P. Eeg. GAEEIGOU-LAGRANGE, O. P.

Protessore alla Facoltà di teologia del Collegio Angelico, Roma.

Perfezione Cristiana e Contemplazione

secondo

S. Tommaso d'Aquino e S. Giovanni della Croce.

« Optavi, et datus estmihi sensiis;

invocavi, et venit in me spiritus sapientiae ».

(Sap., vii, 7.)

Traduzione del P. S. G. NIVOLI, O. P.

TORINO - EOMA Casa Editrice MARIETTI fondata nel 1820

di MABIO E. MABIETTI Editore - Tipografo Pontificio, della S. Congregazione dei Riti e dell'Arcivescovo di Torino

1933          .


Noi sottoscritti abbiamo letto l'opera del P. Reginaldo gakrigou-lag-rangb, O. P., Maestro in teologia, intitolata Perfezione, cristiana 9 Contemplazione, e ne approviamo la pubblicazione.

Boma, Peata del SS. Sacramento 1928.

Fr. edoardo hugon, O. P., Maestro in S. Teologia. Fr. M. eaimondo cathala, O. P., Lettore in S. Teologia,

Imprimi potest. Eoma, 31 Maggio 1923.

Fr. LUD. THEISSLING, O. P., Mag. gen.

Nihil obstat. Taurini, die 10 Decembris 1932.

Can. antonitjs molinaei, Bev. Deleg.

Imprimatur.

Can. FKANCISCUS PALEARI, Prov. Gen.

proprietà lbttìbrabia (l-v-33).


 

ALLA BEATA VERGINE MARIA MADRE DI DIO E MEDIATRICE

che conduce gli umili all'intimità di Cristo com' Egli stesso li conduce al Padre,

Omaggio molto imperfetto di profonda gratitudine e di filiale ubbidienza.


Queste pagine sono il compendio d'un corso latino di teologia, ascetica e mistica tenuto in questi ultimi anni alla Facoltà di teologia del Collegio Angelico a Roma; e comparvero già in gran parte nella Vie Spirituelle.

Abbiamo preso per guida principalmente S. Tom-maso e S. Giovanni della Croce.

S. Tommaso, Dpctor Communis, come vien chia­mato nella enciclica S.tudiorum ducem di Sua Santità Papa Pio XI, primeggiò in fatti fra tutti i teologi per l'unione delle due sapiente acquisita e infusa, e ri­cevette in grado eminente, per esprimerle, il carisma che S. Paolo chiama sermo sapìentiae. La sapienza acquisita, in lui, univa già, in una mirabile sintesi, la scienza del filosofo e quella del teologo. In quanto alla contempla'z.ione infusa, che procede dal dono della , sapienza, essa in lui pervenne ai gradi più elevati;

spesso accompagnata da estasi e dal dono delle la­crime, restava superiore ad ogni linguaggio umano. Fu essa che gli impedì di dettare la fine della 'Somma Teologica, che non gli pareva più che paglia in paragone di ciò ch'egli intravedeva 1.

' Vedasi la sua Vita scritta da guglielmo di Tocco, e i Bollandisti, 7 marzo. Si legga altresì la recente opera del P. Petitot, O.V.'.S. Tommaso d'Agnino, la vocazione, l'opera, la vita spirituale, Marietti; Torino, 1924.


Vili                    INTRODUZIONE

' L'enciclica Studiorum ducem, proponendocelo come Maestro incontrastato non solo per la dogmatica e per la morale, ma anche per l'ascetica e per la mistica,, insiste particolarmente su una delle sue più belle dot­trine che noi abbiamo qui svolta ampiamente, e. Ili,:' a. V, cioè che il precetto dell'amor ' di Dio non ha limite e che la perfezione della carità cade sotto questo precetto, non certamente come materia, o cosa -da attuarsi immediatamente, ma come il fine a cui ogni cristiano deve tendere, ciascuno secondo la sua condizione 2. S. Francesco di Sales ha conservata la medesima dottrina, che fu spesso disconosciuta quantunque sia essa chiaramente formulata dai Padri della Chiesa e specialmente da S. Agostino 3.

, 2 Encyclica Studiwum ducem. Pio XI, 29 giugno 1923 : « Haec igitur a Deo delapsa seu infusa sapientia, ceteris comitata donis Sancti Spi-ritus, perpetuwn, in Thoma accepit incrementum, aegue oc caritas, om-nium domina et regina virfcutum. Etenim illa huic erat certissima doc-trina, amorera Dei numquam non oportere crescere e ex ipsa forma « praecepti : DUzges Domifium Deum tuum ex foto corde tuo; totum enim « et perfectum idem sunt... Finis praecepti caritas est, iit Apostoins « dieit I Tim., i, 5; in fine autem non adhibetur ali qua mensura, sed « solum in bis quae sunt ad flnem » (II-II, q. 184, a. 3). Quae ipsa est causa quare sub praeceptum perfectio caritatis cadat tanyuam illud gm omnes prò sua quisque conditione niti debent... Itanue praeceptum de amore Dei guani late pateat, caritas eique adjuncta dona Sancti Spi-ritus c[uomodo orescant, multipUces vitae status, ut perfeotionis, ut religiosorum, ut apostolatus, quid inter se differant et quae cujusgue natura visque sit, haec et talia asceticae mysticaeque theologiae ca­pita si guis pernosse volet, is Angelioum in primis Doctorem adeat óportetiit. »

' L'Enciclica scritta da S. Santità Pio XI per il 3° Oentenario di san Hrancesco di Sales, 26 gennaio 1923, la ricordava in questi termini:

