiarare ch'egli
non è nulla di ciò che sono gli altri esseri è veramente un vedere e un
conoscere, è un lodare soprassostanzial-mente il soprassostanziale » (Theol.
myst., II). — «L'Essere buono... scaccia l'ignoranza e terrore da tutte le
anime in cui egli regna. A loro tutte egli dispensa una luce santa... prima da
loro una piccola chiarezza, poi quando, avendo gustata la luce, esse ne
desiderano una più grande, egli la distribuisce loro con maggior abbondanza; perché
esse hanno amato molto, egli le inonda di siffatta luce; e sempre le spinge più
innanzi in proporzione dello zelo che esse mettono nel sollevare più in
alto i loro sguardi» (Nomi divini, iv, 5).
Col suo proprio sforzo l'anima
non può arrivare a questa contemplazione infusa, ma essa deve disporsi a
riceverla: e come? colla preghiera e colla mortificazione (Nomi divini,
in, 1), e lasciando da parte i sensi e il ragionamento: «Dal canto tuo, o
dilettissimo Timoteo, esercitati 'senza posa nelle contemplazioni mistiche:
lascia in disparte i sensi e le operazioni dell'intelletto, tutto quello che è
materiale e intellettuale, tutte le cose che sono e quelle che non sono, e con
uno slancio soprannaturale, va a unirti, intimamente quanto è possibile, a
Colui che è
356 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sopra ogni essenza e ogni
nozione. Perché è con questo sincero, spontaneo e totale abbandono di tè stesso
e d'ogni cosa che tu, libero e sciolto da im-.pacci, ti precipiterai nello
splendore misterioso della divina oscurità» {Theol. my-st., I, i). *•
«Quest'unione intima, che supera la pontata delle .intelligenze volgari, è una
fusione prodotta dall'ainor divino... perché l'amore è una forza unitiva» (Nomi
divini, iv, 12). È la perfezione quaggiù della deificazione dell'anima» (Hierarch.
coel., I, 3).
« La cognizione mistica, dice S.
Alberto Magno 27, non procede dai dati della ragione, ma piuttosto
da una certa luce divina. L'oggetto afferrato dall'anima (Dio stesso)
agisce così fortemente sulla intelligenza, che l'anima vuole ad ogni costo
unirsi a lui. Quest'oggetto, essendo superiore alla portata dell'intelligenza,
non si fa da essa conoscere, chiaramente, onde l'intelligenza s'appoggia su
qualcosa che non è determinato». . ;
Questa contemplazione ci fa intravedere
come tutte le perfezioni divine s'identificano sema distruggersi
nell'eminenza della Deità, come la Giustizia infinita armonizza con
l'infinita Misericordia, senza cessare d'essere Giustizia, come la somma
Misericordia non potrebbe esistere senza identificarsi con questa Giustizia in
apparenza così opposta 28. Il conoscere in modo non solo
speculativo, ma quasi sperimentale, che Dio nella sua vita intima, in
ciò che lo costituisce propriamente, nella sua Deità, è un certo modo su-;
periore all'essere, alla verità,
al bène, alla sapienza e all'amore, alla misericordia e alla giustizia, e che
nondimeno queste divine perfezioni sono formalmente
" In libr. Se Myst. theol. Dionys., q. prooèm.,
ad. 1. " Noi abbiamo trattato altrove questa questione da liti punto di
vista speculativo: Dìeu, so» encistence et sa natwre, p. S16-590:
identificazione delle perfezioni divine nella Deità/come vi sono formaliter
emi-nenter.
\
IA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADÌ 357
in lui in un modo 'eminente,
senz'aldina distinzione reale, è un entrare in quelle divine tenebre di
cui parla Dionigi, e che.S. Angela da Foligno cantò così maravigliosamente 29.
Come si può conoscere così questa
Deità comune alle tré divine Persone, e da cui esse non si distinguono
realmente ? Solo la grazia ce lo permette, perché essa è appunto una
partecipaizone reale e formale di questa Deità, della natura divina come tale.
Mentre la pietra rassomiglia a Dio perché essa è, la pianta perché vive,
l'uomo naturale perché è dotato d'intelligenza, la grazia ci fa
rassomigliare a' Dio, appunto in quanto egli è Dio, nella sua Deità,
superiore all'essere, alla vita, al pensiero. Questo è d'un ordine affatto
superiore al miracolo sensibile e alla profezia dei futuri contingenti 30.
Tal è siffatta connaturalità,
siffatta rassomiglianza di natura con Dio: la grazia delle virtù e dei
doni.-Essa fa dell'anima giusta come un'arpa eolia che-, sotto il soffio dello
Spirito Santo da i suoni i più
"
Le livre des visione et instrvctions de la B. Angele de Foligno, tra'
dotto da E. Hello, e. xxvi : n Un giorno l'anima mia fu rapita e vidi Iddio in
una chiarezza superiore ad ogni chiarezza conosciuta, in una pienezza superiore
ad ogni pienezza. Nel luogo dov'ero, cercavo l'amore e non lo trovavo più...
Allora vidi Iddio in una tenebria, e necessariamente in una tenebria, perché
egli è posto troppo sopra lo spirito, e tutto quello che può divenire oggetto
d'un pensiero è senza proporzione con lui... È una dilettazione ineffabile nel
bene che contiene tutto, e nulla può ivi divenire oggetto ne d'una parola ne
d'un concetto. Io non vedo nulla, e vedo tutto. Quanto più le tenebre
sono protonde, tanto più il bene eccede tutto; è il mistero riservato... La
divina potenza, sapienza e volontà, che vidi altrove maravigliosamente, apparisce
meno di questo. Questo è un tutto; le altre si direbbero parti...
Nell'immense tenebre, io vidi la Trinità santa... Ecco l'attrattiva suprema al
cui confronto tutto non è
•niente,
ecco l'incomparabile ». Sul medesimo argomento et. S. Tommaso, .in 1. De
divinìs Nominitius, e. vn, lect. 4; et I Seni. d. 8, q. 1, a. 1,
ad 5.
—
Sarebbe un grosso errore conlondere questa contemplazione Infusa con la
meditazione fliosofloa nella quale s-i pensa che l'essenza divina sorpassa
tutti i nostri concetti. '0 I-II, q. Ili, a. 5.
358 PERFEZIONE CHISTIANA E CONTEMPLAZIONE
armoniosi, i più dolci come i più
clamorosi, i più acuti e i più gravi.
Come un leitmotiv prima
impercettibile e lontano a poco a poco si eleva, s'avvicina, ci avvolge e finisce
con dominar tutto, così la misteriosa armonia del dono della sapienza s'eleva
nell'anima nostra. Il suo modo. sovrumano da prima apparisce appena, e
piuttosto in modo negativo per la scomparsa del modo umano di pensare; come
dice S. Giovanni della Croce 81, La meditazione diventa difficile o
impratica-. bile, l'anima non ha alcun desiderio di fissare la sua
immaginazione su qualche oggetto particolare, interno o esterno, nell'orazione
ella gode di trovarsi sola con Dio fissando sopra di lui la sua attenzione con
amore. Ecco l'inizio della divina intimità.
Come fu giustamente osservato, la
teologia, con ciò ch'essa insegna circa il dono della sapienza, ci fa conoscere
ontologicamente l'organismo spirituale della contemplazione, ma essa lascia ai
mistici la descrizione dei segni psicologici che a questa corrispondono. Essa
rimane così scienza, superiore, distinta dall'arte eminente della direziono
delle anime, •che è la sua applicazione.
Da questo punto di vista si
spiega , come San Tbmmaso, nella II-II, q. 180, abbia trattato della
contemplazione in modo formale; egli ne determina l'essenza, che si
ritrova analogicamente nella contemplazione filosofica e nella contemplazione
infusa 32, senza descrivere le varietà di quest'ultima secondo i
segni psicologici e materiali che la manifestano. Invece S. Teresa è
essenzialmente descrittiva; S. Giovanni della Croce, mistico e teologo ad un
tempo, è tra i due. Non pochi s'ingannano volendo discer-
"
Salita, 1. II, o. xi e xin; Notte, 1. I, o. ix.
"
Così egli tratta; dell'essenza stessa della prudenza che si trova
analogicamente nella prudenza acquisita e nell'infusa, o dell'essenza dell'amicizia
che ci permette di definire la carità.
LA.
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI ' 359
nere quale di questi tré' punti
di vista sia il più eie-' vato. Nella grandissima .sobrietà 'della sua lingua
'S. Tommaso esprime l'essenza delle cose; senza scrivere una teologia mistica,
egli ee ne da i principii.
§ III.
Predominio progressivo del modo divino del dono della sapienza nell'orazione.
Quando diciamo che il progresso
spirituale esige normalmente il predominio progressivo del modo divino
dei doni dello Spirito Santo, per rimediare al modo imperfetto delle
virtù infuse, e quando aggiungiamo che la vita mistica è appunto
caratterizzata da questo predominio e dalla docilità perfetta al Maestro
intcriore, noi non vogliamo in conto alcuno riservare agli stati mistici
l'intervento dei doni dello Spirito Santo, ne certamente escludere da questo
stato l'esercizio delle virtù.
All'opposto abbiamo sempre detto
che, prima dell'ingresso nello stato mistico, i doni intervengono in un modo
sia latente ed abbastanza frequente, sia manifesto ma raro 33.
Quando quest'intervento diviene ad un tempo frequente e manifesto,
allora co- . mincia, diciamo noi, la vita mistica caratterizzata, da questo
predominio del modo divino dei doni st, mentre la vita ascetica è
tale per il mpdo umano» delle virtù. . -
Quello che non ammettiamo è che i
doni debbano-entrare in funzione tutte le .volte che Inanima riceve una grazia
attuale, perché una grazia attuale è ri-
"
È anello ohe insegnano generalmente 1 teologi, particólarmente I tornisti: et. giuseppe dello spirito santo, O. D., Cursus
theol. •schol.-favsticae, t. II, disp. 7, <l. 1, n. 28.
'*
Sn questo punto vedasi giuseppe dello
spirito santo, iWd.
300 PEEFEZIONE
CRISTIANA 'E .CONTEMPLAZIONE
chiesta anche per l'esercizio più
imperfetto delle virtù cristiane, per gli atti remissi notevolmente
inferiori ai gradi di carità che abbiamo, e in questi atti non si vede alcun
influsso dei doni 35. Sarebbe un errore il confondere la grazia
attuale prima eccitante, e poi cooperante, che ci muove a ben deliberare
secondo .il modo umano, a volere e ad agire in conseguenza, con
l'ispirazione dello Spirito Santo a cui i doni ci rendono docili, senza che
noi abbiamo da deliberare secondo il modo umano 36. È bensì
possibile che un'ispirazione latente accompagni abbastanza sovente la
deliberazione e il lavoro umano, come la brezza agevola il lavoro del rematore;
ma il modo divino di agire resta specificamente distinto dal modo
umano^ e quand'esso predomina in un atto o in uno stato, a tal
segno che quest'atto o questo stato non possono essere prodotti dalla nostra
industria o attività, umana. aiutata dalla grazia attuale richiesta
all'esercizio delle virtù, allora si dice che questo stato e passivo. Così quando
il vento soffia tanto da fare avanzare la barca senza che sia necessario remare,
non' dipende dalla ^attività del remafcoire ch'essa avanzi in tal modo.
"
Cf. gardbil, Dici. Théol.,
art. Dons, fin.
"
Dice bene S. Tommaso, II-II, q. 52, a. 2, ad 1: «In donis Spiritus. Sancti mens
humana non se lidbet ut movens, sed magis ut •mota ». Egli parla
slmilmente (Iella grazia operante per distinguerla dalla cooperante, I-II, q.
Ili, a. 2: « In ilio efleotu in quo mens nostra est mota et non, movens,
solus autem Deus movens, operatio Deo attribuitur, et se-oundum. hoc dicitur gratta
operans. In lilo autem efiectu in quo mens. ;
nostra
et movet et movetur operatio non solimi attribuitur Deo sed etiam
animae, et secundum hoc dicitur gratta cooperane ». — L'ispirazione
dello' Spirito Santo, di cui parliamo, è una grazia operante che noi riceviamo
-con docilità e ohe ci ta compire atti che non giungeremmo a produrre col
nostro sforzo personale aiutato dalla grazia. S. Teresa, parlando dell'orazione
d'unione (V Mans., o. i), dice: « Dio non ci lascia qui altro concorso che
quello d'una volontà pienamente sottomessa. Così santa. felicita diceva ad uno
dei suoi carcerieri, quand'ella provava i dolori del parto: Oggi sono io che
soffro; ma allora (durante 11 martirio) vi sarà un altro in me che soffrirà per
me, perché io pure soffrirò per lui ». Ecco la differenza della virtù e del
dono.
LÀ
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI
361
Dunque tra il modo umano
delle virtù e della grazia. attuale corrispondente, e il modo divino dei
doni dello Spirito Santo, più che una differenza di grado,-vi è una differenza
specifica. Questa differenza specifica. no'n 'esisterebbe se la mozione
divina fosse-Solamente più intensa; essa proviene dal fatto che la. regolazione
obiettiva dell'atto 'è formalme-nte differente, secondo che procede dalla
ragione, la quale,. illuminata dalla fede, delibera umanamente, o
dalla-ispirazione dello Spirito Santo superiore ad ogni deliberazione umana, ad
ogni procedimento discorsivo, che sia intrinseco alla prudenza, o che
disponga-a fare nel momento voluto atti di fede, di speranza. o di carità 37. ,
La cosa apparisce specialmente
nella contemplazione infusa ne' suoi inizi e ne' suoi progressi. Ricordiamo
l'ascensione descritta da S. Teresa'e da, S. G-iovanni della Croce.
Nell'aridità della notte dei
sensi è il dóno della. scienza che predomina, facendoci conoscere
soprattutto-la vanità delle cose create (11-1,1, q. 9, a. 4), nella. nella
notte dello spirito è lì dono dell'intelletto (II-II, q. 8, a. 7), il quale ci
mostra qui meno la bontà di
"
Ot. I-II, q.. 68, a. 1: iVIrtutes humanae perflolunt hominem se-cund.um
quod homo natug est movevi per ratìonem in hls, quae interiu&
ve! exterius agit. Oportet igitur inesse nomini altiores pertectiones,
se-cundum quas sit dispositus ad. hoc, quod divinitTis moveatur... ut
effl-ciatur prompte mobilis db ins'piratione divina... Et Philosophus
etians dicit in o. de bona fortuna (Magn. Mor., 1. VII, e. xiv), quod bis qui:
moventur
per instlnctum divinuin, non expelìit consiliari secundum ra-tionem
hunianam, sed quod. sequantur interiorem instinctum; quia mo-ventur a meliori
principio quam sit ratio Iraniana; et hoc est, quod qui-dam diount, quod dona
perfieiunt honilnem ad altiores actus, quam sint aotus virtutum ». Vedasi
Giovanni di S. Tommaso su quest'articolo^ È chiaro che ogni grazia attuale non
dispensa dal deliberare.
S.
Tommaso, in Bora., vili, 14, dice cosi sul testo: « Quicumque-Spiritu
Dei aguntur, ii sunt fliii Dei a : « Homo spiritualis non quasi ex motu
propriae voluntatis principallter, sed ex instinctu Spiritus' Sancti incllnatur
ad aliquid ». Ct. Froget, O. P., L'aWtazwne dello Spirito Santo nelle anime
giuste, P. IV, o. vi (trad. mabietti,
Torino).
362 PERFEZIONE
CEIStIA'N'A E COMTEMPI.AZIONE
Dio che la sua infinita maestà e per
contrasto la nostra, miseria.
Fra le due notti e specialmente
dopo la seconda, il modo sovrumano del dono della sapienza non è solo
latente ma, per un direttore sperimentato, diventa sempre più manifesto. Si ha
così, sotto l'illumuiazione dello Spirito Santo, quella cognizione per
connaturalità alle cose divine e quasi sperimentale
•che non si possiede certo a
piacimento, mentre, anche in stato di peccato mortale, si può, a piacimento, eoa.
una grazia attuale, fare un atto di fede.
In certe anime perfette questo
predominio del modo
•sovrumano del dono della
sapienza è chiaro lampante (e a volte anche accompagnato da grazie gratis
datae, dal lume profetico). In altre è diffuso, ma pure rea-lissimo;
in queste ultime anime appunto son più manifesti i doni pratici del consiglio,
della fortezza,.' del timore, o quelli della pietà o della scienza, ma sono
veramente sotto la dirczione dello spirito della sapienza, e la sua luce, come
quella diffusa nell'aria, .senz'attrarre lo sguardo, penetra tutto, e da a tutta
i la vita un tono superiore, tanto riconoscibile quanto la differenza tra il
giorno e la notte.
Questa grazia della
contemplazione infusa, anche .allo stato diffuso, differisce certamente dalle
consolazioni sensibili che a volte accompagnano la preghiera vocale o la
meditazione nei principianti. S. Teresa notò benissimo questa differenza (IV
Mans.,
•e. n) facendo vedere quello che
distingue «i gusti spirituali dalle consolazioni acquisite nella meditazione»:
«Noi ci procuriamo queste, dice ella, colle nostre riflessioni, a mezzo di
considerazioni sulle cose
•create e con un penoso lavoro
deU'intelletto. E sic-
•come, in fin dei fini, esse sono
il frutto dei nostri «forzi, con rumore riempiono di qualche profìtto spirituale
il bacino dell'anima nostra». Perciò la Santa paragona queste consolazioni
acquisite ad un'acqua
LA.
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI 363
che viene da lontano par
condotti. Invece parlando simbolicamente dei gusti di D,io, che altrove, dice ella,
nominò orazione di quiete, scrive: «Nell'altra fontana l'acqua procede dalla
sorgente stessa, che è Dio. Onde, quando a sua Maestà piace accordarci un
favore spirituale, quest'acqua sgorga dal nostro fondo più intimo, con una
pace, con una tranquillità, con una soavità estrema. Ma d'onde scaturisca e in
qual modo, è ciò che ignoto ».
Infatti si può avere una certa
cognizione affettiva di Dio mediante il semplice esercizio della fède unita
alla carità, ed è il caso delle consolazioni acquisite nella meditazione,
ovvero la sensibilità può avere una larga parte s8. La
contemplazione infusa richiede inoltre un'illuminazione speciale o ispirazione
dello Spirito Santo, a cui appunto il dono della Sapienza ci rende docili, come
abbiamo detto più sopra.
Questo dono come i sei altri e
come le virtù infuse, essendo connesso coLla carità, cresce con essa certamente,
e in un'anima veramente docile la contemplazione infusa deve dunque
normalmente apparire, e poi svilupparsi. Deve pertanto esservi normalmente un predominio
progressivo, smagliante o diffuso, del modo divino del dono della
sapienza sopra il modo umano della meditazione o dell'orazione acquisita. È
così che apparisce l'orazione soprctnnaturale di cui parla S. Teresa,
orazione che deve divenire sempre più intima, e che alle volte è accompagnata
da estasi, da parole inferiori, come può essere accompagnata da visioni. Ma
questi sono soltanto fenomeni accidentali, e transitorii, e passano, mentre la
contemplazione infusa continua. Se il lume profetico (lumen prophetioum)
concorre a volte a questa contempla-
"
Ot. quanto dice S. Tommaso della passione o emozione conseguente per
ridondanza, I-II, q. 24, a. 3, ad 1; della gioia sensiMIe, efletto della
divozione della volontà, II-II, q. 82, a. i ; e degli effetti della
santa comunione. III, q. 79, a. 1, ad 2.
364 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
zione, ciò è in, modo
concomitante, e le grazie gratin datae sono d'ordine inferiore a
quella, delle virtù e dei doni 39. • ' .
Con ciò si .possono facilmente,
conciliare quattro opinioni sulla natura dello stato mistico, recentemente
proposte *°, la prima che lo fa consistere in una cognizione infusa di
Dio e, delle cose divine, la seconda in un amor infuso, la terza in una passività
speciale dell'anima, più mossa che semovente, la quarta in un'attenzione'semplice-ed
amorosa a Dio;
quest'ultima non può infatti
prolungarsi .senza un intervento abbastanza manifesto dei doni 41.
§ IV.
La contemplazione procede esclusivamente dal dono. della sapienza, o anche dalla fede unita alla carità?
Come abbiamo detto, sarebbe un
errore il dire che l'intervento dei doni dello Spirito S.anto sia riserbato
'agli stati mistici; un altro errore sarebbe certissimamente l'escludere dallo
stato mistico l'esercizio delle
s' Ct. I-II, q. Ili, a. 5, dove della grazia
santificante si dice ohe &•' « multo excellentior quam grafia gratis
data ». Si rilegga l'ufficio dì S. Teresa, specialmente il capitolo : non vi ai
parla se non del dono della sapienza: « Optavi et datns est mini sensus, et
invocavi et venit in me-spiritus sapientiae. »
"
Kevue d'Ascétigue et de Mystique, ott. 1920. A proposito della contemplazione
mistica, p. 333-336.
*1
Le due prime opinioni si possono conciliare col principio della causalità
reciproca della cognizione e itell'amore, a oausae ad invicem sunt
causae in diverso genere a; e qui, secondo due aspetti diversi, vi è priorità
sia della cognizione, sìa dell'amore, come al termine della deliberazione,
quando la volontà libera torma l'ultimo giudizio pratico ehe dirige la
sua elezione. La terza opinione menziona la passività speciale che
conviene ad un tempo alla cognizione infusa e all'amore infuso ohe sono riuniti
neO.'attenzione semplice ed amorosa di cui parla la quarta, opinione.
Non è dunque molto difficile intendersi su questo punto, e le divergenze
qui possono essere solamente verbali.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI CtÈADI
365,
virtù teologali. Esso invece,
secondo, i grandi maestri, consiste nel più .perfetto esercizio di queste virtù
più alte di tutte. Come Si può conciliare quest'asserzione con ciò che abbiamo
ora detto del predominio del modo divino dei doni in questo stato?
Alcuni autori sembrano dire che
la contemplazione non è un atto di fede, ma che presuppone un atto di tede
distinto da essa e simultaneo, come la deduzione d'una conclusione teologica
presuppone la cognizione dei principii di fede.
Questa concezione sembra poco
conforme alla sem-!' plicità perfetta dell'atto contemplativo, che
non è af-,;
fatto discorsivo, e che, per di
più,, riguarda imme-, diatamente i misteri di fede, ma penetrandoli e- gustandoli. •
Inoltre i più grandi mistici,
come S. Giovanni della Croce, dicono sempre che la contemplazione infusa è un
atto eminente della Fede viva, ed è facile vedere che essi vogliono parlare
della Fede unita al dono della sapienza, e in un grado superiore di questo dono
42.
Onde col Ga&tano A3,
con Giuseppe dello Spirito Santo 4A, e con parecchi altri grandi
commentatori' di S. Tommaso va noi pensiamo che non vi sono
due atti simultanei, ma che la contemplazione infusa è un atto che, in
quanto alla sostanza, procede dalla fede infusa, e m quanto al suo modo sovrumano
dal, dono della sapienza. Il perfetto contemplativo è colui che va fino
alla cima della sua fede, e che, credendo
"
Salita del Carmelo, 1. II, e. il, v,' yin: La fede è il solo mezzo pros»
rimo e proporzionato ohe permetta all'anima Sì raggiungere la divina
unione; e. ix; 1. Ili, e. iv, et vi. .
43 gabtano, in
II-II, ci. 45, a. 1.
** Cursus
theol. schol. -mysticae, t. II, dist. 13, p. 395. Item bannez in II-II, 45, 1.
"
Ot. giovanni di S. tommaso, de Donis,,d. 18, a. 2, n.
57: «Dona ad excellentius perflclendmn et exeroendum virtutes theologicas
de-serviunt... » \ ^
366 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
i misteri soprannaturali, li
penetra, .ne misura le profondità, li assapora, se li assimila o meglio si
;Iascia assimilare da essi; è colui che non si contenta. di credere, ma che
vive pienamente della sua fede {justus ex fide vivit), e che giudica
tutto secondo essa, cioè secondo lo stésso pensiero di Dio, come s'egli vedesse
coll'occhio di Dio. La carità concorre-altresì alla contemplazione, poiché essa
ci muove a. contemplare Iddio per amarlo meglio ie.
Tale sembra essere il senso delle
parole di S'.,Tom-maso: «i doni perfezionano le virtù elevandole eopra il modo umano,
così il dono dell'intelletto perfeziona. la virtù della fede » iri.
« Le virtù teologali (che ci uniscono allo Spirito Santo) sono superiori ai
doni ch'esse regolano » ts eppure ricevono da essi una nuova
perfezione. «L'operazione che procede dalla virtù perfezionata dal dono si
chiama beatitudine» 49.
" i joan. iv, 8.
"
« Dona perflciunt virtutes elevando eas supra modum humanum, siout donum
intellectus virtutem. fidel. » Quaest. dis'p. de Charitate,. q. 2, ad
17. Ilvm III, d. 34, q. 1, a. 1, — in Moifh., e. v, n. 2: «Ista
inerita (beatitudiirum) vel sunt actus dononnn, vel aotus virtutum secundum
quod perflcimitiir a donis », « s'apra modiim h'umanuin » è stato detto più
sopra.
"
I-II, q. 68, a. 8 : « Siout Tirtutes intelteotuales praeferuntur vir-tutibus
moralibus et regulant eas; ita Tirtiites theòlogioae (per quas unimur
Spiritui Sancto moventi) praetermitiir donts Spitìtzis Sancti» et regulant ea.
» Così la fede è la regola remota dei doni intellettuali, che non si
possono esercitare se non sulle verità della fede; la loro regola prossima,
immediata è l'illuminazione dello Spirito Santo, che costituisce il motivo
formale della contemplazione Infusa, penetrante, o-saporosa.
:
19 « Operatio procedens a virtute perfeota. dono,
dicitur beatitudo » S. tommaso, super
Isaiam, o. xi.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 367
§ V.
I frutti dello Spirito Santo e le 'beatitudini.
Per i doni dello Spirito Santo
l'anima giusta diventa come uno strumento musicale da cui il Maestro ulteriore
può trarre mirabili accordi: « instrumentum musicum a Spirita pulsatum,
divinamque gloriam et potentiam canens» 60. L'anima canta così la
gloria di Dio; è quello che ci fa vedere ad ogni pagina la, vita dei santi.
Il giusto è anche paragonato
dalla Scrittura ad. un albero piantato lungo le acque e che da i suo» frutti a
suo tempo 61. « I frutti dello Spirito Santo, dice S. Paolo, sono la
carità, la gioia, la pace, la pazienza, la benignità, la dolcezza, la fede, la
modestia» la continenza e la castità» 52.
In che cosa questi frutti si
distinguono dalle virtù e dai doni? Come spiega S. Tommaso 53, sono
non abitudini, ma atti che procedono in noi dall'influsso dello Spirito
Santo, e nei quali l'uomo si diletta;
e si oppongono così a quelli che
si possono chiamare;
i frutti della ragione.
Superiori ancora sono le
beatitudini. Con questo nome s'indicano certi atti della vita presente, che a
cagione della loro perfezione specialissima sono il pegno, la causa meritoria e
come le primizie della. beatitudine perfetta 5Ì. «In ragione della
loro perfezione, s'attribuiscono piuttosto ai doni che alle virtù» s5.
« Beati i poveri di spirito,
perché di questi è il
'"'
S. QBEa. naz., Orat. ad
popul., XLiir, n. 67.
"
Ps. 1,3.
51 Galat., v, 22-23. " I-II, g. 69, a. 1 ; q. 70, a. 2.
"
I-II, q. 70, a. 1 et 2. "
I-II, a. 70, a. 2.
368 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
regno de' cieli » 56.
La virtù della povertà, può ispi-.
-rare il distacco che fia usare
con moderazione dei beni della terra, ma è il dono del timore che ne ispira il
disprezzo, in confronto coi beni superiori.
« Beati quelli che piangono,
perché saranno consolati».. È il dono della scienza che fa vedere la fragilità,
la vanità dei beni che passano, la gravita del pec-
-cato, come male dell'anima e
offesa di Dio.... Beato .•colui che versa le lacrime d'una santa contrizione.
« Beati i mansueti, perché
possederanno la terra ». ,La virtù della mansuetudine . ci fa bensì superare
l'impeto della collera, ma è
specialmente il dono
-della pietà che da la calma, la
serenità, il perfetto possesso di sé, l'intera sottomissione alla volontà
-di Dio.
Queste tré beatitudini sono
quelle della fuga e 'della liberazione dal peccato. Le. due. seguenti, dice S.
Tommaso, sono quelle della vita attiva del cri-.stiano, che, liberato dal male,
si dedica al .bene con .tutto lo slancio del suo cuore:
« Beati quelli che hanno fame e
sete della giustizia, perché saranno satollati». Desiderare la giustizia,
l'ordine perfetto, è l'effetto delle virtù,. ma averne fame e .sete, essere
stimolato da questa, fame è il .frutto di un'ispirazione superiore.
Questa sete della giustizia non
deve diventare uno
-zelo amaro riguardo ai
colpevoli, perciò sta scritto:
«Beati i misericordiosi, perché
troveranno misericordia»; lattenti alla sofferenza altrui, costoro possono
-dare il consiglio che rianima e
che rialza. Quindi lo spirito di consiglio corrisponde a questa beatitudine.
Quest'unione della giustizia e
della misericordia . è uno dei segni più evidenti della presenza di Dio in
un'anima, perché egli solo può intimamente conciliare virtù apparentemente
così opposte.
.««
matth., v, 3.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI
369
Vengono finalmente le beatitudini
della vita contemplativa: «Beati i mondi di cuore, perché vedranno Dio ». Un
cuore veramente puro è come una limpida fonte ove fin di quaggiù Iddio si
riflette, e il dono dell'intelletto ci fa intravedere la bellezza divina tanto
meglio quanto è più pura la nostra intenzione.
« Beati i pacifici, perché
saranno chiamati figli di Dio». Questa beatitudine, dicono S. Agostino e ;S.
Tommaso, corrisponde al dono della sapienza, che ci fa vedere come
sperimentalmente ogni cosa in Dio, perché ogni bene proviene da Lui,. e il male
non avviene salvo che sia permesso in vista d'uà maggior bene. Il dono della
sapienza ci rivela così l'ordine ammirabile del piano provvidenziale. Ora la
•pace è la tranquillità
dell'ordine. L'anima contemplativa non solo la possiede, ma può anche comunicarla
agli altri. Ella, nella sua parte superiore non si lascia turbare dagli
avvenimenti penosi, inaspettati, ma tutto riceve dalla mano di Dio, come un
mezzo o un'occasione d'andare a Lui. La Sapienza da una pace raggiante, e
c'inclina ad amare i nostri nemici; essa è il segno dei veri figli di Dio, che
non perdono, per così dire, un istante il pensiero del loro Padre celeste.
L'anima, al principio della sua vita, imbrattata d'egoismo, era spesso preoccupata
di se stessa, e forse riferiva tutto a sé; ora è il .pensiero di Dio che la
possiede, ed essa riferisce tutto a Lui.
•Questa pace frutto del dono
della sapienza, e che il mondo non può dare, quaggiù non si trova pienamente
salvo che nella vita mistica contrassegnata appunto . dal predominio di questo
dono, unito ad una carità perfetta e ad una fede vivissima. È ciò che a
San-Paolo fece scrivere ai Filippesi, iv, 4: «State sempre allegri nel Signore;
lo dico per la seconda volta, state allegri. La vostra 'modestia sia nota a
tutti gli uomini. Il Signore è vicino. Non vi affannate per niente, ma in ogni
cosa siano manifestate a Dio •
24 — Perfezione e Contemplazione.
870 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
le vostre richieste per mezzo
dell'orazione e delle suppliche unite al rendimento di grazie. E la pace-di
Dio, la quale sorpassa ogni intendimento, sia guardia .dei vostri cuori e delle
vostre menti in. Cristo Gesù».
. Tal è il frutto
di-questa sapienza di cui sta scritto:. «Io la preferii ai regni..., tutto
l'oro in confronto di lei è come un poco di arena, e l'argento non è che fango.
L'amai più che la sanità e la bellezza; risolai di prenderla per la mia luce,
perché lo splendore di lei mai non si spegne. E vennero a me insieme con lei
tutti i beni, e infinita ricchezza per man di lei» E. di tutto questo io mi
godei, perché questa sapienza, era mia guida, ed io non sapevo come di tutte
queste cose ella è madre. Ed io la ricercai sinceramente-per amore di lei sola,
e la comunico senza invidia, e non tengo nascoste le sue ricchezze.
Perciocché-ella è un tesoro infinito per gli uomini, e quelli che-ne fecero uso
sono divenuti amici di Dio...» 57. «Se uno brama la profondità della
scienza, ella è che sa le cose passate, e fa giudizio delle future, che penetra
quello che vi è di più sottile nei discorsi e di più difficile a decifrare
nelle parabole... Mi risolvei adunque di prenderla, meco per compagna della
mia. vita...» 58. «Dio di misericordia,... datemi codesta sapienza,
che assiste al vostro trono, e non mi rigettate dal numero dei vostri
figliuoli... Mandatemela dal cielo, affinchè ella sia meco, e fatichi con me, e
affinchè io sappia quello che vi piace... Perché chi è degli uomini che possa
sapere i consigli di Dio? o chi potrà intendere quel che Dio vuole?... Chi
potrà conoscere il. vostro pensiero, o mio Dio, se voi stesso non date la
sapienza e s& non mandate ..il vostro Santo .Spirito dall'alto de' cieli?» 69.
Qual preghiera più bella per
chiedere a Dio con
"
Sa»., vii, 8. '" Ibid.,
vili, 8. " IM.,
ix, 1.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI 371
umiltà e con fiducia questo
spirito della sapienza, principio della contemplazione e sorgente della pace!
Alla, beatitudine dei pacifici s'aggiunge
l'ultima che e la conferma e la manifestazione delle altre:
« Beati quelli che soffrono
persecuzione per la giustizia, perché di essi è il regno de'' cieli». Quando
l'uomo è rassodato nella povertà spirituale, nella mansuetudine, nell'amore della
giustizia e nelle altre beatitudini, la persecuzione è impotente a distaccarlo
da questi beni, e a togliergli la pace e la gioia inferiore. Così l'anima è
segnata coll'effigie di Cristo crocifisso, per le ultime prove ch'ella subisce
per arrivare alla santità. Allora comprende praticamente le parole di Gesù:
«Beati siete voi, quando vi malediranno, e vi perseguiteranno, e mentendo
diranno di voi ogni male per causa mia. Eallegratevi ed esultate, perché
grande è la vostra ricompensa nei cieli» 60. Non sono forse queste
parole che fecero nascere nel cuore dei santi la sete dei patimenti e quella
del martirio?
Così i doni dello Spirito Santo
che sono in ogni anima giusta, e che si svolgono normalmente, a titolo d'abiti
infusi, con la carità, ci dispongono progressivamente agli atti più elevati e
più eroici della vita spirituale. In questo grado d'intimità con Dio la vita
spirituale merita il nome di vita mistica. In certe anime perfette, si
manifestano specialmente i doni della contemplazione, in altre quelli
dell'azione. Ma anche in questi ultimi, è lo spirito della sapienza che dirige
la vita, e la sua luce diffusa illumina tutto. E adesso ' dobbiamo parlare
della chiamata a questa vita mistica.
"
MÀTTH., V, 11.
CAPITOLO V.
La chiamata alla contemplazione ossia alla vita mistica.
articolò I.
I vari sensi della parola «
chiamata ».
1° Chiamata generale e remota, 2° Chiamata individuale e prossima, 3° Chiamata sufficiente, 4° Chiamata efficace.
Quando si tratta della chiamata
alla contemplazione mistica propriamente detta, se si domanda: Questa chiamata
è generate'o particolare? conviene precisar bene il senso della parola chiamata
o vocazione, che può essere presa in sensi diversissimi.
Anzitutto chiamato alla
vita mistica non vuoi dire elevato, condotto o eletto, o predestinato
alla vita mistica: «vi sono molti chiamati, e pochi eletti», come sta scritto
nella parabola degl'invitati 1. E
'
Tal è 11 senso delle parole chiamato ed. eletto, cioè alla
gloria, in' san Matteo, xx, 16; xxn, 14; xxiv, 24 — Marco, xill, 20, 22, 27 —
Luca, e. xvin, 7. — Questo è anche il senso corrente in teologia... Nondimeno
in S. Paolo (I Cor., i, 26-27), chiamato ha il medesimo senso di eletto,
perché egli parla della vocazione efficace alla tede e alla vita
cristiana, e dell'elezione alla grazia, non alla gloria. Of. P. vosté, O. P., Comment. in Ep. I ad
Thessal., i, i. S. Tommaso a questo proposito osserva ohe la vocazione
efficace alla vita cristiana e l'elezione alla medesima vita s'identificano, ma
vocazione si dice in ordine alla vita nuova, ed elezione per rapporto al mondo,
d'onde uno fn tratto e scelto.
374 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
qualche volta i traduttori dei
grandi maestri s'ingannano traducendo : « non tutti sono chiamati alla
vita mistica», là dove l'originale esigerebbe: «non tutti sono condotti
per la via della contemplazione mistica» 2. ,
Inoltre i teologi 8
osservano che la vocazione può essere sia esteriore, per mezzo
del Vangelo, della predicazione, della dirczione, della, lettura, sia inferiore,
"per •olezzo d'una grazia di luce e di'attrat-' tiva A.
:
La chiamata esteriore è generale
quando si rivolge a tutti -indistintamente; poi diventa indivia-itale, quando
giunge a questo o a quello in particolare. Così tutti i pagani sono in modo
generale chiamati dal Vangelo alla vita cristiana, prima che questo o quello
sia chiamato in modo individuale.
La vocazione invece può essere speciale,
quando
2 Per esempio mi testo celebre e controverso di S.
Giovanni della Croce (Notte oscura. I, e. ix, fine) è reso cobi dal Sig. Hoornaert, nella sua
prima traduzione, p. 46: « Quelli poi che non sono chiamati alla via
contemplativa, sono guidati in un altro modo » ; lo spagnuolo ha :
«
porque log que no van por camino de oontemplacion, muy diferente modo llevan »
: « per quelli che non vanno per la via della contemplazione la cosa è
diversa ». L'ultima frase del medesimo capitolo comincia così nella medesima
traduzione : « Coloro pertanto che non sono chiamati non finiscono mai
di svezzare i sensi...»; il testo spagnuolo esigerebbe:
«
questi ultimi (che Dio non, solleva alla contemplazione secondo la via
dello spirito) non finiscono mai di svezzare i sensi ». Il Sig. Hoornaert nella
sua seconda edizione segue più da vicino l'originale particolar-mente sul punto
di cui ci occupiamo. Di più, questo testo di S. Giovanni della Croce è spiegato
in Viva Fiamma, 2" str., v. 5.
'
Cf. S. tom., I, d. 41, q. 1, a.
2, ad 3, et in, Epist. ad Itom. e. vili, lect. 6; e i saimantioesi, de Praedestinatione,
disp. IV, dub. IH:
«
Qnaenam vocationes electorum sunt effectus praedestinationis eorum? » Secondo
questi teologi e molti altri tomisti, anche le vocazioni inefficaci, a
cui gli eletti resistono, sono un effetto della predestinazione. Cf. billuabt, de Deo, diss. 9, a. 6,
§ 1.
'
Generalmente la vocazione esterna e la vocazione intema sono
unite, come la mozione obiettiva (quoad speciflcationem) e la mozione
soggettiva (quoad exercitium), così come la predicazione e la grazia ohe
induce ad aderirvi. Sono due cose che costituiscono una sola vocazione.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
375
non. ,si rivolge se non ad un
gruppo d'uomini, come la vocazione sacerdotale, i Può anch'essere specialis-
•sima ed unica, come la
vocazione di Maria, Madre di Dio, o quella di S. Giuseppe. Può essere particolarissima,
come quella d'un fondatore di Ordine, o anche come quella d'entrare in un
Ordine determinato, per esempio nella Certosa. ,
.La vocazione inferiore, come la
grazia sufficiente, può esser remota o prossima. «Se la grazia abituale
•delle virtù e dei doni», che.
tutti i giusti posseggono, non ha la pienezza del suo sviluppo normale se non
nella vita mistica propriamente detta, tutti i giusti
•sono chiamati a questa in modo
remoto. Ed è quello
•che vogliamo dire cogli autori
che ammettono la chiamata generale alla vita mistica; S. Teresa lo trova
espresso in parecchi passi del Vangelo, e ne cita due 5, nel Cammino
della Perfezione, e. 19, 20.
Anzi per questi autori, non tutte
le anime 'ricevettero individualmente la vocazione prossima alla
vita-mistica; questa vocazione esiste solo quando si possono riscontrare i tré
segni menzionati da S. Giovanni della Croce e prima di lui dal Taulero: 1° la
meditazione diventa impraticabile, 2° l'anima non ha alcun desiderio di fissare
l'immaginazione sopra qualche oggetto particolare interno od esterno, 3° l'anima
gode di trovarsi sola con Dio, fissando sopra di lui la sua attenzione
affettuosa 6. Spiegheremo questi segni a p. 414 e segg.
8 matth., xi,
28 : i Venite a me, voi tutti... '; joann.,
vii, 37 : « Gesù stando in piedi disse ad. alta voce: Ohi ha sete, venga
a me e beva... <lal seno di lui scaturiranno fiumi d'acqua vìva. »
'
Ci. S. giovanni della croce, Salita,
II, o. xi a xm, e Notte oscura, I, o. ix. — Vedasi pure
nell'opera che si può considerare come 11 com-liendio della dottrina del
Taulero, Les institutwns, e. xxxv.
376 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
* * , *
Questa stessa vocazione prossima
alla vita mistica, sia sufficiente sia efficace, può anch'essere
come nella parabola degl'invitati. Ognuno di essi era individualmente
chiamato: «II regno de' cieli è simile ad un rè che faceva le nozze del suo
figliuolo. E mandò i suoi servi a chiamare gl'invitati alle nozze e non
volevano andare... Essi recaro usi chi alla sua villa,. chi al suo negozio...
Allora il rè disse a' suoi servir Le nozze sono all'ordine, ma quelli ch'erano
stati invitati non furono degni. Andate dunque ai capi dell& strade, e
'-quanti incontrerete, invitateli -tutti alle nozze » 7. • ' ' . '
Qui efficace può
intèndersi sia nel senso tomista, che è il nostro, sia nel senso molinista. Il
senso to-mista suppone una maggiore gratuità' nel dono di Dio, perché,
secondo S, Tommaso, la grazia è efficace per se stessa, e c'induce soavemente
e fortemente al consenso salutare, ch'essa produce in noi e con noi, laddove
per Molina la grazia è resa efficace dal nostro consenso, la cui determinazione
libera, come determinazione, verrebbe esclusivamente da noi, e non da Dio 8.
7 matth., xxn,
1-14.
'
0(. S. tommaso, de Slalo,
<l. 6, a. 1, ad 3: n Deus movet quidem voluntatem immutabiliter
propter efflcaciam virtutis moventis, quae-deflcere non potest: sed
propter naturam voluntatis motae, quae in-differenter se habet ad
diversa, non induoitur necessitas, sed manet llbertas r. È così ohe S. Tommaso
intende il detto di S. Paolo: n Di» opera in noi il volere e U fare, secondo il
suo beneplacito » {Phil., il, 13). — Vedasi pure I-II, q. 112, a. 3: »
Si ex intentìone Dei moventis est 'quod homo, cujus cor movet, gratiam
consequatur, infallibiliter ipsam oonseqnitur, seoundnm illnd Joannis vi, Ì5 :
Omnis qui audivit a Patre et didioit, venit ad me ». Item I, g. 105, a.
4, I-II, q. 10, a. i., e. et ad 3 ;
q.
Ili, a. 2 ad 2; q. 113 passim; de Ventate, q. 22, a. 8 et 9. — Contrariamente
a quello che doveva poi dire Molina, S. Tommaso scrisse in Matth. xxv,
lo : n Qui plus conatur, plus habet de grafia, sed quod plus conetur,
indiget altiori causa ». Item in Bp. ad Bphes. iv, 7, et I, q. 112,
a. 4.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 377
Allorché adunque i tornisti
affermano abbastanza comunemente che la chiamata remota alla vita mi-
• stica è generale, non
diminuiscono in conto alcuno» la gratuità della chiamata individuale prossima,
e suppongono sempre il 'mistero della predestinazione,. nel senso in/cui
l'intendono S. Agostino e S. Tommaso, I, q. 23, a. .5 9.
Di più, la vocazione prossima
alla vita mistica può essere tardiva, come quella degli operai dell'ultima
ora, che ricevettero quanto quelli ch'erano stati chiamati più presto. È alla
fine di questa parabola (Matth., xx, 1-16), come alla fine di quella degli
invitati, che Gesù disse : « Molti sono chiamati, ma pochi eletti». Cf. infra,
p. 421, e S. Teresa, V Mansione, e. 1. , . .,,,. -
.
Finalmente una vocazione prossima
efficace alla vita mistica non è necessariamente una vocazione
•efficace ai più alti gradi
della vita mistica ne ad un'alta perfezione; ciò dipende dalla predestinazione
nell'ordine delle intenzioni divine e dalla fedeltà, dell'anima nell'ordine
d'esecuzione. S. Giovanni della. Croce dice : « È vero che le anime, qualunque
sia la loro capacità, possono aver raggiunta l'unione, ma non tutte la
posseggono nel medesimo grado. Dio dispone liberamente di questo grado
d'unione, come-dispone liberamente del grado della visione beatifica» (Salita,
1. II, e. 4). Lo stesso dice S. Tommaso trattando della predestinazione, I,
q. 23, a. 5, ad 3.
8 Gli autori moderni che negano questa chiamata
generale, come-per timore di ledere la gratuità della chiamata individuale
prossima,. sono per lo più molinisti, e s'ispirano a principii che non sono
quelli di S. Tommaso. Essi suppongono che per solito slamo noi che rendiamo
efficace la grazia divina, e allora dichiarano propriamente straordinari gli
stati passivi, in cui la grazia apparisce per sé efficace, e in cui la
nostra determinazione libera viene da Dio, che la produce in noi e con noi,
e-in cui per l'anima tutto consiste nel rimettersi nelle mani di Dio, e-nel non
usare della propria attività, se non per rendersi più dipendente da Lui. —
Vedasi molina, Concordici,
ed. 1876, p. 230, 459, 56S.
378 PERFEZIONE CEI8TIANA E CONTEMPLAZIONE
Tali sono i varii sensi della
parola chiamata. Si possono vedere con un'occhiata nella smossi seguente, che
dev'esser letta dal basso all'alto per seguire il progresso ascensionale. Non
vi facciamo menzione della vocazione speciale, com'è la vocazione
sacerdotale, perché parliamo solo della chiamata alla vita mistica, la
quale secondo noi .è prima generale,
•e poi individuale,
prima remota, e poi prossima.
Il „„ • (ai gradi superiori a prossima I efficace \ . ,..••.
. (g a \ f ai gradi intenerì
*^
.2 -^ / ( sufficiente,
a cui molti non corrispondono
-2 S •S •
a
g remota (per il iatto,
dello stato di grazia)
t
e - ! '. ' ^ *^
o ( individuale (per e. per mezzo del direttore.)
" • fc4 ; . • ' . O) \
"S
( generale (per e. per mezzo della,.Scrittura).
Questa divisione risolverebbe
molte altre questioni10. Se dunque un autore che fa autorità nega la
chiamata di tutte le anime alla contemplazione, volendo .con ciò significare
la chiamata prossima, come il lettore se ne può render ragione dai
principii della sua dottrina e dal contesto, non bisogna per questo
•concludere ch'egli neghi la
chiamata remota.
Dopo aver così precisato i
diversi modi di prendere questa parola vocazione, si capisce meglio la
dottrina della chiamata generale e remota delle anime alla vita mistica.
E per ben intenderla, conviene distinguere, come sempre in morale, quello che
dipende dalla natura delle cose (per se) e quello che è eccezione
accidentale - (per accidens). Il teologo che cerca di stabilire una legge,
parla formalmente
"
Così la vocazione sacerdotale non è solo esterna (per mezzo del Vescovo), ma
anche interna (per via della grazia). Onde il Codice di •diritto canonico, e.
1353, dice che i pastori devono formare alla pietà '8 allo studio 1 fanciulli
in cui si trovano « segni di vocazione ecclesiastica » per « coltivare in essi
questo germe di vocazione ».
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 3.79
della natura delle cose, e non
delle circostanze accidentali che fanno variare l'applicazione della legge.
Per esempio un dato atto è moralmente buono di .sua natura perché esso produce
per sé un dato effetto voluto da Dio, ed esso resta moralmente buono, anche se
accidentalmente non produce più quell'effetto 11. Oppure ciò che è
del tutto legittimo e salutare per se, come la comunione quotidiana,
può accidentalmente cessar d'essere tale, se il soggetto non adempie le
condizioni volute. Nulla è per sé più santificante della comunione eucaristica,
ma accidentalmente essa diventa un sacrilegio. Oorruptio optimi pessima.
Nulla di meglio della vera mistica, nulla di peggio della falsa. • . •••
Già nell'ordine della vita
vegetale . ed animale, per difetto di certe condizioni, molte leggi s'applicano
solo nella maggior parte dei casi, ut in pluribus, come dicono gli
scolastici; sono leggi prossime o approssimative, come dicono i dotti attuali.
Per il fatto che molte ghiande non producono querce, non si può negare la
legge: La ghianda è fatta naturalmente per produrre una quercia. Quand'anche
sia messa in terra con questo scopo, possono mancare certe condizioni esterne,
richieste allo sviluppo del germe ch'essa contiene.
Slmilmente per il fatto che i più
degli uomini seguono le loro passioni invece di dirigerle, comtì os-
11 Cf. gaetano In
II-II, q. 183, a. 3 : « Praecepta, moralia attendunt ad Id quod secundum
naturam est, et non ad id quod per accidens in hac ve! complexione,
vel aetate InvenltTir. » II Gaetano fa cento volte quest'osservazione, contro
quelli che si dimenticano che S. Tommaso parla formalmente della natura
delle cose, facendo astrazione dalle circostanze accidentali : e Auctoris
sermo et docfcriua est iormalis, et nihil detrimenti patitur ex his quae
snnt per accidens 11.
Cosi
S. Tommaso stesso, domandandosi se il giuramento sia lecito, risponde, sì, per
sé, ma può divenire illecito, quando se ne faccia un cattivo uso, cioè
quando si presti giuramento senza necessità e senza le precauzioni volute; come
pure la comunione eucaristica può divenir sacrilega. II-II, q. 89, a. 2.
380 PERffEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
•serva S. Tommaso la,
bisogna forse negare la legge:
L'uomo, per la sua natura di
essere ragionevole, e chiamato a vivere ragionevolmente?
Per il fatto che molti uomini si
.perdono, bisogna. forse negare che tutto quanto il genere umano fu da Dio
ordinato al fine soprannaturale, che è la visione beatifica? - !.
Perché molti cristiani peccano
mortalmente, bisogna' forse negare che la grazia ricevuta nel battesimo
è, per la stessa natura sua, fatta per durar sempre e crescere
incessantemente fino alla morte ? Non è essa forse la vita eterna
cominciata?
.Normalmente il bambino, che fin
dall'età di sette anni fa la comunione parecchie, volte alla settimana, non
dovrebbe cessare di ricevere il pane di vita, e ogni giorno dovrebbe accostarsi
alla sacra mensa con disposizioni migliori. Se persevera così e se è
generalmente fedele alle grazie che riceve, non giungerà egli, normalmente,
almeno al termine della sua esistenza, alla vita mistica propriamente detta?
Questa non è altro che la pienezza della vita di fede, d'amor di Dio, la
perfetta docilità allo Spirito Santo.
Dopo aver così determinato i
varii sensi della parola chiamata, generale o individuale, remota o
prossima, sia essa sufficiente o efficace, noi esamineremo:
se veramente tutte le anime in
stato di grazia siano chiamate in modo generale, remoto e sufficiente alla vita
mistica, e come si fa la chiamata individuale e prossima, sia sufficiente o
efficace.
12 I, a. 49, a. 3, ad. 5 : « In solis hominibns malum
videtur esse ut in filuribus, q.uia bonum honunis secundum sensum oorporis,
non est bomim hominis, in quantum est homo, sed. secondimi rationem. Plures
autem segmintur sensum quam rationem ». Più numerosi sono coloro che seguono i
sensi di quelli che seguono la ragione. Vedasi su questo punto l'indice
generale delle opere di S. Tommaso, Tabula aurea, alla parola. Malum,
n. 37.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 381
Queste distinzioni son necessario
per risolvere questo problema di vita spirituale studiatissimo ai giorni
nostri. Ma, praticamente, ricordiamolo, bisogna por mente alla pratica perfetta
delle virtù: umiltà, abnegazione, ubbidienza, pazienza nella prova, spirito di
fede e confidenza in Dio nella preghiera nonostante le aridità ed oscurità
interiori, carità fraterna, più che alla forma più o meno mistica delle
orazioni, che possono ad essa condurre, visto che il grado di orazione non è
facile a conoscersi specialmente nei periodi chiamati notte oscura, in cui
l'anima è contemplativa senza saperlo. Questo spiega come nei processi di
beatificazione si esamina molto più l'eroismo delle virtù che la forma
d'orazione; questa è difficilmente conoscibile dai documenti, e basta conoscere
l'eroismo delle virtù teologali • per sapere che un'anima fu intimamente unita
a Dio 13. Di più, certe anime arrivano più rapidamente alle orazioni
mistiche di altre già più avanzate. Se ne trovano di quelle che traggono
maggior profitto da queste orazioni, ed altre meno. Vi sono anime più virtuose
che mistiche e viceversa lt.
Tutto questo è assai importante
di fatto e non dev'essere dimenticato, quando s'insiste, come facciamo in
questi articoli, sulla legge generale, dalle applicazioni svariatissime, di cui
cerchiamo la for-
"
Sarebbe facile far vedere quasi in tutte le vite dei santi le prove
intcriori che corrispondono agli stati mistici chiamati da S. Giovanni della
Croce notte passiva dei sensi e dello spirito.
14 Su questo punto si leggeranno con gran profitto le
eccellenti opere di Dom vitale lehodey, Le
vie dell'orazione mentale (ma.bietti,
Torino). (Frequenza delle orazioni mistiche, passaggi dalle orazioni
comuni alla contemplazione mistica. Preparazione attiva — Pericolo e illusioni.
Desiderio della contemplazione). Le Saint Abandon, pagine 279-107:
l'abbandono nelle varietà spirituali della via mistica. Nel secolo xvill, il P.
pint, O. P., aveva trattato il
medesimo argomento, conforme ai principii che sosteniamo, nel suo libro così
profondo e così pratico l'Abbandono alla volontà di Dio, recentemente
ristampato e la cui traduzione è d'imminente pubblicazione presso mabietti, Torino.
382 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
mula e il fondamento dottrinale,
secondo l'insegnamento tradizionale. Ma conformemente a questa legge, è anche
utilissimo in pratica il sapere se le anime passarono, sì o no, per la notte
dei sensi e per quella. dello spirito; senza questa doppia purificazione passiva
non si potrebbe raggiungere la piena, perfezione della vita cristiana.
La via che vi conduce in mezzo
alle prove è quella indicata nelle sentenze ben note di S. Teresa:
La Pace dell'anima
Nulla ti turbi, La pazienza ottiene tutto. Nulla ti
spaventi. A chi ha Dio nulla manca.
Tutto passa. Dio solo basta 1B.
Dio non cambia.
Colui che conlincia davvero a
trovarsi con queste disposizioni e che fece questo passo e vuole sul
seno. lasciarsi condurre nella sua orazione e in tutta la sua vita da Maria
mediatrice, che conduce 'all'intimità di Cristo, e da Cristo che conduce al
Padre, questi, nonostante le condizioni esterne sfavorevoli, per l'influsso
profondissimo, potentissimo e dolcissimo dei due Mediatori concessi alla nostra
debolezza, giungerà all'umiltà vera., che attirerà sopra di lui la grazia della
contemplazione e dell'unione divina 16.
15 La Pas del alma
Nada
tè turbe. La paciencia Nada tè
espante. TodoJoaIcanza. Todo sé
pasa. ' Qnien a Dios tiene Dioa no se muda. Nada le falta.
Dios
solo basta ".
"
Ct. B. GBiaNioN de mowobt, Trattato
della vera divozione a Maria, o. iv, a. 5. — S. tekesa, Castello inferiore, epilogo.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 38S
articolo II.
La chiamata generale e remota
alla contemplazione mistica.
La questione di cui ' ci
occupiamo può. formularsi esattamente, sia considerando in modo astratto la
vita. della grazia, sia in concreto relativamente alleammo-che ricevettero
questa vita. Nel primo caso, si considera la legge intima dello sviluppo
superiore del seme divino, semen gloriae; nel secondo caso, come;
nella parabola del seminatore, si
bada alle condizioni variabilissime del terreno dov'esso deve germogliare,-Così
sono distinte le due questioni seguenti : 1° La. grazia è dessa per la stessa
sua essenza il germe della. vita del cielo? 2° Iddio da egli non solo a tutti
gli uomini in generale, ma anche a ciascuno in particolare, la grazia
sufficiente per operare la loro salute?
Parleremo adunque 1° della
chiamata generale e-remota delle anime in stato di grazia alla vita mistica, 2°
della chiamata individuale e prossima. In un altro ' articolo esamineremo le '
obiezioni che a questa dottrina si possono fare.
Le tré principali ragioni su cui è fondata la chiamata gen.e'pale o remota.
Proporre questa questióne, è un
domandare: la. vita della grazia può essa avere il suo pieno
sviluppo-normale senza la vita mistica propriamente detta, caratterizzata, come
abbiam veduto, dal predominio dei doni dello Spirito Santo e dal loro, modo
sovru"
384
PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
•mano, specificamente
distinto dal modo umano delle "virtù, che caratterizzano la vita
ascetica? 1.
Dopo tutto quello che abbiam
detto negli articoli precedenti, ci sembra, certo che la vita mistica così
-definita sia l'età adulta della vita
cristiana.
Per ben capire questa dottrina,
bisogna ricordare la divisione del soprannaturale che abbiamo data al capo II,
a. I, pag. 41.
Dio
nella sua vita intima, mistero della SS. Trinità. Persona increata del Verbo
fatto carne.
ÌLume
della gloria.,
Grazia
abituale delle virtù e dei doni e grazia attuale.
ÌAtto
naturale d'una virtù acquisita, soprannaturalmente ordinato dalla carità al
fine soprannaturale. -
Miracolo
yuoad substantiam (es...: glorificazione del
corpo
e Profezia). Miracolo quoad subjectum (es...: risurrezione non
gloriosa)
e cognizione dei segreti dei cuori. Miracolo quoad modum (es...:
conversione subitanea
dell'acqua
in vino), dono delle lingue e grazie
simili.
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In questa divisione si vede
chiaro che la soprannaturalità del miracolo, della profezia, del dono delle
lingue, ecc., è inferiore a quella della grazia santificante, delle virtù infuse
e dei doni dello Spirito Santo.
Per discernere, tra queste forme
del soprannaturale,
'
Ot. S. TOMMAgo, I-II, q. 68. — Stato mistico s'identifica con via
"passiva; per conseguenza è affatto distinto non solo dalle grazie
gratis datae, come la profezia, ma anche da certi favori speciali e
straordinari, oome dalle 'parole intcriori, che possono essere ordinate
specialmente iaUa santificazione dell'anima ohe le riceve, e accompagnare
qualche volta la contemplazione infusa e l'unione mistica, senza costituirne
l'essenza. Sono fenomeni concomitanti, accessori e passeggeri, che si possono
dichiarare straordinarz per sé, senza ledere la dottrina secondo la
'quale la contemplazione mistica non è straordinaria per sé, ossia di
di--ritto, ma solamente di fatto.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 385
quelle che sono ordinarie
benché eminenti e quelle che sono straordinarie, bisogna anche ricordare
là divisione classica della Potenza divina diretta, dalla Sapienza.
"§.3 a
•§'d o
•s •S.
."•3 •a'd
soprannaturali. 1; vita
della grazia, santità, ordinaria
• vita eterna. secondo
le
leggi naturali. 2: es.:
vita naturale dell'intelligenza,
, •-
straordinaria ( soprannaturali. 8: es : visioni straordinarie, ri-fuwidelle ) velaziom private.
leggi { naturali. 4: es.
miracolo d'ordine fisico.
Nella questione presente si
ricerca se il tondo essenziale dello stato mistico appartenga alla la- ca"
tegoria o alla 39-; questa, benché straordinaria, è inferiore
alla la, la quale sola contiene la vita eterna .cominciata. La vita mistica è,
sì o no, il pieno svi^ luppo normale della vita della grazia? E non si tratta
solo della santità collettiva della Chiesa, la, quale richiede anche le
grazie gratis datae, come quella del discernimento degli spiriti; ma si
tratta
•anche di ciò che. è moralmente necessario nella
•maggior parte dei casi perché un'anima giunga alla santità. Vedasi pag. 256 il senso delle parole ordinario 'e straordinario.
Le ragioni della risposta
affermativa devono essere fondate sopra la vita della grazia considerata nella
sua essenza, e non solo sopra segni esterni o statistiche materiali. Infatti
non basta dire: questa chiamata è generale, poiché vi sono anime mistiche in
tutte le condizioni umane, fra gl'ignoranti e fra i
•dotti, fra i sacerdoti e fra i
laici, fra i religiosi e .fra i secolari, non solo negli ordini contemplativi,
.ma anche negli ordini attivi. Questa ragione è probabile, ma resta
insufficiente, perché si può benissimo dire anche: vi sono artisti in tutte
queste categorie di persone, eppure la vocazione artistica nel-. 25 — Perfezione
e Contemplazione.
386 PEEFEZIÓBTE CRISTIANA E COKTEMP1AZIONE
l'ordine naturale non è
generale" ma speciale; è un dono speciale che non a tutti è concesso, ne a
tutti promesso.
Parimenti per stabilire che Dio
vuole salvar tutti gli uomini, non basta dimostrare ch'egli vuole salvare
uomini in tutte le condizioni, tra i giudei-e i pagani, tra i dotti, e gli
illetterati, tra. i ricchi e i poveri. :
;
Per stabilire che tutte le. anime
in stato di grazia sono in. modo generale e remoto chiamate alla vita mistica,
come a quella del cielo, bisogna che le ragioni di questa chiamata siano fondate/
sulla natura stessa della vita della grazia santificante o «grazia delle virtù
e dei doni ». Ora questa vita si può considerare soprattutto in tré -modi: nel
suo principio^ la grazia stessa; nel suo progresso: la perfetta
purificazione dal peccato e dalle imperfezioni; nel suo fine: la vita
del cielo. 'Queste tré consideraziolìì sono, non accidentali, esterne o
materiali, ma essenziali e formali. .
,
In altre parole, per far vedere
che la vita inferiore non ha il suo pieno sviluppo normale quaggiù fuorché
nella vita mistica propriamente 'detta, bisogna dimostrare 1° che il loro
principio è il medesimo, 2o che il progrèsso dell'uno non è completo se non
nell'altro» 3° che il loro fine è il medesimo e che solo la vita mistica
dispone.» ad esso .-immediatamente, in modo::
perfetto. • •
. . V
Tali sono, come vedremo, le
ragioni principali che-stabiliscono il carattere normale per quanto eminente.
della vita mistica» •
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 387
§
I.
Il principio 'radicale della vita mistica è il medesimo che quello della vita intcriore comune.
Questo principio è la grazia
santificante, o « grazia delle virtù e dei: doni»; e si manifesta nella vita..
intcriore ascetica secondo il modo umano delle virtù, e nella vita mistica
secondo il modo sovrumano dei doni che predomina in essa- —— Ora questi doni,
in quanto disposizioni abituali, che ci rendono docili alle
ispirazioni dello Spirito Santo, crescono, come le virtù infuse, insieme
colla carità; e questa deve sempre svilupparsi quaggiù, mediante i nostri
meriti e: mediante la santa comunione, secondo le esigenze- del primo
precetto dell'amore, ohe non ha limiti (II-II, q. 184, a. 3). —• Non si
può adunque avere un'alta carità senza avere i doni, come dispo-, sizioni
abituali, in un grado corrispondente 2. Per conseguenza, l'anima
veramente generosa e fedele sarà sempre più sotto la direzione immediata dello
Spirito Santo, e il modo umano della nostra attività si subordinerà sempre più
al modo divino delle ispirazioni del Maestro intcriore, Quest'ultimo modo deve
dunque finire con dominare, la qual cosa caratterizza la vita mistica. •
Si obiettò : Se il progresso è
normale, le virtù e i
2 Ot. I-II, q. 66, a. 2: i Tutte le virtii come abiti,
in ragione della loro connessione (e altrettanto bisogna dire dei doni
che loro sono anche connessi nella carità, I-II, 68, a. 2 e 5) crescono
insieme, pnr serbando, la loro differenza di perfezione, come le dita della
mano. Ma nondimeno uno può avere un'inclinazione naturale più grande ad esercitare
una virtù, anziché un'altra, o essere più portato dalla grazia di Dio a farne
gli atti. — Parimenti S. Tommaso, parlando della connessione dei
doni, dice : « uno di essi non può essere perfetto senza gli altri » (I-II,
q. 68, a. S) ;
e
nondimeno un'anima eccelle più negli atti di uno che negli atti d'un
altro.
388 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
doni devono perfezionarsi parallelamente,
senza che il modo di questi arrivi a prevalere sul modo di quelle.
Ma ciò è un dimenticare quello
che stabilì &. Tom-maso {I-II, q. 68, a. le 2),.e quello che con lui
abbiamo spiegato sopra 3, cioè che il modo umano delle virtù infuse
è essenzialmente imperfetto relativamente al nostro fine
soprannaturale, perché è quello delle facoltà umane nelle quali queste virtù
sono ricevute. I doni, come abbiam detto, hanno ap-punto lo scopo di rimediare
a questa imperfezione, unendosi alle virtù, come accade soprattutto nella contemplazione
infusa 4.
Ne segue che l'imperfezione
del modo umano delle virtù dev'essere tanto più corretta quanto più s'avvicina
alla perfezione, tanto più che si tratta non. solo di credere i misteri, ma
di penetrarli, di gustarli, di giudicar tutto per mezzo di essi, di viveri! profondamente
e ciò non in modo transitorio, ma abituale. L'influsso dei doni deve
esercitarsi tanto più ancora in quanto l'anima ha bisogno di purificarsi .nelle
sue ultime profondità, là dove Dio può penetrare, per estirpare dei germi di
morte che noi stessi ignoriamo, e ch'egli solo può fare sparire usando il ferro
e il fuoco. La qual cosa spiega come mediante il progresso normale
della vita della grazia, il modo sovrumano dei doni deve finire con
dominare, e prevalere sul modo umano delle virtù. La docilità abituale
allo Spirito Santo in tal modo ci soprannatur alizza sempre più, e le virtù
finiscono col non esercitarsi. più senza il concorso dei doni,, senza una
dirczione press'a poco costante del Maestro intcriore, che ci unisce sempre
meglio alla. sua vita e alla sua azion'e, ed è il preludio dell'eternità. «Ogni
essere è per-
.
"CI. o.IV, a. V, § 8,p.311.
*
Intatti essa, in quanto alla sostanza procede dalla fede, e, in quanto al suo
modo, dal dono della sapienza.
LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 389
tetto in proporzione che
raggiunge il suo principio » 6 e gli è unito; ciascuno dei nostri
atti è tanto più perfetto quanto più D'io v'imprime il suo modo proprio, il suo
stampo inimitabile. Non si dica che l'efficacia sovrana della sua azione in noi
distrugga la nostra libertà; anzi è dessa che la fa, producendo in noi e con
noi perfino il modo libero dei nostri atti 6. Egli solo può
penetrare in noi, poiché egli è più intimo a noi di noi stessi, e lo stato
mistico colla sua docilità costante non è altro che il frutto perfetto della
gyazia efficace tal quale fu concepita da S. Paolo, da S. Agostino e da S,
Tommaso.
Solo in tal modo 'perviene
l'anima alla cognizione viva e profonda dell'infinita grandezza di D'io e della
sua propria miseria, del pregio della grazia e della gravita del peccato.
« Ma che? dirà qualcuno, obietta
a'se stessa Santa Teresa 7, se per molti giorni, anzi per molti
anni, io mi sforzo di approfondire quale spaventosa sciagura sia l'offesa di
Dio, se considero come quelli che si dannano sono suoi figli e miei fratelli, a
quali pericoli siamo esposti sopra la terra, e quanto ci è vantaggioso
l'uscire da questa miserabile vita, non basterebbe questo ? .
. « No, figlie mie, risponde la
santa, la pena che .queste riflessioni fanno nascere in noi sarà ben diversa
dal tormento di cui parlo io.. Colla grazia di Dio e coll'aiuto di molte
considerazioni, noi possiamo arrivare a sentire questa pena, ma essa non raggiunge
come l'altra il fondo stesso delle nostre viscere. Quella sembra dilaniare e
stritolare l'anima, senza ch'ella vi contribuisca in nulla e a volte perfino
senza ch'ella lo desideri. Ma che cosa è' dunque
"
« In tantum Tinumquodaue pertectum est, in ciuantum ad suum prinolpium
attingit » (I, q. 12, a. 1).
•
I, q. 19, a. 8. — Vedasi capo II, a.
Ili, pag. 77. ' Castello, V Mansione, e. n.
390 PEBFEZIONE
CEISTIANA E CONTEMPilLAZIONE
questo dolore e-d'onde viene? Ve
lo dirò. Vi ricordate dì quelle parole della sposa, che vi citai più sopra ad
un altro proposito: II Signore m'introdusse nella sua cella vinaria, ordinò
in me la carità (Oant., n, 4) ? Ebbene, ecco giusto la spiegazione di ciò
che mi chiedete. L'abbandono che quest'anima ha fatto di se stessa nelle mani
di Dio e il grande amore ch'ella gli porta, la rendono così sottomessa, ch'ella
non sa e non vuole più che una cosa: ch'egli faccia di lei ciò che a lui
piacerà. Ma, a mio parere, è una grazia che Dio non largisce se non ad un'anima
che egli riguarda come tutta sua. È volontà sua ch'ella esca di lì segnata del
suo suggello, senza ch'ella sappia come questo sia avvenuto... Oh! Dio di
bontà! Anche qui, siete voi che fate tutte le spese. Una sola cosa ci
domandate, ed è che noi vi abbandoniamo la nostra volontà, in altre parole, che
la cera non opponga resistenza».
Si rileggano attentamente queste
parole che esprimono la sofferenza mistica dell'anima alla vista del maggiore
dei mali che è il peccato, e non si vedrà se non il pieno sviluppo della grazia
delle virtù e dei doni che ricevemmo nel battesimo, il perfetto abbandono, una
carità purissima, una fede tanto più viva,;. e la docilità completa
allo Spirito Santo che viene ad imprimere il suo suggello nell'anima fedele.
Da ciò si vede che il principio
della vita inferiore comune contiene in germe la vita mistica. Esso è dunque
chiamato a sbocciare sotto quella forma superiore, che è quaggiù come il fiore
della vita soprannaturale 8. .
' . - ••' ^ ••• ' • • • - •
'
Alcuni .teologi insegnano ohe lo Spirito Santo muove le anime in due modi: 1°
secondo il moilo comune, ohe s'accomoda In tutto al modo umano e
non oltrepassa le leggi ordinarie della grazia, 2° secondo un modo
straordinario e preternaturale, di cui parlano gli autori mistici.
Queste
espressioni sembrano significare che per questi teologi la contemplazione
mistica sia per essenza straordinaria e non solo eminente, ma allora noi non
vediamo più com'essi restino fedeli alla dot-
LA
CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE
391
In certe anime perfette si
noteranno specialmente i doni dell'azione, e quello della sapienza avrà un influsso
diffuso, ina però realissimo.
In virtù di questa comunanza di
principio, bisogna aggiungere: col progresso della carità 9, noi
possiamo giungere a meritare nel senso proprio della parola (de condigno)
i gradi superiori dei doni dello Spirito Santo, considerati come disposizioni
abituali, connesse. colla carità. Di più, con ciò noi meritiamo almeno in
senso largo (saltem de congrua) le ispirazioni attuali
corrispondenti a questi gradi superiori dei doni, perché generalmente (e se ne
vede la convenienza) lo Spirito Santo illumina e ispira le anime secondo il
grado della loro. docilità abituale, ..della loro umiltà e del loro amor di Dio
u.
trina
di S. Tommaso circa 1 doni. È chiaro che ciascuno dei doni non può avere due
modi distinti d'una distinzione non solo di grado ma anche di natura; vi
sarebbero allora due abiti, specificamente distinti, e il primo avrebbe
un bello svolgersi, ma non raggiungerebbe mal il secondo. Di più, non si
capirebbe perché, al di sopra delle virtù acquisite e delle virtù infuse m modo
umano, sia ancora necessario un esercizio dei doni in modo umano, distinto dal
loro esercizio in modo divino. Il modo •limano dei doni si
identificherebbe con quello delle virtù infuse.
Tuttavia
le suddette espressioni si potrebbero spiegare in un senso ohe non è contrario
alla dottrina che abbiamo esposta secondo i principii di S. Tommaso. Intatti
abbiamo riconosciuto che le ispirazioni dello Spirito Santo si esercitano prima
in modo latente, ohe s'accomoda al modo umano, e che poi il loro modo
sovrumano diventa manifesto e frequente, e quest'ultimo può anche dirsi
straordinario quand'è accompagnato da grazie gratis datae, per rutilila
del prossimo, come la grazia chiamata sermo sapientiae. È quello che
vuoi dire S. Tommaso, II-II, <1. 45, a. S, come spiega il Gtaetano, ibid.,
Giovanni di g. Tommaso, De Donis, d. 18, a. 2, n. 9 e Giuseppe dello Spirito
Santo, Cursus Theol. must., t. II, p. 236 sq. Si confronti questo testo
della II-II, q. 45, a. 5 con quello della I-II, q. Ili, a. 4, ad 4.
'
Ot. I-II, q. 114, a. 8, dove S. Tommaso dimostra ohe noi possiamo meritare de
condigno l'aumento della grazia e la gloria citando questo testo dei
Proverbi, iv, 18: « II sentiero dei giusti è come la luce brillante d'el
mattino, il cui splendore va crescendo fino al pien meriggio. » -— Quello
che non possiamo meritare è lo stesso principio del merito, la grazia della
giustificazione, e la grazia efficace che ci conserva in statu gratiae, specialmente
quella della perseveranza finale. Ct. ibid., a. 5 e s.
11 II merito de condigno è rondato nella giustizia
divina, ed è un diritto. a una ricompensa; il merito de congrua è
fondato sull'amicizia
392 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Tal e, circa il inerito saltem
de congrua, la dottrina dei teologi mistici tornisti che seguono ad un
tempo S. Tommaso, S. Giovanni della Croce e Santa Teresa: Filippo della S..
Trinità, O. O. u, T. di Vali-gornera, O. P. 12,
Meynard, O. P. 13, eoe... Da ciò si vede che la grazia attuale della
contemplazione può essere meritata più di quella della buona morte, che pure è
necessaria alla salute u.
La prima ragione della chiamata
generale e remota
divina,
« in jure amioatiili », o almeno sulla liberalità di Dio. Il primo ci rende degni
della ricompensa ; 11 secondo, come indica il nome, implica solo una
convenienza.
11 Summa Theologiae mysticae (Bruxelles, 1874),
t. II, p. 311.
12 Slystica Theologia D. Thomae (Torino, 1924), t.
I, p. 445.
11 Traité de la vie intérieure (Parigi, 188S), t.
II, p. 128. ' ,
14 La grazia della buona morte o della perseveranza
finale non si può meritare, nel senso proprio della parola, de condigno, e
neppure ' strettamente de congrua; essa tuttavia è necessaria alla
salute e noi dobbiamo certamente desiderarla, disporvici, chiederla
incessantemente, e una preghiera perseverante ce l'otterrà. Altrettanto bisogna
dire della. grazia di conversione o della giustificazione riguardo al
peccatore: essa non si può meritare, poiché è il principio del merito, eppure
colui ch& è in stato di peccato mortale, deve, colla grazia attuale che gli
è offerta^ desiderarla e domandarla. Noi tocchiamo qui i profondi misteri
dell'efficacia della grazia e della predestinazione. Ct, I-II, <l.
114, a. 5, e 9.
La
grazia della giustificazione e quella della perseveranza finale son necessarie
alla salute e non possono tuttavia essere meritate de condigno.
Parimenti la grazia efficace che ci conserva in statu gratiae.
La
grazia della contemplazione infusa non è più gratuita, poiché si può
meritare progressivamente de condigno un altissimo grado del dono della
sapienza, considerato come abito, e lo Spirito Santo ispira generalmente
le anime secondo il grado della loro docilità abituale.
Di
più, al merito s'aggiunge la forza impetratoria della preghiera, & se noi
dobbiamo chiedere la grazia della buona morte che non potremmo meritare,
un'anima fervente può ben domandare altresì con pari fiducia ed umiltà
la grazia della contemplazione, per meglio vivere dei misteri della salute, per
meglio conoscere la sua miseria ed umiliarsene, per esser meno indifferente
alla gloria di Dio ed alla salute delle anime. In fondo è ciò ch'ella domanda
dicendo dal profondo del cuore il Veni Oreator.
Per
questo la grazia della contemplazione infusa è meno gratuita delle grazie dette
gratis datele, come quella del miracolo o della profezia,. per nulla
necessarie alla nostra santificazione personale. Resta che lo> Spirito Santo
soffia dove vuole e quando vuole, perciocché noi non esercitiamo a piacimento
gli atti ohe procedono dal doni dello Spirito. Sauto.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
393'
delle anime in stato di grazia
alla vita mistica, poggia dunque sul principio radicale di siffatta vita, cioè
sulla grazia delle virtù e dei doni.
Questa ragione fondamentale può
esprimersi anche;
più concretamente e ricevere così
una nuova conferma, come segue:
Non vi è santità senza l'eroismo
delle virtù infuse,. connesse nella carità, cioè senza un alto grado di queste
virtù, descritto da S. Tommaso quando parla delle virtutes purgatoriae e
specialmente delle vir-tutes purgati animi 15,
Ora i doni dello Spirito Santo,
come disposizioni. abituali, connesse colla carità, crescono con essa;' e lo
Spirito Santo ci muove ordinariamente secondo» il grado della nostra docilità
abituale e tanto più spesso quanto più siamo docili.
Dunque, per solito 16,
non vi è santità senza che-l'anima sia spesso mossa dallo Spirito Santo
secondo-i gradi superiori dei doni; ed è questa la vita mistica non
solo in senso largo, ma anche in senso. ..stretto, lo stato passivo, in cui
domina non più il modo umano della nostra attività, ma l'attività dello-Spirito
Santo e la nostra passività pienamente docile ".
Vedasi a .questo proposito quello
che dice Benedetto XIV circa l'eroismo delle virtù e della loro connessione; è
questa connessione, dice egli, che mancava negli eroi del paganesimo e che fa
difetto-nei falsi martiri che muoiono ostinati nei loro errori;
essi non pregano pei loro
carnefici 18. Perché la virtù eroica .sia provata, dice egli ancora,
ci vogliono.
"
I-II, q. 61, a. 5, e q. 68, a. 1,ad 1, e in Matth. e. v principio.
1> Noi non parliamo qui di questo o di quel caso ma d'una
legge generale. •
"
I-II, q. 68, a. 3, ad 2. S. giovanni
dblla croce teneva che le virtù detl'anima purgata, di cui parla
S. Tommaso, appartengono alla. vita mistica. Ot, CEuvres, trad. Hoom.,
II ediz., t. II, p. xlii.
18 De
Servorum tenti ficatione, I. Ili,
o. xxi, .de Virtute heroica.
394 PEEFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
•quattro condizioni: lo che la
materia si-a difficile, sopra, le forze comuni degli uomini, 2° che'gli
atti siano compiuti prontamente, facilmente, 3° -con, gioia, 4° e
non una volta o di rado ma sovente, quando se ne presenta l'occasione 19.
Ciò suppone un alto .grado di carità e un grado proporzionato dei doni dello
Spirito Santo.
Così si vede meglio il senso e la
portata della prima ragione che abbiamo invocata, cioè il principio radicale
della vita mistica- è il medesimo che quello della_ vita inferiore comune.
Vedremo più innanzi.20 le obiezioni che si possono fare contro
questa prima ragione. Consideriamo la seconda che riguarda ciò
•che esige il progresso della
vita inferiore.
§ II,
Nel progresso della vita interzare, la purificazione dell'anima non è completa se non mediante le purificazioni passive, che sono d'ordine mistico.
Questo progresso intatti deve
farsi mediante la purificazione dal peccato, dalle sue conseguenze ed
imperfezioni: purificazione attiva o mortificazione che noi imponiamo a
noi stessi, e purificazione passiva che viene dall'azione divina in noi 21.
Benché le pene
•esteriori soprannaturalmente
sopportate contribuiscano grandemente a purificarci, questo lavoro di purificazione,
secondo i grandi maestri, specie secondo San
•Giovanni della Croce, non è completo,
normalmente, se non mediante le purificazioni passive dei sensi e
•dello spirito.
"
De Serv. beatif., 1. Ili, o. xxi, de Virtute heroica.
20 01. infra, o. V, a. IV, ss., pag. 126, e e. VI,
a. I, pag. 511.
21 Essa procede specialmente dal dono dell'intelletto ;
.cf. S. Tomm^so, II-II, q. S, a. 7, e I-II, q.. 69, a. 2, ad 3 : « In
hao vita, purgato oculo per damare •i»t<BÌtecfets, •Deus quodammodo
videri potest ».
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
396
Ora, secondo i medesimi maestri,
queste dolorose purificazioni, specie di purgatorio anticipato, sono d'ordine
propriamente mistico. Lo Spirito Santo purifica quaggiù le anime pienamente
generose, per tal modo ch'esse, dopo la morte, non abbiano più a subire, per
colpa loro, la purificazione senza merito del purgatorio. Ordinariamente, in
un modo o in un altro bisogna passare per questo crogiolo sia meritando in
questa vita, sia senza meritare oltre tomba 22. "
Questa ragione apparisce decisiva
a chi conosce 'i motivi dati da S. Giovanni della Croce della necessità
della doppia purificazione- passiva dei sensi e dello spirito (Notte oscura,
.1. • I, e. 3; 1. II, e. 1);
noi li abbiamo brevemente
esposti, e. Ili, a. Ili, pag. 151, e abbiamo fatto vedere, e. IV, a. Ili, pag.
278, come S. Teresa descrive la notte dello spirito al principio della VI
Mansione.
Secondo S. Giovanni della Croce,
Dio concede quasi sempre la grazia della purificazione passiva dei sensi alle
persone abitualmente raccolte 2S. L'entrata in
22 Noi diciamo: ordinariamente bisogna passare per
questo crogiolo-;
infatti
vi sono eccezioni, non tosse che quella dei bambini ohe muoiono subito dopo il
battesimo; ma nel medesimo tempo essi non hanno un grado di gloria così elevato
come avrebbero meritato nella prova. In quanto al martiri che non passarono
per il crogiolo di cui parliamo prima del loro supplizio, vi passarono nelle
loro ultime sofferenze. Da ciò si capisce come S. Giovanni della Croce dica
delle anime ohe attraversarono la dolorosissima notte dello spirito : <i Se
esse non passarono per il purgatorio, lo devono alla loro perfetta
purificazione per l'amore » (Notte, 1. II, e. xx).
Slmilmente
il taui^ebo, nel suo discorso lv (p. 256, ed. tedesca di F. Vetter) a
proposito dei principianti, che restano fedeli al comandamenti: i È
piuttosto un'eccezione, ch'essi vivano in una, purezza sufficiente da evitare
il purgatorio, benché questo possa succedere qualche volta ». Ciò può
succedere per esempio ad un giovane religioso che muore subito dopo la
professione, ma s'egli tosse vissuto più a lungo sarebbe probabilmente ricaduto
in colpe che avrebbero richiesto la purificazione di cui parliamo, prima o dopo
la morte. In ogni caso nessuno fa il purgatorio dopo la morte, se non per
colpa sua. S'egli tosse stato più fedele alla grazia, l'avrebbe potuto evitare.
21 Notte oscura, 1. I, e. vili.
396 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
questa purificazione è indicata
dall'inerzia dell'immaginazione 2A, il modo umano o discorsivo
dell'orazione sparisce, e l'anima deve contentarsi d'una attenzione affettuosa
e pacifica a Dio 25. La sua grazia, che allora le è data, non si
manifesta più sensibilmente ed è tutta spirituale, perciò la parte sensibile è
fiacca per l'azione, ma lo spirito è generoso e forte 26. L'anima,
alla luce del dono della scienza, vede in. sé una mi-.; seria e
un'indegnità ch'ella ignorava nel tempo della sua prosperità, e a volte si
crede abbandonata da Dio, ma soffrendo si purifica da numerose colpe, e si esercita
nelle virtù che sottomettono perfettamente la sensibilità allo spirito 27.
Così la libertà inferiore si accresce mediante i dodici frutti dello Spirito
Santo, e l'amore di Dio cresce mediante un ardente desiderio di servirlo. S.
Giovanni della Croce riassume benissimo la sua dottrina dicendo: « La notte
dei sensi è comune; essa producesi in una gran quantità di prin-: cip lanti...
Siccome il modo come cominciano nella 'via divina è volgare, .e, come abbiamo
dimostrato, essa s'intralcia nei gusti sensibili e nell'amor proprio, . Iddio
s'intromette per farli progredire, liberandoli .dalla loro bassa concezione
dell'amore. Egli vuole elevarli a Sé, far loro abbandonare l'esercizio inferiore
dei sensi: e del ragionamento, per il quale si cerca Dio in modo meschino in
mezzo agli ostacoli che abbiamo indicato, e introdurli nell'esercizio più
fecondo dello spirito, quello che permette di comunicare meno imperfettamente
con Dio » 28.
.Questa notte passiva dei sensi,
che sembra essere specialmente la scomparsa delle grazie dette sensibili, è
piuttosto l'apparizione delle grazie spirituali,' e il modo umano dell'orazione
non cessa se non perché il, modo sovrumano dei doni contemplativi comincia
"
Nòtte oscura, 1.1, o. ix.
" Ibtìl., e. si, xn, xill. " IW., o.
x. 2» IM.,
e. vili. " IM., o. ix.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 397
a divenire frequente e
manifesto:.« Oorruptio unius, generatio alterius » : il grano di frumento messo
in terra muore, affinchè il germe ch'esso porta in se si sviluppi; così l'anima
deve morire al modo suo troppo umano di concepire Iddio e di amarlo, per vivere
nel modo divino che il Signore vuole vedere in lei. È così che si entra nella via
illuminativa 29.
' :•;''* * '.*1'1'
Se le purificazioni passive dei sensi
hanno per scopo di sottomettere perfettamente la sensibilità alla parte
superiore dell'anima, quelle dello spirito, che procedono soprattutto dalle
illuminazioni del dono dell'intelletto, hanno per scopo di sottomettere
lo spirito pienamente a Dio e di purificare da ogni lega, non solo le
virtù morali, ma anche le virtù .teologali che . ci uniscono immediatamente a
Dio. Questa purificazione concessa alle anime già avanzate ha dunque per scopo
di togliere le imperfezioni abituali, ^per lo più incoscienti, che sono un
ostacolo all'unione divina 30. Essa indica l'entrata nella via
unitiva, secondo S. Giovanni della' Croce. Vediamo che cosa egli ne dice 31.
«Questa notte oscura (dello
spiritò) è un influsso di Dio per purificarla dalle sue ignoranze e imperfezioni
abituali, sia naturali, sia spirituali. I contemplativi la nominano
contemplazione infusa... Come va che l'anima chiama qui Notte oscura la luce divina,
giacché essa viene per illuminarla e per dissi-t .
21 Notte oscura, e. xiv: 11 L'anima è dunque
uscita ed ha cominciato a penetrare nella via dello spirito seguita dai proficienti
e dagli avanzati, e che si chiama anche via illuminativa o via di contemplazione
infusa ». Questa concezione affatto tradizionale della via illuminativa,
come si vede, è assai superiore a quella che ci vien data da parecchi autori
non mistici del xvn secolo in poi.
'0
Notte oscura, 1. II, o. II.
"
IW., 1. II, e. v.
398 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPIAZIONE
pare le sue ignoranze ?... La
prima ragione è che la sapienza divina, eccedendo colia sua elevatezza la
capacità dell'anima, è per ciò stesso oscura per lei. La seconda si trova nella
bassezza e nell'impurità. dell'anima, la qual cosa fa sì che la luce sia per
lei penosa, afflittiva, oscura... Ricordiamo questa massima del Filosofo:
Quanto più le cose divine sono intelligibili e luminose in se stesse, tanto più
sono oscure e nascoste per noi; così quanto più la luce naturale è viva, tanto
più acceca, l'uccello notturno... Così è della contemplazione prima della
purificazione completa dell'anima; invadendola, essa la riempie, di tenebre
spirituali, e ciò nel medesimo tempo per l'eccellenza della sua chiarezza e
perché l'intelligenza naturale dell'anima ne è paralizzata. Perciò S. Dio-nigi
ed altri teologi mistici, parlando dell'anima. non ancora illuminata e
purificata, dicono che per lei siffatta contemplazione infusa è un « raggio di
tenebre»; « ... Ntibes et caligo in cirouitu ejus: Attorno a D:ìo non
vi sono che nubi ed. oscurità » (Ps. xoii, 13) 82, Egli abita in una
« luce inaccessibile»,
« L'anima, benché mantenuta nelle
tenebre, vede nondimeno la sua impurità, ed è persuasa di non esser degna ne di
D,io, ne d'alcuna creatura. Quello che la tormenta più ancora è ch'ella non ne
sarà mai degna, e che tutta la sua felicità è annientata » 33, La
sofferenza è tale che l'anima si crede schiacciata sotto un peso immenso,
spezzata e stritolata allo spettacolo delle sue misene, sente sopra di sé
un'ombra di morte, e « giudica la mano di Dio dura e pesante, quando essa è
dolce e misericordiosa, quando non si tratta che d'un semplice tocco fatto per
condiscendenza, per colmarla di grazie e non per castigarla » st.
32 Notte oscura, 1. II, o. v. , " IM. ' " Itnd.
LA CHIAMATA
ALLA CONTEMPLAZIONE 399*
L'anima non può più, come un
tempo, sollevarsi a Dio, ne colla mente ne col cuore; le pare che Dio abbia
interposto una nube per tagliare la strada.-alla sua preghiera 35.
La luce di questa purificazione non lascia vedere all'anima altro che i suoi
peccati e le sue miserie 36. Ma anche in quest'oscurità ella.'
distingue tra il più. e il meno perfetto molto meglio-di prima 37.
Per godere quei beni che sono i frutti. di questa purificazione, l'anima deve
soffrire l'impressione ch'ella non li possederà mai 3S. È
necessario-che passi per questo crogiolo, perché « un solo af. fetto
particolare, attuale o abituale, è sufficiente per-impedire il sentimento, il
gusto, la comunicazione, di questo sottile sapore dello spirito d'amore, che.
contiene eminentemente in sé tutti i sapori»3?. Questa notte di
purificazione è anche una via sicu-rissima, «perché essa tiene addormentati,
mortificati, spenti, gli appetiti, affetti e passioni che, se fossero restati
desti e attivi, non avrebbero mancato di op' porsi alla partenza» dell'anima
verso queste regioni superiori 40. ,
Questa purificazione passiva,
questo affinamento. dello spirito, sono «indispensabili per l'unione con, Dio
nella Gloria; dopo la morte gli spiriti impuri attraversano le pene del fuoco,
e quaggiù non si perviene all'unione se non attraversando il fuoco delle prove,
che sono più violente per gli uni che per gli altri e proporzionate, in quanto
alla durata, al grado-d'unione ohe Dio ha in vista e alle impurità da. espiare
» 4i. .
Da ciò si può giudicare delle
pene del purgatorio;
il suo fuoco non ha azione sopra
di quelli che non. hanno colpe da espiare is, esso è
tenebroso e mate-
" Notte oscurai 1. II, e, vili. " Itiul., o. ix.
" IbiS., o. Sin. " Ibid., o. -sv.
" Ibid., o. vili. " Viva Fiamma, II str., vere. 5.
38 Ibid., o. ix. " Notte oscura, 1. II, o. x.
400 PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIÓNE
.riale; quello di questa vita
invece è spirituale e oscuro is. Quaggiù l'anima si purifica
meritando, invece dopo la morte si purifica ' senza inerito.
Queste purificazioni sono il
-mezzo più efficace «che conduce all'unione divina, perché solo esse sgom-
•brano da ogni lega l'umiltà e le
tré virtù teologali;
•solo. esse mettono in un potente
rilievo il motivo formale affatto soprannaturale di queste più alte
virtù. 33ss'e obbligano a fare atti eroici, sommamente meritorii, che aumentano
così del decuplo gii abiti, ottenendoci subito un grande aumento della
fede, della speranza e della carità. Ci obbligano a credere per
•questo solo ed unico motivo: Dio
l'ha detto. Ci fanno aderire .più fermamente alla 'Verità prima riv elettrice,
in un ordine infinitamente superiore al miracolo sensibile e ai
ragionamenti umani che lo discer-
•nono tt. 0,i
obbligano a sperare contro ogni speranza umana, per questo purissimo motivo che
Dio onnipotente e buono è infinitamente soccorrevole, Deus
•auxilians, e non
abbandona per il primo. C'inducono
•ad amarlo,, non per le
consolazioni sensibili o spirituali che ci largisce, ma per lui stesso, a
motivo della sua infinita Bontà, sopra ogni cosa e più di noi poiché
egli è infinitamente migliore di noi.
Beate quelle anime che passano
per queste dolo-
43 Nòtte oscura, I. II, e. xil.
14 Ad un'anima che passa per questa notte dello spirito,
che soffre tentazioni contro la tede, e simultaneamente è in certo modo
accecata
•dal
lume divino che rischiara le profondità del misteri, sarebbe cosa singolarmente
strana il consigliare come rimedio la lettura d'una buona apologetica, ben
ragionata. Il lavoro divino ch'ella subisce ha appunto lo scopo di sollevarla
sopra il ragionamento, e di tarla aderire in modo affatto soprannaturale alla
Verità prima increata e rivelatrice (« Verità»
•prima
in dicendo, auctoritas Dei revelantis 11). Ciò che allora deve tare è
•chiedere
al Signore la grazia della tede, l'ispirazione e l'illuminazione dello Spirito
Santo che solleva la nostra volontà e il nostro intelletto Ano alla Parola
increata ed eterna di Dio, autore della grazia, per farli ad
•essa
aderire nonostante l'oscurità, con una certezza superiore a quella
•dei
principii razionali più evidenti. Ct. II-II, q. 1, a. 1, q. 4, a. 8. Ci.
•supra, p. 57-73.
LA. CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 401
rosissime purificazioni, le quali
sole possono sopran-naturalizzarle pienamente e condurle alla cima della fede,
della speranza e della carità. Conclusione: poiché queste purificazioni passive
sono d'ordine mistico, bisogna concludere che la vita mistica non è straordinaria
nella stessa sua essenza, ma che è sulla via normale della santità.
Dopo i mezzi, consideriamo ora il
fine della vita interiore.
§ m.
Il fine della vita intcriore è il medesimo che quello della vita mistica, ma questa dispone ad esso più immediatamente.
Questo fine è la vita del cielo;
e la sommità normale, sebbene assai rara, dello sviluppo della vita
della grazia quaggiù dev'essere una disposizione perfettissima a ricevere
il lume della gloria, subita dopo la morte, senza passare per il
purgatorio. Miuno .infatti passerà se non per colpa sua, per aver trascurate
grazie ricevute od offerte, in quel luogo di patimenti, in cui non si merita
più. L'ordine radicale importa di vedere Iddio dopo la morte, e perciò le anime
del purgatorio soffrono tanto di non vederlo.
Ora la disposizione perfetta a
ricevere la visione beatifica subito dopo l'ultimo sospiro, non può essere
altro che la carità intensa di un'anima pienamente purificata, cos'ardente
desiderio di vedere Iddio, così come li riscontriamo nell'unione mistica, e
più par-ticolarmente nell'unione trasformante. Questa adunque è
veramente quaggiù la sommità dello sviluppo della vita della grazia e qui solo
sboccia pienamente questa vita soprannaturale. . •
Sarebbe facile dimostrare che
questa terza ragione,
26 — Perfezione e Contemplazione.
402 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
come le due precedenti, fu
formulata in modo più o meno esplicito da tutti i grandi maestri della mistica..
Basta ricordare quello che dice S. Tommaso circa la superiorità della vita
contemplativa sopra la vita attiva.
La contemplazione di Dio, non lo
dimentichiamo^ non è un mezzo riguardo alle virtù morali e alle opere
della vita attiva, ma è invece il fine a cui queste sono subordinate
come mezzi e disposizioni *5., Le virtù morali dispongono alla vita
contemplativa producendo la pace, la calma delle passioni e la purezza ie.
La prudenza è al servizio della Sapienza. come il portiere al servizio del rè.
D'io è il fine e l'oggetto
delle virtù teologali e dei doni corrispondenti, mentre egli non è se
non il fine delle virtù morali, le quali hanno un oggetto creato.
'Nella vita contemplativa, che ha
il suo principio-e il suo fine nell'amore, e che è l'esercizio eminente delle
virtù teologali, l'anima arde di vedere la bellezza di Dio, «ex dilectionie Dei
inardescit ad ejus pul-chritudinem conspiciendam » ". La contemplazione per
se stessa non è la perfezione, perché questa trovasi essenzialmente nella
carità, ma è il mezzo più eccellente e congiunto al fine is,
perché « la vita contemplativa è ordinata non ad una dilezione qualunque di
Dio, ma alla perfetta dilezione » is118. Per essa l'uomo. « offre
l'anima sua in sacrifizio a Dio » t9, ed è per
5 II-II, q. 180, a. 2, o. e ad 2. 3 I-II, a.
65, a. 5.
7 II-II, q. 180, a. 1 e 7.
8 II-II, q. 182, a. 2r «Vita contemplativa directe et
immediate per-tinet ad dilectionem Del.-»
•bis
II-II, q. 182, a. i, adi.
. ' '
>
•
II-II, q.. 182, a. 2, ad 3: 11 Si fa un sacriflzio a Dio quando gli si consacra
un oggetto qualunque. Fra tutti i beni dell'uomo, quello che-Dio accetta più.
volentieri in sacriflzio, è l'anima sua; ciò che noi dobbiamo prima offrire a
Dio, è l'anima nostra... poi quella degli altri... Ora quanto più strettamente
s'unisce a Dio l'anima propria o quella d'un altro, tanto più il sacriflzio è
grato al Signore. Perciò chi si ap-
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 403
così dire un principio della
beatitudine. perfetta, «per eam fit nobis quaedam inchoatio beatitudinis, quae
hic incipit ut in futuro. continuetur » 50.
Così la vita contemplativa è
migliore della vita attiva 51; essa : conviene all'uomo .secondo la
,parte più nobile dell'anima, e può essere più continua della vita attiva: così
Maria resta ai piedi del Signore ad ascoltare la sua parola, mentre Marta
s'inquieta. Quantunque contenga grandi prove, la vita contemplativa è ad un
tempo più dilettevole e più meritoria, perché l'amor di Dio è in sé più
meritorio di quello del prossimo 52; basta maggiormente a se stessa,
e non si preoccupa di molte cose, «non turbatur erga plurima » ; è .amata per
se stessa, mentre la vita attiva è ordinata ad altro; e perciò sta scritto:
«Una sola cosa ho domandato al Signore, questa io cercherò: ch'io possa
abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita» (Ps. xxvi,
4). — La vita contemplativa è una specie di santo riposo in Dio (otium sanctum)
: « Eiposate. e vedete, son io il vostro Dio » (Ps. xlv, 10). — Essa si occupa. delle cose divine, e la vita
attiva delle cose umane:
« In principio era il Verbo, ecco
Colui che Maria ascoltava, nota S, Agostino, e il Verbo si fece carne, ecco Colui
che Marta serviva» 5S. — Perciò nostro Signore disse: «Maria elesse
la parte migliore, che
plico
o induce un altro ad applicarsi alla contemplazione, si rende più gradito a Dio
che dedicandosi all*azione. E quindi
allorché si dice con S. Gregorio: i Nessun sacriflzio è a Dio più grato delio
zelo delle anime ». non si preterisce il merito della vita attiva a
quello della vita contemplativa, ma si vuoi dire che offrire a Dio l'anima
propria e quella del prossimo è più. meritorio che offrire tutti i beni esteriori.
»
"
II-II, q. 180, a. 4.
"
II-II, q. 182, a. 1.
58 II-II, q. 182, a. 2: « Ciò che tocca più direttamente
l'amore di Dio è in sé più meritorio di quello ohe è direttamente ordinato
all'amor del prossimo «. •- '" De Verìns Domini, germ. 27.
40:1: PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
non le sarà tolta» 5i.
«Non già, osserva^ S. Agostino 55, che la tua parte, o Marta, sia
cattiva, ma quella di Maria è la migliore. Perché migliore? Perché non le sarà
sottratta. Infatti un giorno ti sarà sottratto cedeste» peso che la necessità
impone, ma eterna è la dolcezza della verità, aeterna est dulcedo ve-ritatis
». ,
• Questa vita contemplativa
esiste pienamente soltanto nella vita mistica, vero preludio di quella del cielo.
E tutti, anche quelli che sono impegnati nella vita attiva, devono attendere ad
essa in virtù del primo precetto; e non hanno men bisogno di far orazione. Se
le condizioni della loro vita rendono loro meno accessibili le forme più alte
della contemplazione, la sostanza di questa non può essere loro rifiutata; che
anzi il Signore c'invita tutti. «Quelli che sono più atti alla vita attiva
possono cogli esercizi di questa vita prepararsi alla contemplazione» 66
compiendoli , per amor di Dio. Sarebbe un errore il pensare che -i sia d'uopo
fare una buona orazione per compiere'-bene i doveri del proprio stato, per
ben curare i malati, o per ben insegnare, come se l'orazione e l'unione
a Dio fossero ordinate, subordinate a questi atti che sono loro
inferiori. Piuttosto l'anima attiva deve compiere per amor di Dio i doveri del
suo stato per essere più unita al Signore e per farlo amare di più. Di
modo che la sua attività deve diventare come l'irradiamento esterno, della
sua orazione, della sua unione con Dio, che è il meglio di essa medesima.
Così la vita mistica, anziché nuocere all'azione, ne è la viva sorgente.
« L'amore della verità, dice S.
Agostino, cerca un santo riposo, e la carità ci obbliga ad accettare
" uro., x, 42.
"
Loc. cit. " S. tokmabo, II-II,
q. 182, a. 4, ad 3.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 405
una giusta fatica. Se .nessuna
carica ci è imposta, attendiamo allo studio e alla contemplazione della verità;
se invece ci è imposta una carica, la carità ci obbliga a riceverla. Ma anche allora
la dolce contemplazione della verità non si deve abbandonare. affinchè,
scomparendo la soavità, noi non siamo oppressi dalla necessità» 57.
Perciò, aggiunge S. Tom-maso, quando uno è chiamato dalla vita contemplativa
alla vita attiva, non dev'essere per sottrazione della prima, ma per addizione
della seconda 58. Per la qual cosa l'apostolato, come dice altrove,
deve derivare dalla «pienezza della contemplazione» 59. I fedeli, le
anime ulteriori che .vengono ad ascoltare la parola di Dio, aspettano che
questa loro si proponga in modo non umano, ma divino, che non è 'altro che
l'irradiamento della contemplazione.
La vita contemplativa adunque, la
quale, per la sua intimità col Maestro inferiore e per la sua docilità
perfetta alle sue ispirazioni, merita il nome di vita mistica o nascosta in Dio
con Cristo, è veramente il preludio normale della vita del cielo.
* * *
Tali sono le tré ragioni
principali della chiamata
-generale e remota delle anime giuste
alla vita mistica. Esse sono fondamentali, perche poggiano 1° sul principio
comune della vita intcriore e della vita mistica, e sulla legge del
progresso dei doni, come abiti o disposizioni abituali connesse
colla carità;
— 2° sulla necessità delle
purificazioni passive, che sono d'ordine mistico, e sul mezzo più
efficace per condurre quaggiù all'unione divina; — 3° sul fine
" S. Avo., De Civit. Dei, XIX, 19. ".ÌI-II, q. 182, a. 1, ad 3. " II-II, q. 188, a. 6.
406 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
comune della vita
ulteriore e della vita mistica, e sulla perfezione normalmente richiesta per
ricevere subito dopo la morte la visione beatifica, e non "solò un grado
infimo di questa. , ' ;
Queste tré considerazioni del principio
della vita;
soprannaturale, del suo mezzo più
efficace e del suo fine, non sono accidentali ne materiali, ma essenziali e
formali e permettono così di stabilire la legge dello sviluppo superiore del seme divino, della
vita della grazia, sei/non gloriae.
* * *
Apparisce dunque certo che la vita
mistica, caratterizzata dal predominio dei doni dello Spirito Santo, è
richiesta alla piena perfezione della vita cristiana.
Si può egli dire altrettanto
della contemplazione mistica propriamente detta? .
Certuni, dopo aver ammesso quello
che' precede, esitano a rispondere a questa domanda. Perché ? Perché, dicono,
vi sono anime in cui dominano soprattutto i doni dello Spirito Santo relativi
all'azione, e, nella preghiera, nella salmodia, il dono della pietà, senza che
la loro orazione sia propriamente passiva, senza che vi sia intervento
frequente e manifesto dei doni contemplativi dell'intelletto e della sapienza.
In tal modo queste anime sarebbero nella vita mistica, superiori all'ascesi,
senza però avere la contemplazione mistica propriamente detta, l'orazione di
raccoglimento passivo o di quiete.
Abbiamo già detto essere
possibile in fatto che in queste anime i doni della contemplazione non intervengano
ancora se non in modo diffuso; vi è qui una vita mistica ancora
imperfetta. Essa può essere accompagnata da una grande generosità, che merita
già il nome di perfezione, senza essere tuttavia io,
I LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIÓNE 407
piena perfezione della vita
cristiana 60. Quest'ultima, per essere veramente una pienezza,,
richiede il completo sviluppo di tutto l'organismo spirituale, compresi i doni
superiori dell'intelletto e della. sapienza 61. È l'annunzio della
vita del cielo, la disposizione immediata e perfetta alla visione beatifica,
la quale non è data se non alle anime del tutto purificate,, quando esse ne
hanno il vivissimo desiderio. •
Tale ci sembr-a essere, in
conformità con la tradizione, la dottrina di S. 'Tommaso sui rapporti dei doni
dello Spirito Santo col progresso della carità 62. È altresì, nei
diversi ordini religiosi, la dottrina di 8. Bonaventura, del Taulero, del
Euysbroeck, del Blosio, di Dionigi Cartusiano, di S. Teresa, di San Giovanni
della Croce, del P. Lallemant, S. I., e de'' suoi discepoli, del P. Surin, eco.
6S, come dimostrano a lungo il canonico Saudreau nella terza
edizione
10 Quello che in nessun modo è richiesto alla perfezione,
nemmeno ad un'altissima perfezione, sono le delizie della contemplazione,
come dice ripetute volte S. Teresa; spessissimo intatti la contemplazione mistica
è arida e dolorosa. Of. saudrbau, La
Vie d'Union a Dieu, d'aprés •les grcvnds mattres de la spiritualité, III
ed.., pag. 263..., confronto di parecchi testi ili S. Teresa.
61 In altre parole, la contemplazione mistica del mistero
di Dio presente in noi è richiesta alla piena perfezione della vita
della grazia, se <l.uesta< parola perfezione si prende non solo in
senso largo e dal punto di vista morale, ma in senso stretto e
metafisico che esprime, qui la piena espansione dell'organismo
soprannaturale.
'2
Vedasi specialmente I-II, q. 69, a. 2: Le ricompense di cui si parla nelle otto
beatitudini evangeliche sono esse accordate fin da questa vita? Sono accordate
ai perfetti, dice egli (« viris perfectis « e non solo ad alcuni di loro) come
un preludio della vita del cielo, i per quamdam inohoationem impertectam
beatrtndinis 11. Item II-II, q. 45. — n Ogni cristiano, dice S. Tommaso,
deve partecipare alla contemplazione di Dio, perché il precetto è per
tutti: Termatevi e vedete ch'io sono il vostro Dio » (Ps. xrv, 10). 11
Omnis christianus, qui in statu salutis est, oportet quod aliquid de
oontemplatione partioipet, cum praeceptum sit omnibus : «Vacate et videte quoniam
ego sum Deus », ad quod etiam est tertium praeceptum legis » (III, d.
36, q. 1, a. 3, ad 5). — Se ciò è vero d'ogni cristiano, che cosa
bisogna dire del cristiano giunto alla. piena perfezione della vita intcriore!
"
Ot. infra, ultimo capitolo, art. V: L'accordo dei Maestri, pag. 591»
408 PERFEZIONE CRISTIANA E-CONTEMPLAZIONE
del suo libro. La Vie d'Union
a Dieu d'après les grands. mattres de la spiritualità- et, e il
P. Lamballè nel La Contemplafion. Anche noi pensiamo, con questi ultimi
e col P. Arintero, che la vita soprannaturale non ha tutto il suo
sviluppo quaggiù se non nell'unione trasformante, tal quale è descritta da S.
Giovanni della Croce e da S. Teresa (nell'ultima Mansione). Basta ricordar
qui alcuni testi caratteristici e quelli che sembrano loro opposti.
Parlando della purificazione
passiva dei sensi che è d'ordine mistico, S. Giovanni della Croce dice, come
abbiamo veduto: «Bisogna passare per questa notte oscura per divenire perfetti
» 6a. — « L'anima è dunque uscita ed ha cominciato a penetrare nella
via dello spirito, che seguono i proficienti e gli avanzati, 'e che si
chiama anche via illuminativa o via di contemplazione infusa» 66. —
«A Dio solo spetta collocare l'anima in questo stato soprannaturale: in quanto
alla natura, quello che le si domanda è di disporvisi in proporzione
della sua capacità, e ciò e possibile naturalmente, specie tenendo conto dell'aiuto
divino ordinario che accompagna lo sforzo. In proporzione che l'anima progredisce
nella nega-, zione e nel vuoto delle forme, Iddio la mette in pos-.sesso
dell'unione, e quest'operazione è passiva per l'anima» 67. —
«Per le persone consacrate al servizio di Dio, questo cambiamento si verifica
spesso,:
, dopo un tempo relativamente
breve, perché avendo rinunziato al mondo, il senso e lo spirito in esse si
accomoda e si conforma più facilmente alla volontà di Dio » 68, — «
Appena che l'anima perviene a pu-
"
Questa III edizione è più completa delle due precedenti e contiene segnatamente,
p. 290, il risultato delle indagini delP. E. Oolunga, O. P., sulla lotta tra
gli spirituali e gl'intellettuali al tempo del Oano.
ls Notte oscura, 1. I, e. i. .
'''
Notte oscura, 1. I, e. xiv (secondo l'edizione critica spaglinola).
"
Salita, 1. Ili, e. i, trad. Hoorn., p. 298 (I ed.). * 8a Viva
Fiamma, 3» str., vera. 3, § V.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 409»
rificarsi accuratamente dalle
forme e dalle, immagini tangibili, essa nuoterà in quella pura e semplice luce,
che diventerà per lei lo stato di perfezione. Infatti questo lume è sempre
pronto a penetrare l'anima; quello che oppone ostacolo alla sua infusione,
sono le forme, i veli delle creature» 69. .
Più lontano, S. Giovanni della
Croce, dòpo- aveT-dimostrata la necessità delle purificazioni passive dello
spirito per arrivare alla prima perfezione 70, ci dice che questa
non si trova se non nell'unione trasformante, nella quale «l'anima non è più inquietata
dal demonio, ne dalla carne, ne dal mondo, ne dagli appetiti; e può dire:
l'inverno è finito, la pioggia è cessata, e i fiori compaiono nella nostra,
terra» 71.
S. Teresa dice la stessa cosa'
alle sue figlie, al principio della V Mansione : « Così,. noi che
portiamo-questo santo abito del Canneto, siamo tutte chiamate-Sili'or azione
e alla contemplazione. È questa la nostra. prima istituzione... eppure, ve lo
confesso, ben poche tra noi si dispongono ;a vedere che il Signore loro
discopre la perla preziosa di cui parliamo. In quanto all'esterno, lo
riconosco, noi siamo sulla buona via.. Ma in quanto all'acquistare le virtù
necessarie per arrivare dove ho detto, quante cose ci mancano .e qual bisogno
abbiamo di bandire ogni negligenza! » 72.
Nel Cammino della Perfezione,
e. 19, fine, parlando della contemplazione infusa e delle acque vive
dell'orazione, S. Teresa enunzia questo principio generale, che svolge poi nei
capitoli 20, 21, 23, 25, 29, 33. Noi abbiamo già citati alcuni di questi testi.
«Pensate che il Signore invita tutti (Venite a me,
ts Salita, 1. II, e. xill, trad. Hoorn., p. 1S8.
'° Notte oscura, 1. II, o. i. 71 Cantico spirituale,
p. Ili, str. 22, fine.
"
Cast/elio inferiore, V Mansione, o. I, trad. dei Carmelitani, 1910, p.
128. — Nelle citazioni seguenti ci serviremo di questa traduzione.
410 PERFEZIONE
CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
voi tutti... Matth., xi,
28). Egli è la stessa Verità, è indubitabile. Se il banchetto non fosse
generale, egli non ci chiamerebbe tutti, oppure, chiamandoci, non direbbe: Io
vi darò a bere (Se--alcuno 'ha sete, venga a me e 'beva, Joan., vii,
37). Direbbe: Venite tutti, non ci perdete nulla, ed io darò da bere
•a* chi mi piacerà. Ma siccome
egli disse senza^ restrizione: 'Venite tutti, io considero come certo
che tutti quelli che non si fermeranno per strada, riceveranno quest'acqua
viva» '!s. La Santa nel capitolò 21 : aggiunge: «Ciò , che è
d'importanza maggiore, anzi di un'importanza capitale, è avere la risoluzione
ferma, ima determinazione assoluta, incrollabile, di non fermarsi punto finché
non siasi raggiunta la sorgente, qualunque cosa capiti o possa sopravvenire, ad
ogni costo, nonostante tutte le critiche a cui uno vada soggetto, si debba
arrivare alla meta o morire per strada, oppressi sotto il peso degli ostacoli,
quando pure dovesse crollare il mondo 1 ».
-
.Non -è possibile affermare in
modo più chiaro la
•chiamata generale delle anime
alla vita mistica.
Eppure S. Teresa, il Taulero, S.
Giovanni della Croce fanno, qua e là, delle riserve. Per esempio, nel Cammino
della Perfezione, e. 17, si legge: «Per il fatto che in questo monastero
tutte si danno all'orazione, non ne segue che tutte debbano, essere contemplative.
Ciò è impossibile, e l'ignoranza di questa verità potrebbe gettare nella
desolazione quelle che non sono contemplative 71... A volte il
Signore tarda .assai, ma allora da ad un tratto e magnificaimente
" Cammino, o. 3XS, p. 156.
"
Anche se tutte le anime, e più in particolare tutte le Carmelitane, sono cJliamafs
alla contemplazione, non ne segue evidentemente che tutte debbano g-ià essere
contemplative. Come dice S. Teresa in quel 1;esto ohe noi citiamo, a volte
Iddio tarda a concedere QLuesto dono. Può anche darsi che un'anima assai
generosa, ma molto inclinata per "natura ad esteriorizzarsi, non arrivi
alla contemplazione infusa se non. dopo un tempo più lungo della durata
ordinarla della vita Quaggiù.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
411
quello che diede ' ad altri a
poco a poco in molti anni ».
D:'onde vengono queste riserve,
che a tutta prima sembrano contradire al principio della chiamata generale
delle anime alla contemplazione infusa? 75. « Sembra che vi sia
contradizione, dice la stessa S. Teresa 76, fra quello che ho detto
nel capitolo precedente (della chiamata generale) e quello che avevo detto più
sopra (e. 17), quando, volendo consolare le anime che non arrivano alla
contemplazione, io dimostravo che. vi sono diverse strade per andare a Dio,
come vi sono varie mansioni in cielo. Eppure io mantengo quello che ho detto ».
— Ed ella mantiene di fatto il principio della chiamata generale, che spiega
di nuovo: «Nostro Signore, infatti, conoscendo la nostra debolezza, ordinò
tutto in modo degno di lui. Ma non disse: Gli uni. vengano per questa via, e
gli altri per quell'altra. No, egli, nella sua gran misericordia, non impedisce
a nessuno di dirigersi verso questa fonte di vita per dissetarvisi... Che dico?
egli ci chiama pubblicamente e ad alte grida {Gesù stando in piedi disse ad
alta voce: Chi ha sete venga a ine e beva. Joan., vii, 37). Tuttavia,
nella sua bontà, egli non ci fa violenza; ma affinchè nessuno 'se ne vada senza
consolazione e muoia di sete, egli in varii modi da a bere a quelli che
vogliono seguirlo davvero. Da una sorgente così copiosa nascono diversi
ruscelli, gli uni grandi, e gii altri minori: vi sono anche pozze d'acqua per i
fanciulli, cioè per coloro che cominciano... Così, sorelle
'5
Circa la conciliazione di questi testi di S. Teresa, vedasi P. abintero, Svolucion mistica, p.
639, nota 1, Ouestiones misticas, p. 325 ss., così anche il
lavoro del P. garate, S. J., Razon,
y Fé, luglio 1908, p. 325, lavoro che sarebbe conveniente tradurre in
italiano e farlo conoscere per far cadere un'obiezione abbastanza diffusa
contro il principio che noi difendiamo.
" Cammino della Perfezione, e. sx.
412 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
mie, non temete di morir di sete
per questa via... Già posto, seguite il mio consiglio, e non restate, per
strada; ma combattete da persone coraggiose, pronte ad esaurire tutte- le
vostre forze nella lotta » 77.
Le restrizioni fatte più sopra da
S. Teresa non riguardano adunque la chiamata generale remota, ma la chiamata
individuale prossima di cui dovremo ora parlare.
" Cammino della Perfezione, e. xx".
LA
CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE 413
articolo III.
La^ chiamata individuale e
prossima ' alla contemplazione.
Le suddette riserve di S. Teresa,
di S. Giovanni della Croce,' del Taulero, riguardano, diciamo noi, non la legge
generale del pieno sviluppo della vita della grazia, considerata in. sé, ma il
terreno dove il seme divino è ricevuto, come si dice nella parabola del
seminatore. « Mentre egli spargeva il seme, ne cadde una parte lungo la strada,
e sopraggiunsero gli uccelli dell'aria, .e lo mangiarono. Parte cadde in luoghi
sassosi, ove non era molta terra, e subito spuntò fuori, perché non vi era
profondità di terreno. Ma, levatesi il sole, fu riarsa, e per non avere radice
inaridì. Un'altra parte cadde tra le spine, e crebbero le spine, e lo
soffocarono. Un'altra-finalmente cadde nella buona terra, e fruttificò, dove il
cento per uno, dove il sessanta, e dove il trenta. Ohi ha. orecchie da
intendere, intenda 1 » (Matth., xm, 4). Così ancora, fra gli alberi, il cedro o
la palma raggiungono normalmente una grande altezza in un terreno
e in un clima favorevole, ma non così in un altro clima. Parimenti la questione
della chiamata .alla vita mistica si complica e in certo modo si materializza,
appena si considera la vita della grazia, non più in sé, ma nelle anime che la
ricevono.
Le anime in stato di grazia sono
esse per ciò stesso tutte e singole chiamate alla, vita mistica
propriamente detta?
Anzitutto è chiaro che non tutte
vi sono predestinate; perché la predestinazione produce infallibilmente
il suo effetto, senza, tuttavia violentare la li-
414 PERFEZIONE OSISTIANA E CONTEMPLAZIONE
berta; ed è un fatto che le anime
in stato di grazia non arrivano tutte alla vita mistica.
È chiaro ancora che non *tutte vi
sono individualmente eliminate, in un modo prossimo, perché non
in tutte certamente si trovano i.tré segni di questa chiamata enumerati
dal Taulero 1, poi da S. Giovanni della Croce e comunemente ammessi.
§ L
J tré segni principali della chiamata prossima.
1° La meditazione diventa
difficile o anche impraticabile, «l'immaginazione resta inerte, il gusto
di quest'esercizio è scomparso, e il sapore prodotto già dall'oggetto a cui
s'applicava .l'immaginazione, si è cambiato in aridità. Per tutto quel tempo
che il sapore persiste e che si può passare, meditando, da un pensiero ad un
altro, non bisogna abbandonarlo, salvo nel momento in cui l'anima è nella pace
e nella quiete, di cui si tratterà a proposito del terzo segno » 2.
Questa dottrina si trova dichiarata press'a poco colle medesime parole, come
abbiam veduto, in S. Teresa, IV Mansione, e. in, p. 117, là dov'olia dice che
se non si ricevette ancora la grazia del « raccoglimento soprannaturale »,
bisogna" « guardarsi dall'incatenare il movimento del nostro pensiero...,
e di restar lì come degli stupidi». Da ciò si vede che questi due grandi santi
parlano qui del passaggio dalla meditazione alla contemplazione infusa, e non
ad una contemplazione acquisita che sarebbe uno stato intermedio. Cf. sMpra, p.
243-256.
2° Un secondo segno è
necessario, perché la dif-
1 L'insegnamento del Taulero su questo punto si trova
riassunto' da' suoi discepoli nelle Institwtions, o. xxxv. '
" Salita del darmelo, 1. II, o. XI. ' , .
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE . 416
fìcoltà o l'impossibilità di
darsi alla meditazione potrebbe provenire da un incomodo fisico, da una distrazione,
da un difetto di raccoglimento o da qualche altra causa simile, come succede
anche a quelli che conservano il gusto per quest'esercizio. Il secondo. segno è
questo appunto che « non si proverà più nessuna voglia di fissare
l'immaginazione.. ne i sensi su qualsisia oggetto particolare, interno od
esterno. Non dico che l'immaginazione non si manifesterà più. col. viavai
che le è proprio — e che avviene anche in un profondo raccoglimento — ma che
l'anima non avrà alcun desiderio di fissarla intenzionalmente su tali oggetti »
s. Per esempio se si legge, provasi il bisogno di chiudere il
libro; se si prega vocalmente, si e spinti a interrompere questa preghiera per
fermarsi nella contemplazione di Dio. È l'ispirazione inferiore che a ciò
induce. « Non fa dunque maraviglia che una tale anima provi pena e disgusto,
quando» godendo già questa pace, sia sforzata a ripigliare la meditazione, e a
ricominciare il lavoro delle considerazioni particolari. È come se si volesse
strappare-un bambino dal seno materno che gli da il latte.., come se a qualcuno
che, dopo aver tolta la buccia ad un frutto, ne gustasse la sostanza,
s'imponesse d'interrompere per togliere di nuovo una buccia che-non c'è più.
Egli non trova più codesta buccia, •& cessa di gustare la sostanza che
aveva in mano; la, qual cosa lo rende simile a colui che lascia la preda per
l'ombra» '•i. Queste spiegazioni di S. Giovanni della Croce
dimostrano bene che per lui il passaggio. dalla .meditazióne alla
contemplazione infusa è normale, benché noi non possiamo produrre quest'ultima
col nostro proprio sforzo; dopo aver tolta la. buccia al frutto, se ne gusta la
polpa.
SaUta,
1. II, e. xi. Ibìd., e. su.
416 • PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
3° Un terzo segno e
necessario, poiché i due primi non sono decisivi; infatti potrebbe darsi che la
malinconia o un'altra indisposizione produca in noi come una sospensione di
vita, nella quale, l'anima
•si compiace nel non pensare a
nulla e nel restare inattiva. « II terzo segno, il più decisivo, è questo :
L'anima gode di trovarsi sola
con Dio, fissando sopra dì lui la sua attenzione affettuosa; essa non
s'abbandona a nessuna considerazione speciale, gode una pace intcriore,
un'impressione di riposo, di quiete, senza che le potenze, memoria, intelletto,
volontà, si manifestino con esercizi ed atti. Voglio dire che
•ella non s'abbandona ad atti
discorsivi, il che consiste nel passare dall'uno all'altro, ma è assorta nel
;-conoscimento e nello sguardo sopra Dio, conoscimento confuso, generale e
affettuoso, che non si ferma in
•nessun pensiero particolare » 6.
Così un bambino .guarda con. amore sua madre senza pensare a nulla di distinto,
'ma solo a questo elvella è sua madre.
Nei suoi principii questo sguardo
affettuoso dell'anima è così sottile e delicato che passa quasi inos-
' servato 6; qui
infatti non vi è più, come nella meditazione, un concorso distintamente
percettìbile della immaginazione; onde al principio l'anima non si trova calma
in quest'amore che le è dato, ma ne cerca un altro più sensibile. «Tuttavia una
volta ch'ella si lascia introdurre nella pace, non mancherà di penetrarvi
sempre più. Rischiarandosi il pensiero affettuoso
•di Dio, l'anima troverà in esso
maggior attrattiva che in qualsiasi cosa del mondo, a cagione della pace,
•del riposo, del sapore e diletto
che da esso attinge senza sforzi» 7. :
Le ultime parole che abbiamo
sottolineate in questa
"
Salita, 1. II, e. XI.
- IM.
•'
IbiS.
LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 417
frase contribuiscono a dimostrare
che della contemplazione infusa appunto parla S. Giovanni della Croce
fin da questa prima opera della Salita, e la cosa appare chiarissima dal
capitolo xm 8. Ma nella Salita il Santo descrive specialmente
la parte che noi possiamo prendere a siffatta contemplazione, non per
produrla, ma per : disporvici o per favorirne l'esercizio 9;
laddove nell'opera seguente che è la Notte oscura, egli descrive
specialmente l'azione di Dio e la nostra passività. .Non sono cose che
si susseguano cronologicamente, bensì due aspetti subordinati della vita
inferiore, essendo qui l'anima «più passiva che attiva» 10,
ma conservando la libertà di consentire all'ispirazione superiore che le da lo
Spirito Santo per farla ag^re divinamente.
Perciò nella Notte oscura, 1.
I, e. 9, ritroviamo là descrizione dei tré segni già menzionati nella Salita,
ma qui sono formulati in modo più spiccato come segni del lavoro
purificatore di Dio in noi, o della aridità puriificatrice: 1° Non si
trova ne gusto, ne consolazione nelle cose divine (conosciute per la via dei
sensi) ne in alcuna cosa creata (queste ultime parole indicano che questo
stato non viene dalla tiepidezza, o dall'attacco alle creature) ; 2° ordinariamente,
nel servizio di Dio, si conserva il timore di non servirlo, d'indietreggiare,
a cagione del difetto di sapore nelle cose divine (questo timore è un nuovo
segno che l'impotenza in cui uno si trova non viene dalla tie-
8 Salita, 1. II, o. xm: ii In tale stato. Iddio
si comunica all'anima. che resta passiva... IB per l'anima il ricevere così la luce
infusa soprannaturalmente, è un comprendere ogni cosa restando passiva.
»
"
CI. Ibid., o. xn, dove è dimostrato ohe Dio a volte favorisce le anime
accordando 11 suo amore contemplativo senza l'intermedio di atti -che
dispongano ad esso, ma per lo più è dopo qualche preparazione; il che ricorda
ciò che S. Teresa dice della noria a proposito dell'orazione soprannaturale
di quiete, a cui uno si dispone abitualmente con un certo lavoro dello
spirito (cf. Vita, e. xiv).
10 S. tommaso, I-II,
q.. 68, a. 1 e 3; II-II, q. 52, a. 2, ad 1.
27 — Perfezione e Contemplazione.
418 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
pidezza) ;, 3° si trova una
gran difficoltà nel meditare, come se.ne aveva l'abitudine ricorrendo
all'immaginazione. «La ragione è che Dio comincia a comunicarsi non più per
mezzo del ragionamento, ma mediante l'atto semplice della contemplazione che
c'ispira».
A questi tré segni classici e
necessari, altri possono aggiungersi che li confermano; a S. Teresa piace notare:
il dono totale di se stesso a Dio, il disprezzo di tutte le cose della terra,
una grande umiltà, il desiderio del cielo. Ma la contemplazione infusa può
concedersi ad anime che non hanno ancora così alte virtù e spesso le da loro
essa medesima:.« omnia bona mihi venerunt pariter cum illa», dice il libro
della. Sapienza, ed è soprattutto la cognizione infusa della bontà di Dio che
ce lo fa amare, e ci fa praticare le virtù per amore di Lui. Bastano, dunque i
tré segni suddetti per accertare in un'anima la chiamata prossima alla
contemplazione infusa.
§11.
Quello che si oppone a questa chiamata prossima e quali sono le sue varietà.
1 tré segni che abbiamo
spiegato non si riscontrano certo in tutte le anime in stato di grazia. Ma noi
crediamo che tutte e singole sono chiamate alla vita» mistica in modo remoto
e sufficiente, poiché là grazia. delle virtù e dei doni, ch'esse
ricevettero, per la, legge intima del suo sviluppo, contiene in germe la. vita
mistica, preludio normale di quella del cielo 11,
11 L'espressione grazia sufficiente remota in
teologia 9 frequenttssima. in un'altra questione, che rassomiglia a questa, e
ohe riguarda non tutte le anime in stato di grazia, ma tutti gli uomini: è egli
possibile per tutti e singoli il salvarsi' Dio non solo preparò in generale, ma
offre e da a tutti gli uomini e a ciascuno in particolare, m vista della
salute,
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
419
Che cosa vuoi dire chiamata
remota e sufficiente? Ciò significa che se tutte le anime fossero fedeli
ad evitare, come devono, il peccato non solo mortale ma anche veniale, se
fossero, ciascuna nella sua condizione, generalmente docili allo Spirito Santo,
e se vivessero abbastanza a lungo, verrebbe un giorno in cui esse riceverebbero
la vocazione prossima ed efficace ad un'alta perfezione e alla vita mistica propriamente
detta. Esse ne hanno infatti ricevuto il :
principio radicale. Prima di quel
giorno si può dire
•puramente e semplicemente ch'esse
non vi sono ancora chiamate, come degl'infedeli, che non udirono mai la
predicazione del Vangelo, si dice ch'essi non sono ancora individualmente
chiamati alla vita cristiana, benché vi sia una vocazione generale dei pagani
alla vita cristiana, come all'unica • via della salute voluta da Dio per tutti
gli uomini 12.
Molte anime non si svilupperanno
abbastanza spiritualmente da essere disposte come conviene alla vita mistica.
Questo soprattutto per difetto d'umiltà, di purezza di cuore, di semplicità di
sguardo, di raccoglimento, di generosità; oppure perché troppo, inclinate per
natura ad esteriorizzarsi, o perché assorbite nello studio o nelle cure
d'amministrazione,
.esse non hanno abbastanza
l'amore dell'orazione silenziosa e profonda che conduce all'unione. Oom'è
soccorsi
sufficienti, sufficienti almeno In modo remoto, secondo le condizioni di
ciascuno. Così la grazia sufficiente 'prossima per pregare è una grazia sufficiente
remota per far, l'opera salutare in vista della quale si prega; e se non si
resiste a questa grazia sufficiente remota, gì riceverà la grazia sufficiente
•prossima per ben agire; e se non si resiste a quest'ultima, si riceverà
la grazia efficace, che ci farà compire l'opera salutare. Ct. billuabt, de Deo, diss. 7, a. 8.
Questa dottrina si applica anche agli infedeli e ai peccatori induriti.
"
S. tommaso, I Sent., q.
41, a. 2, ad 3: « Vocatio semper est tempo-ralis, quia ponit adductionem
guamdam ad allquid... Est quaedam vo-catio temporalls ad gratiam, cui respondet
et electio temporalis et aeterna ; naee autem vocatio est vel int.erior per
inrusionem gratiae, vel exterior per vocem praedicationis. »
420 PERFEZIONE CB1STIANA E CONTEMPLAZIONE
facile indugiarsi per via e
vivere solo alla superficie di se stesso! Spesso finalmente mancherà a queste
.anime una buona direziono, o un ambiente propizio. Esse non saranno chiamate
alla vita mistica in modo prossimo.
Può darsi che alcune fra loro,
sebbene generose, per mancanza di certe condizioni che non dipendono dalla loro
volontà, non arriverebbero alla vita mistica se. non dopo un tempo più lungo
della durata ordinaria della nostra esistenza quaggiù 13.
Altre, generalmente più avanzate,
vi saranno chiamate in modo prossimo e sufficiente, ma non tutte
risponderanno a questa chiamata; parecchie si sco-* raggiranno fin dai primi
passi nella notte oscura;
queste ultime sono numerosissime,
e spesso, dice San Giovanni della Croce, esse sono mal dirette dalla loro guida
spirituale in questo passo difficile u.
Altre saranno chiamate in modo prossimo
ed efficace alla vita mistica, ma non ne oltrepasseranno i gradi inferiori
per mancanza di generosità o di dirczione. Come dice la parabola del
seminatore, vi sono delle buone anime che danno il trenta per uno; ma questo
non è il sommo dello sviluppo normale; altre danno il sessanta per uno.
Altre finalmente daranno il cento
per uno;, queste
"
Con ciò si spiegano parecchie restrizioni del Verniero, di S. Teresa, di
S. Giovanni della Croce, al principio della chiamata generale; esse contemplano
casi individuali, a motivo di ostacoli speciali.
14 Viva Fiamma, str. Ili, vers. 3, § i,
.trad. Hoornaert, p. 291, secondo l'edizione critica : Questi direttori «
ignorando le vie spirituali e ciò ohe le caratterizza, allontanano le anime
dalle delicate mansioni onde lo Spirito Santo le prepara all'unione divina. Si
contentano di prescriver loro delle ricette spregevoli, ch'essi inventarono o
trovarono qua e là leggendo a casaccio, e che convengono appena ai
principianti... e si ostinano — anche se il desiderio di Dio si manifesti
formale — a non lasciar passare le anime oltre ai loro principii e metodi ohe
non conoscono se non il discorsivo e l'immaginario. Divieto alle anime di
varcare i limiti della capacità naturale, e quanto è povero il frutto ch'essi
ne ritraggono ! '
LA
CHIAMATA .ALLA CONTEMPLAZIONE
421
saranno chiamate in modo prossimo
ed efficace ai gradi superiori della vita mistica, all'unione trasformante; e
da ciò nói vedremo ch'esse vi erano predestinate. • .
^Molti sono .chiamati, e pochi
eletti», nota S. Te-• resa a proposito della V Mansione, e. i; e noi dobbiamo
aspirare umilmente a far parte di questa classe scelta. Siccome è di fede,
contro, i giansenisti, che colui che non opera la sua salute, può operarla
mediante la grazia sufficiente che gli è data, così bisogna dire altresì:
l'adulto che, dopo aver trascurato molte grazie, non giunge se non ad un grado
inferiore di gloria in cielo, poteva, senza esservi predestinato,
arrivare più in alto, e vi 'sarebbe pervenuto, se fosse 'stato più fedele 16.
Solò i santi, dopo avere generosamente impiegato il tempo della prova,
arrivano alla pienezza dell'età perfetta, senza però essere tutti dei
grandissimi santi. Nell'unione trasformante, che è quaggiù l'età della santità,
vi sono certo molti gradi inferiori a quello che conobbero S. Paolo e S. Giovanni.
Così, in una foresta, molte querce -raggiungono tutta la loro grandezza
normale, si sollevano sopra molte altre meno bene sviluppate, senza però giungere
all'altezza di certe querce gigantesche, veramente eccezionali.
Con ciò si spiega un testo
controverso di S. Oio-vanni della Croce: Notte oscura, 1. I, e. 9, fine.
Ivi egli ricorda anzitutto il principio generale che spesso abbiamo veduto da
lui espresso più sopra: «Una volta che l'anima è entrata nella purificazione
(passiva dei sensi), l'impotenza di discorrere non fa che aumentare..., :e
l'anima finirà con abbandonare (nell'orazione) ogni operazione sensitiva, sé
élla deve veramente progredire (si es cjue han de ir addante) ».
ls Su questo punto vedasi' g. itbancesoo Di sales,, Amar
di Dio,
422 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Poi aggiunge: «Per quelli che non
vanno per la via della contemplazione (porque los que non van 'por camino de
contemplacion), la cosa è diversa; per essi la notte dei sensi è spesso
interrotta. Tratto tratto essa si fa sentire e scompare, in certi momenti la
meditazione discorsiva è impossibile e in altri essa ' diventa facile. Dio
allora non li tiene in questa via se. non per provarli e per umiliarli, per
riformare il loro appetito, a fine di distoglierli da una ghiottoneria viziosa
in materia spirituale, e non con l'intenzione di condurli nella via dello
spirito, che è quella della contemplazione propriamente detta. Dio, infatti, non
solleva le a questa contemplazione tutti quelli che desiderano
di raggiungerla seguendo la via dello spirito; non ne prende neppure la metà.
Perché? Egli solo lo sa. Questi ultimi che Dio non solleva alla contemplazione
propriamente detta non finiscono di svezzare il senso in modo da abbandonare le
considerazioni:® i ragionamenti, e non hanno questa grazia se non ad
intermittenza, come abbiamo detto ».
Questo testo non nega la chiamata
generale remota delle anime in stato di grazia alla vita mistica, nega solo per
parecchi la chiamata individuale prossima ed efficace alla perfezione di
siffatta vita. Le buone anime di cui egli ha parlato in questo testo sono
quelle che, secondo la parabola del seminatore, danno il trenta per uno. Non è
il sommo dello sviluppo normale della vita della grazia; altri daranno il
sessanta ed anche il cento per uno, dice la parabola.
S. Giovanni della Croce non dice
che le anime di cui parla, senza essere chiamate in modo prossimo ai gradi
superiori della vita mistica, siano chiamate ad un'alta .perfezione. Anzi
insegna il contrario;
per lui, non si può raggiungere
l'alta perfezione senza
"
S. giovansi bèlla croce dice
bene: «Dio non solleva i (.lleva), e non : « Dio non chiama r. Vt sono
molti chiamati, e pochi eletti.
-LA CHIAMATA AI.LA CONTEMPIiAZIONE 423
attraversare la notte dei sensi
ed anche quella dello spirito (Notte, I, e. 3, e. 14; II, e. 1).
E se gli si domanda: Perché Dio
non eleva alla contemplazione propriamente detta tutti quelli che desiderano di
raggiungerla seguendo la via dello spirito? Perché non ne prende nemmeno la
metà? egli non risponde, come gli fanno dire certi commentatori:
La contemplazione propriamente
detta è per sé straordinaria, e supera la sommità della vita normale. Risponde
tuffali'opposto : Dio solo lo sa. Così S. Agostino, a proposito del
testo: «Vi sono molti chiamati, e pochi eletti», osserva: «Perché Dio trae
questo, e non trae quello? non cercare di saperlo, se vuoi evitare l'errore » 17.
È il mistero della predestinazione 18, di cui lo stesso S. Giovanni
della Croce dice: « È vero che le anime, qualunque sia la loro capacità,
possono aver raggiunta l'unione, ma non tutte la possiedono nel medesimo grado.
Dio dispone liberamente di questo grado, come dispone liberamente del grado
della visione beatifica» (Salita, II, e. 4). In questo San (xiovanni
della Croce parla come il Taulero 19, il Blosio, il Euysbroeck e gli
altri grandi mistici.
Finalmente San Giovanni della Croce
in Viva Fiamma, 261 str., vers. 5, si espresse più chiaro,
di-, cendo: « Qui bisogna spiegare perché siano così pochi quelli che
pervengono a quest'alto stato di perfezione e unione con. Dio. Non è certo
che Dio voglia limitare questa grazia a un piccolo gruppo d'anime superiori, anzi
è suo desiderio che quest'alta perfezione sìa comune a tutti; quello
ch'egli troppo sovente cerca invano sono vasi capaci di contenere una tale per-
"
« Quare lume trahat, et illuni non trahat, noli Telle dijudicare, si non vis
errare. » (Super Joann., tr. 26). S. Tommaso cita questo testo o dice la stessa
cosa,I, q. 23, a. 5, ad. 3.
18 In questo modo il P. Lamballe spiega molto bene questo
testo di S. Giovanni della Croce nel suo libro La Oontemplation, p. 70,
72. • " Ct. infra, o. VI, a. V: L'accordo dei Maestri, pag. 594.
424 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
tezione. Egli manda lievi
prove ad un'anima, ed ella si mostra debole, sfuggendo tosto ogni
sofferenza... che. ha per scopo di dirozzarla e d'ingentilirla. Per cró Dio non
continua a purificare tali anime, è a trarle dalla polvere" terrena
mortificandole... O anime che sognate di camminare tranquille e consolate
nelle vie spirituali, se sapeste quanto è per voi importante l'esser provate
per conseguire siffatta sicurezza e consolazione!». Vedasi Cantico
spirituale, IV, str. 39, v. 1 (trad. Hoorn., 2a ed., p. 2'33), dopo la
descrizione dell'unione trasformante: «O anime create per glorie tali... a che
pensate voi?. Di che vi occupate? Che triste accecamento- è il vostro 1 Voi
chiudete gli occhi alla più fulgida luce e non 'udite le voci potenti che vi
sollecitano 1 ».
'
Già nell'ordine naturale, neppure
la metà degli uomini arriva a disciplinare le proprie passioni, quantunque
tutti siano a ciò chiamati per la loro stessa natura di esseri ragionevoli.
Parimenti, fra. quelli che per lunghi anni studiano una scienza, le
matematiche, il diritto, la medicina, neppure la metà arriva ad averne una
cognizione profonda; non solo gl'inventori o i genii straordinari sono rari, ma
neppure son numerosi quelli che, senza inventar nulla, s'assimilano in modo
superiore l'acquisto d^una scienza. Così nell'ordine della vita della grazia
nemmeno la metà delle anime interiori sono sollevate alla vetta dello sviluppo
normale della vita soprannaturale: è un manip.o|k) eletto. «Vi sono molti
chiamati, e pochi eletti»,; pOJBQ spesso dice a questo proposito S. Te-l..resa;
ma noi dobbiamo umilmente desiderare di far parte di questo fior fiore, come dobbiamo
desiderare ' di 'crescere nella carità, senza mettere un limite al suo
progresso.
La dottrina secondo la quale
tutte le anime in stato di grazia hanno i soccorsi sufficienti e remoti per ar-
_
LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
425-
rivare alla vita mistica, non
offre difficoltà ' maggiori di quell'altra che pure e certa, cioè che tutti'
gli uomini, compresi gl'infedeli e i peccatori induriti, hanno non solo in
generale, ma anche in particolare, i soccorsi sufficienti, per operare la loro
salute . - .
.
Esamineremo ora le principali
obiezioni che si possono fare, parlando delle condizioni
ordinariamente-richieste dalla contemplazione.
426 PERFEZIONE .CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
articolo IV.
Condizioni ordinariamente
richieste alla contemplazione infusa.
Esame delle principali difficoltà relative alla: chiamata generale.
Abbiamo esposte le ragioni che ci
fanno ammettere una chiamata generale e remota alla vita mistica
per tutte le anime in stato di grazia, benché questa
•chiamata non diventi individuale
e prossima se non
•quando si possono risoontrare i
tré segni classici dell'inizio della vita mistica, spiegati da S. Giovanni--
•della Croce. Questa chiamata
individuale prossima, abbiamo aggiunto, resta sufficiente e inefficace
in quelli che vi resistono; negli altri invece è efficace,
•e in due modi, sia che
conduca solo ai gradi inferiori della vita mistica, .sia che conduca più in
alto
•e fino all'unione trasformante,
sommità dello sviluppo normale della vita inferiore.
Le tré ragioni principali che
abbiamo invocato per affermare la chiamata generale e remota sono: 1° II
principio radicale della vita misticai è il medesimo che quello della vita
inferiore comune; cioè la grazia delle virtù e dei doni; 2° Nel progresso
della vita inferiore, la purificazione dell'anima non può essere completa se
non mediante le purificazioni passive, che sono
•d'ordine mistico; 3° La vita
mistica è il preludio normale della visione beatifica, fine della vita della
grazia.
Questa dottrina, non occorre
dirlo, suppone quella
•che abbiamo spiegato più.
sopra 1 intorno alla grazia
'O.
II, art.III'e IV, pag. 77 e 91.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 427
sufficiente e alla grazia
efficace, e che abbiamo riassunta con queste parole magistrali di Bossuet: «Impariamo
a soggiogare la nostra intelligenza davanti all'oscurità divina di questo gran
mistero per confessare due grazie, di cui l'una (la sufficiente) lascia la
volontà senza scusa davanti a Dio, e l'altra (l'efficace) non le permette di
gloriarsi in se stessa » 2.
Deve forse recar maraviglia che
la tesi tradizionale della chiamata generale e remota di tutte le anime giuste
alla vita mistica incontri oscurità o difficoltà? Queste difficoltà non sono maggiori
di quelle che furono sollevate contro la dottrina comunemente insegnata nella
Chiesa circa la salute offerta e possibile a tutti gli uomini che hanno l'uso
della ragione, anche a quelli che non poterono udire la predicazione del
Vangelo; tutti ricevono la grazia sufficiente (almeno remota) ;per giungere
alla vita eterna. , .
Se è così, e se la vita mistica è
il preludio di quella dell'eternità, perché non ammettere 'la chiamata generale
e remota che difendiamo qui?
Vediamo le principali difficoltà
che solleva.
Fu obiettato : 1° Anche
ammettendo i principii di @. Tommaso relativi all'aumento della grazia delle
virtù e dei doni, se si guardano le cose non in astratto,, ma in concreto, si
vede che le condizioni della vita mistica mancano generalmente alle anime
cristiane, e ciò senza colpa loro. 2° Non bisogna neppure .dimenticare che
certe anime ricevettero solo uno o due talenti, e non cinque. 3° Finalmente la
dottrina della chiamata generale, anche remota, sembra di natura tale da
spingere gli uni alla presunzione e all'illusione, e gli altri allo
scoraggiamento. Esaminiamo questi varii punti.
2 bossuet, QSuwes
completes, Paria, 1815, t, I. p. 613 (opusc.), e indice generale delle
opere di Bossuet, alla parola Ordce (resistenza alla grazia).
428 PERFEZIONE OBISTIANA E COBTTEMPLAZIONE
' Riserviamo all'ultimo òapitolo di quest'opera l'esame d'altre
obiezioni di carattere più teorico, relative alla portata stessa dei principii
di S. Tom-maso in materia mistica.
§ I.
Le principali condizioni, ordinariamente richieste alla vita mistica, mancano forse generaijnente atte anime inferiori generose ?
Per arrivare alla contemplazione
mistica, vi sono, ci si dice, delle condizioni inattuabili per la maggior parte
delle anime, per generose che siano. Ci vuole un ambiente speciale come la
Certosa o il Oarmelo, dove regna abitualmente il silenzio, la solitudine,
lunghe ore di preghiera. In mancanza di questo ambiente, ci vuole un
temperamento speciale che inclini al raccoglimento, all'orazione prolungata.
Finalmente ci vuole una direziono appropriata, che orienti sempre più l'anima
verso la vita contemplativa. Ora queste condizioni mancano generalmente alla
maggior parte delle anime inferiori generose, che sono trattenute nel mondo, o
a quelle che entrate in religione si trovano in Ordini attivi o anche in Ordini
misti. Le cure d'amministrazione, nei superiori, le necessità del lavoro
intellettuale, nel sacerdote dedito all'insegnamento, s'oppongono altresì allo
sbocciare della vita mistica propriamente detta, anche nelle anime inferiori
gelosissime dei loro doveri.
A ciò risponderemo : 1° -anche se
le condizioni suddette, difficilmente attuabili per molti, fossero
ne-cessariè, non bisognerebbe concluderne: La vita mistica non è la vetta
normale dello sviluppo della vita della grazia. Bisognerebbe dire soltanto: Per
LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 429
raggiungere questa vetta
ci vogliono delle condizioni molto difficili ad attuarsi nel mondo o anche in
una vita religiosa che non sia ferventissima; come il cedro non raggiunge il
sommo del suo sviluppo normale se. non in un certo clima e in un certo
terreno.
2° Di più le. condizioni
enumerate, pur essendo assai utili, non sono le principali. Certo noi riconosciamo
che l'ambiente esterno ha la sua. importanza, e che vi sono pure dei
temperamenti calmi molto .più disposti alla vita conteimplativa di certi temperamenti
inquieti e agitati 3. Può anche: darsi, come abbiamo detto, che fra
questi ultimi,, anche con una generosità molto grande, certi non arriverebbero
alla vita mistica se non dopo un tempo più lungo della durata ordinaria
dell'esistenza .quaggiù. Finalmente è certo che spessissimo una cattiva
dirczione lascia vegetare le anime o le distoglie dalla contemplazione infusa,
laddove un'altra le orienterebbe nettamente in questo senso.
Ma queste condizioni, per quanto
importanti, restano abbastanza esteriori in confronto d'altre che sono le
principali. Qui ancora avviene come per la salute, possibile a tutti gli adulti
di coscienza, anche a quelli che non nacquero in un ambiente cristiano, che
hanno forti inclinazioni al male, e che non poterono udire la predicazione
evangelica; se questi fanno generalmente quello che la coscienza loro detta,
saranno misteriosamente condotti, di grazia in grazia e di fedeltà in fedeltà,
alla vita eterna.
. Prima di tutto, per avanzare
nella vita spirituale
'
S. tommaso
(II-II, a. 182, a. i, ad 3) osserva: «Certi per l'impetuosità
delle loro passioni sono più atti alla vita attiva..., altri per natura stessa
sono calmi e hanno una purezza di onore che li rende più atti alla
contemplazione... I primi ooll'eseroizio della vita attiva possono dispersi
alla contemplazione, e i secondi, accettando generosamente di dedicarsi a
qualche esercizio della vita attiva, possono rendersi più atti alla contemplazione.
» Cosicché tutti vi devono tendere come al preludio normale della vita del
ciclo.
430 PEKFEZIOSE OEÌ8'riAHA E CONTEMPIiAZIONB
e disporsi alla grazia 'della contemplazione/bisogna
fare il miglior uso che si può dei grandi mezzi che la CMesa da a tutti.
La pratica assidua dei sacramenti, l'assistenza quotidiana alla santa messa,
la comunione frequente, l'amore dell'Eucaristia, la di? vozione allo Spirito
Santo, il ricorso filiale e incessante al S. Cuore .di Gesù t
e alla SS. Vergine, da cui ci viene ogni grazia, ci sono evidentemente necessari. ',
La contemplazione è uno dei
frutti della vera divozione a Maria, come spiega il Beato Grignìon di Montfort
5. Senza un grand'amore per Maria, dice egli, non si giunge se non
con grandissima difficoltà all'unione a D'io, «bisogna passare per notti
oscure, per combattimenti, per agonie strane, per spine pun-gentissime e
.attraverso a deserti spaventosi. Ma per la via di Maria si passa più
dolcemente e più tranquillamente. Vi si trovano bensì delle croci, delle
grandi difficoltà da vincere, ma la nostra Madre s'accosta così da vicino a'
suoi fedeli servitori,... che in verità questa via verginale è una via di rose,
nonostante le spine». Essa ci conduce così più facilmente e più sicuramente
all'unione divina. Maria, cosa maravigliosal rende la Croce più facile, e più
meritoria nel medesimo tempo: più facile, perché ci sostiene colla sua
mansuetudine, più meritoria perché ci ottiene maggior carità, che è il
principio del me-- rito, e perche offrendo i nostri atti a nostro Signore ne
aumenta il valore. Ella stessa colla sua carità sovreminente .meritava più
compiendo gli atti più facili che tutti i martiri insieme nel loro supplizio.
Per disporsi alla grazia della
contemplazione, un
*
Conviene unire sempre più strettamente la divozione al SS. Sacramento e quella
del S. Cuore in quella del Cuore eucaristico dt Gesù, per rendere grazie
a nostro Signore dell'atto di dilezione suprema per cui ci diede
l'Eucaristia: " In nnem dilexit eos. »
6 Trattato della vera divozione a Maria, o. IV, a. 5.
•LA. CHIAMATA
AL-LA CONTEMPLAZIONE 431
altro gran mezzo alla portata di
tutte le anime inferiori si trova nella liturgia, in un'unione sempre
più intima colla grande preghiera della Chiesa: «Le grazie-d'orazione e gli
stati mistici hanno il loro tipo e la loro sorgente nella vita ieratica della
Chiesa, sono» una rifrazione nelle membra dell'immagine di Cristo-' che è perfetta
nel Corpo » 6. La preghiera liturgica. detta con raccoglimento, in
unione con nostro Signore e col suo corpo mistico, ci ottiene i santi lumi ed
ispirazioni che rischiarano e infiammano il cuore^ Ond'è conveniente. far
orazione dopo la salmodia che vi ci dispone, come dopo la santa messa e la
comunione conviene prolungare il ringraziamento, e-dargli un'ora se è
possibile.
Finalmente la lettura frequente
della S. Scrittura.,. lo studio della Dottrina sacra fatto in modo
veramente-soprannaturale, è ancora un mezzo'eccellente che dispone l'anima
alla contemplazione.' Così dicevano comunemente gli antichi 7, la lectio
divina mediante-un pio studio {studium) conduce alla meditazione (me-ditatto),
poi alla preghiera (oratio) e finalmente alla» contemplazione {oontemplatio)
8.
. * * *
Ma, non occorre dirlo, per fare
un buon uso dei grandi mezzi che la Chiesa propone a tutti, ci vogliono certe disposizioni
inferiori. E. sono esse che? costituiscono le condizioni principali
di solito richieste per la vita mistica 9. .Esse
accompagnano-generalmente la chiamata individuale prossima alla.
8 P. cl-ekissac,
0.~P.,Le Mvstèredel'EgUse,p:Ì02. , ' Cf. S. benedetto, Regola, o. xlviii. , 8 II-II, q.
180, a. 3.
' Base
però non sono sempre richieste, pèrche a volte la contemplazione mistica è
concessa ad anime ancora assai imperfètte.
432 PERFEZIONE GBISTIANA E COSTEM.PIiA.ZIO'NE
•contemplazione di cui abbiamo parlato
sopra; e nelle anime molto generose possono supplire alle condi-
• aloni esterne, se queste ultime
sono inattuabili.
Quali sono ? Gli autori,
spirituali le riducono molto sovente a cinque: 1° una gran purezza di cuore, 2o
la semplicità dello spirito, 3° un'umiltà già profonda, 4" l'amore del
raccoglimento e la perseveranza nell'orazione, 5° una fervente carità 10.
. Chi può dire : Io non posso
avere queste disposizioni interiori, esse sono superiori alle. mie forze e alle
.grazie che mi: sono offerte? S. G-irolamo scrive:
«Qualcuno può ben dirmi: Non
posso digiunare; ma può egli dire: Non posso amare? TJn altro può dire:
Non posso conservare la
verginità, ne vendere tutta la mia roba per darne il prezzo ai poveri ; ma può
«egli dire: Non posso amare i miei nemici?... Basta rientrare nel proprio
cuore,... perche non è in lontane regioni che si trova quello che Dio domanda
da .noi» (1. I Comm,. in Matth., e. 5).
All'opposto, per poco che uno
s'abbandoni alla negligenza, oh 1 • quanto è facile mancare -alle condizioni
inferiori che abbiamo enumerate!
La purezza del cuore, di
cui parla nostro Signore, quando dice: «Beati i puri di cuore, perche vedranno
Dio», è il fr'utto della mortificazione esterna e interna.
•Questo costa assai, è vero;
bisogna non avere alcuna affezione al peccato, non si devono più .risparmiare i
proprii difetti, ne fare la pace con essi. Bisogna «entrare nella via stretta
che conduce alla vera vita,
•e si comprendono più che mai
quelle parole: «Molti ' sono chiamati, e pochi sono eletti». Bisogna anche
,'esser pronti a passare per il fuoco della sofferenza, perché la purezza del
cuore deve crescere, insieme
•colla contemplazione, mediante
le prove purifìcatrici
"
filippo bella S. trinità., O, C. D., Swwma Theologiae
mysHcae, ultima ecliz,, t. II, p. 305. .
LA
CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE
433
ctie Dio non manca di
mandare a quelli che' desi-, derano umilmente e ardentemente la sua divina intimità.
Egli è geloso, come dice la Scrittura, toglie le persone e le cose a cui
l'anima s'attaccherebbe, e la. fa passare per un duro crogiolo per spogliarla
di tutte le sue scorie. Quando, le inclinazioni disordinate, le turbolenze
della sensualità, dell'egoismo, del-l'amor proprio, dell'orgoglio intellettuale
e spirituale, sono scomparse, il, cuore purificato è come un limpido specchio
in cui si riflette la bellezza di Dio. Ora chi può dire: Io non posso avere il
cuor puro?
La semplicità dello spirito
nasce da questa purezza del cuore, e, com'essa, dev'essere vivamente desiderata
da 'tutti. La Scrittura ne parla sovente: «II Signore parla colle anime
semplici » 11 ; « Se il tuo occhio e, semplice, tutto il tuo corpo
sarà, illuminato » la; « Siate prudenti come i serpenti, e
semplici come le colombe» 13. Senza questa condizione, è
impossibile avere in un alto grado la sapienza, •che s'impara da Dio senza
secondi fini, «q.uam sine fìctione didici » 14'.
Questa semplicità di spirito non
consiste evidentemente nel dire a vanvera tutto ciò che ci passa per la mente
e per il cuore, a rischio di contradi^ci da oggi a domani, quando fossero
mutate le circostanze e le impressioni. Questo, nonostante certe apparenze, è
tutto l'opposto della semplicità, è la confusione, il disordine, l'incoerenza
e la divagazione.. La semplicità di cui parliamo, partecipazione di quella di
Dio, consiste già nel vedere in Lui tutte le cose, tutti gli avvenimenti
prosperi o avversi, tutte le persone, amiche o nemiche, tutto quello che noi
abbiamo da fare di piacevole o di penoso. Da ciò nasce una grande unità di
spirito, si vedono dall'alto tutte le
"
Prov., m, 32.
" matth., X, 16.
" m;atth., iv, 22. " gap., VII, 13.
28 — Perfezione e Contemplasione.
434 PERFEZIONE CEISTIAIIA E CONTEMPLAZIONE
cose come volute o almeno
permesse da Dio per la.' sua gloria e per quella de' suoi eletti. Ora è chiaro
che noi tutti dobbiamo : aspirare a quest'unità e sem-' plicità superiore dello
spirito.; essa suppone che il dono della sua sapienza sia già sviluppato in
noi, e l'anima che la possiede non solo in certe ore, ma. abitualmente, sia
assai vicina alla contemplazione mistica, se pure già non l'ha. . '
Questa semplicità si manifesta
mediante una gran rettitudine di vita; sotto questo aspetto S. Tommaso ne parla
a proposito della virtù della verità ossia veracità opposta alla menzogna. «La
semplicità, dice egli, è opposta alla doppiezza, per cui uno si mostra diverso
da quello che è internamente ». È una perfetta. dirittura, ed anche un certo
candore, nel senso buono della parola, che c'inclina a confessare assai facilmente
i nostri ^ difetti, perché non cessiamo di vedere l'unico .necessario al
disopra di tutto. L'avere generalmente nelle nostre relazioni coi nostri
simili la semplicità della colomba e, quello che è più, saperla conciliare,
senza diminuirla, colla prudenza del serpente, è un essere già assai
illuminato dalla luce. della divina sapienza, ed è una disposizione prossima,
alla contemplazione mistica. Ora chi può dire che questa semplicità superiore
non sia generalmente alla portata delle anime generose?
•L'umiltà del cuore, al
pari delle precedenti disposizioni, non è cosa inaccessibile, ed anch'essa
nasce da loro, alla vista della distanza che separa l'infinita. perfezione
di'Dio dal nulla della creatura, incapace per sé sola di esistere, di operare,
di dirigersi come si deve. Colui che ha questa virtù in un grado già elevato,
<;olui che è lieto di .riconoscere il suo nulla e la sua abiezione davanti a
Dio, colui che brama d'essere nulla perche Dio sia tutto, colui che ama
d'umiliarsi davanti a ciò che vi è di divino in ogni altra anima, questi è
disposto alla grazia della.
•LA. CHIAMATA ALLA
CONTEMPLAZIONE 435
contemplazione. «O Padre, disse nostro
Signore, ti ringrazio d'aver nascosto queste cose ai prudenti e ai sapienti e
d'averle rivelate ai piccoli» 15. «Se non diventerete come bambini,
non entrerete nel regno de' cieli» 16; ma se voi diventate bambini.,
vi entrerete, ed è per mezzo della contemplazione che vi si entra in modo quasi
sperimentale fin di quaggiù. «Prendete il mio giogo e ricevete la .mia
dottrina, perché io sono mansueto ed umile di .cuore, e trove-,;
rete il riposo delle anime vostre
» 17 ; questo riposo dell'anima si trova soprattutto nella
contemplazione amante. «Dio resiste ai superbi e da la grazia agli umili» 18,
e li fa umili per ricolmarli. Quest'umiltà dispone alla contemplazione, perché
essa canta già la gloria di Dio. Se vi sono pochi contemplativi, dice l'Imitazione,
è specialmente perché vi sono poche anime profondamente umili. Per ricevere la
grazia della contemplazione, bisogna generalmente aver fatto un atto profondo
di vera umiltà, un atto che ha la sua ripercussione sopra tutta la vita. Quando
un'anima ha riconosciuto spesso e praticamente che tutta la sua esistenza
dipende assolutamente da Dio, ch'ella non sussiste se non per mezzo di Lui, che
non agisce bene se non colla sua grazia, la quale opera in noi il volere e il
fare, ch'ella non si dirige bene se non mediante là sua luce, ch'ella di per sé
spessissimo non ha fatto altro che peccare, che è una serva inutile e
spregevole, allora arriva generalmente a ricevere la grazia di cui noi
parliamo.
L'amore del raccoglimento, la
fedeltà alla grazia del momento presente e la perseveranza nell'orazione
sono ancora disposizioni che non potrebbero mancare alle anime veramente
generose. Certo qui bisogna saper reagire contro l'agitazione di ciò che oggidì
si chiama
"
matte., xi,
25. " matth., XI, 29. " matth., xvin, 3. " jac.. iv,
6.
436 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
spesso vita intensa. Non è, vita,
ina una febbre, una
.malattia che dispone alla morte;
è il materialismo in azione, • che, dopo essersi sviato da Dio e dalla vera
'vita dello spirito, ne cerca
l'equivalente nell'ordine delle cose materiali, moltiplicandole quanto più è
possibile, e rendendo sempre più intensa l'attività che vi si spende sovente in
pura perdita. Si ha un bei moltipllcare il finito , e .voler percorrerlo tutto
ciuanto in una corsa pazza, ma esso non sarà mai l'equivalente dell'Infinito.
Agli occhi del vero contemplativo, questi partigiani della vita intensa devono
apparire come cadaveri ambulanti, come morti i quali sembrano correre, secondo
il ritornello della ballata: « urrà, urrà, i morti vanno all'impazzata...
». ... , •.,.',
«Bisogna forse maravigliarsi del
.deperimento della fede, dice un recente traduttore del Taulero, quando non si
ha più il tempo di pensarvi? Il materiale ha soffocato lo spirituale, Eppure,
siccome vi è sempre nel cuore dell'uomo il desiderio di Dio e il suo destino
non, è cambiato, regna oggi più che mai un malessere indefinibile, le anime
muoiono e soffrono del desiderio incosciente e della sete dell'Infinito» 19.
Questo disagio deve per reazione suscitare molte vocazioni contemplative. Ciò è
importante per la. dottrina qui esposta, cioè che un cattivo ambiente
provoca nei buoni una reazione' salutare. :
II materialismo in azione
s'estende, purtroppo ! alle cose dello spirito e a molte anime impedisce di
credere che sono chiamate alla contemplazione,;- le distoglie dal raccoglimento
e dalla perseveranza .nell'orazione. Difatti, anche circa le cose sacre vi è
una scienza materializzata, una scienza a peso, che, in vece d'un giudizio
dottrinale fondato sui principii,
"
Ot. (Euvres de Tauler, tradotte dal P. Noel, O. P.,t. IV, p. 215-216
(nota del Traduttore).
A
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
437
ci fornisce un cumulo
d'informazioni materiali, spesso inutili, che non si arriva a ordinare e a
classificare. Pare che quanto più ce n'entra tanto più la scienza cresca, e in
realtà questa moltip licita del tutto ma-'teriale -ci allontana
dall'unificazione del sapere, da quella veduta superiore d'insieme, che merita
il nome di sapienza e quello di contemplazione, quando sia accompagnata
dall'amor di Dio. ,
• .È certo che se si vuole
studiare il presente problema della chiamata generale 'delle anime alla vita
mistica secondo isoli metodi di questa scienza materializzata, non. si verrà
mai. a capo d'una soluzione dottrinale, si dichiarerà che non si può concludere,
e questo scetticismo non sarà certamente una superiorità. La cosa sarà affatto
diversa se si studia questo problema alla luce della sapienza teologica, nelle
opere dei Maestri, dei grandi, ed anche alla luce del dono della sapienza,
poiché è di esso specialmente che si tratta nella presente questione.
Qui circa i pericoli d'uno studio
tutto materializzato, per un'anima religiosa che dovrebbe aspirare alla
contemplazione, giova assai ricordare l'insegnamento del Taulero. Parlando
anche dei religiosi, egli osserva che certuni sono come cisterne, che ricevono
soltanto l'acqua dei tetti, e non quella che viene dalla sorgente d'acqua viva.
Nessuna vita inferiore, tutto e all'esterno, donde nasce l'orgoglio. Son
cisterne, dice egli, cedesti intellettuali infatuati di sé, della loro
intelligenza tutta nutrita dalle immagini delle creature; tutto questo non
regge alle. prove e sarà 'confuso in punto di morte 20.
. Spiegando altrove la parabola
degl'invitati che non vollero venire al banchetto del: padre di famiglia,
"
Vedasi tacleeo, Primo Sermone
sopra l'Ascensione, ed. Noel, t. II, p. 401. '
438 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
egli dice: « Ohi chi potrebbe ai
giorni nostri contare gli uomini che agiscono così?...: Non si vede che gente
preoccupata de' suoi affari, e non parlo solo dei secolari, ma anche degli
ecclesiastici e dei religiosi. Quanti negozi, e innumerevoli occupazioni distraggono
e assorbono continuamente il mondo! Quando:
vi si pensa, vengono davvero le
vertigini! Siamo circondati da tante cose diverse... Certamente basterebbe la
decima parte di tutto questo, perché infine il tempo che passiamo quaggiù è
così breve, così incerto .1 Dovremmo rammentarci che questa vita è solo un passaggio
alla eternità, e allora noi faremmo un uso moderato delle cose temporali e ci
contenteremmo del necessario alla vita. Che dico? Sarebbe meglio morir di fame,
in mezzo alla strada, piuttosto che lasciarci ingombrare e crocifiggere da così
innumerevoli occupazioni » 21. -,....
Il Taulero parla qui, non
certamente del lavoro apostolico che è l'irradiamento della vita inferiore, ma
d'innumerevoli occupazioni inutili o per lo meno non santificate. E se
quello ch'egli; scrive era vero del suo tempo, che dire del nostro? .Non reca
mara-viglia che in simili condizioni, sia scarso il numero delle anime che
arrivano alla contemplazione. Ma queste condizioni sono il disordine stesso,
che distoglie dal raccoglimento e dall'orazione necessaria ad ogni vita
inferiore. Allora si capisce pur troppo perché nostro Signore, alla fine della
parabola degli invitati, disse : « Molti sono chiamati, e pochi sono eletti».
All'opposto, in una vita
cristiana normale, anche nel mondo, non succede così; le anime generose, senza
troppe difficoltà, giungono, per mezzo della meditazione, a un'orazione affettiva
semplicissima e
21 tauleko, Secondo
Sermone aulla 20" Dom. dopo la SS. Trinità, trad. Noel, t. IV, p. 215.
LA
CHIAMATA ALLA. CONTEMPLAZIONE
439
spontanea. Ora questa è
un'eccellente disposizione alla, contemplazione mistica o infusa 22.
L'ultima di queste disposizioni è
una fervente carità per Dio e per il prossimo. L'amor di Dio infatti ci
unisce a Lui, e i doni dello Spirito Santo, principii della contemplazione
infusa, essendo connessi colla carità, si sviluppano con essa, come abbiamo
detto. « II dono della sapienza in particolare giudica delle cose divine,
mediante una certa connaturalità con •esse, connaturalità fondata sulla carità
che ci unisce a, Dio» 23. Non si concepisce adunque che
un'anima arrivi ad un'alta carità, senza avere un grado proporzionato del dono
della sapienza, come disposizione abituate; ora lo Spirito Santo, ripetiamolo,
ispira e illumina generalmente le anime secondo il grado della loro docilità
abituale. Non solo queste, anime desiderano ardentemente e domandano umilmente
la grazia, della contemplazione, che farà crescere il loro amore e la
loro adorazione, ma esse non possono. trattenersi dal dire: «Dio è così bello,
tutto in Lui merita l'ammirazione fino a dimenticar tutto, per non compiacersi se
non in Lui. Che pena al cuore il vedere quanto poco è Egli conosciuto, quanto
poche anime ammirano la sua infinita grandezza 1 Quanti cristiani l'amerebbero,
se conoscessero sperimentalmente la sua bontà e la sua tenerezza, così diversa
da ciò che generalmente s'intende con questa parolai L'amerebbero fino a
dimenticare totalmente sé stessi e il mondo, per ritrovare tutte le anime in
Lui, come esse sono amate da Lui».
88 I teologi ohe seguono S. Tommaso e S. Giovanni della
Croce non •ammisero mai che la contemplazione detta acquisita sia quaggiù il
termine del progresso spirituale, ma vedono in essa una disposizione prossima
alla contemplazione infusa. Essi si accordano nel dire con Filippo della S.
Trinità, Summa theol. myst., t. II, p. 309 : « Contemplatio acquisita
cum auxilio gratiae comparata, est optima dispositi» ad con-templationem
supernaturalem «.
8' II-II, q, 45, a. 2.
440 PEBtFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Con ciò si spiega come la grazia
della contemplazione infusa è ordinariamente accordata ai perfetti,
come insegnano molti teologi 2t. I perfetti infatti
meritarono in senso stretto (de condigno) un grado elevato del dono
della sapienza, considerato come disposizione abituale, e meritarono almeno in
senso. largo (saltem de congrua) 25 le ispirazióni attuali
superiori proporzionate a questo grado del dono della sapienza 26.
Si vede adunque che le principali
condizioni di solito richieste alla vita mistica non mancano generalmente alle
anime inferiori veramente generose,. anche se sono trattenute nel mondo e non
possono godere il silenzio e la solitudine del chiostro. Ad esempio di S.
Caterina da Siena, esse possono farsi una cella ulterióre nel loro cuore, e
trovarvi Iddio-
§ n.
Ostacoli speciali alla contemplazione.
Quelle anime che non ricevettero
la grazia della contemplazione, dopo aver letto quello che precede, possono
domandarsi: Non. vi è forse qualche impedimento da parte mia?
L'impedimento viene sempre, da un
attacco disor-' dinato, da una proprietà. In molte anime esso è nella volontà, esse
scelgono la' loro via, vogliono andare a Dio con dati mezzi ed esigono per
così dire che D,io
24 Ct. filippo
della S. trinità, O. D., Summa
Theol. mvst., t. II, tr. 3, a. 6, p. 310, e antonujs a spirito sanoto, O. D., valloornera, O. P., ohe dicono esattamente lo stesso, nel
medesimo luogo della loro Teologia Mistica, che segue la divisione di
quella di Filippo.
"
ÌS la medesima espressione dei teologi che abbiamo citato; cf. Filippo,
itiid., p. 311. ,
"
È la principal ragione per cui non possiamo ammettere la tesi recentemente
sostenuta da Mona. Farges e dal Sig. Pourrat, i quali considerano la
contemplazione mistica come straordinaria eli sua natura.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
441
venga da loro in quel dato modo,
fanno molto assegnamento sopra la loro attività propria, non lasciano operare
Dio in loro, e vogliono edificare da sé stesse la loro perfezione. Un non
minore impedimento è volere dirigere quello che non si ha missione di
dirigere, con rischio di opporsi più o meno' coscientemente alla dirczione
superiore dello Spirito Santo. Il volere farsi centro, il volere che il benesta
fatto, ma da noi, o per lo meno dalla nostra. religiosa famiglia, dal nostro
convento a modo nostro,. ecco quello che dispone poco alla
contemplazione che è appunto caratterizzata dalla maniera di Dio. «Ti
ringrazio, o Padre, perché hai nascoste queste cose;
ai prudenti e ai sapienti e le
hai rivelate ai piccoli». Nei più poveri conventini, che non sembrano-avere
alcuna influenza, si trovano alle volte le anime;
più contemplative e più sante.
In altri l'impedimento .è nello
spirito; esse pretendono di analizzar- tutto psicologicamente, di re^
gistrar tutto, per valutare' ,i loro piccoli progressi.. Guardano così sé
stesse, invece di guardare Iddio. Certo la cognizione di sé è sempre
necessaria, .anche-negli stati più elevati ,27, ma questo sguardo
sopra di sé non dev'essere separato dallo sguardo sopra Dio. Il miglior modo.
di esaminarsi non è forse il dire a se stesso con tutta sincerità dal fondo del
cuore: Di tutta questa giornata che cosa resta scritto» nel libro della vita?
Allora sotto la luce divina si compie quello che chiedeva S. Agostino: «Ch'io
conosca voi, o Signore, e conosca me stesso». — «A parer mio, dice S.. Teresa,
noi, non arriveremo mai a. conoscerei bene se non ci .sforziamo di conoscere
Dio, ed è col'contemplare le, sue grandezze che noi
87 S. teresa, Castello,
1 Mansione, o. n, p. 55: « Questo conoscimento» di gè è talmente
necessario, anche alle anime ammesse da,Dio nella sua. propria dimora, che, per
elevate che slano, non devono mai dipartirsene» Del resto, guand'anohe lo
volessero, non lo potrebbero, n
442 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
scopriremo la nostra bassezza...
Se invece mai non usciamo dal fango delle nostre miserie, ne risulteranno
molti inconvenienti... Il conoscimento di noi «tessi devia, e se mai non
usciamo dal nostro proprio fondo, io non ne faccio punto le maraviglie: questo
male si ha da temere ed altri più grandi ancora. Per la qual oosa io dico,
figlie mie, che noi dobbiamo fissare i nostri occhi su Gesù Cristo, nostro
tesoro, e sui santi; è lì che noi impariamo l'umiltà vera. Per questa via,
ripeto, il nostro intelletto si, nobiliterà,
•e il conoscimento di noi stessi
cesserà di renderci timidi e striscianti» 28. .
• .
Fra quelli che si analizzai
troppo, certi lasciano la loro orazione per sapere se essa è ben conforme alle
descrizioni degli autori, e. a qual grado sono pervenuti. Altri si figurano che
basti conoscere esternamente queste cose per viverne, e pretendono di fare da
sé stessi .« lo spogliamente, il vuoto », e si espongono così ad ogni sorta
d'illusioni; confondono una semplice speculazione intellettuale sulla
Deità, superiore alle perfezioni divine che essa contiene nella sua eminenza,
speculazione alla portata d'ogni filosofo, anche in stato di peccato mortale,
colla contemplazione infusa descritta da Dionigi là dov'egli parla
delle grandi tenebre 29. Dimenticano che il principio che porta alla
contemplazione cristiana è l'amore di Dio per lui stesso; e si perdono in
astratte
•speculazioni e non comprendono
l'amore di Cristo, Così, con molto orgoglio incosciente, potrebbero fare una
strada completamente falsa e far capo alla contemplazione teosofica o
buddistica.
Certe anime finalmente sembrano
sotto certi rispetti meglio preparate, perché esse lascierebbero volentieri
;
" Castello, I Mansione, e. il, p. 55-57.
"
Sarebbe appunto un dimenticare che la cognizione infusa è infusa, •ohe suppone
un'ispirazione speciale dello Spirito Santo e che procede non dall'amore .delle
gioie della cognizione, ma dall'amore di Dio.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
443
fare a Dio, e non si piccano di
capir tutto, tna il loro cuore cerca in Dio il godimento più che Dio stesso;
allora esse provano una
disillusione; perché è un Dio crocifisso che noi dobbiamo amare, e l'intimità
con lui si trova sovente nella sofferenza. Certo la gioia viene dopo e una felicità
senza pari, ma non è questo;
che bisogna cercare. - .
Vi sono delle anime che opposero
alla grazia di Dio tutti questi ostacoli e ch'ebbero la fortuna di vederli
tutti da Lui rovesciati per mostrare una volta di più ch'egli venne per cercare
i peccatori e salvare • ciò ch'era perduto. L'intimità dell'orazione era forse
necessaria alla loro salute; se esse non l'avessero ottenuta, avrebbero forse
voluto godere delle loro facoltà per sé stesse e trovare in un amore .vietato
o nelle soddisfazioni dell'orgoglio quello che esiste solamente nell'amor
divino. Il rinchiudersi in se stesso alle volte è uno; sprecare tesori
inapprezzabili;
diciamo al Signore : « Signore,
prendetemi a me stesso e datemi la forza di darmi pienamente a voi».
§ IIL
Che cosa pensare delle anime che non ricevettero se non uno o due talenti ?
J5 moralmente possibile a
queste anime il pervenire all'intimità divina di cui parliamo ? Quand'anche non
potessero pervenirvi se non molto difficilmente, non ne seguirebbe che questa
divina intimità sia qualcosa di straordinario di sua natura. Non tutte le
querce d'una foresta toccano il sommo del loro sviluppo normale, ve ne sono che
s'arrestano a piccola altezza. Qualcosa d'analogo vi è nell'ordine spirituale.
Dio getta nelle anime il seme divino più o meno bello, secondo il suo
beneplacito, e questo seme trova a volte degli ostacoli
444 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
tali che è assai difficile
ch'esso raggiunga' 'tutto il suo. ^sviluppo normale., .
Bisogna tuttavia ricordare quello
che dice S.'- Toni-maso : « La minima grazia può resistere a qualsivoglia
tentazione della concupiscenza». 30; vale a d-ire, la minima grazia
sufficiente da • questo potere, e la minima grazia efficace lo fa passare
all'atto. Come osservano il Gaetano 31, il G-onet s2 e
molti altri tornisti, ciò si verifica della minima grazia sufficiente presa in
sé, ma forse non di questa grazia in quanto essa è in un soggetto ad un tempo
debolissimo e tentatissimo. Così il calore dell'acqua bollente scaccia il
freddo, ma non essendo t'acqua il suo soggetto naturale, esso medesimo è
scacciato dal freddo, se non si mantiene il fuoco.
Bisogna anche aggiungere che a
questo anime meno .favorite è però offerto il sacramento dell'Eucaristia,
ch'esse possono ricevere spesso e con un fervore di volontà che deve crescere.
Perché non potrebbero così, colla fedeltà quotidiana, giungere al termine d'una
lunga vita, almeno ai gradi inferiori della vita mistica? Forse, come. si dice
nella parabola del seminatore, daranno il trenta per uno, laddove altri
daranno il sessanta e il cento per uno 33. Non bisogna neppure
dimenticare la parabola degli operai dell'ultima ora, che per riconoscenza
lavorarono tanto di buon animò' da meritare la medesima ricompensa di quelli
che -avevano lavorato dal mattino. Ricordiamo ancora il buon ladrone e le,
grazie che dovette ricevere ascoltando queste parole di Cristo morente:
«In verità ti dico, oggi tu sarai,
meco in Paradiso». Finalmente bisogna rammentare che la maggior parte
.
"" III, a. 62, a. 6, ad 3: « Minima gratta potest resistere
ouilibet fioncupisoentiae. ». "" oajbtanus,
in I-II, q. 109, a. 9, n. iv. .
*2
gonet, Olypeus fheol. thom.,
de Orat'ia, disp. I, a. 6, § 2, n. 305.
»3
Or. supra, p. 382.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE • 44o
degli eletti passano per il
purgatorio dopo la loro morte, e ciò per colpa loro, cioè 'a cagione delle negligenze
che impedironola perfetta. purificazione, .a cui colla grazia potevano
giungere in questa vita 84. Cf. infra, p. 455 ss.
"
Su questo punto ci tu chiesta una spiegazione. Ecco quello che noi vogliamo
dire : secondo la tradizione cristiana ci vuole una purezza assoluta per
entrare in oielo ; tutta la ruggine e la polvere incrostata nell'a-;
nima
dev'esser tolta via perché questa sia elevata alla visione beatifica, cioè, a
vedere Iddio com'egli vede se stesso! Questa purificazione deve dunque abbracciare
non solo la sensibilità, ma anche lo spirito;
perciò,
come dimostra S. Giovanni della Croce (Notte, 1. II, o. xx), l'anima
non è perfetta se non è passata per quello ch'egli chiama la doppia
notte passiva dei sensi e dello spirito. Non reca dunque maraviglia il vedere
ch'egli, a proposito delle anime che attraversarono la dolorosa notte dello
spirito, scrive : 11 Se, non 'passano per il purgatorio, lo devono alla loro
'perfetta 'purificazione per messo dell'amore » (Ibid.). Noi abbiamo
citato sopra, p. 395 nota, parole pressoché simili del Tauleró, ^ S. Tommaso
dice (C. Gentes, 1. IV, e. 91) : « Ad visionem Dei creatura rationalis
elevari non potest, nisi totaliter fuerit depurata... unde dicitur, de
Sapientia quod nihil inquinatum, in ea incurrit. » II santo Dottore
'crede anche che le pene del purgatorio siano ben maggiori di quelle
di
•questa
vita. — Vedasi parimenti il Trattato del purgatorio di S. Cate- , rina da
Genova.
Perciò
abbiamo detto che ordinariamente ossia come 'principio, per evitare
il purgatorio, in cui non si merita più, bisogna prima della morte essere
passati meritando per le purificazioni passive dei sensi e dello spirito, le
quali sole assicurano la 'perfetta e stabile purezza dell'anima,
tanto nella sua parte superiore come nell'inferiore.
Si
dirà forse: allora che cosa si deve pensare di tante anime cristiane a cui il
mondo della vita spirituale non rappresenta che un'illusione, ;ó per le quali
la vita d'orazione è una vana speranza? Che pensare della gente del popolo ohe
non ha il tempo d'istruirsi su queste cose, ne lo spirito abbastanza aperto per
intenderle, o di quelli meglio dotati a
•cui
mancarono il tempo o le circostanze favorevoli? Finalmente Iddio non da a tutti
un temperamento propenso all'eroismo necessario per subire le purificazioni
passive dello spirito.
, -A ciò bisogna rispondere: ' 1" Quello che abbiamo
detto con S. Giovanni della Croce, noi l'atEei;-miamo come vero ordinariamente
o come 'principio. E questo è lo stesso che dire che vi sono
eccezioni, ed eccezioni che confermano la regola. Le abbiamo già notate:
per esempio, i bambini morti subito dopo 11 battesimo, o un religioso morto
subito dopo la sua professione perpetua fatta con gran fervore. Ma se il
bambino o questo religioso avessero continuato a vivere, sarebbero
probabilmente caduti in colpe ed imperfezioni, che avrebbero resa necessaria la
purificazione perfetta di cui abbiamo parlato; sono in un certo senso morti in
buon punto
446 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
§ IV.
Questa dottrina sarebbe forse di natura tale da inclinare gli uni alla presunzione, e gli altri allo scorag-giamento ?
Ammettere una chiamata generale e
remota di tutte le anime giuste alla vita mistica, non è forse un indurne
certune a simulare prima del tempo" l'orazione passiva, la qual cosa le
condurrebbe al quietismo o al semiquietismo? e non è forse uno scoraggiarne
certe altre, le quali, nonostante la loro generosità, non trovando in se i
segni dell'orazione passiva, crederanno di non. poter mai giungere alla piena
perfezione della vita cristiana?
Quest'obiezione disconosce.. il
vero senso della dottrina da noi esposta, o riguarda solo le cattive applicazioni
che un direttore imprùdente ne potrebbe fare. ,,-
Ciò apparisce dalla risposta data
da 8. Tommaso
In
modo accidentale, prima d'essere arrivati ad ima perfezione stabile, ,enon
avranno in cielo un grado di gloria così elevato come se avessero continuato a
vivere meritando.
2° Vi
sono degli equivalenti delle purificazioni passive, per esempio 11
martirio, o una contrizione intensissima, come quella che dovette avere il buon
ladrone così vicino a Gesù morente.
3°
Di più, le pene del purgatorio possono essere sia intensissime e • ìirevi,
sia più lunghe e meno violente, come le purificazioni passive In questa
vita.
4°
Molte anime abbastanza buone naturalmente, ma senza fervore di volontà e
chiuse alle cose spirituali, quasi senza acoorgersene, hanno molti difetti, e
se muoiono così senza avere avuto una contrizione semplicemente sufticiente,
esse avranno certo molto da soffrire per arrivare alla perfetta purezza
necessaria per entrare in clelo.
5°
Finalmente le purificazioni passive sopra la terra possono essere per molti
meno dolorose di quelle sopportate dai grandi santi, poiché in essi questi
patimenti sono proporzionati non solo alle imperfezioni da fare scomparire, ma
anche all'altissimo grado di carità, di vita ripara-trice e apostolica a cui
Dio le vuole condurre.
LA'CHIAMATA
ALLA CONTEMPLAZIONE 447
ad un'obiezione sinule contro la
convenienza dei voti, e cioè che chi fa un. voto si espone a peccare contro
questo voto, dunque non conviene che lo faccia. —-«Se il pericolo, dice S.
Tommaso 36, deriva dal fatto stesso, : allora non convien agire
così, per esempio passare sopra un ponte che minaccia rovina;
ma se il pericolo proviene non
dalla cosa stessa, ma. dal cattivo uso che possiamo farne accidentalmente, la
cosa non resta meno conveniente in sé; così conviene andare a cavallo, benché
a volte vi sia pericolo di cadere; altrimenti bisognerebbe astenersi da tutte
le cose buone, che possono accidentalmente divenire-pericolose. Onde sta
scritto nell'Ecclesiaste, xi, 4:
Chi osserva il vento non
seminerà, e chi interrogai le nuvole non mieterà ». — Bisogna forse rinun-ziare
all'uso dei coltelli perché alle volte qualcuno-si ferisce? I voti sono forse
un ostacolo alla perfezione, perché facendoli uno 'si espone indirettamente-a
violarli qualche volta? E bisogna forse temere di spingere le anime ferventi a
desiderare umilmente la vera vita mistica, per il fatto che ve n'è un» falsa?
Bisogna egli rinunziare ad un grandissimo-bene per timore di qualche
inconveniente accidentale che può presentarsi?
Che cosa ci dice S. Teresa di.
quelli che giudicano» pericolosa la via d'orazione e il desiderio di bere;
alla fonte, d'acqua viva? Ella
risponde nel Cammino' della Perfezione, e. 21: «II pericolo è la
mancanza d'umiltà e delle altre virtù; ma il cammino dell'orazione, un cammino
pericoloso? Mai! Dio non voglia! È certo il demonio che inventò tutti
questi terrori, ed egli fu così astuto- da far cadere alcune persone-che in
apparenza erano anime d'orazione... Dunque» sorelle mie, smettete tutti codesti
terrori, e, in simile materia, non fate conto alcuno dell'opinione del
" ii-n, ci. ss,, a.
4.
44:8 PERFEZIONE -CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
volgo... Ancora uria volta,
lasciate i timori là dove non c'è nulla da. temere». E nella medesima opera,
,.c. 39, aggiunge: « Evitate anche, figliuole mie, una '•certa umiltà piena
d'inquietudini che il demonio ci ispira a proposito della gravita delle nostre
colpe. È un mezzo di cui egli si serve per cagionare ambasce
-d'ogni genere, per allontanare
anche dalla comunione e da ogni orazione speciale, col pretesto di non,
-esserne degni» 36.
Parlando altrove di quelli che ispirano questi vani timori, ella dice: «Io
conosco pure questi mezzi dottori, sempre ombrosi. Essi mi
-costarono assai caro! » 31.
La dottrina da noi esposta non è
per nulla pericolosa in sé, ne nelle applicazioni che ne farà un prudente
direttore. Essa si compendia in queste due proposizioni d'un Carmelitano assai
rioto per il suo
-corso di Teologia mistica,
Giuseppe dello Spirito Santo, proposizioni ch'egli da giustamente come l'espressione
della dottrina tradizionale : « Se trattasi della
-contemplazione infusa, presa,
nel, senso di rapimento, 4'estasi o di favori simili, noi non possiamo
ne appli-carvici, ne chiederla a Dio; .ne desiderarla. Ma s'è trattasi della stessa
contemplazione infusa, come atto di contemplazione, benché .non possiamo
certo averla mediante la nostra propria attività aiutata dalla-.grazia, noi
possiamo aspirare ad essa, desiderandola
-ardentemente e domandandola
umilmente a Dio» ss.
'" Traduzione dei Carmelitani.
i" Castello, V mans., e. i. ,
"
iosbph a spibitu sancto, Cursus
fheologiae mystwo-scholasticae, iìoid.us
II, II Praed., disp. xi, q. 2, conci. 2 et 3, p. 224: « Ad
contempla-iìonem infusam, sumptam •prò raptu, extasi slmilibusque
favoribus non 'possum.us nos applicare, neo illam a Deo potere, nec illam
desiderare <n. 18). — Non poasumus ad contemplationem infusam conari,
quasi. nostra industria habendam, sumpta contemplatione infusa prò i'pso
actu 'contem'platwnis, possumus tamen ad illam aspirare, ipsamque ardiinter
desiderantes et humiUter a Deo petentes » (n. 23). — Giuseppe dello Spi-,
rito Santo aggiunge che quest'ultima conclusione è ammessa da Alvarez de Paz,
Filippo della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, Vallgor-
LA CHIAMATA ALLA OONTEMPLAZIÒS-E 449
L'unione di queste due .paròle ardenter
e hutmiiter ricorda il fortiter et suaviter della S. Scrittura,
ed è la soluzione del problema mediante la conciliazione così bene spiegata da
S. Tommaso dell'umiltà, che ci ricorda la nostra miseria, inclinandoci
profonda-. mente davanti a Dio, e della magnanimità, che ci fa. aspirare
alle grandi cose, all'intimità divina, che Dio ci offre 39. Il
cristiano deve aspirare vivamente a queste grandi .cose, e, disponendovisi
mediante una fedeltà sempre, più perfetta, aspettarle umilmente dalla divina
'misericordia. Nel presente articolo abbiamo particolarmente insistito
sull'umiltà che 'corregge la presunzione, e sul desiderio di speranza: e di
carità, che,, unito all'oblio di sé, corregge lo sco-raggiamento. Eicordiamo
che,' a motivo della connessione delle virtù, non si può essere profondamente
umili senza essere molto magnanimi, come lo dimostra la vita dei santi; noi
portiamo infatti un tesoro preziosissimo, la grazia e la S. Trinità, in un
vaso fra-^ilissimo, secondo l'espressione di S. Paolo; e quanto più si conosce
la fragilità del vaso, tanto più ancora si stima il pregio del tesoro, e tanto
più si aspira
nera
e comunemente dai mietici, communiter mystici; e ch'egli non può»
-capire perché Antonio dell'Annunciazione, altro Carmelitano, nella sua IHsceptaHo
mystica, collochi la contemplazione infusa tra le grazie sratis datae.
È una gran confusione, dice egli, zbid., p. 236, "magnani
aequivocationem paasus est », e una falsa interpretazione del passo di san
Tommaso, II-II, q. 45, a. 5. Ct. I-II, q. Ili, a. 4, ad 4, e in I Cor.
xn, 8.
"
Sulla conciliazione della pia protonda umiltà e della più alta magnanimità, tal
quale si trova nell'anima dei santi, vedasi S. Tommaso ^II-II, q,. 129, a. 3,
ad 4): «La magnanimità porta l'uomo ad aspirare a grandi cose, tacendogli
considerare i doni ch'egli ha già ricevuto da Dio... L'umiltà inclina l'uomo a
deprezzarsi, tacendogli considerare i suoi proprii ditetti. La magnanimità
disprezza negli altri il peccato che li avia da Dio, e non li apprezza fino al
punto da far per essi più che non convenga. L'umiltà onora gli altri e li stima
superiori, considerando in essi i doni di Dio », sempre sommamente superiori a
quello ohe Bolliamo da noi stessi, vale a dire alla nostra indigenza e ai
nostri difetti personali. Queste due virtù adunque non sono contrarie se non
In apparenza, e non già in realtà come il vizio e la virtù.
29 — Perfezione e Contewiplaziffne.
450 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
a vivere intimamente di esso.
Ecco ciò che fanno vedere le purificazioni passive, stato mistico, che, lungi
dall'inorgoglire, umilia profondamente, e senza U quale si perviene difficilmente
ad amare di essere nulla, perché Dio sia tutto : « ama nesciri et prò nihilo
reputari».
, La dottrina che porterebbe alla
presunzione è quella che sostenesse tutte le anime inferiori essere chiamate
alla vita mistica, non solo in modo generale e remoto, ma anche in modo
individuale e prossimo. Allora il direttore dovrebibe consigliare alle anime il
riposo dell'orazione passiva, anche prima d'aver in esse riscontrato i tré
segni enumerati da S. Giovanni della Croce e di . cui abbiamo parlato sopra,
p. 414 ss. Si finirebbe così nel quietismo.
La dottrina che porterebbe allo
scoraggiamentoè. quella che sostenesse le anime inferiori non essere
generalmente chiamate, anche in modo remoto, all'intimità divina della vita
mistica. Allora si tratterrebbero molte. anime nelle forme inferiori della.
vita spirituale, e molte, nonostante la loro generosità, dispererebbero di
arrivare quaggiù all'unione intima con Dio. .
Altre, prima d'aver conosciute le
purificazioni passive dei sensi e dello spirito, direbbero a sé stesse, non
senza presunzione: Io sono arrivata alla vita unitiva ordinaria e basta ch'io
mi ci mantenga; il resto è straordinario e l'umiltà non mi permette di
aspirarvi.
Per combattere l'eccesso del
quietismo o del semiquietismo, non bisogna cadere nell'estremo opposto, specie
di naturalismo pratico, che spezza lo slancio della vita inferiore. La verità,
come sempre in questi grandi problemi, ~ si trova nel mezzo e sopra i due
errori estremi, tra loro opposti; come una vetta, la verità domina le
divagazioni e le contradizioni dell'errore. Essa elevasi anche al disopra d'un
eclettismo
•LA CHIAMATA ALLA
CONTEMPLAZIONE 451
inconsistente, che'resta sempre a
metà còsta, ohe . nulla sa affermare di preciso e oscilla costantemente a
destra e a sinistra, perché non vede i principii superiori, i quali soli
conciliano gli aspetti più diversi della realtà. Gli antagonismi apparenti
si risolvono coll'equilibrio dei loro termini portati al più alto
- grado, è su questa sommità che
si fa l'armonia, per esempio, tra l'umiltà e la magnanimità. Ogni anima
inferiore deve tendere umilmente e ardentemente a grandi cose, ardenter et
humilifer; l'umiltà in sé non dev'essere inferiore alla magnanimità; queste
virtù apparentemente contrarie crescono insieme e si fortificano a vicenda, e
preservano l'anima ad un tempo dall'orgoglio e dallo scoraggiamento. La
contradizione apparente si risolve colle parole di S. Paolo che abbiamo ricordate
: « È Dio che fa splendere la sua chiarezza nei nostri cuori... ma noi portiamo
questo tesoro in vasi d'argilla». Se consideriamo la fragilità del vaso, non
possiamo.^umiliarci troppo, ma se consideriamo il pregio del tesoro, non
possiamo ec-
-cedere nel desiderare il regno
intimissimo di Dio in noi e l'adempimento sempre più perfetto del primo
precetto, che non ha limite: «Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo
cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente.»,
per diventare veramente « un adoratore in ispirito e verità». Non potremmo
eccedere nel desiderio di crescere nella carità e nella divina sapienza, la
quale, come tutti i doni, si sviluppa con essa.
Questa dottrina adunque non
spinge le anime buone ne allo scoraggiamento ne alla presunzione; ma come il
dogma della predestinazione, le fa aspirare all'unione divina, ispirando loro
un santo timore di non essere abbastanza generose, abbastanza docili allo
Spirito Santo. E non spinge allo scoraggiamento più che le purificazioni
passive, che hanno per scopo di purgare la virtù'della speranza, mediante la
lotta
452 PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE.
contro le tentazioni della
disperazione, quando, mostrando Dio stesso sempre più l'altezza della meta da
raggiungere, l'anima sente sempre più la sua miseria e, nonostante .le
suggestioni del demonio, deve sperare contro ogni speranza. Ciò è necessario
per essere totalmente e per sempre guarito dal vano contentamento di se stesso
e perche le radici dell'orgoglio e della presunzione siano totalmente
estirpate. Nonché portare all'orgoglio, la 'contemplazione mistica lo distrugge
e insegna l'umiltà' come Dio solo può. insegnarcela.
« Ubi est hùmilitas, ibi est
sapientia » *°, dove si trova una profonda umiltà, là vi è pure un'alta sapienza,
quella che viene dal Padre dei lumi, e, come dice l'autore dell'Imitazione,
se vi sono pochi contemplativi, è perché vi sono poche anime profondamente
umili. .. '
'
La dottrina esposta permette adunque
di rispondere, alle difficoltà proposte contro di essa; da ciò essa, riceve una
nuova conferma, e apparisce sempre meglio come la vera espressione
dell'insegnamento tradizionale. Ma per viverla, ci vuole quello che molti
autori chiamarono « seconda conversione », e possiamo renderci ragione di ciò
ch'essa dev'essere da quanto abbiamo detto delle condizioni inferiori ordinariamente
richieste dalla contemplazione mistica o dalle virtù che dispongono ad essa. Se
vi sono poche anime perfette, è perché ve ne sono poche che seguano la condotta
dello Spirito Santo. I suoi sette doni hanno spesso poco effetto in molte
anime, perché essi sono come legati da abitudini e da affetti contrarii. I
peccati veniali più o meno deliberati, ancora frequenti, escludono le grazie
necessario per produrre questi atti dei doni i1. Tuttavia non
possiamo dubitare
"
Proverb., xi, 2. 111 P. la.llemant,
S. J., Doctrine spirititene, p. 113, 187... 203.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 453
della loro esistenza; la Scrittura,
la tradizione e la liturgia ce ne parlano, e, se fossero eliminati gli
ostacoli, noi -vedremmo .dì solito "verificarsi sempre meglio quello che
la Chiesa ci fa ' domandare :
Veni, Creator Spirit.Tis, Tu septiformis munere, Mentes tuorum visita, Dexterae Dei tu. digitus, Imple superna
grafia Tu rite promissum Patris
Quae tu creasti pectora. Sermone
ditans guttura.
Accende lùnien sensibus, Infonde
amorem cordibus, Infirma nostri corporis Virtute flrmans perpeti.
Questa preghiera, che dovrebbe
dirsi dall'anima fedele con un fervore di volontà ognora crescente, ci ricorda
che la vita della grazia è la vita eterna cominciata, ed essa domanda, finendo,
il frutto normale di questa « grazia delle virtù e dei doni », la
contemplazione infusa della S. Trinità che abita in noi : •
Per tè seiamus da Patrem,
Noseamus atque Pilium,
Tè utriusque Spiritum
Oredamus omni tempore.
Così la vita mistica è veramente
la pienezza della fede, della speranza, della carità e dei doni che le accompagnano,
il preludio normale della vita del cielo.
Bisogna aver fiducia, nelle
divine promesse; l'aridità non viene dalla tiepidezza, se, invece d'avere il
gusto delle cose del mondo, si ha la cura del proprio avanzamento spirituale.
Bisogna avere fiducia nello Spirito Santo, che abita in noi, e che vi opera
tanto più quanto meglio noi compiamo il primo precetto:
«Amerai il Signore Dio tuo con
tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutta la
tua mente», per diventare «degli adoratori in spi-
454 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMELAZIONE
rito e verità». Nostro Signóre
non disse forse: «Io non vi chiamo miei servi ma miei amici » ? Crediamo nella
forza tutta divina della grazia ricevuta nel battesimo, dello Spirito Santo
che ci fu dato. Questa forza noi non la vediamo, ma non vediamo neppure quella
che è nascosta nella ghianda d'onde proviene una quercia vigorosa; si metta
attorno a questa quercia un cerchio di ferro, e la corteccia non tarderà a
sormontare questo cerchio. Chi può misurare l'e* nergia soprannaturale
contenuta nella grazia dell^ virtù e dei doni, la quale non è altro che la vita
eterna cominciata? Ohi può mettere un limite all'opera di santificazione che
lo Spirito Santo ha cominciato in noi, e impedire .alle anime di arrivare fino
al santuario intimo ove abita la S. Trinità? «Desi-, derai la sapienza e mi fu
data; invocai il Signore, e venne in me lo spirito della sapienza» *2.
« Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto
queste cose ai sapienti e ai prudenti, e le hai rivelate ai piccoli » is.