« Cristo ha costituito la Chiesa santa e sorgente di santità, e tutti quelli che la prendono per guida e maestra devono per divina volontà tendere alla santità della vita : È volontà di Dio, dice S. Paolo, che voi vi san­tifichiate. Ohe genere di santità si richiede! Il Signore stesso lo di­chiara così : Siate perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste. Nessuno creda che quest'invito sia rivolto ad un piccolo numero di anime elette e ohe a tutti gli altri sia permesso di restare in un grado inferiore di virtù. Questa legge, oom'è chiaro, obbliga assolutamente tutti, senza escezione alcuna. Del resto tutti quelli ohe pervengono alla vetta della perfezione cristiana — e sono pressoché innumerevoli, d'ogni età e d'ogni classe, secondo la testimonianza della storia, — tutti questi


INTRODUZIONE                    IX

S. Tommaso, trattando delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo, c'insegna principalmente qual è la loro natura e quali sono le loro proprietà. San Giovanni della Croce ci fa conoscere le varie fasi del loro progresso fino al loro perfetto sviluppo. Fra gli autori spirituali noi l'abbiamo preso per guida per diverse ragioni: 1° perché è innegabilmente uno dei più grandi mistici cattolici; 2° perché è canoniz­zato A e perché la sua dottrina, che subì la prova della critica e fu esaminata dalla Chiesa, è perfettamente sicura; ,3o perché, venuto nel secolo XVI, egli trae profitto da tutta la tradizione 'anteriore, e, cono­scendo a fondo l'opera di S. Teresa, la spiega ricol­legando gli stati mistici descritti da lei ai principii soprannaturali da cui procedono, alle virtù teologali e ai doni dello Spirito Santo, giunti al loro pieno sviluppo. Egli supera così la stessa S. Teresa, af­fronta da teologo questioni altissime su cui ella scrisse poco, e con ciò egli fornisce il punto di unione fra la .mistica descrittiva e la teologia speculativa delle virtù e dei doni; 4" finalmente, S. Giovanni della Croce» come tutti i. teologi del Garmelo, è pienamente d'ac­cordo con S. Tommaso sopra le grandi questioni della predestinazione e della grazia, e, a suo esempio, egli distinse ammirabilmente la contemplazione infusa, dai fenomeni straordinari che a volte l'accompagnano..

La dottrina di questi Maestri è l'espressione sicura /della tradizione, come vedremo confrontandola con quella dei Dottori che li precessero e di quelli che li seguirono 5.

conobbero le medesime debolezze della natura che gli altri e corsero i medesimi pericoli. Infatti S. Agostino dice eccellentemente: « Dio non comanda l'Impossibile, ma comandando, avverte di compire ciò che pos­sono le nostre forze e di domandare quello ohe le supera «. — Sopra questa dottrina, cf. S. fbancbsoo di sales, Trattato deU'amor di Dio, 1. Ili, e. i.

• Pio XI l'ha dichiarato Dottore della Chiesa (W, d. T.).

' Cf. e. VI, a. V; L'accordo dei Maestri, pag. 594.


X                      INTRODUZIONE

*     *     #

Lo scopo che ci siamo proposto è di far cono­scere che cosa è la via unitiva, per indurre le anime ad aspirarvi e a compire generosi sforzi per giun­gervi.

Vi sono persone che parlano assai di mistica, ma che la comprendono male e ne abusano, come si può abusare delle migliori cose e perfino della S. Scrit­tura; queste persone devono essere illuminate me­diante l'insegnamento sicuro della teologia.

Altre, assai più numerose, ignorano completamente la mistica e sembrano volerla ignorare. Essi non fanno assegnamento che sui loro sfor'zi aiutati dalla grazia comune, per conseguenza non mirano se non a virtù comuni e non tendono alla perfezione, che essi riguardano come troppo elevata. Vite religiose e sacerdotali, che potrebbero essere grandemente fe­conde, non oltrepassano così una certa mediocrità;

spesso ciò dipende, almeno in parte, dalla prima. formazione e da idee inesatte sull'unione con Dio a cui ogni cristiano può e deve legittimamente aspi­rare.

Parecchi finalmente di quelli che dovrebbero ben conoscere i libri dei grandi Santi, appena li aprono, col pretesto che la loro dottrina è inaccessibile, ch'essa si presta a interpretazioni divergenti, e che, secondo parecchi teologi, non si può ancora determinare in che cosa essa consista, nemmeno nelle grandi linee, particolarmente su questa questione fondamentale:

La contemplazione, di cui essi parlano, è, sì o no, •nella via normale della santità?

Vi è così in materia di teologia mistica un certo agnosticismo, proprio come ce n'è un altro il quale pretende che non si possano discernere i veri mi-


INTRODUZIONE                    XI

racoli, perché non si conoscono tutte le leggi della natura, e che uno non si possa appoggiare sulla Sacra Scrittura, perché non sono dilucidati comple­tamente certi passi oscuri dell'Antico e del Nuovo Testamento.                             

Noi crediamo che quest'agnosticismo è falso, che non può far del bene, e che fa capo al risultato fu­nesto che abbiamo ora additato.