"
« Optavi et datus est mihi sensus ; et invocavi et venit in me spi-ritus
saplentlae » (Sap., vii, 7).
41 « Confiteor tibi, Pater, Domine coeli et terrae, quia
abscondteti haeo a sapientibus et prudentibus, et revelasti ea parvulis « (matth., e. xi, 25).
ESAME
DI ALCUNE DIFFICOLTA TEOEICHE 455
Esame di alcune difficoltà teoriche.
La grazia della contemplazione si può meritare ? Le coedizioni che essa richiede sono normali ?
Alla dottrina che .abbiamo, fin
qui esposta si possono fare alcune obiezioni d'ordine speculativo che importa
esaminare, particolarmente sopra questo punto :
La grazia della contemplazione si
può meritare saltem de congrua, almeno con un merito di convenienza.
Anzitutto fu obiettato: «La legge
dello sviluppo della grazia nell'uomo non dev'essere presa solamente della
grazia, astrattamente considerata, ma della grazia come partecipabile dalla
natura umana. È così che S. Tommaso, Qu. Disp. de Cantate, a. 10, distingue
1" la carità assolutamente perfetta che Dio solo può avere, 2° la carità
perfetta per l'uomo, quella che egli può avere solamente in oielo, e 3" la
carità perfetta, che si può avere quaggiù. Lo stesso egli dice in II-II, q.
24, a. 8; III, q. 7, a. IO».
È facile rispondere che
nella questione della chiamata generale e remota (p. 373, 378, 383), noi abbiamo
considerato la grazia delle virtù e dei doni, non in modo puramente astratto,
indipendente dal modo secondo il quale essa è nell'angelo o nell'uomo, ma come
è nell'anima umana fin di quaggiù. E quest'anima quasi ideale è stata
considerata essa stessa come priaci-piante, come proficiente e finalmente come
perfetta. Anzi .abbiamo particolarmente insistito sopra questo punto, cioè che
la contemplazione infusa non richiede idee infuse simili a quelle degli angeli,
ma che le idee •acquisite bastano come per l'atto di fede. Si tratta dunque
veramente della grazia in quanto partecipabile dall'uomo e dall'uomo fin. di
quaggiù, non nel purgatorio o nel cielo.
Di più, nella questione della
chiamata individuale
456 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
(p. 413), abbiamo considerato la
vita della grazia partecipabile o partecipata da una data anima indi- ,1
viduale, secondo che si trovano o no in lei i tré segni ' ricordati dal
Taulero e poi da S. Griovanni della Croce, e diventati i segni classici
dell'inizio della contemplazione infusa. Di più, in questa seconda questione,
la. distinzione della chiamata semplicemente sufficiente e della
chiamata efficace (efficace nel senso tomista, e sia nei gradi inferiori
della vita mistica sia nei superiori) salvaguarda la gratuità del dono
di Dio, come quando si tratta della grazia della conversione o di quella della
perseveranza finale.
È dunque pienamente conforme alla
dottrina di S. Tommaso esposta in Qu. Disp. de Cantate, a. 10;
poiché anche l'unione
trasformante (VII Mansione, di S. Teresa) rientra in ciò che il S. Dottore
chiama, « Caritas perfecta seczmdum tempus, scilicet quae potest haberi
in hac vita». Vedasi anche II-II, q. 24, a. 8, e q. 184, a. 2, articoli che
abbiamo a lungo spiegati sopra e. Ili, a. IV e V, p. 163 e 188.
Ciascun'anima in stato di via
dovrebbe essere abbastanza purificata nel momento della morte, per andare subito
in cielo, senza passare per il purgatorio, dove non sarà trattenuta se non per
colpa sua, per aver trascurato delle grazie che le erano concesse od offerte.
Ed essa in purgatorio non soffrirà tanto della, privazione di Dio, se non
perché è nell'ordine radicale di vedere Dio subito dopo la morte. Il fatto che
vi è un numero grandissimo di anime attardate non deve farci dimenticare qual è
la via normale della santità, ' alla quale ogni cristiano deve aspirare per
essere nell'ordine radicale voluto da Dio.
* * *
Si insiste, dicendo: « Sembra che
non si possa parlare di una legge della grazia (del suo accrescimento e
della sua perfezione) con tanto rigore come si fa, di una. legge della natura.
Partecipazione della natura. divina e dono assolutamente gratuito, la grazia,
da questo doppio capo e come forma, non ha nessuna misura che possa
regolare la sua perfezione e il' suo modo di accrescimento fuori del libero
amore di Dio .per ciascun uomo in particolare ».
ESAME
DI ALCUNE DIFPICOIJ'À TEOBICHE
467
Quest'obiezione interessante ci
conduce a precisare un punto' importante. Certamente, per S. Tommaso. (I, q.
23, a. 5), e S. Giovanni della Croce parla. come lui (Salita, 1. II,
e. 4), il grado di gloria di ciascun predestinato e il grado corrispondente di
carità nel momento della morte dipendono dal beneplacito di Dio. Di più, ne la
prima grazia, ne quella, della perseveranza finale possono- essere meritate
(I-II, q. 114, a. 5 e 9), e, come vedremo, nessun soccorso efficace che ci
conservi in statu gratiae può essere meritato de condigno o
secondo lo stretto-senso della parola «merito» 1. :
Tuttavia, se uno è messo
gratuitamente da Dio nell'ordine della grazia, e se vi si è conservato, allora.
le leggi di quest'ordine si applicano a lui. Ora, tra queste leggi
dell'ordine della grazia, ve ne sono di assolutamente rigorose e senza
eccezione; per esempio,. per gli adulti vi sono verità di fede che bisogna credere
secondo una necessità, non solo di precetto, ma di mezzo indispensabile alla
salute. Parimenti, è impos-' sibile avere l'amore soprannaturale di Dio senza
la. fede; inoltre, le virtù infuse sono connesse con la, carità, e
parimenti i doni 2. Questa connessione suppone numerosissime
relazioni scambievoli tra le virtù. infuse e i doni, relazioni che sono le
leggi dell'organismo .soprannaturale. Di modo che quasi ogni articolo di S.
Tommaso, che, nella I-II e II-II, tratta-delie relazioni delle virtù tra loro,
o dei doni tra. loro, o di questi con le'virtù, contiene una legge dell'ordine
della grazia.
In tal modo ancora noi possiamo
meritare de condigno (o nel senso stretto, legge rigorosa) l'accrescimento
della carità, che si accompagna con quello-
'
II merito de condigno o dì còndegnità è un atto soprannaturale e-libero
il cui valore costituisce un diritto a una ricompensa soprannaturale,
all'accrescimento della grazia e alla vita eterna. È dunque fondato in
giustizia. Il merito de congrua o di convenienza non è merito nello
stretto senso, ma in senso largo; è fondato non sulla giustizia, . ma
sull'amicizia vel in ime amicabiU, vel solum in. liberalitate et 6e-nignitaie
yraemiantis.
"
Ct. II-II, q. 65; q. 68, a. 5. La fede
e-la speranza possono ben sussistere nell'anima in stato di peccato mortale,
ma allora esse non meritano, propriamente parlando, il nome di virtù; of. itiid.,
q. 68, a. 1, ad 1: « Pides et spes... sine cariiate esse possunf,
licei non sint virtutes' sine cariiate, s
458 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
delle virtù infuse e dei doni
(I-II, q. 114, a. 8). A tal punto che non si può avere la carità in un grado
eroico, senza avere in un grado proporzionato le altre virtù infuse e i doni
(come habitus) ; cfr. I-II, q. 66, a. 2. È una legge più rigorosa che
quella in virtù della quale le cinque dita della mano si sviluppano nello
stesso tempo. Nell'ordine sensibile vi •sono eccezioni, in quanto la materia a
volte sfugge alla dominazione della forma o idea direttrice che la organizza.
Le virtù infuse connesse tra loro, chi le consideri formalmente, crescono
insieme senza eccezione: « aequaliter crescunt in homine, sicut digiti
manus... proportionaliter augentur » 3. Lo stesso avviene per i
doni che sono connessi nella carità *.
* * *
Si insiste ancora: « Ma se quest'aspetto
fosse del tutto esatto, non bisognerebbe esitare a dire che lo stato mistico
può, in un dato momento, essere meritato de condigno».
A questo noi abbiamo già risposto
sopra (p. 391 ss.) notando più volte che bisogna distinguere gli stessi doni
presi come disposizioni abituali e gli atti che procedono da essi.
Certo non possiamo meritare de
condigno l'aumento della carità, delle virtù e dei doni, come habitus, senza
che si possa assegnare limite quaggiù a questo aumento (II-II, q. 24, a. 7). E.
lo Spirito Santo muove generalmente le anime secondo il grado dei loro abiti
infusi, della loro docilità abituale (salvo che non vi sia qualche
ostacolo, peccato veniale o imperfezione; in quest'ultimo caso, l'atto
meritorio è debole, remissue,. inferiore al grado della carità).
''I-II,
a. 66, a. 2, e Commento dei SAiaiANTicssi, n. 2. * CI. I-II, q. 68, a. 5. —
L'organismo spirituale si deve sviluppare proporzionalmente secondo tutte le
sue parti, purché sussista la loro armonia, proprio come il nostro organismo
corporale. Ma siccome in quest'ultimo una parte si può ipertroflzzare a scapito
delle altre, così nell'ordine spirituale l'armonia delle virtù, a cagione di
certi difetti, può essere compromessa. In certe anime per esempio, la fede non
è sviluppata in proporzione di altre virtù e della cultura scientifica o
fliosoflea; questo stesso disordine può essere tale che chi ne soffre diventi
cosi un nano spirituale.
ESAME
BI ALCUNE DimCOI.TA TEOKICHE 459
Perciò i tornisti 5.
dicono generalmente che il giusto che persevera nel fervore può meritare saltem
de congrua (almeno nel largo senso della parola «' merito ») la grazia
della contemplazione infusa. Perche dicono essi saltem, almeno de
congnio? Perché, nella grazia della contemplazione infusa, vi è qualche
cosa che si merita strettamente o de condigno; ed è un alto grado dei
doni dell'intelletto e della sapienza considerati come habitus. Ma la
stessa contemplazione infusa non è un habitus bensì un atto, e lo
stato mistico è quest'atto che dura un certo tempo. Ora quest'atto suppone una
grazia attuale efficace, e, secondo i tornisti, noi non possiamo
meritare strettamente o de condigno il soccorso efficace che ci conserva
in statu gratiae. Perché? Perché il principio del merito non cade sotto
il merito: così ne la prima grazia, ne il soccorso efficace che ci mantiene in
stato di grazia, ne il dono della perseveranza finale, pur così necessario alla
salute, non si possono meritare de condigno e.
Del resto, se il giusto potesse
meritare strettamente' la grazia efficace a, per essa meriterebbe
parimenti la grazia efficace 6, e così di seguito fino alla grazia della
perseveranza finale, che sarebbe così meritata de condigno.
Dal che segue che molte grazie
necessario alla salute non possono essere oggetto di un merito stretto.;
non bisogna dunque stupirsi che
la grazia attuale et-
5 Ct. vallgoeneba,
Theol. myst. D. Thomae, q. 3, disp. 3, a. 6, il. 5, p. 445; e meynakd, Tratte de la Vie intérieme,
ed. 1885, t. II, p. 128;
n.
73. Item philippus A S. tbinitatb, Theol. myst., ed.
1874, t. Il, p. 311, e antonius A
spibitit sancto, Direclorium
myst., tr. Ili, disp. Ili, seot. VI, n. 240.
•
0(. I-II, c(. 114, a. 9. Su questo articolo, giovanni
DI S. tommaso osserva, n.
1 : ii Principium meriti non potest cadere sub meritum: sed anxi-Imm et
motio divina, qua aliguis movetur a Deo, ut non succumbat tentatioiUbua, neo gratiam
interrumpat per pecoatum, tenet se ex parte principii ineriti, quia
auxilium et motio est principhun operandi, et in., hoc solmn consistit
quod moveat ad opus; igitur non potest caliere sub meritum. i> Item,
n. 4: i Conservano est oonturuatio primae pro-duotìonis..., linde qui
mereretur auxilia continuativa gratiae, seu per-severantiam,
oonsequenter mereretur ipsam oontinuatlonem principii meriti, qnod est grafia
secundum quod se tenet ex parte Dei moventis ad oonservandum... Quod probat non
posse sub meritum cadere mo-lionem divinarli, non quamenaigue, sed guatenus
est conservativa gratiae, guae est principium ineriti". Item ot. salmanticesi, ibid., n. 89-109.
460 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
ficace della contemplazione
infusa ,non si possa meritare de condigno, benché essa sia nella via
normale della santità. La si può meritare più che la grazia della
perseveranza finale, perché sarebbe esagerato il dire che quest'ultima si può
meritare saltem de con-, gruo 7. Ma in un certo senso la
grazia attuale di contemplazione infusa è più gratuita che quella necessaria
all'esercizio obbligatorio delle virtù infuse, ;
perché noi facciamo uso delle
virtù infuse quando vogliamo; ma non così per i doni, benché con la.
nostra fedeltà possiamo disporci a ricevere l'ispirazione dello Spirito Santo.
Dobbiamo anzi disporvici, e se noi lo facciamo generosamente, verrà un giorno
in cui la grazia della contemplazione ci sarà concessa abbastanza spesso. Di
solito Dio la da ai perfetti, .salvo che non vi siano ostacoli accidentali, ma
la da, sia nell'aridità e nella notte, sia nella luce e nella. consolazione 8.
* *• *
Si obietta: «Quello che voi
considerate come accidentale, e che tendete un po' a disprezzare teoricamente
perché materiale, fa forse parte- di quella causalità materiale tanto
indispensabile all'essenza del composto (natura e grazia) quanto la causalità
formale, benché in un ordine inferiore».
A questo dobbiamo rispondere che
le anime ricevono la grazia secondo la potenza obedienziale che è la
medesima in tutti 9. In quanto alla causalità ma-
'
Cf. I-II, q. 114, a. 9; cf. commento del Billuart. Esso dimostra, che secondo i
principii di S. Tommaso la perseveranza finale sembra che non si possa meritare
con im merito de. congrua propriamente detto, ma solamente con un merito
de congrua impropriamente detto. Mentre il merito de condigno è
fondato in justitia (ius ad praemium), e il merito de congrua
propriamente detto in ture amicabili, secundum leges amicitiae, il
merito de congrua impropriamente detto è fondato in liberalitaie et
benignitate Dei.
* Di più, con la preghiera noi possiamo ottenere
la grazia della buona . morte che non si può meritare, qui parimenti l'anima
intcriore deve umilmente chiedere la grazia della contemplazione; cf. supra,
p. 392, nota 14.
'
Anzi la potenza obedienztale o capacità di ricevere la, grazia non. è più
grande nell'angelo che nell'uomo. E appunto secondo questa capacità l'anima, è
11 soggetto della grazia. .
. ...
ESAME
DI ALCUNE DIPPIOOLTÀ TEO BICHE 461
feriale, che dispone alla recezione
e all'aumento della grazia, essa stessa è l'effetto d'una grazia attuale
d'ordine soprannaturale. Tal è, secondo S. Tommaso, il senso dell'assioma: « A
colui che col soccorso divino fa tutto quello che sta in lui stesso, Dio non
rifiuta la grazia » 10. L'infusione e l'aumento della grazia
richiedono certamente una disposizione, perché nessuna forma o perfezione viene
prodotta in un soggetto senza che questo vi sia disposto; ma è Dio stesso che
dispone così le anime nostre, o che le muove soprannaturalmente a disporsi u.
La grazia e la carità non ci son date in proporzione delle nostre capacità o
disposizioni naturali, perché esse le sorpassano infinitamente 12.
Perciò i tornisti insegnano che sono i nostri atti soprannaturali che, non solo
meritano, ma dispongono tisicamente all'aumento della carità 13.
Ora noi abbiamo a lungo
considerato (p. 431-440)
10 Cf. I-II, q. 112, a. 6. La conclusione di questo
articolo è: «Unde patet quod homo non potest se praeparare ad lumen gratiae susci-piendum,
nisi per auxilium gratuitnm Dei intertus moventis. » La ragione è che l'ordine
degli agenti deve corrispondere all'ordine dei flni e solo un agente
soprannaturale può muovere a "un fine soprannaturale. » —-T&z(?.,ad2:
«Et ideo, cum dicitur homo facere Quod in se est, dicitur hoc esse in
potestate hominis, secundum quod est motus a .Dea. » Dunque facienli
quod in se est (cum ausilio gratiae actualis) Deus noti 'denegai gratiam
(habitiialem).
11 Cf. I-II, i. 112, a. 2: « Praeexigitur ad
gratiam (habitualenì) aligua firatiae firaeparatio. quia nulla torma
potest esse nisi in materia disposila. »—Ibid., ad 3: «Ad hoc (autem)
quod Deus gratiam intundat animae, nulla praeparatio exigitur, guam ipse non
faciat. » Lo stesso dicasi per l'aumento della carità, II-II, q. 24, a. 2 e
seguenti.
12 II-II, q. 24, a. 3 : n Caritas, cum superexcedat
proportionem na-turae humanae, non dependet ex aliqua naturali virtute, sed ex
sola gratia Spiritus Sancti eam intundentis. Et ideo guantitas caritatis
non. dependet ex conditione naturae, vel ex capacitate naturalis virtutis,
sed solum ex voluntate Spiritus Sancti, distribuentis sua dona, prout vult. 11
— Itlid., ad 2 : « Forma non excedit materiae proportionem, sed sunt
ejusdem generis. Similiter etiam gratia et gloria ad idem genus refe-runtur,
quia gratia nihil est aliud, quam quaedam inohoatio glorlae in nobig. Sed caritas
et natura non pertinent ad idem genus. Et ideo non est simllis ratio. » Le.
grazie mistiche adunque sono gratuite non solo in questo senso che
lo Spirito Santo le da quando vuole, ma è gratuito anche il grado di carità
dato nel momento della giustificazione a un determinato adulto che si converte
con più fervore ohe un altro, sotto una grazia attuale più forte. S. Thomas, iì)id.,
ad 1.
"
Ot. billtjabt, De Cariiate,
dissert. II, a. 2.
462
• PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
queste disposizioni
soprannaturali alla contemplazione infusa; è questo un insegnamento
classico, e sarebbe una colpa imperdonabile trascurarlo. Queste dispo-'sizioni,
come abbiamo veduto, sono principalmente 1° una gran purezza di cuore, « beati
mundo corde », 2° una gran semplicità dello spirito che non cerca se non la
verità, 3° una profonda umiltà, 4^> il raccoglimento abituale, 5° la
perseveranza nell'orazione, 6° una fervente carità. Quest'ultima disposizione è
la principale con una profonda umiltà. Nell'ordine della, disposizione
materiale, l'umiltà è primordiale, dice S. Tommaso, ut removens prohibens,
in quanto allontana il principale ostacolo che è l'orgoglio, l'orgoglio
intellettuale così frequente nello scientismo, o l'orgoglio spirituale li.
Perciò S. Teresa insistette tanto su questa disposizione fondamentale, in tutte
le sue opere e particolarmente nell'epilogo del Castello. E. quello che
nostro Signore stesso c'insegnava dicendo :
« Ti rendo grazie, o Padre,
creatore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai prudenti e
ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli ». Qui, spesso, la disuguaglianza
delle condizioni soprannaturali o delle grazie, per l'umiltà, compensa
maravigliosamente la disuguaglianza delle condizioni o delle disposizioni
naturali.
Dunque, nell'esposizione della
dottrina tradizionale, non si potrebbe insistere troppo sulle disposizioni soprannaturali
alla contemplazione. E chi può rispondere : « Io non posso avere questa
purezza del cuore, questa semplicità dello spirito, questa profonda umiltà,
questo spirito di preghiera, questa carità»? Si deve domandarli a Dio.
Di più, abbiamo considerato le
condizioni esteriori che favoriscono la contemplazione e l'unione con Dio:
una certa solitudine, il
silenzio, un tempo sufficiente dato all'orazione, non sovraccarico, non letture
inutili, non preoccupazioni estranee alla nostra vocazione. A
14 II-II, q. 161, a. 5: i Ordinatipni faoit
hominem 'bene subjectwm. humilitas in universali <iuantum ad ormila.
» — Ihid., ad 2 : « Per modum removentis prohibens humilitas
prirnum locum tenet, in (inantum soillcet;
expellit
supertiiam, cui Deus resistit, et praebet hominem subditum et •patulum ad
suscipiendum influxum divinae gratiae, in quantum evacuai inflationem
superbiae. Unde dicitur Epist. Jaoolii IV gnod Deus su-'perbis resistit,
humilibus autem dat gratiam. Et secundum hoe humi-Utas dicitur spiritualis
aediflcii tundamentum. »
ESAME
DI ALCUNE DIFFICOLTÀ TEOBICPE 46?
queste condizioni esterne si
aggiungono le attitudini-naturali, e anche una direziono illuminata. Se molte
di queste condizioni esterne mancano, è difficile arrivare alla contemplazione,
che non ha più il suo-ambiente normale, come una palma piantata in Ir-landa.
Tuttavia una profonda umiltà e un'ardente carità possono supplirvi,
specialmente se si ha una gran. divozione a Maria e al Cuore Eucaristico di
Gesù 15.. Chi comincia abitualmente la sua orazione insieme coi due
Mediatori sarà da loro condotto all'unione intima con Dio, poiché tutto
l'influsso della Santa Vergine ha. per scopo di condurci al suo Figliuolo,
e-quello di Cristo ci conduce al Padre.
In mancanza di condizioni esterne
favorevoli, come abbiamo detto, è possibile che certe anime generose non
arrivino alla contemplazione se non dopo un tempo-più lungo che la durata
abituale della nostra esistenza quaggiù, ma tendono ad essa come al preludio
normale della visione beatifica, e la stessa vita attiva,. dice S. Tommaso, è
in tal modo ordinata alla vita contemplativa, alla quale essa deve disporre:
cfr. II-II,. q. 181, a. 1, ad 3; q. 182, a. 4.
Per ritornare all'obiezione
proposta, abbiamo di^ mostrato sopra (p.. 378-380) che noi intendiamo qui
veramente l'accidentale o il per accidens, come San Tommaso.
Infatti, per il fatto che la
grazia santificante è la. vita eterna cominciata {inchoatio vitae eternae,
semen-gloriae), è per se stessa inamissibile e dovrebbe crescere tutti i
giorni, principalmente per la comunione quotidiana. Ma noi abbiamo ricevuto
questo tesoro in un vaso fragile, e, a cagione del soggetto o della
defettibilità del nostro libero arbitrio, si può perdere la grazia o non
accrescerla guari. Ora questa, perdita, o anche questo arresto sono contro
la legge intrinseca della semenza divina fatta per svilupparsi sempre fino alla
vita dell'eternità. Questa contrarietà. caratterizza il peccato ne' suoi varii
gradi. Nella via,
"
Ct. il trattato della vera divozione a Maria, e. iv, a. 5, del B. Gin-gmon di month'ort, e il riassunto che
ne fece 11 beato; II segreto di.-Maria.
Si mediti anche sovente, in vista dell'orazione,
.['Ufficio e la Messa del S. Cuore, e anche l'Ufficio e la Messa del Cuore;
Eucaristico recentemente approvati dalla Chiesa. , .
464 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
f- . , • .• ,, • '
di Dio, non avanzarsi è andare
indietro. Of. supra, p. 199.
Per conseguenza, in quanto alle
tré ragioni fondamentali invocate sopra (p; 383-405), come principio o yer se
loquendo la contemplazione infusa è nella via normale della santità,
supposte le disposizioni intcriori sopraddette e una buona direzione, in un
ambiente favorevole. Ma se accidentalmente questa buona direzione, che
dovrebbe essere normale nella Chiesa, viene a mancare, e con essa il silenzio,
il raccoglimento, se l'ambiente, invece di favorire la contemplazione, vi si
oppone, allora è possibile che anime anche generose non arrivino quaggiù alla
contemplazione infusa. Parimenti in un ambiente pieno di pregiudizi contro la
dottrina di S. Tommaso, una buona intelligenza arriverà solo con difficoltà a
ben intenderla. Ma ciò è qualcosa di accidentale 16. Per conoscere
qual è la via normale della santità e il pieno sviluppo della grazia delle
virtù e dei doni, bisogna considerare come avviene normalmente (per se)
l'accresci- v mento di questa grazia in condizioni inferiori ed esteriori convenienti
e non contrarie, proprio come per vedere quello che può dare un determinato
germe, per esempio quello del cedro, bisogna metterlo nel terreno •che gli
conviene, altrimenti non arriverà al sommo del suo sviluppo normale. Noi
parliamo dunque delle anime che si trovano in un ambiente cristiano, che
risponde alle mire di Dio sopra di noi.
* * *
Altra difficoltà: « Dal sólo
concetto di grazia, for-malmente preso, non si può dedurre a priori che lo
stato mistico è normale, anche nel senso che ora abbiamo detto. Bisognerebbe,
per lo meno, completare la prova con l'osservazione dei fatti o fare intervenire
l'autorità teologica, la tradizione per esempio ».
Facile è la risposta: le tré
prove fondamentali che abbiamo proposto (p. 383-405) sono ciascuna, tanto per
la maggiore come per la minore e la conclusione, fondate non solo. sopra il
concetto della grazia delle
" Ct. supra, p. 37S-380.
ESAME
DI ALCUNE DIFFICOLTÀ TEOBIGHE 465
virtù e dei doni, ma sopra la
tradizione,' e sopra l'esperienza della vita perfetta, così come la
espongono in particolar modo S. Teresa e S. Giovanni della Croce17.
Del resto, bastano dieci o quindici anni di ministero negli ambienti
contemplativi e anche in quelli di vita mista fervente, per vedere che
l'esperienza della vita perfetta oggi ancora è conforme a quello che hanno
detto i santi.
Dunque la contemplazione infusa è
nella via normale della santità perché, 1° procede dalla grazia delle virtù e
dei doni, data a ogni battezzato, e apparisce quando il modo sovrumano dei
doni comincia a prevalere, come conviene per la perfezione, sopra il modo
umano e imperfetto delle virtù 18; il che ha luogo nella via
illuminativa e specialmente nell'unitiva; 2° perché l'anima quaggiù non è
perfettamente .purificata nel fondo delle sue facoltà, se non per le purificazioni
passive dei sensi e dello spirito, che sono d'ordine mistico e che
importano la contemplazione infusa almeno iniziale o arida; 3° perché la
contemplazione infusa e il vivissimo desiderio di vedere Dio, secondo la
tradizione e l'esperienza della vita perfetta, sono il preludio normale
della visione beatifica. Se dunque il cielo è accessibile a tutti, bisogna
dire altrettanto di ciò che ne è il preludio ordinario nei perfetti.
La grazia della contemplazione
infusa, benché eminente, è dunque veramente nella via normale della santità,
anzi della santità che dovrebbe avere ogni cristiano prima della morte, per
evitare il purgatorio, per essere subito dopo la separazione dal corpo nell'ordine
radicale voluto da Dio, e non essere dolorosissimamente privato, per un tempo
più o meno lungo, della visione beatifica.
"
SI consulti l'ultimo capitolo sopra L'accordo dei Maestri della Spiritualità,
dove si vedrà ohe la dottrina di S. Teresa e quella di S. Giovanni della Croce
è veramente quella della tradizione.
18 Cf. supra, p. 330..., 359.
80 — Perfezione e Contemplazione.
466 , PEEFEZIONE
CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
* * *
Si insiste ancora: « Nessuno può
contestare che il progresso spirituale espresso sotto questi tré aspetti non
sia nella linea normale dello sviluppo formale della grazia. Ma la natura
umana quaggiù (w via) non presenta forse nel suo stato normale
una resistenza tale a questo accrescimento che questo debba essere considerato
come un favore straordinario? La visione beatifica è veramente nell'ordine
dello sviluppo formale della grazia, ma sarebbe per sé cosa straordinaria
riceverla quaggiù. Tra le condizioni normali della vita umana e le
condizioni esteriori e inferiori richieste per la vita mistica, passa tanta distanza,
quanta tra la vita e la morte ».
Anche qui è facile rispondere con
S. Tommaso, II-II, q. 175, a. 4, e q. 180, a. 5, che quaggiù la visione
beatifica non può avere luogo senza rapimento, ed esclude il concorso
dell'immaginazione. Ma, avviene affatto diversamente della contemplazione infusa
della quale parliamo, essa resta dunque conforme allo stato normale in cui
l'uomo vive quaggiù 19. Di più, non dimentichiamo che vi è meno
distanza tra, •un giusto della terra, anche non mistico, e un santo del cielo,
che tra questo giusto e un peccatore privo della grazia; perché la natura non è
il germe della grazia, mentre questa è il germe della gloria, ossia la vita
eterna incominciata, «inchoatio vitae aeternae». Non vi è dunque molta
differenza tra le condizioni normali di una vita cristiana fervente, che
persevera
"
Of. II-II, q. 180, a. 5, ad 2 : « Contemplatio fiumana securidum
statura-praesenlis vitae non potest esse absque phantasmatibns ; quia connaturale
est nomini, ut species intelligibiles in phantasmatibus videat. siout
Philosophus dicit in III de Anima, o. vii. Sed tamen intellectualis.
cognitio non oonsistit in ipsis phantasmatibus, sed in eis oontemplatur pnritatem
intelligibilis veritatis, et hoc non solum in oognitlone naturali, sed etiam
in eis quae per revelationem cognoscinius. Dicit enim Dionysius in cap. i de
Cael. Hier., quod n angelorum hlerarohias manifestai nobis divina claritas
in qutbusdam symbolis flguratis »; ex quibns restituimur In simplum radium, id
est in simplicein cognitionem intelligibilis veritatis. Et sle intelligendnm
est quod Gregorius dicit, quod oontemplantes « corporalium rerum umbras non
secum. trahunt » ; quia videlioet in eis non sistit eonim contemplatio, sed
potlus in consicle-rafcione intelligibilis veritatis. »
ESAME
DI ALCUNE DIFfICOLTÀ TEOEICHE 46.7
nel fervore, e le
condizioni richieste dalla vita mistica; cfr. supra, p. 437-439.
Queste ultime si trovano non solo
negli ordini contemplativi, e nelle comunità ferventi di vita mista di
contemplazione e di azione, ma anche nel matrimonio cristiano che è veramente
quello che deve essere; cfr. supra, p. 428. Non pochi direttori
sperimentati hanno trovato in tutti i generi di vita molte anime arrivate allo
stato mistico tra le persone generose abitualmente fedeli allo Spirito Santo.
Uno di loro scriveva recentemente: « Un buon numero di quelli che credono di
avere qualità per parlare e scrivere della vita
•mistica, pare che non ne abbiano
mai fatto l'esperienza... D'altra parte, molti cristiani sono pienamente
nella vita mistica e non se ne accorgono. Possono essere avanzatissimi nella
perfezione senza rendersi conto che Dio fa in essi grandi cose e che è questa
la vita mistica. Io ne ho trovati in tutte le condizioni, principalmente tra i
poveri, tra i fanciulli e le persone senza lettere, e perfino tra i poveri selvaggi
convertiti dell'America del Nord» 20. L'autore di queste righe
ritiene perfino che di solito non si perseveri nel fervore, nell'umiltà,
nell'oblio di sé, nella .generosità senza arrivare alla vita d'intima unione
con Dio, vale a dire all'essenziale della vita mistica. Ciò non gl'impedisce di
scrivere : « Eeca stupore il vedere quanto è enorme il numero di persone
spirituali che restano tutta la loro vita a scalpitare nella via purgativa.
Sono poco numerosi, anche tra i religiosi e i chierici... quei che oltrepassano
la soglia della vita
-mistica e corrispondono al caldo
invito di nostro Signore: Amico mio, sali più in alto (Lue. xiv, vers. IO)»21.
In tal modo si spiega, come abbiamo detto sopra, p. 428 ss., che le condizioni
necessario alla vita mistica non mancano generalmente alle anime intcriori
veramente generose. Se noi siamo inclinati a pensare il contrario, badiamo di
non cercare in una teoria senza fondamento la giustificazione di una certa
mediocrità spirituale; non dichiariamo straordinaria la vita mistica, per non
avere da aspirarvi con lo spogliamento che la prepara.
Aggiungiamo che gli ambienti sfavorevoli provocano
20 dom lootsmet, La
Vie mystigue, trad. dall'inglese. Manie, p. 46-47.
21 IM., p.
81. .
468 PEEfEZIOME CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
spesso una reazione salutare nei buoni,
soprattutto nei migliori, e il Signore li .aiuta tanto più quanto maggiori sono
le difficoltà da vincere. In tal modo appunto la pena che ci cagiona
l'ingiustizia rivela il pregio della giustizia, la vanità e l'orgoglio che si
rendono insopportabili 'mostrano il pregio dell'umiltà. Contro uno scientismo
pretensioso quanto vuoto, il cui spirito falso altera tutto, reagiscono di
comune accordo e affatto spontaneamente l'amore della verità, il culto della parola
di Dio, e la sola pietà, che non si contentano delle apparenze. La mancanza di
semplicità nella vita fa desiderare quella franca cordialità senza la quale non
c'è vera unione in Dio degli spiriti e dei cuori. Una .nota discordante, che
falsa l'ordine della carità collocando l'amore del prossimo al di sopra
dell'amore di Dio, ci ridesta e per contrasto ci richiama alla mente tutta la
grandezza del primo precetto. La menzogna sotto le sue svariate forme ci fa
vedere tutto il pregio della verità; la sua assenza in varii gradi è uno dei
più grandi ostacoli alla vita di orazione;
un'anima non diventa
contemplativa, se essa non è stabilita nella verità; perché la contemplazione
non è altro clie l'effetto immediato dell'operazione diretta della Verità di
Dio sopra l'anima nostra, per portarla a un più grande amore. Finalmente il
principale ostacolo viene da certe sottigliezze d'orgoglio intellettuale o
spirituale, il quale, soprattutto quando esse si trovano in quelli che
dirigono, possono avere conseguenze irrimediabili, almeno per un tempo; la magniloquenza
mistica qui non è meno da temere che un certo intellettualismo sterile. Tutto
ciò fa comprendere che per contrasto vi è talvolta più vera contemplazione e
santità in ambienti poveri, poco ' noti, ma carissimi a nostro Signore Gesù
Cristo. • Spesso la divina Misericordia compensa la disugua-:.. glianza delle
condizioni naturali con grandi grazie, « beati i poveri di spirito » ; una
profonda umiltà supplisce alle altre condizioni della vita d'unione con Dio. I
due grandi Mediatori, Gesù e Maria, si piegano verso gli umili per condurli
all'intimità del Padre. Noi non abbiamo che una vita, da essa dipende la nostra
eternità; e, come dice il Taulero, se prima della maturità dell'età noi non
siamo entrati nell'intimità divina, corriamo rischio di non entrarvi quaggiù,
benché ciò sia il preludio normale del cielo.
ESAME
DI ALCUNE DIFFICOLTA TEOEICHE 469
* * * .
« Tuttavia, ci si dice ancora, le
condizioni di solito richieste alla vita mistica, benché normali alla
grazia, sono anormali alla natura umana. Questa natura .non è fatta
normalmente per queste condizioni di vita:
nel modo di operare abituale che
caratterizza lo stato mistico, e nelle terribili purificazioni passive, vi è un
annientamento della natura al quale questa non' è da sé ordinata,
annientamento che non è richiesto per la semplice giustificazione, ne per la
vita della grazia secondo il modo umano delle virtù... Final-, mente quaggiù il
preludio normale della visione beatifica è propriamente la carità, e non la
contemplazione infusa procedente dal dono della sapienza ».
Questa obiezione, più attenta
alle esigenze della natura che a quelle della grazia, ricorda più lo spirito
di un certo umanesimo cristiano che lo spirito della sapienza del quale si
parla qui. Essa disconosce pa-'recchie cose essenziali che abbiamo esposto a
lungo.
1" Essa perde di vista la
portata della parola di nostro Signore circa il mistero della croce: « Rivolgendosi
a tutti, dice egli, come riferisce S. Luca, ix, vers. 23: Ohi vuoi venire
dietro a me, rinneghi se stesso, porti ogni giorno la sua croce e mi segua.
Perche chi vorrà salvare la sua vita la perderà, e chi perderà la sua vita a
cagione di me la salverà ». Sotto questo aspetto le condizioni della vita
mistica che paiono anormali alla natura, non sono tali alla natura
rigenerata dalla grazia, non sono anormali alla vita cristiana
considerata specialmente nella, sua piena perfezione accessibile quaggiù. Il
cristiano deve imitare Gesù Cristo crocifisso. Le purificazioni pas--sive (più
o meno dolorose del resto secondo le colpe da espiare e secondo il grado di
vita soprannaturale al quale Dio vuole condurre) 22, anziché opporsi
all'armonia della natura e della grazia, sono, come la croce, necessarie,
secondo i santi, per arrivare a quella perfetta armonia, che non si
trova bene realizzata quaggiù se non nella vita unitiva sviluppata,
Cf. supra, p. 395 ss.
470 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
cioè nella vita mistica e nel suo
modo sovrumano 23. Allora soltanto si armonizzano del tutto le virtù
in apparenza contrarie: la sapienza più alta e la prudenza più attenta ai
minimi particolari, la fortezza e la dolcezza, la misericordia e la giustizia;
è lì soltanto che la vita soprannaturale, senza perdere nulla della sua
elevatezza, è diventata veramente connaturale, così come una seconda
natura, i cui atti sono spontanei, semplicissimi, perché l'anima purificata, invece
di riferire tutto istintivamente a se stessa, riferisce tutto a Dio.
Non dimentichiamo parimenti che
la natura decaduta non risale al suo stato naturale normale se non per
la grazia che la guarisce (grafia sanans), e che senza questa grazia noi
non possiamo osservare tutta la legge naturale, ne amare sopra ogni cosa, anche
naturalmente, Dio autore della nostra natura. S. Tommaso è formale su questo
punto: «L'uomo con le sue sole forze naturali (tal quale sarebbe stato in uno
stato puramente naturale) può amare Dio più di se stesso e al di sopra di tutto...
Ma nello stato di natura corrotta (o decaduta) non lo può, perché, a cagione
della corruzione della natura, la sua volontà si porta verso il bene proprio
(per egoismo), salvo che non sia guarita dalla grazia di Dio » 2*.
"
S. Tommaso dice parimenti delle virtù teologali, indtpendente-monte dai doni :
« Virtutes Theologtoae sunt snpra hominem, ut dietimi est q. 58, a. 3, ad. 3.
Unde non proprie dicuntnr virtutes humanae, sei superhumanae, vel divinae
'>, I-II, ci- 61, a. 1, ad 2. Perciò tra le virtù •propriamente
umane solamente le quattro virtù cardinali sono dette principali,
nonostante la superiorità incomparabile delle virtù teologali ohe riguardano
il fine ultimo ; ci. iWd.
"I-II,
q. 109, a. 3, sed contea: <i Homo ex sotis naturali'bus Deum potest
diligere plusquam se et super omnia. » — l'bid. in corp. : n Sed in
statu naturae corfuptae homo ab hoc deficit secundum appetitnm voluntatis
ra.tionalis, quae propter corrn-ptionem naturae seauitur bonum pri-vatum,
nisi sanetur per gratiam ». — Item, a. i, — Vedi anche nelle
opere di S. Tommago dovunque si tratti del •fomtte del 'peccato e delle
ferite; cf. Tabularli auream, a queste parole.
È
quello ohe dimostra che 1 tornisti sono molto fedeli a S. Tommaso quando
insegnano generalmente ohe l'uomo nello stato di natura decaduta non anoor
rigenerata, è più debole per il bene che non sarebbe stato nello stato di
natura pura. Vedi sugli articoli citati i commenti di Lemos, Alvarez, Billuart,
Giovanni di S. Tommaso, e specialmente ÌJ8ALMANTIOESI, de Gfratia, tr.
XIV, g.. 29, disp. II, dub. 2. 3, 4, 5, n. 99.
ESAME
DI ALCUNE DIFFICOLTÀ TEOBICHE
471
2° L'obiezione condurrebbe ancora
a sostenere, contrariamente a ciò che abbiamo dimostrato sopra sulla elevatezza
del primo precetto, p. 203-211, che la maggior parte delle anime giuste non
potrebbero con una fedeltà progressiva arrivare alla perfezione cristiana, al
terzo grado della carità. Questo infatti, come abbiamo veduto, p. 330 ss., si
accompagna col terzo grado dei doni, che è d'ordine mistico. D.io è pronto a
dare la grazia a quei che vi sono disposti, ma l'uomo è lento a disporvisi come
conviene con una perfetta umiltà e abnegazione.
3" Ne seguirebbe pure che
per la maggior parte degli eletti il purgatorio sarebbe inevitabile,
poiché non avrebbero potuto arrivare quaggiù ad essere perfettamente
purificati. È un dimenticare che secondo l'ordine voluto da Dio la
purificazione si deve fare in questa vita e con meriti piuttosto che dopo la
morte e senza meriti. Cf. p. 395, 445 ss.
4° Finalmente non è solo la
carità che, nell'ordine' nelle anime perfette, è il preludio della visione del
cielo, ma è una carità accompagnata dalle virtù purgali animi (I-II, q.
61, a. 5), dai doni del terzo grado, e dalle beatitudini, la cui ricompensa
appartiene già in un certo senso alla vita presente (I-II, q. 69, a. 2, e. et
ad 3, commento del «Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt»). Vedi sopra
quel che abbiamo detto del terzo grado dei doni della pietà, dell'intelletto e
della sapienza, così •oom'è nei perfetti, p. 330 ss.
La soluzione di queste obiezioni
conferma dunque la dottrina esposta sopra circa la chiamata generale e remota
delle anime giuste alla vita mistica, che è sulla via normale della santità,
sulla via normale del cielo, a cui, certamente, tutti i giusti sono chiamati.
Si vede ora perché noi abbiamo riassunto questa dottrina nella divisione
seguente, dalla quale si può meglio
102,
116, 129, 135, eco. fi anche tra i moderni l'opinione di S. Alfonso de'Liguori;
generalmente è la" dottrina degli autori spirituali, eco degli scritti dei
santi. Cf. Imitazione di O. O; I. Ili, o. 5-t, 55. — Tale pare •ohe sia
anche il senso naturale dei testi del Magistero ecclesiastico, là dove paria
delle ferite della natura decaduta e del libero arbitrio non distrutto ma
attenuato, indebolito, e del fomite del peccato; et. den-ZIN-6EB, IO" ed., n. 174, 181,
198, 788, 793, 1275, 1616, 1627, 1634 ss., 1643.
472 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
afferrare il senso e l'ampiezza.
Leggendo dal basso all'alto si segue il movimento ascensionale della grazia in
noi.
ai
gradi superiori della vita. •prossima, i vmrnrp mistica
8
segni \ t•"tc(lfc•• ai gradi inferiori della vrtft di S. GKo-
i mistica
-§•§ ulteriore
vanni della \ sufficiente, chiamata .a. cui molti re-§
" Croce ;
sistono. <; Molti chiamati, pochi g^ f
. eletti.» ,^'P remota:
per il fatto dello stato di grazia: la grazia
—
a è il germe della
gloria.
^
-( individuate
per es.: per mezzo del direttore 1 esteriore i ,
, „ „.„ ^ t generale
per ea.: per mezzo della Scrittura*
Peccato veniale e imperfezione, ostacoli all'unione divina.
Non s'insiste mai abbastanza sui
diversi ostacoli che impediscono in noi l'esercizio dei doni dello Spirito
Santo. U P. Lallemant, S. J., li notò benissimo nel suo libro La Doctrine
spirituelle, IV Pr., e. in, a. 3: «Si domanda perché i più dei religiosi e
delle persone divote che conducono una vita tiepida, fanno così pochi atti dei
doni dello Spirito Santo, dal momento che, essendo essi in stato di grazia, li
posseggono... Fa stupire il vedere tanti religiosi che, dopo aver vissuto in
stato di grazia per quaranta e cinquant'anni, dicendo tutti i giorni la messa,
e praticando tutti i santi esercizi della vita religiosa, e per conseguenza avendo
i doni dello Spirito Santo in un grado fisico molto elevato e
corrispondente a quel genere di perfezione della grazia, che i teologi chiamano
graduale o di accrescimento fisico; fa stupire, dico, il vedere che
questi religiosi non facciano apparir nulla dei doni dello Spirito Santo nelle
loro azioni e nella loro condotta;, che la loro vita sia. tutta naturale; che
quando sono biasimati, pagati d'ingratitudine, ne manifestino risentimento; che
dimostrino tanta premura per le lodi, per la stima e per l'applauso del mondo;
che se ne compiacciano tanto e che amino e ricerchino tutti i loro comodi e
tutto quello che lusinga il loro amor proprio.
ESAME
DI ALCUNE DIFFICOLTÀ TEOEICHE
47$
« Non vi è ragione di stupirsene
: i peccati veniali,, ch'essi commettono continuamente, tengono i doni dello
Spirito Santo come legati 26; di modo che non. fa maraviglia
che non se ne vedano in essi gli effetti. È vero che questi doni crescono
cos'i come la carità, abitualmente e nel loro essere fisico; ma noa
attualmente e con quella perfezione che risponde al fervore della carità
e che accresce in noi il merito, perché i peccati veniali essendo opposti al
fervore- ' della carità, impediscono per conseguenza l'operazione? dei doni
dello Spirito Santo... Non è concepibile, dice S. Lorenzo G-iustiniani, di
quanti peccati si riempia il nostro cuore, se non abbiamo cura di purificarlo
incessantemente... Poche persone si danno» totalmente a Dio^e s'abbandonano
alla condotta dello Spirito Santo, per tal modo ch'egli solo viva in esser e
sia il principio di tutte le loro azioni ».
Di più, si trascura spesso di
correggere una moltitudine d'imperfezioni,. che non sono, almeno per sé,,
peccati veniali. S. Giovanni della Croce ne notò parecchie nella Notte
oscura, 1. I, o. 3; 1. II, e. 2y parlando delle imperfezioni dei
principianti e di quella-dei proficienti 26. •
28 II -medesimo autore dice più sopra nel medesimo
capitolo: «I peccati veniali ch'essi commettono In gran quantità, escludono le
grazie-necessarle per produrre gli atti dei doni dello Spirito Santo. Dio rifiuta
loro il soccorso delle sue grazie, perché prevede che, s'egli. le desse loro
nella disposizione in cui si trovano, esse non servirebbero" loro a nulla,
essendo la loro volontà legata da mille vincoli che loro-impedirebbero di
consentirvi. » Questi legami sono le abitudini e gli afletti oontrari.
28 S. Giovanni della Croce distingue le imperfezioni
abituali e le imperfezioni attuali. Tra le abituali nei principianti, egli
nota la propensione alla sensualità spirituale e quella dell'orgoglio
spirituale. Da ciò" derivano spesso peccati veniali ; ma vi sono anche del
moti primi d'impazienza, di sensualità, d'orgoglio che precedono ogni
avvertenza attuale ed anche alle volte l'avvertenza possibile ai principianti,
in par^ tieolare nei momenti di stanchezza e di sonnolenza. Of. 8. tommaso, I-II, q. 71, a. 3: « Corruptio
fomitis non impedit, qutn homo rationabili voluntate possit reprimere singulos
motus inordinatos sensualitatis, tì'k prcwsenfiaf: pula divertendo
cogitati onem ad alia. » Cf. zbifl.f salman-ticesi.
Item I-II, q. 17, a. 7; q. 80, a. 3, ad 3; II-II, q. 164, a. 5;. de
Malo, q. 7, a. 6, ad 6.
474 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
A questo proposito importa di
vedere in che cosa, secondo i migliori Tornisti,. l'imperfezione differisca
•dal peccato veniale. ,
Questa distinzione a tutta prima
sembra essere opposta a due principii di S. Tommaso.. Infatti egli insegna,
I-II, q. 18, a. , 9, che non vi sono atti
•deliberati individuali o
concreti, che restino indifferenti, cioè che non siano ne moralmente buoni, ne
moralmente cattivi. Se sono indifferenti a cagione .del loro oggetto, come il
fatto d'andare a passeggio, essi .sono o buoni, o cattivi, a motivo del fine
per
•cui si fanno; perché l'uomo,
operando deliberatamente, deve sempre agire per un fine onesto; se si agisce
così, l'atto è buono moralmente, se no è cattivo. Non
•sembra dunque che, tra gli atti
virtuosi e il peccato veniale, vi possa essere posto per quello che si
•chiama imperfezione.
D'altra parte, come abbiam
veduto, S. Tommaso insegna, II-II, q. 184, a. 3, che la perfezione.
•della carità cade sotto il
precetto dell'amor di Dio, ae non come materia o cosa da compiere,
almeno
•come fine a cui ogni
cristiano, ciascuno secondo la propria condizione, deve tendere. Sembra dunque
•che, quando non compie tutto ciò
che può in tale istante, egli commetta un peccato veniale, minimo forse, ma
reale. Dunque l'imperfezione non sembra distinta dal peccato veniale.
Nondimeno S. Tommaso parla spesso
di atti 'buoni, che sono imperfetti; ed è il caso degli atti di carità
notevolmente inferiori al grado di carità che abbiamo (actus remissi),
per esempio, quando avendo cinque talenti, noi ci adoperiamo come se ne aves-
•simo solo due 27. Di
più, quando S. Tommaso definisce, II-II, q. 19, a. 8, che cosa è il timore
iniziale, che sta di mezzo tra il timore servile ossia della pena e il
timore filiale ossia del peccato, dice ch'esso non differisce essenzialmente
dal timor filiale (dunque non è un peccato veniale), ma che è qualcosa
d'imperfetto, perché è accompagnato da qualche
."
Ot. II-II, q. 25, a. 8, ad Ì (e 1
commentatori tornisti). Item I-II,
•q.
114, a. 8, ad. 3.—Vedasi più sopra,?. 199-211; 11 progresso dell'anfana
•dovrebb'essere
uniformemente accelerato, ed ogni comunione più fervente
•e più
fruttuosa della precedente, poiché ciascuna. deve accrescere in noi la carità,
e disporci cosi a meglio ricevere la S. Eucaristia li giorno dopo.
ESAME
DI ALCUNE MITICOI/TÀ TEOEICHE
475
timore servile. Colui, egli dice,
che non ha ancora se non il timor iniziale « si porta al bene non solo per
amore della giustizia, ma anche per timore del castigo, ora questo timore cessa
in colui che ha la carità perfetta ». Il timor servile infatti diminuisce col
progresso della carità, laddove il timor filiale cresce.
La ragione su cui si basa la
distinzione del peccato veniale e dell'imperfezione,-fu bene esposta nella
scuola to mista dai Carmelitani di Salamanca 28. La loro dottrina è
la seguente: II peccato veniale non può essere ordinato al fine della carità
(est irre feribile ad finem caritatis), .perché è un atto disordinato, nell'ordine
dei mezzi, come il peccato mortale è disordinato relativamente al fine ultimo,
da cui ci allontana. (Cf. I-II, q. 88, a. 2.)
All'opposto, quello che si chiama
« imperfezione » è un atto moralmente buono, ordinabile al fine della
carità, ma gli manca una certa perfezione che conviene al progresso
spirituale. '
Per ben intendere questa
distinzione, come dicono i Carmelitani di Salamanca, loc. cit., bisogna notare
che l'atto imperfetto (chiamato spesso un'imperfezione) non si
identifica assolutamente coll'ffls-sema di perfezione (ossia
col-1'imperfezione formale) che si trova in esso. Quest'assenza di perfezione
certamente non è buona. Ma l'atto imperfetto, di cui parliamo, è moralmente
buono, benché non abbia il grado di perfezione che conviene al progresso spirituale.
Dunque esso resta riferibile al fine della carità.
Non è un atto indifferente in
individuo, poiché è buono. Non è neppure propriamente contro il precetto
dell'amore di Dio, perché la perfezione della carità non cade sotto precetto
come materia, ossia cosa da compirsi sub gravi o sub levi,
ma solo come fine. E non vi è peccato se non quando vi è trasgressione
d'un precetto in quanto alla materia di questo precetto, e questa sia
obbligatoria sub gravi o sub levi. L'atto imperfetto s'oppone solamente
ad un consiglio, che per sé non obbliga. Infatti bisogna ben conservare
la
28 Cursus theol., — de Peccatis, ti. XIII, disp.
19, dub. I, n. 8 et 9, e de Incarnat'ione, in III P. S. Thomae, q. 15,
a. 1, De impeccabiUtate Ohristi, dove si dimostra ohe in Cristo non vi
potè essere nessun peccato veniale, ne Imperfezione di sorta.
476 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
distinzione tra il precetto e il
consiglio, sia questo contenuto nel Vangelo, o immediatamente ispirato da Dio a
questa o a quell'anima. Spesso lo Spirito Santo fa intendere ad un'anima che un
dato atto è meglio per lei e che tuttavia ella non vi è obbligata, ee
non fece il voto del più perfetto. ; Da questa definizione deriva la divisione
delle . .imperfezioni analoga a quella dei peccati veniali.
Così vi sono imperfezioni 1° ex genere suo, 2° ex parvitate materiae, 3° ex indeliberatione.
1° L'imperfezione ex genere
suo, o di sua natura, e tale che, anche deliberata, non diventa peccato
veniale. A questa categoria appartengono gli atti soprannaturali e
meritorii imperfetti (reinissi) relativamente al nostro grado di carità:
per esempio quando un'anima avanzata fa un atto di carità proporzionato alla
virtù dei principianti. Così ancora, come abbiamo detto, il timore iniziale è
imperfetto, a cagione del timor servile che l'accompagna, dovendo questo diminuire
col progresso della carità. — A questa categoria possono riallacciarsi certi
atti naturali non proibiti, ma che non convengono al progresso spirituale,
e che recherebbero maraviglia in una persona mortificata e specialmente nei
santi, salvochè una ragione speciale non intervenga a giustificarli; per esempio,
l'uso di certe cose inutili, come il tabacco; certe maniere di divertirsi, di
compiacersi nelle cose scientifiche o artistiche; nello studio un'attività
detta « naturale » perché non è resa abbastanza soprannaturale dal motivo che
la ispira. — Alla medesima categoria appartiene Y omissione d'una cosa
che ci sembra essere meglio per noi, e a cui in quel momento noi
preferiamo un'altra cosa meno buona, per un motivo legittimo ancora, ma meno
perfetto; per esempio, quando potremmo recarci a fare una visita al SS.
Sacramento, noi preferiamo dedicarci ad uno studio filoso fico utile, che
avremmo potuto rimandare. Quest'atto per sé non è cattivo, e non è cattivo
neppure per noi, se non siamo obbligati al più perfetto per un voto
speciale; esso è dunque buono, poiché in concreto non vi è atto deliberato
indifferente ; ma è meno buono dell'altro. Non dobbiamo chiamar cattivo quello
che è solo meno buono, ma dobbiamo però notare quest'imperfezione nell'ordine
del bene, pensando che se il peccato veniale dispone
ESAME
DI ALCUNE DIFEICOLTÀ TEOBICHE 477
al mortale, l'imperfezione
dispone al peccato veniale. Se noi vogliamo con Dia attenerci a ciò che. è
strettamente obbligatorio, Egli, che dal canto .suo ci da spesso ben oltre allo
stretto necessario, diminuirà le sue grazie.
Di più, molto sovente, nei casi
citati vi sarà di fatto accidentalmente peccato veniale, perché spesso
il motivo per cui ometteremo di fare ciò che e meglio per noi Me et
nunc, sarà la negligenza o. la pi-grizia 29.
2o Vi sono imperfezioni ex
levissima materia, perché la materia o l'oggetto che riguardano e
minima, e l'uomo non è tenuto a-deliberare su cose minime. Cf. I-II, q. 14,
a. 4. Per esempio, certa piccola negligenza nel contegno.
3° Finalmente vi sono imperfezioni
ex imperfectione actus, cioè, per mancanza d'attenzione o di deliberazione.
In questa categoria si trovano degli atti buoni in ragione del loro
oggetto, che sono compiuti in modo macchinale a cagione di distrazione
involontaria. Non sono peccati, benché a questi atti manchi una perfezione,
quella che viene dall'attenzione. (Ma, di fatto, qui vi è spesso negligenza e
per conseguenza peccato veniale quando si potrebbe e si dovrebbe considerare e
deliberare.) A questa categoria appartengono anche i primissimi moti
disordinati della •sensibilità, che sì producono prima che noi possiamo
avvedercene e reprimerli. Sono essi un'imperfezione, destinata a scomparire
soprattutto in grazia delle purificazioni passive dei sensi e dello spirito, e
diventano rare in un'anima perfetta. Altrettanto bisogna dire del modo ancora
difettoso con cui un'anima perfetta compie un atto buono; per esempio, nella
repressione necessaria del male si mescola a volte anche nei santi, contro la
loro intenzione, qualche moto d'ira che oltrepassa un po' la misura 30.
Finalmente a questa categoria appartiene la
81 È già Illecito omettere una cosa migliore per
noi, per questo solo motivo, che non vi siamo tenuti, e vogliamo usare
della nostra libertà. ÌS questo, dicono a buon diritto parecchi
tornisti, un volere senza giusto motivo, i volitio otiosa, carena pia
Titilitate aut justa necessitate ». CI. biihjabt,
de Actibus humanis, diss. IV, a. vi, solv. obl. 3.
30 Su quest'argomento, a proposito dell'ira, S. Tommaso
nota (III, q. 15, a. 9, ad 3), che in Cristo, quando scacciò i venditori dal
tempio, essa era perfettamente santa, e proporzionata al motivo che l'ispirava
;
478 PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
•trasgressione puramente
materiale d'un precetto, per effetto d'ignoranza invincibile.
Vi sono certamente molte
imperfezioni che, senza essere per sé peccati veniali, tolgono alla
nostra vita l'armonia, la pace, il vigore, che converrebbero al progresso
spirituale. "La qual cosa apparisce par-;. ticolarmente nella vita comune,
soprattutto negli atti che richiedono una maggior perfezione: un dato modo di
salmeggiare, troppo lento o troppo spedito» è un incomodo per il prossimo,
senza che ce ne accorgiamo; un dato modo di suonar l'organo, invece d'aiutar a
pregare, diventa un impedimento; e può darsi che in questi atti non vi sia
peccato veniale propriamente detto, ma un'imperfezione che proviene, dal nostro
temperamento, dalla stanchezza, da qualche mancanza di educazione, o da una
certa piega di .mente, inclinata sia a trascurare i particolari, sia invece ad
ingolf arvisi. Una carità più perfetta, più delicata riguardo a Dio e al
prossimo, accompagnata dai doni dello Spirito Santo in un grado proporzionato,
farebbe a poco a poco scomparire queste .imperfezioni.
Ne abbiamo già notato (p. 440)
parecchie di quelle che costituiscono altrettanti 'ostacoli alla contemplazione.
In modo particolare bisogna ritenere quelle indicate da S. Giovanni della
Cróce, -Notte oscura, 1. I, e. 3..., e 1. II, e. 2: l'inclinazione a
cercare in Dio il godimento più che Dio stesso, i primi moti d'orgoglio
spirituale, le macchie del vecchio uomo, che sussistono nello spirito, anche
dopo la purificazione passiva dei sensi, una certa ottusità dell'intelligenza,
la durezza naturale, conseguenza del peccato eco. « Anche i proficienti sono
soggetti alle distrazioni, ad espandere fuori lo spirito... Alcuni fanno un uso
poco interiore dei loro beni spirituali... si espongono così a lasciarsi
ingannare dalle suggestioni del demonio o della fantasia... Questa materia è
inesauribile... Per dimostrare la necessità
mentre
rn noi l'ira, anche comandata e moderata dalla retta ragione, turba un poco lo
sguardo della contemplazione, perché in noi l'operazione d'una facoltà,
quand'è intensa, impedisce spesso l'atto di un'altra facoltà : « Ex hoc
procedit, quod motus irae, etiamsi sii secundum ra-tionem nwderatus,
utcumque impedii oculum animae contemplati onis. » Ciò sparisce a poco a poco
nel santi.
ESAME
DI ALCUNE DIFFICOI/rÀ TEOEICHE 47 9*
della notte dello spirito, dice
il santo, bisogna aggiungere che nessun proficiente, per quanto siasi
adoperato, è—esente da numerosi affetti naturali .e da abitudini imperfette che
esigono la loro purificazione per raggiungere l'unione divina» 31.
È quello che dimostra ancora una volta che queste purificazioni passive e la
contemplazione infusa e oscura^ che ne è il principio, sono veramente nella via
normale della santità: « Questa notte oscura è un influsso di Dio nell'anima
per purificarla dalle sue ignoranze ed imperfezioni abituali, naturali e
spirituali. I contemplativi la chiamano contemplazione infusa e teologia
mistica, in cui Dio istruisce l'anima in segreto-e in perfezione d'amore, senza
ch'ella v'intervenga,. senza che neppure capisca in che consista siffatta contemplazione
infusa... Come va che l'anima chiama qui notte oscura il lume divino ?... A ciò
si danno due ragioni. La prima è che la sapienza divina,, eccedendo per la sua
elevatezza la capacità dell'anima, è per ciò stesso oscura per l'anima. La
seconda si trova nella bassezza e nell'impurità dell'anima, la qual cosa fa. sì
che la luce le sia penosa, afflittiva e nel medesimo tempo oscura » 32.
« L'anima, benché mantenuta nelle tenebre, non ne vede meno, mediante questa
luce, la sua impurità; ed è persuasa di non essere degna. di Dio ne d'alcuna
creatura... La divina ed oscura luce le mette sott'occhio tutte le sue
infedeltà » 33', Così impara la vera umiltà, che la dispone a ricevere
con abbondanza la grazia divina, perche « Dio da la sua grazia agli umili », e
li fa umili per ricolmarli di favori. Tal è la via della vera vita, il cammino
sicurissimo dell'eterna, beatitudine. « Beati immaculati in via, qui
ambulant in lege Domini. Beati qui scrutantur testimonia ejus, m loto corde
exqui-runt eum... Viam mandatorum tuorum cùcurri, cum dilatasti cor meum...»
(Ps. cxvin) : «Beati quelli. che sono irreprensibili nella loro via, che camminano
secondo la legge del Signore. Beati quelli che osservano i suoi insegnamenti e
lo cercano con tutta la loro anima... Io corro nella via de' tuoi comandamenti,
perché tu dilati il mio cuore», me-
" Notte oscura, I. II, e. n. " Ibid., e. v. " IWd.
480 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
.diante la divina carità, alla luce
di vita, che mi .rivela la tua grandezza, la tua onnipotenza e la tua infinita
misericordia per noi. Questa voce dei salmi
•è quella della contemplazione,
che anima la grande preghiera della Chiesa; a questa contemplazione ogni anima
credente deve aspirare per giungere sino alla
•cima della sua fede. In
quest'aspirazione, per la connessione delle virtù, Yumiltà e la magnanimità
devono unirsi, ed esse non sono vere se non unendosi st;
solo un'anima profondamente umile può aspirare come conviene alle grandi cose
promesse da
•Cristo a quelli che vogliono
seguirlo; e per il semplice fatto che è umile, ella sarà colmata: « De-posuit
potentes de sede, et exaltavit. liumiles ».
•" II-II, a. 129, a. 3, ad. 4.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 481
articolo V.
Le grazie straordinarie che
accompagnano qualche volta la contemplazione infusa.
§ I.
La dottrina da noi esposta riceve
una nuova conferma dal confronto della contemplazione infusa colle grazie
straordinarie che a volte l'accompagnano e / aono da esse ben distinte. ' ;
Queste grazie straordinarie
appartengono generalmente ai carismi o grazie gratuitamente date (gratis
datae) enumerate da S. Paolo, I Cor., xn, 7:, «Vi è diversità di doni, mai
è il medesimo Spirito... A ciascuno è data la manifestazione dello Spirito per
l'utilità, comune. Infatti all'uno è dato per mezzo dello Spirito il
linguaggio della sapienza; all'altro poi il linguaggio della scienza,
secondo il medesimo Spirito; a un altro. la fede 1, per il
medesimo Spirito; a un altro il dono delle guarigioni, per il medesimo
Spirito; a un altro l'operazione dei prodigi; a un altro la profezia;
a un altro la discrezione degli spiriti; a un altro ogni genere di
lingue; a un altro l'interpretazione delle favelle. Ma tutte queste
cose le opera quell'uno e medesimo Spirito, il quale distribuisce a ciascuno
in particolare secondo che gli piace ». Vedasi pure Rom., xn, 6.
Molto al disopra di tutti questi
doni, S. Paolo colloca la carità : « Se non ho la carità, tutto questo non mi
giova nulla» (I Oor., xm, 3).
'
Non si tratta ivi della tede virtù teologale, poiché questa è comune a
tutti 1 cristiani, ma d'una certezza e sicurezza speciale che Dio concede specialmente
a teologi e a predicatori perché trasmettano la sua. divina parola con una
convinzione che nulla può scuotere. Or. infra^ P. 487, nota 24.
31 — Perfezione e Contemplazione.
482 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
E 'infatti, come San Tommaso,
dimostra, 1-11, q. Ili, a. 5, la grazia santificante e la. carità sono molto
più eccellenti di tutti questi carismi, perché esse ci uniscono immediatamente
a Dio nostro ultimo fine, laddove questi carismi sono ordinati specialmente all'utilità
del prossimo e lo dispongono solo a convertirsi, senza dargli la vita
divina 2. Generalmente essi non sono essenzialmente soprannaturali,
come la grazia santificante, ma solo preternaturali» come il miracolo e la
profezia 3.
S. 'Tommaso fa veder bene la
natura di questi carismi mediante, la divisione che ne da, I-II, q. 111,. a. 4,
e che si riduce al quadro seguente:
1/ede
o certezza speciale circa i principii.
3, I" esse danno la linguaggio della sapiema circa le
princi-g tì piena cognizione pali conclusioni conosciute mediante la.
*^ delie causa prima.
•§
| ''3 K cose divine
<U ^ CI '
§^3 i
lo-" \ ousualvmB linguaggio della scienza, circa gli esempi -' p^ S e gli effetti che manifestano le caiise-
•Stì ° ^ 1. per mezzo ( dono delle guarigioni.
S SS \ 2" confermano \ di opere i dono dei miracoli:
?s'3 ss i la rivelazione / .
g,R o i divina J per mezzo della ( prorezza.
w's ff I . I cognizione ( discrezione degli spiriti^
S. •
a! a^cTre ^ dono delle lingue.
^di'S'io11'' mterpretazione delle favelle.
2 I-I'I, c[. Ili, a. 5: « Semper flnia potior est his
quae STmt ad flnein-Gràtia autem gratum. taelens ordinat hominem. immediate
ad eonjuii-ctionem ultimi finis; gratiae antem. gratis datae ordinant
hoimnein aa quaedam, praeparaforia finis ultimi; Bieut per prophetiam et
rniracula, et alia hujusmocli homines inducnntTir ad hoc, c[Tiod ultimo flni
con-jungantur. Et ideo grafia gratum faciens est multo excellentior guarn
grafia gratis data. " — I-II, q. Ili, a. 1, ad 3: 11 Gràtia gratum
faciens addit aliauid supra rationem gratiae gratis datae, ciuod
etiam ad ra-tionem gratiae pertinet; quia scilioet hommem gratum tacit
Deo, et ideo gratia gratis data, quae hoc non (acit, retinet siti
nomen communi,. Bicut in pluribug allis contingit. » Coinè l'animale privo
di ragione è chiamato « animale » senz'altro, così queste grazie d'ordine
inferiore, ohe,. . per sé, non rendono l'uomo gradito a Dio, si dicono gratuitamente
date.
3 Vedasi a pag. 52, la distinzione del soprannaturale
quanto alla sostanza (ouoad substantiam) e del soprannaturale quanto al
modo (quowt modum). .
1A
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
-'483
A questi carismisi
annettono generalmente i favori straordinari che accompagnano a volte la contemplazione
infusa, cioè le .rivelazioni private, le visioni, le parole soprannaturali, di
cui S. Giovanni della Croce trattò ampiamente nella: Salita del Carmelo, 1.
Il, e. ix-xxx, distinguendoli con maggior cura dalla contemplazione infusa, che
alla sua volta si collega colla grazia delle virtù e dei doni ossia grazia santificante. J
Quest'insegnamento di. S.
Giovanni della Croce poggia teologicamente sul trattato della profezia che S.
Tommaso ci lasciò nella II-II, q. 171-175, dove egli consacra sei articoli :(q.
175) al rapimento che .a volte accompagna la,, rivelazione profetica, come può
anche accompagnare la contemplazione infusa.
La rivelazione profetica, dice S.
Tommaso, può farsi in tré modi: per visione sensibile, o per visione
immaginaria, o per visione intellettuale; e lo stesso profeta può
essere o in stato di veglia, o ài sonno, o in estasi. : '
Infatti alle volte'un segno sensibile,
esternoy apparisce agli occhi,'o si ode una voce esterna,6. Altre
volte Iddio, per esprimere il suo pensiero, coordina certe immagini -che
preesistono nella nòstra immaginazione o ne imprime delle nuove 6.
Più di rado egli agisce immediatamente sull'intelletto coordinando le nostre
idee' acquisite o. imprimendo idee nuove, dette infuse 7. Sempre vi
è un lume infuso, profetico, e anche da solo basta, per esempio, per
interpretare;
certi segni, come Giuseppe
interpretò i sogni di Faraone 8. ' ' ' ' ' .^
Se il profeta si trova in stato
di veglia, là visióne e più perfetta che se essa gli fosse data durante il
sonno, poiché egli ha il pieno uso delle sue facoltà 9.
1 CI. II-n, q. 174, a. 1, ad. 3. ^'Ibid., o.
' II-II, q. 173, a. 2,
ad 1. •i •; II-II, q. 171, a. 3.
'
-0>id.,ad 2. ,'
484 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Qualche volta la visione detta
immaginaria o la visione intellettuale sono accompagnate da estasi o da
alienazione dei sensi 10. L'estasi parziale o totale può essere un
effetto naturale dell'assorbimento delle facoltà superiori nell'oggetto
manifestato, e l'anima non può più essere attenta alle cose esteriori ~11;
se invece l'estasi precede in qualche modo la visione o la con- ' templazione e
dispone ad essa, allora è straordinaria, come il rapimento propriamente
detto, che comporta -una certa violenza, sottraendo l'anima alle còse inferiori
per fissarla in Dio 12.
Gesù e Maria avevano tutti questi
carismi in un grado eminentissimo, senza perdere l'uso dei sensi;
e fin dal principio della loro
vita, erano superiori all'estasi e al rapimento 13.
* * *
Secondo questi principii S.
Giovanni della Croce distinse bene dalla contemplazione infusa, generale ed
oscura u, diversi modi di cognizione soprannaturale particolare
e distinta: lo le visioni, sia sensibili, sia immaginarie, sia
intellettuali 16, 2° le rivelazioni le, 3° le parole
inferiori 17. Dopo averle enumerate, San
• 10
II-II, q. 174, a. 1, ad 3.
11 Cf. S. tommaso,
Se Ventate, q. 13, a. 3: «C'unì totaliter anima intendat ad actum
unius potentiae, ahstrahitur homo ab actu alterius potentiae ». Gf. I-II, et.
173, a. 3, o., sull3estasi parziale o totale. Ne l'una ne
l'altra, del resto, è necessaria alla profezia, ne alla contemplazione;
et.
ilbid. • .
12 II-II, q. 175, a. 1 e a. 2, ad 1 : «Raptus addit
aliquid supra ex-tasim... scil. violentiam qtmmdain. » " Ct. Ili, q. 10.
14 Salita del Carmelo, 1. II, o. i-vili. 11
IbW., e. vin-xxil.
• lt
Ibid., xxni-xxv.
17 Itlid., o. xxvi- xxix. Alle cognizioni
soprannaturali distinte S. Giovanni della Croce riallaccia (e. ix e xxx) i
tocchi divini ricevuti nella volontà che vi producono sentimenti spirituali e
si « ripercuotono sull'intelletto «. Ne parleremo alla fine di quest'artìcolo.
LA
CflIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
485
Giovanni della Croce 'aggiunge:
«In quanto alla cognizione oscura e generale, non vi è divisione, è la contemplazione
ricevuta nella Fede. Questa contemplazione è la meta a cui dobbiamo
condurre l'anima;
tutte le altre cognizioni devono
concorrervi, cominciando dalle prime, e l'anima deve andare di progresso in
progresso spogliandosi di tutte» ls.
Per mettere in rilievo quello che
vi è di formale nell'insegnamento tradizionale su questo punto, noi;
procederemo dal generale al
particolare. Perciò, seguendo l'esempio di S. Tommaso 19, parleremo
prima, delle rivelazioni, per vedere poi i modi speciali onde, si
manifestano, vale a dire sia mediante visione, sia mediante parole,
la qual cosa è generalmente più ' espressiva. Notiamo tuttavia che'le visioni e
le'parole non sono modi particolari di rivelazione se non quando scoprono cose
nascoste, future, presenti o passate. ! . . . . ' :. -
Procederemo anche ^dall'inferiore
al superiore considerando, in ciascuna di queste categorie, le manifestazioni
sensibili, immaginarie, e intellettuali, secondo che svelano di bene in meglio
le opere di Dio, e Dio stesso.
-, . .
Finalmente conviene pure andare
dall'esterno all'interno considerando prima, tra questi favori, quelli che
manifestamente mirano soprattutto all'utilità del prossimo e si riallacciano più
direttamente ai carismi o grazie gratis datae, particolarmente alla profezia;
è il caso soprattutto delle rivelazioni private. Altri fra questi favori
s'accostano all'ordine della grazia santificante, perché sono direttamente
ordinate alla santificazione della persona che le riceve, e dispongono tanto
più all'unione divina quanto meglio fanno conoscere Dio stesso ed incitano ad
amarlo,
"
Salita, I. II, c. ix, fin. " II-II, q. 171, 173, 174.
486 PERFEZIONE CEISÌIANA E CO'NTEMPLAZIOME
sovente in mezzo a grandi prove.
È il caso specialmente' di molte parole inferiori ed anche dei tocchi divini
ricevuti nella volontà, di cui S. Giovanni della Croce parla in quest'ultimo
luogo 20.
' Le rivelazioni divine
sono la manifestazione soprannaturale d'una verità nascosta, per mezzo d'una
visione, d'una parola o d'un istinto profetico; e suppongono il dono della
profezia. Sono pubbliche, se furono fatte dai profeti, da Gesù Cristo e dagli
Apostoli, e sono proposte a tutta la Chiesa, che ne conserva il deposito
nella Scrittura e nella Tradizione. Sono invece private quando sono ordinate
solamente all'utilità particolare di quelli che ne sono favoriti;
.le rivelazioni private,
qualunque sia la loro importanza, no,n appartengono alla fede cattolica.
Quelli che ricevono rivelazioni
divine, riconosciute .come tali, dopo un prudente giudizio, devono certamente
inchinarsi con rispetto davanti a siffatta ma-
"nifestazione soprannaturale
21. Secondo certi teologi, essi devono perfino credervi per fede
divina e teologale, perché, dicono essi, lì vi è il motivo formale della fede:
l'autorità di Dio rivelatore 22. Secondo altri teologi 23,
chi riceve una rivelazione privata
, "
Salita, 1. II,. o. xxx.
81 benedetto XIV,
-De sere. Dei beat., 1. Ili, e. Tilt., n. 12. O. de Luso, S. J., de Fide, disp. 1, sect. 11. ' >;
"
oabd. gotti, O. P.,
Theol. scimi. dogm., t. I, tract. 9, q. 1, dub. 3,, § 2: «Verlus
existimo, revelationem privatam, etiam ex parte rei reve-latae, esse credendam ab
eo, cui flt, fide divina theologioa... Quia ubi-^ oumolue est eadem ratio
formalis objecti, Vai est idem specie habitus. 11 S. Giovanna
d'Arco, quando le si voleva far negare la sua divina missione, (liceva ch'ella
doveva crederci come al mistero della Redenzione)-:
e
si appellò ripetute volte al Papa, giudice supremo di queste cose. i?
23 sa.imantioesi, de
Fide, disp. I, dub. IV, n. 104 et 111: essi ci-[ tano la favore di
quest'opinione S. Tommaso e 1 suoi principali com-v
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIÓNE 487
certa, deve ad essa aderire
sull'istante, non per fede divina, ma perii ].ume profetico 24:, e
questa certezza soprannaturale può durare, o al contrario cedere il posto ad
una certezza morale, se l'illuminazione profetica scomparisce. , . • ' ^
La Chiesa, approvando le
rivelazioni fatte ai santi, dichiara semplicemente ch'esse non hanno niente di
contrario alla Scrittura e all'insegnamento cattolico, e che si possono
proporre come probabili alla pia credenza dei fedeli 25. Le
rivelazioni private non si possono pubblicare senza l'approvazione
dell'autorità ecclesiastica 26. Finalmente anche in quelle
approvate come probabili dalla Chiesa, può insinuarsi qualche errore, perché
anche i santi possono attribuire allo Spirito di Dio quello che procede dal
loro proprio fondo, o interpretar male il senso d'una rivelazione veramente
divina. Ciò si spiega tanto meglio in quanto vi sono molti gradi nel lume
profetico, dal semplice istinto soprannaturale fino alla. rivelazione perfetta;
quando vi è solo istinto
profetico, il senso delle cose rivelate può restare ignorato, e; perfino
l'origine divina della rivelazione 27: così Gaifa profetizzò senza
averne coscienza, dicendo: « È vantaggioso che un sol uomo muoia per il popolo»
(Joan., xvm, 14).
L'anima che riceve una
rivelazione veramente. divina la comunica in poche p'arole, con umiltà e
semplicità al suo direttore, ma non vi si attacca e
mentatori
; e notano in particolare .che parecchie di queste rivelazioni, riguardanti cose
temporali, non danno un legame sufficiente con l'oggetto primo della fede
teologale.
"
Essa può procedere anche dalla fede, ohe è menzionata'tra le grazie eratis
datde: I Cor., •sii. — Secondo i salma.ntioesi,
toc. ctt., n. 113:
«
Praedtcta fldes confertur ut in plurlmum Doetorioua Eooleslae circa articuloa
fide! catholicae. « ;
,
"
benedetto XIV, op. cit.,
1. II, e. xxxn, n. 11. ;
'"'
Ot. Decreto d'Urtiano Vili, del 13 marzo 1625, confermato da •Clemente IX, il
23 maggio 1668.
"
CI. S. tommaso, II-II, d. 173,
a. 4, e.
488 PEEKÉZIONÈ CRISTIANA E CONTEMPIAZIONE
ubbidisce perfettamente al
ministro, di G-esù Cristo 28. Il dono della profezia può, è vero, trovarsi
in coloro che non hanno queste qualità, ma e una rarissima eccezione. ; • .
Un'anima veramente illuminata-da
Dio, prima di regolare la sua condotta secondo una rivelazione privata,
consulterà sempre il suo direttore o un'altra persona dotta e discreta; S.
Teresa insiste particolar-mente su, questo punto, VI Mansione, e- 3. E ciò è
tanto più necessario in quanto si erra più facilmente nell'interpretazione
delle rivelazioni, sia perché si' prendono troppo materialmente, sia perché
qualche volta sono condizionali 29. Nondimeno, un confessore dotto,
prudente e virtuoso ha grazie di stato, che gli fanno evitar l'errore,
soprattutto quando le implora con una fervente preghiera.
S. Giovanni della Croce, che c'invita
così spesso a desiderare con ardore ed umiltà la contemplazione infusa dei
misteri della fede e l'unione divina, riprova il desiderio delle rivelazioni
con parole altrettanto energiche ed anche più energiche degli altri santi. Su
questo punto egli parla come S. Vincenzo Ferreri 30, e ci mette
sott'occhio che l'anima, la quale desidera rivelazioni, da al demonio con
siffatta curiosità l'occasione d'ingannarla, 31, che simile
tendenza toglie la purezza della fede 32, produce un impedimento per
lo spirito s3, denota certamente una mancanza d'umiltà st,
espone a molti errori 35. Il domandarle poi è anche una mancanza di
rispetto a Gesù Cristo, perché la pienezza della rivelazione fu data nel Van-
28 CI. cakd. bona,
De discretione spirituum, o. Ss..
"
Cf. S. Giov. della cboob, Salila,
1. II, o. xvli-xvm.
"
Trattato della vita spirituale, o. xm.
"
Salita, 1. II, e. x. .
" IWd.
33 IWd., o. xv.
34 Ibid., e. xv e xvi.
35 IWd., o. xix, xxv.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 489
gelo s6. Dio concede
a' volte queste cose straordinarie alle anime che sono deboli 37;
ma il pretendervi è per lo meno un peccato veniale, anche quando si ha
un fine buono 88. Esse non hanno valore se non per l'umiltà e per l'amor
di D,io che destano nell'anima 39. Da ciò si vede l'errore dei
direttori imprudenti che s'occupano con curiosità delle anime favorite di
visioni e di rivelazioni w; questo ingenera. il turbamento,
l'illusione, e allontana dalla via dell'umiltà, per una vana compiacenza nelle
vie straordinarie. Finalmente, non ci si bada mai abbastanza, questo
desiderio delle rivelazioni distoglie dalla contemplazione infusa: «
Taluno s'immagina d'essere diventato qualcosa di grande, che Dio stesso gli ha
parlato, e in fondo vi è poco o nulla, o men che nulla. Infatti a che può
giovare ciò che è vuoto d'umiltà, di carità, di mortificazione, di santa
semplicità, di silenzio, ecc.? Perciò io affermo che queste illusioni
oppongono un grande ostacolo all'unione divina, perché-se l'anima ne fa stima, questo
solo fatto la respinge assai lontano dall'abisso della Fede... Lo Spirito
Santo» illumina l'intelletto raccolto in proporzione di questo raccoglimento.
Ora il più perfetto raccoglimento è quello che ha luogo nella Fede... La carità
infusa è, in proporzione della purezza dell'anima in una Fede-perfetta: quanto
più una tal carità è intensa, tanto-più lo Spirito Santo la illumina e le
comunica i suoi doni-» i1. Nulla di più efficace per' condannare
il desiderio delle rivelazioni e nel medesimo tempo per far desiderare, quel
perfetto spirito di fede, che si
18 Salita, 1. II, e. svii, xx. Sotto la legge
antica era lecito chiederle». ma non sotto la legge nuova del Vangelo, perché
ogni rivelazione è in:
Cristo.
"
MO... e. xix.
"
lìnd.
"
IM., 1. Ili, o. ix e xn.
"
IM., 1. II, e. xx.
41 Ibid., e. xxvil,
490 PERFEZIONE
CBISTIANA E CONTEMPIiAZIOME
trova nella contemplazione infusa
e che conduce all'unione divina. , , È dunque un grosso errore, che si
commette non
•di rado, .il, confondere il
desiderio delle rivelazioni
•con quello 'della contemplazione
infusa,; non solo il primo è condannevole, ma ci distoglie anche dalla
contemplazione infusa che .è altamente desiderabile. .8. Giovanni della Croce
ci diede così il miglior commento della' sentenza di S. Tommaso: «grafia,
gratum faciens est multo excellentior quam: gratta gratis data» A2,
la grazia santificante (colla carità e coi doni che le sono connessi) è di gran
lunga superiore ai carismi, anche al più elevato di tutti, che è la profezia.
JSToi ritorniamo così all'insegnamento (li S. Paolo, I Oor., xii, sull'eminenza
della carità.
•: Nondimeno conviene distinguere
due specie di rivelazioni private: 1° le rivelazioni propriamente dette ci
svelano dei segreti, sia circa Dio, sia circa le opere sue; . 2° le rivelazioni
impropriamente dette danno una maggiore intelligenza delle ^verità
soprannaturali
•già conosciute per la fede i3. .
-
' ip Quelle che ci manifestano dei segreti sono molto più
soggette ad illusioni. A volte Iddio rivela a persone viventi il tempo che loro
resta a vivere, le prove che subiranno, quello che accadrà ad un popolo, ad
una persona determinata it. Il demonio'è .assai esperto nel
contraffare tali cose, e per accreditare le sue menzogne, egli comincia con
nutrire la mente di verità e di cose verosimili 45. « È quasi impossibile,
dice S. Giovanni della Croce, lo sfuggire .alle sue astuzie, se uno non se ne libera,
subito, tanto lo spirito del male sa prendere l'apparenza della ve -
«
I-II, q. IH, a. 4. « Salita, 1. II, e. XXIII. " J6td., o. xxv. *
IWd.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 491
rità e darle forza » ie.
« Per essere perfetti non, vi è ragione alcuna di desiderare queste cose
soprannaturali straordinarie... Bisogna, che l'anima si guardi
prudentemente da tutte queste comunicazioni, se vuole arrivare pura e senza
illusioni, per la Notte della Fede, alla divina unione » ". È impossibile
distinguere meglio da .queste cose' soprannaturali straordinarie la
contemplazione infusa e meglio dimostrare ch'essa è qualche cosa di normale nei
perfetti.
2° Le rivelazioni unpropri amente
dette, che ci danno una maggiore intelligenza delle verità rivelate,
s'accostano alla contemplazione infusa, specialmente se riguardano Dio stesso,
e non si fermano a nulla di particolare, ma penetrano profondamente la sua
onnipotenza, la sua sapienza o la sua infinita bontà. « Del resto queste alte
nozioni d'amore non sono accessibili se non all'anima in stato d'unione con
Dio; , sono anzi quest'unione stessa, perché provengono appunto da un certo
tocco dell'anima nella divinità. Così è Dio stesso che si sente e si gusta.
Senza dubbio Dio non è percepito manifestamente in piena chiarezza, come nella
Gloria, ma il tocco è così vivo e così alto, in ragione del conoscimento e
dell'attrattiva, ch'esso penetra la sostanza dell'anima. Al demonio è
impossibile intromettersi in questo e ingan^ nare per imitazione; non vi è nulla
di paragonabile, e nulla s'avvicina a godimenti e a delizie simili. Esse hanno
un^, gusto di essenza divina, di vita eterna, e il demonio non potrebbe
contraffare cose così alte»18. Ci ritorneremo sopra alla fine di
quest'articolo parlando dei tocchi divini. «In quanto alle altre percezioni,
aggiunge S. Giovanni della Croce, abbiamo detto che l'anima deve far da esse
astrazione, ma
•" Salita, 1. II, e. xxv.
'"
Itlid., c. xxv fine. •
48 Wd., o. xxiv.
492 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
questo dovere cessa davanti -a
queste, poiché esse sono manifestazioni di quell'unione a cui noi ci sforziamo
di condurre l'anima. Tutto quello che abbiamo-precedentemente insegnato a
proposito dello spogliamente e del distacco completo, ha quest'unione per
scopo, e i favori divini che ne risultano sono il frutto dell'umiltà, del
desiderio di soffrire per amor di Dio, con rassegnazione e con
disinteressamento da ogni ricompensa» 49.
* * *
Le visioni sono
rivelazioni quando svelano cose occulte, .altrimenti si distinguono dalle
rivelazioni; e sonò, come abbiam detto, sia sensibili, sia immaginarie, sia
intellettuali.
Le visioni sensibili o
corporali rappresentano generalmente il Salvatore, la S. Vergine, i Santi.
Esse non sono segni d'una gran virtù, perché sono a volte concesse ai
principianti per distaccarli dalle cose terrene. Sono soggette alle illusioni
dell'immaginazione e del demonio. Se la visione è comune ad un gran numero di
persone, è un segno che l'apparizione è esterna, senza che per questo sia certo
che sia d'origine divina 50. Se è individuale, si devono esaminare
attentamente le disposizioni del testimonio che dichiara • d'averla, e
procedere con grande, circospe-zione.
Quelli che sono favoriti di queste
apparizioni di nostro Signore, della S. Vergine, dei Santi, devono rendere alle
persone, rappresentate gli onori che sono loro dovuti, anche quando
l'apparizione fosse il risultato di un'illusione dell'immaginazione o del demonio:
« quantunque un pittore sia un malvagio, bi-
"
Salita, 1. II, e. xxiv. 50 Cf. S. tommaso, I, q.. 51, a. 2,
o.
LA
CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE
493
sogna nondimeno onorare il
ritratto di Cristo da lui fatto» 61. Si deve pure in questo caso consultare
il proprio direttore, che potrà riconoscere se queste apparizioni sono grazie
di Dio, dalla loro conformità alla dottrina della Chiesa e dalle buone
disposizioni che ne risultano nell'anima per la pratica della virtù. L'anima
stessa dovrà mostrarsi fedelissima a ricavare i frutti di santità che Dio si
propone concedendo tali favori s2.
Non bisogna, mai ne desiderare ne
domandare a Dio siffatte apparizioni 63.
Le visioni immaginarie,
così chiamate perché sono prodotte nell'immaginazione .da Dio o dagli angeli,
sono concesse sia nello stato di veglia, sia nel sonno. Parecchie volte,
secondo il Vangelo, S. Giuseppe fu soprannaturalmente istruito in sogno, e la
vita dei Santi contiene molti fatti simili. Perché un sogno sia soprannaturale,
bisogna ch'esso non si possa spiegare colle leggi della memoria e
dell'immaginazione;
perché sia divino, non deve'
contener nulla di contrario alla dottrina rivelata e .ai buoni costumi 6i.
E, benché questa origine divina sia difficile a discernere, Iddio per solito,
quando lo si cerchi sinceramente, sa ben farsi sentire, sia con un profondo
sentimento •di pace, sia con avvenimenti che recano una conferma;
così un peccatore può essere
avvertito in sogno della necessità urgente .di convertirs'i, o .un giusto d'una
grave decisione da: prendere.
Le visioni immaginarie sono
soggette alle illusioni dell'immaginazione e del demonio 55.
Tuttavia quelle
51 S. teresa, VI
Mansione, e. ix.
12 Or. vallgokneka,
Theol. myst. D. Thomae, q. 3, disp. 5, a. 1, •n.
13.
"
Ct. S. giovanni della cbooe, Salita,
1. II, e. xi. " Of. S. tommaso, II-II,
q. 95, a. 6, e., e q. 173, a. 2, e. °6 Salita, 1. II, e. xvi.
494 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
che sono d'origine divina si
possono discernere, da .tré segni: 1° quando èsse non. si possono produrre ne
allontanare a piacimento, ma vengono d'improvviso 'e durano poco; 2° quando
lasciano l'anima in una gran pace; 3" quando producono frutti di virtù,
una umiltà più grande e la perseveranza nel bene 56.
La visione immaginaria divina
accordata nello stato di veglia, è quasi sempre accompagnata da estasi almeno
parziale, affinchè si possa distinguere l'apparizione interiore dalle
impressioni esterne 67, e perché l'anima rapita e unita al suo Dio
perde contatto colle .cose esterne 58. Non vi è visione immaginaria
perfetta- senza una visione intellettuale che ne faccia vedere e penetrare il
senso mistico 69: per esempio l'una ha' per oggetto la santa umanità
di Cristo,'e l'altra la sua divinità 60.
Non si devono desiderare o domandare
a Dio le visioni immaginarie più che le visioni sensibili; esse non sono in
conto alcuno necessario alla santità 61;
il perfetto spirito di fede e .la
contemplazione oscura sono d'ordine superiore e dispongono più immediatamente
all'unione divina 62.
La visione intellettuale è
la manifestazione certa d'un oggetto all'intelligenza, senz'alcuna dipendenza
attuale ; dalle immagini sensibili; e si fa sia con idee acquisite, .sia con
idee infuse, che sono a volte d'ordine angelico 63. Inoltre richiede,
un lume infuso, quello del dono della sapienza o della profezia. Può
' valmornera, op. cit., ibid. n.
11, e S. teresa, VI Mans., o. ix.
' S. tommaso, II-II, q.. 173, a.
3. ' S. teresa, VI Mans., o. ix.
• S. tommaso, de Ventate,
q. 12, a. 12, e. ' ; '•••' '
S. teresa, V'ita, o. xxix.
' Salita,
1. II, o. xvi e xvn; -itevi S. tebbsa,
Castello. VI Mans., ix, p. 257, e sopra a p. 281. ' 3 Salita, I. II,
o. 8. ' II-II, q. 173, a. 2, ad 2, e de Veriiate, q. 12, a. 12.
-Là. CHIAMATA A1LA
CONTEMPLAZIONE 495
avere per oggetto Iddio, gli
spiriti o i corpi, come' la cognizione puramente intellettuale degli angeli.
La visione intellettuale è alle
volte oscura e indistinta, cioè, essa manifesta con certezza la presenza:
dell'oggetto, ma senza alcun
particolare sulla sua natura intima. Così. S. Teresa sentiva spesso .vicino a
sé nostro Signor Gesù Cristo durante parecchi giorni 64. . • •
Altre volte, la -visione
intellettuale è chiara è distinta; allora è più rapida; è una specie d'intuizione'
delle verità divine, o delle cose .create in Dio es; e-non si
può tradurre in linguaggio umano 66.
Le visioni intellettuali,
specialmente quelle che si fanno per idee infuse, sono esenti dalle illusioni
della immaginazione e. del demonio; ma alle volte si può prendere per una
visione intellettuale' quello che è solo una sovreccitazione dell'immaginazione
o una suggestione del demonio CT. •
Si riconosce che questi favori vengono
da Dio dagli effetti che producono: pace intima, santa gioia, profonda umiltà,
attaccamento incrollabile alla virtù 68-
Per ciò stesso che queste
cognizioni vengono d'improvviso, fuori della nostra volontà, l'anima non ha,
bisogno di desiderarle ;... lasci fare a Dio come . e quando a lui piace...
Questi favori non sono dati -all'anima attaccata: a-qualche bene, ma sono
l'effetto. d'un amor particolare che Dio porta a quella che tende a Lui nel
distacco per amore gratuito » 69.
Le più alte visioni
intellettuali, finché sono inferiori alla visione beatifica, non possono
raggiungere:
l'Essenza divina sicuti est,
tal quale iè, ma solo per un certo modo di rappresentazione, dovuta alle idee
infuse,
" Vita, e. xxvn. ^
"
VI Mansione, e. x, e Salita,
1. II, e. xxil, xxiv.
'"
VI Mansione, e. x.
•7
Salita, I. II, o. xxiv.'
"' l'bid. .
" Wcl.
496 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
«por cierta manera de
representacion » (VIIMans., e. 1). • ./ \ . .
Se trattasi di quelle ohe molto
sovènte: accompa-..gnano l'unione trasformante 70, per parecchi
autori .sono l'equivalente d'una rivelazione speciale che da .all'anima la
certezza del suo stato di grazia e della sua predestinazione. S. Giovanni della
Croce dice perfino: «A mio giudizio, l'anima non può mai essere messa in
possesso di questo stato (d'unione trasformante) senza trovarsi nel medesimo
tempo confermata in grazia» n.
•
Le parole soprannaturali
sono manifestazioni del pensiero di Dio che si fanno intendere sia ai sensi
esterni, sia ai sensi interni, sia immediatamente all'intelletto. Esse hanno
dunque un'analogia con le visioni e a volte l'accompagnano.
La parola soprannaturale auricolare
è una vibrazione formata nell'aria per il ministero degli angeli;
•«così, come riferisce S. Luca
(i, 19), Zaccaria udì JL'angelo Gabriele che gli parlava. Il medesimo angelo
'0
Vedasi sopra a p. 281.
71 Cantico spirituale, str. 22, trad. Hoorn., II
ediz., p. 111. — filippo della S.
trinità (Theol. must. Prooem.,
a. 8), scabamelli (Dir. myst.,
tr. II, e. xxil, n. 258), e parecchi altri stimano ohe uno stato così sublime
richiede che Dio riveli all'anima sua sposa l'amicizia indissolu-fcile che
esiste tra loro. Vedasi su questo punto metnakd,
O. P., Vie
•iniérieure,
t. II, n. 270. — Cosi si conciliano
certi passi dei grandi mistici ortodossi con ciò che dice il Concilio
Tridentino: senza rivelazione
•speciale
ninno quaggiù può avere la certezza assoluta del suo stato di grazia e tanto
meno di perseverarvi fino alla morte. Ci. Oonciliuln Tri-dentinum, sess. 6,
capo 9 e 13; canoni 13, 14, 16.
Sulla
conferma in grazia e sulla differenza che passa tra questa e al dono della
perseveranza finale) cf. salmanticesi, de
Gratta, (i. 110, dtep. Ili, duo. XI, n. 259. Questo dono di conferma in
grazia, dicono essi, \^ una certa partecipazione dell'impeccabilità
dei beati, e richiede di «sser resa completa da una protezione speciale di Dio;
per questa ragione esso è inferiore al dono della perseveranza finale che
ricevono tutti 1 predestinati.
LA
CHIAMATA ALEA CONTEMPLAZIONE 497
Gabriele disse a Maria: «Ave,
piena di grazia» (Lue., I, 28). — Queste parole, come le visioni corporali,
sono soggette alle illusioni; e bisogna applicar loro le medesime regole per
discernere quelle che sono d'origine divina.
Le parole soprannaturali immaginarie
si fanno intendere all'immaginazione, sia nello stato di veglia, sia
durante il sonno; alle volte sembrano venire dal cielo, altre volte si direbbe
che vengano dal più intimo del cuore. Sono esse perfettamente distinte, benché
non si odano colle orecchie del corpo 72; non si dimenticano
facilmente; specialmente quelle che contengono una profezia restano impresse
nella memoria 7S. Si possono distinguere da quelle del nostro
spirito in questo che non si odono a piacimento e in questo che sono nel
medesimo tempo parole ed opere; per esempio, quando ci rimproverano delle
nostre colpe, esse cambiano subito le nostre disposizioni inferiori e ci rendono
capaci d'intraprendere ogni cosa per il servizio di Dio 7ft. Perciò
sovente è facile discernerle 76.
Quand'è il demonio che fa udire
parole immaginarie, non solo esse non producono buoni effetti, ma ne producono
dei funesti, l'anima rimane nell'inquietudine, nel turbamento, nello spavento,
nel disgusto, e, se vi è qualche piacere sensibile, esso è assai. differente
dalla pace divina 76.
Le parole. intellettuali si
fanno intendere direttamente all'intelletto, senza l'intermedio dei sensi o
dell'immaginazione, nel modo onde gli angeli si comunicano i loro pensieri; e
suppongono un lume divino e la coordinazione d'idee acquisite preesistenti,
72 S. tekbsa, Vita, o. xxv.
'? lUd. '. -
'• Ihid.
" Ibid.
"
Itnd., e S. tommaso, I,
q. 111, a. 1, 3, e q. 114; I-II, q.. 80, a. 1, 2,3.
32 — Perfezione e Contemplazione.
498 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
a volte idee infuse77.
«È un parlare senza parole, che. è il linguaggio della patria» -ra.
S. Giovanni della Croce insegna che
quéste parole intellettuali possono essere o successive, o formali, o
sostanziali 79.
, ,
Le parole intellettuali successive
si producono solo nello stato di raccoglimento; esse provengono dal nostro
spirito illuminato dallo Spirito Santo, e ciò con tanta facilità e con vedute
così nuove che la .mente non può figurarsi che ciò venga dal suo proprio fondo 80.
Queste parole successive sono soggette alla illusione, perché lo spirito, ^che
al principio seguiva unicamente la verità, può deviare, ingannarsi e cadere
anche in mille stravaganze, giacché il demonio s'insinua spesso in siffatte
parole successive, specialmente nelle persone che vi sono attaccate. Tanto più
agisce esso così con quelli che sono a lui. legati con un atto tacito o
formale, con. gli eretici e principalmente con gli eresiarchi 81. .
Le parole successive vengono da
Dio quando pro-. ducono nell'anima simultaneamente un aumento di .carità e
d'umiltà; ma è spesso difficile discernere bene l'amor soprannaturale da un
certo amore naturale, e la vera umiltà dalla pusillanimità. Quindi è
malagevole il riconoscere l'origine divina di tali parole successive 82.
Non bisogna desiderarle, giacché la Fede oscura è molto superiore ad esse 83.
"
Ot. S. tommaso, I, q. 107, a. 1,
Commento del Gaetano.
"
S. teresa, Vita, o.
xx'vii.
"
Salita, 1. II, e. xxvi-xxix Incluso.
"
IWd., o. xxvil.
81 IWd. .
'
82 Ct. Ibid. Parimenti 'bisogna usar circospczione
e riserva riguardo a ciò ohe S. Tommaso chiama (II-II, q. 171, a. 5, e (i. 173,
a. 4) instinctus propheticiis. QTiesVistinto o attraimento
sopmTOicitMrate è un'illumuiazione ..interiore, che non da la certezza della
sua origine divina; non bisogna disprezzare onesti movimenti intcriori, ma
prima di termarcisi e di seguirli bisogna farne un giusto discernimento.
81 Salita, 1. II, e. xxvn.
LA"
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 499
£e parole intellettuali
formali sonò così chiamate « perché lo spirito" conosce formalmente ch'esse
sono proferite da un altro, senza ch'esso vi contribuisca in nulla... e può
intenderle ' fuori d'ogni raccoglimento, essendo perfino assai lontano ' dal
pensare a quanto vien .detto» si. Sono dunque molto diverse
dalle precedenti, e alle volte molto precise; in tali modo Daniele ci-dice che
«un Angelo parlava in lui»' (Dan., ix, 22). Per solito, il loro scopo è di
precisare un insegnamento, di lumeggiare qualche punto, e quest'effetto è
sempre prodotto, quantunque vi possa esser ripugnanza nel compire l'ordine
divino (Exod., e. ni, 4). Dio lascia sussistere questa ripugnanza per
preservare l'anima dalla fretta naturale verso le grandi cose; se invece il
Signore ispira cose umilianti, da maggior facilità per compirle 85.
Queste parole intellettuali formali,,
in sé stesse, sono esenti da illusione, poiché la mente non vi mette • nulla
del suo fondo, e il demonio non può agire direttamente sull'intelligenza86.
« Nondimeno, dice San Giovanni della Croce 87, l'anima non deve fare
più grande stima delle parole formali che delle parole successive; se ella ,se
ne occupa, s'allontana dal mezzo proprio e immediato dell'unione divina, che è
la Fede, e ciò l'espone ad essere facilmente ingannata dal demonio, tanto più
che in molti casi le buone comunicazioni si distinguono appena dalle cattive ss...
Non bisogna adunque tradurre subito in
"
Salita.,1. I, c. xxvin, ;
"
IM., o. xxvni. ,
"•
Ci. S. TOMMASO, I, q. Ili, a. 1 e 3; q. Ili, a. 1, 2, 3, 4; I-II, q. 80<. a.
1, 2, 3; Hem Gaetano, Ouriel, Suarez; cf. oakd. bona, De DiscreHone Spirituum, e. xvil, e nicola di gesù maria, O. D., ElweiSatio
phrasium mystic. operum Joannis a Oruce, e. v, § 4. ,
"
Salita, 1. II, e. xxvin.
"
Benché 11 demonio non possa agire direttamente sull'Intelligenza e sulla
volontà dell'uomo, sovente si possono prendere i siiol artiflzi per parole di
Dio, confondendo ciò che tocca immediatamente l'intelligenza con quello che
avviene nell'immaginazione.
500 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
atto ciò ch'esse dicono, ne
tenerle in stima, qualunque sia la loro origine. Ciò che è indispensabile è
farle conoscere a un confessore sperimentato o a una persona discreta e
istruita... Se manca la persona esperta, di 'queste parole si conservi quanto
esse possono avere di sostanziale e di sicuro, trascurando il resto e non
parlandone con nessuno, per non incontrare un consigliere che facesse
all'anima più male che bene. Non bisogna che un'anima si metta in balia di uno
qualsiasi, perché il tatto di agire giudiziosamente O d'ingannarsi in simile
materia è della massima importanza» 89.
Le parole, intellettuali
sostanziali sono parole formali che operano subito • quello che enunziano:
«Per esempio, come leggiamo nella Salita del Carmelo, Dio ' dice
formalmente ad un'anima: Sii buona! e all'istante ella diventa buona.
Oppure dice: Amami! e tosto ella possiede e prova in sé il vero amor di
Dio. O ancora egli dice: -Non temer nulla, e nel momento stesso ; la
forza e la pace scendono nell'anima... Così Dio disse ad Abramo: Cammina
alla 'mia presema e sii perfetto! (G-en., xvn, 1) e fin da quel momento gli
fu data la perfezione, ed egli camminò sempre nel cospetto di. Dio... Una sola
di queste parole opera maggior bene in una volta che non ne produca lo sforzo
d'una vita intera. Quando l'anima riceve tali parole non ha che da
abbandonarsi; è inutile desiderarle o non desiderarle, perché nulla vi
è da respingere, e nulla da temere. L'anima non deve nemmeno cercare di
eseguire quanto vien detto, perché Dio non pronunzia mai parole sostanziali
perché si traducano in atti; ne opera l'effetto egli stesso, ciò che le
distingue dalle successive e dalle formali... Qui l'illusione, non è a temersi;
ne la mente, ne il demonio potrebbero intromettersi in questo... salvochè
"
Salita, 1. II, o. xxvin.
LA CHIAMATA
ALLA CONTEMPLAZIONE 501
l'alluna non siasi data al
demonio .con patto volontario, ma allora l'effetto è tutt'altro;... qualsisia
parola è oo ine un puro nulla di fronte a quella di Dio... Le parole
sostanziali sono adunque un potente mezzo. d'unione con Dio... Beate quelle
anime a cui Dio le rivolge I » 90. Le parole di Dio sono come fiamme
nelle anime purificate 91.
* * *
Resta un quarto genere di favori,
che accompagnano « frequentemente » 92 la contemplazione infusa ;
e sono i tocchi divini
impressi nella volontà e che hanno « la loro ripercussione sopra
l'intelligenza... ;
essi danno così una penetrazione
intellettuale altissima e saporosissima di Dio» 93. Per questo
siffatti tocchi si riallacciano alla «contemplazione particolare e distinta» 9*;
e non dipendono dall'attività dell'anima, ne dalle sue meditazioni, benché
ella si metta così in buone disposizioni.
Alle volte questi tocchi divini
sono così profondi e così intensi che sembrano impressi «nella stessa sostanza
dell'anima». Infatti Iddio che conserva la sostanza stessa dell'anima
nell'esistenza con un contatto virtuale che è la creazione continuata95,
vi produce, vi conserva, vi aumenta la grazia santificante, donde derivano
le" virtù infuse nelle facoltà 96. Muove altresì queste
facoltà, sia proponendo loro un oggetto, sia applicandole all'esercizio dei
loro atti, e ciò ab
"> Salita, 1. II, e. xxix.
01 Viva Fiamma, 1 str., vera. 1.
12 Salita, 1. II, o. xxx.
i" Ibid.
" Ibid.
"•
Cf. 8. tommabo, I, <l. 8, a.
1, 2, 3; q. tS, a. 3; q. 104, a. 1 e 2;
q.
10S, a. 3è 4. ;
"
I-II, q.. 110, a. 3 e 4.
502 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
ìntus, dal di dentro 97.
Il tocco divino di cui parliamo è una mozione soprannaturale di questo genere,
ma delle più profonde; e si esercita sul fondo stesso della volontà e
dell'intelletto, là dove queste facoltà si radicano nella sostanza dell'anima,
d'onde esse dimanano 98. Infatti la nostra volontà è d'una profondità
in qualche modo infinita; per questa ragione, i beni creati non possono
esercitare sopra di essa-un'attrattiva invincibile; ed .essa è libera di amarli
, o no; Dio solo veduto faccia a faccia l'attrae infallibilmente e l'avvince
fino nella sorgente delle sue energie ".È su questo fondo della volontà e
del- ;
l'intelligenza, che si esercitano
i divini tocchi detti sostanziali 100. La sostanza stessa dell'anima
sente qualche cosa solo mediante queste facoltà 101; ma Dio, più
intimo all'anima che lei 'stessa in quanto egli le
"
I-II, <1. 9, a. 4-; q. 10, a. 1, 2:4.
'
I-II, i. 113, a. 8, e de Ventate, q. 28,.a. 3: » Ipse Deus, qui
justi-ficat impium, tangit animam, gratiam in ea causando... Mens antera
Iraniana aliquo modo tangit Deum, eum cognosoendo et amando.» Nell'istante
della giustificazione vi è un'azione divina che fa passar dalla morte
spirituale alla vita la stessa essenza dell'anima, producen-, dovi la grazia
santificante, la vita eterna cominciata; il favore mistico di cui parliamo ci
rende in qualche modo coscienti di quest'influsso. divino nel più intimo di noi
stessi. Esso è spesso preceduto dalla purificazione passiva dello spirito, ohe
approfondisce considerevolmente^ in noi il lavoro tatto da Dio in noi nel
momento della nostra conversione (I-II, q. 113, a. 8, de ordine eorum quae ad
justiflcationem ooncurrunt).^ È come se l'Autore della grazia scavasse di
nuovo, ma molto più profondamente, il solco ove deve crescere la divina
semenza. " I-II, q. 10, a. 2.
iob of^ valigorneba, Theot. Myst. d. Thomae,
q. 3, oisp. 5, a. 9, n. 1,3, i.
101 Per S. Tommaso nessuna sostanza creata può operare,
sentire, percepire, amare, per se stessa, ma solo per le sue facoltà; per
questo le ha essa ricevute. Ct. I, q. Sì, a. 1 : Utrum intelligere
angeli sit sua sub--, stantia; a. 2 : Utrum esse angeli sit suum
intelligere; a. 3 : Utrum essentia angeli sit sua virtus intellectiva;
q, 77, a. 1: Utrum essentia animae sii ejus potentia; a. 2 : Utrum
sii tantum una potentia mi plures. Per evitare ogni errore, è alla luce di
questi principii che bisogna intendere quello che il Taulero, il Blosio, S.
Giovanni della Croce dicono del fondo dell'anima; et. il blosio, Institutio spiritualis,
o. xil, dove si dice che 11 tondo dell'anima è l'origine delle facoltà
superiori, « virium illarum est origo. » — Vedasi più avanti, p. 505-506.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE
503
conserva l'esistenza, può toccare
e muovere di dentro il fondo stesso delle facoltà, mediante un contatto
spirituale che si rivela come divino. Questo fondo dell'anima è chiamato anche
cima dello spirito per rapporto alle cose sensibili, secondo che queste si
considerano sia come esterióri, sia come inferiori a noi. .
Quindi si capisce quello che a
questo proposito dice S. Giovanni della Croce: «Nulla è più acconcio a
dissipare queste cognizioni delicate che l'intervento dello spirito naturale.
Poiché si tratta d'una saporosa intelligenza soprannaturale, è inutile cercare
di comprenderla attivamente; ciò è impossibile. L'intelletto non ha che da
accettarla. Se invece esso cerca di provocarla o se ne ha il desiderio, accade
che ciò che concepisce viene da esso, e con ciò da al demonio l'occasione . di
presentargli delle contraffazioni... L'accettazione passiva nell'umiltà è
dunque ciò che s'impone all'anima; Dio dispensa questi favori secondo il suo
beneplacito, ed è l'anima umile e distaccata da tutto' che ha le sue
preferenze. Regolandosi così, nessuna interruzione si produce nel progresso
dell'anima, e tali cognizioni sono delle più efficaci per accentuarlo. Sono già
tocchi d'unione, che servono ad unire passivamente l'anima a Dio »102.
S. Giovanni della Croce descrisse
più a lungo questi favori nella Notte oscura, 1. II, e. 23, e nella Viva
fiamma, 2 str., vers. 3. Questi favori, dic'egli, non si ottengono se non
praticando lò spogliamente e il vuoto di tutto il creato; con un. solo di
questi tócchi d'amore l'anima è ricompensata di tutte le sue opere e di tutte
le sue tribolazioni. La sostanza di Dio che s'identifica con la sua azione
creatrice, Gonservatrice, santificatrice, tocca la sostanza dell'anima e si fa
sentire come divina e sovrana.
102 Salita, 1. II, o. xxx.
504 PERFEZIONE
CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Così si vede sempre più la verità
della dottrina secondo la quale lo stato mistico è il compimento nor;-male della
perfezione cristiana, a condizione che si distingua da certi fatti accessori
che talvolta l'accompagnano.
Ma per stabilire la verità di
questa dottrina bisogna guardarsi da non poche confusioni, che certi 'autori
contemporanei, bramosissimi di ritornare alla tra-dizione.Jaon sempre evitarono
abbastanza, a quanto sembra.
§ n.
Confusioni da evitare nell'esposizione della dottrina tradizionale.
lo Per dimostrare che la
.contemplazione .infusa non è una grazia straordinaria, come le rivelazioni e le
visioni, e che dev'essere desiderata e domandata dalle anime inferiori
generose, non bisogna diminuire
10 stato mistico, ne accostarlo
troppo a ciò che veramente non è tale. Non confondiamo l'orazione affettiva
od orazione acquisita di raccoglimento descritta da S. Teresa nel Cammino,
e. 28, con il raccoglimento soprannaturale di cui ella parla nella IV
Mansione, e. 3.
2° Non bisogna neppure mettere un
abisso fra lo stato mistico iniziale (IV Mansione) e 'ciò che costituisce
essenzialmente l'unione semplice, l'unione completa, l'unione trasformante,
descritte nella V, VI e VII Mansione. Il sommo dello sviluppo normale
della grazia delle virtù e dei doni non si trova, quaggiù, se non nell'unione
trasformante; essa è
11 termine normale dello stato
mistico iniziale (cf. -"pra, p. 281 ss.). •
•
-Non bisogna confondere l'essenza
di questi stati
LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 505
mistici superiori coi fatti
straordinari che a volte li accompagnano. Bisogna anche osservare che questi
fatti accessori, descritti da S. Teresa specialmente nella V e VI Mansione,
scompaiono spesso nella VII (cf. supra, p. 275-281). Infatti questi
fenomeni accompagnano specialmente l'influsso dello Spirito Santo « sulle
facoltà », anziché quello che « tocca la sostanza dell'anima», come dicono i
mistici; ora quest'olone intimissima di Dio sul fondo dell'anima si
trova principalmente nell'unione trasformante, in cui le estasi sono
generalmente scomparse (cf. supra,, p. 281-284).
A ciò tutto fa capo, e in. un
certo senso da ciò tutto è cominciato, senza che noi ne avessimo avuto
coscienza. Quest'influsso dello Spirito Santo «sul fondo dell'anima » infatti
precede, senza che vi badiamo, quello ch'egli esercita più manifestamente «
sulle facoltà », è finalmente l'anima del tutto purificata lo sente nel più
intimo di sé, quando ha finito con entrare in questo santuario ove Iddio abita
ed opera fin. dall'istante della giustificazione o della conversione 103.
Per il Taulero, il Blosio 104:, S. Gió-
103 Ct. S. tommaso:
« Hiall menti convemt soli Deo ». Ili, q. 8, a. 8, ad 1; q. 61, I, e.;
I-II, q. 112, a. 1; in, Joann. xm, lect. 4 fin.; in I Oor. il,
leot. 2 fin. — SI legge In de Veritate, q. 10, a. 1, e. : « Mena
in anima nostra dicit illud qnod est altissimum in virtute ipsius :
linde cum secundum id quod est altìssimmn in nobis divina imago
inveniatur in nobis, imago non pertinebit ad. essentiam animae nisi secundum
mentem pront nominat altissimam potentìam ejus; et sic mena, prout in ea est
Imago, nominat potentìam animae et non essentiam, ve! si nominat essentiam, hoc
non est nisi in quantum ab ea fluit talis potentia. » — Per questo punto di
dottrina bisogna leggere i tredici articoli di questa questione del de
Veritate, che ha per titolo de Mente.
101 lodovico
blosio, Institutio spiritualis, o. xn, § 2 : « L'anima diventa
capace di contemplare con calma, con semplicità, con delizia senza immagini
grossolane e senz'alcuna illusione dell'intelletto, l'abisso della Divinità. È
allora, che rivolta tutta quanta a Dio mediante il puro amore, e mediante un
lume incomprensibile che viene a spandersi, per così dire, in tondo alla sua
essenza, l'occhio della ragione e dell'intelletto ne è come abbagliato...
Allora conosce per esperienza che Dio è ' infinitamente al disopra
d'ogni immagine... e di tutto quello che l'intelligenza può capire... Ella si
perde nell'immensità solitària e tene-
506 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
vanni della Croce 105,
S. Teresa 106, che parlarono tanto di questo fondo dell'anima, al
termine delle purificazioni passive dello spirito -si sperimenta senza vederla
quest'azione « sostanziale » di Dio, da cui tutto parte, a cui tutto fa capo, e
fuori della quale para non vi sia nulla. E perciò quello che si dice fonda
dell'anima, per rapporto alle cose sensibili considerate come esteriori, si
dice cima dello spirito per rapporto a queste medesime cose considerate
'come inferiori (cf. supra, p. 281 e 502).
4o Parimenti non bisogna confondere
le tré. vie tradizionali con ciò che ne sarebbe solamente una forma
imperfetta. Da ciò che precede si vede perché, secondo la tradizione
conservata da S. Giovanni della Croce, la via purgativa perfetta richiede le
purificazioni passive d'ordine mistico, perché la via illuminativa è da lui
chiamata via di contemplazione infusa 107, perché finalmente la via
unitiva non si compie normalmente se non nell'unione trasformante, preludio del
cielo. Queste tré vie spesso sono sminuite, perché gli scrittori si contentano
di descriverle dal di fuori. S. Giovanni della Croce le vedeva dal-
brosa
della Divinità; ma perdersi cosi è un ritrovarsi, r — Tutto questo ammirabile
capitolo è come un compendio della dottrina del Taulero, di cui il
Blosio prese le difese.
105 Ct. Viva fiamma, I str., vers. 3: II centro più
profondo dell'anima:
» È
nella sostanza dell'anima. Inaccessibile al senso e al demonio, che ~si
espande questa gioia dello Spirito Santo... Nel centro dell'anima enei .suo
fondo intimo. Egli solo è capace di farla agire e operare senza l'intromissione
dei sensi. " L'attività dell'anima tende verso questo centro, come la
.pietra verso il centro della terra, e gli si avvicina tanto più quanto la sua
carità è più intensa.
Ct.
Cantico spirituale, 1 p., str. 1, vers. 1: n II Verbo Figlio di Dio,
insieme col Padre e collo Spirito Santo, si trova essenzialmente nascosto
nell'essere intimo dell'anima. D'onde bisogna concludere che se l'anima vuoi
trovare lo Sposo, deve vivere distaccata di affetto e di volontà da tutto il
creato, entrare in un profondo raccoglimento e comportarsi col mondo come se
esso non esistesse. »
10" Ct. Castello, edizione dei Carmelitani,
p. 43, 49, 51, 54, 109,136, 137, 279, 281, 286, 289, 292, 297; specialmente VII
Mansione,..c. II.
"' Notte oscura, 1. I, o. xiv. ^
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE 507
l'alto, e perciò egli andava a
fondo. Per parlare di queste cose soprannaturali così intime, con una tale
maestria, bisognava che avesse ricevuto il dono della sapienza in un grado dei
più elevati; il lume della vita rischiara tutte le pagine delle sue opere.
5° Non bisogna assimilare i
tocchi divini ai fatti propriamente straordinari e come esteriori che sono le
rivelazioni e le visioni. Senza dubbio S. Giovanni della Croce distingue la
contemplazione infusa generale ed oscura, dalle cognizioni soprannaturali di-,
stinte 108, e a queste ultime egli riallaccia i tocchi. divini
impressi nella volontà, che hanno la loro ripercussione sull'intelligenza; ma
questi tocchi divini, senza essere essenziali alla contemplazione infusa, col
loro influsso sulla volontà contribuiscono a costituire l'unione con Dio 109,
e non sono da temere 110 ;
per questo differiscono
notevolmente dai fatti propriamente straordinari e in qualche modo esteriori,
come 'le rivelazioni e le visioni, che il santo dichiara essere sovente
pericolose 111.
Sarebbe ancora un grosso errore
confondere quei tocchi divini, quel contatto che fu chiamato sostanziale,
colle emozioni della parte sensitiva, oppure confondere «i gusti» di cui parla
S. Teresa (IV Mans., e. 2) colle consolazioni acquisite mediante la meditazione. .
' -
6° Notiamo. finalmente che se
l'analisi è necessaria a cagione della nostra infermità, in queste materie soprattutto
essa ha un inconveniente che bisogna correggere colla sintesi; d'onde la
necessità del capitolo seguente. Volere qui troppo precisare è uno sbocconcellare
e per conseguenza un rendere materiale quello che è uno : nella realtà della
vita spirituale.
10» Salita, 1. II, e. ix.
"'
Ibid., o. XXX.
1» lUd.
111 IM., o. x, xi, xvi, xvii, xvin, xxv, xxvii.
508 PERFEZIONE CSISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Quindi,, in queste questioni, non
è possibile mantenersi della verità se non considerandole dall'alto, ad
esempio dei grandi teologi come S. Tommaso e dei grandi mistici come S.
Giovanni della Croce. In .seguito si volle spesso portare in queste cose
spirituali una precisione materiale e meccanica ch'esse non comportano. Onde
molti commenti scritti sopra le opere spirituali dei grandi Dottori, loro
rassomigliano 'solo come il poligono tracciato nella circonferenza rassomiglia
a questa; quanto essa è semplice, altrettanto esso è complicato. Allora si
perde la sicurezza forte colla quale questi grandi Maestri ad un tempo
speculativi e mistici si movevano in queste alte questioni. Trattandole così
mediante i più alti principii, sapevano dare alle controversie sui . punti
secondari soltanto l'importanza che loro conviene. Solo questo .contegno,
notevolmente differente da quello di molti moderni, li metteva sulla via della
verità e loro permise di formularla con una perfezione che da allora non fu
più raggiunta. Nessuno potrà perfezionare veramente l'opera loro senza aver
ricevuto le loro medesime grazie; noi adunque dobbiamo metterci alla loro
scuola senza pretendere di completarli immediatamente; sarebbe già , assai se
arrivassimo a ben capirli; e per capirli pienamente bisognerebbe uguagliarli. ' ' i ' ! ; I '9 !
Alcuni critici recenti pretesero
che la vita mistica .propriamente detta non possa essere spiegata coi principii
formulati da S. Tommaso, il quale, formulandoli, non avrebbe avuto di mira
questa forma spe' -ciale della vita inferiore. Esamineremo quest'obiezione
nelle pagine seguenti. Qui basti ritorcere l'argomento e dire con Dom
Louismet: « Se uno scrittore così universale come S. Tommaso d'Aquino non menziona
mistici che formino una classe ' a parte, non bisogna forse concluderne
che, per lui almeno,. come per l'Areopagita, tutti i cristiani sono de jure
mi-
LA
CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE 609
stici?... Finalmente, se in
nessun luogo egli fa menzione d'un corpo separato di dottrina mistica, non è
forse perché a' suoi occhi, la dottrina mistica non si distingue in nulla dal
comune deposito della' fede?» 112. Essa infatti è la fede pienamente
vissuta nella generosità perseverante dell'amor di Dio. «La mistica
tradizionale della Chiesa cattolica, dice il medesimo autore, è una dottrina
sulle nostre relazioni intime e segrete con Dio, che sgorga abbondantemente
dai divini Evangeli!, dalle Epistole di S. Paolo e di S. Giovanni e da tutto il
resto delle sante Scritture,... una dottrina che si connette col sacrifizio
dell'Agnello sulla croce e sui nostri altari e colla santa liturgia che irradia
tutt'intorno ; una •• dottrina che trova la sua più alta espressione nel
Messale, nel Rituale, nel Pontificale, nel Ceremoniale dei Vescovi, nel Breviario,
nel Martirologio...» 113. Noi non crediamo che quest'asserzione sia.
contradetta dai veri mistici, .che hanno l'esperienza di questa vita
superiore, a cui ogni cristiano deve aspirare.
112 La Vie mvstigwe, Marne, 1921, p. 12.
"'
Tbid., p. 8. Sarebbe tuttavia desiderabile negli scritti di Dorn
Louismet una distinzione più netta fra la vita mistica propriamente detta e la
vita cristiana fervente. Si vorrebbe vederlo accentjuare e svolgere ciò ch'egli
dice a questo proposito, iWd., p. 30 e 81.
CAPITOLO VI.
Sintesi e coniermazione.
Per terminar quest'opera,
esamineremo alcune obiezioni relative principalmente al metodo che abbiamo
seguito. Saremo così condotti a sintetizzare la dottrina esposta e ad
aggiungerle alcune nuove conferme. Tratteremo 1° dell'autorità di S. Tommaso
in teologia mistica, 2° della teologia di S. Tommaso e della spiritualità, 3°
dell'unione della vita interiore e- della vita intellettuale, 4° della
contemplazione e dell'Eucaristia alla scuola della B. Vergine, Madre di Dio, 5°
dall'accordo dei Maestri sul carattere normale benché eminente della vita
mistica.
articolo I.
L'autorità di S. Tommaso in
teologia mistica e le questioni di metodo.
Esamineremo qui due categorie di
obiezioni molto simili: le une riguardano specialmente, la natura della
contemplazione mistica, le altre si riferiscono piuttosto al metodo che
conviene adottare in queste questioni; da7 una parte e dall'altra
si tratta dell'autorità di S. Tommaso e dell'uso che si ha da fare da' suoi
principii in queste materie.
512 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
§ I.
8. Tommaso volle egli trattare . della contemplazione mistica propriamente detta ?
La prima delle tré ragioni che
abbiamo invocato più sopra in favore della chiamata generale e remota alla vita
mistica è che il principio radicale di siffatta vita è la grazia delle virtù e
dei doni. conferiti a tutti, i giusti: i doni, come c'insegna 8. Tommaso,
sono il principio della contemplazione infusa;
ora essendo connessi colla
carità, essi si sviluppano con essa, ed essa quaggiù deve crescere sempre.
Fu messo in dubbio il valore di
questa prova pretendendo che S. Tommaso non avesse conosciuti gli stati
mistici, descritti solo più tardi da S. Teresa;
come se non vi fossero stati dei
mistici, e dei grandi mistici, prima del secolo xvi. " -
Fu aggiunto che negli articoli
della Somma Teològica, 11-11, q. 180, sulla contemplazione, non si
tratta di contemplazione mistica propriamente detta, ma d'una semplice
trasposizione nell'ordine soprannaturale della contemplazione aristotelica. La
dottrina tomista dei doni dello Spirito Santo, si dice finalmente, non può
spiegare se non la contemplazione nel senso largo, così come la mettevano gli:
antichi ed anche S. Giovanni della Croce, ma essa è insufficiente a spiegare i
diversi gradi dell'orazione mistica propriamente detta, accompagnati da
legatura, e da estasi, come ce li descrive nel Castello dell'anima. S.
Teresa 1.
1 Ct. a questo proposito nella rivista tedesca VhwloQW
und Glawbe., 1 hett 1931, un articolo di Dom A. Magar, O. S. B., che studia
la contemplazione mistica specialmente dall'estrinseco e, per questa ragione,
non perviene a distinguerla bene dai fenomeni concomitanti, acoiden-
SINTESI
E CONFERMAZIONE 513
Qui vi è manifestamente un grave
errore storico e una grandissima ignoranza della dottrina di S. Tommaso
studiata in un modo materiale e superficiale.
Il grande Dottore, come dimostra
la sua vita 2, conosceva, e non solo dai libri ma per esperienza
personale, anche i più alti stati mistici; non vi è dubbio alcuno in
particolare per l'estasi e per il rapimento, di cui egli parlò spesso altrove.
E se ci si concede ch'egli conobbe i gradi superiori della contemplazione di
cui, cogli antichi, dopo il Taulero è il Ruysbroeck, parla S. Giovanni della
Croce, noi non domandiamo di più; perché S. Giovanni della Croce, come Dionigi,
parla senz'alcun dubbio della contemplazione mistica propriamente detta e della
più elevata. Per nulla inferiore a S. Teresa, egli anzi la oltrepassa per il
fatto che è ad un tempo un grandissimo mistico e un teologo. A questo titolo,
egli è innegabilmente una delle maggiori autorità della teologia mistica 3.
Già S. Gregorio Magno, che
tali,
o non necessari, come la legatura e l'estasi. Egli crede che la dottrina dei
doni dello Spirito Santo di S. Tommaso non spieghi se non il principale dei
due fattori ohe devono essenzialmente contribuire alla contemplazione infusa;
un secondo fattore, non ignorato, ma trascurato <la S. Tommaso, sarebbe
l'indipendenza dal corpo e dall'immaginazione-nel modo come si opera la
contemplazione mistica. Dom Mager ritiene tuttavia come noi ohe quest'ultima
non è straordinaria (come 11 miracolo e le grazie gratis datae), ma
ch'essa è accessibile a tutte le anime interiori. — Vedasi p. 514. .
2 Acta Sanctorum, 7 marzo.
3 Al principio del secolo xvn, a cagione d'un sospetto
contro le dottrine mistiche, le opere di S. Giovanni della Croce furono
oggetto di ardenti critiche. Allora, per difenderlo, certi autori immaginarono
di sostenere che gli stati contemplativi, di cui parla, sono stati inferiori a
quelli descritti da S. Teresa e di un'altra specie. S. Teresa che godeva. già
un'autorità indubitata, trattò, si diceva, della contemplazione straordinaria,
invece S. Giovanni della Croce è il grande maestro di un'altra contemplazione
che noi possiamo acquistare eolla nostra industria, col soccorso
ordinario della grazia, cioè della contemplazione acquisita. S. Giovanni
della Croce dunque non sarebbe un autore mistico, ma avrebbe trattato
solamente dell'ascetismo. Oggi però nessuno sostiene più questa strana teoria.
Essa non rappresenta la tradizione pri-
88 — Perfezione e Contemplaaione.
614 PEBTEZIONE CRISTIANA E COUTEMPIAZIONE .
era classico, aveva parlato assai
della contemplazione infusa-4.
, .
Di più, .negli articoli della Somma
°Teoi., II-II, qu. 180, San Tommaso tratta certamente della contemplazione
mistica propriamente detta. Infatti .ivi cita non solo Aristotile, ma
soprattutto i dottori propriamente mistici, come Dionigi e Biccardo da S.
Vittore. Nell'articolo 5, si domanda se questa contemplazione può arrivare
quaggiù fino alla visione beatifica transitoria (per modum transeuntìs)
di cui parlò a lungo trattando del rapimento (II-II, q. 175, e de 'Ventate,
q. 13). ',:
Ma, per S. Tommaso come, per
tutti i maestri, l'estasi o l'alienazione dai sensi non è sicuramente di
essenza della contemplazione mistica anche eleva-tissima; ma è un fenomeno in
qualche modo esterno, che accompagna qualche volta, ma assai di rado,
sia la profezia, che è una grazia gratuitamente data. (gratis data), sia
la contemplazione che, per i doni dello Spirito Santo, si riallaccia alla
grazia santificante 5. Secondo, S. Tommaso e secondo l'insegna-
mitiva
del Carmelo ritormato, perché imo dei primi carmelitani scalzi, il Padre Nicola
di Gesù Maria, dimostrò, come abblam detto, nella sua Elucidati» fihrasiwm
must. operum Joannis a Cruce, P. II, e. iv, che non solo nella Notte
oscura, ma anche nella Salita, II, o. xm, xiv, xv, si tratta già
della contemplazione infusa o passiva; et. Btudes Carmélitaines, giugno
1912, p. 263, 270, trad. di questo capitolo. — Vedasi p. S17, nota 11.
4 Cf. infra, ari. V, L'accordo dei Maestri,
numerosissime testimonìanze-dei predecessori di S. Tommaso sulla contemplazione
infusa.
6 Per 11 tatto che il rapimento non è di essenza della
contemplazione mistica, non bisognerebbe tuttavia collocarlo ira le grazie gratis
datae. lasso non è citato nell'enumerazione di queste grazie, data da S.
Paolo (I Oor., xil, 8), e spiegata da S. Tommaso (I-II, <l. Ili, a. 4).
Esso, come testé abbiamo detto, è solo un fenomeno ohe accompagna
a volte sia la. profezia, sia la contemplazione. Vedasi cap. precedente, p. 183
ss.
Altrettanto
bisogna dire di certe 'parole inferiori, che, come le grazie-gratis
datae, non sono ordinate primieramente alla santificazione del prossimo, ma
a quella dell'anima che le riceve; per es.: « Vuoi tu. essere Buriflcata^ » — i
Bene, stai in pace, è questo il puro amore. » — « Vieni, entra, rimani. »
Queste parole ohe santificano specialmente l'anima
SINTESI
E CONFERMAZIONE 515
mento comune, ' è certo che
un'anima a volte avrà senza rapimento un lume più sublime di un'altra con
rapimenti straordinari 6. La S. Vergine non aveva estasi, S;
Giuseppe da Copertino ne aveva frequeh-. tissimamente, certi santi ne ebbero
fin dalla loro infanzia, e più tardi molto meno; generalmente l'estasi non esiste
più nell'unione trasformante. Of. supra, p. 281, 287-292.
Al pari dell'estasi, la legatura
dell'immaginazione, che rende il ragionamento assolutamente impossibile,
secondo S. Tommaso non è di essenza della contemplazione infusa. Tal è pure
l'insegnamento di Santa Teresa e di S. G-iovanni della Croce, secondo i quali
ci possono essere delle distrazioni nello stato mistico, da cui certe persone,
dicono essi, fanno male ad uscire volendo discorrere troppo. Parimenti le idee
infuse, simili a quelle degli angeli, non sono .richieste per la contemplazione
mistica più che per la rivelazione profetica: cf. supra, p. 292 ss.
Tal è manifestamente la dottrina
di S. Tommaso. 'Onde la ^ contemplazione di cui parla nella ..questione 180
della II-II, senza aver nulla di miracoloso, o. di propriamente straordinario,
non è inferiore a quella descritta da Dionigi. Egli distingue perfino (art. 6)
i tré gradi, chiamati da Dionigi: il movimento rotto, che si solleva
direttamente a Dio, partendo dallo spettacolo delle cose sensibili o dalla
conoscenza delle parabole evangeliche; il movimento
che
le ascolta, e sovente sono note a lei sola, non sono grazie gratis datae;
tuttavia non costituiscono l'unione mistica o la contemplazione;
ma
sono solamente un fenomeno concomitante, transitorio. Possono essere rarissime
e cessare del tutto senza che cessi la contemplazione. Vi sono anime che si
trovano certamente nello stato mistico da un pezzo, e che non udirono se non
una o due parole intcriori o anche nessuna. Ot. p. 498.
' II-II,
q.. 173, a. 3. È quanto disse 11 P. laliemant,
S. J., Doctr. spirit., VII P., e iv, a. 7. — Vedasi A. saudreatt, l'Etat myst'ique, II
ediz., 1921, p.80,89, Ì90.
616 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
spezzato, che si solleva
mediante il ragionamento partendo dalle verità intelligibili o dai misteri
della salute; il movimento circolare, al disopra d'ogni cognizione
sensibile e d'ogni ragionamento: contemplazione intuitiva e amante di Dio
considerato, nella oscurità della fede, come superiore a tutte le idee che
possiamo avere di Lui. Cf. supra, :p. 352-354.
Ora questo movimento circolare si
trova specialmente nella contemplazione infusa, propriamente mistica,
per confessione anche degli autori che ammettono una contemplazione, acquisita
elevatissima 7.
Anche S. Tommaso, commentando
Dionigi, parla delle grandi tenebre, espressione che indica la più alta
contemplazione mistica 8, come dice sovente San Giovanni della Croce
trattando della. Notte oscura dello spirito (Sotte, 1. II).
Il santo Dottore finalmente
dimostrò, contro Ugo di S. Vittore, che questa contemplazione mistica superiore
non può essere un'intuizione immediata e positiva di Dio, ma solo una
cognizione analogica e per negazione, che .resta nell'ordine della fede oscura 9.
Nessuna idea creata (acquisita o infusa) può rappresentare tal quale è m sé
l'Essere stesso, il Pensiero infinito, l'Amore senza misura 10.
Solo ,la visione beatifica, perché essa esclude ogni idea intermedia, può
essere un^tuizione immediata e positiva dell'essenza divina, della Deità come
tale, o della vita intima di Dio.
Per la qual cosa, i teologi
mistici che studiarono
7 Ct. per es. filippo
della S. tbinità, Summa
Theologme mystteae, "fc. II, de contemplati one circularì. ' ;'. •' .
8 S, thomas, in
I De Divinis Nominibus, o. vii, lect. 4, : « Cognoscinms Deum per
ìgnorantiam, per (luamdam unitionem ad. drvina supra na-turam mentis... Et sic
cognoscens Deum, in tali statuì cognitionis, illli-minatur ab ipsa protunditate
divinae Sapientiae, qaaxa perscrutar! noti possumus. » — Ite-m I
Seni., d. 8, q. 1, a. 1, ad. 5.
9 Cf. II-II, q.. S, a. 1. — De Veritate,
q. 18, a. 1.
10 I, d. 12, a. 2.
SINTESI
E COMFEEMAZIONE 517
di più S. Tommaso e S. Giovanni
della Croce, come Filippo della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo,
Vallgornera, Giuseppe dello Spirito Santo, pensano che vi sia perfetta armonia
tra i principii di questi due grandi maestri. S. Giovanni della Croce, come
prima di lui il TaulerO e il Ruysbroeck, aggiunge certamente molte precisioni,
ma queste erano virtualmente contenute nei principii del Dottore Angelico, e
sono questi principii che permettono di ben intenderle e di camminare con
sicurezza in queste difficili questioni.
In quanto a S. Teresa, non
volendo essa fare uno studio teologico, ma solo una descrizione
delle orazioni mistiche, le considera come fatti riconoscibili a certi
segni, senza cercar di determinare precisa-fluente la loro natura,
ne a collegarle ai loro principii prossimi. Quindi ella non si sforza di
discer-nere in ciascuno il carattere veramente essenziale e i
fenomeni concomitanti e accidentali, benché faccia utili osservazioni a
tale proposito. S. Giovanni della Croce poi, essendo teologo, considera di più
quello che vi è di essenziale in queste orazioni e qual è il loro rapporto
colla grazia delle virtù e dei doni. Il teologo infatti non può contentarsi di
descrivere i fatti, ma deve allacciarli ai loro principii o spiegarli mediante
la loro causa 11.
Se, contro l'insegnamento comune,
si vuole sostenere che i doni dello Spirito Santo non sono i principii della
contemplazione mistica propriamente detta, se essi non bastano neppure a
spiegare l'orazione di quiete, se d'altra parte la vita mistica non s'allaccia
11 Di più, come notarono 1 primi carmelitani scalzi, S.
Teresa ricevette a profusione grazie gratis datae, ed ella ne parlò
molto nelle sue opere, laddove S. Giovanni della Croce s'accinse a dimostrare
come la divina contemplazione si distingue da queste grazie straordinarie. Ma è
veramente della medesima contemplazione ch'egli parlò.
518 PERFEZIONE CKISTIA'NA E CONTEMPLAZIONE
alle grazie gràtis: Satae, '
come si.'è d'accordo 12, di grazia, ci si dica quale ne è il
principio finora ignorato dai teologi.. Sopra le virtù acquisite, sopra
Le" virtù infuse, sopra i doni, bisogna forse ammettere ancora come una
facoltà superiore? Oppure bisogna rinunziare a spiegare i fatti mistici, che
allora non potrebbero più essere oggetto della scienza teologica? Coloro che si
contentano della psicologia sperimentale e descrittiva ammetteranno
quest'ultima supposi-. zione: attenersi ai fatti, senza cercar di renderli intelligibili;
ed è lo stesso che •rinunziare al pensiero 13. Per ritornare
all'autorità , di S. Tommaso in mà-
12 Doni A. Mager lo ammette senza difficoltà, anzi crede
ohe nessun teologo abbia annessa la contemplazione infusa alle grazie gratta
datae, e ohe è dunque imitile confutare questa teoria che non esisterebbe.
Nel che egli s'inganna; pur recentemente les Etvde.s CannéUtalnes,
gennaio -aprile 1920 e gennaio-aprile 1921, riassumevano la Dìsceptatio
mystica del P. antonio
dell'annunciazione, O. D., dov'è insegnata Questa teoria, mentre i
principali teologi del Carmelo, come Tommaso di Gesù, Giuseppe dello Spirito
Santo, Filippo della S. Trinità, col nostro Vallgornera, la rigettano. Vedasi giuseppe dello spirito santo, C. D., Cursus
Theol. scholasiico-mysticae, t. II, p. 224 e 236.
Questa
teoria esiste per modo che il P. Poulain e Mons. Farges mettono comunemente la
contemplazione infusa nella'medesima categoria del tatti straordinari che le
grazie gratis lìatae, • " Alcuni diranno che la contemplazione
infusa o mistica è, di natura sua, assolu.tam.ente straordinaria, perché
sorpassa talmente il modo umano di conoscere da escludere ogni concorso
dell'immaginazione. Noi riconosciamo che è così in certe grazie
straordinarie, in certe/ visioni intellettuali, in quella specialmente di cui
fu favorito S. Paiolo elevato al terzo cielo. Ma ciò, come abbiamo detto sopra,
p. 289 ss., non è certo di essenza della contemplazione infusa, secondo
l'insegnamento stesso del più elevato torse dei mistici, Dionigi (De Coel.
Hierarch., e. i), che S. Tommaso cita e segue. De Veritate, q. 18,
a. 5, et. II-II, a. 180, a. 5, ad 2. Nella contemplazione infusa è possibile
non por mente in conto alcuno alle immagini, senza che per questo giano
totalmente escluse. Già nel corso ordinario della vita, colui che per mangiare
si serve d'una. forchetta, non vi fa generalmente attenzione. Il filosofo o 11
teologo Speculando sulla sostanza, superiore ai fenomeni accessibili
all'immagi--nazione, o speculando sulla Deità, superiore all'essere, all'uno,
al bene, non ha più che un'immagine verbale, una parola, e non vi bada. ' Nella
contemplazione infusa, che fa l'effetto di grandi tenebre, si può ' avere
nell'immaginazione l'impressione della notte, e in altri momenti. quella d'una
luce o quella che fa pensare alla vita. '
SINTESI
E CONFERMAZIONE 519
teria mistica, bisogna concludere
che: Dato l'altissimo concetto, che aveva della teologia dogmatica e morale,
come abbiamo già spiegato 11, S. Tommaso, nelle questioni
.'della grazia, delle virtù teologali, dei doni, della contemplazione,"
del rapimento, era condotto a dare, nel modo più sicuro e più elevato, quantunque
molto sobrio, i principii della teologia mistica. E per questo S.
Tommaso è un'autorità incontrastabile in questa parte della teologia come
nelle altre. per convincercene basta ricordare l'idea altissima ch'egli si fa
della «grazia delle virtù e dei doni», partecipazione reale e, formale della
natura divina, e quindi infinitamente superiore alla natura angelica, e
ad ogni natura creata e creabile. Cf. capit. II, &. I e II, pag.
..41 e 55.
§ IL
II problema mistico attuale e le questioni di metodo. ^
La Kevue Apologétique
pubblicava nei due numeri di dicembre 1921 una parte dell'Introduzione che il
R. P. Bainvei, S. J.,. scrisse per la IO3- edizione delle Grazie
d'orazione del P. Poulain. L'autore, indaga qual è lo stato attuale degli
studi mistici e distingue parecchi gruppi: 1° Gruppo teresiano: P. Poulain,
Lejeune, Mons. Farges, eco.; 2° Gruppo ascetico-mi-stico: Saudreau, ecc.; 3°
Gruppo domenicano; 4° Sintesi del P. Maréohai; 5° Sintesi del P. de la Taille.
— È interessante paragonare le
diverse opinioni sopra un soggetto così importante: il fondo dello stato
mistico è in sé ordinario o straordinario? Ma
•in vista d'un raffronto metodico
e' protondo la denominazione dei diversi gruppi può apparire un po'
"
Vedasi sopra, o. I, a. I: Oggetto e metodo della teol. mistica, p. 1.
620 -PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPtAZIONE
arbitraria: il gruppo domenicano
è altresì ascetico -mistico, e, pur pretendendo di seguire veramente Santa..
Teresa e S. Giovanni della Croce, esso condivide, in somma, le idee del
Saudreau, del P. Lamballe, eudista, della maggior patte degli autori
benedettini, idee sempre più accettate e veramente conformi per il fondo a
quanto insegnano in Spagna il P. Vincenzo-de Peralta, O. M. C., d'accordo col
P. Arintero, O. P., in Inghilterra Doro. Louismet, O. S. B., in Germania i PP.
Weiss e Wilms, O. P., Dimmler e Grabmann, in Austria il P. Lercher, i quali
tutti, contrariamente al P. Poulain, al P. Maumigny, a Mons. Farges,
considerano la vita mistica propriamente detta, in ciò ch'essa ha di
essenziale, come lo sviluppo normale della vita ulteriore. Tale è ancora
l'insegnamento del P. de la Taille, S. J., professore all'università
Gregoriana, e di parecchi altri teologi-delia Compagnia di Gesù.
Così si sono costituiti due
gruppi principali. Che-cosà è che li differenzia secondo l'aspetto del metodo
?• Secondo il E. P. Bainvei, che paragona la dottrina. del Gan. Saudreau a
quella del P. Poulain, «la differenza è in- buona parte quella dell'impreciso
al preciso», in questo senso che il P. Poulain non si contenta « delle
asserzioni un po' vaghe degli antichi », ;
ma « s'appoggia sulle spiegazioni
più precise di S. Teresa, di 8. Giovanni della Croce, dei grandi teologi
mistici del secolo xvii ».
Non è forse un confondere la
precisione nella descrizione dei fatti relativamente esteriori alla vita,
mistica, come la legatura e l'estasi, con la precisione dottrinale dei
principii, i quali soli permettono di distinguere l'essenza dello
stato mistico e i fenomeni accidentali. che possono accompagnarlo? 15.
Nel Can.
"
0(. sa.cdkba.u, État mystique,
II ediz., p. 79-83, lOO-^OS^L'Insieme dell'opera del Saudreau presenta
certamente una dottrina piti precisa e più torte ohe 11 litro del P.
Poulain. ,_ . ,
SINTESI
E CONFERMAZIONE 521
Saudreau noi troviamo molto
maggior precisione dottrinale che nel P. Poulain, il quale, pur riconoscendo che
la contemplazione infusa procede da certi doni dello Spirito Santo 16,
dichiarava : « Questa dottrina. dell'ufficio dei doni dello Spirito Santo ha
solo un interesse poco più che storico » 17. All'opposto si ammette
generalmente ch'essa -è come il cuore stesso» della teologia mistica.
In questi articoli, il P.
Bainvei, evita di pronun.-ziarsi sulla tesi capitale del libro del P. poulatn,
che considera lo stato mistico come uno stato propriamente straordinario,
'fuori del pieno sviluppo normale della vita interiore, come una
grazia per nulla, necessaria alla santità, neppure, all'alta santità 18.
Questa esitazione a pronunziarsi è già un segno che la tesi in questione non
può veramente provarsi e che' il suo valore è sempre meno riconosciuto. L'introduttore
si limita, insomma, a tentare di dimostrare-1 che la tesi avversa, a
cui egli concede molti punti, non fu finora sufficientemente dimostrata e
ch'essa. lascia sussistere delle obiezioni.
Noi vorremmo qui lo notare le
concessioni e le obiezioni che ci sono .fatte, 2° esaminare alcune questioni
di metodo d'un interesse più generale e di gran conseguenza.
"
Grtìces S'oraison, IX ediz., p. 161. " Ibid., p. 102, nota
2.
18 II P. Ponlain concedeva tuttavia ohe la contemplazione
mistica., è un mezzo efficacissimo di santificazione e che 1 più dei santi
l'ebbero.
-522 PERFEZIONE OSISTIANA E CONTEMPLAZIONE
A) Concessioni e obiezioni.
Anzitutto notiamo l'importante
concessione che ci è fatta: «che negli ambienti favorevoli, le grazie mistiche.
sboccino come naturalmente, sia» 19. Dunque non sono
straordinarie per natura come il miracolo, la profezia, le visioni. Se fossero
veramente fuori della via normale della santità, come mai sboccerebbero esse «
come naturalmente » negli ambienti ' favorevoli? Un buon ambiente è
ordinariamente ri-i chiesto per la, piena evoluzione d'un germe, che resta
normale, pur esigendo siffatte condizioni.
Ci si concede altresì 20
che la vita mistica cominci normalmente con le purificazioni passive dei
sensi e con l'orazione di raccoglimento passivo, che,, secondo S. Teresa,
precede la quiete. Ciò concesso, noi,
•aggiungeremo: ora le
purificazioni passive dei sensi ed anche quelle dello spirito son necessario
per la perfetta purezza e santità dell'anima, come lo dimostrò ampiamente S.
Giovanni della Croce 21. Dunque la vita mistica non è fuori della
via normale che conduce alla santità^. .
Le obiezioni che ci sono fatte
son notevolmente . meno forti di quella che ci facevamo noi stessi più \.
sopra, e. V, a. IV. Non è forse anche questo un segno che la dottrina che
difendiamo col Oan/. Sau-dreau, col P. Arintero, O. P., col P. de là Taille,,
S. J., guadagna veramente terreno?
Il R. P. Bainvei riassume le nostre
conclusioni, trascurando-alcuni dei principii su cui sono basate,
1" Revue Apologétisws, 1 die. 1921, p. 288.
" IbvH.
i1 Notte oscura, 1.1, e. Ili; 1. II, o. i.
SINTESI
E' CONFERMAZIONE 523
la qual cosa lo conduce a"
chiederci delle precisioni che già gli avevamo date. .. -"
Noi non abbiamo mai sostenuto,
come pare ci si attribuisca 22, «che le anime mistiche siano sempre
le più perfette»; anzi abbiamo detto sovente che le grazie mistiche sono a volte
accordate ad anime assai imperfette, mentre altre anime notevolmente più
avanzate non le hanno ancor ricevute 2S; ma non è questo l'ordinario:
per solito la contemplazione mistica è concessa ai perfetti. Anche i teologi
dei secoli xvii e xviii, che ammisero l'esistenza della contemplazione
acquisita e a volte le assegnarono un posto certamente eccessivo, riconoscevano
generalmente, come dice Giuseppe dello Spirito Santo, che li segue, che Dio
eleva generalmente {solet elevare) alla contemplazione infusa le anime
che si applicano con fervore alla contemplazione acquisita 2t.
Di più, quando diciamo che la
vita ascetica e ca-
'"'
Bevue Apologétigue, 1 die. 1921, p. 288.
"
Noi dicemmo (Vie Sp-lrit., aprile 1921, p. 2 e 3) seguendo S. Giovanni
della Croce olle le vìe illuminativa e unitiva nella loro pienezza non
si trovano se non nella vita mistica, e che, se appariscono nel corso della
vita ascetica, è sotto una forma ancora assai imperfetta. O. supra, p.
163 ss.
21 giuseppe dbllo
spirito santo, O. D., Cursus theologiae scholastico-wystzcae, t.
II, praed. 2, dìsp. 8, q. 4, p. 71, n. 90: « Diximus, quod omnes docent,
videlicet quod animam, contemplationem activam fervide exercentem, solet
Deus elevare ad contemplationem infusam. » Non si può dunque sostenere,
come si disse recentemente, che, per Giuseppe dello Spirito Santo, la
contemplazione infusa è straordinaria e che è presunzione 11 desiderarla; è un
dimenticare la distinzione chiarissima fatta da questo teologo tra la
contemplazione infusa e i favori straordinari come.l'estasi che possono
accompagnarla. Ct. itiid., disp. 11, q. 2, n. 18 è 23, p. 225.
Quest'affermazione
di Giuseppe dello Spirito Santo e dei teologi che segue, cioè che Dio solleva
generalmente alla contemplazione infusa le anime ohe s'applicano con fervore alla
contemplazione acquisita, è tanto più notevole, in quanto sembra talvolta
annettere alla contemplazione detta acquisita l'orazione di quiete. In altri
testi egli dice, come quasi tutti gli autori, ohe l'orazione di quiete è
infusa. Questo è veramente il pensiero di S. Teresa, la quale dichiara
nettamente. Vita, o. xiv, che l'orazione di quiete è soprannaturale e
che noi non possiamo averla colla nostra propria industria. |
524 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
ratterizzata dal predominio,
del modo umano delle virtù cristiane, e la vita .mistica da quello del modo
sovrumano o divino dei doni dello Spirito Santo., ossia da una cognizione
infusa e da un amore infuso-, che non possono essere il frutto della nostra
attività personale, aiutata dalla grazia, non vogliamo in conto alcuno
riservare agli stati mistici l'intervento dei doni dello Spirito Santo. Noi
invece 25 abbiamo sempre , detto che prima dello stato mistico essi
intervengono in un modo sia latente e abbastanza frequente, sia manifesto ma
raro. Quando quest'intervento è ad un tempo frequente e manifesto,
allora comincia, diciamo noi, la vita mistica propriamente detta, caratterizzata
dal predominio del modo divino dei doni 26. Allora si può dire che
l'anima vive sotto il /regime dei doni, diretto dallo Spirito Santo più
ch'ella non diriga se stessa colla sua ragione illuminata dalla fede. Questo
del resto ci è concesso dal P. BainveI, come vedremo.
Quando poi diciamo che la vita
mistica comincia , normalmente ' colle purificazioni passive dei sensi e
coll'orazione di raccoglimento passivo, ci si domanda per qual ragione si
distinguono queste purificazioni è • questo raccoglimento passivo. Ma, appunto
perché è uno stato che l'anima non può .procurarsi colla sua propria industria,
come dimostrano a lungo Santa Teresa e S. Giovanni della Croce. E affermando^
questo noi non definiamo idem per idem, ma fac- f clamo vedere
nell'ordine dei fatti dove comincia a veriticarsi la definizione
precedentemente stabilita..
Ci si dice altresì che vi sono
dei testi formali^
28 Ot. sopra, c. IV, a. VI, § 3, p. 359, 363.
" Tale è pure l'insegnamento generale dei tornisti, of. giuseppe dbllo spirito santo, O. D., Cursus
Tìleol. scìlol.-mvst., t. Il, disp. 7, q.. 1, n. 28, p. 11. Aoblam pTire
notato, p. 362, che il predominio de] modo sovrumano del dono
della sapienza è smagliante In certe anime, diffuso In altre, ma
ancora assai manifesto, se non per l'anima stessa, almeno per un direttore
sperimentato.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 525
di S. Francesco di galea, di S.
Alfonso de' Liguori, del P. Baldassarre Alvarez, di S. Teresa, di Benedetto
XIV, il cui senso sembra direttamente contrario a quanto noi affermiamo, cioè
alla chiamata generale e remota di tutte le anime in stato di grazia alla vita
mistica. Tuttavia non si può evitare di mettere in vista queste parole: « È
vero, il pensiero di S. Teresa e quello di S. Francesco di Sales restano
discutibili » 27. Allora si deve forse dire che questi grandi santi
non videro chiaro o non seppero esprimersi sulla questione più fondamentale di
tutta la teologia mistica? Sarebbe un diminuire singolarmente i meriti dei
maestri a cui si fa costantemente appello. Parlando così si dimostra di
dimenticare gli studi recenti in cui furono comparati e classificati i varii
testi di S. Teresa, per discernere quelli m cui ella afferma chiaramente la
chiamata generale e remota, e quelli in cui ella vede delle eccezioni relative
alla chiamata individuale prossima 28. I lavori del Can. Saudreau,
del P. Arinfcero, O. P., del P. Garate, S. J., del P. Lamballe, non mancarono
di darci alcuni risultati certi. Si cita sempre un testo di S. Teresa: «Dio può
condurre le anime alle mansioni superiori senza farle passare per questa scorciatoia»
29, e per questa ultima parola s'intende: la scorciatoia della
contemplazione mistica, mentre essa, come ha dimostrato il Saudreau30,
vuoi dire la scorciatoia dello stato e'sta-tico e delle dolcezze che vi si
trovano. ,
La Santa parimenti (IV Mans., e.
.2, fine) non insegna a non desiderare la contemplazione infusa, cosa che
sarebbe contraria a ciò che disse sovente altrove;
ma dice solo che non si deve
fare sforzo per averla, perché essa è infusa, e il mezzo di prepararsi a
ri-
" Revue Apologétiaue, 1 die., p. 288.
" Ct. supra. p. 261-286 e Ì09-412.
" Castello intcriore, V Mans., o. m.
'° Btat mystigue, II ediz., p. SO-.'Vte d'Union, III ediz., p. 263.
526 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE'
(ìeverla. non è il desiderio
delle consolazioni, ma l'u-, •miltà e l'amore disinteressato di Dio. . '.
Il R. P. Bainvei raccomanda con
ragione di prQ-':, cedere metodicamente quanto è possibile e di non prendere le
ipotesi per realtà, ma non ammette egli stesso troppo presto come un fatto
innegabile che per certe anime gli stati mistici non cominciano se non « da
altissime cime di grazia e di santità »? E
.aggiunge: «La santità non è
dunque funzione degli : stati mistici » 31. Egli ci perdonerà se noi
alla nostra volta guardiamo colla lente codesta asserzione, e ci
.mostriamo tardi ad credendum.
Come mai si è saputo che queste anime fossero su altissime vette di
' santità senza pure essere
passate per la purificazione passiva dei sensi « che è comune ai principianti »
? come dice S. Giovanni della Croce, Notte oscura, 1. I, o. 8. , ...
,
Si vede che queste obiezioni e
domande di precisione non toccano i tré principii fondamentali della nostra
dottrina, che qui abbiamo esposta32: la vita inferiore non ha
il suo pieno sviluppo normale se non .nella vita mistica propriamente
detta, perché 1° il • loro principio è il' medesimo, cioè la grazia
delle virtù e dei doni; 2° il progresso della prima non è tutto-ciò che
dev'essere se non per le purificazioni passive che appartengono alla seconda;
3° il loro fine è il medesimo, cioè la vita del cielo, e solo la vita
mistica vi dispone immediatamente in modo perfetto. Finché sussistono questi
principii, la dottrina rimane stabilita in ciò ch'essa ha di essenziale.
In quanto a S. Alfonso de"
Liguori, il P. Q. Schry-vers, redentorista, seguendo i suoi principii,
fa capo alle medesime conclusioni nòstre,33. Del resto, in un
"
Revue Apologétigue, 15 die. 1921, p. 348. .
88 Ot. sopra, e. V, a. II, p. 383-41.2.
"
sohbyvbks, I principii della
vita spvrtìvale, mabietii, Torino.
SINTESI
E CONFERMAZIONE, 527
ultimo articolo dimostreremo che
vi è -accordo fra i Maestri.
Ma ci s'invita pure ad esaminare
questioni di metodo, che sono della maggiore importanza; e noi lo faremo ben
volentieri, e saremmo anzi lietissimi di ritornare a lungo sopra
quest'argomento, se è necessario, perché si tratta dello spirito stesso
della teologia, particolarmente della teologia mistica, e dell'autorità in
questa materia dei più grandi Dottori della Chiesa, specialmente di S. Tommaso.
£)
Questioni di metodo nello Studio del problema mistico fondamentale.
lo La questione di sapere se
il fondo dello stato-mistico è per natura ordinario o straordinario non è anoor
matura, ci si dice 3t, e nello stato attuale delle indagini
non può ancora esser risolta; bisogna guardarsi dalle generalizzazioni
affrettate, dalle idee preconcette. « Si vede che restano molte .questioni da
risolvere prima che la scienza mistica sia una scienza» fatta, come, per molti
punti, è la teologia. Da ciò si può concludere che non è ancora venuto il
tempo-di una sintesi definitiva» 35.
Certo vi è ancora molto da fare;
ma si può egli dire che il problema iniziale e fondamentale della teologia
mistica non fu ancora risolto ? Infatti si tratta veramente di questo problema,
quando si domanda se il fondo dello sfato mistico è, sì o no, di natura
sua ordinario o straordinario, se è non solo» qualcosa di eminente, e
perciò relativamente raro, ma anche una grazia per sé eccezionale, fuori della.
via normale della santità. Molte regole di direziono
" Kevued'ascétigue et de mystiaue, ott. 1920, p. S29-351. " Bevve Apologétiyue, 1 dio. 1921, p. 289.
528 PBKEBZIOSB OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
nella vita spirituale dipendono
manifestamente dalla soluzione -data a questo problema, che non può esser
rilegato alla fine d'un trattato di mistica come una questione insolubile o non
ancora sciolta e senza importanza pratica.
Bisogna forse dire che i più
grandi ; Dottori della Chiesa non abbiano chiaramente posta questa questione
capitale di dottrina spirituale, o che siano rimasti indecisi davanti ad essa;
che per lo meno non si siano
•espressi in termini chiari e che
il loro insegnamento su questo punto dei più importanti resti discutibile?
<3iò .vorrebbe dire che, dopo diciannove secoli di Cristianesimo, la
scienza mistica è ancora da costituire, poiché questo problema fondamentale
resta ancora senza soluzione. Dopo le opere d'un S. Agostino, d'un S. Gregorio,
d'un Dionigi, d'un Eiccardo di 8. Vittore, d'un S. Bonaventura, d'un S.
Tommaso, d'un Taulero, d'un Euysbroeck, d'un Blosio, d'una .8. Teresa, d'un S.
Giovanni della Croce, d'un San Francesco di Sales, noi saremmo ancora fissi su
ciò
•che si può chiamare elementi
della teologia mistica :
a che piano, normale o
eccezionale, appartiene ciò
•che .forma il fondo dello stato
mistico ? Se i più grandi .genii, che avevano l'esperienza di questo stato,
non ci videro chiaro, saremo noi più fortunati e giungeremo mai ad una
soluzione là dov'essi fallirono? In realtà questa questione doveva essere
semplicissima per questi grandi santi, siamo noi che la compii- ' chiamo
perché non vediamo dall'alto, ma dal basso:
quello che è diviso nell'ordine
inferiore è uno e semplice in un ordine più elevato, come ripete sovente
Dionigi 36.
81 Per la medesima ragione, un g. Domenico, che portava
sempre seco le Epistole Ai S. Paolo, doveva comprenderne 11 senso protendo
incompara'bilmente meglio eli molti critici moderni, elle spesso coi loro
procedimenti complicano quello che deve apparire semplicissimo in una luce,
superiore.
[SINTESI
E CONFERMAZIONE 529
Alcuni anni, fa, quando si fondavano
riviste apo-logetiche, parecchi lavoratori pieni di buona volontà consideravano
l'apologetica come una scienza nuova,:
da costituire metodicamente.
Sembrava si dimenticasse che nostro Signore, gli Apostoli,, i Padri, tutti i
grandi teologi avevano fatto dell'apologetica, e in modo molto più 'elevato,
profondo e vivace di noi, senza tanto:
preoccuparsi del lato materiale e
meccanico d'un metodo, come un pittore di genio domina presto i procedimenti
tecnici che altri non oltrepasseranno mai. Alcuni di questi onesti lavoratori^
non avendo veduto, l'America, credevano che ancora fosse da scoprire e che
l'onore di questa scoperta fosse loro riservato. Per il fatto ch'essi non
erano, giunti a farsi una convinzione su ciò che è in noi il punto d'inserzione
del soprannaturale, credevano che la questione della potenza obbedienziale non
fosse mai stata risolta o forse nemmeno posta bene. Essi dimenticavano le celebri
controversie del tempo di Baio.
Per il fatto che ora noi vediamo
la necessità di studiare e' di approfondire le questioni ascetiche e mistiche,
penseremo forse che spetti a,noi di costituire una scienza nuova o di risolvere
finalmente i suoi problemi fondamentali? Sarebbe un ignorare non sola il valore
delle opere dei grandi maestri che, ora abbiamo citato, ma anche quello dei.
libri dei Padri Lallemant, Surin, de Caussade, G-rou, che nei secoli xvii e
xviii sono, nella Compagnia di Gesù, i rappresentanti della tradizione 37.
Sotto quest'aspetto si potrebbe
dire altresì che S. Tommaso, nonostante il suo genio, non giunse mai a vedere
se la grazia efficace è efficace per sé stessa oppure per il nostro consenso,
per modo che, dopo di lui, quasi tutto il trattato della grazia attual&
"
Vedasi in seguito, ultimo articolo (P. 591), anello ch'essi pensano della
presente questione.
84 — Perfezione e Contemplazione.
530 PERFEZIONE CBISTIAISTA, E COtITEMPlAZIONE
sarebbe ancora da costituire; o
ancora ch'egli non seppe mai determinare se it nostro desiderio naturale di vedere
Dio è inefficace o efficace come doveva .dire Bàio. Sarebbero stati teologi di
terzo o di'sesto ordine a risolvere questi grandi problemi, da cui dipendono
molti altri?
* * *
2° Se tuttavia stessero così le cose,
potremmo' noi per lo meno sperare di trovar la soluzione del problema mistico
principale mediante . l'applicazione dei principii di Maestri come S. Agostino
e S. Tom-maso ai tatti descritti dai santi che ne fecero l'esperimento? D, E.
P. Bainvei ci dice: «Ammettiamo che dal confronto fra questi due ordini
d'informazione... possa scaturire la luce, essa tuttavia non ne scaturirà
'riavvìcinando come che si'a i fatti della^ vita e dell'attività mistica a
principii e a sintesi teologiche ammirabili, ma che sono il risultato dell'analisi
e dell'osservazione esercitata sui fatti e sul movimento della vita
ordinaria, normale, e non su quelli di questa vita e di quest'attività sui
generis che gli antichi non avevano di mira quando stabilivano .i loro
principii e costruivano le loro sintesi »38.
Se è così, S. Agostino, S.
Gregorio, D'ionigi, San Bonaventura, S. Tommaso, trattando delle virtù infuse,
del progresso della carità e dei doni dello Spirito Santo connessi con essa,
trattando della più alta perfezione cristiana, delle virtù dell'anima
purificata-(virtutes purgati animi), della contemplazione infusa,
perfino del rapimento, e delle grazie gratis datae,. non avevano di mira
la vita mistica, che. era il meglio di loro stessil Essi non parlavano se non «
della vita ordinaria,, normale f 1 Non è forse un sup-
s" Bevue Apologitique. 15 die. 1921, p. 351-352.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 631
porre che, per questi grandi
dottori, la vita mistica fosse certamente al disopra del normale più elevato ?
Non è egli un prestar loro a priori la dottrina stessa del P. Poulain? E
noi alla nostra volta non potremmo parlare « d'un difetto di metodo più grave
che non apparisca a tutta prima e tanto più grave quanto è più incosciente»?39.
Vedasi più sopra, p. 508-509.
Secondo eccellenti testimonianze,
per chi si è compenetrato a lungo della dottrina di S. Tommaso sopra le virtù
teologali e i doni corrispondenti e nel medesimo tempo ha da dirigere anime
che si trovano nella notte passiva dello spirito nettamente caratterizzata, si
vede che questa dottrina, anziché essere d'ordine inferiore a ciò che
sperimentano queste anime già avanzate nella vita mistica, da molta luce per la
loro dirczione. Si vede specialmente l'utilità di quelle prove che hanno per
scopo di purificare da ogni lega le più alte virtù e di mettere in un potente
rilievo il loro motivo formale d'ordine affatto soprannaturale, inaccessibile
senza la grazia. Allora si capisce veramente che le virtù teologali sono soprannaturali
non solo per un modo, guoad modum, ma anche per la stessa loro essenza, quoad
substan-tiam, a motivo dell'oggetto formale che le specifica <10.
Allora apparisce tutto il senso e tutta la portata del grande principio della
specificazione degli abiti e delle virtù mediante il loro oggetto
formale, principio che rischiara tutto il trattato delle virtù infuse. Certe
anime contemplative molto provate nella fede, che mai non avevano inteso se non
la teoria della fede discorsiva, fondata sul ragionamento umano o sull'esame
razionale dei miracoli, trovarono una gran luce nella dottrina tomistica della
fede non discorsivà;-essenzialmente soprannaturale a cagione del suo motivo
"
Revue Apologétiyue, 15 die. 1921, p. 354.
'0
Vedasi e. II, a. II : La dottrina di S. Tommaso nella soprannaturalità essenziale
della tede infusa, p. 55-76.
532 PEK-FEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
formale, che oltrepassa ogni
ragionamento umano i1. Questa dottrina adunque non è, d'ordine
inferiore alla vita mistica propriamente detta. Se non è ancora ammessa da
tutti i teologi, non è forse a cagione della sua elevatezza? E si dovrebbe
dichiararla dubbia, perché non ottenne ancora tutti i suffragi?
* * *
3° Gli studi attuali ci conducono
così a riproporre la questione dei rapporti della teologia e della scienza
mistica. — II E. P. Bainvei ci dice: «Bisogna trattar la mistica come una
scienza speciale... e mettersi in guardia contro le applicazioni ad una scienza
speciale in fieri dei principii d'una scienza affatto diversa» t2.
La teologia mistica dottrinale o speculativa adunque 'non sarebbe più una
parte della Teologia, poiché- questa è detta « una scienza tutta diversa » ?
Allora noi domandiamo qual è l'oggetto formale della scienza mistica e la luce
sotto la quale essa procede, quali sono i principii che la illuminano. Le
scienze sono specificate dal loro oggetto e dal punto di vista formale secondo
il quale esse lo considerano ; perché vi siano più scienze bisogna che vi sia
pluralità d'oggetti formali. Se la scienza mistica non fosse più una parte
della teologia, bisognerebbe annetterla alla psicologia, e allora bisognerebbe
'giudicare i fatti soprannaturali della vita
11 Quando l'anima contemplativa passa per queste prove,
non è intatti il momento di rileggere un'apologetica e di accumular 1 ragionamenti,
ma di domandare con umiltà e fiducia la grazia d'una maggior tede. In questa
purificazione passiva dello spirito, il lume infuso del dono dell'intelletto
solleva sempre più l'anima sopra 11 ragionamento, per tarla aderire in un modo
superiore al motivo formale affatto soprannaturale della tede, alla Verità
prima rivelatrice. Così la fede oltrepassa ognora più le formule, per aderire
al misteri tali quali sono in Dio, e, al disopra delle più penose fluttuazioni,
« ella trova asilo nell'immutabile ». '
<3 IM., p. ,352.
SINTESI
E COSPEEKAZIONE 533
mistica dal solo punto di vista
dei principii naturali della psicologia. Tale non è evidentemente il pensiero
del E,. P. Bainvei, ma le sue espressioni non sono forse almeno eccessive,
quand'egli parla di « scienza affatto diversa » ? Ricordiamoci come i teologi
dei diversi ordini religiosi concepirono la mistica dottrinale e i suoi
rapporti colla teologia. Su quest'argomento si può leggere il carmelitano Giuseppe
dello Spirito Santo, Cursus Theologiae mystico-scholasticae,
specialmente 'la sua lunga introduzione sulla natura della teologia mistica,
e-.si vedrà perché è una parte della teologia, e come non è più nel suo stato
embrionale ts. Vedasi sopra, p. 1-35.
4° Finalmente come, possiam noi
in teologia mistica far uso dei principii enunziati da un gran Dottore come S.
Tommaso, quand'essi sono formalmente contradetti, non precisamente da un
altro, Dottore della Chiesa o da un altro santo canonizzato, ma semplicemente
da un teologo come Scoto o Molina? — Leggiamo .nella Revue Apologétique: «
Su molte di queste questioni, non solo non ci s'intende, ma si ha l'impressione
del vag'o nelle idee, di malintesi nelle discussioni, di colpi menati a fianco.
D'onde viene questa confusione? In parte dal fatto che alcuni tras-
4' 01. ibid., tom. I, disp. prima prooemialig, q.
vili, n. 168: « Tiptologia mystica acquisita est idem habitus cum theologia
scholastica. Conclusio est omnium mysticorum, quorum concors animug hoc ad
minus probat ". — n. 177: «Theologia mystica et scholastica eamdem
rationem forinalem sub qua, habent. » — S. Tommaso aveva già dimostrato
ohe per questa ragione vi sono più scienze fliosofiche, ma non più
scienze teologiche (I, 1. 1, a. 3). Quindi i tornisti rifiutarono sempre di
vedere nella teologia dogmatica e nella teologia morale due scienze distinte.
La Teologia morale ha applicazioni diverse, secondo ohe considera, sotto un
medesimo oggetto formale, oggetti materiali diversi, e così si distingue la
teologia casistica e la teologia ascetico-mystica.
634 PERFEZIONE CBISTÌANA E CONTEMPLAZIONE
feriscono su questo terreno le
divergenze di scuole e di sistemi teologici. E vi .è qui un difetto di metodo
più grave che non apparisca a tutta prima, tanto .più grave in quanto è
incosciente: si crede di parlare della grazia, .così come la intendono la Scrittura
e la Chiesa,, e si parla della grazia efficace nel s'enso " tomista „
della parola» 4:ì.
Pare veramente che queste ultime
parole ci prendano di mira. E noi non possiamo serbare il silenzio. Grave
difetto di metodo e difetto incosciente 1 Su quest'argomento vi sarebbe non
poco da dire; ci duole d'essere qui costretti a sfiorarlo appena.
Anzitutto, in una serie
d'articoli sulla « mistica e le dottrine fondamentali di S. Tommaso» va,
abbiamo esplicitamente dichiarato che noi intendevamo di seguire integralmente
i principii del S. Dottore, 'profondamente persuasi che l'opinione personale,
che noi potremmo farci fuori di essi, non meriterebbe la pena d'essere
enunziata. Per conseguenza, quando, i-n questi studi, esponendo il pensiero di
S. Tommaso, noi citiamo un dato testo della S. Scrittura o dei Padri sulla
grazia efficace, noi lo prendiamo, dichiarandolo esplicitamente, nel senso in
cui l'intese S. Tom-maso stesso, certamente, e non nel senso opposto di Molina 46.
Dovremmo noi attenerci ad un senso indeciso, suscettibile delle due
interpretazioni contra-• dittorie, senso equivoco, che ci obbligherebbe a
restar sempre a mezza costa, fra le divagazioni delle, eresie 'tra loro
opposto, e la vetta a cui i veri,maestri, vogliono condurci? Ci si rimproverava
poco fa di
"
Sevw, Avologétiqw, 1S die. 1921, p. 354, '.,?. 41 Vie sfiiritwTle,
1920, articoli riprodotti sopra nel capit. II, p. 41. " Oi siamo perfino
preso cura di mettere in nota (Vie Spirititene, aprile 1920, p. 2-11)
parecchi testi di S. Tommaso sulla grazia efficace e alcuni estratti di Molina,
per tar vedere la differenza e le divergenze che possono seguirne in fatto di
dottrina spirituale. È difficile in realtà* non toccare una volta o l'altra
q.uesta questione. Vedasi sopra, p. 78, nota 1 ss.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 535
non essere abbastanza precisi, ed
ora di esserlo 'troppo. Se trattasi del testo di S. Paolo: «D.io-opera in noi
il volere e il fare, secondo il suo beneplacito » (PhiL, n, 13), possiamo noi
tacere il senso esatto in cui intendiamo queste parole? Diciamo anzi con, S.,
Tom-maso (0. Gentes, III,-e. 89) che è un resistere manifestamente al
senso della Scrittura l'intendere:
« Noi abbiamo da Dio la virtù, il
potere di fare, ma non l'operazione stessa». Si è veramente sicuri di
conservare tutto il senso delle parole: grazia efficace, tali quali le
intendono la Scrittura e la Chiesa, quando si vuole aderire al senso di Molina?
È un minimo sotto il quale non si può discendere senza cadere nel
semipelagianismo; ma bisogna forse ridurre a questo minimo il senso pieno della
parola ,di Dio? e in mistica più che altrove, si cerca questa pienezza di
senso. Nonché ridurre al minimo la vita della grazia la mistica aspira
anzi a vederla in tutta la sua elevatezza e in tutta la sua profondità. Per
questo qual via si ha da prendere? Per amore della imparzialità, per dominare
le divergenze di scuole ed evitare lo spirito di parte, certi giovani
seminaristi, preparando una tesi sulla grazia, cercano a volte di sollevarsi
sopra S. Tommaso d'Aquino e sopra Molina. Buona volontà commovente! Ma è questa
la strada da seguire?
Come si può fare quaggiù, prima
d'aver ricevuto il lume della gloria, per non trasportare nel campo degli studi
mistici le divergenze di scuole? Bisognerebbe forse fare i neutrali, i teologi
incolori, e, con rischio di diventare insipidi, parlare fuori d'ogni sistema e
d'ogni proprio pensiero personale? Colui ,'che fa i primi passi in teologia o
che dopo .lunghi anni non arrivò a farsi una convinzione, sarebb'egli l'ideale
del maestro? L'imparzialità sarebb'essa la neutralità? Ci sarebbe tuttavia un
mezzo per attenuare grandemente le divergenze, per fare l'unità;
636 PERFEZIONE CRISTIANAE CONTEMPI.AZIOKE
e sarebbe, come raccomanda la
Chiesa, " di mettersi totalmente alla scuota di S..Tomma.so e di preferirlo,
come merita, a D;uns Scoto e a Molina. Ma ci si rimprovera appunto di essere
troppo tornisti. E. questo rimprovero ci è rivolto in nome del metodo, laddove
secondo noi è lo stesso molinismo che proviene da vai difetto di metodo,
quando disconosce l'universale causalità di Dio, autore della salute, e pone
una passività, in Lui per non averla voluto riconoscere là dov'essa è
veramente: nella creatura libera'47.
"
Abbiamo dimostrato altrove: Dieu, son existence et sa nature, p. 473,...
672,... che è un difetto di metodo 11 sacrificare l'universalità dei principii
più. certi ad una difficoltà particolare, invece di subordinare a questi
principii la soluzione di questo problema speciale. Così il teologo è condotto
a sostenere che vi è una passività nell'intelletto divino, che esplorerebbe le
nostre volontà per prevedere quello ohe noi faremo. Per tal modo, nella
conversione, nella fedeltà al dovere cristiano, nella perseveranza finale, ciò
che distingue 11 giusto dal peccatore ohe si suppone ugualmente aiutato
dalla grazia, verrebbe unica-mente dall'uomo, e non da Dio: <i Quod
ex duobus simillter vooatis alter oblatam gratiam acceptet, alter respuat,
recte dicitur ex sola liber-tate •provenire, non quod is, qui aceeptat,
sola libertate sua aoceptet, sed quia ex sola liberiate illud discrimen
oriatur, ita ut non ex diversitate-auxilii praevenientis " (Lessius, de
Gratta efficaci, e. xvin, n. 7). — Noi con tutta la scuola tomista
dichiariamo ohe questa conclusione ci apparisce inconciliabile con il testo di
S Paolo, I Cor. iv, 7 : n Chi è cheti dif-fereusia? JS che hai che tu
non abbia ricevuto? Jff se lo fiat ricevuto, 'perche tè ne glorii, come se non
lo avessi ricevuto? » — Of. sa.lmanticesi,-de
Qratia, tr. XIV, disp. VII, dub. 1.
E
secondo che si ammette la dottrina tomista o la dottrina moli-nista, uno è
condotto, diciamo noi, a vedute abbastanza diverse ciroa-l'umiltà cristiana,
circa la necessità d'una preghiera incessante, circa l'abbandono alla divina
Provvidenza, circa il carattere normale delle-vie passive, e circa altre
parecchie questioni connesse. Quest'osservazione non ha evidentemente nulla di
originale e tu fatta spesso, ma oggi è un poco dimenticata, come notava
recentemente l'Ami du Clerge in un eccellente studio, 8 die. 1921, p.
692. Vedasi sopra p. 77 ss.
Del
resto il molinismo come lo scotismo tu la felice occasione d'uno studio più
protondo della dottrina della Scrittura, dei Padri, di S. Tom-maso sopra la
grazia, sopra la sua elevazione, la sua forza e la sua soavità. Se, nel mondo,
ogni cosa concorre al bene di quelli che amano Dio, come-dice 8. Paolo, ciò
dev'essere partioolarmente vero della storia della teologia, perché Dio veglia
sopra la sua scienza, e non permette in essa le divergenze e le deviazioni se
non perché esse contribuiscono a modo loro a mettere più in rilievo la verità.
SINTESI E CONFEBMAZIONE 537
In queste condizioni come si
possono evitare le divergenze di scuole? Possiamo noi, affrontando la mistica,
far tabula rasa dei trattati teologici ch'essa» suppone necessariamente,
quelli della grazia, delle-virtù infuse e dei doni? Dobbiam. noi ridurre questi
trattati a quanto è definito infallibilmente dalla. Chiesa ? Ci si dice : Non
bisogna ' far uso se non di ciò che è acquisito in teologia. Ma per
l'appunto, chi determinerà quello che è acquisito? Per sapere-il valore d'una
tesi teologica, bisognerà forse contar® materialmente il numero dei teologi che
la sostengono, e ricorrere al suffragio universale, in cui tutti i
voti, qualunque sia il loro valore, sono uguali T Bisognerebbe forse che un
tomista, per rispettare le regole del metodo, non ammettesse tra i
principii di •S. Tommaso altroché quelli che sono accettati dalle-scuole
avverse? E allora che cosa resterebbe di questi principii? Diventano essi
dubbii o semplicemente probabili per gli stessi discepoli del Maestro, per il
semplice fatto ch'essi furono negati da un teologo di valore;
molto discutibile, seguito da più
altri?
Duns Scoto, aprendo la via ai
nominalisti, antenati dei nostri positivisti attuali, non si peritò di
porre" alla base della sua morale questa proposizione: «Nessun atto è
cattivo in sé a cagione del suo oggetto,,, salvo l'odio di Dio; dunque se Dio
rivocasse il pre--cetto: Non ucciderai, l'assassinar uno non sarebbe un.
peccato » is. Ne segue forse che la dottrina di San
18 Opera Scoti, ed. Vl-vès, voi. 19, p. 118: « Nullus
actus est periecte" bonus ex genere tantum, sive ex solo objeoto, nisi
amare Deum; nec-malus ex genere, sive ex solo ohjecto, nisi odire Deum.
» Itevi voi. 24, P. 377. — E voi. 21, p. 537: «Non videtur, quod circa
creaturam sii aliquod peccafcum mortale ex genere, sed tantum ex
praecepto divino^ ut coguoscere alienam, et occidere hominem, quia illa ex se,
si Deu& revocare! praeceptum, non essent peccata. 11 Qui si
tratta di uccidere-un innocente ed anche d'inflìggergli le peggiori torture
prima dì farlo-morire; non è questione dell'atto del giustiziere, ohe eseguisce
una ^utenza di giustizia, poiché costui, anche posto e non revocato il pre-
S38 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Tommaso sulla necessità e
sulfìmmutabilità della legge naturale non sia una dottrina acquisita?
Bisogna forse, nonostante una dichiarazione di Pio IX i9,
dubitare
•che i prioiissimi precetti della
legge naturale siano « da Dio scolpiti nel cuore di tutti gli uomini »,
per il fatto che un teologo inclina a pensare che i più 'degli uomini li
ignorino invincibilmente, se essi non l'impararono in famiglia o alla scuola?
Non sarebbe
•ciò la distruzione del senso
comune, anzi della sinderesi e del più naturale rimorso? \
•Per il fatto che Duns Scoto,
seguito da Molina e da parecchi altri, considera che la fede infusa non è
soprannaturale essenzialmente, quoad substantiam,
•a, motivo del suo oggetto
formale, ma solo in quanto .al modo, quoad modum, che la riduce a' non
essere se non un soprannaturale impiallacciato, ne segue forse che la dottrina
della soprannaturalità, essenziale della fede, che tutta la tradizione tomista,
domenicana e carmelitana 50 difese sempre come la pupilla
"cotto
divino, non pecca. — È nn confondere la legge naturale con la 'positiva; i
delitti contro natura allora non sono più proibiti perché
•cattivi,
ma cattivi perché proibiti. — Occamo su questo punto va più avanti ancora di
Scoto, e distrugge il fondamento d'ogni morale, non
•temendo
di affermare ohe nulla è male in, sé e che la prima distinzione
•del
bene morale e del male dipende dal libero arbitrio di Dio, che avrebbe
•dunque
potuto ordinarci di odiarlo e non di amarlo. S. Tommaso aveva detto: questa è
una bestemmia (de Veritate, q. 23, a, 4). — Cosa sba-lorditiva. Ciccamo
tu seguito su questo punto da Pietro d'Allly e da tìersone (Gersan-ii
Opera, t. I, col. 147). Questo sarebbe lo stesso olìe dire: Dio, se
volesse, potrebbe essere non 11 sommo bene, ma il principio del male,
sommamente detestabile, come notò più tardi Leibnitz, Théod. II, § 176
sq.
"
Denzinger, n. 1677: 11 Notum Nobis Vobisque est, eos, qui invin-
•ciWi circa sanetissimam nostram religionem ignorantia
laborant, quique naturale-m legem ejusgue praecepta in omnium cordibus a Deo
inseuipta
•seduto
servantes ao Deo obedire parati, honestam rectamque vitani agunt, posse,
divtnae luoig et gratiae operante virtute, aetemam con-sequi vitam... a
10 sa.lma.ntioesi,
de Oratia, tr. XIV, disp. Ili, dub. in, 5 1-6, n. 60,
•e gius'eppe dello spirito santo, Cursus
Theol. scìwl.-mvstwae, t. II, disp. 8, q. i: Utrum divina
contemplatio sit entitattve supernaturalls.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 539
degli occhi, e che fu ammessa dal
Suarez 01, non possa essere invocata in un trattato di mistica,
dove, sotto la scorta dei santi, si tratta appunto, non già di ridurre al
minimo la vita soprannaturale della fede, ma di mostrarla in tutta la sua
grandezza ? E che cosa diventerebbe la sintesi teologica sulle virtù infuse, se
si righettasse il gran principio della specificazione degli abiti
mediante il loro oggetto formale, per il fatto ch'esso fu inconsideratamente
messo ' in dubbio da qualche teologo inconseguente? 62.
Il metodo che volesse fare
astrazione dai principii'. della sintesi tomista, invece di giudicare i fatti
alla loro luce, correrebbe grave rischio di restar stranamente materiale. La
sua precisione rassomiglierebbe più a quella di un contagocce o d'un cronometro
che a quella di un'idea distinta. Allora si potrebbe dichiarare perfettamente
metodica, nonostante i suoi errori di dottrina, ogni opera che parli
costantemente delle regole della critica mancando alle primissime, e che
enumeri materialmente e minuziosamente i fatti, senza cercare di renderli
intelligibili. Così si finirebbe con fare una teologia meccanica, come vi è una
letteratura meccanica, quella di certi candidati perpetui all'Accademia,
letteratura artificiale, fiottile, complicata, che si vanta di correttezza grammaticale,
ma che è priva del solo dono che abbia valore, quello della vita.
Prima :di prendere un pasto, per
conoscere il sapore delle vivande, occorre torse farne l'analisi chimica? .Per
giudicare della rassomiglianza d'un ri-
"
svassi, de Gratta, 1.
II, e. xi, n. 17.
"
Alcuni intatti ammettono questo principio riguardo alla carità, che sussisterà
in oielo, o lo negano riguardo alla fede e alla speranza, Perché ritengono che
queste due virtù sono soprannaturali quoad swb-stantiam o
essenzialmente, senza esserio però a cagione del loro oggetto l'ormale. Il
trattato delle virtù intuse è così smembrato e diventa irriconoscibile, come
dicono i Salmanticesi e il Suarez, loc. cit.
640 PEBPEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
tratto, bisogna forse
confrontarne i minimi particolari coll'originale ? ITno sguardo generale basta.
Sovente ancora, se esso è intelligente e penetrante, ci darà il 'senso d'un
libro spirituale, più che la paziente analisi di ciascuno de' suoi capitoli.
Gli alberi, veduti troppo da vicino, impediscono di vedere la fo-' resta; chi
s'ingolfa -nei particolari non vede più l'insieme; le miserie e il male che
riscontra lo fanno dubitare della Provvidenza; il progresso della scienza:
così concepito lo distoglie da
Dio. Parimenti un tutto dottrinale si giudica, 'non solo dalle parti che lo
compongono materialmente, ma dall'anima, che le vivifica. E per giudicare di
quest'anima, è necessaria, in un ordine molto superiore ai procedimenti
critici meccanicamente applicati, la luce dei principii che furono formulati
dai Maestri, :e che soli permettono di vedere, non dal basso, ma dall'alto, dal
punto di vista secondo il quale queste opere spirituali furono scritte. Allora
i particolari e le menome sfumature prendono il loro valore e si -scoprono abbastanza
facilmente le molteplici inesattezze degli studi più minuziosi fatti da un
punto di vista inferiore.
Nell'opera dei Maestri,
principalmente di S. Tom-maso, vi sono certe parti accessibili a tutti, che furono
volgarizzate immediatamente, ma alcune delle sue dottrine più alte, più
raggianti e più belle furono ignorate, dimenticate o anche disdegnate. Bisognerebbe
forse tacerle ? Bisogna . far silenzio su quello che, a motivo della stessa sua
elevatezza, è ancora ignorato da un certo numero di teologi? "E allora,
come progredire, non in estensione e materialmente, ciò che importa poco, ma
in elevazione e in profondità?
^, ... . •
Secondo noi adunque, non. è
difetto di metodo lo studiare le questioni mistiche secondo i principii del
Dottar Angelico tali quali li intese sempre la scuola tomista, rappresentata
non solo dai teologi
SINTESI
E CONFERMAZIONE 541
domenicani, ma anche da quelli
del Carmelo e da molti maestri d'altri ordini e del clero secolare.
In ciò non facciamo altro che
conformarci a quello che recentemente ..ci diceva Benedetto XV: «In vero,
quando si tratta di mettere in luce quello che tocca lo spirito nella sua vita
ascetica e mistica, nessuno ignora il grande valore della dottrina di S.
Tommaso. Noi stessi, a più riprese, ogni volta che se ne presentava
l'occasione, l'abbiamo proclamato... Ai giorni nostri, molti trascurano la vita
soprannaturale, o in suo luogo coltivano un inconsistente e vago sentimentalismo.
Perciò è assolutamente necessario ricordare più sovente ciò che, colla S.
Scrittura, i Padri della Chiesa c'insegnarono a questo proposito, e fare ciò
prendendo per guida specialmente S. Tommaso d'Aquino, che con tanta chiarezza
espose la loro dottrina sulla sublimità della vita soprannaturale..., sulle
condizioni richieste per il progresso della grazia delle virtù e dei doni,
la cui espansione perfetta, si trova nella vita mistica» 63.
Perché questo studio, sia: fruttuoso,
non basta leggere attentamente e meditare le opere del grande Dottore, ma
bisogna pregarlo, perché, dandoci la sua serenità abituale, ci ottenga la
grazia di capire quanto vi è di più elevato e di più vivente nella sua
dottrina, il che è di tal natura da portare le anime, a Dio e ad aprire
al maggior numero di persone le vie dell'intimità divina.
Noi ci proveremo a sintetizzare i
principii fondamentali di questa dottrina applicandoli alla vita spirituale.
"
Gt.Tie Spirititene, die. 1921, p. 161. Lettera di S. S. Benedetto XV al
direttore della « Vie Spirituelle », 15 sett. 1921, riprodotta negli Acta
Apostolicae Sedis.
542 PEErEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE articolo II.
La Teologia di S. Tommaso e la
dottrina spirituale.
Quando si cerca di determinare
il, carattere della dottrina spirituale di S. Tommaso, si resta colpiti, dalla moltiplicità
degli elementi ch'essa comporta e da una semplicità superiore che non si
lascia facilmente definire. I varii principii che la costituiscono,' quando si
considerano separatamente, non sembrano facilmente conciliabili, la loro unione
resta misteriosa e non si rivela se non progressivamente alle anime che seguono
questa via, . '
Infatti da un lato questa
.dottrina spirituale ricorda spesso che la grazia non distrugge la natura,
ma la perfeziona; anzi da un tale posto allo sviluppo na-' turale delle
nostre facoltà superiori, che S. Tommaso. d'Aquino fu accusato di naturalismo
da avversar!, che vollero vedere in lui più un filosofo che un teologo:
Alcuni pretesero che la sua «
Somma Teologica » ricordi più la sapienza aristotelica che quella del Vangelo
e di S. Paolo, e che in ciò essa differisca no- :
tevolmente dalle opere classiche
dei grandi autori spirituali, per esempio dall''« Imitazione di G-esù Cristo ».
D'altra parte questa dottrina
spirituale da un posto notevolissimo alla mortificazione. Chiunque può
convincersene dalle questioni della « Somma » dedicate alla temperanza, alla
pazienza, alla penitenza e alle virtù annesse, al dono del timore. Ciò si vede
pure dalla regola dell'Ordine domenicano che formò San Tommaso e che non cessò
di vivere della sua dottrina:
ufficio di notte, magro perpetuo,
digiuni ed altre osservanze monastiche, che le congregazioni moderne
SINTESI
E CONFERMAZIONE . 543:
credettero troppo difficilmente
conciliabili con l'attività apostolica. La medesima nota caratteristica
trovasi nella regola del Terz'Ordine detto della Penitenza. Essa
apparisce-soprattutto nella vita austeris-sima dei santi e beati domenicani,
nella loro grande devozione ai misteri della Passione, . di cui molti
ricevettero le stimate.
.
Parimenti non vi è nella Chiesa
dottrina teologica. più opposta di quella di S. Tómmaso al naturalismo
pelagiano o semipelagiano, non vi è dottrina che-insista di più
sull'impossibilità di meritare la vita soprannaturale con buone opere naturali,
o anche di dispersi alla grazia santificante senza il soccorso^ gratuito
della grazia attuale 1; non dottrina che mostri meglio l'altezza
infinita della vita soprannaturale sopra ogni vita naturale per ricca che sia,
compresa. . quella degli angeli; in tal modo che la più perfetta natura non
sembra più nulla in confronto col minimo-grado di grazia santificante. Non è
egli un distruggere eccessivamente la natura che or ora pareva si stimasse
troppo? Come queste due cose possono conciliarsi e unirsi praticamente ?
Nell'ordine stesso della grazia,
la dottrina spirituale tomista afferma ancora due principii ' che a tutta
prima sembrano in opposizione. D;a una parte-essa tiene che la grazia
non è resa efficace mediante il consenso della nostra volontà, ma che è efficace
per se stessa, intrinsecamente, e che produce in noi e con noi il buon
volere salutare. Sembra quindi che si rasenti il quietismo, e che l'uomo abbia
solamente a lasciarsi salvare e santificare da Dio, senza che agisca egli
stesso; sembra che basti un puro amore, passivo, disinteressato della salute,
che si rimette alla. predestinazione gratuita, senza mirare alla pratica delle
virtù. — Dall'altra parte però la dottrina spi- •
'
Of. S. tómmaso, I-II, a.
109, a. 5, 6, 7; q. 112, a. 3; q. 113, a. 5»
•64:4: PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEtìPLAZIONE
rituale tomista insiste motto su
questa •pratica delle mrtù; e questo si vede dal numero di quelle
distinte
•da S. Tommaso: sono più di
quaranta, delle quali egli
•tratta direttamente, opponendo a
ciascuna due vizi,
•uno per eccesso, e l'altro per
difetto 2.
Finalmente se .trattasi della
forma di vita soprannaturale, quando certi ordini si dedicano esclusivamente
alla vita contemplativa ed altri alla vita attiva, la dottrina di
S. Tommaso invita a unirle tutte e due. Sembra tuttavia che la contemplazione
sia impedita dall'attività d'una vita di studio e d'apostolato, e che
quest'attività non disponga gran fatto alla .contemplazione propriamente detta
che è d'ordine mi< .stico e suppone il silenzio, la solitudine, il raccoglimento
abituale. Come si possono unire queste due vite? 3.
Potremmo notare molte altre
opposizioni apparenti .nella dottrina spirituale tomista. Essa per esempio
•considera l'intelletto
come la più alta facoltà, che
•dirige tutte le altre; nondimeno
riconosce chiarissi' mamente la superiorità della carità sopra ogni
co'-;gnizione che possiamo avere di Dio quaggiù.
Come possono conciliarsi in un
medesimo ideale
•elementi in apparenza così
opposti? Qual è il carattere dominante che li unisce?
'
Quest'ascesi è presentata in modo pratico da S. Vincenzo Perreri nel suo Trattato
della Vita Spirituale, ed è la medesima Ispirazione che
•si
trova nel Dialogo di S. Caterina da Siena, y
' A
questo proposito si volle qualche volta vedere nell'Ordine di "S. Domenico
un dualismo, l'opposizione di due correnti, da una parte ciuella della vita di
studio e di apostolato, che verrebbe da S. Tommaso, 'e d'altra parte
quella della vita di pietà e d'osservanze, che verrebbe da S. Caterina da Siena
mediante il B. Kaimondo da Capua; quasi che S. Domenico non avesse potuto dare
al suo Ordine l'unità superiore
•che
si richiede in ogni organismo vivente. In realtà questi tré grandi
•santi:
Domenico, Tommaso e Caterina da Siena, sono nel medesimo Ordine come un
riflesso delle tré Persone divine: il Padre, il Figliuolo
•e lo Spirito d'amore. La loro unione non resta,
misteriosa per noi se non perché è quanto mal intima ed elevata.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 645
Carattere dominante della dottrina spirituale tomista.
Da ciò che abbiamo detto si vede
anzitutto che questa dottrina spirituale si studia di non sopprimere nulla di
quanto può veramente concorrere alla nostra perfetta santificazione e a quella
del prossimo. Essa non esita ad affermare principii in apparenza contrarii,
purché ciascuno preso a parte apparisca assolutamente certo. Non si contenta
di porli vicini meccanicamente, mediante un eclettismo opportunista, che limiti
bene o male le loro esigenze. Essa capisce che per unirli in modo organico, in
una subordinazione perfetta, bisogna sollevarsi più in alto, e che in siffatta
ascensione non bisogna arrestarsi sul pendio. Le contradizioni apparenti si
risolvono mediante l'equilibrio dei loro termini spinti al più alto grado. È
alla sommità che si fa l'armonia. Perciò la spiritualità tomista tende ad una
veduta d'insieme quanto mai superiore, che possa abbracciare con uno sguardo
gli aspetti più varii della vita cristiana, e vedere così com'essi si uniscano
nel loro principio comune e nel loro fine supremo. Questa visione d'insieme
superiore non è altro che la Sapienza, o la Contemplazione della Verità divina
e del suo irradiamento universale. Contemplari et contemplata aUis tradere,
contemplare e prodigare agli altri la propria contemplazione .per salvarli.
Tal è per S. Tommaso l'ideale
degli Ordini apostolici che si sforzano di continuare nella Chiesa la vita
stessa degli Apostoli, mandati da nostro Signore.
S. Paolo ci dice (I Cor., xn,
4):. «Vi sono distinzioni di doni, ma è il medesimo Spirito; e vi sono
distinzioni di ministeri, ma è un medesimo Signore; e vi sono distinzioni di
operazioni, ma lo stesso D;io è
35 — Perfezione e Contemplazione.
546 PERFEZIONE cristiana E CONTEMPLAZIONE
quello che fa in tutti tutte le
cose. A ciascuno poi è data la manifestazione dello Spirito per l'utilità
comune. All'uno è dato per mezzo dello Spirito il linguaggio della Sapienza (il
dono di far conoscere i misteri più alti della rivelazione), all'altro poi il
linguaggio della scienza secondo il medesimo Spirito (il dono di proporre le
verità della religione che tutti devono^sapere e di metterle alla loro
portata), a un altro la fede (in quel grado che ottiene e fa dei miracoli),
eco.-.. Tutte queste cose le opera quell'uno e medesimo Spirito, il quale
distribuisce a ciascuno secondo che gli piace». Questa distinzione ap-'parisce
tra gli stessi Evangelisti, e la sublimità di S. Giovanni viene specialmente
dal fatto ch'egli aveva ricevuto in un grado superiore quel linguaggio della
sapienza, sermo sdentine, di cui S. Paolo ci dice (I Oor., n, 6): «Vi è
una sapienza che noi predi» chiamo tra i perfetti... sapienza di Dio,
misteriosa e occulta, che Dio, prima dei secoli, aveva preordinata per la
nostra glorificazione. Questa sapienza da niuno dei principi di questo secolo
fu conosciuta... A noi però Dio l'ha rivelata per mezzo del suo Spirito; lo
Spirito infatti penetra- tutte le cose, anche le profondità di Dio ».
Non è forse "la stessa
missione che ricevette San Domenico e dopo di lui S. Tommaso d'Aquino? ,4.
4 S. Domenico passava abitualmente le sue notti in
preghiera, (landosi ad una penitenza eroica, e durante il giorno predicava, «
non sapendo parlare se non a Dio o di Dio ». Anima di preghiera incessante,
s'incontrava per le vie della Linguadoea talmente immerso nell'unione divina,
che una luce usciva dalla sua fronte. Questa luce fermò il braccio d'un
assassino assoldato dagli eretici. Cosi Domenico e l'Ordine che bisognava
fondare, tu detto, furono salvi dalla morte per la sua contemplazione.
Egli
aveva la missione di dare la luce alle anime, come disse lo stesso nostro
Signore a S. Caterina da Slena (Dialogo, o. clviii), paragonando l'Ordine di S. Domenico e quello di S.
Francesco : « Considera Quale perfezione, quale profumo di povertà... sulla navicella
di S. Francesco... Ogni Ordine spicca in una virtù particolare,... benché tutti
posseggano
SINTESI
E CONFERMAZIONE 547
«Vedi il glorioso S'. Tommasol
disse il Signore a S. Caterina da Siena, che nobile intelligenza, interamente
applicata alla contemplazione delle mie Verità, dove acquistò lume
soprannaturale e scienza infusa; onde questa grazia l'ottenne più col. mezzo
dell'orazione, che per studio umano » 5.