La dottrina di S. Tommaso e quella di S. Giovanili della Croce sul problema indicato ci apparisce chia­rissima, e se questi grandi maestri avessero lasciato senza soluzione questa questione capitale, sarebbero ancora da costituirsi gli stessi elementi della teo­logia mistica.                                      ' ;

S. Santità Benedetto XV si degnò di congratularsi col Direttore della Vie Spirituelle perché faceva co­noscere questa dottrina, e, il 15 settembre 1921, gli scrisse : « Ai giorni nostri molti trascurano la vita soprannaturale e in sua vece coltivano un inconsi­stente e vago sentimentalismo. Perciò è assolutamente necessario richiamare più spesso alla mente ciò che, colla S. Scrittura, i Padri della Chiesa c'insegnarono su questo argomento, e di far ciò prendendo so­prattutto per guida S. Tommaso d'Aquino, che con tanta chiarezza espose la loro dottrina sull'elevatezza della vita soprannaturale. Bisogna inoltre richiamare istantemente l'attenzione delle anime sulle condizioni richieste per il progresso della grazia delle virtù e dei doni dello Spirito Santo, la cui perfetta espan­sione si trova nella vita mistica 6. È questo vera­mente che i tuoi collaboratori e tu avete impreso ad

6 « Necesse omnino est ut saepius recogitetur quid hac in rè tradide-rint, una oum Sacra Scriptura, sanctì Patres, ideine Aquinate prae-sertim magistro, qui quidem Ipsorum dootrinam de elevatione vitae supernctturaUs tara lucide exposuit: ao praeterea quibus conditi onibus proflciat grafia virtutum et donwum Spiritus Sancii, quorum periectio vita mysiica continetur. »


XII                  INTRODUZIONE

esporre nella vostra rivista, in un modo dottissimo e solidissimo ». .•

Nelle delicate questioni che abbiamo dovuto affron­tare, alle volte, quando si vuoi combattere un errore, è difficile non rasentare l'errore contrario, e for­mulare, come si deve, la dottrina che si eleva sopra queste deviazioni opposte e che non è un giusto me'zzo se non perché è una sommità. Se in qualche luogo avessimo per inavverten'za usata qualche, espressione inesatta, noi la ritrattiamo fin da questo momento e dichiariamo di rigettare ogni spiritualità che s'allontani anche menomamente da quella dei santi approvata dalla santa Chiesa. Per questo noi non abbiamo quasi citato altri che i mistici canonizzati, il cui insegnamento è comunemente accettato.

*   *   *

Le conclusioni a cui siamo giunti possono riassu­mersi nel quadro della pagina seguente 7.

Questo quadro da qualche idea del progresso della dottrina su questo punto da S. Agostino a ,S. Teresa, procedendo dal generale al particolare. S. Agostino Aveva distinto i principianti, i proficienti e i perfetti, cosa che, secondo la terminologia di Dionigi, cor­rispondeva alle vie purgativa, illuminativa e unitiva. S. Tommaso, dopo di lui, notò molte volte il progresso corrispondente delle virtù e dei doni, che sono i prin­cipii degli atti soprannaturali, particolarmente i gradi dell'umiltà 8. — Le. purificazioni passive dei sensi

' Questo quadro modifica leggermente quello pubblicato dal Padre Gerest, O. P., nel suo eccellente piccolo Momento della vita spirituale, dpv'egli ci espone le idee che ci sono comimi e secondo le quali modificò l'opera del P. m'eymabd, O. P., Trattato della Vita intcriore (tulle e due le opere in coreo di stampa - marietti, Torino).

• II-II, q. 161, a. 6.



XIV                   INTEODTJZIONE

e della spirito, indicate da S. Gregoria Magno 9, fu­rono descritte dal Taulero. e sopratutto da S. G-io-vanni della Croce. Quest'ultimo ci dice, Notte oscura, 1. I, e. 9, (3° segno), che nella purifica'zione passiva dei sensi «Dio comincia a comunicarsi, non più me­diante i sensi come prima, per mezzo del ragiona­mento..., ma in un modo puramente spirituale, in un atto di semplice contempla'zione». Qui si tratta ma-. nifestamente della contempla'zione infusa, com'era già dichiarato nella Salita del Carmelo, 1. Il, e. 13. Si capisce dunque perché, nella Notte oscura, 1. I, e. 14 al principio, si dice: v.i proficienti o avanzati si tro­vano nella via illuminativa; è lì che Dio nutre e fortifica l'anima colla contemplazione infusa ». Final­mente, nella Notte oscura, 1. I, e. 8, si dice: « La purificazione passiva dei sensi è comune, e si produce nei più dei principianti». È veramente la soglia della vita mistica come l'orazione di raccoglimento sopran­naturale descritta da S. Teresa, IV Mansione, e. 3. Quest'orazione è spesso preceduta da atti isolati di contemplazione infusa nel corso dell'orazione acqui­sita. di raccoglimento descritta da S. Teresa nel Cam­mino della Perfezione, e. 28. — Così nella via il­luminativa si vedono manifestarsi chiaramente i doni del timore e della scienza (purificazione passiva dei sensi in cui si conosce il vuoto delle cose create) e quello della pietà (quiete della volontà, in cui si trova questo dono).    .

In questo quadro approssimativo si considera l'a­nima ideale per modo di astrazione, e le vie illumi­nativa e unitiva sono riguardate, non solo sotto la loro forma imperfetta, ma anche nella loro pienezza, come fa S. Giovanni della Croce, eco fedele della tra­dizione.

' Ot. l'ultimo capitolo di ciuest'opera sull' « Accordo del Maestri », compendio della dottrina di S. Gregorio. Vi si vedrà che la divisione dei tré gradi della vita spirituale cominciò con Clemente Alessandrino.