Queste ultime righe dimostrano
che ' la scienza di cui si parla qui, è la scienza suprema o sapienza, che
conosce le cose per mezzo della loro • causa prima e del loro fine ultimo. E
non si tratta solamente della sapienza ' acquisita mediante lo sforzo della
ragione naturale, o mediante l'indagine teologica illuminata dalla fede,, ma
della sapienza infusa, ossia scienza saporosa dei santi, principio di quella
cognizione amante che e la contemplazione : sguardo tutto pervaso d'amor
soprannaturale e che ci porta ad amar Dio maggiormente e a farlo amare. È la
perfetta subordinazione, della'sapienza naturale alla sapienza divina 6.
In una simile vita non vi è
affatto dualismo Od opposizione tra la pietà liturgica e le osservanze
la
carità che è il principio di tutte le virtù. A Francesco poverello fu propria
la vera povertà; a cagione dell'amore ch'egli aveva per essa ne lece il pezzo
principale della sua navicella... I] tuo Padre Domenico, diletto mio
figliuolo, volle che 1 suoi frati attendessero solo all'onore di me, e alla
salute delle anime col lume della scienza; e questo lume egli volle fare
oggetto principale del suo Ordine... per estirpar gli errori che a quel tempo
si erano sollevati. Egli prese l'ufficio del Verbo unigenito mio Figliuolo...
Fu egli stesso un lume ch'io porsi al mondo col mezzo di Maria... A qual mensa
invitò egli i suoi figli per cibarsi di questo lume della scienza» Alla mensa
della Croce... Oggi... si cambia in tenebre lo stesso lume della scienza,
avviluppandolo nei turni dell'orgoglio... Io non accuso l'Ordine, perché, come
ti ho detto, esso ha in sé ogni diletto; ma non è più quello ch'era nel principio
suo. Esso era un flore. Contava dei religiosi di gran perfezione, ohe
ricordavano un S. Paolo, per Io splendore della loro luce... »
"
Dialogo, o. civili.
' Per ima singolare coincidenza la chiesa dei domenicani
a Roma si chiama S. Maria sopra Minerva, come per dirci: in questa subordinazione,
la sapienza naturale, nonché essere fatta schiava, è glorificata e
trasfigurata.
548 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
da una .parte, e lo studio e l'apostolato^
dall'altra. Tutto si armonizza, purché si veda bene che il culto e l'austerità
delle osservanze sono, come lo studio, ordinate a questa divina
contemplazione, essa pure ordinata ad una maggior carità, che deve
riversarsi sopra le anime dando loro la luce della vita, per condurle a
Dio. Tutto questo è ben compendiato nel. motto « Contemplari et contemplata
aliis tradere » :
La verità divina contemplata e
predicata. Quaggiù la contemplazione, pur dirigendo l'amor di Dio, gli resta inferiore
; sopra la terra l'amare Dio è più perfetto che il conoscerlo, perché la
cognizione attrae in certo modo Iddio verso di noi e gl'impone il limite delle
nostre piccole idee, mentre l'amore ci attrae e ci eleva a Lui. Ma in .cielo, e
per l'eternità, la contemplazione di Dio veduto a faccia a faccia non avrà più
limiti e sarà superiore all'amore, che essa produrrà necessariamente in noi.
(Cf. S. Tómmaso, L q. 82, a. 3.)
Questa divina contemplazione
prende varie forme nei diversi .ordini religiosi, ma in fondo è sempre la
medesima. S. Benedetto consacra specialmente i suoi figli alla celebrazione
dell'ufficio divino ; è l'Ordine patriarcale della lode'e .della pace. Il
Carmelo e la Certosa ricordano la solitudine e l'austerità care alla vita
eremitica, e devono mantenere altissimo nella Chiesa lo spirito d'orazione. I
figli di S. Francesco trovano nella povertà del loro padre il segreto degli
slanci d'amore tutto serafico, che mai non si cesserà di ammirare nell'umile
fraticello d'Assisi. S. Ignazio costituisce una milizia, che allo zelo della
gloria di Dio sa unire la prudenza e l'abilità; lo sforzo della volontà è la
sua nota caratteristica. E lo stesso dicasi di tutti i fondatori d'Ordini. .
Ciascuno ha una risposta luminosa, amante, forte e pacificante .per le anime
predestinate a seguirlo; e queste risposte conducono finalmente alla stessa
meta quelli che non
SINTESI
E CONFERMAZIONE 849
si fermano per la strada, cioè
alla divina contemplazione e alla perfezione dell'amor di Dio e del prossimo.
Alle anime che soprattutto hanno
sete di Verità, Dio propone come guida S. Domenico e il grande luminare'/del
suo Ordine S. Tommaso: Verità immutabile, infinitamente superiore alle
fluttuazioni dell'opinione: Verità superiore altresì alla libertà ch'essa
regola e che preserva dal traviamento e dal peccato. Verità divina della fede
che i predicatori difesero con pericolo della loro vita, contro l'accanimento
dell'eresia, distruggitrice della società. Verità affermata dal sangue del
santo inquisitore Pietro martire e di tanti altri eroici difensori della, fede.
Verità non solo dell'intelligenza ma della vita: vita inferiore ed esteriore
.all'altezza del pensiero, perché questa, col pretesto di moderazione, non cada
al livello della mediocrità, e perché Dio sia glorificato. Veracità assoluta,
odio della menzogna sotto tutte le sue forme e dell'ipocrisia, lealtà perfetta,
.magnanimità e franchezza, che senza l'umiltà e la carità degenererebbero in
durezza, che ferisce, ma che danno una gran semplicità a questa fisonomia
spirituale dagli aspetti tuttavia così varii. Per restar nel vero, essa deve
tendere umilmente a grandi cose, «magna-nimiter in rè, humiliter autem in modo,
fortiter et suaviter ». Umiltà e magnanimità sono figlie della Verità e si
conciliano nella Sapienza 7.
7 Ct. II-II, q. 129, a. 3, e commento del Gaetano: della
magnanimità e dell'umiltà, del loro intimo rapporto nonostante la loro
apparente opposizione. — Vedasi pure II-II, q. 162, a. 3, ad 1, come
l'orgoglio impedisca indirettamente la cognizione speculativa della verità, e
direttamente la cognizione affettiva: i finche l'orgoglioso si diletta
della sua propria ecsellensa, egli si stanca e si disgusta dell'eccellenza
della verità. »
550 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
Principii direttori della dottrina spirituale tomistà.
Da questo carattere della
dottrina 'spirituale di S. Tommaso derivano i principii direttori che la costituiscono.
È facile enunciarli nel loro ordine naturale, dopo li svilupperemo.
1° Questa dottrina spirituale
consiglia il pieno .sviluppo della natura sotto la grazia, ma senza il menomo
naturalismo, perché essa considera questo sviluppo dal punto di vista della
sapienza, nella sua causa prima e nel Suo fine ultimo, e .vede in esso un frutto
della grazia. 2° Quand'essa ha ben dimostrato tutto quello che'può la natura
meglio fornita e più geniale, aggiunge che tutto ciò non è assolutamente nulla
in confronto della vita soprannaturale, la cui elevatezza infinita risalta per
ciò assai più. Nel medesimo tempo fa vedere l'armonia sublime di questi due
ordini infinitamente distanti l'uno dall'altro. 3° Da questo punto di vista
superiore, più divino che umano, essa insiste sull'efficacia della grazia,
sulla passività della creatura; e per conseguenza considera la vita mistica,
come il coronamento normale dell'ascesi, e vuole che l'azione apostolica derivi
dalla pienezza della contemplazione.
1° La- natura non dev'essere
distrutta ma perfezionata dalla grazia. — Questo principio, spesso enunciato
da S..'Tommaso, dev'essere inteso con un grande spirito di fede e dal punto di
vista superiore della sapienza; altrimenti diventa falso, nulla di più facile;
si rende pericolosissimo,
diventando fonte di tentazioni. La parola natura nell'enunciato di questo
principio dev'essere presa non nel senso ascetico, ma nel senso astratto,
metafisico. In altre parole, essa non
SINTESI
E CONFERMAZIONE 651
significa la natura umana
decaduta come tale, nemmeno la natura tal quale è concretamente, di fatte,
dopo il battesimo, con le conseguenze del peccato originale che questo
sacramento non.. soppresse, con le ferite, in via di cicatrizzazione, che per
tanto tempo ci lasciano deboli ,per il bene e inclinati all'egoismo sotto
tutte le sue forme. Questa parola. « natura » designa qui la natura umana in
ciò ch'essa ha di essenziale, di buono, secondo l'idea divina che ne è
l'archetipo-ossia l'esemplare eterno.
Sotto quest'aspetto è certo che
la grazia non deve. distruggere la natura, ma perfezionarla elevandola. Perciò
S. Tommaso consiglia il pieno sviluppo dei doni naturali che ricevemmo da Dio,
lo studio .della sapienza umana, che è il perfetto uso della ragione naturale,
in unione colla sapienza; divina che, si attinge dall'orazione. Seguendo il medesimo,
criterio, egli ci dice: Siate soprannaturalmente vqì stessi,. meno i vostri difetti,, secondo l'idea divina
che presiede al vostro destino. È quello che fa dire a Santa Caterina da.
Siena : « Onde la religione domenicana è tutta larga, tutta gioconda, tutta
odorifera; è in sé un giardino di delizie » 8. Ma per essere
veramente questo, essa richiede l'austerità della penitenza e la pratica,
delle virtù eroiche, alla luce della contemplazione. . - ...
In ciò non vi è dunque alcun
disaccordo .tra San;
Tommaso e l'autore dell'Imitazione
o gli altri grandi mistici. Anzi, avendo un'idea astratta precisissima
dell'essenza, delle proprietà immutabili, delle forze e del fine ultimo della
natura umana, S. Tommaso:
colpisce meglio tutto quello che
la deforma, tutto-quello che in essa è sregolato, conseguenza del peccato, e
inclinazione al peccato, ciò che dev'essere non solo moderato, ma mortificato
ed estirpato dalla
' Dialogo,
e. clviii.
652 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
penitenza, la quale è veramente
di essenza del cristianesimo, come il sacramento del medesimo nome. Questo
lavoro di risanamento o di guarigione da S. Tommaso è sempre considerato in
vista della causa' prima e del fine ultimo, quindi lo dichiara assolutamente
impossibile nello stato attuale, -senza la grazia, le cui due funzioni
principali sono guarire la natura ed elevarla soprannaturalmente (gratia
sanans et ele-vans). Il Dottor Angelico si spinge anzi assai lontano circa
la necessità di questa grazia di. guarigione; senza di essa, l'equilibrio
della nostra vita morale anche naturale, turbato dal peccato originale, non può
ristabilirsi. La rivelazione soprannaturale è moralmente necessaria perché
tutti gli uomini possano conoscere rapidamente, con una ferma certezza e senza
mescolanza d'errore, l'insieme delle verità naturali della religione 9.
Queste verità quanto mai inferiori all'ordine dei misteri soprannaturali, sono
per sé accessibili alla ragione, ma questa senza la grazia non le raggiunge se
non imperfettissimamente. «Pa-rimenti per amar Dio naturalmente sopra
ogni cosa, l'uomo nello stato di decadenza,, ha bisogno del soccorso della
grazia che guarisce» ì0. «Senza questo soccorso egli può certamente
fare qualche bene particolare, costrurre case, piantar vigne, e cose simili,
ma, come un infermo, egli non può fare tutto il bene naturale, osservare tutti
i precetti della legge naturale» u. E quindi, allorché S. Tommaso
nella sua Somma Teologica parla della perfezione naturale e delle virtù
acquisite che la costituiscono, trattasi già tormalmente dell'effetto della
grazia che guarisce, e ne parla non solo da filosofo, ma anche da cristiano e
da teologo. In ciò non vi è dunque alcun pericolo di naturalismo.
• II-II, i. 2, a. 4.
10 I-II, q. 109, a. 3. — Vedasi sopra, p. 170. " I-II, q. 109, a. 2, -t.
SINTESI
E OONOTaÉMAZIONE . 553
2" Anzi, quest'alto concetto
della perfezione naturale dell'uomo, nonché condurre al naturalismo, dimostra,
meglio d'ogni altro, l'elevazione infinita dell'ordine soprannaturale,
che oltrepassa assolutamente le forze e le esigenze non solo della natura
umana più ricca, ma di ogni natura creata e creabile. Quanto più si fa vedere
H perfezione dell'ordine naturale, tanto più s'impone l'elevazione della vita
soprannaturale che la oltrepassa infinitamente. Qualunque sia l'evoluzione
naturale delle nostre facoltà e delle nostre virtù, per un supposto progresso
indefinito della scienza e della moralità, quest'evoluzione non raggiungerebbe
mai il valore del minimo grado di grazia santificante. Dio potrebbe perfino
creare angeli sempre più perfetti l'uno dell'altro, e la loro perfezione
naturale non potrebbe mai raggiungere il minimo grado di carità. Non vi è
confronto possibile tra la natura creata, per quanto perfetta si concepisca, e
la natura divina, di cui ,la grazia è una partecipazione reale .e formale. «La
grazia d'una sola anima (quella per esempio d'un bambino dopo il battesimo) vai
più del bene naturale di tutto l'universo » 12, più di tutte le
nature angeliche create e creabili riunite, come il minimo atto di pensiero vai
più di tutto il mondo dei corpi, più dei miliardi di stelle7
contenute nelle nebulose.
Non è possibile farsi un'idea più
alta dell'ordine della grazia. Impossibile, ad onta di quello che disse qualche
teologo, ammettere che, nella nostra natura o in quella dell'angelo più
perfetto, vi sia il minimo germe di questa vita soprannaturale, che è
d'un ordine infinitamente più alto: una partecipazione reale e formale
della vita intima di Dio. ;,
Nella nostra natura, e in quella
dell'angelo non vi
"
I-II, q. 113, a. 9, ad 2: <i Bonum gratlae unius maina est, quam bonum
naturae totius universi, r
'
564 PERFEZIONE CRISTIANA . E CONTEMPLAZIONE
è se non la capacità d'essere
elevate a questa vita tutta divina; quest'attitudine totalmente passiva non è
maggiore nella più vigorosa intelligenza angelica, ette nell'anima d'una povera
cristiana sprovvista di ogni cultura; e se quest'umile donnetta muore con . un
grado di carità uguale a quello di questo spirito puro, questi con un uguale
grado di gloria non vedrà meglio di lei l'essenza divina; il vigore naturale
della sua intelligenza non gli darà un'intuizione più penetrante di
quest'oggetto infinito affatto soprannaturale.
— Non vi è nessuna proporzione
positiva tra i due ordini, e perciò le buone opere naturali non possono
assolutamente meritarci la grazia divina, ne dispor-vici positivamente. È
questo uno dei punti fondamentali della dottrina di S. Tommaso-,. contro ogni
traccia del naturalismo pelagiano. (GÌ. de. Vergate, q. 14, a.' 2.)
Da ciò apparisce altresì la
superiorità ìnfini': a delle tré virtù teologali sopra la cognizione naturale e
sopra l'amor naturale di Dio, ed anche sopra la cognizione naturale dei
miracoli ed altri segni della Rivelazione. Il nostro atto di fede infusa non è
un atto naturale' rivestito d'una modalità soprannaturale, come il rame è
rivestito d'uno strato d'oro, per formare l'orpello. Esso è essenzialmente
soprannaturale nel suo fondo, e il suo motivo formale immediato non è altro che
la Verità divina rivelatrice; per conseguenza è infini -
•tamente superiore all'atto di
fede del demonio, fondato sull''evidenza naturale dei .miracoli, benché
il demonio abbia idee infuse molto più perfette delle nostre idee acquisite. Da
questo punto di vista si concepisce anche il valore inapprezzabile, del minimo
atto di carità, l'elevatezza delle virtù morali infuse sopra le virtù morali
acquisite, descritte dai moralisti pagani, e tutta la grandezza dei doni dello
Spirito Santo, che ci rendono docili alle sue ispirazioni, e ci fanno
partecipare al suo modo affatto divino di
SINTESI
E CONFERMAZIONE 555
conoscere e di amare. Questo
soprannaturale essenziale della « grazia delle virtù e dei doni » è incomparabilmente
più elevato di quello dei miracoli e delle manifestazioni esteriori della vita
mistica. . '
Non vi è autore spirituale che
siasi fatta una più alta idea della vita soprannaturale, e che abbia dato dei
principii più sicuri, per ben intendere quello che dev'essere nella sua
intimità l'unione con Dio.
La dottrina spirituale di S.
Tommaso, per il fatto che insiste sulla distanza infinita che separa la natura
e la grazia, con ciò dimostra ancora la sublimità della loro armonia
nella perfezione cristiana. Che cosa è il sublime, se non qualcosa
d'infinitamente superiore nell'ordine del bello, soprattutto del -bello
intellettuale e morale? Ora il bello non è altro che l'armonia splendida di
elementi varii, lo splendore dell'unità nella varietà. Se gli elementi da
riunire sono infinitamente distanti l'uno dall'altro, Dio solo può
armonizzarli, e la loro unione non solo è bellissima, ma sublime. Dio solo può
così riunire natura e grazia, e, ne' suoi doni soprannaturali, la perfetta Conformità
alla natura e l'assoluta gratuità. È questa sublimità che esprime
semplicemente S. Tommaso, parlando della comunione eucaristica, pegno della
vita del cielo :
, .
-O res mirabilis, manducai Dominum Pauper, servus et humilis.
Senonchè, col pretesto che la
grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona, sarebbe una singolare
illusione il credere che la perfetta armonia delle due sia facilmente
attuabile. L'oggetto proprio della speranza, dice S. Tommaso, è difficile, arduum.
•Quest'armonia esisteva certo
nello stato di giustizia originale; essa trovasi incomparabilmente superiore
in Gesù Cristo e in Maria, e la contempliamo nella vita unitiva dei santi; per
giungervi la via pur-
656 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
gativa è indispensabile, comprese
le purificazioni passive, che ci associano alla vita dolorosa di Cristo, per
disporci a partecipare alla sua vita gloriosa in ciclo: «Lo Spirito stesso
rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio,.., coeredi di
Cristo, se tuttavia noi soffriamo con lui, per essere glorificati con lui»
(Rom., vili, 16).
3° Finalmente in quest'ordine
soprannaturale, San Tommaso dal punto di vista superiore della sapienza, che
giudica tutte le cose relativamente a Dio, insiste più sull'efficacia della
grazia divina da ottenersi colla preghiera, che sullo sforzo umano
della nostra vo-•lontà. A'' suoi occhi la grazia è efficace per se stessa e
non per il consenso che la segue. Così intende egli le parole di S. Paolo: «È
Dio che opera in noi il volere e il fare, secondo il suo beneplacito »~(PhiL,
n, 13); «Che cosa è che ti differenzia da altri? Che hai che tu non abbia
ricevuto? » (I Cor., iv, 7). Dio solo è l'autore della salute; quello che vi è
di meglio nella nostra vita cristiana, la determinazione libera del buon
consenso, non può essere esclusivamente opera nostra, ma deve venire da Dio,
come causa prima, e da noi, come causa seconda, dalla grazia e dalla nostra
volontà mossa dalla grazia, ma in nessun modo da essa violentata. Che cosa vi è
di più forte e di più soave nel medesimo tempo, che la grazia intrinsecamente
efficace, che non distrugge ma mette in atto la nostra libertà? Fortiter et
sua-viter, ecco il modo come Dio muove la nostra volontà verso il bene. La
dottrina spirituale di S. Tommaao non separa mai queste due note dell'azione
divina:
forza somma e soavità; il
diminuire la prima sarebbe un ledere la seconda, ma la loro intima unione resta
un profondo mistero, che ci orienta verso la più alta mistica ortodossa. Ci
vuole un'intera fiducia nell'efficacia assoluta della grazia divina, che ci
guadagnarono
SINTESI
E CONFERMAZIONE 657
i meriti infiniti di Cristo. Dubitare
di quest'efficacia sarebbe un dubitare della bontà e della potenza divina. . .
'
Questa dottrina, appunto perché
non è Solamente scienza psicologica o morale, ma sapienza divina, considera
specialmente la causa prima e il fine ultimo dell'attività umana. Tutto
nei nostri atti liberi salutari viene ad un tèmpo da Dio e da noi, da-Dio
prima, e poi da noi. Lo stesso avviene, nell'ordine ascetico,
dell'esercizio più ordinario delle virtù;
per conseguenza la vita mistica
apparisce come il coronamento normale della vita spirituale; essa è
,caratterizzata dal predominio dei doni dello Spirito Santo, delle sue
ispirazioni soprannaturali e da una maggiore passività dell'anima totalmente
abbandonata all'azione divina purificatrice, santificante, sempre più profonda
e unitiva.
Se invece nei nostri atti liberi
salutari non tutto viene da Dio, se la nostra libera determinazione e la
nostra cooperazione s'aggiunge, come alcun che di esclusivamente nostro,
all'attrattiva che il Signore esercita sopra di noi; allora noi riguardiamo
soprattutto noi stessi, e la vita mistica con l'attività -speciale che
la caratterizza non apparisce più come il coronamento normale della vita ulteriore,
ma sì come una cosa affatto straordinaria, fuori dell'ordine normale della
santificazione perfetta.
Di queste due concezioni la prima
è più divina, più soprannaturale, più semplice, ed anche, comunque apparisca a
tutta prima, più esigente. Essa raccomanda maggiormente la preghiera, che è la
respirazione dell'anima, l'abbandono alla divina Provvidenza;
da un'idea più profonda
dell'umiltà e rischiara, di più nelle grandi prove purificatrici, mostrandoci
incessantemente ch'esse vengono da Dio e conducono .a Lui. Ci dice
specialmente: «Ascolta il Signore, stai attento alla sua azione in tè, bada di
non resistere
568 PERFEZIONE CSISTIANA E CONTEMPLAZIONE
i '
a' suoi premurosi inviti, prega
per avere la forza di corrispondervì, ed Egli ti darà la sua grazia for-tissima
e dolcissima/che ti porterà infallibilmente al bene, ,a sacrifìzi più generosi,
ad una carità sempre più perfetta e ad 'un'unione sempre più intima».
La seconda concezione, che
s'ispira meno alla sapienza divina, ma -ad una psicologia e ad una morale più
umana, è per ciò stesso più complicata, più esteriore, un po' meccanica; essa
porterà Inanima più ad esaminare se stessa che a vedere l'azione di Dio in sé.
D.irà soprattutto: «Gol tuo sforzo rendi efficace la grazia sufficiente: che
D:io da a tutti; a tè spetta salvarti e santificarti mettendo in opera i doni
che Dio largisce ad ogni cristiano »'. Eiponendo minor fiducia nel soccorso del
Signore, essa per conseguenza sarà» meno esigente; perché non si può domandare
molto all'uomo che non può fare assegnamento sopra il soccorso intrinsecamente
efficace di Dio per arrivare al buon consenso e a mantener visi. Per ciò
stesso, questa seconda concezione ci condurrà meno in alto,. e riguarderà
generalmente l'unione mistica come un dono straordinario, che ..sarebbe
presunzione desiderare 13. •
La prima concezione, a nostro
avviso, considera specialmente gli uomini come dovrebbero essere, e la.',
seconda li considera soprattutto come sono. Il fatto . deve forse farci
dimenticare il diritto, e là comune , mediocrità l'ordine perfetto che
noi ammiriamo nei santi? Ancora una volta non confondiamo quello che è straordinario
di '.fatto solamente, come la vita mistica, con ciò che è straordinario
per sé o di diritto, come il miracolo. Dal fatto che assai poche anime
18 Se, In seno alla medesima scuola, si vede produrre
delle divergenze su questo punto, questo prova solamente che vi sono delle
telici incongruenze in certi teologi, che dimenticano i loro 'principii, quando
vedono in certe anime l'azione di Dio partioolarmente efficace e manifesta.
SINTESI
E CONBEBMAZIONE 559
sono elette ossia elevate
alla vita mistica, non bisogna concludere che poche siano ad essa chiamate.
Alle volte, come abbiamo veduto, i traduttori dei grandi Maestri Iscrivono chiamati
alla vita mistica, là dove il testo originale esige elevati alla vita mistica.
È una grave confusione. «Vi sono molti chiamati, e pochi eletti», come sta
scritto nella parabola degl'invitati, che non vollero venire. E questo è vero
non solo nell'ordine generale della salute, ma -anche in quello della
santificazione perfetta u.
' Se la fedeltà allo Spirito
Santo deve normalmente condurre alle acque vive dell'orazione, che cosa bisogna
dire dei rapporti della contemplazione e del-V azione apostolica?
L'intensità della prima richiede forse il sacrifizio della seconda, e non può
questa sperare di alimentarsi alla calda e viva luce di quella ?
S. Tòmmaso risponde:
L'insegnamento della dottrina sacra e la predicazione devono derivare dalla
pienezza della contemplazione, ex plenitudine, con-templationis 15;
queste due parole riunite hanno un senso elevatissimo nella lingua di S.
Tòmmaso, sempre posi perfettamente sobria.
La .contemplazione non è ordinata
all'azione apostolica, come un mezzo subordinato ad un fine, come uno studio
fatto in fretta e furia in vista d'una predica; ma essa la produce come una
causa eminente e sovrabbondante. Il punto culminante della vita dell'apostolo è
l'ora d'unione a Dio nell'orazione. Da quest'unione divina egli deve discendere
verso gli uomini, coll'anima piena di carità e di luce di vita, per parlar loro
di Dio e per volgerli a Lui.
Onde S. Tòmmaso considera la vita
attiva e la vita
"
Di più, come abbiamo veduto, e. V, a. I, bisogna distinguere tra vocazione
inferiore ed esteriore, tra vocazione remota e vocazione 'prossima,
quest'ultima stessa può essere sia sufficiente sia efficace. Ct.
sopra, B. 373.
"
II-II, q. 188, a. 6.
660 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTÉflPLAZIONE
puramente contemplativa come meno
perfette della vita apostolica che le unisce tutte e due, e che ha per fine la
contemplazione che fruttifica per mezzo dell'apostolato. Come Gesù Cristo e i
dodici, l'apostolo dev'essere un contemplativo, che da agli altri la sua
contemplazione per salvarli e, per santificarli. Con-:
templari et contemplata aliis
tradere, sono le parole di S. Tommaso, divenute la divisa del suo Ordine 16.:
Con le ore di raccoglimento ch'essa
esige, la con-' templazìone, anziché intralciare l'attività apostolica, ne è la
fonte. Dove s'arresta la nostra contemplazione, là s'arresta il nostro
apostolato. Senza di essa, senza il desiderio di prepararvisi, l'apostolo,
gonfiò d'una vana scienza, non irradia più. Il naturalismo pratico l'invade e
può distruggere tutto; egli diventa preda dell'orgoglio intellettuale e non ha
più alcuna rassomiglianza coll'anima dei santi che si nutrivano incessantemente
« alla mensa della Croce del Salvatore ». ' ;
La contemplazione divina ci fa
dimenticare quello che lusinga o quello che spezza la nostra .povera personalità,
per farci sempre pensare a D'io e alle anime,
16 II-II, q.. 188, a. 6. — Nel commento di quest'articolo
il Passerini nota profondamente, dopo non pochi altri teologi tornisti, che
l'azione apostolica non è, nel senso proprio della parola, il fine (finis
cujus gratin) della contemplazione, ma che ne è l'efletto (finis
effectus). Così l'Incarnazione non è ordinata alla redenzione
dell'umanità, come mi mezzo a un fine superiore, ma come una causa a un effetto
inferiore. Gesù Cristo, dice S. Tommaso (I, q. 20, a. 4, ad. 1), è da Dio più
amato di fatto 11 genere umano e di tutte le creature insieme... Egli non perde
nulla della sua eccellenza, per il latto che Dio lo diede alla morte per la
nostra salute; che anzi egli divenne cosi 11 glorioso vincitore del peccato e
della morte. — Quello che Dio volle da tutta l'eternità, non è l'Incarnazione
subordinata alla Redenzione, come un mezzo ad un flne superiore, ma è
l'Incarnazione redentrice. Così 'il fine d'un ordine di vita mista o
apostolica, non è l'apostolato a cui la contemplazione sarebbe subordinata
come ad un flne superiore, ma sì la contemplazione ehe fruttifica mediante
l'apostolato. « Rellgio mista respicit principaliter contemplationem ut
truetlficantem ad extra ad animarum salufem. > i passerini, O. P., In II-II, q.. 188, a. 6. Item sa.lmanticbsi, Cursus Theol., de
Statu religioso in communi, disp. II, duo. III.
SINTESI
E CONTEBMAZIONE 561
\
e per darci la forza di
superare tutte le contradizioni. Sopprime la febbre dell'agitazione
superficiale preoccupata delle inezie d'una/vita e d'una scienza affatto
materializzate. Essa ^spiritualizza, da modo di agire in altezza e in
profondità, fa dir mQÌto in poche parole che noa-^si dimenticano più. Solo la,
contemplazione amantissima del lume della vita, dell'amore infinito di D.io
per noi, della sovrabbondante Redenzione, della vita eterna cominciata nelle
anime, può far predicare con uno zelo infaticabile, non solo la lettera, ma lo
spirito tutto soprannaturale del Vangelo. Solo allora l'apostolo comunica
qualcosa di quella parola di fuoco di cui parla : il Salmista, ignitum
eloquium tuum vehementer 17: «parola viva di D.io, più affilata
di qualunque spada a due tagli, così penetrante che s'interna fino a separare
l'anima .dallo spirito,... a discernere i pensieri segreti e le intenzioni del
cuore » 18 per strapparli al male e con-vertirli a Dio.
Questa vita contemplativa ed
apostolica non è impossibile. G-li annali degli Ordini .religiosi ci mostrano
con quale generosità sia essa stata vissuta. Le anime che muoiono per mancanza
di nutrimento ne hanno bisogno adesso non .meno che per il passato".
Per completare queste vedute
sopra la Teologia di S. Tommaso e la dottrina spirituale, considereremo
nell'articolo seguente quello ch'era in lui l'unione dello 'studio e della
pietà. Sarà il mezzo per •dimostrare quello che dev'essere, specialmente nelle
anime sacerdotali e religiose, l'unione della vita ulteriore e della vita
intellettuale, e per richiamare al pensiero come quest'unione si fa
principalmente m grazia della contemplazione divina.
"
Ps. cxv, 140. " Hebr.,iv,
12.
SS — Perfezione e Contemplaaione.
562 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
articolo III.
L'unione della vita interiore
e della vita intellettuale.
Separare la vita inferiore e la vita
intellettuale che il Signore volle vedere unite, per renderne ciascuna più
intensa, è un lavorare incoscientemente a distruggere l'una e l'altra.
Quest'unione, richiesta dalla natura stessa delle cose, tal quale è nota alla
sapienza di Dio, è ognora più necessaria per rimediare ai difetti che per lo
più si 'mescolano allo studio da una parte e alla pietà dall'altra.. Ricordiamo
qui i principali, così come si presentano specialmente ai giorni nostri.,
§ I.
La materialiszazione della vita intellettuale e quella della vita intcriore.
I difetti che compromettono la
vita di studio, San Tommaso li'notò trattando, nella II-II, q. 166, a. 2, della
virtù della studiosità o' dell'applicazione' allo studio. Questa virtù, dice
egli, è una virtù morale che si oppone a due vizi contrari: alla c'uriosità
ossia desiderio, smoderato di sapere, e alla pigrizia intel-. lettuale
ossia paura dello sforzo intellettuale..
La curiosità ci porta a darci
smoderatamente ad uno studio mutile per noi o poco utile, a scapito d'un altro
che ci sarebbe indispensabile; in tal modo certi umanisti giunsero a preferire
al Vangelo i più leggeri poeti greci e latini. C'induce ancora a studiare
.avidamente tutto ciò che ci si presenta nel mondo
SINTESI
E CONEEEMAZIOME 563
sensibile, nelle creature,
facendoci mettere in disparte la cognizione di Dio. C'inclina a voler risolvere
problemi che superano le forze della nostra mente, altiera tè ne
quaesieris; qualche ; volta conduce perfino a cercare la cognizione delle
cose occulte con mezzi illeciti e superstiziosi.
Spesso questa curiosità giunge
fino ad uno strapazzo che inaridisce il cuore e rovina la pietà. È
.accompagnata da vanagloria, da orgoglio intellettuale, e richiama alla mente
il detto di S. Bernardo:
sciunt ut sciantur:
cercano la scienza non per amore della verità, ma per esser conosciuti e
applauditi.
Quand'essa è soddisfatta o quando
le delusioni si fanno sentire, si produce una certa stanchezza, d'onde nasce la
pigrizia intellettuale, che invita a seguire la corrente, mentre bisognerebbe
forse risalirla, e a contentarsi di vegetare nella mediocrità dove non c'è più
veramente vita intellettuale. È la -storia di molte persone intelligenti,
sedotte prima da una falsa elevazione presto seguita da decadenza; alcuni anni
di strapazzo in vista d'una licenza e d'un dottorato, poi a poco a poco
l'andazzo e l'inerzia. La virtù da S. Tommaso chiamata studiositas, ha
appunto per iscopo di rimediare a questi due difetti opposti che generalmente
si susseguono.
Questi difetti, gotto certi
riguardi, sono più rilevanti ai giorni nostri. U,na stupida curiosità, preferendo
il secondario .al principale, la creatura al Creatore, il corpo .all'anima,
condusse molte persone intelligenti ad una specializzazione totalmente materiale;
e spesso la pigrizia fa sì, che poi uno si. isoli nella sua specialità,
contentandosi circa il • resto 'di vaghe generalità .che oltrepassano di poco
la mentalità dei maestri elementari.
Ai giorni nostri sovente si è
separato- ciò che solo doveva essere distinto, pur restando unito, coordinato o
subordinato in un'armonia feconda. Non solo si se-
564 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
parò la Chiesa dallo Stato, ma
nella maggior parte degl'intellettuali, in Europa, la vita di studio fu separata
da ogni vita interior'e. Anzi, come Descartes aveva separato, la filosofia
dalla teologia, si separò la scienza .dalla filosofia, poi le scienze le une
dalle altre, e perfino spesso i rami di ciascuna scienza dalle loro vicine. La
specializzazione, per certi riguardi: utilissima ed anche indispensabile, si
fece spesso in modo così materiale, che condusse ad una vera materializzazione
della scienza, a tal segno che l'unificazione del sapere apparisce impossibile.
In quello stesso modo che, in una
fabbrica di calzature, quasi non si trovano più operai che sappiano fare uno
stivaletto intero, ma soltanto una suola o un gambale, così si trovano dei
fisici che sanno poco più d'una minima parte della loro scienza e non possono
più lumeggiarla mediante i suoi rapporti colle altre; vi sono dei sedicenti
filosofi così bene specializzati in psicologia che non hanno più alcuna idea
della filosofia prima o metafisica. Si trovano dei biblisti versatìssimi
nell'assiriologia, che sembrano avere dimenticate certe tesi più fondamentali
della dogmatica. Vi sono dei casisti che sembrano avere appena sfogliate le
questioni della Somma Teologica relative agli atti umani; specialisti
della mistica che studiano nei particolari le grazie d'orazione, senza mai
avere approfondito il trattato della grazia, la distinzione della grazia
santificante e, delle grazie:
gratìs datae, o quella
delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo. Davanti a questa
specializzazione, esagerata divenuta una materializzazione, il teologo a volte
si fa relatore di ciò che si dice nelle diverse scienze che toccano la sua, e
nella sua stessa pare alle volte che abbia perduto la facoltà di giudicare.
Così si arriva a poco a poco alla scienza a un tanto al chilo, in cui i
materiali accumulati senz'ordine hanno soffocato la vita dello spirito. .
SINTESI
E. CONFERMAZIONE 565
Questa materializzazione della
scienza può spingersi molto avanti, e siccome nonostante tutto si richiede
una certa unità del sapere, se questa non si cerca più in alto, si cerca in
basso. Invece di spiegare i fenomeni mediante la subordinazione delle cause,
.sotto la dipendenza dalla Causa prima, si tenta di spiegarli mediante una
pretesa subordinazione delle leggi sperimentali particolari alle leggi più
generali, cioè a quelle comuni all'uomo, all'animale, alla pianta, alla
pietra, a quelle della materia e dell'energia fisica, e al posto di Dio ci si
contenta del principio della conservazione dell'energia, come se da esso
potessero progressivamente uscire la vita vegetativa, sensitiva, intellettuale,
morale e religiosa;
è il mistero assurdo del più
che esce dal meno.
Una tale materializzazione della
scienza è manifestamente la morte dell'intelligenza, l'arresto di ogni vita
intellettuale. Ed è tanto più pericolosa in quanto s'appiglia alle più alte
forme delia vita dello spirito:
corruptio optimi pessima.
A questo proposito,
bisogna evitare una materializzazione del tomismo che sarebbe la sua rovina.
Mon basta parlare con grande entusiasmo di S. Tommaso e non vedere nella sua
dottrina quasi altro. che quello che è immediatamente assimilabile per tutti
alla prima lettura. Essa ridurrebbesi così ad una vaga filosofia di senso
comune, che farebbe pensare a quella degli Scozzesi, incapace di difendere se
stessa, di sollevarsi fino ai veri principii che sono la luce stessa del
tomismo, e che, sotto la lettera, costituiscono il suo spirito sempre vivo. Non
è così che il pensiero di S. Tommaso fu inteso da' suoi più autorevoli interpreti,
come un Capreolo, un G-aetano, un Bannez, un Giovanni di S. Tommaso. .
Conclusione troppo evidente: Una
certa 'curiosità morbosa, che preferisce il -secondario al principale, ed è
generalmente seguita da inerzia, materializza
666 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
sempre più la vita intellettuale
e finisce col tarla morire.
* * *
Difetti analoghi si notano nella
vita interiore appena ch'essa devia dal suo vero fine e dalla sua regola.
Questi difetti sono quelli dello spirito di natura opposto allo spirito di Dio.
La natura nel senso ascetico della parola, in quanto essa porta in sé le
conseguenze del peccato originale e dei nostri peccati personali, è nemica
della mortificazione, della croce, delle umiliazioni, e non vuoi morire. Essa
cerca il piacere nella vita di pietà, come trascorre alla curiosità nel lavoro
intellettuale; e cade così in un vano sentimentalismo, senz'alcuno, spirito
d'abnegazione, di morte al peccato; sentimentalismo che è accompagnato da
gola spirituale e da orgoglio spirituale. È l'opposto dello spirito di fede e
dell'amo r di Dio.
Poi, fin dalle prime difficoltà o
aridità, la natura s'arresta, cade nella pigrizia spirituale, altra torma,
dell'inerzia, e così si abbandona la vita interiore.:? Spesso, -col pretesto
dell'apostolato, l'uomo si com-:
piace nella sua attività
naturale, in cui si esteriorizza, sempre più; confonde la carità e la
filantropia, l'amore delle anime e il liberalismo, o forse l'amor di Dio. e lo
zelo amaro. , ••'•'-
Se insorge la contradizione e
viene la : prova, allora la natura si, lagna della croce, s'irrita e si scoraggia.
Il suo primo fervore non era che un fuoco di paglia. Essa è Indifferente per la
gloria di Dio, per il suo regno, per la salute delle anime. Questo spirito di
natura ben descritto wll'Imitasiione, 1. Ili, e. 54, si compendia in una
parola: .egoismo, spesso incosciente,, che si mescola in tutti i nostri atti.
Questo naturalismo pratico, dopo
aver cercato in-
SINTESI
E CONFERMAZIONE 567
vano il piacere nella vita
-intcriore, dichiara che bisogna evitare prudentemente ogni esagerazione nella
austerità o nella preghiera, ogni misticismo; per molti cristiani il leggere
ogni giorno qualche versetto del Vangelo, equivale ad essere un mistico. Si
dichiara ohe ogni orazione mistica è essenzialmente straordinaria, come le
visioni e le rivelazioni, e che sarebbe presunzione l'aspirarvi. Bisogna
seguire, la via comune, e quasi senza dubitarne, quello che s'intende per
queste parole è la via comune della tiepidezza. Col pretesto di moderazione,
inconsciamente si colloca la prudenza sopra tutto, sopra le virtù teologali e
sopra la sapienza, e si falsifica completamente la stessa prudenza confondendo
il giusto mezzo della virtù con la mediocrità, che non ne è più se non il
simulacro materiale. Non vi è quasi confusione peggiore, ed essa a poco a poco
finirebbe col ridurre la morale cristiana, tal quale è spiegata da S. Tom-maso,
all'aurea mediocritas degli epicurei.
Per ben intendere ciò, basta
definire il mediocre. Si vede che cosa esso è dalle -note date per solito ai
fanciulli: benissimo, bene, discretamente bene, passabile, mediocre, male,
malissimo. Il mediocre è ciò che si trova fra il buono e il cattivo, e più
vicino al cattivo che al buono; è quello che è di poco valore, di poca
capacità. Nessuno s'inganna circa il senso di questa parola quando si dice:
uomo mediocre, poeta mediocre, mediocre oratore. Il mediocre, come il tiepido,
è perfino insopportabile, dice la Scrittura; meglio sarebbe essere caldo o freddo,
perché se uno fosse freddo s'accorgerebbe della sua freddezza, laddove il
mediocre non ha coscienza della sua mediocrità, il tiepido della sua
tiepidezza, e perciò a volte è più difficile a convertirsi che un gran
peccatore.
La mediocrità vantata da Epicuro
è una, specie di mezzo assai instabile e affatto materiale, non tra due vizi
contrari, ma tra il bene e il male. Alle
568 PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
volte essa ha l'apparenza del giusto
mezzo della virtù, perché evita i vizi estremi tra loro opposti, come la,
temerità e la codardia; ma li evita per fuggire: i loro inconvenienti, e non
per' amore del bene onesto,. del coraggio, della virtù. Mentre il giusto mezzovero
è nel medesimo tempo una sommità, il punto,:
culminante della vita virtuosa,
rischiarata dalla retta' ragione e dalla fede, al di sopra delle forme opposte
:
dell'irragionevole e del male, la
mediocrità di cui parliamo non ha più se non una certa misura materiale, è un
corpo senz'anima, e il cadavere della virtù 1.
È la materializzazione completa
della vita morale, E col pretesto di moderazione e di prudenza, questa virtù
cosi necessaria è completamente falsata, perche si finisce col preferirla, non
in, teoria, ma in pratica, alle virtù teologali, che pure riguardano il fine
ultimo, laddove la prudenza riguarda solo i mezzi.
Appunto perché esse riguardano
immediatamente il nostro fine ultimo, D:io stesso, che noi non potremmo mai
conoscere, ne desiderare, ne amare troppo, le virtù teologali, dice S. Tommaso,
non possono consistere essenzialmente in un giusto mezzo; per ciò» esse
sorpassano immensamente le virtù morali, ed è ciò che la mediocrità rifiuta di
vedere 2. L'oggetto
1 Ot. S. tommaso,
I-II, q. 64, de Medio virt-utum, a. 1, ad 1: 11 Si com-paretur virtus
moralis ad ratlonem, sic secundum id quod rationis est, hctbet rationem
estremi uftius, quod est oontormitas, excessus vero et defectus habent
rationeia alterius extremi, quoti est deformitas. Si vero'
consideretur virtus moraUs secundum suam materiam, sic hobet rationem
•medii. 11 II mediocre non conserva del giusto mezzo razionale se non ciò
che vi è in lui di materiale, una certa moderazione delle passioni, ma l'idea o
la torma ohe animava questa materia è scomparsa. — Ct. I-II,. q. 55, a. 3, ad
3: « Virtus importat 'perfectionem potentiae. Unde virtufr
eujuslibet rei determinatur ad ultimum in quod res potest. Ultimum
autem, in quod unaquaeque potentia potest, oportet quod sit bonum, nam omne'
inalum delectum quemdam importat. Unde Dionysius dicit in e. IV de Div, Nom.
quod omne malum est infirmum. »
2 I-II, q. 64, a. i; rBonum virtutis theologicae non
confistitin medio;
sed
tanto est melius, quanto magis acceditur ad summum. Per accidens
SINTESI
E CONFEKIiIAZIONE 560
primo e il motivo formale della
fede, della speranza e. della carità è Dio stesso, nella sua infinita
verità. e bontà. Noi adunque non potremmo esagerare nel credere in Dio, nello sperare
.in lui e nell'amarlo. Dal canto nostro senza dubbio, e rispetto a questo"
o a quell'oggetto materiale e secondario, la fede si trova fra l'incredulità e
la credulità, come, la speranza tra la disperazione e la presunzione; ma questi
vizi non provengono certo da un limite nell'oggetto primo-o nel motivo delle'
virtù teologali, limite che possa essere oltrepassato, ina dal fatto che si
applica male-il loro motivo ad una materia secondaria che non gli. conviene, ad
esempio per il fatto che si tiene per rivelato da Dio quello che non è
rivelato, o che si spera la grazia d'una buona morte senza volere adempirne la
condizione, mediante una vita migliore.
La materializzazione completa
della vita spirituale conduce così a chiamare credulità o anche settarismo-quello
che è in realtà la santa intransigenza della fede, a chiamare presunzione
quello che è lo slancio-vero della speranza e della confidenza in- Dio, a chiamare
sentimentalismo mistico quello che è la perfezione della carità./ Così per la
materiaKzzazione della. vita ulteriore si fa capo alla sua negazione, come. con
la materializzazione della scienza si giunge alla. distruzione della vita
intellettuale.
(tamen)
potest in virtute theologica considérari medium et extrema. ex parte nostra; in
quantum scilicet aliquis praesumere dicìtur ex eo. quod sperai a Deo bonum,
quod exoedit suam oonditionem, vel desperare, quia non sperat quod secundum
suam conditionem sperare poteste non autem potest esse superabundantia spei ex
parte Dei, cujus bonitaa-est infinita. »
S70 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
§
II.
Come rimediare \,ct questa doppia materialiszazione.
Essa proviene in gran parte dalla
separazione della vita intellettuale e della vita intcriore. Senza confonderle,
importa unirle, distinguendole, secondo l'esempio dato dai grandi Dottori
della Chiesa, specie da S. Tommaso. Ricordiamoci che nessuno dei grandi teologi
può ricevere il titolo di Dottore della Chiesa senza essere canonizzato, e non
basta la semplice beatificazione. Quest'unione d'una santità eminentis-sima e
d'una scienza eccezionale rende S. Tommaso assai superiore a Pietro Lombardo,
S. Alberto Magno a, Ugo di S. Vittore, S. Bonaventura a Duns Scoto, S.
Francesco di Sales.a Eodriguez, S. Alfonso de'' Liguori ai migliori casisti del
suo tempo.
Per far ben intendere tutto
quello che dev'essere quest'unione della vita intellettuale e .della vita
in-teriore, bisognerebbe avere profondamente meditato la vita d'un S. Agostino
o d'un S. Tommaso.
Quest'unione, notiamolo, era per
certi riguardi molto più difficile per S. Tommaso d'Aquino che per la maggior
parte dei religiosi degli antichi Ordini. Da lui si richiedeva una vita
intellettuale più intensa e più assorbente, dunque egli doveva avere una vita
inferiore più profonda, affinchè l'equilibrio non;:» tosse compromesso e
l'armonia dell'anima distrutta. ';?
Generalmente, prima del secolo
xm, i religiosi nons si dedicavano gran fatto allo studio se non in vista':;,
.della pietà e della contemplazione. Per meglio in-.\ tendere l'ufficio divino,
essi nutrivansi della Scrit-^ tura, dei commenti dei Padri, in particolare di ;
.' S. Agostino, sull'Antico e sul Nuovo Testamento.;?
SINTESI
E CONFERMAZIONE 571
S. Tommaso certamente conservò
tutto ciò che vi era di eccellente in questo studio fatto nel raccoglimento e
che si converte in orazione e contemplazione secondo la gradazione
tradizionale, assai nota:
lectio, cogitatió, studium, meditatio, oratìo, eontem-platio 3.
Ma il discepolo d'Alberto Magno, che
doveva, -difendere contro Sigerò di Brabante e contro gli aver-roisti le
verità naturali della religione, come la Creazione, la Provvidenza,
l'immortalità dell'anima e i misteri soprannaturali, e che d'altra parte doveva
mantenere ,le legittime esigenze della ragione contro un fideismo che si
spacciava per la tradizione, era obbligato a dedicarsi ad uno studio assiduo e
propriamente scientifico della filosofia, del senso letterale della
Scrittura, della dottrina dei Padri e dei teologi. Dice egli stesso al
principio della sua Somma che a' suoi tempi lo studente di teologia si
trovava sconcertato di fronte alla quantità di materiali e d'opinioni di cui
doveva acquistare cognizione. Di questi materiali S. Tommaso fece un edificio
dottrinale di cui non si cessò di ammirare l'ordine, l'unità, l'altezza e la
profondità, talché Leone XIII nella sua Enciclica Aeterni Patris dice
che sembra quasi impossibile che l'umana ragione illuminata dalla fede poggi
più in alto. • -;
Per fare questa unità,,.non si
trattava^ precisamente-di trovare idee nuove. La perfezione della cognizione
non viene formalmente dal numero, delle idee, gli angeli inferiori ne hanno
molto più di quelli delle gerarchle superiori; Dio ne ha una sola: il suo
Verbo eterno. Ma si trattava di discernere nella dottrina dei filosofi e in
quella dei teologi le idee madri che bisogna mettere in vigoroso rilievo,
perché esse subordinino a sé tutte le altre. Ciò non è possibile se non
'
Ci. II-II, q. 180, a. S.
872 PERFEZIONE OKISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Biediante una luce, luce
intellettuale che viene ad illuminare e mettere la vita la dove non vi
sono ancora se non materiali posti accanto gli uni agli altri i. , ,
iQual è questa luce ed e
possibile mantenerla in sé e farla irradiare senza una vita inferiore intensa,
senza un'umiltà profonda, senza una. preghiera continua? .
, Questa luce è triplice: quella
della retta ragione, quella della fede infusa, quella dei doni dello .Spirito Santo
che perfezionano l'intelletto.
Il lume naturale dell'intelletto,
"S. Tommaso lo ricevette certamente in un grado altissimo. Senza dubbio le
anime umane sono specificamente uguali, ma individualmente sono ineguali,' come
gli organismi ch'esse informano. In quella guisa che l'anima sensitiva del
leone, che informa un corpo più perfetto d'un verme della terra, è superiore
all'anima sensitiva di questo verme, così, conservata ogni proporzione nei
limiti della medesima specie, l'anima d'un uomo di genio, servita da un
organismo più delicato, meglio adatto alla vita intellettuale, è individualmente
superiore in se stessa e nelle sue facoltà a quella d'un uomo volgare. Dunque
S. Tommaso ricevette questo lume naturale dell'intelligenza in un grado altissimo. ,
Quest'intelligenza naturale
dell'uomo è specificamente l'ultima di tutte, di gran lunga inferiore a quella
degli angeli, e, anche in un battezzato, le conseguenze del peccato originale e
dei nostri peccati personali l'inclinano all'errore. Quanti traviamenti
intellettuali provenienti dall'amor proprio, dall'orgoglio, dalla vanità,
dall'ambizione, dalle segrete gelosie più o meno coscienti 1 Una vita
inferiore profonda, che disciplini le passioni e i minimi moti della
*
Ci. I; q. 106, a. 1, ad 2; q. 12, a. 13; II-II, q.173, a. 2.
SINTESI
E OONFEEMAZIONE 673
volontà, è una grandissima
protezione, ci preserva almeno indirettamente da molti errori, e contribuisce
assai a conservare puro in noi il lume della retta ragione. È una delle grandi
cause dell'equilibrio perfetto che noi ammiriamo in S. Tommaso; in particolare
la sua profonda umiltà deve avergli procurato molta luce anche nell'ordine
naturale.
Il lume infuso della fede, lumen
infusum fidei, nonostante la sua oscurità, è superiore alla, forza naturale
non solo dei più grandi genii, ma ancora delle più alte .intelligenze
angeliche. È un tesoro soprannaturale a cui noi non pensiamo abbastanza. Questo
lume infuso si trova, in gradi svariatissimi nelle anime cristiane. Non solo un
cristiano crede esplicitamente più verità rivelate .d'un altro meno istruito,
ma la fede può essere molto più intensa in questo che in quello. Nostro Signore
disse ,un giorno a Pietro: « Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (Matth.,
xiv), laddove egli disse alla Cananea: «.Donna, la tua fede è grande» (Matth.,
xv). E lo stesso S. Tommaso spiega 5 che sotto quest'aspetto, non,
dell'estensione, ma dell'intensità, « la fede è maggiore, sia in ragione d'una
più perfetta certezza dal lato dell'intelligenza, sia, dal lato della volontà,
in ragione d'una maggior prontezza, devozione e fiducia». In tal modo la
comunione quotidiana, aumentando in noi la grazia santificante e le virtù
infuse, aumenta la nostra fede. Quale doveva essere la fede di S. Tommaso, che
aveva udito queste parole di nostro Signore: «Hai scritto bene di me, o
Tommaso», e queste di Maria: «Non temere, la tua dottrina è sicura, la tua
vita senza macchia, e certa la tua salute»? Dopo aver dato nella teologia un
larghissimo posto alla ragione, egli rifiutò sempre di sminuire in qualunque
cosa i mi-
" II-II, q. 5, a. i.
574 PEErEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
steri soprannaturali, per esempio
quello della predestinazione e della grazia, e di lui si può dire quello che
S. Teresa disse di se stessa, ch'egli credeva con una devozione e con
un'adorazione più profonda ai misteri più oscuri, sapendo benissimo che
siffatta Oscurità non veniva se :non da una troppo grande luce.
Vi è finalmente la- luce dei
doni-delio Sparito Santo, che perfezionano, l'intelletto, specialmente quella
del dono della sapienza che ci permette fin di quaggiù di contemplare ogni cosa
in Dio, causa prima e fine ultimo, e di presentire l'armonia delle divine perfezioni
della Deità. Ma quanti ostacoli in noi a questa piena espansione dei doni,
quando giamo preoccupati delle cose del mondo o di noi stessi! Che umiltà,
purezza di cuore e semplicità ci vorrebbe per essere abitualmente e ognora più
docili alle divine ispirazioni 1 L'unione a Cristo deve condurvici. Quando' S.
Bonaventura chiedeva al suo amico: «D'onde attingi codesta scienza sovrumana?»
S. Tommaso poteva i-ispondergli mostrandogli il crocifisso : « Io ho imparato
più studiando in questo libro che in tutti. gli altri ». Gesù Cristo gli aveva
dato quel grado eminentissimo di sapienza, che gli svelava le armonie .'dei
misteri e della vita delle anime nostre.
Egli vedeva così bene la
necessità di questo lume superno che per ottenerlo digiunava, passava le notti in
orazione, e andava con semplicità a mettere la testa vicino alla porta del
Tabernacolo, domandando a nostro Signore la soluzione delle sue difficoltà.
Alla fine, la sua contemplazione era così alta che tutto quello, ch'egli aveva
scritto gli pareva paglia e non poteva più dettare. Il suo desiderio di veder
Dio era tale che quasi più non pensava se non a quella visione, immediata in
cui non vi sarebbe più alcuna idea creata fra l'essenza divina e il suo
intelletto.
A queste grazie eminenti se
n'aggiungevano altre
SINTESI
E CONFEEMAZIONE 57 5-
veramente straordinarie,
dell'ordine delle grazie, grafia datae, p articolarmente quella chiamata
da S. Paolo. sermo sapientiae; e più volte S. Paolo stesso venne-a
spiegargli le parole più profonde delle sue Epistole, perché ne sia conservata
l'intelligenza sicura.
Così, dalla vita di S. Tommaso,
vediamo come Bio-veglia sulla sua scienza, la teologia, che è il. commento
della sua sacra Parola.
È questa triplice luce, tesoro
dell'intelletto, che a. S. Tommaso diede modo di veder chiaro nei materiali
accumulati prima di lui. Egli vide che l'idea. di essere deve divenire sempre
più il sole della filosofia, perché la filosofia prima ha per oggetto l'essere
in quanto essere, in cui noi participiamo i primi principii. Egli capì che
tutta la teologia deve rischiararsi all'idea di D'io, Primo Essere, Autore'
della salute, e che, il nostro libero arbitrio non potendo e non facendo nulla
di bene senza Dio, il giusto non può gloriarsi in se stesso, ma deve al Signore
ogni gloria. S. Tommaso si perde talmente nella, Verità, che la sua personalità
scomparisce in certo modo per dar luogo alla luce ch'egli ha per missione-di
darci. Egli compì a suo modo quello che diceva S. Giovanni Battista: «Bisogna
ch'egli cresca e ch'io-diminuisca» (Jo.an., in, 30).
Noi abbiamo ricevuto, questa
triplice luce in un grado minore, ma essa è veramente in noi. Come dob-biam
mantenerla, preservarla da quello che l'oscurerebbe, come dobbiamo renderla
più intensa, perche-Dio sia glorificato, e le anime illuminate? Per questo.
bisogna unire intimissimamente lo studio e la pietà.
La vera pietà orientata verso la
contemplazione:
non è indispensabile per lo
studio della fisica, della. matematica, della filologia, ma è sommamente utile;
576 PERFEZIONE
CBISTIAISTA E CONTEMPLAZIONE
per lo studio della sapienza.
Essa distruggerà in noi la- curiosità, ci solleverà sopra l'attività naturale
facendoci lavorare non per noi stessi, ma per Dio. Distruggerà in noi la vanagloria,
l'orgoglio intellettuale, facendoci aspettare da Dio la luce, rendendoci più
docili alle autorità da Lui costituite per guidarci. JSToi ricorderemo che,
come dice Leone XIII, « perché
-venerò profondamente» i Padri e
i santi Dottori che lo precedettero, San Tommaso «ereditò in qualche .modo
l'intelligenza di essi tutti». '
La vita d'orazione c'impedirà di
seguire le .correnti contro cui bisogna reagire. C'ispirerà perfino Avversione
ed orrore per tutto quello che tende ad impoverire e a falsare la parola di
Dio. Nello studio
•ci premunirà contro i pericoli
d'una specializzazione
•che diventasse affatto
materiale. Ci rimetterà perpetuamente davanti agli occhi i più grandi misteri
della fede, la luce di Dio che illumina tutto e ci fa partecipare alla sua
sapienza. Ci preserverà dalla .stanchezza e dalla pigrizia intellettuale, e
metterà Veramente la nostra intelligenza al servizio di 'DioY .Servire la
Verità che è .Cristo, è particolarmente .necessario oggidì per la salute
dell'intelligenza, e per riparare l'offesa fatta a Dio dall'ateismo o dall'agnosticismo
di tanti spiriti responsabili in gradi sva-riatissimi del velo che hanno sugli
occhi.
Viceversa siffatto studio è d'un
grande aiuto per la vita spirituale. Esso preserva la pietà dal sentimentalismo,
perché insegna a meglio distinguere l'intelletto e l'immaginazione, là volontà
e la sensibilità;
'•e può anche in una certa
misura supplire a certe purificazioni passive dei sensi di cui parla 8. Giovanni
della Croce. Col lavoro penoso che esige, ci insegna altresì che anche per la
vita inferiore ci vuole abnegazione e pazienza nella prova.
Lo studio della dottrina sacra ci
rimette costante-
-mente in faccia al gran precetto
della carità, ci
SINTESI
E CONFERMAZIONE 577
mostra che l'amor di Dio è il
principio dell'amor del prossimo, e • che l'ordine della carità non dev'essere
invertito. Finalmente ci dispone alla contemplazione facendoci apprezzare
sempre meglio quella divina sapienza di cui sta scritto: «Essa è un tesoro
infinito per' gli uomini, e quelli che ne fecero uso divennero amici di Dio...
Con essa mi vennero tutti i beni ed io non sapevo ch'essa fosse la loro
madre... Siccome io la cercai per amore di lei sola e ne feci acquisto senza
secondi fini, io ne faccio parte agli altri senza invidia, e non nascondo
affatto le ricchezze che racchiude: quam sine fictione didici et sine
invidia communico, et honestatem illius non abscondo » (Sapienza, vi).
Ci resta a dimostrare, per modo
di confermazione, come questa divina contemplazione per solito s'ottiene molto
più facilmente mediante una gran divozione a Maria mediatrice, che conduce gli
umili alla intimità di Cristo, com'egli stesso, presente nell'Eucaristia, li
conduce al Padre.
S7 — Perfezione e Contemplazione.
578 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
articolo IV.
La contemplazione e
l'Eucaristia alla scuola della B. Vergine Maria, Madre di Dio.
Siccome vi sono tré gradi nella
carità e nel dono della sapienza, secondo che il cristiano è principiante,
proficiente o perfetto, così vi sono tré gradi nella divozione a Maria. Sono
essi assai ben descritti dal B. Grignion di Montfort nel suo bei libro, La
'Vera Divozione alla S. Vergine, in cui il santo ci mostra i rapporti
intimi di questa divozione con la contemplazione e con l'unione divina.
Molti si fanno illusione
pretendendo di pervenire all'unione con Dio senza ricorrere costantemente a
nostro Signore Gesù Cristo; essi pervengono poco più che ad una cognizione
filosofica, astratta di Dio, e non alla cognizione saporosa e vivente del dono
della sapienza; a volte s'addormentano nella-^ sonnolenza dei quietisti, che
volevano anche raggiùngere l'unione divina . senza la mediazion« di Gesù
Cristo. " .
'
Un altro errore, che fu quello dei
protestanti, è voler andare a nostro Signore senza ricorrere a Maria. Il B.
Grignion di Montfort dice a questo proposito:
« Anche fra i 'cattolici vi sono
Dottori, che, facendo professione d'insegnare agli altri le verità, non conoscono
voi, ne la vostra santa Madre, fuorché in un modo speculativo,' arido, sterile
e indifferente. , Questi signori parlano solo d4 rado della vostra santa Madre
e della divozione che verso di lei si deve avere, perché, come essi dicono,
temono che se ne abusi, e che si faccia a voi ingiuria onorando troppo la
vostra santa Madre. Se odono parlare... di questa,
SINTESI
E CONFERMAZIONE 579
divozione a Maria, in un modo
tenero, forte e persuasivo, come d'un mezzo sicuro senza illusione, d'un
cammino breve senza pericolo, d'una via immacolata senza imperfezione, e d'un segreto
maraviglioso, per trovare voi ed, amarvi perfettamente, essi strepitano...
e danno mille false ragioni per provare che non bisogna parlar tanto della S.
Vergine... Se essi medesimi parlano della divozione che le è dovuta... è meno
per stabilire che per distruggere gli abusi che se ne fa... » 1.
Sembrano credere, com'egli dice altrove, che « Maria sia un impedimento per
arrivare all'unione divina» 2.
Invece il Beato dimostra
che tutto l'influsso di Maria mediatrice consiste nel condurci all'intimità di
Cristo, come l'influsso di Cristo ci conduce all'intimità del Padre.'Vi è un
grande orgoglio nel voler fare a meno del ricorso costante ai due grandi mediatori
ohe Dio ci diede a cagione della nostra debolezza.
Maria, Madre di Dio, mediante
questa maternità raggiunge le . frontiere della divinità e tocca l'ordine
d'Unione ipostatica; quindi le dobbiamo un culto d'iperdulia, superiore a
quello dovuto ai santi, e immediatamente sotto al culto di latria dato a Dio e
al Verbo fatto carne. La pienezza iniziale di grazia ohe la Madre di Dio
ricevette fin dall'istante del suo immacolato concepimento, era superiore alla
grazia di tutti i santi e di tutti gli angeli insieme, come il diamante vale da
solo più di tutte le altre pietre preziose. E da questo primo istante fino alla
morte della Vergine, questo tesoro iniziale di grazia non cessò di crescere in
lei, secondo un progresso unifor-, memente accelerato; perché ciascuri atto di
carità, più fervente del pr-ecedente, raddoppiava in qualche
' Trattato della Vera Divosione alla S. Vergine, o. il, a. 1, § 1. ' Uria., o. iv, a. 5.
580 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
modo quel tesoro, secondo la
celerità analoga a quella della caduta dei corpi. I corpi cadono tanto, più
ce-lermente quanto più s'avvicinano al centro che li attrae: così le anime si
portano a Dio tanto più ce-lermente quanto più sono vicine a Lui o da Lui più
attratte.
Maria è pure nostra madre per la
sua unione al^ sacrifizio della Croce; ella ci meritò con un merito di
convenienza, de congrua, tutte le grazie che Cristo ci meritò nel senso
stretto de condigno; ed ora ella non cessa, di distribuircele. Siccome è
così la me-diatrice voluta da Dio per tutte le anime, così si spiega come senza
una grande unione a Maria non si può arrivare a un'unione intima con nostro Signore
e a una perfetta fedeltà allo Spirito Santo s. '
Nel primo grado, ossia nei
principianti, la divozione alla S. Vergine consiste nel pregarla di quando in
quando, onorandola come Madre di Dio, nel dire con divozione 1''Angelus
per esempio, e nel ricorrere a lei, per trionfare delle tentazioni. Così fanno
molti cristiani che compiono i loro doveri, evitando il peccato mortale, e
operando più per amore che per fi^, more. .
Un secondo grado consiste
nell'avere per la Santa Vergine sentimenti più perfetti di stima, d'amore, di
confidenza, di venerazione; si prende, per esempio, l'abitudine di recitare
ogni giorno una terza parte o anche il rosario intero, meditando i cinque
misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, la qual cosa ci rende sempre più
familiari colla vita del nostro divin Modello e della sua santa Madre.
Un terzo grado consiste nel darsi
interamente a Maria, consacrandosi a lei, per essere per mezzo suo pienamente
di Cristo. I suoi fedeli servitori le danno i loro beni esterni, perché ella li
preservi da ogni
3 Trattato della Vera Divosione alla S. Vergine, e. i, a. 3 fine.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 581
affetto disordinato alle cose
terrene e loro ispiri di farne il miglior uso. Le danno il loro corpo e i loro
sensi, perché ella li conservi in una perfetta purità. Le consacrano la loro
anima, le loro facoltà, le loro virtù, i loro meriti, e tutti i loro beni
spirituali presenti e futuri.
Quello che nelle nostre buone
opere è incomunicabile ad altri, cioè i meriti propriamente detti, conviene
offrirlo a Maria, perché ce lo conservi, lo faccia fruttificare, e lo faccia
pienamente rivivere, se venissimo a perderlo, ottenendoci la grazia d'una
fervente contrizione.
Quello che nelle nostre buone
opere -è comunicabile ad altre anime, si offre a lei perché secondo il suo
beneplacito ne faccia partecipi le anime meno illuminate, o le più afflitte e
abbandonate. Quello che nelle nostre buone opere è comunicabile è il merito di
convenienza (de congrua), è la preghiera, è la soddisfazione, sono le
indulgenze che si possono guadagnare. Offrire tutto questo a nostro Signore,
per mezzo di Maria, è un entrare più profondamente nel gran mistero della
comunione dei Santi, è un partecipare sempre meglio alla vita del corpo mistico
di cui Gesù Cristo è il capo.
È anche una via facile, breve,
perfetta e sicura per arrivare all'unione intima con nostro Signore, presente
nell'Eucaristia 4. È una via più facile, perché, dice il nostro
Beato 5, «si può, in vero, giungere all'unione divina per altre
vie, ma sarà attraverso ad un molto maggior numero di croci e di morti strane,
e con molto maggiori difficoltà che non vinceremo se non difficilmente.
Bisognerà passare per notti 'oscure, per combattimenti e per agonie strane...
ma per la via di Maria si passa più dol'
*
Ot. B. geignion Di montfobt, of). cit., c. iv, a.
5.
• Ihid.
582 PERFEZIONE OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
cernente e più tranquillamente...
È ben vero che i più fedeli servi della S. Vergine, essendo i più grandi
favoriti, ricevono da lei le più grandi grazie. e favori del cielo, che sono le
croci; ma... essi le portano con maggior facilità, con maggior merito e
gloria... perché questa buona Madre... cosparge dell'unzione del puro amore
tutte quelle croci che loro prepara » 6. : .
Cosa strana 1 Maria rèndè la
croce più facile a portare e più meritoria la prova. È cosa più facile, perché
ella ci sostiene colla sua mansuetudine, è cosa più. meritoria, perché ci
ottiene la grazia di operare con più amore, ora è la carità il principio del
merito. La Madre di Dio meritava più cogli atti più facili che non tutti i martiri
insieme in mezzo ai loro tormenti, perché ella metteva in questi atti
semplicissimi una carità superiore alla loro.
Questa via essendo più agevole,
vi si cammina più prontamente. In poco tempo di sottomissione perfetta a Maria,
ci si avanza più che in anni interi d'appoggio sopra se stesso 7;
sotto la direzione di colei a cui il Verbo di Dio fatto carne ubbidì, si
cammina-^ a passo di gigante 8. Finalmente è una via sicura, in cui
più che in qualunque altro luogo uno è preservato dalle illusioni dell'immaginazione,
del sentimentalismo, e da quelle del demonio. Nella subordinazione delle
cause che ci trasmettono la grazia, la S. Vergine ha il suo influsso proprio,
ella calma la nostra sensibilità, per disporre la parto superiore dell'anima a
ricevere con maggior frutto l'azione dell'umanità di Cristo e quella stessa di
Dio.
' B. GBI&NION DI MONTFOKT, Op. dt., C.
IV, a. S.
' Ibid.
" Ibid.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 583
'• * 'ili' *
Perciò alla scuola della B. Vergine,
Madre di Dio, ci si avanzerà assai più rapidamente nella contemplazione dei
misteri di Cristo, mediatore. Ella ci otterrà, se gliela domandiamo,
un'intelligenza sempre più profonda delle sette parole pronunziate da Gesù
morente, e ci farà penetrare il mistero della Croce, che si perpetua sopra
l'altare durante la S. Messa. Ci rivelerà tutta la grandezza del mistero di
Cristo, e tutti i tesori nascosti per noi nell'Eucaristia.
Infatti senza aver mai ricevuto
il carattere sacer-' dotale, - ella ricevette la pienezza dello spirito del
sacerdozio, che è lo spirito di Cristo che si offre per noi sulla Croce, e
continua sempre a intercedere per noi dal cielo, specialmente durante la
celebrazione incessante delle messe che si dicono sopra la superficie della
terra. Pensiamo a ciò che doveva essere la Messa celebrata da S. Giovanni
davanti a Maria, che allora riviveva il sacrificio della Croce, sempre scolpito
nel fondo del suo cuore. Pensiamo ciò che doveva essere la comunione della S.
Vergine, la cui anima si portava a Dio con uno slancio d'amor soprannaturale,
che non fu mai ritardato da nessuna. colpa veniale, e che ad ogn'istante
diveniva più intenso e più generoso. L'anima della Vergine è come un diamante
purissimo che riceve tutti i raggi e tutti i fuochi della grazia per farli
arrivare fino a noi.
Domandiamole di ottenerci
l'intelligenza profonda del mistero dell'Eucaristia, dell'atto di dilezione suprema
per cui Gesù Cristo mediatore si rese sostanzialmente presente sotto queste
apparenze per restar sempre con noi, per rendere perpetuo il suo sacrifiziò
sino alla fine dei tempi e per applicarcene incessante-
584 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
mente i frutti. Allora questa
mediazione di Cristo così intesa ci condurrà veramente all'intimità;- delle
Persone divine che abitano in noi.
In particolare alla scuola della
E. Vergine noi comprenderemo il grandissimo insegnamento dell'Eucaristia come
sacramento e come sacrifizio: nostro Signore, dandosi a noi in cibo, vuole
soprattutto accrescere la nostra carità, rendendo i nostri cuori sempre più
simili al suo. E siccome la santa comunione è una paetboipaziom'b al sacrificio della
Croce perpetuato sopra l'altare, per essa nostro Signore vuole farci partecipare
sempre più ai sentimenti più profondi del suo Cuore di Sacerdote e di
'Vittima. È l'incorporazione intima e progressiva a Cristo, capo della
Chiesa. Maria, comunicò dolorosa- ' mente col sacrificio della Croce sopra il
Calvario, e questo dolore sussisteva ancora, unito ad una gioia purissima e
altissima, quando riceveva la santa comunione dalle mani di S. Giovanni. Così
si spiegano certe comunioni dolorose, che uniscono profondamente certe anime al
Cuore di Cristo, Sacerdote ed Ostiate è la preghiera e la grande sofferenza di
Cristo chè-7 passa per queste anime come nelle membra carissime del
suo corpo mistico. Il sovrano Mediatore le associa al gran mistero della
Redenzione, ossia alla sua vita dolorosa, prima di farle partecipare alla sua
vita gloriosa in cielo.
,
Per avere quest'intelligenza
saporosa della Mediazione di Cristo, del. valore infinito de' suoi meriti,
conviene meditare spesso la Messa del S. Cuore, e quella recentemente approvata
del Cuore Eucaristico di Gesù, che ha appunto per scopo di rendere grazie per
l'atto di dilezione suprema con cui Gesù ci diede l'Eucaristia. Le più belle
fra le invocazioni contenute nelle Litanie del Cuore Eucaristico ci fanno
vedere quello che per noi dev'essere la contemplazione di questo mistero, che,
con un'ascen-
SINTESI
E CONFERMAZIONE 585
sione incessante, deve condurci
alla contemplazione del mistero supremo, quello della S. Trinità 9.
Pier far intendere ciò che do vrebb'essere
questa contemplazione nel cristiano veramente fedele allo Spirito Santo,
pubblicheremo qui un frammento d'un bellissimo commento delle Litanie del
Cuore Eucaristico, scritto da un pezzo, quando questa preghiera cominciò a
divulgarsi, da una sant'anima cui una per- \ fetta abnegazione conduceva
ad una grande intimità col Cuore del divin Maestro.
Elevazioni sopra il Cuore Eucaristico di Gesù
(PRAMMHNTi)
«
Cuor sollecito di esaudirci. »
Gesù nostro Mediatore presso il Padre suo.
I.
Saper
volere e saper aspettare sono il segno d'una grande forza e d'una grande
sapienza. La misura d'un desiderio è in rapporto con l'ardore del cuore che lo
prova; e se questo desiderio è nell'ordine, cresce per la sua eccellenza. Dopo
ciò, si può intendere qual è la forza dei desideri di Gesù riguardo a noi, e
che inqualificabile violenza si fa al suo Cuore, quando la nostra forza
d'inerzia annulla il suo volere di concederci quello che sa esserci necessario;
egli potrebbe obbligarci a volerlo, ma è allora ch'egli s'impone di aspettare
ohe noi abbiamo voluto. Si ha a dire ohe la nostra inerzia abbia un potere
superiore alla volontà di Dio per opporgli ostacolo? No cerio, nulla resiste
alla volontà divina quando essa è assoluta, ma quella ch'egli si degna di
esprimere come un desiderio è solo una volontà relativa alla libertà
ch'egli
•
Cf. P. bbbnadot, O. P., Dall'Éuearistia
alla Trinità, Marietti, Torino.
686 PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
stesso
ci lasciò. Questo sovrano desiderio è nondimeno un ordine per il suddito
docile; ricusare di conformarvisi sarebbe una ribellione.
II.
Oesìt.
— II mio desiderio è di essere il tuo
Mediatore. « Tutto quello che domanderete al Padre mio in mio nome, egli ve lo
darà » 10. « Domandate e riceverete » u. Tu non domandi
abbastanza. La freccia lanciata verso il bersaglio, la folgore che solca la
nube non sono tanto rapide quanto lo slancio del mio Cuore ohe offre al Padre
mio la supplica pura. Ieri volevo aspettare, oggi voglio affrettarmi, « perché
si fa tardi, il giorno è sul declinare » 12. I tuoi giorni sono
contati e il tempo urge, perché passa; tu l'hai perduto nel farmi aspettare:
adesso ricuperalo e avanzati. I bisogni sono grandi: le anime si perdono, la Chiesa
soffre, io resto sconosciuto e il Padre mio è offeso : la carità mi stimola,
bisogna che la carità della terra invochi la carità del cielo, bisogna che la
miseria implori la misericordia. Non mi do pace ne tregua, come uno ohe è
nell'ambascia del cuore davanti al pericolo imminente di quelli che si amano :
rivolgi dunque a me le tue suppliche più stringenti. Io sono il solo intercessore
presso il Padre mio, non lo dimenticare, il solo essere tra voi capace di
offrirgli una preghiera degna di lui, perché
10
sono « l'Uomo-Dio », « l'uomo senza macchia, sollecito d'intercedere per il
popolo, che presenta lo scudo del suo ministero insieme colle vostre suppliche
per allontanare l'ira del Signore » 13. Per questo mi sono
collocato tra la terra e
11
cielo nei tabernacoli dell'Eucaristia, adoratore in nome vostro e mediatore
presso il Padre mio; la vostra supplica sia insistente, fiduciosa,
perseverante 9 disinteressata.
III.
L'anima.
— II Cuore Eucaristico di Gesù
vorrebbe spandere sopra di noi tesori di grazia, ma vuole che noi li
desideriamo, vuole che li domandiamo, vuole che noi vogliamo
10 joann., xiv,
23. " Lue., xxiv, 29.
" matte., vii, 7. » Sap., xvin, 21.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 587
riceverli
e cooperarvi. Il suo amore arde di comunicarsi. G-esù ha le mani piene e non sa
dove lasciar cadere i tesori ch'esse contengono, perché le anime nostre sono
chiuse e i nostri cuori ripieni di affetti estranei o di attaccamento a noi
stessi; a volte noi arriviamo fino a temere di ricevere grazie ohe richiedano
da noi maggior fedeltà! Tuttavia la vostra carità, o Gesù, si mostra sempre più
incalzante;
dopo
averci supplicati di venire, dopo essere stato paziente nell'aspettarci,
voi ci dite ancora una parola più commovente : « Io sono stimolato ad
esaudirvi ». Ohimè ! che cosa si deve dire quando, anziché rivolgervi
ardenti suppliche, noi forse non siamo nemmeno « uomini di desiderio » 14.
Ah! Signore, vedete ohe miseria è la nostra! non abbiamo neppure coscienza dei
nostri veri bisogni! Signore, insegnateci a domandare! o Spirito di Luce,
venite a gemere in noi quel « gemito inenarrabile » 15 che è la
preghiera che il Figliuolo ascolta e che il Padre esaudisce. O Padre, « traetemi
», o Figliuolo, mio mediatore, mio protettore, mia forza, mia vita vivente,
traetemi anche voi, traetemi da me stesso, perché in me sono i miei più
pericolosi nemici;
scendete
nelle profondità ignote di quest'abisso in cui si trovano quei nemici troppo
amati con cui io patteggio contro di voi, e liberatemi, fosse pure mio
malgrado. Fatemi del vostro sacro corpo un riparo, e del vostro Cuore
Eucaristico uno scudo. Il vostro ministero d'amore non è forse qui appunto
nelle attribuzioni della divina Eucaristia? Io m'abbandono finalmente a voi,
eccomi, o Signore, che volete ch'io faccia? Lasciarvi fare, forse? Ebbene,
prendete la spada a due tagli, e poiché bisogna che anzitutto io vinca me
stesso, separate l'anima mia carnale dall'anima mia spirituale, la mia volontà
buona dalla mia volontà cattiva. Codesta spada è il vostro amore « forte come
la morte », il quale solo può immolare la natura alla grazia e colmare i vostri
desideri nel medesimo tempo che i miei; ma fate, o Signore, ch'io comprenda
codesto amore stesso, ch'io Io desideri e sappia domandarlo con una volontà
così vera ch'io finalmente l'ottenga. Dunque esaudite, o Dio onnipotente, la
voce con cui io grido a voi, la voce del vostro Figliuolo diletto
nell'Eucaristia, e « abbiate pietà di noi ».
14 dan., ix,
23. » .Raro., vin, 26.
588 PERFEZIONE CEISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
«
Cuoi silenzioso che vuoi parlare alle anime. »
Gesù desidera d'essere ascoltato e che si aderisca a lui.
I.
Qual
è quest'apparente contradizione? un silenzio che , vuoi parlare? — II
silenzio, per solito, dice una sola cosa, ed è che non si vuoi dir nulla; alle
volte è 'bensì la più eloquente espressione d'un sentimento profondo
dell'anima, ma quest'eloquenza è solo transitoria e non costituisce una
conversazione atta ad istruire ed a commuovere anime. Questo prodigio può
appartenere solamente alla potenza divina. Infatti qual altra lingua
potrebb'essere la lingua di Dio?... È nel silenzio che gli Angeli s'intendono
con sua divina Maestà; ed anche i Santi quaggiù trattano così con Essa: (i La
mia bocca è senza parole davanti a voi e il mio silenzio vi parla ». Ma se vi è
quaggiù un luogo dove il Cuore di Dio si espande senza strepito di parole è
veramente nel Sacramento del suo amore; quindi, per iniziarci a questo
maraviglioso linguaggio, il Cuore Eucaristico di Gesù invita ad esso le anime:
perché questa lingua, al pari delle altre, s'impara solamente coll'uso.
II.
Oesù.
— « Io condurrò l'anima nella
solitudine, ed ivi le parlerò al cuore » 16. — Io non sono nello
strepito. Taccio quando l'empio mi sfida, quando labbra o mani sacrileghe
profanano il mio sacro corpo, perché la mia parola sarebbe allora « una saetta
acuta » 1', laddove i miei anatemi sono contenuti dalla mia «
pazienza eterna ». Ma io parlo a quelli che mi cercano, e questi mi trovano, «
essi ascoltano la mia voce»18. O pecorella fedele, tu che sai
rispondermi quando dico: «Vieni»; e a tè che ascolti ma non vieni sempre, io
" Os., xi, 14.
"
Ps. oxix, 4. » joa.nn., x, 27.
SINTESI
E CONFEEMAZIONE 589
mi
rivolgo oggi ; impara ad. ascoltare. Ma qual è questa solitudine a cui
ti conduco per udire il dolce mormorio del linguaggio del oielo? è il
tabernacolo del Salvatore, l'allontanamento dal mondo, l'oblio delle creature,
la calma delle passioni, l'assenza d'ogni mezzo tra le anime vostre e il mio
spirito d'amore. Raccoglietevi e fate silenzio almeno «una mezz'ora » 19,
e poi anche dopo, perché se venissi a parlarvi io, vostro Signore Iddio, e voi
non mi udiste! ! ! Dunque state coll'orecchio teso al mio Cuore silensioso
nell'Eucaristia ohe vuoi parlare alle anime vostre. — Ma non basta
ascoltare, bisogna aderire: la mia parola è penetrante, e scende soavemente
in fondo all'essere per vivificarlo ; è un atto, ed opera ciò ch'essa dice:
aderite a quest'atto, corrispondete alla grazia. Il Padre mio nel suo eterno
silenzio pronunziò in ae stesso un'eterna parola, il suo Verbo,
splendore della sua, sostanza: Jesus splender Patris, e voi avete
aderito al Verbo credendo in me. Ed io concepii nel mio Cuore una parola che
dissi nello spezzare il pane: « Hoc est corpus mewm, hic est sanguis meus :
Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue » 20. Queste sacre
parole, oh! non sono esse l'irradiamento velato della mia propria sostanza? Aderite
al mio Sacramento, o miei dilettissimi, cibandovi di questo pane e adorando con
trasporto il Cuore di Colui che ve lo diede. Ah ! possano le più riposte fibre
del vostro cuore aderire a questo Cuore stesso ! Allora soddisfereste il mio
più ardente desiderio e quello del Padre mio : « siate una sola cosa con
me e per mezzo mio in Lui », per eumdem Christum Dominum nostrum.
III.
L'anima.
— G-esù Cristo è la parola
intima del Padre, e quand'egli si rivestì della nostra natura per esercitar fuori
il ministero della sua parola esterna, non perdette per questo quella qualità
di parola intima che rimane nel seno del Padre, ma che s'insinua nei cuori
illuminando ogni uomo che viene in questo mondo 21. Voi, o Signore,
non fate
A-pqc., Vili, 1.
mabc., XIV,
24.
Ct.
bossubt, Elevazioni,, 61°
giorno.
590 PEBrEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
più
udire la parola esterna che risonò nella Giudea ove passaste facendo del bene,
ma i vostri discorsi furono raccolti e noi ne possediamo i tesori.
Ora
voi siete rientrato nel silenzio della maestà divina, voi non parlate più ohe
al vostro Padre, e nel suo augusto linguaggio. Eppure, o Gesù, nella vostra
dimora eucaristica, posta fra il cielo e la terra come la tenda d'un
viaggiatore ad un tempo divino ed umano, voi ci dite che lì ancora volete
parlarci: o mio Signore, che cosa direte adunque, quando avete detto tutto ? Ah
! la parola che qui dite è l'intelligenza e l'amore di tutti questi
insegnamenti dati nel passato, è la parola « spirito e vita », la parola intima
del vostro Cuore. O Gesù! quanto devo stare attento, dentro e fuori, alla predicazione
come alla lettura del Vangelo, e quanto devo aprire l'orecchio del mio cuore a
questa dolce insinuazione della verità che si fa udire senza articolar parole,
ma che d'un sol tratto entra nell'anima! O Gesù, io ascolto: «Parlate,
splendete, illuminate, tonate, scaldate, liquefate i cuori! » 22.
«
Cuore maestro dei segreti dell'unione divina. »
Gesù desidera che le anime gli siano intimamente unite.
I.
È
un Maestro, magister: egli insegna; è un Maestro ancora, possessor:
possiede, ha grandi beni; e finalmente è Maestro, dominator: comanda a
tutti. Questo Maestro è egli gonfio della sua scienza? è egli possessore
egoista? è egli autoritario e despota? No, perché questo Maestro è lo stesso
amore, ad un tempo scienza, dono e comando. Come dev'esser dolce
l'ascoltare le sue lezioni, ricevere della sua abbondanza, ubbidire a' suoi
ordini, e ottenere ciò che si brama, sapendo che il-suo desiderio è di dare!
" BosspET, Elevazioni, 61° giorno.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 691
II.
Gesù.
— Siete voi, o Padre santo, che
diceste queste parole : « Ecco il mio Figliuolo diletto nel quale ho riposte
le mie compiacenze, ascoltatelo » 23. Dunque ascoltatemi qui,
non più sul Tabor, ma su quest'altare dove, dal mio tabernacolo, io posseggo,
insegno e do il segreto di questa dolce unione. Che dirò a voi, care anime, che
mi chiedete questi segreti ch'io desidero di rivelarvi e che voi stesse a
vostra insaputa cercate quando istintivamente cercate la felicità, perché la
felicità perfetta è tutto il bene e questa pienezza si trova solo nell'unione
intima con colui che la possiede e vuoi veramente darla. Dunque, voi che desiderate
di conoscere quello che passa tra il Padre mio e me, siate una sola cosa in noi
« come il Padre mio è in me ed io in Lui » 24. Ma prima venite a me,
perché io sono la via; venite al Santo Tabernacolo dove faccio la mia residenza,
dove sono stabilito dottore, maestro o dispensatore delle ricchezze del Padre
mio col quale io formo una sola cosa. Ma come dirvi in un altro linguaggio
diverso da quello degli angeli i serafici misteri di quella felicità suprema di
cui fin da questo mondo voi potete avere un pregustamento? e questo linguaggio
lo capite voi? Esso pare dolce, perché è tutto amore; ma è duro a udirsi,
perché esclude lo spirito ragionatore e confonde il superbo; l'amore non
ragiona, insegna senza discorrere, poiché il suo insegnamento è amare. « Amare
con tutta la mente » è ridurla al silenzio per amor di Dio. Qui l'amore
da l'intelligenza, è la scienza del cuore. Se dunque volete entrare in questi
ineffabili segreti, inabissate i vostri ragionamenti nella fede, e la carità
vi otterrà la luce. Ecco in che consiste il segreto della santa unione sopra la
terra come in cielo; abbiate soltanto un cuor semplice o desideroso di essere
tale, serbate il silenzio dell'umiltà con la perseveranza del desiderio, e ben
presto voi saprete tutto per una felice esperienza. La scienza che cerca
altrimenti i segreti di Dio può arrecare godimenti all'intelligenza, ma poiché
la scienza umana ha limiti, il pia-
"
matth., XVII, 5. " JOANN., XVII, SI.
592 PEEPEZIONE ' CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
cere
ch'essa da resta incompleto, e ne risulta ch'essa renda vuota la vita o « gonfi
il cuore », e un cuor vuoto o un cuor gonfio è un cuor malato che non potrebbe
guatare la pace. « Pregate dunque l'Altissimo, affinchè vi conduca per i retti
sentieri della verità » 25.
Arrivare,
guardare il Tabernacolo, mettersi in ginocchio e restarvi. Far silenzio,
ascoltare e udire la parola di Cristo :
«
Vieni ! ». La corrente si stabilisce e si vede. È come se tutti gli ostacoli
fossero tolti, dall'anima alle sante specie, dal cuore al Cuore dell'Ostia. È
un dolce momento, ma non può durare a lungo. Le distrazioni s'incalzano e
sviano cento volte il pensiero che incessantemente ritorna. Ma la volontà è
fìssa, e nonostante queste evoluzioni continue, il Cuore Eucaristico è soddisfatto;
poco importa del resto ch'io sia soddisfatto. L'infedeltà consiste nello
stancarsi di siffatta persecuzione e nell'abbandonare prima del tempo o nel
cercar un altro mezzo più facile d'unirsi al buon Dio, come sarebbe una lettura
o aspirazione. Bisogna restar lì, a guardare nostro Signore. Che cosa vedo?
niente veramente; eppure è un fatto ch'io guardo qualche cosa e che è Dio
quello ch'io guardo. — E se persevero nel guardare, nel mirare, nell'amare,
nel respingere dolcemente l'ostacolo, nel tollerare con pazienza, nel lasciar
che il demonio si stanchi senza dargli appiglio, allora l'anima mia sente di
entrare in un'altra vita senza essere per nulla sottratta alla vita presente.
Qualche volta è una pienezza infinita — altre volte un vuoto anche più pieno di
Dio — un bagno di silenzio e d'infinito. — Per solito nessuna veduta chiara e
distinta. È sempre un deserto in cui non si vede il focolare di luce, ma una
bianca chiarezza in quell'immensa chiarezza che sembra essere la capacità d'un tutto
in mezzo a cui io nuoto e che mi riempie.
Quello
che Gesù vuoi essere per noi nel suo Cuore Eucaristico, è la via,
oom'Egli è la vita quando si riceve, com'è la verità quando si guarda.
Via per condurre a Dio suo Padre nelle sue infinite perfeaioni.
"
Bccl., xxxvn, 19.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 593
Lo
stato d'abbandono ohe ci porta a perderci in Dio non deve farci dimenticare la
S. Umanità di Cristo, a cui dobbiamo tutto. G-esù è restato lì, apposta, per essere
il veicolo delle anime nostre fra la terra e il cielo. Egli è come il Dio
del tempo, tra l'uomo e l'eternità, la via diretta, unica per andare al
Padre...
...
Quindi, dice egli: Vieni! io sono in tè, ma tu esci da tè insieme con me
e andiamo al Padre. — Dove? più in alto, ma senza sforzo, perché tu sei
con me; là, senza salire, senza approfondire, senza cercare; là in
quell'oceano ove tu ondeggi, impregnato di Lui come la spugna caduta dallo
scoglio nel mare.
Quando
la spugna ancora attaccata alla roccia è bagnata dall'onda, essa è nell'Oceano,
e l'Oceano è in essa. Se avesse la parola, potrebbe dire : -E'sso è lì.
Ma strappata e lanciata al largo, è la medesima cosa ed è ancora di più. /
Quello
che la trascina è l'onda, perché l'onda conduce all'oceano col quale è una sola
cosa e nel quale va a confonderai, strascinando la piccola spugna a cui dice:
Vieni? ed essa, saturata dall'onda, va a gettarsi ancor più nell'oceano, dove
c'è maggiore spazio e più acqua..., perdendosi e disperdendosi in esso
per diventare come una medesima cosa con esso a forza d'essere diminuita,
ridotta in atomo e finisce con scomparire!...
Un
giorno raccolsi sulla spiaggia una spugna secca che era ancora attraversata dal
suo pozzetto di spina dorsale. Pensai che quello era l'ostacolo che l'aveva
fermata tra i ciottoli della riva e che le aveva impedito di seguire l'onda;
vidi
in essa la mia immagine.
S8 — Perfezione^ Contemplazione.
594 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
articolo V.
L'accordo dei Maestri sul carattere
normale, benché eminente, della contemplazione infusa.
La dottrina da noi esposta,
specialmente secondo S. Tommaso e S. G-io vanni della Croce, è pienamente
conforme alla Tradizione. Già il carattere di queste due grandi Maestri ne è
per noi una prova, poiché il primo ha cura di darci una sintesi speculativa.
dei dati della Scrittura e della Tradizione, e il secondo applica questi
principii per mostrare tutto quel che dev'essere, in una vita veramente fedele,
il progresso delle virtù teologali e dei doni corrispondenti.
È facile stabilire che
l'insegnamento degli altri grandi Maestri tradizionali segue le medesime
norme.. Nei secoli xvn e xvm si verificò qualche deviazione, è vero, in autori
secondari 1, ma da ogni parte si ritorna ognora più alla dottrina
che prima era comunemente accolta e che sempre conservò per sé. le più grandi
autorità.
Nella storia della teologia
mistica che presto pubblicherà, Mons. Martino Grabmann, dell'Università,. di
Monaco, fa capo alle medesime conclusioni nostre e conferma su molti punti
quello che già dimostrò il canonico Saudreau nel suo compendio della storia
della. mistica cattolica, che ha per titolo: La Vie d'union a THeu d'après
les grands Uaitres de la spiritualité,. 33- edizione, 1921. Noi
rimandiamo a quest'opera che-espone la dottrina mistica dei Padri greci e
latini, e quella dei principali maestri che scrissero dal secolo xin al secolo
xix.
Noi seguiremo un ordine meno
cronologico, e, dopo aver notato i punti essenziali della dottrina dei Padri,
considereremo la questione di cui ci occupiamo, nella.
1 Ct. p. 18-20.
SINTESI
E CONnSBMAZIONB 693
dottrina spirituale degli Ordini
antichi, nella mistica domenicana, nella mistica francescana, in quella del
Carmelo, continuata da S. Francesco di Sales, e finalmente negli spirituali
della Compagnia di Gesù.
L'insegnamento dei Padri Greci.
Dopo il salmista, il Vangelo, S.
G-iovanni e San Paolo 2, i Padri Greci parlarono sovente della cognizione
superiore di Dio ch'Egli stesso comunica ai l'aondi di cuore e che i
ragionamenti umani sono impotenti a procurare. Lo Spirito Santo, secondo loro,
la concede generalmente ai perfetti, e questo dolce lume di vita santifica
l'anima rischiarandola intorno all'infinita grandezza di Dio. Colui che ricevette
questa grazia eminente è diventato un contemplativo, santamente indifferente
alle cose della terra, quasi sempre unito a Dio colla preghiera e coll'a-more.
Tal è m particolare la
dottrina di clemente aibs-sAN'DBnsro
che già distingue tré gradi nella vita spirituale, i principianti, i
proficienti e i perfetti;
secondo lui, questi ultimi
ricevono generalmente il dono della contemplazione, unito ad un'alta carità 3.
Del resto Clemente si considera come l'eco della Tradizione apostolica A.
Il medesimo insegnamento si ha in oeigbne
s, in S. atanasio 6,
in S. macabio 7.
S. basilio, alla sua volta, nella prefazione del suo libro sulle
Costituzioni monastiche, dice: « L'occhio dell'anima, quando è divenuto puro e
senza ombra, contempla le cose divine, in grazia della luce celeste che lo
riempie abbondantemente senza saziarlo... Dopo aver sostenute penose battaglie
ed esser riuscito a liberare lo spirito, nonostante la stretta unione di questo
colla materia, dalla mescolanza delle passioni sensibili, esso diventa capace
di
2 Of. supra. Introduzione, fine.
3 Sfromates, VI, 8, 9, 12; V, 11, 12; VII, 7; IV,
3, 23.
4 Stmmates, I, 60. .
e Cantra Celsum, VI, 19; w Oant. Prolog. e 1. IV.
' Oratio,
cantra Oentes, principio.
Lettera ai suoi discepoli. Of. Rev-ue d'Aseétiilueetde
Slystigue, sea-naio 1920, art. di Dom Wilmart.
596 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
conversare con Dio... Ohi è
giunto a tale stato non deve più permettere ai vapori delle vili passioni di
turbare e coprire d'un fitto velo lo sguardo dell'anima sua e di farle perdere
così la spirituale e divina contemplazione ». S. Basilio dice la stessa - cosa
nella sua spiegazione dei Salmi XXXII e XLIV, e nella sua omelia sulla fede (n.
1).
. S. gbegobio nisseno non parla diversamente nella vita di Mosè,
là ove descrive come il profeta fu elevato alla contemplazione di Colui che.
è, e come a suo esempio dobbiamo distaccarci dalle creature e vivere di
Cristo, per essere « ammessi alla contemplazione della natura divina ».
Questa, dice egli, è una vittoria sul nemico, che s'ottiene solo colla croce,,
e purificando la propria intelligenza da ciò che è ,.;.-sensibile e materiale.
Spesso egli chiama questa contemplazione teologia, nel senso di «
teologia mistica infusa o sperimentale », come si dirà più tardi.
S. efrhm vede altresì nella contemplazione il pri- ' vilegio
della vita perfetta: « Quando avremo superate le nostre passioni, distrutto in
noi ogni affetto naturale e sgombrata la nostra niente da ogni.:;;
preoccupazione, allora lo Spirito
Santo, trovando l'a-r nima nostra nel riposo e comunicando al nostro
intel-" letto una potenza nuova, infonderà il lume nei nostri cuori, come
s'accende una lampada già fornita di stoppino e d'olio... Dunque, prima d'ogni
cosa, disponiamo le anime nostre a ricevere la luce divina; e rendiamoci in
tal maniera degni- dei doni di Dio »' (C'è virtute, e. x).
S. g-bbgobio nazianzbno dice parimenti: « Anzitutto
purifichiamoci... rendiamoci simili a Bio; allora noi riceveremo la luce del
Verbo,, la conserveremo dentro di noi, e la faremo brillare agli occhi altrui»
(Oratio xxxix, n. 9, 10).
Nel v secolo, S. diadoco, ch'era vescovo di Fotico, y nell'Epìro, compose un Trattato
della Perfezione s, che ha per scopo di condurre l'anima alla
contemplazione ed all'amore mistico. Al principio, e. I, egli fa veder bene il
rapporto della contemplazione colle virtù teologali e coll'isp trazione dello
Spirito Santo: « Ogni
'::
Pubblicato da Weis-Liebersdorf, Lipsia, Teubner, 1912. — Ct. sau-dbba.v, Vie d'wion a Dieu
d'apres les grands maUres, III ed. 1921, p. 52.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 597
contemplazione spirituale suppone
e richiede la fede, la speranza e la carità, soprattutto la carità; queste
virtù conducono ad essa. Infatti la fede e la speranza insegnano a disprezzare
le cose sensibili, ma la carità unisce a Dio; essa mediante un certo senso
spirituale cerca di conoscere Colui, che è l'Essere invisibile ». — « e.sso è, dice egli (ibid., e.
25), un senso spirituale che l'anima riceve dallo Spirito Santo, e che
conoscono solo quelli che rinunziano ai piaceri di questa vita ». — « Questo
senso spirituale è un gusto perfetto, che da il discernimento delle
cose... Quando l'anima ha rinunziato alla prudenza della carne, può sentire,
senza ingannarsi, le consolazioni dello Spirito Santo, secondo queste parole
divine:
Gustate e vedete quanto è
dolce il Signore » {ibid., g. 30). — « Noi diciamo che, quando
un'anima si è ben purificata, può sentire Dio mediante un gusto di consolazioni
divine, che non si può spiegare; non però in questo senso che Dio si renda
visibile, poiché, come dice S. Paolo, noi camminiamo qui per la fede e non per
la visione, II Cor., v, 7 » (ibid., e. 36.;
item, e. 75). — « Tutti
i doni divini sono prestasi, ma nessuno infiamma i nostri cuori e ci spinge ad
amar il Dio d'ogni bontà come il dono della teologia (mistica, ossia
contemplazione)... Questo dono fa sì che noi rinunziamo volentieri a tutte le
amicizie del secolo e che, combattendo le malnate passioni, noi stimiamo, più
di quel che possiamo dire, i tesori delle parole divine. Esso rischiara la
nostra mente e cambia per così dire la natura delle anime nostre, comunicando
loro proprietà angeliche. Fratelli miei dilettissimi, è questo il dono che
noi dobbiamo vivamente desiderare, e a cui dobbiamo. disporci. È un dono
mirabile: per esso noi ci solleviamo alla contemplazione universale, siamo
liberati da ogni sollecitudine, riempiti d'ineffabili lumi, nutriti della parola
divina; per esso, per dir tutto, l'anima è votata ad un'unione inseparabile col
Verbo di Dio » (ibid., e. 67). — « Bisogna conoscere quest'amore ardente
che lo Spirito Santo mette nel cuore, ed arrivare a possederlo » (e. 74). ,
S. Diadoco nota, e. 13, che l'amore
unito alla contemplazione può ignorar se stesso: « Io conobbi qualcuno
che piangeva di non potere amar D,io come avrebbe voluto; e l'amava talmente
che aspirava co-
598 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
•stantemente a Lui, desiderando solo
la gloria divina ed essendo come un nulla ai proprii occhi ». — « Chi ama Dio
col senso del cuore... arriva a perdere di vista se stesso, essendo tutto
trasformato dall'amore ch'egli ha per il suo Dio » (e. 14).