INTEODUZIONE                   XV

Quest'alta perfezione è veramente quella descritta da S. Agostino e da S. G-regorio, quella a cui con­ducono i dodici gradi dell'umiltà enumerati da San Benedetto, o i sette gradi enumerati da S.'Anselmo;

1° riconoscere d'essere spregevoli, 2° tollerare di es­sere tali, 3° confessare di esserlo, 4° volere che il prossimo lo creda, 5° sopportare pazientemente che ciò si dica, 6° accettare di essere trattati come per­sone degne di disprezzo, 7o amare di • essere trattati, così 10.

Questo gran concetto della perfezione cristiana e delle vie illuminativa e unitiva è la sola che ci sembra conservare tutta la elevatezza del Vangelo e delle epistole di S. Giovanni e di S. Paolo.

Infatti il precetto dell'amore, come abbiam detto, non ha limiti: «Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, e con tutta la tua mente, e il tuo pros­simo come tè stesso » 11. Gesù aggiunge per tutti;

« Siate perfetti com'è perfetto il vostro Padre ce­leste» 12, e tutto il discorso del Monte, che comincia ' colle beatitudini, è come il commento di questa sen­tenza. Per elevarci a questa perfezione, « il Verbo si fece carne e abitò fra noi..., noi tutti abbiamo ricevuto della sua pienezza » 13. — La vita della grazia che ci fu data è il germe di quella del cielo, in fondo è la medesima vita: «In verità, in verità vi dico: Chi, crede in me ha la vita eterna » u. — La contempla-, zio ne dei misteri della vita di Cristo ,sarà data a quelli che lo seguono fedelmente: «Chi ritiene i, miei comandamenti e li osserva, questi è .che mi

10 Vedasi la spiegazione di questi gradi dell'umiltà In S. Tommaso II-II, q.. 161, a. 6. " Luc.,x, 27. " matth., v, 48. " joan., i, 14, 16.

11 joan., VI, 47; Vili, 51.


XVI                  INTRODUZIONE

ama. E chi ama me, sarà amato dal Padre mio; ed io lo amerò, e gli manifesterò me stesso, et manife-stabo ei meipsum ». 15,. « Io pregherò il Padre, ed egli vi darà un altro consolatorc, affinchè abiti in voi eternamente... Lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, insegnerà a voi ogni cosa, e vi ricorderà tutto quello che ho detto a voi » 16.

• L'amore del prossimo deve esso pure spingersi molto innanzi: «Do a voi un nuovo comandamento, ed è che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi, sicut dilexi vos » 17. « Ora nessuno può avere un amore più grande di colui che da la vita pe* suoi amici » 18.

Il Salvatore, per farci intendere in che consiste la perfezione della carità, disse ancora pregando per noi: «Padre santo, custodisci nel nóme tuo quelli che hai a me consegnati, affinchè siano' una sola cosa come noi... La luce che tu desti a me, io l'ho data ad essi, affinchè siano una sola cosa, come una cosa sola siamo noi, ut sint unum sicut et nos unum su-mus » 19.

Il Vangelo secondo S. Matteo non è d'inferiore elevatezza, quando, al e. xr, 25-29, ricorda queste .parole di Gesù: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute occulte queste cose ai saggi e prudenti, e le hai rivelate ai par­goli ».

Finalmente S^ Paolo ci mostrò tutto ciò che è e dev'essere il corpo mistico di. Cristo, come il cristiano dev'essere incorporato a Cristo mediante una san-.tificazione progressiva, che da una grandissima idea delle tré fasi distinte più tardi.

Via purgativa: Incorporati a Cristo, i fedeli d'e-

" joas.. XIV, 21.

" joan., XIV, 16, 26.            " JOAN., XV, 13.

" joan., XIII, Si.                  " JOAK., XVII, 11, 22.


INTEODTJZIOMÉ                  XVII

vono dirigere tutta la loro vita verso il cielo e mo­rire sempre più al peccato: «Mortificate le membra dell'uomo terreno che è in voi... spogliatevi'dell'uomo vecchio e di tutte le sue opere » 20. « Noi fummo sepolti con Cristo per il battesimo, per morire al peccato... Se fummo innestati in lui per la l'asso­miglianza della sua morte, noi vi saremo altresì in­nestati per la rassomiglianza della sua risurrezione;

sapendo che il nostro vecchio uomo fu crocifisso con lui, affinchè il corpo del peccato sia distrutto in noi » 21. « Quelli che sono di Gesù Cristo hanno cro­cifisso la loro carne coi vizi e colle concupiscenze » 22. Quindi gli Apostoli portano « nel loro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifestata in essi » 23. Chi sacrifica la sua vita la ritrova tras­figurata: «se il granello di frumento eaduto in terra non muore, resta infecondo; se poi muore, fruttifica abbondantemente» (Joan., xn, 24).

La via illuminativa è altresì indicata da S. Paolo, quando dice che il cristiano, alla luce della fede e sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, deve «rivestirsi dell'uomo nuovo, che s'illumina e si rinnova secondo l'immagine del suo Creatore... Rivestitevi adunque, come eletti di Dio, santi ed amati, di tenerezza e di viscere di misericordia, di benignità, d'umiltà, di .modestia, di pazienza... Ma soprattutto rivestitevi della carità, che è il vincolo della perfezione » 2!t. — Bisogna imitare Gesù Cristo e quelli che gli rasso­migliano 25, bisogna avere i suoi sentimenti, pren-

. " Coloss., ni, 5, 9.

" Bom., vi, 4-6 e xn, 2.

88 datai., v, 24. : '» II Cor., IV, 10, '•;" Coloss., m, 10, 12; item Ephes., IV, 1-6; Coloss.,. i, 10-12;

II Cor., sili., 9, 16; Gol., il, 9.

" Philipp., il, 5; I Cor., si, 1.