Nei e. 16, 69, 85, 90, di questo
medesimo Trat-
. tato, S. Diadoco notò bene le consolazioni
sensibili del principio della vita spirituale, seguite dal periodo di
aridità, chiamato più tardi, da S. Giovanni della Croce notte dei sensi.
Egli indica le fasi seguenti, dicendo : « Quelli che s'avanzano nella perfezione
possono frequentemente gustar Dio; ma il gustarlo pienamente è cosa riservata a
quelli in cui tutto ciò che è mortale ha lasciato il luogo a ciò che è la
stessa vita» (e. 90). Queste ultime parole significano l'effetto di ciò che più
tardi si chiamerà purificazione passiva dello spirito. Nel e. 85 di questo
Trattato sì parla appunto di questa purificazione : « II Signore
permette al demonio di lanciare i suoi strali sino nel fondo di quest'anima, a
fine di condurla a cercar Dio con maggior fervore e con più umile
sottomissione... Quando colui che sostiene la buona battaglia pratica a dovere
tutte le virtù e si distacca da tutto, non volendo più posseder nulla, allora
la grazia penetra più avanti, accende tutta quanta " l'anima d'un fuoco
d'amore ardentissimo ». Così rendesi completa la dottrina delle tré fasi della
vita spirituale già distinte da Clemente Alessandrino .
Queste fasi appariscono anche più
chiaramente in dionigi, che parla
incessantemente della purificazione, de\l'illummazione e della vita
unitiva ossia perfetta-. Com'egli dimostra nella Gerarchla celeste, e.
ni, 2, 3, la subordinazione delle creature ha per scopo di assimilarle a Dio e
di unirle a Lui: « L'ordine gerarchico richiede che gli uni purifichino, e gli
altri siano purificati, che gli uni illuminino e gli altri siano illuminati,
che gli uni perfezionino e gli altri siano perfezionati; così ciascuno avrà la
sua maniera d'imitare Iddio. Sembra necessario che quelli i quali vengono
purificati giungano a non aver più nulla che abbia bisogno d'espiazione, che
coloro che vengono illuminati risplendano della divina chiarezza per elevarsi
con i casti occhi dell'intelletto alla po-
SINTESI
E CONFERMAZIONE 699
tenza e all'abitudine della, contemplazione;
finalmente che coloro che vengono perfezionati, una volta esenti da
imperfezioni, partecipino (sempre più) alla scienza santificante delle sacre
verità manifestate ai contemplativi» (ibid.). In questi ultimi l'amor di
Dio che li afferra li rapisce fuori di sé stessi, ed è il preludio della
visione del cielo (Nomi divini, iv, 12, 13). E siccome Dio è
infinitamente superiore a tutte le idee che noi possiamo farci di Lui, « vi è
un conoscimento di Lui, che risulta da una sublime ignoranza, e ci è dato in
una incomprensibile unione;
ed è quando l'anima, abbandonando
tutte le cose e dimenticando se stessa, è immersa nelle onde della gloria
divina e s'illumina tra gli splendidi abissi della sapienza imperscrutabile » (.Nomi
divini, vii, 3).
Secondo Dionigi, D'io è solito
di concedere questa grazia della contemplazione alle anime ben disposte che la
domandano con una •preghiera ad un tempo umilissima e piena di fiducia; e
dimostra mirabilmente come qui si debbano conciliare l'umiltà e la. magnanimità:
« Dio solleva quanto è possibile alla contemplazione, alla sua comunione, alla
sua ras-somiglianza le pie intelligenze che, precipitandosi verso di Lui con un
rispettoso ardore, non ambiscono in un moto di stolto orgoglio maggior luce che
loro non sia stata largita e più non soccombono alla tentazione d'un
vergognoso rilassamento, ma che, senza esitazione e senza incostanza,
s'appigliano alla chiarezza illuminatrice, e con un amore proporzionato ai
loro lumi, piene di religioso rispetto, prendono prudentemente e santamente il
loro volo verso la sublimità » (Nomi divini, i, 2). Così appunto
comincia Dionigi la sua Teologia mistica, e. n, con una preghiera per
ottenere la grazia della contemplazione:. « Trinità sopraessenziale,
divinissima, sommamente buona, guida dei cristiani nella sacra sapienza, conduceteci
a quell'altezza sublime che sfugge ad ogni dimostrazione e oltrepassa ogni lume
». Ma per ottenere questa .grazia, bisogna vivere nel distacco, nell'umiltà e
nell'amore di Dio (ibid., i, 3).
Da ciò si vede che la via unitiva
di cui parla Dionigi, è d'ordine mistico, e che è quaggiù il preludio normale
della vita eterna. Questa medesima conclusione apparisce non meno chiara dai
testi del medesimo autore che abbiamo citato più sopra, pp. 180, 352-356.
600 PERFEZIONE CRISTIANA ECONTEMPLAZIONE
Nel secolo 'vii, S. massimo, che soffri eroicamente per la
fede, compose parecchi scritti in cui dimostra che il termine della vita
spirituale è il pieno distacco e il perfetto amore, che si esercita nella
contemplazione. Il timore è il principio della sapienza, che viene da Dio; dal
dono della sapienza procede la contemplazione, che conduce alla carità perfetta
e all'unione divina 9. « Chi è purificato è illuminato e merita di
penetrare nel santuario più' intimo e di godervi gli amplessi del Verbo » 10.
— « La contemplazione procede da un'illuminazione dello Spirito Santo »,
ed è assai superiore al ragionamento n. « Essa esige un'anima
libera da ogni attacco..., suppone non solo la rinunzia ai peccati e. ai
sentimenti naturali, ma anche l'eliminazione delle immagmi sensibili » 12.
« II pieno distacco (apatheia) fa dell'anima un puro specchio in cui si
riflette Dio stesso» 13; in tal modo si giunge alla perfezione
dell'amor di Dio. — II lume della contemplazione ci è dato in proporzione
delle nostre disposizioni: « A ciascuno Iddio si fa conoscere secondo
l'idea ch'egli si fa di Lui; a quelli che coi loro santi desideri si elevano
sopra tutto quello che è materia e di cui tutte le facoltà con un medesimo
slancio si sono rivolte a Dio, Egli si mostra come D,io uno e trino, e loro fa
conoscere in modo mistico ch'Egli è e quello che è » u.
S. Massimo dimostra a lungo la superiorità
della vita contemplativa sulla vita attiva, che le è subordinata come un mezzo
a un fine'16. Egli distingue tré gradi d'orazione,
corrispondenti ai tré gradi della vita spirituale o della carità: « La
semplice orazione e come. il pane: essa conforta i principianti; quando all'orazione
s'aggiunge un po' di contemplazione, è come l'olio onde si rinfresca;
finalmente quand'è la pura contemplazione, è come un vino di squisito
'
Ct. Patrol. greca, t. XC, col. 1217, Oisnt., I, 94, e col. 1276, n. 38
(sopra il dono della sapienza).
"
IWd., col. 1089 ; Cent. 1, n. 16. Item, col. 1417, n. 80.
» IWd.,
col. 1209, n. 73; 1217, 1424; 1377, n., 69; 1384, n. 82; 1356, n. 18.
"
IWd., col. 1245 e 1421.
"
IWd., col. 1S56, n. 17.
» IM..
col. 1220, n. 95.
15 IWd., col. 1433, 1436 bs., 1440, 1445, 1419.
SINTESI
E CONPEEMAZIONE 601
sapore che fa andare fuori di sé
quelli che lo bevono » 16.
Ma prima di questa contemplazione
« paragonabile alla terra promessa», vi è un'aerazione semplificata,
che è come la manna del deserto », orazione-oscura e calma, che dispone a
ricevere più abbondantemente il lume divino 17.
S. Massimo finalmente notò bene le
dure prove che devono subire i contemplativi, il crogiolo per cui devono
passare per essere pienamente purificati, e la lotta ch'essi hanno da impegnare
contro il demonio per essere definitivamente confermati nell'amor di Dio 18.
Poi, preparata dal distacco, la contemplazione lo favorisce, e ci conserva nel
ricordo di Dio:
« Preghiamo dunque sempre il
Signore affinchè il suo salutare ricordo ci rimanga sempre presente alla mente
» 19. L'amico di S. Massimo Talassio, abate iin Libia, insegnava la
medesima dottrina 20.
Nel secolo vili S. giovanni damasceno dice altresì che la
contemplazione infusa è generalmente concessa ai perfetti: « Chi è pervenuto al
più alto grado dell'amore, uscendo in qualche modo da sé, discopre Colui che
non può essere veduto; prendendo il suo slancio al disopra di quella nube dei
sensi che arresta lo sguardo della mente, e stabilendosi nella pace, egli fissa
il suo sguardo sopra il Solo-di giustizia e gode quello spettacolo di cui non
può stancarsi » 21. — « L'essere pervenuto, colla pratica generosa
delle virtù, alla contemplazione del Creatore, è un tesoro che non sarà rapito
» 22.
Questa contemplazione soprannaturale,
che procede dal dono della sapienza adunque, secondo i Padri Greci, è veramente
nella via normale della santità, e accompagna per solito la carità perfetta,
principio dell'unione divina, e dev'essere come essa l'oggetto delle nostre
aspirazioni e delle nostre preghiere.
"
rbid., col. 1441, n. 176.
"
Ibid.,.ool. 1421, n. 92, 1437, 1441.
"
Ibid., col. 1215, n. 88. , -
"
IWd., col. 1245,
"
Of. savdbeau,
Op. cit., P. 77.
21 De, fransfigur. Dom., 10.
22 De viri. et vit. — Vedasi la dottrina di S.
Giovanni Damasceno» sullo Spirito Santo, sulla sua presenza in noi e sul suoi
doni.
<02 PERFEZIONE CEISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
L'insegnamento dei Padri Latini.
I Padri della Chiesa latina non
son meno chiari, in particolare S. Agostino e S. Gregorio Magno.
S. ambrosio., nel passo del Cantico i, 1: « Oscu-letur me osculo
oris sui », vede l'espressione del legittimo desiderio della contemplazione
: « l'anima sollevandosi sopra il suo corpo, rinunziando a tutti i piaceri dei
sensi... e spogliandosi di tutte le vane sollecitudini del secolo, domanda
istantemente d'essere favorita del dono della presenza divina.... del
lume soprannaturale... pegno d'amore... che colma di .gioia » 23.
Questa contemplazione soprannaturale è .generalmente concessa ai perfetti,
perché, come dice S. Ambrogio: « Nel terzo grado (della vita spirituale)
l'anima è divenuta perfetta, il Verbo può volgersi, a lei, piegare sopra di
lei il suo capo e riposare nella sua diletta » 2i. — «
Benché non lo veda, ella riconosce, mediante i suoi sensi intimi, l'odore della
divinità; ecco quello che di solito accade all'anima veramente fedele: Quod
patiuntur ple-rumque qui bene. credunf. Ella è subito ripiena dei dolci
profumi della grazia e capisce che Colui ch'ella desidera le fa sentire
la sua presenza: Eccolo, dice, Colui ch'io invoco e sospiro » 26. "
S. agostino sviluppò questa dottrina, come ab-Mamo esposto più
sopra, p. 181-183;, in particolare .nel suo libro De quantitate animae, e.
33, egli de-
•scrive tré gradi della vita
spirituale già enumerati da demente Alessandrino: 1° la lotta contro il
peccato, l'opera difficilissima della purificazione...; 2° l'entrata
nella luce, che non è possibile se non a coloro che
•sono purificati...; 3° la
contemplazione e l'unione di-
• •vma, che ci permette di
godere del Sommo Bene. — Item Soliloqui!, I, e. 1, 12, 13.
Nel suo Commento sopra il
Discorso del monte 26,
*' De Isaac et anima, o. ni, n. 8. " Ibid., o. 8. 2t In Ps. cxvin, sermo VI.
" De Sermone Domini in monte, 1. I, e. in e iv. P. L., t. XXXIV, •col. 1253-1255.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 603
egli spiega. quest'ascensione..
verso la vetta della perfezione cristiana seguendo le sette beatitudini e i
sette doni dello Spirito Santo: il timore conviene agli umili, la pietà ai
mansueti, la scienza a quelli che piangono, la fortezza a quelli che hanno fame
e sete di giustizia, il consiglio ai misericordiosi, l'intelletto ai cuori
mondi, la sapienza ai pacifici. Così le fatiche della vita attiva preparano
alla contemplazione 27, in cui l'anima purificata gode il lume
divino, pegno della vita eterna 28. Questa contemplazione, che
procede dal dono della sapienza, è veramente la contemplazione infusa.
Nel secolo v, cassiano scrisse nelle sue Conferenze
le lezioni spirituali ch'egli aveva avute dai Padri . del deserto. Queste
Conferenze furono per molto tempo il libro corrente di lettura spirituale.
Nella IX e nella X, egli dimostra che il termine della vita spirituale quaggiù
è la contemplazione divina in cui egli vede l'esercizio perfetto
dell'amar di Dio. L'anima vi si prepara colla pratica delle virtù : «
Bisogna gettare i fondamenti di un'umiltà profonda... stabilire poi tutte le
altre virtù e impedire al proprio spirito di dissiparsi coi pensieri leggeri,
affinchè a poco a poco esso si elevi alla contemplazione di Dio, ita ut
paulatim ad contemplationem Dei ac spiritualis in-tuitus incipiat sublimati
» 29. Questi termini dimostrano che si tratta della contemplazione
infusa, che procede dal dono della sapienza, e si ottiene dicendo spesso dal
fondo del cuore: « Deus in adjutorium meum intende, Domine, ad adjuvandum me
festina », è la pratica delle orazioni giaculatorie che conservano l'anima
unita a D;io 30. Dopo la preghiera che domanda il perdono dei
peccati commessi, vien quella che supplica per ottenere una maggior carità per
noi e per il prossimo, e dopo quella di ringraziamento 31,
l'orazione finisce con divenire « quell'orazione tutta di fuoco, che l'uomo
non può capire col
"
De Oonseitsu EvangeUstarum,!. I, e. v. P. L., t. XXXIV, col.
1045. " Enarr. in, ps. SS, v. S, e Confessioni,.IX, 10, X,
40. " Coni., IX, o. il. Item C'ora/., X, e. v. . " Goni., IX, 6. vi, vii,
vxn, ix. 11 Coni., IX, e. viri ss.
604 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
suo pensiero, ile esprimere-
colle sue parole » 33. « Essa formasi colla contemplazione di Dio
solo e ooll'ardore d'una carità così infocata, che l'anima, essendo come fusa e
inabissata nell'amore che ha per Dio e gettandosi nel suo séno per tuffarvisi e
perdervisi, Gli parla con una familiarità tutta divina e si trattiene
liberamente con Lui come col Padre suo. L'orazione che Gesù Cristo ci
prescrisse, il Fater, ci fa osservare fin dalla prima parola che noi
dobbiamo tendere a questo stato... Quando saremo elevati e stabiliti in
questo grado così sublime di figliuoli di Dio,... noi cercheremo unicamente la
gloria e l'onore del nostro Padre » ss. A volte quest'orazione
è accompagnata da rapimento 3i; ed ha per effetto di unire
strettissimamente l'anima a Dio, cosa che soddisfa il desiderio del Salvatore:
« Ch'essi siano una cosa sola in noi, come tu, Padre mio, ed-io siamo una
sola cosa » 3S. È lo scopo di tutta la vita spirituale, « così
l'anima comincia a gustare in un vaso d'argilla le primizie della gloria
ch'ella spera nel cielo » 36. S. Tommaso leggeva spessissimo
Cas-siano, ed è la medesima dottrina sulla contemplazione infusa ch'egli
conservò dovunque parli del dono della sapienza, il cui progresso accompagna quello
della carità. . ,
S. gebgobio magno nel secolo vi/gloria dell'Ordine benedettino,
continua la medesima tradizione di Oassiano, dovunque parli della perfezione
cristiana e della contemplazione. S. Tommaso e i Dottori del Medio Evo invocano
spesso in questa questione la sua autorità, e S. Teresa annotò le sue opere che
erano ancora assai lette nel secolo xvi.
Egli ammette la divisione dei tré
gradi della vita spirituale, classica presso i Padri Greci, dal tempo di
Clemente Alessandrino; il terzo grado, quello dei perfetti, è la vita
contemplativa, che è simbolicamente descritta nel Cantico dei cantici
37. La con-
2 Coni., IX, o. XIY. ' Conf., IX,
o.'xvill.
• Conf., IX, o. xxvi, xxx.
• Conf., X, e. vi.
• IM.
"
Morales, 1. XXIV, o. XI; 1. XXII, o. XX, n. 50; e In Cant.
Prooe-miTim n. 9 e o. i, n. 5.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 605
templazione dì cui parla egli, è
infusa ; non il frutto dei nostri sforzi, ma un dono gratuito dipendente dal
beneplacito divino, però si può e si deve disporre se stesso a ricevere questo
dono altamente desiderabile. « A volte il Signore c'introduce in questa luminosa
contemplazione inferiore, e a volte ci lascia nelle tenebre... Che noi
godiamo de' suoi lumi dipende dal suo beneplacito e non dai nostri sforzi
» 38. « Nondimeno, se coi nostri sforzi non possiamo procurarci
questi favori della grazia, essi non ci saranno mai accordati, se noi non ci
applichiamo colla maggior cura alle meditazioni, alle letture quotidiane, alla
preghiera, e se non approfondiamo le verità che sono .alla nostra portata » 39.
Di solito Dio non rifiuta la
grazia della contemplazione infusa alle anime inferiori generose : « Se noi
conserviamo queste virtù della fede, della speranza e della carità in tutta la
loro purezza, noi saliremo, in grazia di esse, le alte montagne della
contemplazione » i0. « Percepta namque perfectione operis,
ad contemplationem venitur » 4;1. È il termine della vita
spirituale.
Perciò si deve vivamente
desiderare questo favore della contemplazione e domandarlo con fiducia, per
essere più uniti a Dio: « II Signore disse: Chi osserva le mie parole e vi
si conforma, questi mi ama, e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, ed io lo
amerò e mi manifesterò a lui. Il Signore adunque promette di manifestarsi,
ma solo a quelli che l'amano, ed aggiunge ch'Egli ama quelli che osservano i
suoi comandamenti, mostrando chiaro con ciò ch'Egli non concede i suoi lumi
della segreta contemplazione se
"
In I Reg., o. il, n. 4. Qualche erudito mise in dubbio l'autenticità di
questo commento e dì quello sul Cantico dei Cantici, ma la dottrina che vi si
trova è in perfetta armonia con le opere incontestate di S. Gre-gorio. Vedasi
in particolare sul punto che ci occupa Hom. Ili in Ez. n. 10, in cui si
dice che la vita contemplativa è una pura grazia, come quella fatta allo
schiavo che servì sei anni, quando vien dichiarato libero o affrancato. Item Morales,
1. V, e. xxxil, n. 57 ; e. xxxm, n. 58. Cf. Saint Orégoire le Grande et
l'Ordre bénédictin, di Dom L. leveque,
1900, p. 56.
"
In I Reg., o. il, n. 8.
"
In Gant., a. il, n. 8.
"
Morales, In Job, XXXI, v, 34, 1. XXII, e. xvi, n. SO;
1. Vili,
C. XXX.
606 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
non in ricompensa d'una vita
virtuosa » *2. « Chiunque ha come dilatata l'anima sua mediante le
opere sante deve ancora dilatarla coll'esercizio intimo della contemplazione »
is.
« Agli umili ed agli
ubbidienti sono comunicati i segreti divini: l'umiltà ottiene loro la
grazia della contemplazione, che certi predicatori, pieni di sé stessi, perdono
.per il loro orgoglio » tt. La solitudine del cuore 45
e l'oblio delle cose sensibili 46 dispongono ad essa.
È appunto perché la
contemplazione esige di solito queste virtù perfette, che i contemplativi non
sono più numerosi: « Poiché, nell'uman genere, sono molto rari quelli, che,
purificati da • ogni sozzura degli appetiti disordinati, divennero capaci, in
grazia di siffatta purificazione, di udire questa voce dello Spirito Santo,
questa parola si chiama parola nascosta (Job, iv, 12); conosciuta da
alcuni, essa è in fatto ignorata dalla maggior parte degli uomini » 47.
La contemplazione, come la
perfezione cristiana, non è incompatibile con alcuno stato di vita: « La
grazia, della contemplazione non è un dono concesso ai grandi e rifiutato ai
piccoli, ma spesso è accordata agli uni come agli altri. Più spesso ne sono
favorite le persone ritirate dal mondo, ma avviene alle volte che la ricevano
anche persone coniugate. Per le anime fedeli non vi è alcuna funzione che sia
incompatibile con la grazia della contemplazione; ogni uomo veramente
inferiore può essere favorito de' suoi lumi, e nessuno può gloriarsene come
d'un privilegio straordinario » is. Tutte le anime sono
ad essa chiamate come alla perfezione che le dispone alla vita eterna19.
Questa contemplazione a volte da una santa tristezza alla vista del peccato,
ma per lo più la gioia,
42 In I Beg., 1. Ili, e. iv, n. 18; item 1.
V, e. iv, n. 67, e Hom. Ili in Esech., n. 9. . - " Murales, 1.
VI, e. xxxvn.
"
In I Beg., 1. II, o. iv, n. 6; item 1. Ili, o. iv, n. 19; in I
Reg., o. il, a. 6. , ;41 Morales, 1. XXX, o. xvi.
46 IWd., 1. XXIII, o. xx, n. 42; e in Esech.,
I. II, Hom. II, n. 12 ;
in
I Reg., o. il, n. 16.
*' Murales,
1. V, o. xxvin, n. 50..
"
In Ezech., 1. II, Hom. V, n. 19 è 20.
"
Ci. Morales, I. XXII, e. XVI, n. 36.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 607
facendoci gustare l'infinita
bontà di Dio: « l'anima. ottiene di quando in quando gusti intcriori
d'una grandissima soavità, e si sente totalmente rinnovata quando-ad un tratto
è passato il soffio ardente della grazia » 50; sono i gusti di cui
parlerà S. Teresa nella. IV Mansione.
Anche S. Gregorio notò le
dolorose purificazioni passive descritte più tardi da S. Giovanni della
Croce:
« L'anima nostra, anzitutto
illuminata circa il proprio-accecamento, ne 'concepisce una tristezza che la
consuma e che, come un fuoco divoratore, distrugge in lei ogni ruggine 'di
peccato... Bisogna che il dolore la. purifichi e dissipi le tenebre del
male, perché ella. possa essere poi tutta rischiarata dai raggi dell'infinita
luce... 'Quanto più si accosta alla verità di"
•vina, tanto più ella se ne crede
lontana» 51. — Spesso avviene che l'anima sia sollevata dallo
Spigrito divino fino alle maggiori altezze, e che nondimeno la .carne
le dia penosi assalti... e rappresentazioni d'azioni illecite s'affaccino
a lei... Pare che il cielo e l'inferno siano lì stretti insieme, poiché
la medesima '.anima si trova ad un tempo rischiarata dai lumi della
contemplazione e ottenebrata da importune tentazioni » 52. Ciò
accade specialmente a quelli che 'sono maggiormente favoriti dei doni della.
contemplazione. « Affinchè questa non li gonfi, la. .tentazione li umilia, e la
contemplazione li rialza, affinchè la tentazione non li abbatta... Vedi Elia,
egli aveva fatto scendere il fuoco dal cielo,... eppure
^basta una donna per farlo
fuggire nel deserto. Nella sua fuga un angelo gli appare e gli annunzio che gli
resta a percorrere un lungo cammino, ma non-gli strappa dal cuore il terrore,
perché questa de-'' bolezza è per il profeta la protezione della sua-forza
» 5S. •
Queste tentazioni 'accompagnano l'azione divina pu-rificatrice che pare inaridisca i sensi e lo spirito:
« È da 'osservare che l'angelo
vinto toccò Giacobbe-nel nervo della coscia, che subito si atrofizzò, e, da
quel momento, G-iacobbe fu zoppo; il Signore on-
'0
Mar., 1. XXIII, o. xx, n. 41 ss.; 1. XXIV, e. vi, n. 11.
"
Mor.. 1. XXIV, e. vi, n. 11.
•2
Mar:, 1. X, o. x, n. 17.
"
In Esecìt., 1. II, Hom. II, n. 2 e 3.
'608 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Jiipotente, quando, in grazia dei
nostri desideri e degli
•sforzi della nostra
intelligenza, giungiamo a cono-
•scerlO, inaridisce in noi
ogni affetto sensuale; e se prima noi -camminavamo coi due piedi, cercando
Iddio
•e non rinunziando al secolo,
appena abbiamo compreso quanto Iddio è amabile, noi non abbiamo più
•che un piede valido, restando zoppo
l'altro; bisogna che l'amore del mondo s'indebolisca perché l'amor
•divino regni da solo nelle anime
nostre » £)i.
La contemplazione della suprema
verità, a cui lo Spirito Santo solleva per solito i perfetti 55, non
può prolungarsi molto, perché il corpo aggrava l'anima66. Allora
bisogna 'discendere alla contemplazione delle
•creature superiori 57,
e ritornare alle opere della vita attiva °8.
Cosicché in S. Gregorio si trova
un trattato molto completo della perfezione e della contemplazione.
• Egli parlò a lungo anche dei rapporti
detta vita
•contemplativa, figurata
da Rachele, e della vita at-. tiva, figurata da Lia 59.
« Quanto più un'anima, dice egli,
è favorita di sublimi contemplazioni, tanto più è ardente e zelante
nell'azione. Solo nei principianti e negl'imperfetti l'una può nuocere
all'altra. Nei perfetti questa 'lotta non esiste » 60. Conviene
unire queste due forme
•di vita, attiva e
contemplativa. Ma troppo sovente « la contemplazione è intralciata, quando
chi aspira ad essa si da senza misura ai lavori della vita attiva » 61.
Perciò egli deve guardarsi da un'eccessiva sollecitudine, per non essere
biasimato, come fu Marta la cui sollecitudine giungeva fino al turbamento 62.
•Non bisogna perdere di vista
Colui per il .quale lavoriamo. « Ecco perché il Maestro e il Giudice delle
opere nostre ci dice: una sola cosa ci è necessaria, perché Egli vuole
che il nostro spirito, an-
•zichè dissipare i suoi sforzi
sopra un gran numero
* In
Ezecfi.,1. II, Hom. II, n. 13. 1 Mar., 1.
Vili, e. xxx. i IWd. e Mar., 1. V, e. xxxil, ri.
57, 58. i Ini 'Resi., e. il, n. 16. 8 In
Bsech., 1. I, Hom. V, n. 12. ' In I Reg., o. il,
n. 10. " IM. :" IM., n. 11.
•"
In I Reg., 1. V, o. IV, n. 69.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 609
di oggetti, si raccolga nel
silenzio e nel riposo e allora si sollevi con tutte le sue forze, alla
contemplazione del Sommo Bene » 63. \
« II Salvatore passava i suoi
giorni nelle città, operando miracoli, e le notti sul monte occupato nella
preghiera... Con ciò Egli fa comprendere ai veri predicatori... ch'essi devono
attingere dalla contemplazione quello che riverseranno poi nell'anima dei loro
fratelli colla predicazione » st. È questa veramente la
dottrina conservata da S. Tommaso, ed è chiaro che qui si tratta della
contemplazione infusa, a cui lo Spirito Santo solleva l'anima fedele.
I frutti di questa
contemplazione, ordinariamente concessa ai perfetti, sono una profonda umiltà,
una gran fortezza nella prova per sventare le insidie del demonio, un perfetto
distacco e un'ardente carità, che anima tutte le altre virtù 65.
Questa dottrina mistica di S.
Gregorio Magno non è meno elevata e profonda di quello che sia chiara e
pratica; e si vede così .la ragione'per cui egli fu uno degli autori preferiti
nel Medio Evo, che con lui si fece un'altissima idea della contemplazione e
dell'unione con Dio. ,
Nel secolo vili, il venerabile S. bb'da, spiegando, in Lue. x, il detto di nostro
Signore: « Una sola cosa è necessaria », scrive : « Questa sola cosa necessaria
all'uomo è il rimaner sempre .unito a Dio... La teologia, cioè la
contemplazione di Dio, è dunque la grazia unica e insigne, che sia preferibile
a tutti i meriti, a tutte le virtù ». Infatti è l'esercizio eminente dell'amo r
di Dio.
Nel secolo xi, S. ' pibb damiani, che meritò •il titolo di
Oottor 'della Chiesa, nel suo trattato Della perfezione dei monaci, e.
Vili, insegna che la contemplazione è 'come 'la terra promessa a cui si
arriva dopo molte lotte : e fatiche : «Quando cessano
"
In I Reg., 1. V, o.'iv, n. 69 e in. Cantic., e. i, n. 8.
" In. Job, 1. V, o. xxvi; Mor., 1. VI, e. xxxvil, ri. 56.
Item in I Reg., 1. Ili, e. v, n. 30; 1. IV, o. v, n. 30.
"
Hom. Vili in Ezech., n. 17 ; e Mor., 1. VI, o. xxxvil, n.
5 ; in I Reg;
1.
II, e. i, n. i. — Ct. Dom A. menasse,
.La contemplation d'aprés sai/ut Orégoire le Grand (rie Spirititene,
die. 1923, p. 242-283).
69 — Perfezione'e Contemplazione.
610 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
tutte queste faccende e battaglie
che turbano, allora
10 spirito riceve ,la grazia
della contemplazione », ed è come la .messe dopo le fatiche che la prepararono.
« Giacobbe non faticò neppure un sol giorno coll'm-tenzione di ottenere Lia... Egli
la tollerò in vista di Kachele », figura della vita contemplativa. «Così
11 cristiano accetta 'la vita
laboriosa per ottenere un giorno la grazia della contemplazione e dell'unione
divina cui non cessa di sospirare »
(ibid.). — « Ohimè 1 noi ne vediamo molti, nella casa di La-bano,
che vivono in un così gran torpore e pigrizia spirituale che non desiderano
Eachele, pur così bella, e che non 's'abbandonano in conto alcuno alla vita
laboriosa di :Lia. Sono coloro che, pur abitando nei monasteri, non cercano,
'con una vita più ritirata e con costanti preghiere, di ottenere la grazia
della contemplazione e che 'non castigano il loro corpo colle fatiche e 'coi
digiuni... Essi non hanno in vista i frutti della vita attiva e contemplativa,
ma cercano solo di soddisfare ,i loro capricci e di seguire la loro propria
volontà » (ibid., e. x).
La dottrina spirituale negli Ordini antichi.
Per Ordini antichi noi intendiamo
quelli istituiti prima del secolo xm, i Benedettini, i Cistercensi, i Canonici
regolari come quelli di S. Vittore, i Certosini. ,
;..>'•
Quello che abbiamo detto della
dottrina di';S. Gre-gorio Magno, uno dei più gloriosi figli di S. Benedetto,
ci ;dà già l'idea della dottrina spirituale benedettina, e del posto che in
essa è dato alla contemplazione. Come dice Dom Delatte, quello che gli antichi
con S. bhnbohtto (Regola, e.
48) chiamavano lectio -divina, « non è ne la speculazione astratta e
fredda, ne la semplice curiosità umana, ne una lettura superficiale, ma è una
ricerca seria, profonda e perseverante .della verità stessa. È preghiera e
tenerezza. Si chiamava lectio ed è solo il primo gradino della serie
ascendente: lectio, cogitatio, stu-dium, meditatio, oratio, contemplatio ;
ma S. Benedetto sapeva 'bene che per un'anima leale e coraggiosa, tutti gli
altri gradini verrebbero a sovraggiungersi a questo... Il metodo d'orazione è
sem-
SINTESI
E CONFEEMAZIONE OT 1
plice e facile: dimenticar se
stesso e vivere nel raccoglimento abituale, tuffare assiduamente l'anima
propria nella bellezza stessa dei misteri, occuparsi premurosamente di tutti
gli aspetti dell'economia soprannaturale, secondo l'ispirazione di quello Spirito
di Dio, che solo può insegnarci a pregare. Per sedici secoli, i chierici, i
religiosi e i semplici fedeli non conobbero altro procedimento per comunicare
con Dio fuorché questa libera effusione dell'anima loro davanti a Lui, e questa
lectio divina che alimenta la preghiera, la suppone, e quasi si
confonde con essa » 66.
S. Tommaso, che ricevette la sua
prima formazione dai Benedettini, conservò questa gradazione .che culmina
nella contemplazione: lectio, cogitatio, studium, meditatio, oratio,
contemplano erì. I gradi superiori dell'umiltà enumerati da S.
Benedetto e quelli descritti più tardi da S. Anselmo (voler essere trat-' tato
come persona spregevole) suppongono quella contemplazione della grandezza di
Dio, che ci da una giusta idea della nostra miseria 6S.
Dora gvt.gves certosino
69 dice parimenti: « Tutti . i gradini della nostra scala
sono legati insieme e dipendono l'uno dall'altro. La lettura è il
fondamento, ci fornisce la materia e c'insegna a meditare. La meditazione
ricerca diligentemente ciò che bisogna desiderare, 'scava e mette alla luce il
tesoro bramato;
ma, incapace di afferrarlo, essa
ci eccita a pregare. La preghiera (oratio), rivolgendosi con tutte le
sue forze al Signore, domanda il desiderabile tesoro della contemplazione.
Finalmente la contemplazione viene a ricompensare la fatica delle sue tré
sorelle e ad inebriare della dolce rugiada celeste l'anima assetata di Dio...
Essa oltrepassa tutto il sentire e il sapere. È la scala dei beati » 70.
La contemplazione di cui si parla qui non è acquistata col nostro sforzo, ma
infusa: la meditazione è « incapace di afferrarla » ;
" Commentaire de la Bègle de saint Benott.
"
II-II, q. 180, a. 3. -
"
Ot. II-II, q. 161, a. 6.
"
Fu probabilmente 11 quinto priore della Gran Certosa; il manoscritto della
Certosa di Colonia, Scala claustralium, a lui attribuisce
quest'opuscolo, che per un pezzo fn attribuito a S. Bemardo.
" L'EcheWe du clottre, o. X. Item S. Bernardo, de Consideratìone,
612 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
si domanda colla preghiera; è una
ricompensa concessa da Dio e una dolce rugiada celeste, che oltrepassa tutto
il sentire e il sapere, « quae exsu-perat omnem sensum », secondo
l'espressione di San Paolo.
,
Nel secolo xii, S. bebnardo, nel suo Commento del
Cantico dei cantici, ci dice che il coronamento delta vita spirituale è
nell'unione mistica che s'ottiene colla contemplazione: « Cantare questo
cantico o ascoltarlo non è il privilegio di un'anima giovane, novizia o di
fresco uscita dal secolo; ma è la prerogativa di quella che già è invecchiata,
istruita e avanzata nella perfezione, talché di lei si può dire, che
col-l'aiuto di Dio ha raggiunta l'età perfetta, e che, se è lecita
l'espressione, è pervenuta all'età nubile, età considerata per rapporto ai
meriti e non rispetto agli anni dell'anima divenuta capace d'unirsi al celeste
Sposo » 71.
Il desiderio della
contemplazione infusa è espresso fin dal primo versetto del Cantico, come
avevano,.-notato S. Ambrogio e S. Gregorio: « Osculetur me. osculo oris sui
». '
I principianti baciano i piedi di
Cristo in segno di pentimento, i proficienti baciano la sua mano, solo ;
i perfetti ricevono il bacio
della contemplazione e. l'unione d'amore, di cui parla il Cantico 72.
S. Ber-nardo dice ai proficienti, parlando loro di questo favore che non hanno
ancor ricevuto : « Voi dovete crescere in fiducia di mano in mano che crescete
in grazia. Così amerete più ardentemente e domanderete con maggior sicurezza
quello che sentite mancarvi, Ora si apre a colui che picchia. Perciò questo
bacio superiore, d'un così gran pregio e d'una così ma-ravigliosa dolcezza, io
credo che Dio non lo rifiuterà a simili disposizioni » 7S.
Parimenfi, nel suo trattato de
Conversione, e. xn-xiv, S. Bernardo promette al peccatore convcrtito, se
lotta e persevera, il riposo dell'anima nella pace divina che Dio solo può
dare: « Allora si gustano con una santa avidità le delizie incomparabili del-
"
I Semi. In Cantic., n. 11, 12. '2 Sermo IV e
IX. " Sermo III, n. 5.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 613
l'amore, e, quind'innanzi liberata
dai bronchi e dalle spine che la laceravano, l'anima che la bontà. divina
inonda della sua unzione, in seno ad una buona coscienza gusta le dolcezze del
riposo... Allora è il centuple olle fin da questo mondo ottengono quelli
che hanno disprezzato il mondo. Non aspettate che i miei ragionamenti ve ne
facciano intendere tutto il pregio. È lo Spirito solo che lo rivela. Invano
voi sperate di conoscerlo dai libri; cercate piuttosto di provarlo... -È una
sapienza di cui non si conosce il valore... È una moneta nascosta; è
un nome ineffabile, che ogni uomo ignora, fuori di colui che lo riceve
;>. Tutti questi termini indicano che si tratta della contemplazione infusa
e non acquisita. Così quelli che seguono: « Non è lo studio, ma la grazia che
vi da questo lume... È il sacro tesoro, sono le perledel T'angelo...
È il mormorto d'una voce celeste, che insegna un divin segreto, nascosto ai
prudenti e ai sapienti, e svelato ai piccoli... Beati quelli che hanno fame e
sete della giustizia, perché saranno saziati... fratelli miei, vi è qualcuno
fra voi che desideri d'essere saziato . e di veder saziate le sue brame ? Cominci
ad aver fame e sete della giustizia, e sarà certo d'essere saziato... Cerchi
di assaporare, sia pure per un istante, il gusto della giustizia, affinchè con
db egli la desideri sempre più e meriti sempre meglio di ottenerla, secondo
quello che sta scritto : Chi mi mangia vorrà mangiarmi ancora, e chi mi beve
ancora avrà sete di me ».
L'umile e ardente desiderio
della contemplazione infusa e dell'unione mistica è mirabilmente descritto
nel Sermone IX, n. 1-3: « lo ho ricevuto oltre i, miei meriti, ma non
oltre i miei desideri. Deh! non chiamate « presunzione » l'ardore
del mio amore. È vero, il rispetto protesta, ma l'affetto ha il sopravvento...
Un amore ardente non si lascia ne moderare dai consigli, ne comprimere dal
rispetto, ne guidare dalla ragione. Domando, supplico, esigo che egli mi baci
con un bacio della sua bocca. Già, nel mio amore per Lui, mi sforzo di condurre
una vita pura e mortificata; mi applico alla lettura, resisto alle mie
passioni, mi' do all'orazione, sto in guardia contro le tentazioni,... Credo di
vivere in pace co' miei: fratelli... Sto sottomesso a' miei superiori....
614 PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Non invidio il bene altrui, do il
mio e do me stesso. Mangio il mio pane col sudore della mia fronte. Questi
doveri son diventati per me un'abitudine, non. vi cerco la mia soddisfazione...
Parecchi si lagnano di aridità, di durezza, di una specie di ottusità della
inente, che li rende incapaci di penetrare le cose di Dio... Che cosa fanno
allora se non sospirare il bacio ? Sì, essi chiedono, desiderano lo spirito
della sapienza e dell'intelletto : l'intelletto per giungere fino a Dio, la
sapienza per gustare quello che l'intelletto ha capito ».
Questi santi desideri, se sono
ardenti, sono esauditi, si dice nei Sermoni XXXII, 2, e XLIX, 3; ma sono
troppo rari gli « uomini di desiderio » che, come Daniele, sospirano la loro
liberazione e la visita di Dio. « La preghiera dei giusti penetra il cielo; se,
come un mendicante... riveli la tua indigenza co' tuoi frequenti gemiti, io ho
fiducia in Colui che disse: Domandate e riceverete. Se continui a picchiare,
non tè ne ritornerai a .mani vuote;... e quando sarai ritornato da noi,... il
fervore del tuo cuore non potrà tacere il favore di cui sarai stato colmato » 7'1.
« Ogni anima, anche carica di
peccati, anche presa nelle reti del vizio, sprofondata nel fango,... può
rientrare in sé, e non solo respirare nella speranza del perdono e della
misericordia, ma anche aspirare alle nozze del Verbo, contrarre, senza timore,
con Dio, un parentado intimo e portare il giogo soave del Rè degli angeli. Che
cosa non ha ella diritto di osare presso Colui del quale ella porta l'immagine,
e la cui rassomiglianza la illustra? Può paventare, la maestà ella a cui la sua
origine divina deve ispirare piena confidenza? » 75.
«Non temo, dice ella, ma amo, e
questa disposi- -, zione non sarebbe in me, s'io non fossi amata... Io non
posso dubitare di non essere amata d'un affetto più grande del mio. Non
pavento il volto di Colui di cui ho sentito l'amore. E. in che cosa lo temerei
io? Egli mi cercò nello stato in cui ero. Mi toccò. Mi diede la sicurezza
d'essere cercata, e come non rispondere alle sue ricerche, poiché io rispondo
al
'* Sermo
XLIX, 3. " Sermo LXXXIII, 1, 2.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 616
suo affetto? S'irriterebbe Egli, quando cerco Lui che, disprezzato da me, finse di non accorgersene? » 76.
Per S. Bernardo, questa
contemplazione infusa è generalmente concessa alle anime distaccate dalla loro
volontà propria e con.tinuamen.te occupate nelle cose di Dio. Essa segue
normalmente due altre considerazioni ch'egli chiama « dispensativa » ed i
estimativa ». «La prima (che parte dai sensi), se non ha di mira questa,
semina molto, ma non raccoglie nulla; la seconda (che è la meditazione), se
non ha per meta questa terza, cammina senza mai arrivare. Così i cibi che
la prima appresta, che la seconda assaggia, è la terza che li gusta... » 77.
Questa terza considerazione, detta speculativa (o contemplativa), è infusa,
perché, dice S. Bernardo a quelli che gli domandano di spiegare in che essa
consista:
« Voi mi credete capace di
spiegare quello che l'occhio non vide, quello che l'orecchio non udì, quello
che il cuor non potè comprendere !... Quello che è al disopra di noi non ci è
insegnato dalla parola, ma ci è rivelato dallo Spirito. Quello che il linguaggio
non potrebbe spiegare, bisogna che lo cerchi la considerazione, che lo chieda
la preghiera, che lo meritino le opere, che l'ottenga la purezza...'» 78.
L'apostolo specialmente deve
dare alle anime della pienezza della -sua contemplazione, altrimenti, dice
S. Bernardo, « egli è un semplice canale e non un serbatoio 11 ; egli
deve arrivare alla ricchezza spirituale, senza la quale non può fare che magre
limosino. Ed è appunto la contemplazione che da lo zelo infocato della salute
delle anime 79. È veramente quello che dirà S. Tommaso: la
predicazione della parola di Dio deve derivare l'ex plenitudine
contemplatio-nis » (II-II, q. 188, a. 6).
Ma questo suppone la penitenza,
la preghiera dei principianti e dei proficienti, le buone opere, l'imitazione
di Gesù Cristo alla scuola della S. Vergine 80. Bisogna rinunziare
al sensibile, non lasciarsi dominare dalle immagini corporali 81, ma
farsi di
Sermo LXXXIV. ,
De
Consideratione-, 1. V, e. il; item
in et xiv.
Ibid., e. in. i
SermoLVII, 9. /
Ihid.
Sermo XVIII, 5, 6.
616 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
esse sgabello per sollevarsi alle
cose invisibili 8a, e per mezzo dell'umanità di Cristo venire alla
.contemplazione della sua divinità 83.
S. Bernardo descrisse spesso
l'unione, con Dio, che risulta dalla contemplazione infusa 8t,. e le
alternative di 'presema e di assenza del 'Verbo, Sposo dell'anima 80.
Notò anch'egli quello che S. Giovanni della Croce chiamerà più tardi notti dei
sensi e dello spirito; egli osserva che il contemplativo riceve a volte dei
grandi lumi circa la formidabile giustizia di Dio e che ne trema di spavento 86.
Poi la calma ,di Dio si comunica all'anima che riposa in Lui.
Lo stesso S. Giovanni della Croce
87 ci dice ch'egli prende dalle parole di S. Bernardo sul Cantico e
da un opuscolo attribuito a S. Tommaso 88 la descrizione dei dieci
gradi dell'amar divino: 1° l'amore che fa languire, 2o quello che spinge ad
una ricerca incessante di Dio, 3° ' ad un continuo lavoro per lui, 4° quello
che sopporta infaticabilmente tutte le prove,:
in unione con Cristo, 5° quello
che da una vera ;' sete di Dio, 60 che ci fa correre rapidamente verso ;
di Lui, 7° che ci da sante
arditezze e un'audacia |y intrepida, 8° quello che ci attacca inseparabilmente;
a Dio, 9° che ci brucia e ci
consuma d'un ardore :.;, dolcissimo per Lui, 10° finalmente quello del cielo, ,
che ci assimila totalmente a Lui 89. ,;
È il commento del precetto
dell'amore tal quale,. è formulato in S. Luca, x, 27: «Amerai il Signore^.
Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua,? con tutte le tue forze
e con tutta la tua mente » ; ', « con tutto il tuo cuore » :
carità affettiva del 1° e. del 2° grado; «con tutta l'anima tua-»,
principio;.;
delle tue attività :'carità
effettiva del terzo grado;' « con tutte le tue forze », nella prova da
sopportare;'
"
Sermo LII, 5.
83 De Oonsicleratioiie, ]. V, o. il. — Sermo XX, 6-8.
" Sermo Vili, 6; XLIX, 24; LXXI, 6-10.
85 Sermo XXII, 2; XXIII, 16; XXXI; LXXIV.
" Sermo LXXI, 12-14, e Sermo XXIII, 16.
87 Notte oscura, 1. II, o. xvin-xx.
88 Opuscolo 61.
8" « Amor tacit; 1° languore iitiUter, 2° quaerere
Denm incessanter, 3° operari indesinenter, 4° sustinere infatigablliter, 50
appetere impa-tienter, 6° ourrere velociter, 7° anderò vehementer, 8° stringere
ina-missib.iliter, 9° ardere suaviter, 10° assimilarl totaliter. »
SINTESI
E CONFERMAZIONE 617
infaticabilmente: quarto grado; «
con tutta la tua mente'», quando sarai arrivato a vivere della vita
dello spirito, parte più elevata dell'anima,, quando sarai veramente « un adoratore
in spirito e verità » :
gradi superiori, quelli della
vita unitiva.
Dal commento che S. Giovanni
della Croce 90 da di questi dieci gradi dell'amore, si può vedere
che il primo grado (l'amore che fa languire) corrisponde alla notte
passiva dei sensi «comune ai principianti» 91, e che il quarto (l'amore
che sopporta infaticabilmente tutte le prove) corrisponde alla notte
dello spirito, che, secondo S. Giovanni della Croce 9S^
precede l'entrata nella via unitiva considerata nella sua perfezione.
In S. Bernardo adunque trovasi
veramente l'alto concetto delle vie illuminativa e unitiva, dato dai Padri, e
conservato più tardi da S. Giovanni della Croce; tutti infatti considerano
queste vie non in uno stato monco, ma nella loro pienezza normale; cf. p. 163-184.
* * »
È la medesima dottrina che
troviamo, nella me-7 desima epoca, tra i canonici regolari, in ugo d.i S. vittore, chiamato novello Agostino. È lui che paragona la purificazione
passiva dell'anima mediante la grazia divina alla trasformazione che
subisce il legno verde attaccato dal fuoco: « L'umidità si consuma, il
fumo diminuisce, la fiamma vittoriosa si mostra,... finalmente essa comunica al
legno la sua propria natura. Così dapprima le passioni del cuore resistono, dal
che nascono molte pene e turbamenti, onde bisogna che questo denso fumo si
dissipi. A poco a poco l'anima si fortifica, l'amore cresce e diventa più
ardente, la sua fiamma è più brillante, i turbamenti spariscono, lo spirito
comincia a entrare nella 'contemplazione della verità. Finalmente sotto
" Notte oscura, 1.
II, o. xvm-xx.
"
IM., 1. I, o. vili.
12 lìnd. «La
notte dello spirito è il privilegio di quelli ohe sono già esercitati e
avanzati. » Notte, I. II, e. ix : « La notte oscura dello spirito
dispone all'unione divina >. — Vedasi anche Viva Fiamma, e nel Cantico
spirituale ciò che prepara alla via unitiva.
618 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
l'influsso di questa
contemplazione che continua, l'anima umana diventa tutta piena d'amore, la
fiamma della carità l'ha penetrata tutta quanta... Cosicché, in mezzo ai
pericoli che vengono dalle tentazioni, bisogna prima di tutto ricorrere ai
ragionamenti; è la meditazione, in cui la fiamma è come avvolta nel fumo.
Più tardi si comincia a entrare nella contemplazione della verità, ed è
la fiamma che si sprigiona e diventa luminosa. Finalmente la verità
è trovata, l'amore ha raggiunto la perfezione; l'anima distaccata da se
stessa non cerca più altro che Dio. Egli è per lei tutto in tutte le cose; ella
riposa nel suo amore e vi trova la gioia e la pace » (In Eccl. Hom. I).
La contemplazione e l'unione che
ne risulta sono .dunque per Ugo di S. Vittore la sommità normale della vita
spirituale. E la contemplazione di cui egli parla non è acquisita, ma infusa:
« Essa, dice egli, è proprietà dei perfetti, e non bastano lo
studio e le riflessioni, ci vuole inoltre la santità della vita » 93.
« La grazia della contemplazione non solo purifica da ogni attacco
mondano, ma ancora santifica e accende dell'amore dei beni celesti. Colui
che, in grazia delle ispirazioni e dei lumi dello Spirito Santo, fu sollevato
fino alla contemplazione, costui riceve un pegno della felicità eterna » 9i.
Ma per questo bisogna astenersi dai pensieri inutili, serbare la solitudine
del cuore, evitare di agitarsi e di espandersi sopra ogni sorta di oggetti 95.
« Nulla è più gradevole, nulla è più utile della grazia della contemplazione
» 96. « Noi dobbiamo applicarci alla lettura, alla meditazione,
alla preghiera e alle opere... La preghiera cerca, la contemplazione trova;,
ecco come quelli che si elevano per questi gradi successivi raggiungono la
perfezione, e coloro che non li ; salgono' non possono essere perfetti» 97. ,
• .
eiccabdo,
priore della badia di S. Vittore, a';
Parigi, è discepolo di Ugo; S.
Tommaso lo cita spesso,,;
' Hom. I in Eccl. 4 'De, Anima, 1. Ili, e. xux.
• lUd.
'
IWd. . -
7 Erudii, didasc., 1. ,V, e. ix.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 619
come un maestro nelle questioni
della Somma teologica relative alla contemplazione ; infatti è una
grande autorità in mistica, perché egli contribuì assai a dare la sua forma
scientifica a questo ramo della teologia.
Eiccardo, trattando della
distruzione del male e dell'avanzamento nel 'bene, insegna prima a disprezzare
il mondo e a disprezzare se stesso, per portare le anime all'amor di Dio. La
perfezione di questo amore non si può avere senza la grazia della contemplazione,
che biso'gna desiderare come la terra promessa a8.
Nel libro II Piccolo
Beniamino, egli tratta detta preparazione dell'anima alla
contemplazione, di cui Beniamino è la figura. Questa preparazione consiste
nella mortificazione del corpo, dei sensi, degli sbalzi dell'immaginazione,
nella pratica delle virtù, segnatamente della prudenza o discrezione, nel
conoscimento di se stesso. E a poco a poco nasce il vivo desiderio della
contemplazione. Trattasi veramente della contemplazione infusa e non
acquisita, perché si dice (Beniamino minore, e. 73) ch'essa non si
ottiene colla nostra propria industria, col nostro sforzo, ma che è un dono
gratuito di Dio.
Finalmente nel Gran Beniamino
ossia della Contemplazione, Biccardo tratta a lungo di questa grazia
eminente. Nulla purifica come la contemplazione da ogni affetto mondano, nulla
infiamma altrettanto del-l'amor di Dio (Beniamino maggiore, e. 1). Egli
oppone spesso il lavoro faticoso della meditazione al libero volo della
contemplazione, atto dell'intelligenza pura, superiore ai sensi e al
ragionamento, atto che abbraccia con uno sguardo una moltitudine di oggetti e
resta sospeso in una muta ammirazione (ibid., e. 3). Quest'ammirazione
sospensiva, sovente così dolce, è propria della contemplazione (e. 4). Kiccardo
ne distingue sei modi (e. 6): il primo ammira la bellezza delle cose sensibili
e la munificenza del Creatore; il secondo ammira il loro ordine, la loro
finalità; il terzo mediante le cose sensibili si solleva all'ammirazione delle
cose invisibili; il quarto, che sorpassa totalmente l'immagina-
"
<Prius oporfcet promisstonis terram tenere per desiderlum quam per
intelleotum. » Traci. II, o. v e xi.
^20 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
zione, si .solleva da ciò che vi
è in noi di spirituale agli. .spiriti puri; il quinto riguarda le perfezioni divine
che la ragione può raggiungere ma non comprendere pienamente; finalmente il
sesto ha per oggetto il mistero soprannaturale, inaccessibile alla ragione,
della vita intima di Dio e della Trinità delle Per-. sone divine ".
Riccardo aggiunge (e. 10) : Tali sono le sei ali che ci sollevano al disopra
della terra;
non credere di essere perfetto se
l'una o l'altra ti manca.
Nei libri seguenti, egli parla a
lungo della visita del Signore che i veri spirituali desiderano; bisogna
essere sempre pronti, egli dice, a ricevere questa grazia e non far aspettare
il Signore quando si presenta. Disgraziatamente son pochi quelli che vi si
dispongono, anche fra i religiosi, a cagione della loro negligenza o d'un
desiderio di scienza più umano che santo (1. IV, e. 14). Non lasciamo passare
un'ora senza desiderar vivamente la grazia della contemplazione divina (e.
16). Ora essa vien data dopo una preparazione, ora improvvisamente (e. 23). A
volte è accompagnata da estasi (1. V, e. 2), o anche dal dono della profezia, e
allora è un favore straordinario (1. V, e. 4).
.Questa dottrina sul carattere
normale benché eminente della contemplazione infusa è dunque classica in tutti
gli ordini antichi. La troviamo nell'iMiTAzioNB di gesù cristo, 1. Ili,; e. 25, la pace del cuore;
e. 31, in cui si dice: « Si trovano pochi contemplativi, perché pochi sanno separarsi interamente dalle creature caduche. Per questo ci vuole una grazia speciale che sollevi l'anima sopra se stessa ». Abbiamo citato a lungo questi capitoli sopra, a pag. Ì 7 0-172. Vedasi ancora Imitazione, 1. I, 11, 2; 15, 10; 18;
21, 4; — 1. II, 1, 8; 8, 5; 9, 7; — 1. III, 41, 2;
58, 5.
euysbroeok
l'ammirabile non cessò di sviluppare e di cantare la medesima dottrina,
in tutte le
••
8. Tommaso, In II-II, q. 180, a. i, 3 oblez., cita e spiega questo passo
di Riccardo tratto dal suo de Conteìmpicctione, o. vi.
SINTESI
E CONTEEMAZICWE
621
sue opere, come dimostrano i
Benedettini di S. Paolo di Wisques, nelle dotte. introduzioni della loro nuova
traduzione. Bisogna leggere specialmente le pagine sublimi che questo gran
contemplativo scrisse sopra il dono della sapienza 100, e sopra la
vita d'unione a Dio.
dtonigi
ceetosim-o non parla diversamente, come abbiamo dimostrato, riferendo a
p. 330-341 la sua descrizione del terzo grado dei doni della pietà, dell'intelletto
e della sapienza, grado d'ordine mistico che corrisponde alla carità dei
perfetti.
gebsonb
conservò il medesimo insegnamento nella sua Teologia mistica (Consider.
21, 26, 27, 29, 30), e in quel medesimo tempo S. lorenzo
giustinian'i, nell'Acero della vita, e. vii e x, mostra altresì
che l'anima inferiore deve tendere alla contemplazione infusa come al vero
mezzo d'essere uniti a Dio; « ella deve desiderarla ardentemente fino a .che i
suoi voti siano soddisfatti... perché la contemplazione è il fine, il termine
dell'orazione ». "
Tutto quest'insegnamento si
compendia in questa pagina del blosio: «
Colui che persevera ottiene ordinariamente l'unione mistica: se tu
pratichi, fedelmente ogni giorno questo santo esercizio (dell'orazione); se,
con trattenimenti interiori, se, con desideri pieni d'amore, ti sforzi
incessantemente di ' unirti a Dio; se perseveri costantemente
nell'abne-.gazione di tè stesso, e nella mortificazione dei sensi, e se ne le
tue cadute reiterate, ne le innumerevoli distrazioni dell'anima tua, ti fanno
rinunziare al tuo disegno, tu arriverai infallibilmente alla perfezione,
all'unione mistica con Dio, se non durante la tua vita, almeno nel momento
della tua morte » 101. Ciò è cosa ordinaria, come dice il titolo del
capitolo;
ma siccome quello che è ordinario
non si verifica in ciascun caso particolare, il Blosio aggiunge: « E se anche
allora tu ne fossi privato, vi giungerai cer-
""
Ct. (Buvres de Ruysbroeck l'Admirable, tradotto dal fiammingo dai
Benedettini di S. Paolo di Wisqnes, Bruxelles, 1917, t. III. L'omement. dea
noces s-pirituelles, 1. II, e. m, IV, lii,
isss., lxx, lxxi, lxxiii;
1.
Ili, o. i a vi.
u1 InstU'utio
s'piritualis, e. •ss, § .1. —
Vedasi più sopra p. 505, ciò ohe il Blosio dice del fondo dell'anima.
622 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
tamente dopo la tua morte: perché
nell'eternità godrai la stessa perfezione in un grado più o meno elevato quanto
più o meno ardentemente l'avrai ricercata sopra la terra... Coraggio! adunque:
domanda con perseveranza; ricorda le parole di G-esù Cristo: Chiunque domanda,
riceve. Chi cerca, trova, e sarà aperto a chi picchia ».
La medesima tradizione sempre
viva sussiste nell'opera inglese del venerabile P. bakek, O.S. B., intitolata Saneta Sophia, nelle opere
del Card. bona (cf. opusc. Uanuductio
ad coelum, e. xix), e tra le opere recenti in quelle di dom louismet, O. S. B., che abbiamo
citate sopra, p. 467, 508 s., nel libro molto sostanzioso Le Christ
vie de l'ame di dom mar-mion, 7a
ediz. 1919, p. 503, negli articoli di parecchi Benedettini comparsi nella ~Vie
Spirituelle dal ,1919. Segnatamente dom
huybhn, nel suo articolo La tradition mystique au moyen-àge 102,
raccolse a questo proposito dei testi quanto mai significativi di S. Ildegarda,
di S. Elisabetta di Schónau, di S. Gel-trude, della B. Angela da Foligno, di S.
Brigida, di S. Caterina da Siena, del B. Euysbroeck, di Gio-' vanni di
Scoonhoven, di Dionigi Certosino. Nello studio precedente del medesimo autore 103
si dimostra-che questa medesima dottrina del carattere normale, benché
eminente, della vita mistica, è ammesso da S. Bernardo, dal Taulero, dal Blosio
e che nessuno la contradice nel Medio Evo; è la dottrina comune. Essa è restata
in modo particolare assai viva nel secolo xix nelle opere di Dom Guéranger e
de' suoi figli "i. ,
La dottrina spirituale domenicana.
Sarebbe facile dimostrare con
numerose citazioni che la tradizione di cui abbiamo ora parlato circa il
carattere normale, benché eminente, dèlia contem-
102 Vie Spirittielle, gennaio 1922, p. 312 ss.
"'
IWd., p. 298-311.
"*
Vedasi anche 11 bei libro 'La fie spirititene et VOraison d'après la sainte EcrUure
et la tradition 'monastigue, par Madame Cécile Bruyère, Abbesse de
SaInte-Cécile de Solesmes; (u testé ristampato.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 623
plazione infusa, sussistette
sempre nella dottrina spirituale domenicana. Il P. Arintero, O. P., fece
questo lavoro al quale siamo lieti di rimandare 105.
Il pensiero di S. domenico si compendia in queste parole
ch'egli pronunziò quando un ecclesiastico, rapito dalla sua scienza, gli
chiese in quali libri avesse egli studiato: « Figlio mio, rispose il santo, ho
studiato soprattutto nel libro della carità, perché è quello che insegna tutto
». Questo studio non è altro che la contemplazione dell'amor di Dio per noi, e
Domenico dimostrava con tutta la sua vita che quanto più le anime si mortificano
e accettano di portare la croce di Gesù, tanto più Dio le visita col suo
Spirito, e loro da una santa gioia. Egli stesso, come si racconta, « non
parlava che di Dio o con Dio ».
Il suo successore, B. giordano di sassonia, consigliava
spesso la perseveranza nell'orazione, unita allo studio della S. Scrittura; e,
come riferisce il breviario, diceva che bisogna seguire docilmente l'ispirazione
della grazia per trovare i frutti abbondanti dell'orazione. L'opera De Vitis
Fratrum, 3, 12, insiste altresì su questo punto. Il B. umberto di eomans, Maestro generale,
nella sua lettera sui tré voti e nella sua spiegazione della Eegola di S. Agostino,
là dov'egli tratta della Preghiera (e. 51) dice ai religiosi che, per la morte
al mondo e a sé stessi, il loro cuore deve aprirsi ognora più alle
illumina-zioni dello Spirito Santo, e diventare come uno specchio purissimo da
cui si rifletta l'immagine di Dio,... che deve vivamente desiderare i beni
eterni, essere ferito d'amore, ed elevato per la contemplazione (« amore
vulneratum,... contemplatione eleva-tum »), affinchè essi alla lor volta
possano veramente illuminare le anime e far loro conoscere la vita divina.
Sant'ALBERTO magno conserva la dottrina di Dionigi,
commentando la sua Teologia mistica 106, e nelle sue opere
originali, come il Compendium theol.
1<" J. G. abintebo,
Unidad de la via y homogeneidad de la vida espi' ritual en la tradwwn
dominicana, 1917, 50 p., estratto dalla Cieneia fomista,
novembre-dicembre 1916, numero speciale per 11 centenario della fondazione
dell'Ordine dei Prati Predicatori.
"' Cf. supra, p. 356.
624 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
verit., 1. 6, c. 56.
Vedasi anche il Paradisus animae, e. 33, che gli fu attribuito. — Fino a
questi ultimi anni fu creduto ch'egli fosse l'autore del bellissimo trattato De
adhaerendo Deo, phe esprime maravi-gliosamente la grande dottrina
tradizionale di cui parliamo, cf. e. 3-7 e 13; ivi si dimostra che la
perfezione cristiana è la vita eterna cominciata, mediante la divina
contemplazione e l'unione a Dio che ne risulta: « istorum (aeternorum) perfecta
inchoatio est perfectio in hac vita», e. 3.
Abbiamo esposto sufficientemente
la dottrina di S, tommaso, di
modo che non vi è bisogno di ritornarci f3U.
L'influsso di S. Tommaso, come
dimostrò il P. De-nifle, si trova sotto quest'aspetto nell'opera del domenicano
maestro eckabt, benché vi si
scorga pure quello meno felice dei neoplatonici per via di Dionigi e quello
d'Avicenna 1OT. L'Eckart ritiene che la contemplazione è veramente
nella via normale della santità, ma quando egli viene a parlare dell'essere
delle creature e della nostra unione con Dio, ha delle espressioni oscure,
esagerate, male sonanti ed anche false, che a buon diritto furono censurate dal
Papa Giovanni XXII. L'Eckart si ritrattò umilmente 108; e parecchi
critici oggi convengono, con il Sig. Vernet 109, che il fondo della
sua dottrina è ortodosso. Come dice Saverio di Hornstein 110, «
l'Ec-kart fu anzitutto un mistico. È possibile essere un grande e potente mistico,
pur essendo un filosofo e un teologo ordinario. Tuttavia l'Eckart per la sua
cultura era un uomo eminente tra i suoi contemporanei; ma, non bisogna
dimenticarlo, egli viveva in un'età di decadenza filosofica e teologica ».
Questa decadenza del secolo xiv sussiste sotto un'altra forma nel secolo xv in
Gersone, che, come Ockam, sosteneva che « nulla è male in sé », neppure
l'assassinio,'"
.
"' Vedasi su questo punto l'opera recente di xavibb de HoBti-stbin,
Les grands mysUg.ues allemands du S.IV siede, JSckart, Tauler, Suso,
1922. L'autore valendosi del lavóri del PP; Donine, Mandonaet, Martin, corregge
giudizi erronei di H. Delacrolx, di Pieifler, di Pahncke, di Vetter. ,
'"
Cf. X. DE hornstbim, OP. CVt.
•••'••
M Dictionnaire de
théologie cafholigue, art. EcKart,
col. 2073. 11» Op. cit., p. 149.
;
SINTESI E CONFERMAZIONE
625
che non sarebbe un delitto se Dio
non l'avesse proibito- "1.
Anche il taulbbo in tutta la sua dottrina dimostra che la
contemplazione mistica e l'unione con Dio che ne risulta sono nella via normale
della santità.
Ne' suoi .Sermoni,
dimostra costantemente che il pieno sviluppo della vita della grazia quaggiù
non. si trova se non nell'unione mistica che si fa in fondo all'anima, ed a cui
ogni cristiano deve aspirare, come al preludio della vita del cielo. Cf. i tré
sermoni sulla Natività, quello della 13- dom. dopo .Natale,
i 3 sull'Epifania, quelli della la e della 4a dom. dopo l'Ottava dell'Epifania,
del lunedì di Pasqua, della 9a e della 2Qa doni. dopo la Trinità, eco. Lo
Spirito Santo fa il vuoto in noi, dice il Taulero, e poi lo colma aumentando
sempre in tal modo la nostra capacità di ricevere (Serm. 2 di Pentecoste).
Dopo aver affermato questo
principio generale sotto-tutte le sue forme e invitate le anime ad aspirare a
questa perfezione, pare alle volte che faccia delle riserve. Nel 2° sermone
della 20a dom. dopo la Trinità, dice: « Dio chiama alcuni alla contemplazione
intima; altri ne chiama all'azione; e finalmente ne chiama un piccolo numero
all'ineffabile riposo interiore, al tranquillo silenzio, per aderire alla divina
oscurità nell'unità dello spirito ». Ma quest'ultima frase riguarda
certamente, non la chiamata •remota alla vita unitiva, che è generale
secondo i principii del Taulero, ma la chiamata prossima. La prova è
ch'egli aggiunge immediatamente: « Ma i più non riflettono alla loro vocazione,
d'onde segue che quando Dio li chiama alle cose esteriori, allora essi si
raccolgono, e quando egli li vorrebbe raccolti, allora essi si espandono al
difuori ». Queste ultime righe parlano d'una chiamata prossima mediante una
grazia attuale sufficiente. Nelle pagine seguenti, il Taulero ritorna al suo
principio: « Immergiamoci adunque ad un tratto, e dal più intimo dell'anima nostra,
in questo vero fondo di Dio... E se non possiamo, in un subito, raggiungere
questa nudità dello spirito,... andiamoci dolcemente, metodicamente per la via
della contemplazione inferiore e delle operazioni intime». È la medesima
dottrina di quella che
111 Oersoriii Opera, t. I, col. 147. Ct. p. 537, nota. 40 — Perfezione e Contemplazione.
626 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
troviamo più tardi nel Blosio,
difensore del .Taulero, e in S. Giovanni della Croce. ."
Abbiamo citato sopra, p. 345
nota, 436-438, altri testi del Taulero, che sarebbe facile moltipllcare "^
Si potrebbero citare a lungo le Istituzioni, in cui alcuni discepoli
del maestro riunirono l'essenziale dellS dottrina contenuta nei Sermoni lls.
.
Il Taulero ha pure notato i
tré segni che distinguono la chiamata prossima alla contemplazione infusa,
e sono quelli che spiegherà S. Giovanni della Croce lu. Il grande
mistico spagnuolo, che più tardi parlerà tanto della fede nuda spoglia
di consolazioni e di soavità sensibili, sembra veramente essersi anche in ciò
ispirato al Taulero, che, a quanto pare, usò per il primo questi termini, e che
dimostrò così bene-quale contemplazione soprannaturale e quale unione divina,
si trovino in questa fede nuda 115.
"'
Ct. Sermons de Tauler, la finale del 38° dell'edizione tedesca Vetter,
1910, p. 154, 6, in cai sì dice che i noi slamo tutti chiamati ad ima misura
riboccante. " Certo egli dice che non ogni uomo è obbligato ad
abbandonar tutto (i consigli evangelici restano distinti dai precetti),
ma, secondo lui, come secondo S. Tommaso, II-II, q. 181, a. 3, ogni uomo deve
avere rinunziato a tutto in un grado qualunque, ed ognuno» secondo la sua
condizione, deve tendere alla perfezione della carità e all'unione
divina. Ciascuno preghi In questo senso, e se persevera sarà, esaudito. Vedasi
anche il sermone 62.
111 Ct. Institutiones, e. v, vi, vii. In
quest'ultimo passo, si dice ch& «l'anima, lasciando ogni occupazione
esterna inutile, mediante l'abnegazione della volontà propria e la vera umiltà
troverà una certa quiete ed esperienza soprannaturale delle cose
divine, che conduce alla piena perfezione, in cui si ha una veduta
soprannaturale di tutte le cose,, mentre, se il giudizio 'proprio e la
volontà propria n-on sono abbastanza •mortificati, l'uomo conserva sempre una
grossolanità naturale e non merita d'essereilluminato e purificato nel fuoco
dello Spirito Santo ». Item e. xxv:
«
La principal causa per cui così pochi arrivano a questo stato così desiderabile,
è perché essi non perseverano nel chiedere questa grasia e perche hanno poca
cura di estirpare i difetti e i vizi per giungere alla purezza del cuore e
all'unione con. Dio. A quest'unione amante sono tuttavia ordinati come al loro
fine tutti gli esercizi di pietà, come la meditazione,. le preghiere vocali,
così come i digiuni e le veglie ». Item e. xxvin sillle ispirazioni
dello Spirito Santo. . .
. .
111 Of. Institutions, e. xxxv, citato a lungo dal
Saudreau, Uwionà Dieu, III ediz., p. 218.
116 CI. Institutions, e. vili: «Nessuna vera
perfezione consiste nelle-rivelazioni e nelle consolazioni... Le consolazioni
sensibili. sono la parte dei principianti e dei deboli ; ma a poco a poco
questi si avanzano e diventano più virtuosi e più termi; allora si trovano spogli
Si consola-
•\ •
SINTESI
E CONfEKMAZIONE 627
II Taulero non fu certamente
quietista; può dir quel che vuole il Preger, ma non da lui attinse Luterò la
sua dottrina contro le buone opere, ne quella della giustificazione mediante
la sola fede. Egli conosceva benissimo S. Tommaso e spesso lo segue, ma certe
idee dell'Eckart, sul fondo dell'anima, lo impressionarono molto.
Nell'affermazione di queste idee, egli fu più prudente del suo Maestro, ed ebbe
coscienza del pericolo che lo minacciava, quindi insistette vivamente , sulla
distinzione fra Dio e la creatura, per evitare ogni confusione pantelstica 116.
L'opera sua conserva una grande originalità, e vi si sente costantemente la
fiamma apostolica; lo studio recente del Sig. Horn-stein lo mette bene in
rilievo e conferma i giudizi del Blosio e di Bossuet sull'ortodossia del'
grande domenicano.
« Mentre maestro Eckart,' dice
quest'autore 117, affrontò la mistica dal lato dell'intelligenza, e
il Taulero dal lato della volontà, il susone
l'affrontò dal lato del cuore... Del Susone si può dire che è un
discepolo di S. Tommaso, e si può collocare fra i tornisti... benché egli abbia
più d'una volta sacrificato alle dottrine neo-platoniche » 118. Egli
non voleva punto difendere le espressioni infelici dell'Ec-kart, ma sì la sua
persona e le sue intenzioni. Anche nel B. Enrico invano si cercherebbe di
rilevare tracce di quietismo. Vediamo brevemente quello ch'egli dice della
questione che abbiamo per le mani.
Nel secolo xiv e nel xv, il suo Libro
della Sapienza ,
sismi, e non hanno altro mezzo di salute ohe attaccarsi
fortemente ad una fede tutta semplice e tutta nuda. È vero, il Signore in
quel tempo non comunica loro alcun lume particolare, ma i allora ch'essi lo
posseggono più abbondantemente. Ed è per questo che coloro i quali si studiano
di mortificare e di spezzare coraggiosamente la loro volontà» propria, tanto
nella prosperità come nell'avversità, mediante una, rassegnazione vera e
sincera giungono con una fede sémplice, assai Più presto degli altri, al colmo
della perfezione. » Questa fede nuda, detta così perché spoglia delle
soavità sensibili, è unita al dono dell'intelletto o anche a quello della
sapienza, come la Fede di cui parlerà S. Giovanni della Croce. Nei Sermoni del
Taulero si troverebbero parecchie pagine simili al capitolo 8 delle Institutions.
118 Gì. XAVlEK DB hornstein. Op. CÌt., P. 214.
"'
Ibid., p. 288. "• IWd.
62S PERFEZIONE CRISTIANA E .CONTEMPLAZIONE
Eterna era l'opera
spirituale più letta in Germania119. Ivi egli domanda a Dio di
.fargli conoscere la vera via della perfezione, ed ecco la risposta dell'Eterna
Sapienza: « La dottrina più vera, più utile, più breve che tu possa trovare
nella Scrittura e che con poche parole e con ogni verità t'insegnerà la
perfezione d'una vita pura è questa: Tienti separato dagli uomini, conservati
puro da ogni immaginazione, sciogliti da tutto ciò che passa e da tutto ciò
che potrebbe attaccarti, inquietarti delle preoccupazioni del mondo, e
in ogni tempo dirigi la tua mente verso una segreta contemplazione di Dio,
tenendomi tutti i giorni davanti agli occhi come una mira da cui il tuo occhio
non deve staccarsi. Per quello che riguarda le altre pratiche, come la
povertà, i digiuni, le veglie ed ogni altra mortificazione, dirigile a
questa meta come al loro fine, e non ne abbracciar molte se non in quanto
che molte ti possano condurre alla meta. Così tu perverrai alla suprema
perfezione, a cui non arriva un uomo fra migliala, perché essi ripongono il
loro fine in altre pratiche e così vanno alla ventura per anni... Ti dico
questo affinchè tu sappia ove devi arrivare, a che cosa devi tendere e ove
devi dirigere il tuo cuore. Se tu sei distrattò da questa contemplazione,
deve sembrarti che ti sia tolta la beatitudine eterna, e ti è necessario
ritornarci subito a fine di ricuperare quello che hai perduto » 120-.
Infatti, « la vera perfezione
consiste nell'unione delle potenze più elevate dell'anima con Colui che è
il principio di ogni essere, per mezzo d'i un'alta contemplazione, alla
quale l'uomo s'abbandona con un ardente amore e nel supremo godimento del sommo
Bene, per quanto è ciò possibile alla debolezza del nostro corpo reso
pesante... Quando l'uomo si è conformato all'immagine di Gesù Cristo, viene
trasformato dallo Spirito di Dio... di chiarezza in chiarezza... Perché
quanto più spesso noi lo contempleremo con occhi pieni di desideri, e quanto
più conformeremo la nostra vita alla sua, tanto più nobilmente altresì godremo,
nell'eternità, della sua
beatitudine essenziale» 181.' '
•
"'
Cf. (Buvres mystisues du B. Suso, tradotto dal P. thibiot, O. P., Parigi,
Lecoflre, 1899, introduzione. "° Livre de la Sagesse éternelle, o.
xxìl. '" Petit liwe des lettres, lettre X.
SINTESI'
E CONFERMAZIONE 629
« Ma, gli dice nostro Signore,
nessuno può arrivare alla sublime contemplazione della Divinità, ne gustarne
la soavità, senza essere passato per la contemplazione delle amarezze e
degli abbassamenti della mia Umanità » 122. « Bisogna entrare
per l'apertura del mio costato nel mio cuore ferito d'amore, bisogna che
tu ci .entri, per abitarci sempre, per morirci al mondo. Allora io ti
purificherò coli'acqua viva, per mezzo del mio sangue ti darò la fiamma della
carità e mi unirò a tè per sempre » 123.
Per giungere a questa perfezione
bisogna vincere numerosi ostacoli, dice il Beato nel Sermone II, e ne
enumera nove, quei medesimi che studierà più tardi S. Giovanni della Croce
nella Salita del Carmelo trattando della purificazione attiva dei sensi,
dell'immaginazione, dell'intelletto o del giudizio proprio, della volontà
propria, del desiderio delle rivelazioni o visioni. Ci vuole anche una grande
umiltà, l'amore delle croci purificatrici (purificazioni passive) per arrivare
alla perfetta purezza di cuore degli adoratori in spirito e verità 12i.
E quando l'anima sarà liberata dai desideri terreni, riceverà, tranquilla, la
grazia della contemplazione e dell'unione divina 126. Questa grazia
non è riservata solo ad alcune anime privilegiate; il Signore, dice il
Beato, è come un povero viaggiatore che picchia a tutte le porte della
strada, e quasi nessuna si apre per riceverlo: « Così vi sono molti
chiamati alla divina contemplazione, ma vi sono pochi eletti » 126,
e finalmente ve ne sono pochi che siano elevati ad essa, perché sono rimasti
sordi alla chiamata divina.
Questa dottrina del B. Enrico
Susone è identica a quella di S. Tommaso e a quella del Taulero. È sempre la
gran voce della tradizione che si trasmette viva nella Chiesa. :
È la medesima verità che nel
secolo xv esprime il preziosissimo Dialogo di santa cat'ekina da sihna.
" Sagesse éternelle, e. il. 83 Ihid., o. xvin.
" Gt. Lettres XII et XIII, ed. Thiriot; XV et XVI, ed. Preger. Item Lime de la Sagesse éfernelle, o. sxin.
" Sagesse éternelle, o. xxiv, e Vie, e. iv, Sermon I. 21 Sagesse éternelle, e. vj.
630 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
A pag. 173-175 abbiamo già dimostrato
l'alta idea ch'ella ci da della perfezione della carità. Per arrivarci, le
dice l'Eterno Padre, bisogna passare per un ponte che unisce la terra al cielo
e che è .nostro Signor Gesù Cristo, via, verità e vita: « Questo ponte ha
tré scaloni, che corrispondono ai tré stati dell'anima. Il primo
scalone sono i suoi piedi, che significano l'affetto. Perché come i
piedi portano il corpo, così l'affetto porta l'anima. I piedi confitti ti sono
scalone acciocché tu possa giungere al Costato, il quale ti manifesta il
segreto del cuore. Perocché l'anima, salita sui piedi dell'affetto,
comincia a gustare l'affetto del cuore, ponendo l'occhio dell'intelletto nel
Cuore aperto del mio Figliuolo, dove trova consumato il mio ineffabile amore.
Dico « consumato » perché egli non vi ama per propria utilità... Allora l'anima
s'empie d'amore, vedendosi tanto amata... Dal secondo ella sale al terzo, cioè
alla bocca piena di dolcezza, dove trova la pace dopo la grande guerra
che prima aveva avuta per le colpe sue. Il primo grado la distacca dagli
affetti della terra e la spoglia del vizio (via purgativa) ; il secondo (via
illuminativa) la empie d'amore per la virtù; il terzo (via unitiva) le fa
gustare la pace » (e. 26).'
Fin dal secondo grado, « il
.quale ti manifesta il segreto del Cuore di Cristo », comincia la contemplazione
infusa, come dirà anche S. Giovanni della Croce, Notte oscura, 1. I, e.
14.
In questo medesimo Dialogo,
e. 66, si dice: « So-.vente l'anima, nella sua ignoranza, si ostina a recitare
a viva voce certe preghiere, quand'io la visito, ora dandole un chiaro
conoscimento di se stessa con una contrizione del delitto suo, ora facendole
comprendere la grandezza della mia carità... o la presenza della mia Verità
ossia del mio dilettissimo Fi-.gliuolo... Ma subito che sente disporsi la mente
per la mia visita nei diversi modi, come ti ho detto, ella deve abbandonare
l'orazione vocale -per l'orazione mentale e non ripigliarla salvo che abbia
tempo... Così colla perseveranza l'anima gusterà l'orazione vera e si nutrirà
del sangue del mio diletto Figliuolo ».
« II diletto che ha colui che va per questa via, non sarebbe la lingua tua sufficiente a poterlo narrare, ne l'orecchio a poterlo udire, ne l'occhio a poterlo vedere, perché in questa vita gusta e par-
S.INTESI
E CONFEEMAZIONE 631
tecipa di quel bene, che gli è apparecchiato nella
•vita durevole del cielo »
(e. 28). D'opo le lacrime del-l'amor proprio, dopo quelle del timor
servile, egli conoscerà quelle del puro amore (e. 89, 6). Il conoscimento
di sé crescerà con quello dell'infinita bontà, egli disprezzerà se stesso e
riposerà in Dio (ibid.). — Questo «stato unitivo» è descritto nel
capitolo 89 ed è totalmente distinto dalle visioni e rivelazioni (e. 70).
La contemplazione, d'onde
risulta quest'unione, è veramente infusa, perché si dice: e. 61, 12: «
Se i miei servi arrossiscono della loro imperfezione, se amano la virtù, se con
un santo odio estirpano la radice dell'amor proprio spirituale che è in essi...
allora essi mi saranno così graditi... ch'io mi manifesterò loro ». — «
Figliuola mia dolcissima, ti dico questo, per farti conoscere la perfezione
dello stato unitivo in cui l'intelletto è rapito dal fuoco della mia carità
la quale da il lume soprannaturale. L'anima mi ama con questo lume, perché
l'amore segue l'intelletto; quanto più ella conosce, tanto più ama, e quanto
più ama, tanto più conosce. L'intelletto e l'amore si nutrono scambievolmente
».
Finalmente S. Caterina da Siena,
come più tardi S. Teresa (cfr. p. 265, 409 ss.), dice che tutti sono
invitati a bere alla fonte d'acqua viva; et. e. 53:
« La mia Verità vi ha tutti
generalmente e partico-larmente chiamati, quando il mio Figliuolo, pieno d'un
ardente desiderio, gridava nel tempio: Ohi ha /•sete. venga a me e beva
(Joan., vii, 37), perché io sono la fonte d'acqua viva... Perché dice egli:
'Venite a me e bevete?
Perché seguendo la sua dottrina, o per la via dei comandamenti e per l'amore
dei consigli, o per la pratica reale dei consigli .e' dei comandamenti,... voi
troverete di che dissetarvi, gustando il frutto del sangue per l'unione della
natura divina alla natura umana. Trovandovi in lui, .voi vi troverete in me che
sono l'oceano della pace... Così voi siete invitati alla fonte d'acqua viva
della jgrazia... "Voi dovete perseverare, finche troviate me che vi do
l'acqua viva ». — « Prima di tutto bisogna
•aver sete, si dice nel
capitolo 54; non sono invitati se non quelli che hanno sete, poiché sta
scritto:
Chi ha sete venga a me e beva.
Chi non ha sete noli persevera nell'andare, perché o egli si rista
632 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
per fatica, o si rista per
diletto,... e perciò volge il capo indietro quando vede giungere alcuna puntura
di persecuzione... Il desiderio dell'anima gli da sete della virtù, del mio
onore, della salute delle anime,... ella arriva al lume dell'intelletto e
contempla l'amore infinito, ch'io vi mostrai nel mio Figliuolo crocifisso.
Allora essa trova il riposo e la pace,... si , riempie fino all'orlo della mia
carità... Gusta l'acqua viva che si trova in me, oceano della pace ».
È la medesima dottrina ancora che
si trova più tardi nelle lettere di un'altra grande mistica domenicana,
S. caterina de' ricci 127.
In un'estasi del 13 ottobre 1553, ella diceva in nome di nostro Signore:
« Io non do perle a quelli che
non sanno apprezzarle, ma solo alle anime che le desiderano, e che pregano;
notte e giorno con lacrime... La
via della perfezione da principio è stretta, ma quanto più vi si avanza per
amore verso di me, tanto più è facile e dolce il camminarvi ».
S. vincenzo feebbbi dice altresì nel suo trattato De Vita
spirituali, P. I, e. 3: « Dopo aver rigettato tutte le preoccupazioni che
impediscono ai germi delle virtù di crescere, bisogna generosamente praticare
queste virtù, per arrivare a quella purezza di cuore, per la quale gli occhi
interni s'aprono alla contemplazione divina,. che da il riposo e la pace ;
allora infatti l'uomo non gode
di pensare se non a, ciò che è di D'io o per Lui ». — « Veglia sempre a
possederti in questa pace e tranquillità del cuore »' (e. 4). « Così, quando
l'uomo, rientra in sé, l'occhio della contemplazione s'apre... e il desiderio
dei beni celesti si ravviva sempre più » (e. 6). — « Se per Cresù Cristo tu
rinunzi alle cose inutili, non vi è dubbio che il Signore ti prepari nella sua
dolcezza l'alimento della consolazione spirituale » (P. II, e. 5). — Non
dobbiamo desiderare i favori straordinari, le visioni e le rivelazioni
(ibid., e. 11), ma, dimenticando noi stessi dobbiamo pregare e supplicare
Gesù Cristo perché egli venga e ci trasformi in Lui, perché, morti con Lui
al mondo, noi risuscitiamo con Lui. « Bisogna che tu diffidi completamente di ^
tè
"'
Vedasi la bellissima Vita di S. Caterina de' Ricci, scritta dal P. ba-tonne, O. P. .
SINTESI
E CONPEKMAZIONE 633S
stesso e di tutti i tuoi beni... che
ti converta tutto quanto a Cristo poverissimo, che t'appoggi sulle sue-broccia,
e Gesù crocifisso vivrà nel tuo cuore e nell'anima tua; allora tuffo
trasformato e trasfigurato^ tu lo sentirai nel tuo cuore; tu sarai morto al
mondo-e risusciterai nella fede viva in cui il Signore ti concederà i doni
dello Spirito Santo e la santa gioia-dell'unione divina»' (P. HI, e. 1). —
L'anima deve sempre desiderare e domandare a Dio quest'unione-d'amore (ibid., e.
2). Finalmente fra le perfezioni necessario ai servì di Dio e agli
apostoli, S. Vincenzo Ferreri enumera queste tré che suppongono ub alto grado di contemplazione: «
ricordare continuamente i benefìzi di Dio, pregare notte e giorno,... gustare
(nella parte superiore dell'anima) la consolazione divina ». Questa infatti
può sussistere in mezzo alle aridità del sentimento, e il santo dichiara. che
Dio la da con liberalità a tutti quelli che si danno pienamente a Lui; cf. Tr. Consolatorius,
e. 3, Se noi non arriviamo a questa contemplazione e all'unione che
ne risulta, la colpa è della nostra negligenza e della nostra pusillanimità. È
la dottrina. corrente che si trova in parecchi altri autori domenicani del
secolo xv e xvi 128.
S. antonino, arcivescovo di Firenze, non paria diversamente
nella sua Somma Teologica, P. IV, :t. X, ad XVI, dove riproduce e svolge
la dottrina di San Tommaso sui doni dello Spirito Santo in generale e' in
particolare. Se ne può facilmente render conto chi consulti l'indice assai
completo di questa Somma alle parole « sapienti» »,« contemplatio », «
caritas», ecc>
' i, a
II Venerabile luigi di granata, che trattò soprattutto
della vita ascetica, notò spesso che questa.. è ordinata alla contemplazione e
all'unione mistica.
laa
Qi_ p battista da obema, O. P., Della
cognizione e vittoria di se stesso, 1. I, o. xix, e marco cattaneo, O. P., arcivescovo di Eocli, Della vera
Perfezione, e. xxil-xxix. In quest'opera, che è della metà del secolo xvi.
Marco Cattaneo, dice che bisogna passare per le tenebre-divine (e.
xxvm-xxix) per arrivare alla sommità della teologia mistica (sperimentale),
con la quale, egli dice (e. xxn), s'identifica la vera. santità ossia la piena
perfezione della vita cristiana. Il medesimo autore (e. xxxv-xxxvi) espone tra
gli effetti meravigliosi del perfetto amore di Dio quelli ohe sono propriamente
mistici: «la ferita d'amore, l'ebbrezza spirituale, l'estasi e la
trasformazione ».
•C34 PERFEZIONE
CEISTIAMA E CONTEMPLAZIONE
Ciò si può vedere da.. .guanto
egli scrisse nel suo trattato della 'Divozione, e. I, § 2: « La perfetta
orar
•zione è la contemplazione che
viene dallo Spirito
•Santo, sapienza saporosa
che, coll'amor di Dio, ci unisce a Lui santamente; questa beata unione è il
.fine di tutta la vita spirituale,... è la perla preziosa
•di cui si parla nel Vangelo. per
la quale si devei dar tutto allegramente ». —, Per arrivare a questa meta, il-
Granata, là dove tratta del tempo da darsi .all'orazione 12S, dice
che bisogna .consacrarle un'ora e mezzo o due ore, salvochè non si faccia dopo
la recita dell'ufficio divino, o dopo la santa messa, .quando già il cuore è
disposto ad unirsi a Dio.
Nell'Introduzione del Breve
Trattato dell'Orazione, volendo descrivere la perfezione di questa, egli descrive
l'orazione infusa. « Ivi l'anima, dice egli, ode la voce dello Sposo, perché,
come scrisse S. Bona-ventura, Dio essendo in lei, ella riceve l'unzione
della .grazia, poi viene elevata in spirito, elevata contem'pla, ' contemplando
ama, amando gusta, e gustando riposa m Dio. L'orazione (perfetta) è così
una pasqua dell'anima, un bacio di pace, un sabato spirituale... Essa è il
rimedio per gl'infermi, la gioia per gli afflitti, la forza per i deboli, la
ricompensa dei giusti...
•JS la porta regia per entrare
nel Cuore di Dio, e contiene le primizie della gloria. È una manna piena
•di soavità; è come la scala
veduta da Giacobbe per
•sollevarsi dalla terra al cielo.
Di quest'orazione vogliamo trattare noi ».
Che si tratti veramente
dell'orazione infusa, si vede meglio ancora da quanto segue, ibid.,
§ 2:
« Nell'orazione l'uomo è spiritualmente
trasfigurato... .in essa egli riceve l'ispirazione dello Spirito Santo....' :"
.e quanto più 'si unisce a Lui, tanto più egli parfe-•':. •cipa del suo
lume, e tanto più diventa perfetto e simile a Dio... Se noi non vi opponessimo
ostacolo, .riceveremmo assai di più, come da un focolare di luce e di
calore si riceve in proporzione che uno :gli si accosta; onde nel Salmo xxxm si
dice: Avvicinatevi a Dio, e riceverete il .suo lume».
È a questa contemplazione infusa
desiderabilissima
•che dispone la meditazione unita
alla .mortifica»-' "-zione inferiore ed esteriore; il Granata, lo dice
spesso:
189 Ot. Dell'Orazione e della consideraaioiw, P. I, e. S3X.
SINTESI
E. CONFERMAZIONE 638
cf. D'ella Divozione, e. i; v, .§ 17-19; ix, § 7; (!e?-l'Orazione e della Considerazione, I8' P., e. xn, § 8;
Memoriale, tr. 7, e. li,
in, § 1, iv, § 1. Il Granata ebbe anche a soffrire per queste idee, come
parecchi .spirituali del suo tempo; S. Giovanni .della Croce e perfino S.
Ignazio furono accusati d'illuminismo 130.
Il B. babtolomeo db MARTruiBus, arcivescovo di Braganza, scrisse
nel medesimo tempo il suo Coinpendium mysticae doctrinae. Dopo aver
trattato brevemente dei fondamenti della vita spirituale, dichiara (e. x) che
insegnerà « come s'arriva alla vera contemplazione e all'amore unitivo ».
Dimostra l'in-oomparabile eccellenza di questa grazia, che pure è offerta a
tutti e necessaria per arrivare alla piena perfezione, specialmente per essere
buon teologo e buon direttore spirituale (e. xn). «Quando l'anima nostra, dice
egli' (e. x, § 1), ottiene questo dono, questa sapienza o teologia mistica
(sperimentale),...
"°
menendez peiayo, Eistoria de
los ìteterodoxos espaUoles, Madrid, 1880, t. II, p. 521-529 ; Scripta de
S. Ignatio, p. 313.
Il P.
Colunga, domenicano, in alcuni articoli interessanti della Oienda fomzsta
(maggio, luglio, novembre 1914), espose gli attacchi ingiusti di certi teologi
come Melchior Cano contro i migliori spirituali o mistici di quel tempo ohe
parecchi volevano confondere cogli illuminati. È il tempo in cui Melohlor Cano
dichiarò del tutto condannabile 11 Com-wiento sul Catechismo cristiano
composto da un altro domenicano, oar-ba.nza.,
arcivescovo di Toledo, ohe ebbe singolarmente a soffrire di (mesti
attacchi. Melchior Cano condannava la pretensione d'istruire i semplici fedeli
nelle cose della fede, e non voleva neppure che loro si facesse conoscere la
materia e la torma dei sacramenti. Domenico Soto, O. P., fu più giusto per il
Oarranza, ma gli fece tuttavia delle critiche che denotano una reale
prevenzione contro le tendenze mistiche. Pietro Soto invece era favorevole agli
spirituali. Era il tempo in cui l'inquisizione spagnuola, diretta allora
dall'arcivescovo di [ Siviglla, Valdes, amico del Oano, condannò 11
libro del Carranza. Il catalogo dei libri proibiti da Valdes nel 1559
condannava anche gli Avvisi e Regole, cristiane del B.. Giovanni
d'Avila, e le opere del Granata: Guida dei peccatori, Trattato
dell'orazione. Il Oano giudicava condannabile 11 Granata per aver preteso
che tutti i fedeli, se praticano la mortificazione e sono docili allo Spirito
Santo, possono ottenere il dono della contemplazione e giungere alla perfezione
cristiana. II Granata appellò da questa condanna al Concilio Tridentino e
ottenne da esso e dal Papa Pio IV l'approvazione del suo Trattato
dell'orazione. Venivano ancora proibite le opere di Dionigi Certosino e le Istituzioni
del Taulero. S. Teresa fa allusione a queste lotte e parla dei nemici della
contemplazione nel Cammino, o. yxx.
636 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
viene rischiarata dal lume
dell'eterna verità, la sua fede è resa più certa, la sua speranza è rassodata,
la sua carità infiammata... Ella ha così una maggiore-intelligenza del mistero
della Deità di molti dottori eruditissimi che non sono ancora ammessi in questo
santuario interiore del Ee eterno, ne illuminati da, questa luce di grazia. Non
fa maraviglia che il Signore sia solito operare magnificamente (magnifice
soleat operar!) in quelli che si sono liberamente e pienamente dati a Lui, e
che per conseguenza Gli sono carissimi ». — « Vi sono molte cose che tu
ignori, egli dice (e. 26), se non sei passato dalla teologia speculativa alla
teologia affettiva, dalla scienza alla sapienza,... che da una cognizione
sperimentala di Dio. Perciò, come dice il G-ersone, conviene che i teologi
scolastici leggano spesso i libri di teologia mistica; questa lettura fa
nascere l'amore delle cose spirituali e il desiderio di sperimentarle. Infatti
la parola di Dio è di fuoco, ignitum eloquium, e sono quelli che
arrivano alla contemplazione che .possono dirsi a buon diritto perfetti
teologi, come io furono S. Tommaso, S. Bonaventura e quelli di cui si celebrano
i meriti ».
La via che conduce alla
contemplazione mistica e all'amore unitivo è la sincera umiltà, e la conformità
alla volontà di Dio; cf. e. x, § 2: « All'esercizio della mortificazione e
della rassegnazione l'anima deve aggiungere frequenti aspirazioni e preghiere,
l'espressione del suo vivo desiderio di Dio, ecco il cammino. per il quale
arriverà prestissimo (citissime) alla teologia mistica e all'unione
divina».
.Questa grazia non è rifiutata a
nessuno di quelli che amano veramente Iddio e lo cercano con ogni diligenza;
cf. e. 24, § 4: « Quanto aliquis ardentius Deum amat, tanto plenius Wlectus
revelatur, et quanto dilectio est ardentior, tantum divinorum co-gnitio est
profundior et magis. perspicua... Si quis diligenter a delectatione
esteriori distrahitur, mox necessario degustare incipit aliquid aeternae dulce-dinis...
Quantus autem hic gustus sit, nec is, cui gustare datum est, satis potest
esprimere: sola enim noscitur experientia: — Quanto più l'anima ama Dio,
tanto più Dio si rivela a lei... Se si rinunzia generosamente al piacere
esterno, si comincerà presto a gustare qualcosa dell'eterna dolcezza... Qual è
SINTESI
E CONFERMAZIONE 637
questo gusto ? Anche colui al
quale fu dato di gustarlo, non lo può esprimere come conviene, solo l'esperienza
può insegnarlo ».
Si dice ancora al capitolo 26: «.Quelli
che con diligenza si esercitano nelle cose spirituali' sono progressivamente
elevati ai diversi gradi della contemplazione. Per arrivare a tal punto
bisogna lavorare con perseveranza. Persevera dunque, sopporta la prova che Dio
ti manda, e la tua speranza non sarà delusa ». Itera e. 27: « Seguiamo
dunque questa strada: l'anima pura serva a D,io con pura divozione, servendolo
così Assiduamente lo gusti, gustandolo provi quant'egli è dolce, quam suavis
est Diominus, ed essa finalmente, ebbra d'amore, non viva se non per
•contemplarlo, desiderarlo,... unirsi a Lui,... ripetendo le parole del
Cantico: Tenui eum nec dimittam: Io lo posseggo e non lo perderò più ».
Perciò il B. Bartolomeo de
Martyribus protesta contro l'abuso dei metodi e l'uso eccessivo delle considerazioni
a scapito degli affetti che conducono più prontamente all'unione con Dio; cf.
e. 20: « Si diventa così più sottili e curiosi che divoti e virtuosi;
si pensa d'aver fatto
abbastanza se siasi scoperta una considerazione nuova, quand'anche per questa
non s'arrivi alla vera unione... La meditazione non è utile se non per
suscitare e mantenere il fuoco del-l'amor divino »..
giovanni
di S. tommaso, nel suo
luminoso trattato De Donìs Spiritus Sancii, in I-II, q. 68, dimostra
come i doni dello Spirito Santo sono concessi a tutti i cristiani nel
battesimo, affinchè essi possano praticare perfettamente le virtù ed entrare
nell'intimità di Dio: «.Quelli che praticano solo le virtù comuni, dice
egli, differiscono da quelli che sono condotti dai doni dello Spirito Santo,
come l'uccello che cammina per terra differisce da quello che vola, sostenuto
dal soffio del vento » (In I-II, q. 68, disp. 18, a. 1). — « I doni
perfezionano le virtù, loro aggiungono un lustro, uno splendore nuovo, loro
permettono d'arrivare più in alto: così la fede sola ci lascia nell'oscurità, e
gli uomini che non hanno altra contemplazione che quella che procede dalla sola
fede non possono perseverare molto nel fervore; per essere contemplativi e
penetrare i misteri della fede,
638 PEEFEZIONB CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
ci vuole'•il dono dell'intelletto
» (ibid., § 12). — « L'anima purificata dal battesimo riceve dallo Spirito
Santo disceso in lei una certa intelligenza delle cose celesti, come se il cielo
s'aprisse per lasciarle vedere la gloria di Dio. È un segno che il cielo
s'apre e che lo Spirito Santo ci illumina, quando riceviamo con una santa gioia
qualche intelligenza della gloria di Dio (valde delectari et inteìligere aliqua
de gloria Dei). D'onde segue essere necessario che l'anima esca
dall'oscurità della semplice fede e che essa corra verso Dio sotto
l'illuminazione dei doni dello Spirito Santo, per i quali, come rivestita
d'oro, ella conosce. i diversi sentimenti spirituali e riceve l'intelligenza
delle cose divine... Allora essa è elevata alla luminosa contemplazione della
grandezza dei misteri e della loro credibilità, nella fiamma dell'amore, et
m splendore ignis flammantis in nocte, come dice Isaia, in. L'anima che
desidera la perfe- . zione deve, adunque desiderare di conoscere Dio presente
in lei, non solo per la fede, ma anche alla luce dei doni dello Spirito
Santo: deve desiderare che spesso le sia data quella cognizione che si
compie nell'amore » (ibid., § 13-14). « Per il dono dell'intelletto lo
spirito è reso più sottile, più penetrante, per camminare nella luce, anche
quando si trova nelle tenebre della Deità. Così esso entra nel dominio di Dio,
intrat in potentias Domini, e, contemplando la gloria del Signore, esso
è trasformato e condotto di virtù in virtù dallo Spirito Santo » (ibid., a.