XVIII                   INTEODITZIÒNE

dere lo spirito de' suoi misteri, della sua passione26, della sua crocifissione 27, della sua morte, della sua sepoltura 28, della sua risurrezione 29, della sua ascensione 30. Quindi S. Paolo soffre i dolori del parto, finché Gesù Cristo sia formato nell'anima dei fedelis1, finché essi siano perfettamente illuminati dal lume di vita. « Io, dice egli, riguardo tutte le cose come perdita, rispetto all'eminente cognizione di Gesù Cristo mio Signore, per amor del quale ho rinunziato a tutte le cose, e le stimo come spazzatura per far acquisto di Gesù Cristo » 82.

La via unitiva finalmente è quella seguita dal cri­stiano soprannaturalmente illuminato, che vive in una unione per così dire continua con 'Cristo : ;« Se voi siete risuscitati con Cristo, cercate le cose di lassù, dove è Cristo sedente alla destra. di Dio. Abbiate pensiero delle cose di lassù,, non di quelle della terra. Poiché siete morti (al mondo), e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio, vita vostra est abscondita cum Christo in Deo » 33. « E la pace di Cristo, alla quale siete chiamati in modo da formare un solo corpo, regni nei vostri cuori. Siate riconoscenti. La parola di Cristo' abiti in voi abbondantemente e vi colmi di sapienza. Istruitevi ed esortatevi a vicenda;

i vostri cuori si espandano in Dio per mezzo di salmi, d'inni e di canzoni spirituali. E qualunque cosa di­ciate o facciate, (fate) tutto nel nome del Signore Gesù Cristo, rendendo per lui grazie a Dio Padre » 3t. Tal è veramente, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, l'unione con Dio mediante. Gesù Cristo e mediante la contemplazione amante e saporosa dei grandi misteri

' Rum., vili, 7. 7 Rom., vi, 5. ' Rom., vi, 4-11. • Col., in, 1. « Ephes., il, 6.

" Ctal., IV, 19. " Phil., m, 8. " Col., m, 1-4. " Oo;., m, 15-17.


INTRODUZIONE                    XIX

della fede s5; è. il preludio normale della visione del cielo: «E quando apparirà Cristo, vita vostra, appa­rirete anche voi nella gloria. Cum Christus apparuerit, vita vostra, tunc et vos apparebitis cum ipso in, gloria » 36.

" Vedasi a p. 314-345, quello che dice S. Paolo dello spirito della sapienza.

" Còl., Ili, 4.


CAPITOLO PEIMO

II Problema mistico attuale.

articolo i.

Oggetto e metodo della teologia ascetica e mistica.

Che cosa bisogna intendere per Teologia ascetica e mistica? È una scienza speciale o una parte della Teologia? Qual è il suo oggetto proprio? — Sotto qual luce procede essa? Quali sono i suoi principii? Qual è il suo metodo?

Queste son questioni a cui importa rispondere prima di cercare in che cosa si distinguano l'ascetica e la mistica e prima di affrontare i principali problemi ch'esse devono risolvere.

I.

Che cosa bisogna intendere per Teologia ascetica e mistica? Qual è il suo oggetto ?

Teologia significa scienza di Dio; e si distinguono la teologia naturale o teodicea, che conosce Dio col solo lume della ragione, e la teologia soprannaturale, che procede dalla rivelazione divina, ne esamina il contenuto e deduce le conseguenze delle verità di fede.

1 — Perfezione e Contemplazione. - I.


2       PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Questa teologia soprannaturale si dice dogmatica in quanto si occupa dei misteri rivelati, principalmente della SS. Trinità, dell'Incarnazione, della Redenzione, dell'Eucaristia e degli altri sacramenti, e della vita futura. Si dice morale in quanto tratta degli atti umani, dei precetti e dei consigli rivelati, della grazia, delle virtù cristiane, teologali e morali, dei doni dello Spirito Santo, che sono altrettanti principii d'azione ordinati al fine soprannaturale che la rivelazione fa conoscere-.    ,          .

Spesso, presso i moderni, la teologia morale, troppo separata dalia dogmatica, alla quale essa ha abban­donato i grandi trattati della grazia, delle virtù in­fuse e dei doni, è stata come mutilata e disgraziata-. mente ridotta alla casistica che è la meno alta delle sue applicazioni; essa è così diventata in parecchie opere assai più la scienza dei peccati da evitare che quella delle virtù da praticare e da svolgere sotto l'azione costante di Dio in noi. Essa ha così perduto della propria elevatezza e resta manifestamente insuf­ficiente per la direziono delle anime che aspirano al­l'unione intima con Dio.

Invece, così com'è esposta nella Seconda Parte della Somma Teologica di S. Tommaso.^la teologia mo­rale conserva tutta la sua grandezza e tutta la sua efficacia per la direziono delle anime chiamate alla più alta perfezione. Infatti S. Tommaso non con­sidera la dogmatica e la morale come due scienze distinte; la dottrina sacra, secondo lui, è assolutamente una, eminentemente speculativa e pratica, come la scienza stessa di Dio da cui essa deriva 1. Perciò egli, nella parte morale della sua Somma, tratta non solo degli atti umani, dei precetti e dei consigli, ma ancora della grazia abituale e attuale, delle virtù infuse in generale e in particolare, dei doni dello

' Sunima Theol., I, q. 1, a. 2, 8..


IL PEOBLEMA MISTICO . ATTUALE             3

Spirito Santo, dei loro frutti, delle beatitudini, della vita attiva e contemplativa, dei gradi della contem­plazione, delle grazie date gratuitamente- ; come • i] dono dei miracoli, il dono delle lingue e- della pro­fezia, del rapimento, come pure della vita religiosa e delle sue diverse forme.                     