3, § 22).
Appunto perché la contemplazione
è necessaria alla piena perfezione della vita cristiana, Giovanni di San
Tommaso ne tratta nel suo Catechismo (Comp. de la Doctrina cristiana, P.
2a, e. 12, § 1), dov'egli dice che per mezzo di essa l'anima è rassodata nella
virtù, unita a Dio, e spiritualmente trasformata per l'esperienza delle cose
divine.
Il vallgoknera. compose poco dopo, riunendo una gran quantità di
testi del Dottar Angelico, la My-stica Theologia D. Thomae, in cui
trascrisse quello che aveva detto Giovanni di S. Tommaso sui doni, e in cui
molto sovente copiò altresì il carmelitano Filippo della S. Trinità. Benché
abbia insistito oltre misura nella contemplazione detta acquisita e abbia
SINTESI
E OONPEEMAZIONE 639'
presentato argomenti, assai
deboli per distinguerla dall'infusa, egli conservò però la dottrina tradizionale.
E dice, iblei., q. 4, d. 3, a. 1: « Quegli è perfetto il quale ha la
vera sapienza. È la dottrina di S. Tommaso fondata su queste parole di
S. Paolo,. I Cor., n: Sapientiam autem loquimur inter perfe-ctos... Ai
perfetti conviene parlare non più solamente degli elementi della sapienza
cristiana, ma. delle cose profonde e nascoste della perfezione e della. santità
». — Sostiene con ardore che la contemplazione soprannaturale o infusa viene
offerta a tutte-le anime generose, umili, mortificate, e docili allo. Spirito
Santo. Dice che tutti dobbiamo, desiderarla,. che si può meritarla saltem de
congrua, almeno con, un merito di convenienza (cf. ibid., q. 3, d.
3, a. 6),. .e'eh'essa è ordinariamente concessa ai perfetti.
Si legge, ibid., q. 3, d.
3, a. 3, n. 604-608: « De-bent omnes ad supernaturalem contemplationem aspirare...
Finem habet intimam animae cum Beo summe dilecto unionem fruitivam; subj'ectum
habet intelìectum faominis Spiritus Sancti donis illustratum, et ipsa propter
se diligetur, cum sit actus vitae perfectis-simus, sibique sufficientissimus...
Expedit ad per-fectisaimam humilitatem, ad perfectissimam mansue-tudinem et ad
reliquas virtutes in perfectissimo grada canari. Cur non expediat ad
perfectissimam orationem contendere ?... Expedit etiam magnani sanctitatem,
summis precibus efflagitare ad gloriam Dei, ut ei magis ac magis placeamus...
ergo et divinam contemplationem... S. Thomas agendo de praesumptione^ II-II,
q. 130, a. 1, ad 1, dicit: 'Vitiosum esset et praesumptuosum quod
aliquis in statu imperfectaea virtutis existens, attentaret statim ossequi
ea qua& sunt perfectae virtutis. Sed si quis ad hoc tendat, ut proficiat in
virtutem perfectam, hoc non est praesumptuosum... Et sic nihil utilius
contem.plationff supernaturali; quamvis enim qui vacant activae vitae,
multis aliis prosmt, multo tamen magis prosunt qui vacant contemplationi, ex
cujus abundantia, cum ali-quando proximorum saluti vacant, plus unico
suadent verbo heroicae vitae conjuncto, quam alii multis con"•'.
cionibus ». Perciò S. Tommaso disse, dopo i Padriy che la predicazione
della parola di Dio deve procedere « ex plenitudine contemplationis ».
Il Vallgornera dice ancora, ibid.,
q. 4, d. 1, a. 12:
<640 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
« Debent omnes, et maxime Dea specialiter conse-
•eratae animae, ad actualem
fruitivam unionem cum. Deo aspirare et tendere... Ideo necesse est quod
anima, «et specialiter Deo consecrata, quae perfectionis viam, Deo excitante et
adjuvante, fuit ingressa, non. sistat ili via purgativa... nec sedeat m via
illuminativa..., sed con.ven.iens, imo necessarium est ut pergat ulterius,
•totamque viam, etiam unitivam,
percurrat, ut tandem
•ad suavitatem montis conscensa,
Deoque intime unita... /beatitudine inchoata fruatur. Non enim potest anima
•alibi quiescere, alibi
satiari, quam in hac perfecta sui cum Deo unione. Ad illam Deus animam
saepius invitat: unde ait per Isaiam, e. 55: Omnes sitientes,
•venite ad aquas...
« Ut anima debite ad Deum tendat,
et ut ei intime uniatur, non debet statina, temere ad dulces ejus am-
•plexus et ad oris osculum
aspirare; sed prius velut .humilis andila ad pedum osculum in via
purgativa
•accedat, Magdalenam imitata;
deinde velut filia di-lecta ad osculum manuum properet in via illuminativa;
et denique velut sponsa dilectissima ad sacrum .
•oris osculum fìdenter in
via unitiva consurgat: sic
•enim ipso Domino admittente tara
arcte cum eo con-jungetur, quod erit unus cum ipso spiritus ». N. 927 e
932.
H B. fbancbsòo db possadas, O. P., Carta del
Espose Cristo § xii e xx, parla nello stesso modo.
In Francia, nel secolo xvn, uno.
dei grandi avversar! del quietismo, il massouliè,
O. P., scrisse
•contro quest'errore il suo Trattato
dell'Amar di 'Dio
•e quello D'ella Vera
Orazione. In quest'ultimo trattato, in cui egli si preoccupa specialmente
dell'errore da combattere, alcune espressioni dei primi capitoli potrebbero
far credere ch'egli consideri la contemplazione infusa come propriamente
straordinaria o fuori della via normale della santità; ma il senso di queste
espressioni si precisa negli ultimi capitoli
•dell'opera, in cui si parla
dell'orazione di quiete,
•come gli autori che abbiamo
citati. Inoltre il Mas-soulié compose anche il manuale assai noto Meditazioni
di S. Tommaso, in cui, trattando della via unitiva, spiega i dieci gradi
dell'amore enumerati . da S. Bernardo (cf. sopra, p. 616), secondo il com-
SINTESI
E CONKEEMAZIONE 641
mento contenuto nell'opuscolo 61°
attribuito a San Tommaso. Ora questi gradi dell'amor divino, che il Massoulié
considera come la via normale dell'alta . perfezione, sono manifestamente
d'ordine mistico, specialmente i più elevati: ivi l'anima aspira al possesso
di Dio, è infiammata d'amore, sopporta infaticabilmente le grandi prove
inferiori, e finalmente è trasformata per così dire in Dio che la vivifica. S.
Giovanni della Croce spiegò questi medesimi dieci gradi dell'amore nella Notte
oscura, 1. II, e. 18-20, e nel nono dimostra l'unione trasformante,
preludio di quella del cielo.
Il P. piny, nel medesimo tempo, scrisse La più perfetta delle
vie inferiori 131, 1683, libro piccolo di mole ma lodatissimo
dal P. Natale Alessandro, e al quale si ispirò evidentemente nel secolo xvm il
P. de Caussade che trattò il medesimo argomento. Ivi egli insegna che la via
più perfetta, quella che maggiormente glorifica Iddio, è la via del completo
abbandono alla Provvidenza, in tutte le circostanze per cui ci fa passare.
Ora questa via dispone alla contemplazione infusa o passiva, e non si può neppure
seguirla perfettamente, se già non si è ricevuto quel dono della
contemplazione che, in tutti gli avvenimenti, anche i più penosi e impreveduti,
ci fa vedere i disegni di Dio. Onde la medesima operetta, e. xv, fa vedere che
il vero « spirito d'orazione » conduce ad un'unione a Dio pressoché continua;
la qual cosa suppone un influsso speciale dei doni, nel quale il loro modo
sovrumano è già abbastanza manifesto. E, ibid., e. xix, si dice che «
questa via conviene ad ogni sorta di persone e che Dio ci chiama tutti ad
entrarvi ». E infatti la fedeltà alla grazia del momento, specialmente
nella prova, ora a tutti si dice: « Se alcuno vuoi seguirmi, rinunzi a se
stesso e porti tutti i giorni la sua croce ».
Il Padre Piny, nel suo libro la
Presenza di Dio, P. II, e. 31, dice ancora: « JSTon vi è disposizione
intcriore migliore, più vantaggiosa, più consolante' e più santificante di
quella specie di presenza d'u-
"'
Tradotto in italiano col titolo nil Più Perfetto, ossia tra le vie intcriori la
più glorificante per Dio e la più santificante per l'anima ». 'mabietti, Torino.
^1 — Perfezione e Contemplasione.
642 PERFEZIONE
CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
mone per adesione, per consenso e
per abbandono alla. divina volontà... Per quanto santa e salutare sia. questa
presenza di Dio, non ve n'è altra più facile ad ottenere. Infatti che cosa
ci vuole per averla? Lasciar fare a Dio con un'amorosa adesione, con un
abbandono, con un consentimento tranquillo: Tré volte felice colui ohe
possiede questa sorta di presema in tutti i cinque gradi che si possono e si
devono avere per possederla con perfezione. Infatti per il primo grado,
quello che vi ci prepara, siamo già nel numero di quei cuori buoni, di quelle
anime generose, che vogliono essere di Dio, tutte di Dio, a qualunque costo...
Per il secondo, quello che ci stabilisce in questa presenza d'unione, noi
abbiamo il vantaggio d'essere in Dio e d'aver Dio in noi perii vìncolo della
più pura carità... Per il terzo grado, quello che ci rassoda, noi entriamo in
quest'unione con Dio in un modo anche più intimo, mediante la, costanza e la
fermezza che noi adoperiamo nell'a-derire e nel rimanere uniti alla sua
volontà, perfino-sotto. lo strettoio crocifiggente ma santificante della Croce.
Per il quarto grado... l'anima è già in una pace continua, pace senza
turbamento nella soffe- i renza. e senza fretta nell'azione. Finalmente per
il quinto grado... noi entriamo nell'oblio completo e nell''abnegazione
totale di noi stessi, per modo che. non vi è più nulla in noi che regni,
salvo Dio sola e la sua volontà sola. Così noi possiamo cominciare sopra la
terra quello che speriamo di continuare eternamente in cielo ». Tal è
manifestamente la perfezione delle virtù teologali e della docilità allo
Spirito Santo; in modo speciale si vede in questo stato l'eccellenza
del dono della sapienza, che risponde alla beatitudine dei pacifici,
perche, facendoci vedere tutto in Dio, esso è il principio di quella pace quasi
inalterabile, di cui si è ora parlato 132.
Bisogna ancora citare il libro
profondissimo d'un vero mistico, poco noto fuori dell'Ordine di S. Domenico, la
Croce di Gesù del P. luigi chabdon (1646).
Con una penetrazione a volte paragonabile a quella di S. Giovanni della Croce,
egli tratta dei segreti
131 II P. No?l, O. P., ha puTrtilioato recentemente una
nuova edizione delle principali opere del P. Piny, e 11 'P. Nivoli, O. P., la
traduzione delle medesime. mabietti, Torino.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 643
della vita mistica, dell'influsso
profondo dello Spirito Santo nell'anima che passa per il crogiolo spirituale, e
introduce l'anima nel mistero della Croce, mistero dell'amore crocifiggente e
riparatore. Nelle prime pagine, l'autore osserva che questa dottrina è utile a
tutti, e che le anime diventando generose desiderano un'unione a Dio sempre
più intima, nota solo a colui che l'ha sperimentata 133. Esse, dice
egli 13i, desiderano le acque vive dell'orazione, le quali
sole possono spegnere la loro sete. Quando Iddio infonde il suo amore
nei nostri cuori, non è perché esso vi resti ozioso, ma perche sotto il suo
influsso l'anima nostra si sollevi fino alla stessa sorgente della grazia 135.
« Per solito, dice egli, Dio si comunica alla sua creatura nella
misura delle sue disposizioni;
quanto più queste sono pure,
tanto più le Persone divine si rendono intimamente presenti nell'anima... Quelli
a cui lo Spirito Santo si comunica (e sono tutti quelli che non resistono alle
sue adorabili comunicazioni) sono santificati dalla sua azione e ricevono da
Lui una vita non solo soprannaturale, ma sovreminente e mistica » 136.
Ma, è detto più avanti 137, benché Dio non sia avaro delle sue consolazioni
e le spanda con abbondanza nel cuore de' suoi amici, tuttavia egli non le
concede sempre; ma alle volte si compiace di ritirarle per provare la nostra
costanza, per far praticare certe virtù, e rendere la nostra umiltà più
meritoria, mostrandoci, nella privazione, il bisogno che abbiamo della grazia,
senza la quale non possiamo crescere nella carità.
Potremmo citare qui, come
pienamente conforme a questa dottrina, quella del B. grignion di mont-poet, terziario di S. Domenico, tanto più
che l'idea da lui esposta nel suo mirabile trattato della 'Vera divozione
alla S. Vergine gli era stata ispirata dai primi figli del Sig. Olier, che
l'aveva ricevuta egli stesso dalla Ven. Madre Agnese, Priora delle Dome-
"'
La Oroix de Jésus del P. luigi
chabdon, 1.1, p. 13: ex.
"•
IM., 1 entr., e. il, p. 24, 25.
"°
Ibid., e. xix, p. 236. .
"'
Itlid.. t. II, 3 ente., o. vi, p. 290: » Come le missioni invisibili delle
persone divine sono principii delle operazioni mistiche nelle anime che
progrediscono nella grazia. >
"'
IM., t. II, e. xvi, p. 378.
644 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
nicane di Langeac. Abbiamo già
citato, p. 578-582, i passi più caratteristici di questo trattato, relativi
alla presente questione.
Converrebbe aggiungere la
testimonianza contenuta nelle lettere di parecchi santi e beati o beate
dell'Ordine di S. Domenico 138, molti dei quali furono favoriti
delle stimate 139; essi identificano generalmente la piena
perfezione cristiana ossia la vita unitiva con la vita mistica caratterizzata
dal predominio del modo sovrumano dei doni dello Spirito Santo.
In questi ultimi anni, siffatta
dottrina si è venuta sempre ' più affermando negli scritti spirituali di
parecchi autori domenicani.
Il P. meynard, nel suo Trattato della vita inferiore, 1885,
sotto l'influsso di alcuni autori del secolo xvin e del xix, chiama, è vero, «
straordinaria » la contemplazione infusa; ma quando si domanda se essa può
desiderarsi, risponde, dopo aver condannato il desiderio affatto diverso delle
visioni, delle estasi e delle stimate: «Gli autori paiono divisi: gli uni, e sono
il maggior numero, crediamo noi, fondandosi sulla dottrina di S.
Tommaso, affermano che questo desiderio è legìttimissimo ; altri ci veggono
della presunzione. Questa divergenza d'opinione è più apparente che reale.
Quelli che affermano la legittimità di questo desiderio considerano la
questione in se stessa, e non hanno di mira se non i beni infinitamente
preziosi della contemplazione; quelli dell'opinione opposta, unicamente
preoccupati dei pericoli delle grazie eccezionali, dicono che l'orgoglio e la
vana compiacenza s'insinuano facilmente nelle altezze della contemplazione. Se
gli autori che affermano la legittimità di questo desiderio aggiungono ch'esso
dev'essere umile, moderato, sottomesso all'ubbidienza, accompagnato dalla
pratica delle virtù solide ed anche delle virtù eroiche, noi li crediamo nel
vero; queste restrizioni infatti bastano per allontanare i pericoli
volontari che sono i soli veramente da temere » 140. Bisogna
aggiungere che nulla
"'
Ct. Année Domiwteaine, e Les Bienheure'ases domvmcaines par M. O. de
Ganay.
"•
Ct. l'opera del Dott. Imbert sulla Stunatizzazione. "» Tratte de la Vie
intérieure, 1885, .t. II, h. 75, p: 131.
SINTESI
E CONPEEMAZIONE 645
può insegnarci l'umiltà meglio
della contemplazione infusa, poiché più di qualunque cognizione essa ci
'manifesta l'infinita grandezza
di Dio e per contrasto il nostro nulla e la nostra miseria; è la contemplazione
che nella notte dello spirito purifica l'anima dai resti di amor proprio e di
orgoglio che impediscono l'unione con Dio lé1.
Il P. weiss, nella sua Apologià del cristianesimo, 1. IX, e.
v, n. 6, scrive: « La mistica è per tutti i cristiani ferventi... Non vi è
condizione, stato, occupazione, che a qualcuno permetta di dire che la mistica
non lo riguarda... Essa è necessaria alla piena perfezione della vita cristiana
». Del resto la medesima opera sostiene, con S. Tommaso, trat-
'tando della perfezione della
carità, che tutti devono attendervi. Si vedano anche le opere del Padre feiaque 142, del P. frojet lts e del P.. cleeis-sac m.
Concludiamo col P. sohwalm ltó che nel 1905
così rammentava « l'unanimità d'una tradizione »:
« S. Tommaso d'Aquino non,
classifica mai la contemplazione fra le grazie straordinarie. Fare dei miracoli,
profetizzare, discernere lo Spirito di Dio o il cattivo spirito nei cuori...
tali sono le grazie che il Dottore Angelico segnala come fuori delle vie
comuni. Esse non segnano tappe nel cammino dei giusti e dei perfetti, neppure
le tappe supreme... Sono grazie d'utilità pubblica, segni miracolosi d'un gran
disegno di Dio. La contemplazione invece rientra nello sviluppo normale
della virtù e della perfezione cristiana... Senza dubbio non è lo stato
universale delle anime in grazia con Dio, ma è la vetta a cui le avvia
l'esercizio delle virtù morali; è il tranquillo possesso della verità da prima
assimilata e scoperta a passo a passo nella meditazione; è l'effetto dell'amor
divino trionfante d'ogni affetto inferiore;
è la causa de' suoi migliori progressi;
è una preghiera dei proficienti e dei perfetti. Tali sono i con-
141 Cf. S. giovanni
della ckocb, Notte, I, II. "' Traile du Sccint-Esprit.
Tratte de l'Oraison jwsulatoire. "' L'habitatwn du Saint-Esprit dans les
àmes, cap. sulle beatitudini. 111 Le Mystére de l'Eglise.
145
prefazione a La vie d'union A Dieu, del P. FaucUIon, O.
P., pagina xxxin ss.
C46 PEBFEZIONE OBISTIANA .~E
CONTEMPLAZIONE
cetti che S. Tommaso svolge nel
suo trattato speciale della vita contemplativa. Essi paiono decisivi per
dirimere la questione di sapere se la contemplazione è uno stato
straordinario... Quello che sarebbe anormale in semplici principianti non lo è
più per anime esercitate, mortificate, purificate, già in via di perfezione.
Perciò possiamo dire che nel corso d'una vita sacerdotale, religiosa o s
empii cemento-laica — purché sia fervente e inferiore — Dio per solito
non rifiuta il dono della contemplazione... I mistici domenicani sono unanimi
nell'eccitar'e il desiderio di questa grazia. Non è in essi una semplice
tradizione d'Ordine o di Scuola, ma una dottrina che essi condividono con S.
Bonaventura, S. Bernardo, Eiccardo e Ugo di S. Vittore, Gassiano e S. Gregorio
Magno... Il Taulero, il Susone, S. Caterina da Siena, ne sviluppano assai le
conseguenze pratiche... Il Taulero indica con prudenza i segni della vera chiamata
a questa forma d'orazione; ne deduce una triplice regola di condotta che S.
Giovanni della Croce, teologo di niente chiarissima, e di formazione veramente
tomista, illustrerà in sommo grado. Tutti questi apostoli del misticismo, e
della parte più sicura, considerano come una gioia e si fanno un dovere di
attirarvi le anime ferventi, in via di perfezione ».
Il P. Schwalm continua: « Questi
concetti così fondati in dottrina, così garantiti ad un tempo dalla scienza
acquisita e dall'esperienza soprannaturale dei Dottori e dei Padri, sono
forse diventati di un'arditezza che turbi, d'una novità sospetta per certi
direttori in pieno secolo xix-? Come hanno essi influito su non pochi discepoli
stessi di S. Tommaso e su molti familiari della mistica domenicana?
« II fatto è che cominciando dal
secolo xvi, l'esclusivismo del Eodriguez in favore della meditazione, e nel
secolo xvn, il misticismo abusivo o malsano di Molinos, di Malaval, della Sig.
Guyon, determinarono una reazione ristretta e timorata; non pochi direttori o
scrittori ascetici si sforzarono di classificare la contemplazione come uno
stato straordinario. Allora venne il divieto di aspirarvi: l'umiltà e la
prudenza la sconsigliavano.
« E nondimeno S. Teresa, S.
Giovanni Battista de la Salle, il .Suarez, protestarono contro l'eecesso della
SINTESI
E CONFERMAZIONE 647
nuova reazione. Nonostante questi
saggi richiami, la reazione durò ugualmente contro ogni misticismo in un gran
numero di direttori. Solo verso la fine del secolo xix l'insufficienza
dell'esclusivismo del Eo-driguez ricondusse sempre più gli uomini senza partito
allo studio dei Maestri e alla ripresa delle sane tradizioni; cfr. Saudreau, La
Vie d'union a Dien,
CC. Vili, IX, X » .
Queste medesime idee furono poi
svolte dal Padre oardeil 146,
soprattutto dal P. aeinteeo lì7,
dagli scrittori della Vie Spirititene us e recentemente dal
P. G-brest, nel Momento de la
Vie spirituelle, in -cui espone i concetti secondo i quali egli ha testé
rifuso il Trattato della vita intcriore del P. Meynard, Così si ritorna
sempre meglio alla dottrina fondamentale della dottrina spirituale domenicana.
'
Mistica francescana: Dottrina di 8. Bonaventura.
Dovendo forzatamente
restringerci, per dare una. .giusta idea della dottrina spirituale francescana,
qui . non possiamo far altro che riassumere la dottrina di ,S. Bonaventura; e
lo faremo valendoci d'un lavoro recente, assai coscienzioso e d'una lettura
piacevole
•ed edificante, che comparve wSCArchwum
Franci-scanum Historicum an. 1921, fase. I e II, La fhéo-logie mystique
de saint Bonaventure per il Padre' Ephrem Longpré, O. F. M. lt9.
Questo lavoro ci mostra nel modo più
.evidente in S. Bonaventura la dottrina che abbiamo sempre data qui come
l'espressione esatta della tradizione. L'autore cercò soprattutto nel Breviloquium,
nel Solilo-quium, nel De triplici Via, e uoWItmerarìuin mentis
in Deum, « i principali fattori, che, secondo i concetti
'"
Les dons du Saint-Esprit dans les saints Dominicains, e l'articolo Dona
nel « Dictioimaire de Théologie oatholique », e La structure de la
•comiaissance
mystigue, Bevue Thomiste 192A, marzo,
maggio, luglio eco. "' La Evolucion mistica, in-8 grande, 707 pp.,
Salamanca, 1908.
•Quest'opera
ch'eb'be recentemente una seconda edizione, è un trattato
•assai
completo di teologia mistica. Il P. Arintero compose poi le sue Cuestwnes
misticas e un Commento sul Cantico dei Cantici ; egli fu dl-Tettore della
rivista La Videi sobrenatural, che difende le medesime idee. "'
Vedasi nella Vie Spirituelle, gli articoli del P. Joret, O. P. "'
Noi citeremo secondo la paginazione della tiratura a parte.
648 PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE
di S. Bonaventura, preparano
l'anima in un modo più efficace e più immediato alle comunicazioni mistiche...
e la posizione di S. Bonaventura nelle principali questioni sollevate
recentemente dal rinnovamento degli studi ascetici e mistici ». — Ecco le sue
principali conclusioni :
« Lo stato contemplativo non è se
non il supremo sviluppo della vita soprannaturale, la fioritura positivamente
sperimentata della grazia e delle abitudini infuse, l'esercizio dei doni dello
Spirito Santo » (p. 8, cf. Itiner.,' e. iv, n. 4). — « Vi è così un vero
nesso di continuità, una unità dinamica fra le tappe dell'ascensione spirituale
». — « È nell'ordine della fede, e non in un altro, che si svolge la
vita mistica, qualunque siano i lumi che cadono dall'alto. Il Dottor Serafico
infatti non ammette quel "'lume mediano,,... che Enrico di Gand introduce
tra la semplice fede e la visione beatifica » (p. 10). Nella qual cosa San
Bonaventura s'accorda con San Tom-maso, II-II, q. 5, a. 1, ad 1. — « S.
Bonaventura insiste molto sulla parte che esercitano i doni dello Spirito
Santo nella vita mistica; cf. Breviloq. p. V, ..e. v, vi». Per lui i sensi
spirituali non sono che i più perfetti atti delle virtù teologali, e non
abitudini nuove, nuovi organi soprannaturali di perfezione; cf. Breviloq.
pars V, e. vi, n. 6. — « Su questo punto adunque la sua dottrina s'oppone
all'insegnamento del P. Poulain, S. J. » (p. 18). — S. Bonaventura. noli
deprezza la meditazione; questa meditazione metodica e amorosa ha la
sua ragione di essere in tutti gli stati della vita intcriore, e come la
preghiera. di domanda, essa ha un compito importante nella preparazione
mistica. « Nessuno forse ha insistito tanto su questo punto capitale che
bisogna pregare per ottenere il dono della contemplazione » (p. 26;
cf. De triplici via, e.
li; de Perfect. Vitae, e. v, n. 5). Si. Bonaventura ama anche di
elevarsi a Dio considerando il riflesso delle sue perfezioni nel
mondo-sensibile; per questo egli ricorda S. Francesco d'Assisi e si distingue
abbastanza nettamente da S. Giovanni della Croce (p. 29). Finalmente uno dei
più importanti fattori della preparazione mistica è l'amore e l'imitazione di
Gesù Crocifisso: ecco, secondo, S. Bonaventura, la via breve che conduce alla
contemplazione infusa (cf. Itin., e. iv, n. 2-5; vi, 4-7; vii,
SINTESI
E CONFERMAZIONE
649"
n. 2-6). Lo stesso stato mistico
o l'unione passiva non. è per così dire se non un seppellimento in Cristo (of. Itin.,
e. vii, 1-2). « L'orazione infusa è il termine normale e ordinario,
sebbene di un'eccellenza a. parte, degli stati inferiori precedenti. Sembra
infatti che S. Bonaventura non conosca quello stato intermedio che, dal secolo
xvn specialmente, parecchi autori di un'autorità considerevole chiamarono contemplazione
acquisita... Per lui ogni contemplazione è infusa » (p. 41-43).
Questo è parimenti il sentimento del P. Vicente de Peralta, il cui nome fa
giustamente autorità in Spagna. — « La vita mistica, l'orazione infusa
succedono dunque agli esercizi ascetici, e ciò-immediatamente. Questa
espansione è il termine ordinario e normale. Per tendere a queste altezze
della. vita spirituale, non si esige vocazione speciale. San Bonaventura
non ne parla in nessun luogo; anzi dichiara molte volte che la vita mistica è
offerta a. tutti... Il suo sentimento è quanto mai diverso dall'opinione di
parecchi moderni, che, come il P. Maria. G-iuseppe del Sacro Cuore, considerano
l'orazione infusa come un favore straordinario simile alle grazie gratis
datae » (p. 44). Secondo S. Bonaventura è una grazia eccellente, ma non
straordinaria (ibid.). Egli insistette assai su questo punto: cf., v. g., Serm.
I de Sabbato Sancto e Itin. e. vii, 3. « Per una conseguenza
necessaria, la vita mistica è la via. ordinaria della Perfezione.
L'orazione passiva è richiesta alla completa fioritura della vita soprannaturale...
secondo una necessità morale... La scuola dell'abate Saudreau non sostiene
altra dottrina » (p. 47 e 50). Non solo possono tutti desiderare l'orazione
passiva, ma devono desiderarla; tuttavia questo desiderio dev'essere
accompagnato da profondi sentimenti d'umiltà (p. 51-55).
La natura intima della
contemplazione infusa, secondo S. Bonaventura come per S. Tommaso, non
po-trebb'essere una visione diretta di Dio stesso (p. 57). Qui ancora la scuola
del Saudreau riproduce bene il suo insegnamento. Dio è conosciuto non in se
sed, in aliquo effectu inferiori, in un ardore della facoltà affettiva.
Questa contemplazione passiva, amante e saporosa, procede dai doni dello Spirito
Santo.
Tal • è il riassunto di questo
prezioso opuscolo che contiene una gran quantità di testi di S. Bonaven-
<}50 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
tura metodicamente scelti
nelle" sue opere autentiche e perfettamente ordinati secondo i principii
stessi del Santo Dottore.
Tra i figli di S. Francesco che
in questi ultimi tempi esposero queste medesime idee, bisogna citare il P.
lodovico de besse 160,
il P. vigente de
pbealta 151, il P. venant DB
roulers 152.
La mistica del Carmelo.
Secondo S. teresa e S. giovanni della croce, la contemplazione infusa e l'unione a
Dio che ne risulta, sono innegabilmente nella via normale della santità.
Ogn'intelligenza spregiudicata lo riconoscerà dopo la lettura dei testi
numerosi da noi citati passim in tutta, quest'opera.
Senza dubbio S. Giovanni della
Croce scrisse:
« Dio non solleva a questa
contemplazione tutti quelli che desiderano di raggiungerla seguendo la via
dello spirito; non ne prende neppure la metà » 163. Ma questo vuoi
dire, come osserva S. T'eresa (V Mans., o. 1), che vi sono qui « molti chiamati
e pochi eletti ».
160 La science de la Przère — La. science du
Pater — Eclairdsseme'ìit sur les ceuvres mystiques de scsint Jean de. la,
Croisc,
151 Ot. Estudios franciscanos, 1919, articoli.
"'
De la Méditation a la Gontemplation, sous l'ègide de Marie, Bruges,
1921. In quest'opera, p. 100, si legge: « Nell'orazione di fede non entra
•chi
vuole, ma è Dio che deve introdurvi le anime; e quand'egli le in-"troduce,
è per continuare poi a condurle gradatamente ad orazioni più passive ancora,
che, quind'imianzi, resteranno tutte nel medesimo genere, vale a dire
nell'orazione di fede. Dall'introduzione al termine, la
•progressione
rassomiglierà quasi ad un'evoluzione... M'affretto ad aggiungere ohe,
quantunque spetti a Dio l'ammettere le anime a questo genere d'orazione,
tuttavia io sono di parere che la buona volontà disponga ad essa
positivamente, poiché è la via comune e normale della santità. Tutti quelli che
s'applicano seriamente al loro progresso spirituale vi sono chiamati e vi
passeranno... S. Giovanni della Croce
•dice,
e si sa con quale energia, che il dono della contemplazione non è riservato, ma
un dono voluto da Dio per tutti i battezzati... E non strepitino qui
gl'ignoranti e i profani, come se noi volessimo volgarizzare restasi e 11
rapimento. Non si tratta di questo. La contemplazione non è se non una forma
di preghiera tutta raccolta, tutta silenziosa, e che si fa in noi, come dice
S. Paolo, per mezzo dello « Spirito Santo che ci tu dato ».
"'
Notte oscura. 1. I, o. is fine.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 651
Del resto, come abbiam
dimostrato, p. 423-4S4, il santo si è perfettamente spiegato su questo punto in
Viva Fiamma, 2a str., vers. 5: « Bisogna spiegare qui perché sono
così pochi quelli che pervengono a quest'alto stato di perfezione e d'unione
con Dio. Non già per certo che Dio voglia limitare questa grazia ad un
piccolo numero d'anime superiori, ami è suo desiderio che quest'alta perfezione
sia comune a tutti; quello ch'egli troppo spesso cerca invano, sono vasi
capaci di contenere una tale perfezione. Egli. manda prove leggere
ad un'anima ed ella si mostra debole, e fugge subito la sofferenza...
Perciò Iddio non continua a purificare tali anime... O anime che sognate di
camminare tranquille e consolate,... se sapeste quant'è per voi importante
l'esser provate, per raggiungere questa sicurezza e questa consolazione ! ».
La medesima idea è svolta nel Cantico spirituale, IV, str. 39, v. 1: «
O anime create per una tal gloria,... a che pensate voi? Di che vi occupate?
Ohe triste accecamento è il vostro 1 Voi chiudete gli occhi alla luce più
sfavillante e non ascoltate le voci potenti che vi sollecitano ! ».
Bisognerebbe citare tutto il passo 15!1.
S. Giovanni della Croce
distinguendo dalle visioni, rivelazioni e parole ulteriori, la contemplazione
infusa, dice finalmente: « In quanto alla cognizione oscura e generale, non vi
è divisione, è la contemplazione ricevuta nella fede. Questa contemplazione
è la meta a cui dobbiamo condurre l'anima » 155. E a
proposito dei tocchi divini, egli aggiunge: «Sono manifestazioni di
quell'unione a cui dobbiamo sforzarci di condurre l'anima» 156.
Quindi non reca maraviglia che i
teologi del Oar-melo abbiano generalmente insegnato che tutte le anime
inferiori devono aspirare alla contemplazione infusa e all'unione fruitiva.
filippo DELLA S.
trinità' 157, e antonio DELLO
spirito
santo 158 dicono -chiaro e. colle medesime
154 Vedasi pure Viva Fiamma, 3 str., vere. 3, trad.
Hoornaert, II ed.,
p.
218, e S. Teresa, Fondazioni, e. rv. . "5 Salita del
Cannalo, 1. II, o. IX, fine, citato più a lungo a pag. 485. "• Ibid.,
I. II, e. xxiv, vedasi tutto il testo più sopra, p. 491-492. 157
Summa Theol. myst., ed. 1874, t. II, p. 299, e t. Ili, p. 43. u'
Dirwtorium mvsticum, ed. 173S, tr. Ili, d. Ili, sect. IV; tr. IV,
d.
I, seot. IV. — Vedasi anche sopra p.
15-16; 432; 439-440.
652 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
parole:
« debent omnes AD bupernattjralbm CON-TEMPLATIONEM
ASPIRARE. D'BBENT OMNES, ET MAXIME deo SPEOIALITER
CONSECRATAE ANIMAE, AD ACTUALEM FRUITIVAM UNIONBM CUM D.EO ASPIRARE
et
tendere. Tutti devono aspirare alla contemplazione soprannaturale o
infusa (i titoli di questi due teologi identificano queste due ultime
parole). Tutte le anime e specialmente quelle consacrate a D'io devono
aspirare e tendere all'unione attuale fruitiva con Dio » 159. Il
Vallgornera, O. P., come abbiamo veduto, difese la medesima conclusione 160.
giuseppe
dello spirito santo, nel suo grande Cursus Theol. schol.-mysticae,
disp. si, q. 2, come abbiamo notato, p. 448, sostiene la medesima tesi con
queste parole più precise: « Se si prende la contemplazione infuga nel senso
di rapimento, di estasi o di favori simili, noi non possiamo applicarvici, ne
domandarla a Dio, ne desiderarla; ma in quanto alla contemplazione infusa in se
stessa, come atto di contemplazione (fatta astrazione dall'estasi che può
accompagnarla accidentalmente), benché noi non possiamo certo sforzarci di
averla colla nostra industria o colla propria attività, noi possiamo aspirare
ad essa, desiderarla ardentemente e domandarla umilmente a Dio » 161.
« Dio eleva per solito (solet
elevare) alla contemplazione infusa l'anima che si esercita con fervore
nella contemplazione acquisita, è insegnamento comune, quod omnes docent
» 162. Abbiamo citato sopra, p. 448, questi testi secondo
l'originale.
Precedentemente diceva la
medesima cosa il venerabile giovanni di
gesù maria 163. E tommaso
di gesù, del medesimo Ordine, dice che la contem-
"•
Si noti che la nostra formula è più attenuata : noi non diciamo :
« tutti
devono desiderare », ma « conmene che tutte le anime intcriori desiderino
» ; bisogna inoltre che questo desiderio sia accompagnato da una grande umiltà,
virtù che è così poco opposta alla magnanimità, ohe questa aspira alla
grandezza dell'umiltà come a quella delle altre virtù. Cf. II-II, q. 129, a. 3
e 4.
"»
Mystica Theol. sancii Thomae, ed. 1911, t. I, p. 428, e t. II, p. 80.
1" giuseppe
dello spieito santo, Cursus theol. schol.-myst., t. II, II
Praed., disp. xi, q. 2, n. 18, et 23, p. 222...
"'
Ibid., disp. vili, p. 71.
""
Theol. mvstica, Herder 1912, e. Ili, p. 28, 36.
SINTESI E CONFEBMAZIONE 653
plazione acquisita è « la
disposizione principale e più prossima per meritare la grazia della contemplazione
infusa » let, che bisogna distinguere bene, egli dice,
da' suoi accidenti estrinseci, come il rapimento 166. Parimenti non
bisogna confonderla con la contemplazione sovreminente, che procede da
un principio analogo al lume profetico 166. « La contemplazione
infusa è una grazia speciale; ma tutti sono ad essa invitati, invitantur
omnes » 167, invito remoto, distinto dalla chiamata prossima. E
tal è veramente, come abbiamo veduto, la dottrina di Santa Teresa, che ispirò
tutti questi teologi.
Per maggiori informazioni su
questi teologi si veda l'eccellente studio che loro consacrarono i Carmelitani
di Lillà nella ~Vie Spirituelle, oct. 1922, p. 140-166: Les disciples
de sainte Thérèse: l'Ecole carmé-litaine au xvii®' et au xvin® siede.
Ricordiamo solo la cronologia di questi autori: Giovanni di Gesù Maria,
1564-1615, Tommaso di Gesù, 1568-1627, Giuseppe di Gesù Maria, 1562-1629,
Nicola di Gesù Maria, f 1660 o 1680, Filippo della S. Trinità, 1603-1671,
Antonio dello Spirito Santo, 1618-1674, Domenico della S. Trinità, 1616-1687,
Antonio dell'Annunciazione, f 1714, Onorato di S. Maria, 1651-1729, Giuseppe
dello Spirito Santo, f 1739.
Citeremo qui alcuni passi
caratteristici dei più an--tieni di questi teologi.
Il VENElìABiLE giovanni di gesù maria, G. D., nella
sua Istruzione dei novizi, tradotta dal latino dal P. Bertoldo di S.
Anna, Parte 2a, e. 24, dice:
«Tra le beatitudini
(evangeliche), bisogna riferire alla Purezza del cuore la Contemplazione
divina, che è un atto dell'intelletto attento agli spettacoli dell'eternità,
e sospeso per l'ammirazione. Quest'atto è 'prodotto dal dono della Sapienza,
il più eccellente di tutti i doni, ed esso costituisce il fine principale
del nostro Istituto. Consiste in un conoscimento di Dio purissimo
accompagnato da un'ineffabile dolcezza; di modo che la contemplazione è
un'immagine fedele della vera e celeste
Beatitudine. Non ne
"* De Oontemplatione, 1.
I, e. vili, p. 95.
"' IWd., 1. II, o. v,
p. 103, e 1. I, e. vii, p. 93.
"' Ihid,, 1. II, o. ni,
p. 101, o. iv e v.
l" IW.,
1. I, e. vili, p. 94.
654 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
parleremo qui, perché questa
materia è superiore alla capacità dei nostri giovani Frati, che, tuttavia, devono
eccitare in sé il desiderio di giungervi. Sappiano dunque che questo bene
ineffabile è concesso in quest'esilio a quelli che combattono valorosamente:
lo sappiano bene, per animarsi
alla battaglia e per .volgere incessantemente le loro più ardenti aspirazioni
verso le delizie della contemplazione ».
Il medesimo autore, nella sua Theologia
mystlca, ristampata da Herder, chiama generalmente la contemplazione
infusa contemplano divina.
Il Vss. tommaso di gesù, O. D., nel suo trattato
de Oratìone infusa, 1. I, e. i, definisce l'orazione infusa o
soprannaturale: « L'elevazione soprannaturale, libera e pronta della nostra
mente a Dio, procedente dallo Spirito Santo, per l'intermedio d'una de' suoi
doni abituali ». Nel medesimo luogo, la distingue dall'orazione acquisita,
che deriva dalla nostra propria attività col soccorso della grazia comune. —
Nel capitolo n, trattando della necessità dell'orazione -infusa, egli la trova
espressa in queste parole di S. Paolo, Rom., 'vm, 26: « Lo Spirito Santo viene
in aiuto alla nostra debolezza, perché noi non sappiamo ciò che, secondo i
nostri bisogni, dobbiamo domandare nelle nostre preghiere. Ma la. Spirito
stesso prega per noi con gemiti ineffabili, e Colui che scruta i cuori
conosce quali sono i de-, sideri dello Spirito, perché intercede pei santi secondo
Dio ». — « Queste parole, dice Tommaso di G-esù, si riferiscono manifestamente
alla mozione ossia soccorso particolare dello Spirito Santo e dimostrano
ancha.la necessità o il bisogno che noi ne abbiamo. Chi potrà di fatto senza
questa illuminazione e senza. quest'ispirazione dello Spirito Santo resistere
alle tentazioni del demonio, e superare completamente tutti, gli
ostacoli che s'incontrano sulla via dell'orazione?... ' Sono i doni dello
Spirito Santo che rendono l'anima prontamente docile, interamente libera,
capace di vincere le difficoltà e tutta occupata di Dio nella preghiera e
nella contemplazione. Quest'effetto non può essere prodotto dalla stessa virtù
infusa della religione, ne dalle sole virtù teologali ».
Nel cap. in, Tommaso di Gesù
distingue tré gradi di contemplazione infusa, secondo che lo Spirito
Santo coi doni dell'intelletto e della sapienza ci fa ammirare
SINTESI
E CONFEEMAZIONE 65S
le perfezioni divine, sia nello
specchio delle cose sensibili, sia in quello delle cose intelligibili,
sia nelle divine tenebre superiori ad ogni immagine e ad ogni idea
distinta. Qui, egli dice, non vi è più concorso percettibile dell'immaginazione,
oppure « esso è così debole che non vi si bada ».
Come Dionigi Certosino, il Ven.
Tommaso di Gesù. dimostra, ibid., che questi tré gradì della
contemplazione infusa corrispondono ai tré gradi della carità :
1" nei principianti, 2° nei proficienti, 3° nei perfetti. Nel e. iv, egli
distingue la contemplazione-infusa che procede dai doni più elevati,
dalla contemplazione sovreminente, che richiede una grazia gratis
data, come la profezia.
.Nel cap. x, si dice: «L'orazione
infusa e soprannaturale è veramente un dono di Dio, una grazia particolare.
Perciò non vi si può giungere se non vi si è chiamati e invitati da Dio, come
la sposa dei Cantici, ir, 14: Sorgi, amica mia, sposa mia,. e vieni! Solo il
Signore ispira e accorda questa orazione. Ma benché non tutti siano chiamati
(chiamata prossima) a ottenere questa grazia, e benché essa non sia data a
tutti, nondimeno non solo è a tutti concesso di desiderarla, ma ancora di
fare sforzo per ottenerla (chiamata remota). Perciò tutti sono veramente
capaci di ricevere questo dono celeste. Onde Iddio c'invita a questa grazia
dell'orazione per bocca del profeta Isaia, lv,
1: Omnes-sitientes venite ad aquas. Con queste parole tutti
sono invitati, non già che tutti possano arrivare.' subito alla sorgente
d'acqua viva, ma perché a passo a passo possano dirigersi verso di essa. Ci
vuole adunque in primo luogo una gran longanimità, una grande e costante
perseveranza nel picchiare alla. porta della divina Sapienza, fino a che Dio ci
conceda di essere elevati a questa sublime orazione... Bisogna avere il
vivo desiderio di questa grazia e-domandarla, secondo il detto del libro della
Sapienza, e. vii, 7: Optavi et datus est mihi sensus, et invocavi et verni
m me spiritus sapientiae ».
Nel cap. xi, si dimostra che per
conservare questo dono, ci vuole una grande umiltà e diligenza.
Nel 1. IV della medesima opera,
il e. xxm è 'intitolato: « Tutti devono col soccorso della grazia aspirare e
tendere all'unione divina ». Questo non
'656 PERFEZIONE CRISTIANA. E CONTEMPLAZIONE
•è orgoglio ma sì magnanimità,
come sta scritto alla fine di questo capitolo.
Il P. giuseppe di gesù maria qtjiroga (f 1629), che entrò nel
Carmelo solo quattro anni dopo .la .morte di S. Giovanni della Croce, ci fa
sapere però' <che anche nel Carmelo vi furono dei religiosi che
s'allontanarono dalla sua dottrina: « Quando cessò l'influsso e l'insegnamento
del nostro santo Padre, Fra Giovanni della Croce, vennero altri maestri che
preconizzarono il metodo discorsivo e le operazioni affrettate dell'anima più
che quegli atti spirituali semplicissimi che permettono di ricevere
l'operazione di-
•vina e gli effetti
dell'influsso soprannaturale, coi
•quali s'ottiene la
perfezione. Questi maestri facevano nei loro discepoli un'opera assai
diversa; perché questi discepoli uscivano dall'orazione con la testa affati- '
cata e raramente si mostravano menti bene illuminate. E siccome nei noviziati
non s'insegnava come si debba entrare nella contemplazione quando si è maturi
per questo genere d'orazione, essi uscivano dalla scuola di formazione senza
' sapere il principale della loro vocazione e restavano per tutta la vita
senza saperlo, adoperandosi nell'orazione colle forze naturali senza dar luogo
all'operazione divina che introduce la perfezione nell'anima » 168.
Gli autori di cui si parla qui,
per un eccessivo timore dell'illuminismo e del quietismo da cui non sapevano
distinguere la vera mistica, non osavano più dire che tutte le anime ulteriori
devono aspirare alla
•contemplazione infusa. Il loro
influsso ritrovasi in Antonio dell'Annunciazione e in Onorato di Santa Maria 169.
Quelli che ammirano una
contemplazione acquisita
•e che, assai a torto, chiamavano
con questo nome la contemplazione di cui parla S. Giovanni della Croce 170,
la denominavano probabilmente così per
m Don aue tuvo san Juan de la Cruz para guiar las almas, oap. xxn,
«opera
inserita nell'edizione critica di S, Giovanni della Croce, fo III,
p. 569.
169 Tradition des Pères sur la Contemplatwn, P.
Ili, d. 6. "' È certo, come abbiamo detto apag. 2Sl-252,che S. Giovanni
della
•Croce
fln dalla Salita del darmelo, 1. II, e. xill, parla espressamente della
•contemplazione
infusa. — Kecentemente 11 P. gabmble Di
GtBstr,
SINTESI
E CONFERMAZIONE 657
incoraggiare le anime ad
aspirarvi, ed aggiungevano poi ch'essa dispone normalmente a ricevere il dono
della contemplazione ossia la contemplazione infusa.
In tal modo, nonostante queste
divergenze, la dottrina tradizionale sussisteva in ciò ch'essa ha di essenziale
nella maggior parte dei teologi del Carmelo.
Essa trovasi in onorato di S. maria m, nonostante il largo posto ch'egli diede
alla contemplazione detta acquisita. Egli arriva perfino a dire che, al pari
della contemplazione infusa, essa è accompagnata « dall'orazione di quiete,
dal sonno delle potenze, dal silenzio spirituale, dall'estasi, dal rapimento
» 172. Ma, dopo una simile enumerazione, si vede costretto ad
aggiungere: « Quantunque la contemplazione acquisita possa qualche volta
causare l'estasi e il rapimento, è molto verosimile che ciò non possa
accadere senza qualche influsso dei doni dello Spirito Santo; e così la
contemplazione acquisita passa m infusa ». — Così si vede che anche per
Onorato di S. Maria, a motivo « di qualche influsso dei doni dello Spirito
Santo, la contemplazione acquisita passa in infusa ». Vale quanto dire che la
contemplazione acquisita non è se non un atto al termine della meditazione,
o nel corso dell'orazione affettiva semplificata, e che non dura e non diventa
uno stato, come nella quiete, se non diventando infusa, sotto qualche
influsso dei doni dello Spirito Santo. Onorato di S. Maria dice ancora nel
medesimo paragrafo:
« Nella contemplazione acquisita,
non si arriva mai a ciò che si chiama pura, contemplazione, ne agli
altri gradi più perfetti ». Queste ultime parole sono veramente l'espressione
della dottrina di S. Teresa. e di S. G-io vanni della Croce.
Fra i lavori recenti dei
Carmelitani, che sostengono la medesima nostra dottrina, citiamo l'Essai sur
l'O-raison selon l'École carmélitaine del P. teodobo di S. giuseppe,
Bruges, 1923. Ivi l'autore volle darci un'idea generale della dottrina
dei teologi Carmeli-
carmelitano
scalzo spagnnolo, dimostrò bene nella Vida sobrenatwral del gennaio
1923, p. 24 ss., che la contemplazione di cui si parla nella Salita del
Carmelo e non acquisita, ma infusa, come la quiete descritta da S.
Teresa (IV Mans.).
"1
Op. cit., 1 ed., Parigi 1708, t. II, p. 97.
"2
IW., Ili Parte, diss. 3, a. 1, § 2, p. 9-t.
42 — Perfezione e Vtìntemplazione.
658 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
tani scalzi sull'orazione. Egli
insieme con molti di loro chiama « contemplazione acquisita » « l'orazione
(acquisita) di raccoglimento » descritta da S. Teresa nel Cammino, e.'
28; ed è quella che oggi si chiama spesso orazione affettiva semplificata.
Dimostra che essa, nelle anime docili allo Spirito Santo, è normalmente
una disposizione per ricevere la grazia della contemplazione infusa. Questa,
per lui come per noi, comincia col raccoglimento soprannaturale (o
passivo) descritto da S. Teresa nella IV Mansione, e. ni. Cosi « la
contemplazione infusa è il pieno sviluppo della vita della fede » (p. 93). « La
vita mistica è il coronamento normale della vita intcriore... Per tutte le
anime rigenerate nelle acque battesimali, vi è dunque una vocazione generale
alla vita mistica. Desiderare vivamente, con un'umile sommes-sione alla volontà
di Dio, che questo germe si svi-luppi perfettamente in noi, mediante i migliori
doni dello Spirito Santo, è un volere quello che Dio vuole » (p. 120).
Citiamo ancora un articolo della Vida
sobr enaturai del gennaio 1923,-del P. gabriele
di gesù: La subida del Monte Carmelo es ascetica o es mistica? Egli
dimostra con parecchi argomenti che la iS'a-lita del Carmelo è un'opera
mistica e che in essa grattasi della contemplazione infusa; questo risulta dal
Cantico che ivi si commenta, dal Prologo, e -da numerosi passi del libro
stesso, benché il Santo voglia soprattutto far vedere ciò che, in quest'ordine
mistico, hanno da fare le anime stesse per non frapporre ostacolo
all'azione divina, o per disporsi a riceverla.. Per rendersi ragione che si
tratta qui della contemplazione, infusa, basta leggere il testo della Salita
1. II, là. dove sono spiegati i tré segni i quali indicano che si può passare
dalla meditazione alla contemplazione, e. x e xm: « In questo stato. Dio si
comunica all'anima che resta passiva, come la luce ad uno che tiene gli
occhi aperti, e che non fa nulla per riceverla. E per l'anima, il
ricevere così la luce infusa soprannaturalmente, è un comprendere ogni
'cosa restando passiva » : tutto il resto di questo ca-.pitolo xm
manifestamente tratta ancora della contemplazione infusa e non acquisita.
" II P. Gabriele di Gesù, al
vedere che qualche volta si vuoi ridurre all'ascetica e alla contemplazione
.ac-
SINTESI
E CONFERMAZIONE 659
quisita
la IV e la V Mansione di S. Teresa, ne è stupito a tal segno da dichiarare che
gli. parrebbe cosa impossibile, se non lo vedesse 17S.
Del
resto per noi è più prezioso il sapere che il p. Gabriele di Gesù 17'1,
molto meglio di noi in grado d'apprezzare le finezze della lingua di S. Teresa,
stima che noi abbiamo esattissimamente esposto il pensiero della Santa sulla IV
e V Mansione, trattando dei caratteri essenziali degli stati mistici da lei
descritti (Vie Spirituelle, ottobre 1922).
Notiamo
finalmente le principali conclusioni del recente Congresso teresiano di Madrid.
Conclusioni approvate al Congresso f eresiano di Madrid.
El
Monte darmelo di Burgos, maggio 1923,
pubblica le conclusioni approvate nel Congresso teresiano di Madrid, sulla
necessità della vita spirituale, sull'utilità della dottrina di S. Teresa per
la pietà cristiana, sulla preghiera vocale, sui metodi d'orazione e sulla
contemplazione.
A
proposito dei metodi d'orazione, la 7'1 conclusione è la seguente :
<c Le persone ohe per natura, o perché sono già abbastanza avanzate nella
perfezione, non si trovano soddisfatte del metodo discorsivo, possono usare il
metodo chiamato di Contemplazione acquisita in una delle due forme
raccomandate da S. Teresa, il semplice sguardo affettuoso o il raccoglimento
intcriore, secondo la facilità che vi troveranno e il profitto ohe ne
ricaveranno ». — Questa conclusione, adunque, come noi abbiamo già fatto più
volte 175, identifica la contemplazione acquisita con l'orazione
acquisita di raccoglimento descritta nel Cammino della Perfezione, capo
28.
Si
deve pure notare che le conclusioni del Congresso, disposte sotto il titolo di
contemplacion, trattano tutte
della contemplazione infusa : è un riconoscere ch'essa è la contemplazione
propriamente detta, come noi abbiamo sempre insegnato 176. Se si
notano le conclusioni relative a questo
"'
Art. cit., p. 27. "* IW., p. 27.
175 Vie Spirituelle, marzo 1921, p. 472; hot. 1921, p. 84-88; ott. 1922, P.
111-113, p. 121; marzo 1923, p. 656. Or. supra, p. 247-252, 264, 268. 1"
Vie Spirititene, nov. 1921, p. 86-87. \
660 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
argomento,
si vede ch'esse coincidono con quello che noi abbiamo dato come la dottrina
tradizionale.
tema V. — contemplazione
«
1° La contemplazione infusa è l'operazione mistica per eccellenza. —-,
2° Questa contemplazione è la cognizione sperimentale delle cose divine,
prodotta soprannaturalmente da Dio nell'anima; ed è il più intimo stato
d'unione con Dio che si possa avere quaggiù. — 3° Per conseguenza, nell'ordine
dei mezzi, è V'ultimo ideale e come l'ultima tappa della vita
cristiana in questo mondo, nelle anime chiamate all'unione mistica con Dio. —
4° Lo stato di contemplazione è caratterizzato dal predominio crescente dei
doni dello Spirito Santo e dal modo sovrumano con cui si esercitano, tutte
le buone azioni. — 6° Come le virtù trovano la loro ultima percezione nei
doni, e come questi trovano la loro attuazione perfetta nella contemplazione,,
ne risulta ohe la contemplazione _è la Via, ordinaria della santità
e della virtù abitualmente eroica ».
. Conclusioni sulle disposisioni alla contemplazione.
«
1° La contemplazione infusa è un dono di Dio, ed egli , solo può farci
misericordiosamente arrivare ad essa. — 2° Le disposizioni alla contemplazione non
sono per se stesse efficaci se non in quanto eliminano gli ostacoli e attirano
la divina misericordia. — 3° Le principali disposizioni alla contemplazione
sono il distacco da tutto il creato, la purezza dell'anima,
l'umiltà, la vera carità, e la perseveranza nell'orazione. — 4° Queste
disposizioni essendo accessibili a tutti gli stati, in tutti vi possono
essere anime contemplative ».
tema VI. —— utilità DELLA
CONTEMPLAZIONE E LA SUA EFFICACIA PER L'INCREMENTO DELLE VIRTÙ
«
1° La contemplazione è come l'irrigazione, in grazia della quale crescono e
si sviluppano le virtù, che arrivano così alla loro ultima perfezione. — 2°
In queste virtù perfette, che derivano dalla contemplazione, la grazia non è
più solo principio soprannaturale delle nostre buone azioni, ma essa regna
già completamente e imprime a queste medesime azioni la sua propria modalità
sovrumana. — 3° Questo stato di contemplazione fa scomparire ogni traccia
d'amor proprio e di vanagloria. :— 4° Per la contemplazione si arriva
SINTESI
E CONTEEMAZIONE 661
a morire completamente a sé, affinone solamente Oesw Cristo viva in noi ». k . •
tema VII. —— unità. DELLA VITA SPIRITUALE E I SUOI
GRADI SECONDO II. UBEO DELLE mansioni DI
S. tekesa
«
1° La direziono spirituale teresiana sintetizza tutta la tradizione ne' suoi
tré gradi essenziali : « vita purgativa, illuminativa e unitiva » ; d'altra
parte essa è la più oggettiva nella divisione dei gradi dati dalla Santa,
divisione fondata. nell'osservazione diretta e psicologica. — 2° La direziono
spirituale teresiana è la più completa, perché considera non solo gli
stati spirituali superiori, ma anche gl'inferiori intermedi, secondo
un'evoluzione senso sbalzi repentini, e poiché il libro delle Mansioni è
quello che raccoglie meglio tutti gl'insegnamenti della Santa, dev'esser
riconosciuto come il codice tipico di dottrina sulla vita spirituale, e S.
Teresa come la maestra della vera dottrina spirituale. — 3° La direziono
spirituale teresiana non è una direzione teorica e di scuola, ma è
eminentemente pratica; perché non si contenta di esporre i principii e di
determinare la natura dei gradi d'orazione, ma da molti consigli, propone i
mezzi, addita i pericoli e contiene tutte le sfumature d'una direziono pratica.
— 4° II fine della santa Madre nello scrivere le Mansioni è quello di
esporre i varii gradi per cui un'anima può passare per giungere alle supreme
manifestazioni della vita mistica, senza pretendere di spiegare le altre vie
pos-" sibili della vita spirituale. — 5° Nelle Mansioni di S.
Teresa si trovano due ordini di fenomeni completamente distinti:
negli
uni, l'anima si muove da sé col soccorso della grazia;
negli
altri, è soprannaturalmente mossa da Dio. L'anima può in ogni circostanza procurarsi i primi, ma non può
procurarsi i secondi se non indirettamente, mediante l'esercizio delle virtù,
specialmente dell'umiltà ».
i * * *
S. fbanobsco di sales conservò la dottrina
di S. Teresa. Nel Trattato dell'Amar di Dio, 1. VI, subito dopo aver
parlato della meditazione, senza trattare della contemplazione acquisita,
descrive i varii gradi della contemplazione infusa come S. Teresa, cominciando
dal raccoglimento soprannaturale. Egli fa notare, 1. VI, e. 7, che questo
raccoglimento soprannaturale « nofì, è in nostro potere di averlo quando
662 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
vogliamo e non dipende
dalla nostra diligenza, ma lo fa Dio in noi, quando gli piace, colla sua santa grazia
». Nondimeno, per il Santo, questa grazia è generalmente accordata alle anime
generose, perché egli scrive: « Noi meditiamo per raccogliere l'amor di Dio, ma
avendolo raccolto, contempliamo Iddio è siamo attenti alla sua bontà per la
soavità che l'amore vi ci fa trovare... Insomma la meditazione è madre
dell'amore, la contemplazione è sua figlia » (1. VI, e. 3). « La santa
contemplazione è il fine e la meta a cui tendono tutti gli altri esercizi » (I.
VI, • e. 6). Del resto questa contemplazione alle volte è arida: « le
facoltà dell'anima non trovano in essa alcuna soddisfazione, nemmeno la
volontà, salvochè nella sua suprema punta» (1. VI, e. 11). S. Francesco aveva
un esempio mirabile di questa contemplazione infusa arida in S. Giovanna di
Chantal. Perciò egli può dire, 1. VII, e. 7: « In cielo vi sono \ non
pochi santi che non furono mai in estasi ossia rapimento di contemplazione ».
Finalmente nel 1. II, 11,
parlando delle anime che non oltrepassano l'orazione di quiete il Santo dice
come S. Teresa: «Per certuni la colpa non è dalla parte di Dio ». Per lui è
cosa certa.
Bossuet, nell'opera Mystici
in luto, n. 41, dice che « S. Francesco di Sales era arrivato al sommo
della perfezione, senz'aver oltrepassata la meditazione discorsiva ». — Ma la Chantal,
nelle sue risposte alle domande fatte dalle sue figlie, dice il contrario, e
afferma che S. Francesco di Sales conosceva per esperienza le orazioni
soprannaturali •m. L'aveva detto egli stesso nella sua lettera
dell'undici marzo del 1610 178. Sul concetto che Bossuet si fece per
un momento della contemplazione infusa, cf. supra, p. 250, 260, e dopo
quest'articolo, le pagine sul Quietismo, p. 671.
' S. chantal, nell'opera ora citata, parla alle sue figlie
dell'orazione passiva di quiete, a cui, com'ella dice, tutte devono aspirare: «
Io so ch'essa è molto combattuta da quelli che Dio conduce per la via
del discorso, e parecchie nostre Suore ne furono turbate,
177 Réponses de
sainte Jeanne d.e Ohantal, II ediz., Parigi 1665, p. 508 e seguenti. " ^
"'
Ct. Saudreau, Etat mystiyue, II ed., p. 365.
SINTESI
E CONFEEMAZIONE 663
con dir loro ch'esse sono oziose
e perdono tempo... Ma voi non dovete smuovervi dal vostro modo di procedere per
tali discorsi. Perché il nostro Beato Padre, che intendeva eccellentemente ogni
genere d'orazioni, come si vede da' suoi scritti, sempre approvò questa... Non
dobbiamo portarvici noi stesse, ma attendere con umiltà e pazienza l'ora che il
nostro divin Salvatore destinò per introdurci m questa felice condizione
(è dunque veramente un'orazione non acquisita, ma infusa)... Ma finalmente
tutte fanno capo lì, senza quasi accorgersi che vi si trovino...
Bisogna domandare continuamente a Dio questo dono d'orazione, con una profonda
umiltà senza mai stancarsi ».
Gli Spirituali della Compagnia di Gesù.:
S. ignazio ,di loyola aveva circa la contemplazione infusa le
medesime idee degli altri Maestri, e la riguardava come desiderabile, non a
cagione delle dolcezze ch'essa alle volte procura, ma perché senza di essa
l'anima resta imperfetta. Infatti, in una lettera a 8. Francesco Bargia
(Roma, 1548), scriveva: « In vece di cercar di fare scorrere un po' di sangue,
cercate più immediatamente lo stesso nostro Divin Maestro, voglio dire i suoi
doni santissimi, come per esempio il dono delle lacrime... o ancora
l'intensità della fede, della speranza e della carità, la gioia e il riposo
spirituale, la consolazione profonda, l'elevazione dello spirito, le
impressioni e le illuminazioni divine e tutti gli altri gusti e sentimenti
spirituali relativi a tali doni, come l'umiltà... Senza questi doni, tutti i
nostri pensieri, parole ed opere sono imperfetti, freddi e. torbidi; noi
dobbiamo desiderare questi doni, affinchè per essi i nostri atti diventino giusti,
ardenti e chiari, per il maggior servizio di Dio » "9.
S. fbanchsco boegia pensava la medesima cosa, poiché, il 16
gennaio 1546, aveva scritto al santo -Fondatore: « Vostra Eiverenza m'aiuti
affinchè mi sia dato quello che Dio stesso desidera per le sue
171 Cf. alessandro
bboo', S. J., La SpiritiiaUtéSesaHlfIgMu:e,191i, e. vili, Les
Exercices et les gràces d'oraison, p. 115.
664 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
creature, cioè l'esercizio
della contemplazione .continua, per la quale noi fummo creati » 180.
S. alfonso eodbiguez, quell'umile fratello coadiutore, che
portava il medesimo nome del suo fratello contemporaneo, autore deli'Esercizio
della Perfezione cristiana, lasciò ammirabili scritti in cui eccita le
ànime a desiderare la contemplazione, che per lui è il regno del cielo sopra la
terra. Egli vuole « che questo regno si domandi a nostro Signore con lacrime
e sospiri continui e con un'estrema fiducia, perché egli non da nulla con
maggior piacere che il suo amore » 181. I mezzi per disporvisi
sono specialmente l'orazione e la mortificazione 182. « Quando
l'anima è così mortificata e vinta, siccome è spoglia d'ogni amor pròprio e
vuota di tutte le cose create, libera da ogni pesantezza e da ogni ostacolo,
ella si trova nel seno di Dio... Lo contempla, lo gusta, l'ama... Lo vede e
l'adora in tutte le sue creature... Poi perde di vista queste creature per
trovarsi sola con Dio e per nutrirsi in Lui del suo amore... » 183.
I frutti di quest'amore attinto
dalla contemplazione sono « un'umiltà profonda, una pazienza piena di
mansuetudine,... l'imitazione della vita santissima di Gesù Cristo » 18Ì.
Come per solito negli esordi
d'ogni ordine religioso, nella Compagnia di Gesù da principio dominava chiaramente
la tendenza mistica.. Ma quando bisognò mettersi in guardia contro gli errori
sparsi dagl'illuminati d'Andalusia, si produsse in molti contro la vera
mistica una reazione che notammo a p. 635 parlando del Granata e del Carranza,
denunziati da Melchior Cano, e del Carmelitano Giuseppe di Gesù Maria Quiroga,
che dovette contro certi suoi fratelli difendere la dottrina di S. Giovanni
della Croce. Fu allora che il P. baldassaere
alvaehz, direttore di S. Teresa, diventò sospetto a' suoi fratelli di religione;
il ven. P. Lodovico da Ponte, suo storico, dice che una vera tempesta si
sollevò contro di lui. Fu denunciato al Generale dell'Ordine, P. Everardo
Mercurian, che approvò il divieto fatto al santo re-
"° Cf. P. svav, Histatre de satnt Francois de Bargia, p. 178.
181 ExpUcation des demandes du « Poter i, e. xv.
M IUd., e. xi e xni.
1<" De l'Union et de la
Transformation, e. sui.
1" IM., e. xvi e xix. :
SINTESI
E CONFERMAZIONE 665
ligioso « d'usare, sia per sé, sia
per gli altri, un modo d'orazione diverso da quello degli Esercizi di S.
Ignazio » 185.
Il eodeigubz, come dice il P. Dudon S. J. ^s, si mostrò
decisissimo nelle sue preferenze esclusive per la meditazione m,
nonostante alcuni passi più larghi ne' suoi capitoli vi, xn e xm del suo trattato
dell'Orazione. Altrettanto bisogna dire dello Scaramelli nel secolo xvm, il
quale, insieme col Eo-driguez, ritiene che la contemplazione sia un dono
straordinario che non convien desiderare 188.
Nondimeno gli autori spirituali
più notevoli della Compagnia di Gesù conservarono ammirabilmente la dottrina
tradizionale richiamata dal P. Generale Claudio Acquaviva. Essa trovasi nel
Suarez, nel Ven. Lo-dovico da Ponte, nei Padri Le Gaudier, Lallemant, Surin,
Eigoleux, finalmente nel secolo xvm nei Padri de Caussade e Grou.
Il sijarez spiega ciò che si. propose S. Ignazio scrivendo gli Esercizi:
« Egli ci conduce sulla soglia della vita contemplativa... e lascia il resto
alla dirczione dello Spirito Santo; ecco perché egli parlò così poco
dell'unione con Dio e dell'atto semplicissimo della contemplazione » 189.
Il Suarez ritiene che tré doni
dello Spirito Santo cooperano alla contemplazione, quello dell'intelletto,
della sapienza e della scienza 180. Per lui, essa è propria dei
perfetti 191, benché a volte s'incontri transitoriamente negli
altri; è altresì il mezzo per ottenere la perfezione della carità o dell'unione
con Dio. Così via unitiva e via contemplativa si confondono. Di solito la
contemplazione infusa non esclude ogni con-
1" Gt. sa questo punto l'articolo del P.
Dudon, S. J., comparso nella Revue d'Ascétique et de Mystigue, gennaio
1921; e gli articoli del Padre Colunga, O. P., Oieneia tennista, maggio,
luglio, nov. 1914. Il P. Bverardo Merourian fece altresì un'ordinazione per
raccomandare al Superiori di non lasciar leggere, senza un permesso speciale,
il Taulero, l'Harphius ed altri mistici. Ma il Generale che venne dopo, 11 P. ci.aitdio acqua -viva, corresse il modo di procedere del
suo predecessore. Gt. ai.bx.
bbou, op. cit., p. 129.
" Gt. dudon, Michel Molinos, p. 267, nota 1. " Esercizio della Perfezione, o. iv, v, vii. " Direttorio mystico. ti. I, oap. i, n. 10 ; tr. Ìli, cap. xxxn. " suabez, de Religione, tr. X, 1. IX, e. vi. De Oratione mentali, o. x, n. 9. Ibid., e. xi. i
666 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
corso dell'immaginazione 192,
alle volte è anche arida 193. Si distingue adunque affatto dai
favori straordinari che possono accompagnarla. La medesima dottrina si trova nel
medesimo secolo nel P. Le G-audier.
alvaeez
db paz scrisse pure, nel tomo III delle sue. Opere, trattando delle
questioni mistiche: « La contemplazione è il fine della meditazione, è la meta
a cui dobbiamo tendere; ci è dunque permesso di ' desiderarla e domandarla
umilmente a Dio, è anche un dovere per noi il disporvici con un'abnegazione
perfetta e coll'esercizio assiduo di tutte le virtù. E certamente dobbiamo
imputarne a noi la colpa se non proviamo mai le soavità ineffabili della contemplazione.
Allontanate da voi i vostri peccati e le vostre immortificazioni, colla
condotta della vostra vita rendetevi simili a Gesù Cristo, e il dono della
contemplazione non vi sarà rifiutato ». De inquisi-tione paois, 1. I, p.
Ili, e. 27, ed. 1617, t. Ili, p. 278.
. .
Tuttavia, nel tomo III, 1. V,
parte II, cap. in, si dice : « Non tutti i perfetti sono elevati alla contemplazione
perfetta », vale a dire ad un grado eminente, in cui essa è
accompagnata da estasi, come dimostra il contesto. È quanto abbiamo veduto in
S. Francesco di Sales; è la dottrina comune.
D. P. lallbmant, che già citammo ripetutamente, 'scrive nella Dottrina
spirituale, VII Pr., e. 4, a. 4, § 2 : « Senza la contemplazione mai non
progrediremo molto nella virtù e non saremo mai capaci 'di far progredire gli
altri. Non usciremo mai interamente dalle nostre debolezze ed imperfezioni.
Staremo sempre attaccati alla terra e non ci solleveremo mai gran fatto sopra i
sentimenti della natura umana. Mai non potremo rendere a Dio un servizio
perfetto. Ma con essa faremo più e per noi e per gli altri, in un mese, che non
faremo senza di essa in dieci anni ». Cfr. ibid., IV Pr., e. 2, a. 1, §
6; e. 5, a. 1;
III Pr., a. 2, § 2.
Il P. suein, nel suo mirabile Trattato dell'Amor di Dio, 1.
I, e. ±, dice la medesima cosa: « Una ten-
112 De Orai. mentali, o. xiv. "3 Ibid., e. xvni.
SINTESI
E CONFEBMAZIONE
667
fazione assai ordinaria per non
pochi servi di Dio è voler limitare il proprio amore e farsi idee troppo
piccole e troppo basse nel servizio di Dio... Comunemente le persone che si
sono date a Dio, che entrano in religione e che dicono di voler essere sante,
poco dopo la loro conversione si limitano nei loro disegni, e, invece di
elevare e di estendere la pratica del loro amore, essi non possono persuadersi
che sia necessario spingersi più oltre che far tutto per Dio, attualmente e in
particolare come abbiamo spiegato;
ma esse dicono ancora che è
un'illusione intraprendere tal cosa... Io, per me, dicono, non sono di queste
anime straordinarie, non ho affatto queste unzioni mistiche, non volo
tant'alto, mi contento della via sicura e dell'usanza comune; e si persuadono
perfino che tal sia lo spirito della loro vocazione. Io direi loro volentieri:
Voi non avete queste unioni così alte, e questi gusti così nobili di Dio, ed è
forse per questo che si trova tanta difficoltà a consolarvi quando qualche
burrasca vi agita, quando qualche disprezzo vi sopravviene. Se voi
collocaste più in alto la perfezione, se aveste di mira Iddio, se in lui fosse
la vostra consolazione, forse avreste queste unioni preziose e delicate che
lasciano così fortificato il cuore •che nulla di umano lo può scuotere. .Non è
bene desiderare le visioni, le rivelazioni e le cose straordinarie; ma è molto
bene esercitare verso Dio una liberalità così grande che meriti contraccambio.
Nostro Signore da ricchezze di spirito per la povertà di spirito che
s'abbraccia per lui. Ma qual è questa povertà ? È quella di non cercar se
stesso in nulla... di morire al mondo e all'amar proprio, per vivere solo a
Gesù Cristo... Ecco la vera e solida virtù. Quando l'uomo agisce in tal
modo... allora entra nella vera vita mistica e nella vera unione cui da
l'amore con Gesù Cristo.
« Allora, senza lambiccarsi
troppo il cervello, senza far letture e speculazioni, la fonte che zampilla
fino alla vita eterna s'apre; i lumi divini scendono nell'anima, non in
qualità di conclusioni tratte colla forza del ragionamento, ma come impeti di
grazia, come fiumi di pace, come torrenti di benedizioni... Ecco la strada
dei santi; non se ne troverà mai altra, e non ve ne può esser altra fuorché
quest'unica ricerca di Dio ».
668 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Nella medesima opera, bisogna leggere
a questo proposito, nel 1. II, il' capitolo x, ove l'autore fa vedere qual era
lo scopo degli Esercizi di S. Ignazio:
« ricondurre le anime a Dio. Ma
non ne segue, aggiunge egli, che un uomo, ritornando alla solitudine per
esercitarsi nell'orazione, debba, per tutta la sua vita, prendere le medesime
meditazioni senza omettere nessuna delle medesime letture »', Nello stesso
luogo è spiegata la massima: « qual è l'orazione, tal è la vita, e quale la
vita, tale l'orazione ».
Parecchi obiettano: « Se Dio ci
eleva, noi lo seguiremo, perché Dio ciò fa quando vuole, ma egli non lo fa, e
senza ciò noi non possiamo essere santi ». — « A questo, dice il P. Surin,
ibid., rispondo che Dio, per elevarli in tal modo, aspetta ch'essi rinuncino
a sé stessi »... perché nostro Signore disse che « Ohi s'umilierà sarà
esaltato ».
Nel libro III, e. i: « Quali sono
le ricchezze spirituali che accompagnano questo stato di cui abbiamo parlato
e in cui vivono quelli che hanno questa pratica di far tutto per Dio e di non
mirare che a lui in ogni cosa ?... Nessuno arriva sulla cima del monte
(della perfezione) se non soffrendo molte... pene ulteriori o... pene
esteriori... Finalmente gli uni e gli altri, dopo grandi fatiche e lunghi
esercizi ,di virtù, arrivano sulla cima del monte e lì trovano i beni e le
ricchezze... di cui vogliamo parlare. Vi sono due sorta di beni
soprannaturali: gli uni sono interamente straordinari, come visioni,
parole intcriori, estasi, rapimenti, e cose del tutto fuori dell'ordine
della fede; gli altri, che sono nell'ordine della fede, consistono in lumi
e in sentimenti. Io non pretendo qui di trattare dei primi effetti
straordinari della virtù, ma dei secondi, che Dio d'acquistò e che ci sono dati
in seguito alle nostre diligenze e alla pratica dei consigli di nostro Signore.
Circa la qual cosa io dico che, quantunque queste cose e questi effetti siano
ricevuti dietro la cooperazione ordinaria . alla grazia, e siano promesse dai
profeti e descritte dagli apostoli, tuttavia sono di tal natura, cioè fondate
in una fede così alta, in una speranza così forte e in una carità
così viva, che l'uomo che le ha non è meno sicuro dell'essere
soprannaturale ed elevato nello stato che supera la ragione e il senso umano e
non entra meno nell'esperienza del secolo futuro,
SINTESI
E CONTEBMAZIONE 669
che per i doni straordinari che
Dio fa a quelli a cui egli riservò questi privilegi. ..
« Passa però questa differenza
che le cose straordinarie, come le visioni, le estasi, i miracoli, sono cose
maravigliose, e contro il corso ordinario della grazia unita alla libertà; e
queste invece sono un effetto delle cause ordinarie che Dio mette
nell'economia della fede e della grazia ch'egli da a' suoi figli, quantunque
per la sua liberalità il tutto arrivi ad .eccessi, che traggono l'uomo da ciò
che è mediocre e sorpassino ciò che è nascosto sotto il velo della fede, o, se
lasciano il velo, s'accostino così da vicino, che la fede che resta all'anima è
d'una misura e di un'altezza che mette l'uomo nell'anticamera dell'eternità e
nei pregustamenti della gloria. Queste sono cose che quelli che cooperano alla
grazia ordinaria possono sperare, e che sono i frutti e le ricompense delle
fatiche dei cristiani, di ciascuno dei quali, in qualche senso, si può dire
ch'egli può arrivarci e che, se non ci arriva, è colpa sua, avendo gii
aiuti che Dio da nella Chiesa e nell'efficacia del sangue di Gesù Cristo, che
fu versato per acquistare siffatti tesori agli uomini. Ciò noi diciamo
basandoci sulle parole degli Apostoli e specialmente di S. Paolo, che ha sempre
sulle labbra le ricchezze incomprensibili di Gesù Cristo. Of. Eph. in, 8 ». —
In questa medesima opera, 1. Ili, bisogna leggere i capitoli seguenti sulla «
pace abbondante che Dio da a tutti quelli che si risolvono a servirlo nella
perfezione del suo amore », sulla « purezza sensibile e la serenità » che ne
risulta, sull'« unione ammirabile con Gesù Cristo nell'Eucaristia », sulle «
ferite d'amore ».
L'autore, nel cap. xi, espone i
motivi di dichiarare agli uomini queste cose eccellenti della grazia, invece
di tenerle segrete: « È quanto mai a proposito il far conoscere agli uomini
quelle cose che possono animare le loro speranze combattute dalle difficoltà...
Vi è ancora un motivo che oltrepassa tutto questo ed è il fare tutto puramente
per Dio... Mediante gli effetti ben noti della grazia l'uomo intende in che
consista un sommo bene; e quand'egli lo può concepire, si forma un ardore
incredibile verso di lui;
e quando Iddio ne fa sentir
qualche cosa, l'anima rimane convinta e persuasa ch'ella deve dedicarvisi totalmente.
Onde quelli che ne parlano fanno un'opera
670 PEBFEZIONE
CEISTIAISTA E CONTEMPLAZIONE
utilissima e ragionevolissima...
È cosa ottima rivelare agli uomini quello che la carne e il sangue non possono
far conoscer loro. Con questo mezzo, come si procura a molti la salute, così se
ne possono guadagnare alcuni all'ideale della perfezione... Beato colui che...
si adoperasse a promettere agli uomini che, se vogliono seguire i consigli di
Gesù Cristo, vi sono beni infiniti da guadagnare,... poiché egli promise che il
centuple di ciò che s'abbandona si ritroverà fin dal presente, etiam
nunc in tempore hoc (Mare., x, 80)... Bisogna far vedere che le promesse di
Cristo sono effettuate e compiute nella persona dei santi, come fa vedere la
loro vita». Il P. Surin conclude che governandoci col lume della fede e colla
cooperazione generosa alle grazie, noi entreremo nel porto desiderato della
vita perfetta, ove troveremo queste ricchezze soprannaturali 19i.
Il P. db oaussadh, nel!' Abandon a la providence divine, 1.
II, e. i, § 7, p. 67 scrive altresì: « Quello. che si chiama grazie
straordinarie e privilegiate è cosi chiamato unicamente perché vi sono anime abbastanza
fedeli da rendersi degne di riceverle. È quello che si vedrà bene nel giorno
del giudizio. Ohimè 1 vi si vedrà che la maggior parte delle anime .saranno
state private di queste divine larghezze, non a cagione d'una riserva di Dio,
ma solo per colpa loro » 195. •
La medesima dottrina è oggi
difesa nella Compagnia di Gesù dal P. Garate nella sua risposta al P. de
Maumigny 196,: dal P. Dudon 19Ì, dal P. de la Taille 198,
e da parecchi altri teologi. ;
1" A bello studio non aliiamo citato del medesimo
autore il Catechismo spirituale, ohe tu messo all'Indice a
oaglone'tUmolte espressioni inesatte contenute nella traduzione italiana. 01.
SAUDKEAÌJTT'ie d'union, III ed., p. 35-t. . .
116
vedansi I diversi stati d'orazione, del medesimo autore, dialogo Vili,
Sul vuoto dello spirito e l'impotenze ohe l'accompagnano, e dialogo IX. Item P.
gbott, Massime spirituali,
2* massima.
"«
Bazon y Fé, luglio 1908, p. 323-321.
"'
Michel Molinos, 1921, p. 260, 261, 268. Noi riferiamo questi testi del
P. Dudon alla fine di questo capìtolo dopo gli errori dei quietisti, p. 673. Il
P. Dudon, a proposito del P. de
maumiont, S. J., nota, p. 267, n. 1, che quando si paragonano tra
loro le varie edizioni della sua Pratica dell'orazione, si osserva facilmente
che a poco a poco egli viene a dimostrare come gliEsercizi di S.
Ignazio preparano la contemplazione Infusa.
»• L'Oraison contemplative, Paris, Beauchesne, 1921.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 671
Nella Eevue d'Ascétique et de
Mystique del gennaio 1923, p. 75, dopo un articolo del Saudreau, il E. P.
Bainvei, S. J., riconosce: « Io non ritengo le specie infuse, analoghe a quelle
degli angeli, come costitutive dello stato mistico», e a p. 99 si riferisce
l'opinione del P. Watrigant, S. J., secondo la quale la contemplazione è « il
coronamento ordinario della vita spirituale perfetta ». Nel medesimo n° p. 97,
il R. P. Q. Guibert,'S. J., scrive: .«Per quanto riguarda la frequenza
di questo dono (della contemplazione infusa), almeno nei monasteri del
Carmelo riformato, il pensiero di S. Teresa non si presta ad alcun dubbio;
abbiamo già ricordato qui (li, p. 408) il celebre testo delle Fondazioni, e.
4, quale fu restituito dal P. Silverio secondo l'autografo della Santa (Obras,
t. 5, p. 34; cf. t. 4, p. xxvi, nota) e dov'ella afferma che, in ciascuna
di queste mansioni, se Dio ne conduce una o due per la via della meditazione,
le altre (todas las demos) sono giunte alla « contemplazione perfetta e
talune ai rapimenti ».
Circa S. Alfonso vedasi quello
che abbiamo detto più sopra, p. 526-527; cf. saudeeau,
Gradi della Vita spirituale, t. II, n. 27, 46, 61, 80, 102, 163.
Errori quietisti e semiquietisti.
Come si può vedere dalle 68
proposizioni di michele molinos condannate
nel 1687 (Denzinger, Enchiridion, IO» ed., n. 1221-1288), il quietismo
devia totalmente dalla dottrina tradizionale da noi esposta, e specialmente nei
punti seguenti:
1° Secondo lui, l'uomo deve
annichilire le sue facoltà, perché il voler agire offende Iddio, che vuoi essere
solo ad agire in noi. L'attività è nemica della grazia, i voti di compiere
certi atti sono un impedimento alla perfezione. Non operando più, l'anima si
annichilisce e ritorna al suo principio, che è l'essenza divina, in cui ella
si trasforma; allora non vi è più che una realtà, Dio stesso che vive e regna
nell'anima, che ha ridotto al nulla la sua azione. Tal è la via inferiore,
nella quale l'anima non produce più atti di cognizione ne d'amor di Dio, e non
pensa più alla vita eterna, ne alle pene dell'inferno;
672 PE,BFEZ):ONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
essa non deve più desiderare di
conoscere se sia gradita a Dio, ne riflettere sopra i suoi atti, o sopra i suoi
difetti da correggere. Non deve desiderare la propria perfezione e salute, ne chiedere
a Dio qualche cosa di determinato, ne rendergli grazie, ne guadagnare
indulgenze, ma deve abbandonarsi a Dio perché egli faccia in lei, senza di lei,
la sua divina volontà. Non ha più bisogno di resistere positivamente alle
•tentazioni, di cui ella non ha più da tener conto.
Nell'orazione, secondo Molinos,
colui che si serve d'immagini o di concetti proprii, non adora Dio in spirito e
verità. Non bisogna ricorrere alla meditazione discorsiva quando Iddio non
parla all'anima, perché egli non parla mai, ma opera sempre nell'anima
quand'ella non lo impedisce co' suoi ragionamenti e colle sue operazioni.
Bisogna dunque restare nell'orazione in una fede oscura, in un riposo in cui
uno dimentica ogni pensiero distinto relativo all'Umanità di Gesù o anche alle
perfezioni divine, alla Santa Trinità, e restare in questo riposo senza
produrre alcun atto. Questa cognizione di fede oscura non è un atto prodotto
dalla creatura, ma un conoscimento che le viene da Dio soZo, e che noi possiamo
avere senz'averne coscienza; altrettanto bi-;. sogna dire dell'amore. È questa
la contemplazione acquisita, in cui bisogna restare per tutta la vita,
se Dio non solleva alla contemplazione infusa (Den-zinger, 1244).
Da ciò si vede che la contemplazione
acquisita, che Molinos consigliava a tutti, era una passività acquisita
a piacimento mediante la cessazione d'ogni operazione; così egli attribuiva
alla contemplazione acquisita quello che è vero della contemplazione infusa, e
con un tratto di penna sopprimeva tutta l'ascesi e la pratica delle virtù
considerata dalla tradizione come la vera disposizione alla contemplazione
infusa e all'unione a Dio. Perciò pretendeva che la distinzione delle tré vie:
purgativa, illuminativa e unitiva, sia la maggiore assurdità che sia stata
detta in mistica, poiché vi è una sola via per tutti, la via interna (Denz.,
1246).
Secondo questi principii egli
sosteneva che la contemplazione continui durante il sonno, che il disgusto
delle cose spirituali sia buono, che la divozione sensibile sia spregevole,
che le anime inferiori non de-
SINTESI
E CONFERMAZIONE 67^
vano far atti per prepararsi alla
santa comunione ne dopo per render grazie a Dio, che non debbano pregar
vocalmente, nemmeno dire il Pater, che non debbano far atti d'amore
riguardo ai Santi, alla S. Vergine o all'Umanità del Salvatore. L'uso dei
sacramenti e la pratica delle buone opere, secondo lui sono cose indifferenti.
.Ne seguiva ancora che le
tentazioni del demonio sono sempre utili, anche quando portano ad atti disonesti,
e che allora non è necessario far atti delle virtù contrarie, ma che bisogna
rassegnarsi, perché questo ci rivela il nostro nulla e ci conduce al disprezzo
di noi stessi. Così, secondo Molinos, la contemplazione acquisita ci conduce
alla morte mistica ^ all'impeccabilità (Denz., 1275-1286). È una caricatura
della mistica tradizionale che così è falsata radicalmente in tutti i suoi
principii.
Circa siffatte aberrazioni dei
quietisti, vedasi la recente opera del P. Dudon, S. J. : Michel Molinos. Leggendola
si riscontra che uno dei principali errori del quietismo spagnuolo fu il
considerare come acquisita a piacimento (mediante la soppressione degli
atti) l'orazione di quiete, che in realtà è infusa, •come dimostra S.
Teresa (IV Mansione). Dopo l'esame di questi errori, il P. Dudon formula
conclusioni presso a poco identiche alle nostre: « Non vi è contemplazione
degna di questo nome salvo la contemplazione passiva. E Dio nella sua provvidenza
comune, ne favorisce quelli che, per la generosità eroica della loro virtù,
si mostrano degni d'essere trattati da amici privilegiati, ancorché sia cosa
vana il pretendere di misurare da ciò la santità delle anime... 199.
A quelli che oltrepassano la misura comune nel suo servizio, Dio suole
dare se stesso e i suoi segreti in una misura non comune. Appunto perché le
delizie e gli splendori della contemplazionei sono un pregustamento della
visione beatifica, il' Signore, per solito, le dispensa come una «
corona. di giustizia», come direbbe S. Paolo. Questi doni gratuiti sono .
generalmente ricompense meritate » (p. 260-261). — «Secondo certi spirituali
non sospetti,, come secondo Molinos, esisterebbero direttori che.
"• alvabbz de paz, De iny, pcicis,.!. V, p. II, o. in; S. fbanoesco ni salbs, Trattato dell'Amor Si Dio, 1. VII, e. 7.
43 — Perfezione e Contemplazione.
674 PERFEZIONE
CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
hanno il torto di voler
costringere tutte le anime a passare per un medesimo stampo di meditazione 200;
è una disgrazia; perché se le
anime fossero lasciate libere di rispondere alle chiamate della grazia, nella
Chiesa di Dio vi sarebbe un molto maggior numero di contemplativi» (ibid.,
p. 267). «Nondimeno a chi vorrà scrutare a fondo la questione della rarità della
vita contemplativa, apparirà, io penso, manifestamente che siffatta rarità si
spiega colla fiacchezza umana, molto più che col fatto dei direttori mediocri
». Ibid., p. 268.
* * *
II semiquietismo di Fénelon, condannato nel 1699' (Denzinger, n.
1327-1349), abbracciava gli errori relativi all'amor puro. Il principale
consisteva nel-l'insegnare che nello stato di contemplazione perfetta l'anima
entra in una specie di annichilamento completo, e si trova davanti a Dio
interamente rassegnata alla sua santa volontà, in un'indifferenza assoluta relativamente
alla propria salute o alla propria condanna. Anche questa è una stravaganza
che distrugge l'obbligo della speranza cristiana, come se i precetti divini
potessero contradirsi. In realtà essi si corroborano gli uni cogli altri.
Colla speranza noi desideriamo di possedere Iddio senza subordinarlo a, noi,
per certo 201, e colla carità che vivifica la speranza invece di
distruggerla, noi amiamo Dio per se stesso; e per glorificarlo eternamente noi
desideriamo la nostra salute e quella delle altre anime;. così lo zelo della
gloria di Dio e della salute delle anime è l'ardore d'un solo e medesimo amore
che
"i"
II P. Dudon nota, ibU., p. 267, n. 1: »Lo ScaramelU è declsissimo> nelle
sue preferenze per la meditazione. Così il Rodrigue?, nonostante alcuni passi
più larghi nei suoi capitoli vi, xn e xm del suo trattato, dell'Orazione ». Su
questo punto vedasi il Surin, Trattato dell'Amar Si;
Dio, 1. II, e. x, e 11 Suarez, de Religione, tr. X,
1. IX, e. vi.
201 Cf. II-II, q. 17, a. 5 : « Utrum spes sit
virtus theologica >; of. Com-mentarium Cajetani, n. vi: «Aliud est
concupiscere hoo mihi, et alina concupisoere hoe propter me ». Se
noi desideriamo un bene inferiore» un frutto per esempio, noi lo subordiniamo a
noi, come un mezzo ad un fino, ma non è così se noi desideriamo un bene ohe ci
è infinitamente superiore, ctie è il nostro fine ultimo.
SINTESI
E CONTEEMAZIONE 675
orima va a
^10' e P01 ^estende a noi e • al nostro
prossimo.
Tra gli errori del semiquietismo
bisogna ancora notare i seguenti: « Vi è uno stato di contemplazione così
sublime e perfetta, che diventa abituale, per tal modo che ogni volta che
l'anima prega, la sua orazione è contemplativa e non discorsiva. Allora ella
non ha mai più bisogno di ritornare alla meditazione e a" suoi atti
metodici ». — « I santi mistici esclusero dallo stato delle anime trasformate
l'esercizio delle virtù»; cf. Denzinger, n. 1342-1347.
Fénelon, che si sottomise umilmente
alla condanna calpestando ogni amor proprio, fu indotto in errore specialmente
da un'edizione falsificata dei Trattenimenti Spirituali di 8. Francesco di
Sales, pubblicata a Lione nel 1628 da un certo Drobet. Questa edizione
interpolata colle sue addizioni e colle sue omissioni fu più volte ristampata,
ed una di queste copie aveva ingannato Pénelon 202.
Abbiamo notato più sopra, p. 250,
260, quello che
10 stesso Bossuet dice del
carattere ordinario della contemplazione infusa iniziale descritta da
lui nella seconda fase di ciò ch'egli chiama « orazione in fede e di semplice
presenza di Dio » 20S.
sm II Sig. Eugenio
Lévesque pubblicò lo scritto di Fénelon Intitolato Examen des principales
questions agitées pendant les Conférences d'Issy (Anserà, Siraudeau, 1917),
accompagnato eia rettificazioni scritte dall'abate Saudreau per mettere queste
pagine d'accordo coi migliori autori mistici.
"' Infatti, nell'ammirabile opuscolo Slodo breve e
facile per fare l'orazione m fede e di semplice presenza di Dio, egli dice
: 11 La meditazione è assai buona a suo tempo e assai utile al principio della
vita spirituale;
ma
non bisogna lermarcisi, poiché l'anima, per la sua fedeltà nel mortificarsi e
nel raccogliersi, riceve di solito un'orazione più pura e più intima,
che si può chiamare di semplicità... L'anima, lasciando adunque
11
suo ragionamento, si serve di una dolce contemplazione ohe la tiene
pacifica, attenta, e suscettìbile delle operazioni ed impressioni divine,
che lo Spirito Santo le comunica: ella fa poco e riceve molto...
«
Questa vera semplicità ci fa vivere in una continua morte e in un perfetto
distacco... Dopo la purgazione dell'anima nel purgatorio delle sofferenze
per cui bisogna necessariamente passare, verrà l'illuminasione, il
riposo, la gioia, per l'unione intima con Dio... La migliore orazione è
quella in cui l'anima si abbandona di più ai sentimenti e alle disposizioni
•che Dio mette nell'anima, e in cui si studia con maggior semplicità,
umiltà e fedeltà di conformarsi alla sua volontà e agli esempi di Gesù Cristo.
11 Questo corregge certe espressioni inesatte delle Istruzioni sugli Stati
d'orazione, I. VII (1697).
676 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE
I doni- dello Spirito Santo nella vita ascetica , e la 'disposizione alla contemplazione.
Per terminare, .svolgeremo
qua,nfo abbiamo detteL.pm sopra, p. 330 ss., 359, 363, 488, sull'ufficio dei
doni nella vita. ascetica. Essi v'intervengono in un modo sia I/utente e
abbastanza frequente, sia manifesto ma raro. Ì'l'ell'introduzione, p. xm,
dicevamo, col P. Gerest nel suo recente Momento della 'Vita spirituale:
Nei principianti i doni dello Spirito Santo sono piuttosto latenti, le
ispirazioni alquanto manifeste sono date a rari intervalli, vi è ancora poca
attitudine a profittarne, 1-a docilità allo Spirito Santo è debole'; l'anima ha
soprattutto coscienza della sua attività. — Nei pro-ficienti i doni dello
Spirito Santo cominciano a manifestarsi, specialmente i doni inferiori del
timore, della scienza (purificazione passiva dei sensi), della pietà; questo,
che è nella volontà, pare intervenga specialmente nell'orazione di quiete, dove
solo la vo-. lontà è cattivata; cf. sopra, p. 274. L'anima più docile profitta
maggiormente delle illuminazioni ed ispirazioni inferiori. — Nei perfetti i
doni superiori si manifestano più notevolmente e in modo più frequente; il
dono dell'intelletto nella purificazione passiva dello spirito, il dono della
fortezza e del consiglio nelle prove concomitanti, finalmente il dono •della
sapienza nell'orazione passiva della via unitiva perfetta.
Perché nei principianti i doni
dello Spirito Santo non intervengono generalmente se non in modo latente?
Prima perché, come abbiamo spiegato più sopra, p. 472 s., col P.. Lallemant, i
peccati veniali ancora frequenti tengono come legati i doni dello Spirito
Santo; questi peccati commessi in gran numero
SINTESI
E CONFERMAZIONE 677
escludono le grazie - necessario
per produrre gli atti dei doni dello Spirito Santo. Secondo, bisogna fare silenzio
nell'anima propria per ascoltare l'ispirazione dello Spirito Santo; se siamo
preoccupati delle cose esterne e di noi stessi, ascoltiamo noi stessi. Ed anche
quando, colla mortificazione e coll'umiltà, noi abbiamo imposto silenzio alle
nostre passioni, l'ispirazione dello Spirito Santo resta misteriosa, è come un istinto
confuso, un'illustrazione ancora molto oscura : « Lo Spirito soffia dove
vuole e tu ne odi il suono, ma non sai d'onde venga, ne dove vada» (Joan., m,
8). L'attrattiva spirituale che Dio mette in noi, non è ancora altro che il
germe vago d'un avvenire noto a Lui solo; .attrattiva verso l'orazione, verso
il raccoglimento, primo indizio in un fanciullo d'una vocazione
contemplativa. Perseverando nell'umiltà & nella conformità alla volontà
divina, bisogna meritare che tale istinto manifesti più chiaramente la sua
origine divina e la meta verso cui ci porta. Così l'ispirazione diventerà
sempre più luminosa, incalzante e frequente.
Tuttavia alle volte, nella vita
ascetica e nei principianti l'ispirazione dello Spirito Santo e il modo
d'operare sovrumano sono abbastanza apparenti, sia che si tratti dei
doni inferiori, per esempio, del dono del timore e della scienza, per farci
vedere la gravita del peccato, sia che si tratti d'illuminazioni passeggere dei
doni dell'intelletto e' della sapienza, per manifestarci la grandezza di Dio e
de' suoi comandamenti. Allora vi sono degli atti mistici isolati e di breve
durata che non costituiscono'uno stato; in tal modo vi sono atti di
contemplazione infusa in ciò che parecchi chiamarono contemplazione acquisita
201.
'M
In essa vi è anche un influsso latente del dono della pietà, o dei doni della
scienza, dell'intelletto e della sapienza, e con ciò essa è come il primo
Inizio della contemplazione infusa, che è la contemplazione
678 PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE
Ma per lo -più nella vita
ascetica Vispirawn'e dello Spirito Santo e il modo sovrumano
d'operare restano latènti. Tuttavia non bisogna dire che allora i doni non
operino « modo suprahumano » ; questo modo esiste ma resta abbastanza nascosto.
Abbiamo detto, che è come quando una brezza leggera accompagna il lavoro dei
rematori; si ha più coscienza di operare .che di essere mossi. Per esempio
l'ispirazione divina, invece di farci conoscere direttamente quello che
dobbiamo pensare, dire, fare o evitare, c'induce a pregare con questa
intenzione o ci suggerisce direttamente quello che conviene, facilita la
nostra ricerca invitandoci ad aprire il Vangelo, ci ricorda un capitolo o un
versetto, ci da una maggiore docilità riguardo ai Maestri, ad un S. Agostino,
ad un S. Tommaso, nelle cui opere noi troveremo più facilmente la luce.
Senz'ammettere che i doni dello
Spirito Santo intervengano in tutti gli atti buoni del giusto (non si
vede affatto il loro influsso negli atti di carità notevolmente inferiori al
grado in cui è in noi questa virtù, actus remissi) 206, noi,
colla maggior parte dei teologi, riteniamo che sarebbe falso il dire che il
loro intervento sia riservato agli atti eroici o straor-dinari. Se il loro
influsso è dominante e appariscente negli atti eroici, esso estendesi qualche
volta ad una moltitudine di circostanze della vita cristiana comune, quando ci
vuole una maggior prontezza per domare le passioni, per resistere alle tentazioni
del mondo o del demonio, per praticare nel medesimo istante
propriamente
detta, la contemplazione senz'altro, di cui, come abbiamo •velluto, parlano
tutti 1 grandi autori dopo la meditazione semplificata.
Perciò
il P. teodobo di S. giuseppe, C. D., nella sua recente
opera Essai sur l'oraison selon l'école carmSlitame, 1923, riconosce, p.
76, ohe la distinzione fra la contemplazione acquisita e quella infusa « è
sperimentalmente impercettibile in certi casi .particolari ».
"r
Ot. supra, p. 310.