Nella teologia morale così Concepita vi sono ma­nifestamente i principii necessari per guidare le anime alla più alta santità. E la Teologia ascetica e mi- . stica non è altro che l'applicazione di questa grande Teologia morale alla direziono delle anime verso un'unione sempre più intima con Dio. Essa suppone quello che insegna la dottrina sacra circa la natura e le proprietà delle virtù cristiane e dei doni dello -Spirito Santo, e studia le leggi e le condizioni del loro progresso in vista della perfezione.

Per insegnare la pratica delle più alte virtù, la perfetta docilità allo Spirito Santo e per 'condurre alla vita d'unione con Dio, essa fa convergere tutti i lumi della teologia dogmatiqa e morale della quale è l'applicazione più alta e il coronamento.           ,

In tal modo si compie il ciclo formato dalle di­verse parti della teologia, la cui perfetta unità ap­parisce sempre più. La scienza sacra proòede dalla Rivelazione, contenuta nella Scrittura e nella Tra-. dizione, conservata e spiegata per il Magistero della, Chiesa; essa ordina tutte le verità rivelate e le loro conseguenze in un corpo dottrinale unico, in cui i precetti e i consigli appariscono fondati sul mistero soprannaturale della vita divina, di cui la grazia è» una partecipazione. Finalmente dimostra come, colla pratica delle virtù e colla docilità allo Spirito Santo, l'anima arriva non più solo a credere i misteri ri­velati, ma a gustarli, a cogliere il senso profondo della parola di Dio, fonte di ógni cognizione so­prannaturale, a vivere in un'unione per così dire centinua colla SS. Trinità che abita in noi. Così la


4       PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

mistica dottrinale veramente apparisce come il coro­namento ultimo di tutta la scienza teologica acquisita, e può dirigere le anime nelle vie della mistica spe­rimentale. Quest'ultima è una cognizione amante e saporosa, affatto soprannaturale, infusa, che solo lo Spirito Santo, colla sua unzione può darci e che è come il preludio della visione beatifica.

Tal è manifestamente la nozione della Teologia ascetica è mistica che si fecero i grandi maestri della scienza sacra, specialmente S. Tommaso d'A-quino.            ,                           .      .

Questa nozione del resto risponde perfettamente al senso corrente e all'etimologia delle parole «asce­tica» e «mistica». Il termine ascesi, come- indica la sua origine greca, significa l'esercizio delle virtù. Tra i primi cristiani si chiamavano asceti quelli che si dedicavano alla pratica della mortificazione, degli esercizi di pietà e delle altre virtù cristiane. L'asce­tica adunque è quella parte della teologia che dirige le anime nella lotta contro il- peccato e nel progresso della virtù.

La teologia mistica, come il suo nome^ dimostra, tratta delle cose più nascoste e misteriose : dell'unione intima dell'anima con Dio, dei fenomeni transitorii che accompagnano certi gradi dell'unione, come l'estasi, finalmente delle grazie propriamente straordinarie come le visioni e le rivelazioni private.

Difatti sotto questo titolo «Teologia, mistica» Dio-nigi, e dopo di lui molti altri, trattarono della con­templazione soprannaturale e dell'unione intima del­l'anima con Dio, mostrandoci così qual è l'oggetto principale di questa dottrina 2.

' Si può dire, con certi autori moderni, che « la teologia mistica poggia sulla teologia dogmatica, come la teologia ascetica poggia sulla teologia morale », secondo le espressioni d'un maestro anonimo citato dal Sauvé, nel suo eccellente trattato sugli Stati mistici, 6* ed., p. I. Nondimeno questo modo di parlare, crediamo, s'ispira ad una conce


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE             5

Tutto questo torna a dire che la Teologia ascetica e mistica ossia la dottrina spirituale non è una scienza speciale, ma una parte della teologia. L'insieme dei teologi l'intese sempre così.

Ciò non impedisce per nulla ad uno psicologo, anche incredulo, di studiare da fuori, e in qualche modo dal basso, i fenomeni ascetici e mistici nei cristiani o in altre religioni. Ma questo studio sarà solo psico­logico e non meriterà affatto il nome di Teologia ascetica e mistica. Sarà soprattutto descrittivo, e se vuole spiegare tutti questi fatti colle sole forze na­turali dell'anima, esso sarà dichiarato falso da ogni cattolico che vedrà in esso una spiegazione materiale del superiore per l'inferiore, simile a quella che i meccanisti propongono dei fenomeni vitali.

Ciò detto, è facile risolvere la questione proposta:

Qual è l'oggetto della teologia ascetica e. mistica, senza distinguere ancora queste due parti della dot­trina spirituale? — È la perfezione cristiana, l'unione con Dio, la contemplazione ch'essa suppone, i mezzi ordinar! che vi .conducono, e i soccorsi straordinari che la favoriscono.

Fin d'ora noi potremmo cercare in che cosa si distinguano l'ascetica e la mistica; ma siccome questo problema delicato è risolto in modo più o meno dif­ferente secondo il metodo adottato per trattare queste materie, è meglio proporre subito questa questione di metodo.

zione della teologia morale meno alta di quella che se ne faceva S. Tom-maso, e condurre'bbe torse a distinguere oltre misura l'ascetica dalla mistica, a perdere di vista la continuità del progresso spirituale. Ritor­neremo sopra questa questione, sulla quale 11 Sauvé si esprime spesso in modo così preciso e così tradizionale nel medesimo trattato.


6                      PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

II.

Quali sono i principii e il metodo della Teologia ascetica e mistica?   *

Posto ciò che abbiamo detto dell'oggetto di questo ' ramo della teologia, è facile vedere al lume di quali principii essa deve procedere per raggiungere questo oggetto.

È il lume della Rivelazione, contenuta nella Scrit­tura e nella Tradizione, spiegata dal magistero della Chiesa, commentata dalla Teologia dogmatica e mo­rale che deduce dai principii di fede le conclusioni .ch'essi implicano. Al lume di questi principii de­vono essere esaminati i fatti della vita ascetica e mistica, se si vuole oltrepassare la, semplice psico­logia, e devono essere formulate le regole di dire­ziono perché siano qualcos'altro che ricette pratiche non motivate.

Ciò è chiaro e ammesso da tutti .gli scrittori catto­lici; ma se vuoisi precisare maggiormente la que­stione di metodo, sorgono a volte delle divergenze fra gli autori, divergenze che naturalmente influiscono sopra le loro teorie. Alcuni, specialmente quanto alla-mistica, usano quasi esclusivamente il metodo descrit­tivo e induttivo, che parte dai fatti; .altri invece pro­cedono principalmente secondo il metodo deduttivo, che parte dai principii.

*   *   *

A) Metodo descrittivo o induttivo. — La scuola descrittiva, senza disprezzare la dottrina dei grandi teologi sulla vita della grazia e sui .soccorsi ordinar! o straordinari di Dio, s'accinge a descrivere , i varii stati spirituali, e particolarmente gli stati mistici, me-


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE             7

.diante i loro segni anziché determinare teologicamente la loro natura e indagare se essi procedono dalle virtù cristiane, dai doni dello Spirito Santo .o dalle grazie date gratuitamente come la profezia e i ca-' rismi che ad essa si ricollegano.

In tal modo si scrissero in questi ultimi anni di­verse opere, sotto certi aspetti assai istruttive, che sono specialmente raccolte di descrizioni di stati mi­stici, seguite da regole pratiche di direzione e ,da alcuni complementi sulle questioni teoriche, come la natura dell'unione mistica 3. Trattati, come dichiarano essi medesimi, analoghi ai manuali di medicina pra­tica, che insegnano a formulare rapidamente una diagnosi tal quale e a prescrivere i rimedi appropriati, senza indagar oltre quale sia la natura del male da guarire, ne quali siano i suoi rapporti coll'insieme dell'organismo.

Queste opere, utilissime sotto un certo aspetto, con­tengono solo una parte della scienza: le basi indut­tive o i fatti e le conclusioni pratiche. Ma la luce dei principii teologici e' la coordinazione dottrinale mancano, per conseguenza le regole di direzione, agli occhi del teologo, restano generalmente troppo empi-riche, insufficientemente classificate e giustificate. La scienza è la cognizione delle cose, non solo me­diante le loro apparenze e i loro segni, ma mediante la loro natura stessa e le loro cause. E siccome l'a­zione deriva dalla natura delle cose, non si può dire praticamente ciò che deve fare l'uomo inferiore se non si è determinata la natura stessa .della vita in­feriore. Come dire se si possa senza presunzione e se si debba desiderare l'unione mistica, prima d'aver determinato la natura di quest'unione, prima d'aver riconosciuto se essa sia un dono propriamente straordi-

' Tal è il libro del ciotto e rimpianto P. poijlaim-,s. J,,Les Grdces d'oraison, che devono aver letto attentamente tutti/quelli che vogliono trattare questi problemi (Traduzione italiana : makietti, Torino).


8       PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

nario o una grazia eminente, generalmente accordata ai perfetti, e necessaria, almeno moralmente, ad una alta perfezione ? Se questa questione è trattata solo a modo di appendice, come un problema puramente speculativo e quasi insolubile, le regole di direziono precedentemente formulate non avranno il fonda­mento dottrinale sufficiente.

A certi partigiani della scuola descrittiva, che pur ammettono la verità della dottrina teologica dei doni dello Spirito Santo, principii della contemplazione mi­stica, accade di dichiarare ch'essa «non ha se, non un interesse storico» t, perché, dicono, essa 'non rischiara ne i fatti, ne le questioni pratiche della di-rezione. Molti teologi pensano invece ch'essa permette di risolvere la questione capitale di cui abbiamo ora parlato', e di distinguere quello che nella vita spirituale appartiene all'ordine della grazia santificante nelle sue forme eminenti e quello che spetta alle grazie date gratuitamente {gratis datae) propriamente straordi­narie. E ciò e tanto possibile, che solo questa dottrina ci permette di determinare qual è il punto culminante dello sviluppo normale della vita della grazia, in un'anima inferiore perfettamente docile allo Spirito Santo. Ora è questo uno dei problemi più importanti della dottrina spirituale.

Per supplire a questa lacuna' dottrinale e a questa assenza di principii direttori, alcuni amici troppo es­clusivi del metodo descrittivo, alle -volte danno, fin dalla prima pagina del loro Trattato di mistica e come a priori, una definizione così detta nominale dello stato mistico (quiete o unione), che lo dichiara tanto straordinario, o poco manca, quanto le visioni o le rivelazioni private. Simile definizione ' contiene già tutta una teoria. Questi amici del metodo d'osserva­zione, colpiti da certi segni esterni dello stato mi-

4 potjlain, Les Ordces d'oraison, IX ediz., pag. 132, 164.