\ SINTESI E CON.FEKMAZIOME 679
delle virtù apparentemente
opposte, la prudenza del serpente e la semplicità della colomba, la fermezza e
la mansuetudine, l'umiltà e la magnanimità; spe-cialmente quando la nostra infermità
personale richiede un soccorso più efficace. Senza l'ispirazione divina non è
facile evitar di toccare qualche nota falsa sulla tastiera delle virtù. In tal
maniera noi abbiamo distinto tré gradi dei doni, corrispondenti a quelli della
carità. Con questo s'accordano bene i diversi testi di S. Tommaso relativi a
questa questione 206.
""
Tu obiettato; S. Tommaao, II-II, q. 45, a. 5, dice che la sapienza, la quale fa
conoscere 1 misteri più alti in modo da potere manifestarli agli altri e
dirigere il prossimo, non è comune a tutte le anime in stato di grazia, ma
appartiene piuttosto alle grazie gratis datae, tra le quali S. Paolo, I Oor.,
su, cita infatti il linguaggio della sapienza, i senno sapientiae i.
Questo
testo di S. Tommaso, come dimostra 11 Gaetano (76id,) e come più volte abbiamo
notato, non si oppone per nulla a tutti quelli che abbiamo citato nel corso di
quest'opera. In quest'articolo il santo Dottore si domanda se il dono della
sapienza trovasi in ogni uomo in stato di grazia, anche in quelli che perderono
l'uso della ragione (et. ad 3). Ed è chiaro ohe non potrebbe trovarsi in tutti
i giusti l'alta sapienza che è ordinata all'istruzione e alla direziono del
prossimo ; questa appartiene piuttosto, specialmente in quanto alla sua espressione
<sermo), alle grazie gratis datae ossia carismi. S. Tommaso si spiega
più a lungo, I-II, q. Ili, a. 1 e a. i, ad 4. In quest'ultimo luogo egli
dice:
«
La sapienza e la scienza non sono poste tra le grazie gratis datae, in
quanto sono esse doni dello Spirito Santo, cioè in quanto ci rendono. docili
allo Spirito Santo per conoscere ciò che è della sapienza e della scienza. Ma
sono annoverate tra le grazie gratis datae in quanto esse comportano una
tale abbondanza di scienza e di sapienza che l'uomo possa non solo ben
giudicare delle cose divine, ma anche istruire gli altri e confutare i
contradditori, allora esse si chiamano sermo sa-Vientiae et scientiae. '
Vedasi pure I-II, q. Ili, a. 6, ad 1 : « La grazia g-ratis data è
ordinata al tiene comune della Chiesa. »
Invece
il dono della sapienza è in tutti i giusti, ed essendo connesso colla
carità (I-II, q. 68, a. 5), come disposizione abituale infusa esso sì
sviluppa colla carità. Da esso procede la contemplazione infusa che,
dall'orazione di quiete all'unione trasformante, resta spesso nascosta, e
nota solo all'anima che ne gode e al suo direttore; essa è immediatamente-•ordinata
alla santificazione di quest'anima, e quindi appartiene non alle grazie gratis
datae, ma all'ordine della grazia santificante. Questo grado di sapienza e
il grado di carità corrispondente non è certamente in tutti 1
giusti, ma ogni anima generosa può arrivarci.
/
•• - " ! /
;680 PERFEZIONE CRISTIANA E
CONTEMPLAZIONE /
/
' *:**•• i1
Nella vita mistica l'influsso dei
doni dello Spirito Santo diventa, ad un tempo frequente e manifesto, prima
quanto ai doni inferiori, poi quanto ai doni più alti.
Vi sono dei mistici molto .più di
altri propensi all'azione; in essi si vedono soprattutto i doni della. pietà,
del consiglio, della fortezza, meno visibilmente quelli dell'intelletto e della
sapienza. In tutti, nella notte passiva dei sensi, si manifestano anzitutto i
doni del timore e della scienza. A poco a poco la contemplazione infusa
apparisce sotto forme svariate, secondo che nelle anime predominano
l'intelletto, la. volontà, o la memoria e l'attività tutta pratica.
In questa contemplazione infusa
il modo sovrumano diventa sempre più manifesto; non già ch'esso esiga
specie o idee infuse come certe visioni e rivelazioni;-ma il lume infuso del
dono dell'intelletto e della, sapienza ci fa penetrare e gustare molto più
intimamente i grandi misteri della fede, e l'ispirazione divina attrae altresì
la nostra attenzione sopra idee che già avevamo e che non ci avevano colpiti,
oppure avvicina due di queste idee per farne scaturire una, luce nuova, inaspettata.
È cosa abbastanza manifesta per un direttore illuminato 2OT.
Di più, nella vita mistica il
modo sovrumano dei doni diventa frequente nel medesimo tempo che ma-
20' Cosi il predominio del modo sovrumano del doni
diventa manifesto, dimeno per un direttore sperimentato, senza
diventare ancora manifesto per l'anima stessa, come nota S. Giovanni della
Croce trattando della notte passiva dei sensi e di quella dello spirito. Ot. Notte,
1. I, o. ix;
1.
II, o. vi; — Salita, 1. II, o. ix e xil. Cosi Giovanna di Chantal, come.
abbiamo veduto a p. 662 s., disse delle sue figliuole : «Tutte tanno capo qui
(all'orazione infusa di quiete), senza quasi conoscere che vi siano. »—
II predominio manifesto, di cui parliamo, spesso non è tale se non per
un direttore illuminato, perché le anime stesse hanno spesso il dono della
contemplazione senza saperlo.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 681
nifesto; le ispirazioni
diventano numerose, incalzanti, e l'atto di contemplazione che ne
risulta può prolun' garsi tanto da meritare d'essere chiamato uno stato^
come si dice « stato di coscienza » o « stato d'anima ». Le espressioni «.stato
d'orazione i>, «stato passivo o-mistico », sono abbastanza in u'so dal
secolo xvn. Bossuet ci lasciò le sue Istruzioni sugli stati d'orazione, I
termini « stato mistico o passivo » designano allora sia un atto
prolungato, un'orazione infusa di qualche durata, sia una facilità a
quest'atto, cioè un» disposizione prossima e stabile a ricevere
l'illumi-nazione dello Spirito Santo, principio dell'atto di contemplazione e
.dell'atto d'amore che l'accompagna. II primo dei due significati è il più
frequente, come SÌ vede, almeno .dal contesto, nella maggior'parte dei grandi
autori 208.
Tutto questo: conferma quello che
noi non abbiamo cessato di dire nel corso di quest'opera, cioè che la vita
mistica è caratterizzata dal predominio in noi dei doni dello Spirito Santo e
dal modo sovrumano d'operare che ne risulta 209. L'anima che vive
così so-
""
Con ciò si risolve l'obiezione fatta parecchie volte: un atto non S-uno
stato. Certamente, un atto perfetto non basta a costituirci nello".
stato di perfezione ; ma quando si dice : n stato d'orazione r o 11
stato-passivo i), la parola stato non richiede VimmobilHà
richiesta, per esempio». nello stato religioso, in una condizione di vita
abbracciata una volta per sempre fino alla morte. — Vi è una stabilità
sufficiente allo stato-mistico per il (atto che i doni che suppone sono
un abito permanente e-termo giunto ad un grado elevato. Nella vita
ascetica vi sono solamente atti mistici isolati, nel senso che abbiamo
spiegato.
at" La differenza specifica delle virtù e del doni
fa sì ohe vi sia più d'una semplice differenza di grado tra la vita ascetica e
la vita mistica, poiché la prima è caratterizzata dal predominio del modo umano
delle-virtù, e l'altra dal predominio d'un modo d'operar specificamente distinto,
divenuto frequente e manifesto. Ma S. Giovanni della Croce e i più dei maestri
insegnano che il momento preciso in cui comincia. la contemplazione infusa
sfugge ad ogni accertamento. « Quando il divin raggio ' della contemplazione
invade l'anima,... la purifica e 1& riempie della sua divina luce
spirituale senso- ch'ella se n^vveda e mentre-s'immagina di trovarsi
nelle tenebre » (Salita, 1. II, e. ix). « Questo lume infuso a volte è
così delicato, così sottile, soprattutto quand'è del
•682 PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE
prattutto sotto il' regime dei
doni è entrata nell'intimità di Cristo, e per mezzo di Lui nel regno di Dio, «che
regna veramente sempre più in lei. La strada ohe vi conduce è quella
dell'umiltà del cuore, che
•ci fa amare di essere nulla
perché Dio sia tutto:
« Nisi efficiamini sicut
parvuli, non intrabitis in re-.gnum caelorum », « Confiteor libi, Poter,
Domine
•caeli et terrae, quia
abscondisti haec a sapientibus
•et prudentibus et revelasti
ea parvulis ».
Noi ritorniamo così al principio
enunciato all'inizio
•di quest'opera : " .
Si crede di non poter aspirare
alla contemplazione
•.infusa, si diffida persino e ci
si priva dei beni ineffabili che ne derivano, perché si è confuso contemplazione
infusa e rivelazioni o visioni. '
Senza cadere in questo grossolano
errore, quanti s'immaginano che contemplazione mistica sia sinonimo di lumi
sublimi e di consolazioni inebrianti! E perché queste anime provano solamente
tenebre e desolazioni, aridità e distrazioni, esse credono di essere assai
lontane da Dio, inette alla contemplazione, quando forse sono già assai
avanzate in essa. Altre invece, ebbre di consolazioni sensibili o trasportate
" -dalla loro immaginazione,
si figureranno di essere molto contemplative e non avranno ancor nulla della
contemplazione infusa. Non è l'avere molti pensieri •e consolazioni
nell'orazione che può far concludere di essere nello stato mistico. Questo può
benissimo non essere se non il risultato del lavoro del nostro
tutto
puro, semplice, perfetto, ohe l'anima, pur possedendolo, non la rileva e non
lo sperimenta » (loid., o. sii).—Cosi non si misura di più il
passaggio dalla giovinezza all'adolescenza. Un direttore sperimentato
"potrà tuttavia riconoscere abbastanza presto la contemplazione infusa
nascente mediante i tré segni elassici del Taulero spiegati da S. Gio--vanni
della Croce. Si spiega anche come il dono della contemplazione si possa
meritare almeno de eonaruo e che come sia normale l'ottenerlo quaggiù,
per opposizione alla visione beatifica che esclude il concorso
dell'immaginazione.
SINTESI
E CONFERMAZIONE 683
spirito e il frutto della nostra
tenerezza naturale, eccitata dalla grazia; queste gioie, per quanto siano
eccellenti, restano sempre lavoro umano. La con--templazione mistica comincia
ordinariamente da una grande aridità, da una certa impossibilità di produrre
atti distinti, e questa difficoltà di discorrere è uno dei tré segni che 8.
G-io vanni della Croce esige. Cf. sopra, p. 414.
Quando s'incontra una di queste
anime distaccate dal mondo, avide di perfezione, che non provano ee non
disgusto e impossibilità nel meditare, bisogna dirle con S. Giovanni della
Croce (Salita, 1. II, e. 13, 14), che Dio la chiama alla
contemplazione. Ella non ha più da fare sforzo per ritornare al suo antico
metodo, e per produrre atti distinti diversi da quelli che sì presenteranno
affatto naturalmente sotto l'influsso dei doni dello Spirito Santo. Il
direttore allora deve prendersi senza timore la responsabilità di quello
ch'ella crede essere una perdita di tempo ed ozio. « Quest'anima, dice S.
Giovanni della Croce, avanza molto più presto che se camminasse da sé;
ancorché ella non lo senta, Iddio
la porta... Benché sia tentata di credersi inattiva, tuttavia ella opera assai
più realmente che se lavorasse di per se stessa, perché allora è Dio stesso che
opera in lei » {Viva fiamma, str. 3). S'ella segue fedelmente questa
via, e ci vuole del coraggio nelle purificazioni. Dio non si mostrerà a lei '
quaggiù tal quale è, siculi est, ma sì nell'oscurità della fede, Egli la
toccherà nelle profondità del suo essere, là dove le facoltà hanno la loro
radice. Senz'alena intermedio di figure o d'immagini, mediante la sola
effusione dei doni dell'intelletto e della sapienza, le farà sempre meglio penetrare
e gustare le verità della fede, .e si renderà quasi sperimentalmente presente a
lei.
Molti non comprendono se non a
lampi quest'ordine di fede viva, che le loro abitudini inferiori fanno loro
jg8A PERFEZIONE
OEISTIA-NA E CONTEMPLAZIONE
chiamare falsamente consolazioni
sensibili.. Invece è un irradiamento affatto spirituale della fede e dei
doni nell'intelletto e il'compimento di queste parole di nostro Signore ; Qui
aufem diligit me, dilige'tur'-a. Patre meo, et ego diligam. eum, et manifestabo
ei meipsum (Joaii., xiv, 21).
•
Bando alla fretta!
iq
una febbre, che si scambia per vita intensa, benché sia una malattia il
cui progresso condurrebbe alla morte, oggi quasi tutti vogliono correre a
furia. Presunzione e precipitazione, che del resto sono ben presto seguite da
pigrizia e da disillusione, perché non hanno potuto trovare quello che si
cercava così avidamente e così male.
Il fanciullo, l'adolescente, più
ancora che in altri tempi, vuole fare l'uomo prima dell'ora. A quattordici
anni vuoi leggere tutti i libri che trova nella biblioteca del babbo: medicina,
letteratura, filosofia. Con ciò egli perde l'incanto dell'adolescenza; allora
si dice che entra nell'età ingrata. Egli non si assimila ne quello che
conviene alla sua età, perché lo disprezza stoltamente, ne quello che vorrebbe
assimilarsi, perché ciò non conviene se non a un'età più avanzata, ed egli non
ha ancora la facoltà di afferrarlo o di capirlo. Sfiora queste cose superiori,
credendo di possederle, e, non assimilandole, le rigetta; e non le possederà
forse mai, perché le ha volute gustare troppo presto. Egli fa pensare a un
bambino, che disprezzasse, il latte e volesse un cibo più forte prima di avere
i denti per triturarlo.
Tanto più si sente oggi il
giovane e la giovane pron.unziarsi.su ogni cosa. Perché hanno frequentato,
qualche corso-di storia della filosofia, credono di co-
686 CONCi/usiourE
noscere Aristotile e S. Tommaso,
Kant e Schopen-hauer. Vogliono prematuramente vagare per tutte le regioni del
mondo letterario e filosofico antico e moderno. Leggono tutto, prima dell'età, con
una presunzione e una leggerezza incredibile, senza potere discernere affatto
il vero dal falso, il bene dal male. Come il bambino di cui parlavamo, essi non
si assimilano ne quello che conviene alla loro età, ne quello che conviene a
un'età più avanzata.
Anche se sono meglio diretti e
applicati allo studi» dei grandi maestri tradizionali, come S. Tommaso, essi
non ne fanno che uno studio frettoloso, senza sufficiente assimilazione, senza
riflessione vissuta . e pratica. A volte questo studio non oltrepassa il verbale
e l'immaginativo, o se si solleva un po' più in alto, l'intelligenza
speculativa si sviluppa nell'astratto, senza che la volontà e la vita morale
tragga serio vantaggio .da questo progresso. Ne risulta allora uno squilibrio,
una deformità; una facoltà è ipertrofica e l'altra resta senza forza,
come avviene nel corpo di un bambino che non cresce come bisogna, e che
diventa un nano. Abbiamo qui propriamente quello che fu chiamato nel senso
peggiorativo della parola, l'intellettualismo; esso però non è la legittima
affermazione del valore dell'intelligenza, che deve dirigere le altre facoltà,
bensì l'abuso dell'ai-'' tività intellettuale, a scapito della vita morale o
della formazione del caratterei, del senso pratico, del--l'energia e della
perseveranza che esso esige.
Questo difetto del nostro tempo
raggiunge anche la vita spirituale. A vent'anni, sotto pretesto di istruirsi,
molti vogliono leggere i più grandi mistici, S. Giovanni della Croce, S.
Teresa, Ruysbroeck; si sprezzano autori ascetici come il venerabile Luigi di
Granata. Questa lettura prematura e precoce non permette affatto di raggiungere
la. dottrina sostanziale di questi grandi mistici.. Anche qui si sfiorano
CONCLUSIONE 68?
quelle cose superiori, che non
avranno più la freschezza della novità e appariranno come cosa. già. veduta,
quando, più tardi, si dovrebbero leggere con profitto. Si crede di capire
queste pagine, quando» non se ne ha che un'idea del tutto superficiale e
sovente anche falsa. In quello che si legge, si vuoi cogliere tutti i fiori, e
si dimentica che se si colgono tutti i fiori di un albero, non verranno mai £
frutti. Si è vagamente inteso qualche cosa in un modo» ' più immaginativo che
intelligente, o spesso anche in. un modo verbale; ma il cuore, la volontà, non
ne. hanno tratto alcun profitto. A volte è un verbalismo-dei più pretensiosi:
si sono copiati indici di materie,, che si sono forse ridotti a sinossi, e si è
creduto di possedere qualche cosa.
Da ciò il pericolo di falso
misticismo, pericolo di fare del simile, cioè di confondere la
sonnolenza, durante l'orazione, con l'orazione di quiete, o di prendere le
prime aridità e desolazioni per la notte passiva dei sensi o anche per la
notte dello spirito;
ciò che è il colmo del ridicolo,
Si crede così di aver progredito assai, quando non si è che principianti,. e
neppure principianti che crescono come si deve. Tal è il caso di coloro che non
si assimilano ne il cibo-dell'infanzia, ne quello dell'adolescenza e che pretendono
di essere arrivati all'età adulta.
Così era dei quietisti; la loro
dottrina, supponendo le anime perfette, quando non lo sono, non. le può
condurre alla perfezione; ma, bisogna ripeterlo, fa di loro dei nani deformi,
nei quali fanno! lega le più alte .pretensioni mistiche e i più gravi difetti,
la presunzione più audace e la noncuranza-più sconcertante, la pigrizia
spirituale più inveterata . Abbiamo qui alcun che di analogo a ciò che?
avviene nei popoli che non sono ancora maturi per la democrazia. Non convenendo
questo regime se-non ai perfetti, ai virtuosi e ai competenti capaci
<688 CONCLUSIONE
di, condursì da soli, se un gran
popolo, trovandosi forte ancora assai lontano dall'età adulta, rovescia il
regime di autorità di cui ha bisogno, per vivere prematuramente in regime di
democrazia, esso non raggiungerà" mai l'età adulta, ma il democratismo lo
condurrà per la demagogia all'anarchia, all'oppressione delle minoranze scelte
per una maggioranza ingannata da mestatori e da finanzieri. Le facoltà
superiori d'intelletto e di volontà cadranno sotto la
•servitù dei sensi e delle
passioni, che i furbi sanno lusingare.
Il pericolo del nostro tempo,
che, in tutti gli, ordini, corre a precipizio, è particolarmenté grave,
•quando si tratta della vita
soprannaturale, in cui l'umiltà è tanto necessaria. -L'orgoglio infatti è il
principio di ogni peccato, è l'orgoglio più pericoloso è l'orgoglio nascosto,
soprattutto l'orgoglio intellettuale, e più ancora l'orgoglio spirituale e
mistico,
•che, per la sua sottigliezza,
raggiunge, per pervertirle, le cose più alte. Come" correggere questi due
difetti contrari che spessissimo si seguono: la presunzione e la pigrizia
spirituale ?
* * *
Molti errori pratici nella vita
spirituale provengono dal fatto che si dimentica di considerare che, se in
•ogni cosa bisogna anzitutto
volere il fine, questo .non si effettua o non si ottiene che in ultimo luogo.
Come dice spesso S. Tommaso: il fine è primo nell'ordine d'intenzione e
ultimo nell'ordine di esecuzione (I-II, q. 1, a. 4). Il malato
vuole anzitutto la salute prima dèi rimedi, ma solo dopo l'applicazione di
questi riceve la salute. L'architetto concepisce la chiesa, che vuole
costrurre,, in tutta la sua Altezza sul piano che egli ne fa, ma quando passa
all'esecuzione, deve evidentemente cominciare. dalle
CONCLUSIONE 689
fondamenta, e non dalle volte.
JSTelFordme materiale bisognerebbe esaere '.pazzi per allontanarsi da questo '
elementare buon'1 senso. Nell'ordine spirituale, avviene che uno se
ne allontani più facilmente sènza badarvi; molti sembrano voler cominciare
dalle volte o dalle guglie, e non dalle fondamenta, la costruzione
dell'edifizio spirituale,, o, per usare un'altra immagine, pare che vogliano
volare prima di avere ali.
In questo articolo, vorremmo
richiamare al pensiero quale è nella vita spirituale la portata del principio
che abbiamo ora ricordato, e sarà un modo di completare praticamente quello che
spesso abbiamo detto circa la via normale della santità, nella quale,
contrariamente ai quietisti, bisogna evitare la presunzione e la pigrizia
spirituale, non avanzando ne troppo presto, ne troppo tardi, ma come
vuole il Signore, fortiter et suaviter.,
* * *
L'intenzione del fine deve
precedere, non occorre dirlo, la considerazione e la scelta dei mezzi, e tanto
più la loro esecuzione. .
Quali devono essere, fin dal
principio della vita spirituale, le qualità di questa intenzione?
L'intenzione del fine dev'esser retta,
pura, elevata ed efficace, e ciò fin dal principio del nostro viaggio e
fino al suo termine; senza ciò tutti gli atti, che devono seguire, non
potrebbero avere ne rettitudine, ne efficacia.
Dev'esser retta, secondo
la dirczione della retta ragione, rischiarata dalla fede. In altri termini,
deve essere indirizzata con la massima purezza allo -scopo che il Signore
stesso ci assegna. È quello .che G-ésù ci dice nel discorso del Monte (Matth.,
vi, 22): «Se il tuo occhio è sano, tutto il tuo corpo sarà 'nella luce; ma se
il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo 'corpo
A4 — Perfezione e Contemplazione.
fi90
CONCLUSIONE
sarà nelle tenebre». .Così se la
nostra intenzione , e retta e pura, tutta la nostra vita, ispirata da essa, sarà
nella luce. •
li'intenzione dev'essere
elevata: « Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, dice nostro
Signore, e tutto il resto vi sarà dato per giunta» (Matth., vi, 33). Noi dobbiamo
desiderare anzitutto il nostro fine ultimo soprannaturale, la vita
dell'eternità, il possesso inamissibile di Dio mediante la visione beatifica, e
la beatitudine che ne deve derivare. La nostra intenzione adunque non potrebbe
essere troppo elevata; per essa noi dobbiamo costantemente tendere a Dio, senza
limitare la nostra aspirazione a un determinato grado di gloria, perché non
sappiamo quale ci sia riservato. Dobbiamo pure tendere alla piena perfezione,
che è quaggiù attuabile, come al 'preludio della vita eterna. Per questo nostro
Signore cominciò il suo primo discorso sul monte parlando agli uomini delle
beatitudini. Non vi è soggetto più elevato e più opposto alle .massime
dell'umana sapienza: « Beati i poveri, i miti, quelli che piangono, quelli che
hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, quelli che hanno il cuor
puro; beati i pacifici, e quelli che soffrono persecuzioni per la giustizia ».
Queste beatitudini, dice San Tommaso dopo S. Agostino, sono gli atti più alti
'delle virtù e dei doni 1, eppure nostro Signore ne parla fin dal
principio della sua predicazione, per mostrare alle anime la meta verso la
quale devono tendere, l'ideale a cui devono aspirare. Per la stessa ragione S.
Tommaso comincia l'esposizione della teologia morale 2 con le-
questioni del fine ultimo e della beatitudine del cielo. Il fine, che è ultimo
nell'ordine di esecuzione,, deve infatti essere primo nell'ordine
d'intenzione.
'
Cf. I-II, q. 69, a.. 1 e 2. " I-II, q. 1 e 2.. ,
CONCliUSIONE 691
In terzo luogo' l'intenzione
dev'essere efficace, e tale deve anzi diventare sempre più, altrimenti non
s'impiegheranno i mezzi, a volte penosi, che son necessari per il
conseguimento di questo fine; si indietreggerà di fronte alla croce. Molti si
contentano qui di un amore di ammirazione del fine intraveduto, amore
che è poco più che una velleità. A questo proposito nostro Signore ci dice
(Matth., vii, 21): « Non tutti quei che mi dicono: Signore, Signore, entreranno
nel regno de' cieli, ma sì colui che fa la volontà di mio Padre, che è ne''
cieli ». Non basta un bell'idealismo, che non effettua nulla, -
Ma in senso inverso
s'ingannerebbero anche quei che, volendo essere del tutto pratici, dicessero: «
A me basta la via purgativa », e non volessero aspirare a un grado più alto. La
via purgativa, come la mortificazione, non è che un mezzo, in vista
dell'unione con Dio, che bisogna anzitutto efficacemente desiderare; senza
questo non si avrebbe il coraggio di praticare effettivamente le virtù della
via purgativa, la rinunzia, della quale si pretende .di voler conten?
tarsi. • ' : :.'
/ • .! . ..
;
Poiché il fine è primo
nell'ordine d'intenzione, la perfezione cristiana non; sminuita dev'essere, fin
dal • principio della vita spirituale, vivamente desiderata, voluta con una
volontà retta, pura, elevata' ed efficace, e in proporzione che ci avanziamo,
queste qualità dell'intenzione devono aumentare con la Carità, che deve sempre
crescere quaggiù nelle anime nostre per i nostri meriti e per la frequente
comunione.
* * *
, Dopo l'intenzione del fine,
bisogna passare alla considerazione e alla scelta dei mezzi, poi alla
loro esecuzione. Questa considerazione deve discendere dalla
vista del fine desiderato a quella dei mezzi che
692
CONCLUSIONE
gli sono subordinati, fino ai
mezzi infimi, ma indispensabili, che sono da usare tutti i giorni nella
pratica dei doveri del nostro stato, forse modestissimi, secondo la
condizione in cui la Provvidenza ci ha collocati. Non bisogna trascurare qui la
considerazione di ciò che S. Francesco di Sales chiama le piccole virtù,
che sono come i fiori della carità e- senza le quali le relazioni col prossimo
diventano tese e quasi impossibili: dolcezza, affabilità, prontezza a rendere
servizio, a interpretare le cose in buona parte, eco... Non bisogna contentarsi
qui di vaghe generalità sul fine intraveduto; non basta dire: « Bisogna fare
tutto per amore di Dio » ; bisogna vedere ogni giorno in che consistano i doveri
del nostro stato, che sono uno dei grandi mezzi di santificazione per noi, di
conformità alla volontà di Dio. Non bisogna trascurarli per una pietà idealista
e sentimentale, male intesa, che non sia che un pio sogno. Bisogna discendere
così fino ai particolari 'dei mezzi da impiegare per santificarsi nella vita
quotidiana, perché i nostri atti umani sono atti contingenti -e particolari, da
porsi Mo et nune, in circostanze determinatissime. Qui bisogna essere
attenti a tutte le direzioni dell'ubbidienza, e la prudenza deve valersi di
tutto ciò che può assicurare la rettitudine del nostro cammino in avanti,
nelfam-biente in cui ci troviamo, nei nostri rapporti coi nostri superiori e
coi nostri uguali.
Sotto questo aspetto non vi è
nulla di piccolo nella vita cristiana: gli atti più semplici, necessari per la
pratica dei doveri di stato più elementari hanno qualcosa di grande per il
loro' rapporto al fine ultimo soprannaturale e alla carità che deve ispirarceli
in vista di questo fine. Si comprende così che la perfezione non consiste nel
fare cose strepitose, straordinarie, ma nel fare straordinariamente bene le
cose ordinarie della vita cristiana: assistere' bene alla santa messa,
prepararsi seriamente alla santa comunione,
CONCLUSIONE 693
far bene il ringraziamento, e
vivere di' questo tesoro di vita divina, praticando i nostri doveri con una intenzione
sempre più pura e più ferma, nonostante le difficoltà e le traversie, con
quello che noiStro Signore chiama « la fame e la sete della giustizia di Dio ».
* * *
Finalmente, mentre la
considerazione dei mezzi deve discendere fino ai mezzi infimi, l'esecuzione
si deve elevare da- questi sino alla meta da conquistare. Essa deve
essere un'ascensione continua. Comincia coi mezzi inferiori indispensabili, che
si devono insegnare .ai principianti, sotto pena di compromettere il loro
avvenire spirituale, proprio come, per'andar ,a fare una visita a un grande
personaggio, si deve prima vedere se si ha un abito conveniente, o per
preparare un dottorato in una Università, bisogna prima farvisi inscrivere e
seguirvi i corsi.
Qui in questa ascensione, non
bisogna avanzarsi a furia e arrivare al termine più presto che non bisogna.
'Al nostro tempo di vita febbrile, si vuole spesso condurre le intelligenze e
le volontà -a maturità prima del tempo, come, in una serra calda, si fa a
volte maturare i frutti prima della stagione. Ma se un frutto è maturo troppo
presto, non si conserva e non tarda a diventare mezzo.
» * *
Che cosa ci dice nostro Signore
per farci guarire da un simile difetto ^-Notavamo che egli cominciò la sua
predicazione con • le beatitudini, per mostrarci la meta altissima verso la
quale bisogna camminare:
« Cercate prima il regno di Dio e
la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato per giunta » (Matth., vi, 33).
694
CONCLUSIONE
Ma quando si tratta di passare
all'esecuzione, di cominciare a camminare verso questa meta così alta
intraveduta e desiderata, nostro Signore, specialmente nel formare i suoi apostoli,
insiste sull'umiltà. 'Egli che non cessa di elevare il loro cuore, dice anche:
« Se voi non diventerete
simili a bambini, non entrerete nel regno de' deli» (Matth., xvin, 3).
Ei-cordiamoci in quale occasione furono pronunziate queste parole. Gè lo dice
S. Marco. Egli riferisce che Gesù, viaggiando con gli apostoli attraverso alla
Galilea, annunzio loro la sua Passione, ma essi non capivano le sue parole e
temevano d'interrogarlo. « Arrivarono, dice S. Marco (ix, 32), a Cafarnao.
Quando fu in. casa, Gesù domandò loro: Di che parlavate voi per la strada?
Ma essi serbavano i] silenzio, perché per la strada avevano discusso tra loro
chi fosse il più grande. Allora si sedette, chiamò i Dodici e disse loro: Se
uno vuole essere il primo, sarà l'ultimo di tutti e il servo di tutti ».
Ecco veramente, nel linguaggio così semplice e così elevato di Gesù,
l'opposizione dell'ordine d'intenzione e di quello di esecuzione: per
raggiungere questo fine così alto che è la santità, bisogna cominciare
dall'umiltà.
:;: Quanto più alto dev'essere
l'edifizio spirituale, tanto più l'escavazione, necessaria alle sue fondamenta,
deve essere profonda; anzi non basta approfondirla da prin-
••cip io, una volta per
tutte; in proporzione che questo edifizio si alzerà, bisognerà rendere più
profonda
. questa ©scavazione, l'umiltà
dovrà crescere con la carità. Ecco .quello che Gesù Cristo vuole dire a'' suoi
.apostoli. « Poi, dice S. Marco, preso un bambino, lo mise in mezzo a loro; e,
dopo averlo abbracciato, disse loro: Chiunque riceve in nome mio uno di questi
piccoli, riceve me ; e chiunque riceve me, non riceve me, ma Colui che mi ha
mandato ».
S. Luca (ix, 46) riferisce
parimenti che gli Apostoli non intesero l'annunzio che Gesù loro fece allora
CONCLUSIONI) 696
della, sua Passione: « Ora un
pensiero si insinuò nella loro mente, cioè, quale tra loro fosse il più grande.
Gesù, vedendo i pensieri del loro cuore, preso un bambino, se lo pose accanto e
disse loro: Ohi accoglie in nome xnio questo fanciullo, riceve me; e chi
accoglie me, accoglie Colui che mi ha mandato. Perché chi è il più piccolo
tra tutti voi, questi è il più grande ». S. Matteo (xvm, 4) riferisce la
spiegazione di queste ultime parole: « C hi dunque si farà umile come
questo;
bambino, sarà il più grande
nel regno de' deli». 'Il bambino è esente da orgoglio, da malizia, da concupiscenza,
da rancore, dimentica presto il male che gli si fa; poi, è semplice, cosciente
della sua debolezza e domanda il soccorso di suo padre e di sua madre. ''
Così dev'essere il cristiano di
fronte a Dio, per entrare nel regno de' cieli; esente da orgoglio, semplice,
cosciente della sua debolezza. Agli umili da Iddio la sua grazia. Così noi
stessi siamo .portati a piegarci davanti al bambino, per aiutarlo a dargli
tutto quello che possiamo, mentre voltiamo le spalle al piccolo pretensioso,
che, per una ridicola vanità, ha perduto l'incanto e la semplicità
dell'infanzia.
Il cristiano veramente umile
comincia e continua come conviene il suo -viaggio verso l'eternità; senza
alcuna precipitazione, arriverà a un grado altissimo. Egli non desidera in modo
sregolato la sua propria eccellenza, non si stima degno di grandi cose; ma
quanto più è umile, tanto più ama Dio e desidera di glorificarlo, disprezzando
la sua propria eccellenza la cui ricerca diminuirebbe in lui l'irradiamento
della gloria divina.
' .
Questo spirito d'infanzia
Spirituale è stato insegnato da tutti i santi, specialmente dai fondatori d'Ordine,
nella formazione dei loro discepoli. Il Signore stesso, ci ricorda, in questi
ultimi tempi, in un modo. singolarmente eloquente e persuasivo, questo spirito
696
COITCÌXJSIONE
nella, persona di S. Teresa del
Bambino Gesù. Se ne faceva sentire il bisogno, poiché al nostro tempo, a
cagione della sua presunzione e della sua febbre, non si conoscevano più queste
qualità della vera infanzia, senza le quali non si avranno mai quelle dell'adolescenza
ne quelle di un'età più 'avanzata. Nello Stesso tempo che ci ricorda l'umiltà,
S. Teresa del Bambino Gesù ci dice tutta la confidenza filiale che noi dobbiamo
avere in Dio, e tutto quello che Egli è pronto a darci per attirarci più
intimamente a Lui. Ci mostra mirabilmente le grazie -sempre nuove di luce e d'amore
che si trovano nella via normale della santità.'
Per questo, non si-tratta di
ricevere la verità in , un modo solamente intellettuale, come ascoltando un
corso interessante con attenzione. Bisogna che tutta l'anima, intelletto e
volontà, riceva il vero e il bene, che le sono proposti, in una dottrina che,
come il dono della sapienza 3, è a un tempo speculativo e pratico.,
dottrina di vita.
Bisogna ricevere umilmente per
gli intermediar! che Dio volle pet noi e che hanno grazia di stato per
illuminarci. .Ricevere « come un bambino », dice nostro Signore, " con.
semplicità, mettendo subito in pratica, quello ohe vien detto; perché,
qui, è per la pratica che si va alla teoria, in questo senso che per la pratica
delle virtù ci disponiamo , a ricevere la contemplazione veramente vivente e
-saporosa dei misteri della salute.
Così riceve colui che è entrato.
in quella infanzia spirituale, di cui parlava Gesù a''. suoi discepoli, • e che
è agli antipodi delle infantilità di una vana e stolta pretensione. La presunzione,
volendo elevarsi troppo non raggiunge neppure i gradi inferiori della
" II-II, q. 45, a. S: « Sapientia, secundum awoS èst Sonuiri, non solum
est speculativa, sed etiam 'practica. » '
CONCLUSIONE 697
scala spirituale. Lo spirito
d'infanzia, del quale parla Gesù,- dispone , invece ad arrivare in tempo
normale. alla vera maturità, che non può venire che nell'ora fissata da Dio.
Passa così una, grandissima
differenza tra un intellettuale sollecito d'istruirsi 'su tutto ciò che lo interessa
e un contemplativo. Nostro Signore vi fa allusione, dicendo : «Io ti rendo
grazie, o Padre, di aver nascosto queste cose. ai prudenti e ai sapienti, e di
averle rivelate ai piccoli ». S. Giuseppe che non era un intellettuale, fu
certo uno dei più grandi contemplativi di tutti i tempi; chi può dire
l'aumento di carità, d'intelletto e di sapienza che riceveva dal Verbo di Dio
fatto carne, quando, nel silenzio della casa di ÌSTazaret, lo contemplava con
amore! Il santo Curato d'Ars, che neppure lui era un intellettuale, fu altresì
nel suo villaggio un grandissimo contemplativo, lui che non vedeva il bene
immenso che compieva tutti i giorni, ma che vedeva elevarsi sempre più l'ideale
del sacerdozio, e se ne riputava sempre più lontano.
Per essere contemplativi, bisogna
non avere l'anima gonfia d'orgoglio, bisogna, essere semplici e umili, e
riguardo a Dio come dei bambini. « Deus super'bis resisti!, humilibus autem
dai gratiam » (Jac.» iv, 6). Dio da la sua grazia agli umili, e li fa umili
per ricolmarli. Allora il suo'regno si stabilisce veramente nella loro anima,
nel loro intelletto, nella loro, volontà, nel loro cuore.
* * *
Finalmente si raggiunge l'ideale intraveduto
e desiderato al primo giorno, secondo' il principio che citavamo cominciando:
in ogni cosa bisogna prima considerare e volere il fine, che non si raggiunge
che in ultimo luogo. Non bisogna trascurare i mezzi
698 CONCLUSIONE
inferiori, indispensabili per la
pratica quotidiana dei doveri del nostro stato, a volte modestissimi; non
bisogna correre a precipizio, ma affrettarsi lentamente, e. finalmente si
arriva alla meta. Come diceva un santo direttore: « Quando si lavora così per
il buon Dio, si arriva a fare più e meno. che non si era sognato » ; meno
perché fino alla meta restano delle lacune che si era sperato di colmare più
presto, e che il Signore lascia, per tenerci nell'umiltà; ma altresì,
avanzandosi in. tal modo, si fa di più che non si era sognato, perché il
buon Dio, per la sua grazia, feconda i nostri sforzi oltre le nostre speranze.
« Deus qui dives est in misericordia... convivificavit nos in Christo Jesu»
(Ephes., il, 4). «Dio che è ricco in misericordia, a cagione del grande amore
con cui ci ha amati, e allorché per i nostri peccati eravamo morti, ci ha resi
vivi con Cristo (per la sua grazia voi siete salvati); ci ha risuscitati
insieme e ci fa sedere insieme ne'- cieli in G-esù Cristo, a fine di mostrare
nei secoli-futuri l'infinita ricchezza della sua grazia, per la sua bontà verso
di noi in Gesù-Cristo ».
•
Una bella vita, si dice, è un
pensiero della giovinezza attuato nell'età matura, e attuato a volte senza che
si sappia, perché l'anima rivolta a Dio, 'non fa più alcun ritorno sopra se
stessa. ,
Si evitano così due scogli:-,
quello degli idealisti, che non effettuano niente, o fanno del somigliante, e
quello delle persone sedicenti pratiche, che perdono di vista l'altezza del
fine da raggiungere.
Gli idealisti spesso si
contentano di concepire l'ideale e di ammirarlo; se cercano di effettuarlo, non
pensano abbastanza ai mezzi inferiori eppure indispensabili. Dimenticano che per
fare una bella statua di Cristo, non basta avere un bei modello, ma bisogna
anche vedere se l'argilla, della quale si deve far uso, non sia troppo umida o
troppo secca. Essi
CONCLUSIONE 699
sono attenti solo alla forma, non
alla materia, e possono a volte fare dei mostri, applicando una bellissima
forma a un soggetto che è lontano dall'essere disposto a riceverla. Oppure in
fatto di spiritualità fanno del somigliante, dando a principianti una dirczione
che non potrebbe convenire che a persone avanzate.
Al contrario, l'attenzione ai
mezzi a volte infimi ma necessari non ci deve far cadere nelle minuzie, come
avviene a spiriti meticolosi, che, col ^pretesto di essere pratici, perdono di
vista l'altezza della meta da raggiungere. Parlando di questi mezzi infimi, il
tono e l'accento devono ricordare la grandezza del fine; bisogna che nella
pratica delle virtù morali si senta il soffio e lo slancio' delle virtù
teologali, che le devono ispirare, lo spirito di fede, di confidenza e di amore
di Dio.
Perciò conviene leggere libri
ascetici scritti da uomini spirituali, che, come l'autore dell'Imitazione,
non dimenticano che l'ascesi è ordinata alla mistica, come al suo coronamento
normale, quello al quale le anime veramente generose arriveranno nell'ora
voluta dal Signore.
Così sono risolte molte
difficoltà, e si evitano molti errori pratici in fatto di vita spirituale. Non
ci s'ingerisce, come i quietisti, nelle vie mistiche, non si simula prima
dell'ora il riposo della contemplazione;
questa è infusa, e Dio
solo può darla. Ma egli ha l'abitudine di concederla alle anime veramente umili
e generose, che, facendo ogni cosa a suo tempo, non hanno trascurato le piccole
virtù, la pratica esatta dei doveri del loro stato, e che per mezzo della comunione
quotidiana, ogni volta più fervente, per mezzo dell'accettazione delle croci,
si avviano verso l'intimità dell'unione divina.
Allora, alla sera della vita,
l'attuazione raggiunge l'intenzione prima. Questa fin dal principio doveva
700 CONCLUSIONE
esser retta, pura, elevata
ed efficace; queste qualità non hanno cessato di crescere in lei; si è
oltrepassato l'idealismo, si è arrivato a un santo realismo, che non è stato
comprato con la diminuzione dell'ideale, ma con la fedeltà costante a Colui
solo che può, come ho detto, dare la vita e darla abbondantemente: Veni ut
vitam habeant, et abundantìus ha-beant (Joan., x, 10).
INDICE ALFABETICO
A
Abbandono,
p. 557; et. Pwificasione passiva della
speranza e della carità.
Abitazione dello Spirito Santo, 127 ss., 281-284, S01-S03,
504-507.
Abitudini
(habitus) acquisite e abitudini
infuse, 58, 56.
Aowrdo dei Maestri circa il carattere normale, sebbene
eminente, della contemplazione infusa, 594-671. Il Vangelo e S. Paolo,
Introduzione, p. xv ss.; l'insegnamento dei Padri greci, 595 ss.; dei Padri
latini, 602 ss.; la dottrina spirituale degli Ordini antichi. Benedettini,
Oisteroensi, Canonici regolari. Certosini, 610 ss.; la mistica domenicana, 622
ss.; la mistica francescana, 8. Bonaventura, 647 ss.; la mistica del Carmelo,
650 ss.;
S.
Francesco di Sales e 8. Giovanna di Chantal, 661 ss.;
gli
spirituali e la Compagnia di Gesù, 663 ss. — Queste pagine, per informazioni su
questi autori, rimandano al corso dell'opera.
Amar
di Dio. Il precetto dell'amor di Dio è
senza limiti, 188. Secondo S. Agostino e 8. Tommaso, la perfezione della carità
cade sotto il precetto, non come la materia o cosa da compiersi
immediatamente, ma come il fine a cui ogni cristiano deve tendere,
ognuno secondo la sua condizione (Introduzione, vili), 190 ss., 203 ss. Il
precetto dell'amore superiore a tutti i consigli, 190, 193 ss. — Tré
conseguenze: 1° Nella via di Dio il non progredire è un indietreggiare, 199 ss.
; gli atti imperfetti, remissi, 200 ss. 2° L'acceleramento normale del
progresso dell'amor divino di mano in mano ohe l'anima si avvicina a Dio, 207.
3° Grazie attuali che ci sono progressivamente offerte per conseguire questo
scopo, 209 ss. — I dieci gradi dell'amor divino secondo S. Bernardo, S. Giovanni
della Croce e secondo l'opuscolo 61 attribuito a S. Tommaso, 620, 640-641.
702 INDICE ALFABETICO
Amar
del prossimo, quello che dev'essere
nei perfetti, 174, 177-179.
Aridità, nella notte dei sensi, 164, 167, 396-397.
Ascetica, ohe cosa è, 1 ss.; sua relazione colla Teologia
morale, 2 ss.; colla teologia mistica, 4 ss. Distinzione dell'ascetica e della
mistica e l'unità della dottrina spirituale, 14-35.
Atti
diretti dell'intelletto e della
volontà, prodotti sotto l'ispirazione speciale dello Spirito Santo, superiori
al ra--gionamento e alla deliberazione umana, 316, 319, 324-327. — Cf. Orasia
operante, 321, 324-326; grazia coope- ;
rante,
323.
;;
Aumento della grazia e della carità, 204 ss. ; il suo
accelera- ; ' mento nella vita della S. Vergine e nella vita dei santi,?
207-209.
Avanzati. Secondo S. Giovanni della Croce sono, come i:.
profìcienti, nella via illuminativa o via di contemplazione infusa, 166.
Difetti degli avanzati, 166.
Asiane e contemplazione, 669, 560.
B
Beatitudine del cielo, 116-122.
Beatitudini evangeliche, loro relazione coi doni dello Spirito
Santo, 327 ss.
Carità, virtù infusa, 48, 64, 126. La perfezione consiste
specialmente nella carità 132, 139-143. Il precetto della carità è senza
limiti, è superiore a tutti i consigli, 191-198. La perfezione della carità
cade sotto il precetto non come materia, ma come fine, 198.
Vedasi Amor di Dio.
Chiamata: Diversi sensi della parola « chiamata », 373
ss. Chiamata generale e remota alla contemplazione infusa, 266, 374,
383-412. Tré prove principali di questa chiamata, vedasi Indice generale e.
V, a. il. Chiamata individuale e prossima, i tré segni di S.
Giovanni della Croce, notati anche dal Taulero, 413-418. — Chiamata prossima sufficiente,
418 ss. ; chiamata efficace, 420 ss., 458 ss. ;
ai
gradi inferiori della vita mistica, 421, 423; ai gradi superiori, 422. —
Soluzione delle obbiezioni contro questa dottrina, 465-472.
Cielo, unione fruitiva del cielo, 116-122. .Cima dello
spirito, 603, 505-506. Cf. Fondo dell'anima e Tocchi divini. '••'••
Comunione, partecipazione al sacrifizio della Croce perpetuato
sopra l'altare, 333, 583.
INDICE
A1PABETICO 703
Condizioni ordinariamente richieste alla contemplazione infusa,
426-440.
Confusioni da evitare nell'esposizione della dottrina tradizionale
sopra la contemplazione, 504-509.
Consiglio, dono del consiglio, 331; suoi tré gradi, ibid.
Consigli
evangelici, 193; tutti i cristiani
devono avere lo spirito dei consigli, 204. I consigli e l'imperfezione,
differenza tra questa e il peccato veniale, 472-480.
Contemplazione. Varii sensi di questa parola, 240 ss. — La
contemplazione detta acquisita corrisponde a ciò che S. Teresa chiama
orazione acquisita di raccoglimento, 247-250. — Quello che i grandi mistici
chiamano « contemplazione » senz'altro, è la contemplazione infusa, 251-256.
È generalmente una contemplazione oscura, generale, indistinta, per opposizione
a quello che S. Giovanni della Croce chiama cognizione soprannaturale,
particolare e distinta, per rivelazioni, visioni o parole inferiori, 350 ss.,
475 ss., 592, 682. Nella contemplazione infusa si possono distinguere i movimenti:
rette, 352, spezzato, 352, circolare, 353. — Le grandi tenebre secondo Dionigi,
S. Tommaso, la B. Angela da Foligno,, 350, 355-356. — Descrizione dei gradi
della contemplazione infusa secondo S. Teresa, 264, 274-286. — Come si
distingue dalle grazie straordinarie che a volte l'accompagnano, ibid.,
481-504. — Quello che la contemplazione infusa non richiede essenzialmente,
289-299. Vedasi Indice generale, e. IV, a. iv. — Eelazione della contemplazione
infusa coi doni dell'intelletto e della sapienza, cf. ibid., e. IV,
a. v e vi, p. 301 ss., 343 ss. — In che cosa la grazia della contemplazione
infusa differisce dalle consolazioni sensibili, 155, 362, 395-397, 682. — La
contemplazione infusa è un atto che procede in quanto alla sostanza dalla fede
infusa, in quanto al 'suo modo dal dono della sapienza o dell'intelletto,
364-366. — Chiamata alla contemplazione e desiderio della contemplazione, vedi Chiamata.
— Nel desiderio della contemplazione infusa devono unirsi l'umiltà e la
magnanimità, come ogni preghiera dev'essere umile e fiduciosa, 448; come questo
desiderio è tutt'altro da quello delle rivelazioni, 490; com'è espresso da S.
Efrem^ 596, da S. Diadoco, 596 ss., da S. Bernardo, 612 ss. Cf. Doni,
Umiltà, Merito, Ostacoli.
Contemplazione
ed azione apostolica, 559, 560, 607.
La contemplazione non .è ordinata all'azione come un mezzo subordinato a un
fine, ma la produce come una causa eminente e sovrabbondante, 559 ss. Identiche
relazioni tra l'Incarnazione e la Redenzione, ibid. Il fine d'un Ordine
apostolico è dunque la contemplazione che fruttifica per l'apostolato,
e non l'apostolato a cui venga subordinata la contemplazione; per questo la sua
vita è superiore alla vita attiva e alla vita puramente con-
704 INDICE ALI-ABETICO
templativa,
560, nota 16. — La contemplazione infusa è generalmente concessa ai
perfetti, almeno come atti isolati, ma spesso come stato d'orazione di qualche
durata, 383 ss., 394, 401 ss., 594-675. — Contemplazione sovreminente,
ohe procede dal dono della sapienza e dal lume profetico, 341, 652-653, 654.
Coscienza dello stato di grazia non richiesto allo stato
mistico, 290.
Croci, cf. Purifieasioni passive dei sensi e dello
spirito e prove concomitanti, 157 s., 278-280, 395-400.
D
Difetti dei principianti, 153 ss.; degli avanzati, 156. — II
peccato veniale e l'imperfezione, 472-480.
Dimore, vedi Mansioni.
Dio e le sue perfezioni, oggetto principale della
contemplazione, 350 ss., 356-359.
Disposisioni alla contemplazione infusa, 426-439, 676 ss.
Distrazioni durante l'orazione affettiva e quella di quiete,
274-277.
Divozione sensibile troppo ricercata dai principianti, 154,
395 ;
cf.
Purifieasioni passive dei sensi. — La vera divozione, 138, 397; a
Maria, suoi gradi, 578 ss.
Doni
dello Spirito Santo. Sono
specificamente distinti dalle virtù acquisite e dalle virtù infuse, per il loro
motivo formale e per il loro modo d'operare, 301. Il motivo formale è
l'ispirazione dello Spirito Santo, ed è questa una regola o diresione
sovrumana, ohe ha per conseguenza un modo d'operare sovrumano, 304
ss. — I doni dello Spirito Santo sono necessari alla salute, a cagione
del modo imperfetto ohe conservano in noi le virtù infuse anche elevate,
307 ss. — II modo sovrumano dei doni che prima è latente, 359 ss., 376 ss., per
rimediare alla suddetta imperfezione, deve prevalere sul modo umano
delle virtù, fin dall'entrata nella via illuminativa, e più ancora nella via
unitiva, 313-315. Predominio progressivo del modo divino del dono della
sapienza nell'orazione, 359 ss. — La vita mistica è caratterizzata dal
predominio del modo dei doni, sopratutto dal dono della sapienza, predominio
divenuto frequente e manifesto, per un direttore sperimentato,
359-680. In certe anime perfette questo predominio è appariscente, in
altre è diffuso, ma reale, 362 ss. — Relazione dei doni dello Spirito
Santo colla contemplazione infusa, 330-342, 347-352. — II terso grado dei
doni è d'ordine mistico, 330-342. — L'influsso dei doni sulla vita
ascetica è sia latente e abbastanza frequente, sia manifesto ma raro,
Introduzione, xm; 330, 359, 363, 676 ss. — Nella vita mistica è insieme frequente
e manifesto, 360 ss.,
INDICE
ALFABETICO 705
680
se. — II dono della sapienza può esistere in un grado altissimo, senza essere
accompagnato da grazie gratis datae, 679, nota 206.
E
Effetti dell'orazione, 231; della contemplazione infusa, relativamente
alle virtù, 274, nota 40; 275, 278, 283.
EmicJle (Virtù), 57, 185, 393, 400.
Eroismo, richiesto alla piena perfezione della vita cristiana,
184-187, 393.
Esame di coscienza: lo sguardo sopra se stesso non deve
essere separato dallo sguardo sopra Dio, 441.
Estasi totale o parziale, 272, nota 39; 279; a volte è conseguenza
naturale della contemplazione infusa in un certo grado, 483; altre volte, come
il rapimento, precede in qualche modo la contemplazione infusa e dispone ad
essa, 279, 483, 484.
Eucaristìa e la contemplazione, 583 ss.
E
Savori
straordinari che a volte accompagnano
la contemplazione infusa, 481-504; rivelazioni, 486 ss.; visioni, 492 ss.;
parole interiori, 496 ss.
JFede, sua soprannaturalità essenziale, 58 ; si fonda immediatamente
non sull'esame razionale dei miracoli, 57,. ma sull'azione increata per cui Dio
rivela la verità, 58-61;
la grazia
della fede ci fa aderire infallibilmente a quest'azione rivelatrice, alla
parola increata, 53-66. La grazia della fede eleva così il nostro intelletto e
la nostra volontà ad un ordine infinitamente superiore a quello della vita
naturale degli angeli, e ci da asilo nell'immutabile; questa dottrina è uno dei
fondamenti della mistica, 66-73, 400. Altro concetto della soprannaturalità
della fede, 57, 58, 64, 73, 74.— Le purificazioni passive dello spirito
mettono in un potente rilievo il motivo formale affatto soprannaturale della
fede infusa, 157 s., 278-280, 399 ss. La contemplazione infusa procede dalla
fede in quanta alla sostanza, e dal dono dell'intelletto o della sapienza in
quanto al suo modo, 364-366 ss. Quello che S. Giovanni della Croce chiama Fede
è la fede teologale unita ai doni dello Spirito Santo che le corrispondono,
364.
renomeni
mistici straordinari che a volte
accompagnano la contemplazione infusa, 481-504; non bisogna attac-oarvisi, ne
desiderarli, 488, 492, 499; questo desiderio distoglie dalla vera
contemplazione. 488.
46 — Perfezione e Contemplazione.
706 INDICE ALFABETICO
Fondo
dell'anima e tocchi divini, 282, 501
ss., 603, 606, 606. l'ortensia (Dono della), 333; suoi gradi, 333 ss. Frutti
dello Spirito Santo, 367-371.
G
Gesù
Cristo, mediatore; come, per
l'Eucaristia soprattutto, egli conduce all'unione divina, 578 ss., 583-593.
Giusto
mezzo della virtù morale, 566 as. ;
moderazione e misura» opposte a mediocrità, 567. Le virtù teologali non possono
consistere essenzialmente in un giusto mezzo, 568 ss.
Gradi
della carità e dei doni che le sono
connessi, 163-187,:
203-208,
330-342, Introduzione, xnr.
Gradi
dell'sragione infusa o dello stato
mistico, secondò. S. Teresa, 261-286.
Grazia
abituale, partecipazione fisica e
formale della natura. divina, 48-52. — Essa è la vita eterna cominciata,
semen gloriae, 122-127. Vedi .N'atura e grazia.
Grazia
attuale sufficiente ed efficace, 77. —
La grazia intrinsecamente efficace, 77 ss., 94 ss., 543 ss. — Grazia attuale
comune e ispirazione speciale dello Spirito Santo,. 315, 316, 323, 324 ss. —
Grazia operante e grazia cooperante, 321-326.
Grazie
gratis datae (carismi), come
differiscono dalla grazia santificante e le sono inferiori, 481-486. Il dono
della, sapienza può esistere in un grado elevatissimo senza essere
accompagnato da grazie gratis datae, 679, nota 206.
Gusto di Dio, diverso dalla divozione sensibile, 362.
Idee infuse, non necessario alla contemplazione infusa,
291,
Illuminativa (Via), secondo S. Giovanni della Croce comincia. colla
contemplazione infusa iniziale, concessa sotto forma d'atti isolati o di stato
di purificazione passiva-dei sensi, 155, 421, 423.
Illwminasione dello Spirito Santo, 349 ss. Cf. Ispirazione.
Immaginazione, il suo concorso non è necessariamente escluso nella
contemplazione infusa, 289, 291; ordinariamente vi è un concorso
impercettibile dell'immaginazione, 292-293.
Imperfezione e peccato veniale, 472-480. Imperfezione dei
principianti, 153 ss. Imperfezione degli avanzati, 156.
Intelletto (Dono dell'), 335; suoi tré gradi, 335-337; suo
ufficio-nella notte passiva dello spirito, 157 s., 397.
Ispirazione speciale dello Spirito Santo, come differisce. dalla
grazia attuale comune; sua elevazione crescente, 315, 316, 323-325, 330, 342.
INDICE
ALFABETICO 707
L
Lume
infuso, senza idee infuse, basta alla
contemplazione mistica, 291 ss., 349 ss.
M
Magnanimità e umiltà, 176, 480, 549. Loro unione nel desiderio
della contemplazione, 450, 612-615, 652, 655.
Mansioni descritte da S. Teresa, Introduzione, p. xin; 261... ;
la
IV»'mansione, 274 ss.; laV^ 275-277 ; la VP», 278-28] ;
la
VII'*, 281-284.
Maria, mediatrice, conduce le anime fedeli all'intimità di
Cristo, 578 ss.; i tré gradi della divozione a Maria, 580 ss.
Materializzasione della vita inferiore e della vita intellettuale,
562-569. Rimedio, 570 ss. '•
Mediocrità e tiepidezza, 567, 568.
Meditazione e orazione comune, 224-239.
Merito. Si può giungere a meritare de condigno un alto
grado di carità e il grado corrispondente dei doni dell'intelletto e della
sapienza, considerati come abiti, 331, 456-458. Si può meritare
almeno de congrua, ossia con un merito di convenienza, la grazia attuale
efficace della contemplazione infusa, 391, 393, 457. Si può ottenerla colla
preghiera umile, fiduciosa, perseverante, 100, 168, 220, 266, nota 12; 296,
nota 21; 448, 469. — La contemplazione infusa è un atto meritorio, 289. —
Contemplazione ed azione apostolica, 283, 559, 560, 607.
Metodo
d'orazione, dev'essere semplice, 225
s. ; spesso utile ai principianti, ibid.
Miracoli, loro soprannaturalità, inferiore a quella della grazia
santificante, 51, 53.
Mistica (Teologia). Oggetto, principii e metodo della teologia
mistica speculativa ossia dottrinale, 1, 6, 11, 12. La teologia mistica
sperimentale, modo d'orazione infusa, 4, 268. Distinzione dell'ascetica e
della mistica, 14-20; loro relazioni, 21-35. — La mistica e la soprannaturalità
essenziale della fede, 55-76. — La mistica e la dottrina, di S. Tommaso
sull'efficacia della grazia, 77-110. — Cf. Vita mistica e Teologia
mistica.
Mortificazione, 154 ss., 542, 543, 551, 566 ss. Cf. Orgoglio, Difetti.
Mozione
divina, tré modi di questa mozione
nell'ordine naturale, 316-321; tré modi analoghi nell'ordine della grazia,
321-329.
708 INDICE ALFABETICO
M
Natura
e grazia, 29..., 48, 53, 456, 460,
463, 466, 469, 542, 550-552, 554, 559. La natura decaduta o ferita è meno atta
a fare il bene d'ordine naturale di quello che sarebbe stata la natura pura,
470, 551. La natura nel senso ascetico della parola, 542, 551,
566 ss.; nel senso fliosofloo, 551. L'armonia perfetta della natura e della
grazia non si trova quaggiù se non nella vita unitiva, 29, 32, 33, 48, 157 ss.,
395..., 469, 551, 555.
Nemici (Amor dei), 178.
Notte
oscura secondo S. Giovanni della
Croce, perché l'illu-minazione divina è chiamata notte, 154, 157 s., 397. Notte
passiva dei sensi, 154, 395, 618. Notte passiva dello spirito, 156 ss.,
278-280, 395-401. In S. Gregorio, 607, in S. Massimo, 600, nel Taulero, 626,
nota 115.
O
Orazione
acquisita, comune, 224-234. Come si
può giungere
alla
vita d'orazione e perseverare in essa, 234-239. ^Orazione infusa,
264-271; suoi gradi, 271-274, quiete, 274-
275;
unione semplice, 275-277; unione estatica, 279-281 ;
unione
trasformante, 281-284. Ordinario e straordinario nella vita
spirituale, 39, 256-260.
—
La contemplazione infusa è ordinariamente concessa
ai
perfetti, 383-412. Vedi Indice generale, e. V, a. li,
455-472.
Straordinaria, 481-504. Orgoglio, la notte dello spirito necessaria per
distruggere
quanto
resta in noi d'orgoglio incosciente, 156, 157,
158,
278 ss., 398 ss., 563. Cf. Umiltà e Magnanimità. Ostacoli
alla contemplazione, 440-443, 472-480.
P
Parole
soprannaturali, 496 ss.; auricolari,
496; immaginarie, 497; intellettuali, 497; successive, 498; formali, 4:99;
sostanziali,
500. Sono favori straordinari distinti dalla contemplazione infusa, ma che a
volte l'accompagnano, ibid.
Peccato
veniale e imperfezione, 472-480.
Perfetti, 157, 158, 172, 173, 175-179, 183 ss. Vedi Perfezione.
Perfezione. La perfezione cristiana ossia la vita eterna
cominciata, 115-130. Dottrine erronee o incomplete sull'essenza della
perfezione, 133-138. — La perfezione sta specialmente nella carità, 139-150.
Cf. Amor di Dio. La piena perfezione della carità presuppone le purifi-
INDICE
ALFABETICO 709
cazioni
passive dei sensi e dello spirito, 151-162. La piena perfezione della vita
cristiana è d'ordine mistico se-, condo la tradizione, 163-184. L'espressione
«piena . perfezione » indica non solo l'essenza della perfezione, ma anche la
sua integrità normale, 187. La. perfezione e il precetto dell'amore di Dio,
188-198, e i consigli, 193-195. Cf. Imperf esione.
Perfezione
relativa, eroismo e santità, 184. I perfetti, secondo S. Giovanni della
Croce, hanno attraversato la notte dei sensi e quella dello spirito, 167. Cf. Purifica-.
sioni passive.
Pietà (Dono della), 332; suoi tré gradi, 332-333. Questo
dono che è nella volontà, è specialmente manifesto nell'orazione di quiete in
cui solo la volontà è cattivata, 274, 676. Pietà e studio, 563, 670 ss.
Precetto
dell'amar di Dio: è senza limite, 188;
la perfezione della carità cade sotto questo precetto, non come materia o
cosa da compiersi immediatamente, ma come fine. Introduzione, p. vili;
190 ss., 203 ss. — Vedi Amor di Dio.
Preghiera di domanda, principio della sua efficacia, 214-224.
Preternaturale o soprannaturale quoad modum, in quanto al modo, 9, 61-62, 482-483.
Principianti, 178; lo stato dei principianti secondo 8. Giovanni
della Croce, 163. Difetti dei principianti, 153 ss.
Principii
della contemplazione infusa: fede e
doni dell'intelletto e della sapienza, 300 ss., 343 ss., 347, 364-366;
accidentalmente,
lume profetico, 341. Vedi Contempla-«ione e Doni.
Profezia, et. Bivela«:ioni private.
Pro-fidenti e avanzati, secondo S. Giovanni della Croce, sono
nella via illuminativa o via di contemplazione infusa, 155, 182.
Progresso
spirituale per l'accrescimento della
carità, delle, virtù e dei doni. Introduzione, p. xm; 188 ss., 199, 330-342,
394-401. Questo progresso dovrebb'essere tanto più rapido quanto più l'anima
s'accosta a Dio, analogia colla legge della gravitazione universale,
acceleramento della caduta dei corpi, 207 ss.
Prove, cf. Purificaeioni passive.
Prudenza, come questa virtù spesso sia falsificata, 667, 668.
Pmessa
del cuore, disposizione alla
contemplazione, 432.
Purgativa (Via), Introduzione, fine p. xvi; 153 ss.
Pwrificasione
attiva, 153 ss., 542,543,552.
Purificazioni passive necessario alla piena perfezione, 151-162. La purificazione
passiva dei sensi, sotto l'influsso specialmente del dono della scienza,
154, 395. La purificazione passiva dello spirito, sotto l'influsso
soprattutto del dono deL l'intelletto, 156, 397; scioglie da ogni lega impura
l'umiltà e le virtù teologali, il purissimo motivo formale di queste virtù, 157
s., 278-280, 399 ss. La purificazione
710
INDICE ALFABETICO
d'amore,
279, 281. Le purificazioni passive in S. Gre-.gorio Magno, 606, in S.
Massimo, 600, in Ugo di S. Vittore, 617, nel TaTilero, 626.
Quiete (Orazione di), 274-275. Influsso speciale in essa
del
dono
della pietà, 676. Quietismo. Errori quietisti e semiquietisti, 671-675.
R
Baccoglimento
acquisito (Orazione di), disposizione
alla contemplazione infusa, 247, 264; 267, nota 16. Quest'orazione descritta
da S. Teresa {Cammino, o. xxvin) differisce dal raccoglimento
soprannaturale o passivo che è lo stato mistico iniziale (IV'1
mansione, e. in), 247-250.
Sopimento, 272, nota 39; 279, 483, 484.
Bitardo (Anime in), 201. .
Bivelassioni
private, grazia straordinaria,
distinta dalla con<-templazione infusa, 484. Quello ohe sono queste
rivela-,' zioni private, loro certezza, 486-487; si fanno mediante' visioni o
mediante parole, 485. Condotta da tenere, 488. -Non bisogna desiderarle,
488-491; è un grosso errore confondere il desiderio delle rivelazioni con
quello della contemplazione infusa; il primo è condannabile e distoglie dalla
contemplazione infusa, la quale è desiderabilissima, 490. Le rivelazioni
propriamente dette, 490, le rivelazioni impropriamente dette, 491.—Nell'unione
trasformante l'anima riceve essa la rivelazione del suo stato di grazia e della
sua predestinazione, o l'equivalente di questa rivelazione? 496, nota 71.
Sapienza (Dono della), 337; suoi tré gradi, 339-341... Lo
Spirito
della sapienza nella Scrittura, 344 ss. Il dono della sapienza e la
contemplazione infusa secondo la teologia, 347 ss. Predominio
progressivo del modo divino del dono della sapienza nell'orazione per
rimediare al modo imperfetto delle virtù, 359 ss. Questo predominio . è appariscente
in certe anime perfette, diffuso in altre, 362 ss. Il dono della
sapienza può esistere in •un alto grado senza essere accompagnato dalle grazie gratis
datae, 679, nota 206. Cf. Vita mistica.
Sviensa (Dono della), 330; suoi tré gradi, 330-331; suo
ufficio nella notte passiva dei sensi, 395 ss.
Semplicità dello spirito e del cuore, disposizione alla contemplazione,
433.
INDICE
ALFABETICO 711
Soprannaturale, definizione e divisione, 48-52. Il soprannaturale
essenziale (quoad substantiam) e il preternatu-rale o soprannaturale in
quanto al modo della sua produzione [quoad modum), 9, 51-52, 482-483.
Specie
infuse, non necessario alla
contemplazione infusa, 291.
Speranza, purificata nella notte dello spirito, abbandono, 157
ss., 278-280, 400 ss.
Spirito
Santo, ai. Doni e Abitassione
dello Spirito Santo.
Stato
passivo o mistico, 266-270. Questa
parola indica sia l'orazione infusa di qualche durata, e allora è un atto
prolungato, 271 ss., sia una facilità a quest'atto, una disposizione prossima a
ricevere Pillummazione dello Spirito Santo, principio di quest'atto, 680 ss.
Studio e pietà, 563, 570 ss.
Straordinario e ordinario nella vita spirituale, 39, 256-260.
— La contemplazione infusa è il frutto d'una grazia eminente, ma non
straordinaria per sé; essa è nella via normale della santità, 383-412. Vedi
Indice generale, o. V, a. n, 456-472, 481-604.
T
Teologia
ascetica e mistica, suo oggetto, 1, 6,
632; suoi principii, 6; suo metodo, 6-13, 532. Sue relazioni colla Teologia
dogmatica e morale, 2, 3. — La Teologia mistica dottrinale o speculativa, 1-13;
la Teologia mistica sperimentale, modo d'orazione infusa, 4, 268. Distinzione
dell'ascetica e della mistica, 14-20, unità della dottrina spirituale, 21-25.
Questioni di metodo nello studio del problema mistico fondamentale, 627-633.
Autorità di S. Tommaao in queste questioni, 511-627.
La
Teologia di S. Tommaso e la dottrina spirituale, 542-561.
Tenebre
divine secondo Dionigi, S. Tommaso, la
B. Angela da Poligno, 350, 355-357.
Tentazioni contro le virtù morali, 164, 395 ss.; contro le virtù teologali
nella nottedello spirito, 167 s., 278-280,395-400.
Tiepidesssa e mediocrità, 667, 668.
Timore (Dono del), 332; suoi tré gradi, ibid.
Tocchi divini, 601-504, 504-507.
Trasformasione, vi. Unione trasformante, 281-284.
Trinità, contemplazione della SS. Trinità nell'unione trasformante,
281.
U
Umiltà: Umiltà e la dottrina della grazia, 86; umiltà, disposizione
alla contemplazione, 222, 227, 399, 435, 468. — Umiltà e magnanimità, 176, 480,
649; loro unione nel
712 INDICE ALFABETICO'
desiderio
della contemplazione, 450, 612-615 (testi di S. Bernardo), 652, 655.
Unione
divina, abituale e attuale, 130, 229;
unione semplice,. 275-277; unione estatica, 279-281; unione trasformante,
281-284. La visione della SS. Trinità non apparisce' necessariamente legata
all'unione trasformante, 282,. nota 71. In questo grado d'unione l'anima riceve
per avventura la rivelazione del suo stato di grazia e della. sua
predestinazione? 496, nota 71.
Unitiva (Via), Introduzione, p. xvm; 163-184. Non vi sono-due
vie unitive, l'una ascetica e ordinaria e l'altra. mistica e straordinaria; la
via unitiva nella sua perfezione normale è d'ordine mistico, 163-187. Quello
che-vi è di essenziale in questa via si distingue dalle grazie^ straordinarie
che a volte l'accompagnano, 289 ss., 291 ss.,. 383-412, 481 ss.
Uomo vecchio, uomo nuovo, Introduzione, xvi; 163 ss.» 470.
v
Vie purgativa, illuminativa, unitiva. Introduzione, pp.
xn-xvm; 163-184. — Vi sono solamente tré vie e non sei, 163, 164. La via
illuminativa considerata nella sua perfezione normale è già d'ordine mistico,
tanto più la via unitiva, per ohi non ne ha un concetto monco, 163-187.
.Virtù acquisite e virtù infuse, 55, 56. Virtù morali infuse»
56, 57. Cf. Giusto messo (moderazione e misura, non mediocrità), 567. —
Virtù teologali, la loro soprannaturalità essenziale a cagione del loro
oggetto formale, 57-75. Le virtù teologali non possono consistere
essenzialmente in un giusto mezzo, 568 ss. Virtù sociali, virtù purificanti (purgatoriae),
virtù dell'anima purificata, virtù esemplari, 177. — Le.virtù eroiche sono
specialmente quelle dell'anima purificata, dopo la notte dello spirito,
281-281, ma le virtù purificanti (purgatoriae) possono anche essere
eroiohe nel corso della purificazione dei sensi e dello spirito, 154, 278, 395,
400.
Vita
della grasia, « semen gloriae », vita
eterna cominciata, 122-127; nel suo fondo è identica con quella del cielo, 123
ss. ; due differenze principali, 123.
Vita
inferiore, e vita intellettuale, come
devono armonizzarsi, 562 ss.
Vita
mistica, caratterizzata dal predominio
del modo sovrumano dei doni dello Spirito Santo, sopra il modo umano delle
virtù, 24, 130, 313, 360-364. Perché nella via illuminativa e specialmente
nella via unitiva il modo sovrumano dei doni deve prevalere, 313 ss., 359-364.
—-Vita mistica perfetta caratterizzata dal predominio dei doni superiori
dell'intelletto e della sapienza,
INDICE
ALFABETICO 713
360
ss. — Chiamata remota e chiamata prossima alla vita mistica, cf. Citiamola.
Visioni, grazie straordinarie che a volte accompagnano la
contemplazione infusa, 492 ss. Visioni corporali, 492-493; visioni
immaginarie, 493, 494; visioni intellettuali» 494-496. Condotta da tenere, ibid.
Non si devono desiderare le visioni, cf. Kiwelasioni. — La visione
intellettuale della SS. Trinità non apparisce necessariamente legata
all'unione trasformante, 282, nota 71. Questa visione non è una percezione
positiva immediata dell'essenza divina o di Dio tal quale è, 496. 'Vocazione
alla contemplazione, vedi Chiamata. Volontà, resta libera nella
contemplazione infusa, che è così un atto meritorio, 289.
Z
Zelo per la gloria di Dio e per la salute delle anime nei
perfetti, 173 ss., 178, 183. Suo pieno sviluppo normale nell'unione
trasformante, 283.
Indice
degli autori citati, vedi o. VI, a. v,
594-675 : Accordo dei Maestri, ove si trovano indicati, riguardo a
questi autori, i pnncipali ragguagli nel corso dell'opera.
INDICE GENERALE
introduzione ..................
VII
Abbiamo
preso per guide specialmente 8. Tommaso e 8. Giovanni della Croce. L'idea
altissima ch'essi ebbero della perfezione cristiana e del dono della sapienza,
secondo il Vangelo e secondo 8. Paolo.
tavola SINOTTICA
DELLE CONCLUSIONI DELL'OBERA . XIII
capitolo I.
IL
TEOBLEMA MISTICO ATTUALE
abt. I. —- Oggetto
e metodo della teologia ascetica e
mistica
.............. , . . 1
Oggetto,
1. -— Metodo descrittivo, 6. — Metodo deduttivo, 11. — L'unione dei due, 12.
Art. II. — La distinsswne dell'ascetica e della mistica
e l'unità della dottrina spirituale ..... 14
Tesi
tradizionale: unità, 14. — Tesi di parecchi moderni: separazione, 18. •—
Ritorno alla tesi tradizionale, 21. -
aet. III. — Senso dei termini del problema .... 36
Definizioni
almeno nominali dei termini « contemplazione i), « contemplazione acquisita »,
« contemplazione infusa », 36, — s ordinario », ci straordinario i), 39, —
<i chiamata generale e remota », « chiamata individuale e prossima », 89.
716 INDICE GENERALE
capitoio II.
LA
MISTICA E LE DOTTRINE FONDAMENTALI DI S. TOMMASO
' Pag-art. I. — Vita intellettuale naturale e vita soprannaturale ................. 41
L'errore
dei nominalisti e dei loro successori circa la soprannaturalità della grazia
santificante e delle virtù teologali, 44. — La soprannaturalità essenziale .
della grazia delle virtù e dei doni è quanto mai superiore a quella del
miracolo sensibile e della profezia dei futuri contingenti, 48. — II
soprannaturale essenziale . o quoad
substantiam, e il soprannaturale quoad modum , o preternaturale, 51.
— Divisione del soprannaturale, 52.
¥• • •
aet. II. — La mistica e la soprannaturalità essenziale
della fede infusa ..... ^ .. .... 65
Le virtù
infuse, sia teologali, sia morali, sono soprannaturali per essenza (quoad
suhstantiam) a cagione del loro oggetto formale e del loro motivo affatto
soprannaturali, inaccessibili alle nostre facoltà naturali non sopraelevate,
55. — Importanza capitale di questa dottrina per quanto riguarda la fede
infusa, 58. — La cer-• tezza assoluta di quest'ultima, superiore a quella
dei ragionamenti apologetici, 61. — Come questa dottrina è uno dei fondamenti
della mistica? 66. — Gli atti dei doni dello Spirito Santo sono doppiamente
soprannaturali : quanto alla loro sostanza e quanto al loro modo, in questo
senso ch'essi oltrepassano il modo , . umano, 75.
abt. III. — La mistica e la dottrina di 8. Tommaso
, sull'efficacia della gr.aeia ......... 77
Secondo
S. Tommaso la grazia non è resa efficace dal nostro consenso, ma è efficace per
se stessa e ci porta fortemente e soavemente al consenso salutare e alla sua
esecuzione, 78. — Quest'efficacia trascendente, anziché distruggere in noi la
libertà, produce in noi e con noi il modo libero dei nostri atti, perché Dio è
abbastanza potente non solo da fare sì che il nostro atto sia, ma ancora che
sia libero, conforme alla nostra natura, 86. — Cosi l'atto buono è tutt'-mfero
di Dio come causa prima, e tutt'intero di noi come causa seconda, 90. —
In quanto al disordine che si trova nell'atto cattivo, esso è unicamente di
noi, causa deficiente, 92. /
INDICE GBNEBAI.E 717
Pag. aet. IV. — Le conseguense pratiche della dottrina di
8. Tommaso sopra la grazia ....... 94
Bisogna
confessare l'esistenza di due grazie {sufficiente ed efficace), di cui l'una
lascia la nostra volontà senza scusa davanti a Dio, e l'altra non le permette
di gloriarsi in se stessa (Bossuet), 95. — Conseguenze relative all'umiltà, 96
; alla preghiera sotto le sue diverse forme, 98; alla pratica delle virtù
teologali, 101. — Fede nella sapienza di Dio, nella santità del suo
beneplacito, nella sua onnipotenza, nel suo sovrano dominio, nel valore
infinito dei meriti di Cristo, 104. — Speranza fatta di fiducia e d'abbandono
nella divina Misericordia, 106. — Quanto più la grazia che ci è data è intima
ed efficace, tanto più dobbiamo amar Dio e corrispondere al suo amore, 108. —
La medesima dottrina nell'Imitazione di Gesù Cristo e in tutti i grandi
mistici, 110.
capitolo III.
LA
PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIANA
aet. I. — La per)'esione cristiana ossia la «ita eterna
cominciata ............... 115
La vita
eterna nel suo ultimo sviluppo, 116. — La vita eterna cominciata, 122. — La
vita della grazia quaggiù nel suo fondo è la medesima che quella del cielo, 123
;
delle
tré virtù' teologali, la più alta, la carità, deve durare eternamente, 125;
fin da quaggiù la S. Trinità abita in noi, come in un tempio, in un tabernacolo
vivente ancora oscuro, 127. — Che cosa sarà la vita mistica propriamente detta,
se non il preludio normale di quella del cielo? 130.
aet. II. — La perfezione, cristiana consiste specialmente nella carità. . . . . . . . .... 132
Dottrine
erronee o incomplete sull'essenza della perfezione; quaggiù questa non sta
specialmente nel conoscimento di Dio, ne nella fortezza, nella pazienza, nelle
austerità, negli atti del culto, nella vita solitària, ecc., 133. — La
perfezione sta specialmente nella carità, principalmente nell'amor di Dio,
secondariamente nell'amor del prossimo, 139. — Perché la carità quaggiù è superiore
alla nostra cognizione di Dio? 143. — I^a perfezione è una pienezza, 148.
aet. III. — La piena perfezione della carità presuppone
le purificazioni passive dei sensi e dello spirito 151
Dottrina
di S. Giovanni della Croce su questo punto :
necessità
di questa doppia purificazione passiva, d'or-
718 INDICE GENERALE
dine
mistico, per liberare l'anima da imperfezioni spesso incoscienti, che sono un
ostacolo all'intimità dell'unione divina, 153. — Sostenere che normalmente si
giunge alla piena perfezione della vita cristiana, senza passare in un modo o
in un altro per le purificazioni passive, è un diminuire notevolmente l'ideale
della perfezione, 161, II dogma del Purgatorio illumina questa questione, ibid.
aet. IV. — La piena perfezione delly vita cristiana è
di ordine mistico, secondo la tradizione . . . 163
L'alta
idea delle vie illuminativa e unitiva che ci da S. Giovanni della Croce è
conforme alla tradizione. Vi sono solamente tré vie e non sei, 163. — Ciò che
dice l'autore dell'Imitazione, I. Ili, e. 31, circa la perfezione e la
contemplazione infusa, 170. — Dottrina di S. Caterina da Siena, 173. — Quella
di S. Tommaso, 175, quella di Dionigi, 179, e di S. Agostino, 181. — Perfezione
relativa, eroismo e santità, 184 ss. — L'espressione « piena perfezione della
vita cristiana i> indica non solo l'essenza della perfezione, ma
anche la sua integrità normale, 187.
art. V.—La perfezione e il precetto dell'amor di Dio 188
^ §
I. — II primo precetto è senza limiti, 188.—Dottrina di S. Agostino e di S. Tommaso
su questo punto, la perfezione della carità cade sotto il precetto, non come materia
o cosa da compiersi immediatamente, ma come fine a cui bisogna
tendere, 190. — Per questa ragione il primo precetto è superiore a tutti gli
altri e a tutti i consigli, 191. — La perfezione è dunque essenzialmente e
specialmente nel compimento sempre più fedele dei due primi precetti
dell'amor di Dio e del prossimo, 191 ; secondariamente e strumentalmente
stane! tré consigli di povertà, di castità e di ubbidienza, 193. — Ogni
cristiano deve avere lo spirito dei consigli, 197. — Obiezioni del Suarez,
risposte del Passerini, 198. •
§
II. — Tré conseguenze: 1 ° Nella via di Dio chi non s'avanza,
indietreggia, 199 (gli atti imperfetti, remissi). •— 2° Tutti i cristiani,
ognuno secondo la sua condizione, devono tendere alla perfezione della carità,
in virtù d'un obbligo, non speciale, ma generale, 203. — Acceleramento
normale del progresso dell'amor divino, di mano in . mano che l'anima
s'avvicina a Dio; analogia coll'acce-'leramento della caduta dei corpi, 207. —
3° Ci sono progressivamente offerte grazie attuali, proporzionate allo scopo
da raggiungere, alla perfezione a cui dobbiamo tendere, 209.
Peccato veniale e imperfezione, ostacoli all'unione divina, et. p. 4:72-480.
INDICE
GBNEEAI.E capitolo IV.
LA
CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI
abt. I. — La 'preghiera, in genere e l'orazione comune
§
I. — .La preghiera di domanda: sorgente eminente della su» efficacia;
com'essa è un'elevazione dell'anima nostra a Dio, per cui noi vogliamo nel
tempo quello ch'egli vuole da tutta l'eternità ; come cooperare al governo
divino, 214. — Ci vuole una grazia attuale per pregare, e di essa sono privati
solo coloro che la rifiutano, 218.
§
II. — L'orazione comune semplificata: modo semplicissimo di farla, 224:
essa preparasi con un atto d'umiltà, 227, procede dalle tré virtù teologali,
che animano la virtù della religione, 228, e ci ottengono le illuminazioni e le
ispirazioni dello Spirito Santo, 230. — Disposizione alla contemplazione, 231.
— II Poter meditato, 233. — L'orazione di cuore, 234.
§ III. — Come si può giungere alla vita d'orazione e perseverarvi, 234. ' .
aet. II. — Varii sensi delle parole «contemplasiione », * ordinario » e « straordinario ........
§
I. — Contemplazione detta acquisita e contemplasiione infusa, 240. — S.
Teresa diede in modo chiarissimo la differenza essenziale che separa l'ultima
orazione acquisita (orazione di raccoglimento. Cammino, e. xxvrn), e la
prima orazione infusa (IV'1 man-f- sione, e. in), 247. — Per lei,
come per tutti i grandi mistici, la contemplazione propriamente detta è
in-fusa, 251.
' § II. — Nella vita
soprannaturale è propriamente |
straordinario per sé o per natura quello che è fuori i della via normale della
santità e non è affatto neces-; sario per giungervi, 256. — All'opposto, è ordinario,
• per sé o per
natura, ciò che è nella via normale della ! santità ed è moralmente
necessario nella maggioranza i
dei casi per giungervi, 257-860.
aet. III. — Descrizione della contemplasiione infusa e de' suoi gradi, secondo S. Teresa . . . . .
§
I.—Lo stato mistico in generale, 364; Preparazione (orazione acquisita
di raccoglimento), 264; chiamata generale e chiamata individuale, 265. —
Matura dello stato mistico: cognizione infusa e amorosa di Dio:
lume
infuso e amore infuso, 266-271.
720 INDICE GESEEAIE
Pag'
§
II. — I gradi dello stato mistico dalla IV* mansione alla VII», 271. — Tré
segni dell'intensità crescente dello stato mistico, 273. — La quiete,
274-275. — 'L'unione semplice, completa o incompleta, la scorciatoia,
275-277. — Periodo di prova, notte dello spirito, 278. — Vestasi totale
o parziale, conseguenza della contemplazione, o all'opposto antecedente, 280. —
tl'unione trasformante (l'estasi generalmente è cessata), preludio
normale della vita del cielo, 381-384. — S. Teresa distingue questi stati d'orazione
da certi fenomeni accidentali e straordinari che possono accompagnarla, 285.
aet. IV. — Quello che la contemplazione infusa non richiede essenzialmente .......... 287
1°
Essa non è sempre data improvvisamente, 289. — 2° Non è necessariamente accompagnata
dall'impossibilità assolata di discorrere o di ragionare, 289. —3° È un atto
meritorio, 289. — 4° Non richiede la coscienza dello stato di grazia, 290. — 5°
Ne il sentimento della presenza di Dio (notte dello spirito), 290. — 6° Non è
una grazia gratis data, 291. — 7° Non esige idee infuse, ma un lume
infuso, 291. — 8° Non è una percezione immediata di Dio tal quale è, 293-298.
Dio come presente in noi è conosciuto ne' suoi effetti, sopratutto nelle
dolcezze d'amore che fa provare all'anima che gli è unita, 298-299.
àet. V. — Sopporto essenziale della contemplazione infusa e della vita mistica coi doni dello Spirito Santo ............... 300
§1.—
Ufficio dei doni dello Spirito Santo, Sono essi specificamente distinti
dalle virtù acquisite e dalle virtù infuse? Sì, se non per la loro materia,
almeno per il loro motivo formale, per la loro regola e per il loro modo
d'operare, 301. La regola prossima dell'atto che procede dai doni è
l'illuminazione e l'ispirazione divina, per conseguenza il modo d'operare è sovrumano,
305.
§
II. — I doni dello Spirito Santo sono necessari alla salute, a cagione
del modo imperfetto che conservano in noi le virtù cristiane anche
elevate, 307.
§
III. — Necessità d'una docilità sempre più perfetta. al Maestro intcriore,
per rimediare al modo imperfetto. delle virtù e per avanzare veramente
verso la perfezione, 311. —II regime dei doni; il loro modo sovrumano
deve finire normalmente con prevalere sul modo umano e imperfetto delle
virtù, 313.
§
IV. — .L'ispirazione speciale dello Spirito Santo, paragonata alla
grazia attuale comune, 315-329. — Questa ispirazione speciale, relativa a
ciascun dono, ha i tré gradi principali: 1° nei principianti, 2° nei
profi-cienti, 3° nei perfetti, 330-342.
INDICE
GENEEALE
>-+ VI. — Owattere essensiate della contemplazione infusa. In che modo procede dal dono della sapienza e della fede? ..........
§
I. — Lo Spirito della sapienza nella Scrittura, 844.
§
II. — II dono della sapienza e la contemplazione infusa secondo la teologia,
347. — L'ufficio della carità in questa cognizione affettiva, e quello d.elVillumina-swne
speciale dello Spirito Santo, illuminazione la cui intensità può sempre
crescere quaggiù, 349-3S1. — La contemplazione circolare secondo Dionigi e S.
Tom-maso, la sua oscurità transluminosa; è diversissima da una
speculazione astratta sull'essenza divina, 352.
— Le
grandi tenebre: La Deità, superiore a tutte le perfezioni divine ch'essa-
contiene formalmente ed eminentemente. L'oscurità di questa cognizione
viene dal fatto ch'essa è superiore ad ogni immagine e ad ogni idea distinta,
356-359.
§
III. — Predominio progressivo del modo divino del dono della sapienza
nell'erosione per rimediare al modo imperfetto delle virtù anche
elevate, 359. — La. vita mistica è caratterizzata dal predominio del modo dei
doni, principalmente dal dono della sapienza, predominio divenuto frequente
e manifesto per un direttore sperimentato, 360. — Nondimeno nella notte
dei sensi è il dono della scienza che domina, e nella notte dello spirito,
quello dell'intelletto, 361. — In certe anime perfette il predominio del dono
della sapienza è appariscente e accompagnato da lume profetico, in altre anime
perfette meno contemplative è diffuso, ma nondimeno realissimo, 362.
Nella
vita ascetica l'intervento dei doni è sia latente e abbastanza frequente, sia
manifesto e raro, 359 e 363.
—
In che cosa la grazia della contemplazione infusa differisce dalle
consolazioni sensibili: quello che, secondo 8. Teresa, distingue i gusti
spirituali dalle consolazioni acquisite nella meditazione, 382. —
Conciliazione delle varie opinioni, 364.
§
IV. — La contemplazione infusa è un atto che, in quanto alla sostanza, procede
dalla fede viva e, in quanto al suo modo sovrumano, dal dono della sapienza
o dell'intelletto (Gaetano e Giuseppe dello Spirito Santo), 364-366.
§
V. — I frutti dello Spirito Santo e le beatitudini. « La pace di Dio che
sorpassa ogni intelligenza, e conserva gli spiriti e i cuori in Gesù Cristo ».
Il pieno sviluppo quaggiù della «grazia delle virtù e dei doni», 367-371.
16 — Perfezione e Contemplazione.
722 INDICE GENERALE
capitolo V.
LA
CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE OSSIA ALLA VITA MISTICA
Pag. aet, I. — I diversi sensi della parola soMamata» . . 373
1°
Chiamata generale e remota, 374. — 2° Chiamata individuale e prossima, 375. —
3° Chiamata sufficiente, 376. -— Chiamata efficace ai gradi inferiori Q ai gradi
superiori della contemplazione infusa, 376.
art. II. — La chiamata generale e 'remota alla cowtem-
plasione mistica . . . '. ... . . . . . . . . 383
Le tré principali ragioni su cui è fondata:
§
I. — II principio radicale della vita mistica è il medesimo che quello
della vita intcriore comune : «la grazia delle virtù e dei doni », 387. Ora il
modo sovrumano dei doni deve normalmente prevalere col progresso spirituale
per rimediare al modo sempre imperfetto delle virtù, 388. La vita mistica
apparisce dunque normalmente colla via illuminativa e soprattutto colla via
unitiva. — Si può meritare la grazia attuale della contemplazione infusa salterii
de congrua, e si merita Se condigno .l'aumento di tutti gli abiti
infusi, connessi colla carità, compresi i doni, 391. Le virtù eroiche, 393.
§
II. — Nel progresso della vita inferiore, la purificazione dell'anima non è
completa se non mediante le purificazioni passive, che sono d'ordine
mistico, 394. Natura di queste purificazioni, in cui dominano le illumina-zioni
del dono della scienza (396), poi del dono dell'intelletto (397); come
purificano da ogni lega impura l'umiltà e le virtù teologali, mettendo in un
potente rilievo il loro motivo formale affatto soprannaturale, 399. Tali
sono le forme eminenti del progresso normale, '400. Il Purgatorio, ihid.
§
III. — II fine della vita inferiore è il medesimo che quello della vita
mistica, ma questa dispone ad esso più immediatamente, 401; la contemplazione
infusa, • secondo la tradizione, è per solito il preludio immediato della
visione beatifica, 402. Quello che dice S. Tom-maso circa la superiorità della
vita contemplativa, che non è il mezzo, ma sì il fine dell'azione, non si
verifica : pienamente se non nella vita mistica propriamente detta,
disposizione normale immediata alla vita del cielo, 403-405. 8. Teresa e 8.
Giovanni della Croce .ammettono la chiamata generale e remota di tutte le
anime intcriori alla contemplazione infusa, 408-412.
INDICE
GENERALE
àbt. III. —" La citiamola individuale e prossima alla contemplazione . . , . . . . .. . . . .
§
I. — A questa chiaftiata si riferiscono le riserve fatte qua e là da S. Teresa,
da S. Giovanni della Croce, dal Taulero e da altri maestri : non tutte le anime
giuste sono chiamate in un modo individuale e prossimo, 413, — I tré segni
principali della chiamata individuale e prossima: la meditazione diventa
difficile o impraticabile;
l'anima
non prova alcuna voglia di fissare l'immaginazione sopra alcun oggetto esterno
o interno; gode di trovarsi sola con Dio, fissando sopra di Lui la sua
attenzione, amorosa, 414-418.
§
il. — Questa chiamata individuale e
prossima può essere sufficiente, e restare sterile per la nostra negligenza,
o all'opposto è efficace: n Vi sono molti chiamati, e pochi eletti »
dice S. Teresa applicando a questo proposito le parole di Nostro Signore, 418.
Finalmente la chiamata efficace può condurre sia ai gradi inferiori sia ai
gradi superiori della contemplazione e della perfezione, 420. Certi testi di
S. Giovanni della Croce fanno allusione al mistero della predestinazione, che
tutta questa questione presuppone, 422-423. Il santo si spiegò bene nella <i
Viva fiamma », 423-424.
abt. IV. — Oondisioni ordinariamente richieste alla oontemplasione infusa . . . .. . . . . .
Esame
delle principali difficoltà relative alla chiamata generale.
§
I. — Le principali condizioni, ordinariamente richieste alla vita mistica,
mancano torse generalmente alle anime inferiori generose? 428. Bisogna usare
il meglio che si può dei grandi mezzi che la Chiesa da a tutti, dei
sacramenti, della santa comunione, avere una gran divozione allo
Spirito Santo, al 8, Cuore, a Maria;
lasciarsi
formare dalla liturgia, dallo studio sopranna- • turale della dottrina
sacra, 431. In quanto alle disposizioni interiori alla contemplazione, nessuno
può dire :
io
non posso averle ; e sono la purezza del cuore (432), la, '
semplicità ideilo spirito (433), l'umiltà del cuore (434), l'amore
del raccoglimento e la perseveranza nell'orazione (435), una
fervente carità (439).
§
II. — Ostaceli speciali alla contemplazione, 440. 1 ° Voler scegliere la
nostra via, edificare noi stessi la nostra perfezione, fare a modo nostro;
2° analizzare, registrare ogni cosa, collo spirito riflesso; lasciare la
nostra orazione, per sapere se essa è conforme a ciò che dicono gli autori, e a
qual grado siamo arrivati; 3° cercare in Dio il godimento più che Dio stesso,
440-443.
§
III. — Che cosa si deve pensare delle anime che ricevettero solo uno o due talenti?
(443). L'uso ch'esse possono fare dei sacramenti, dell'Eucaristia. Il dogma
del Purgatorio illumina questa questione, 443-445.
724 INDICE GENERALE
Pag.
§
IV. — Questa dottrina bene intesa e bene applicata, non spinge gli uni alla
presunzione .e gli altri allo scoraggiamcnto, 446-451.
Nota.
— Esame di alcune difficoltà feoriche: La grazia santificante e ]a
nostra natura, 455. — Le leggi dell'ordine della grazia, 456. — Come la grazia
della contemplazione si può meritare (458), ed ottenere con la preghiera, 459.
— Repliche, 460-472. — L'imperfezione distinta dal peccato veniale,
472-480.
akt. V. — Le grazie straordinarie che accompagnano
qualche volta la contemplazione infusa . . . 481
§
I. — I carismi o grazie gratis datae secondo S. Paolo, 481. — La
spiegazione che ne da S. Tommaso, 482-484.
—Applicazioni
fatte daS. Giovanni della Croce, 484-485.
— Le
rivelazioni private, loro natura, condotta da tè- ;
nere,
486. — Le visioni corporali, immaginarie, intellettuali, 492. — Le
parole soprannaturali, auricolari, im- ' maginarie, intellettuali
(successive, formali, sostanziali), ' \ 496. — I tocchi divini e il
fondo dell'anima, 501.
§
II. — Confusioni da evitare nell'esposizione della dottrina tradizionale,
504. — Non si deve diminuire lo stato mistico, ne troppo avvicinarlo a ciò che
non è tale. — Non si deve frapporre un abisso fra lo stato mistico iniziale e
gli stati mistici superiori. — Non con- " fondere l'essenza degli stati
mistici superiori coi fatti straordinari che a volte li accompagnano, 504. —
Non confondere coi fatti straordinari in qualche modo esteriori i tocchi
divini, che, senza essere essenziali alla contemplazione infusa, contribuiscono
a costituire l'unione con Dio, 506-507. — Rendere completa l'analisi mediante la
sintesi. — Non confondere le tré vie purgativa, illuminativa e unitiva con ciò
che sarebbe solo una forma imperfetta, 506-507. — Non perdere di vista
l'elevazione dei grandi maestri, 508-509.
capitolo VI. SINTESI E CONFEEMAZIONE
aet. I. — L'autorità di 8. Tommaso in teologia mistica e le questioni di metodo ... .... 511
§
I. — S. Tommaso volle egli trattare della contemplazione mistica propriamente
detta? Senza dubbio, e parla perfino delle grandi tenebre che è il più alto
grado di questa contemplazione, 512.
§
II. — II problema mistico attuale e le questioni di metodo, 519. Esame di
concessioni e di obiezioni fatte alla dottrina esposta in quest'opera, 522.
Rapporto della scienza mistica con la teologia. I più grandi
INDICE
GENERALE
maestri
della teologia e della mistica lasciarono essi .senza soluzione il problema
trattato qui? 527. Se cosi fosse, ancora sarebbero da costituire gli stessi
elementi della mistica. In realtà la questione fondamentale della mistica era
semplicissima per i grandi Dottori, siamo noi che la complichiamo, 528. Come si
deve leggere 8. Tommaso per trovare nelle sue. opere la soluzione cercata,
534-541. ^ ,
art. II. — La teologia di 8. Tommaso e la dottrina spi-
§
I. — La dottrina spirituale di S. Tommaso contiene principii in apparenza
opposti, che tuttavia si conciliano in una veduta superiore, 542. — Egli
giudica di tutte le cose secondo i] loro rapporto a Dio, causa prima e fine
ultimo, 545. Oom'egli subordina perfettamente la sapienza umana alla sapienza
divina, 547.
§
II. — Da questo punto di vista
superiore s'armonizzano i principii direttori della sua dottrina: 1° La natura
non dev'essere distrutta ma perfezionata dalla grazia (nessun naturalismo in
questo principio), 550. 2° Tutto quello che può la natura umana o angelica
meglio dotata, la più geniale, non è assolutamente niente in paragone alla vita
soprannaturale, 553. Armonia sublime di questi due ordini, infinitamente distanti
uno dall'altro, 554. 3° La grazia è efficace per se stessa, e non per il nostro
consenso, 556. La vita mistica è il coronamento normale dell'ascesi, e l'azione
apostolica veramente feconda deve derivare dalla pienezza della
contemplazione, 559-561.
abt. III. — L'unione della vita inferiore e della vita intellettuale .... . .... . . . . . . .
§
I. — La materializzazione della vita intellettuale e quella della vita
intcriore provengono spesso dalla loro separazione, 562-569.
§
II. — Come si può rimediare a questa doppia materializzazione: unione di
queste due forme di vita nei grandi dottori della Chiesa, specialmente in 8.
Tommaso 570-577.
akt. IV. — La contemplasione e l'Eucaristia alla scuola della B. Vergine, Madre di Dio ......
La
mediazione di Maria, Madre di Dio. Tré gradi nella divozione a Maria
corrispondenti ai tré gradi della carità, 578. — La S. Vergine e il sacriflzio
della Croce. perpetuato sull'altare, 583. — La santa comunione partecipazione a
questo sacrifìzio, deve farci partecipare sempre meglio ai più profondi
sentimenti del Cuore di Cristo, Sacerdote e Vittima, 584. — Elevazioni sopra il
Cuore Eucaristico di Gesù, 585-593.
726 INDICE GENERALE
Pagi aet. V. — L'accordo dei Maestri sul carattere normale,
sebbene eminente, della oontemplasiione infusa i 594
Insegnamento
dei Padri, 59S. — La dottrina spirituale degli Ordini antichi, benedettini,
cistercensi, canonici regolari, certosini, 610. — La mistica domenicana, S.
Tommaso, il Taulero, il B. Susone, S. Caterina da Siena, eco., 622. — La
mistica francescana, dottrina di 8. Bonaventura sulla Contemplazione, 647. — La
mistica del Carmelo: S. Teresa, S. Giovanni della Croce e i loro discepoli,
650. S. Francesco di Sales, 661. — Gli' spirituali della Compagnia di Gesù : S.
Ignazio, 8. fran-. cesco Borgia, 8. Alfonso Kodriguez, il Padre Lallemant e i
suoi discepoli, gli studi recenti, 663-671.
Errori quietisti e semiqwietisti .. ... . . , . . . 671
I doni dello Spirito Santo nella vita ascetica e la• disposizione alla contemplazione ........... 676
conclusione. — Bando
alla fretta! . . ... . . . 685
Indice
alfabetico ................. 701