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE              9

stico che forse non sono altro che segni accidentali, determinano precipitosamente la sua natura prima di chiedere alla teologia che cosa essa ne pensi. Ep­pure solo questa scienza suprema, illuminata dalla rivelazione, può dire se questo stato sia la piena - espansione normale della vita soprannaturale ; d'u­nione con Dio, o se sia un dono straordinario, per nulla necessario alla più alta santità.

'L'uso esclusivo di questo metodo descrittivo condur­rebbe a dimenticare che la teologia ascetica e. mi­stica è una parte della teologia, e finalmente verrebbe considerata come una parte della psicologia sperimen­tale. In .altri termini, se si trascura di ricorrere alla luce dei principii della teologia, ci si dovrà contentare di quella che forniscono quelli della psicologia, come fanno gli psicologi che trattano dei fenomeni mistici nelle diverse religioni. Ma questo processo dovrebbe far astrazione dalla stessa fede, e non permetterebbe di assegnare una causa soprannaturale se non a fatti propriamente e manifestamente miracolosi; in quanto agli altri fatti mistici più profondi, ma d'una sopran­naturalità meno apparente, sarebbero dichiarati ines­plicabili o . spiegati indebitamente colle sole forze naturali dell'anima. ' La medesima osservazione vale per la storia 'della vita dei santi, degli ordini reli­giosi, della Chiesa stessa.

Il metodo descrittivo, per quanto utile e necessario, non può dunque essere esclusivo. Esso è portato a disconoscere il valore d'un'a distinzione teologica fon­damentale, che può illuminare tutta la mistica: quello del soprannaturale essenziale (supernaturale quoad substantiam) che è quello della vita intima di Dio, di cui la grazia santificante, ossia «grazia delle virtù e dei doni », è una partecipazione, e del soprannatu­rale inferiore o preternaturale (supernaturale quoad modum tantum) che è. quello dei. segni o fenomeni straordinari, che il demonio si diletta d'imitare. Come


10      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

S. Tommaso disse spesso 6, è altrettanto S. Giovanni della Croce 6, vi è un abisso tra queste due forme del soprannaturale, per esempio tra la vita essenzialmente soprannaturale della grazia invisibile (che l'angelo stesso non può conoscere naturalmente), e la risur­rezione visibile d'un morto, che non è soprannaturale se non per il modo secondo il quale la vita naturale e restituita al cadavere; e ancora tra la fede infusa nel mistero della SS. Trinità e la cognizione sopranna­turale d'un avvenimento futuro d'ordine naturale, come la fine d'una guerra '?. È tutta la differenza che passa fra la dottrina e la vita cristiana da una parte e i miracoli e le profezie che ne confermano l'o­rigine divina, e che non sono che segni concomitanti.

Questa distinzione capitale delle due forme del soprannaturale, che domina tutta la teologia, è asso­lutamente indispensabile in mistica. Ora il metodo descrittivo solo a mala pena vi fa attenzione; esso è colpito soprattutto dai segni più o meno sensibili degli stati mistici, e non dalla legge fondamentale del progresso della grazia la cui soprannaturalità essen­ziale è troppo profonda e troppo elevata per cadere sotto le prese dell'osservazione. Eppure quest'ultimo soprannaturale è quello che interessa maggiormente la fede e là teologia.

Perciò le opere di mistica puramente descrittiva, per quanto siano utili, non contengono, si può dire, altro che i materiali della teologia mistica. Il perché noi .sottoscriviamo pienamente a, ciò che ci scriveva poco fa un eccellente tomista : « Non vi è teologia mistica come scienza speciale. Vi è solo la teologia della quale certe applicazioni riguardano .la vita mi­stica. Trattare la teologia" mistica come una scienza

„ ' I-II, q. 3, art. 5: ,« Gratìa gratum facléns est multo excellentior. quam grafia gratta data. »

' Salita del darmelo, 1. II, e. x, xix, xs, xxv, etc. ' Vedasi più innanzi, p. 52.


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE             11

che abbia i suoi principii proprii, è un impoverire e diminuire ogni cosa, è un perdere il lume direttore. La mistica s'ha da trattare coi grandi principii della teologia, e allora tutto s'illumina e si è davanti ad una scienza, non davanti ad una collezione di feno­meni».

B) Metodo deduttivo. —Non bisogna tuttavia cadere nell'altro estremo e contentarsi del metodo teologico deduttivo. Certi spiriti semplicisti sarebbero propensi a dedurre la soluzione dei problemi più difficili della spiritualità partendo dalla dottrina di S. Tommaso sulle virtù infuse e sui doni dello Spirito Santo (nettamente distinti dalle grazie gratis datae) senza considerare sufficientemente le ammirabili descrizioni date da S. Teresa, da S. Giovanni della Croce, da S. Francesco di Sales e da altri grandi santi, -dei di­versi gradi della vita spirituale, segnatamente dell'u­nione mistica. E siccome, secondo S. Tommaso e la Tradizione, i doni dello Spirito Santo sono in ogni anima in stato di grazia, qualcuno sarebbe forse in-; clinato a credere che lo stato mistico o la contempla­zione infusa siano frequentissimi, e potrebbe confon­dere con essi quello che non è se non .il preludio, come l'orazione di semplicità così ben descritta da Eossuet 8. Sarebbe così portato a non tener abba­stanza conto dei fenomeni concomitanti o -ausiliari di certi gradi dell'unione mistica, come la legatura e l'estasi, e cadrebbe nell'estremo opposto a quello dei partigiani del solo metodo descrittivo.

' bossuet, Manière courte et facile de faire l'oraison en fot et de simple présence de Dieu (opuscolo indirizzato alle religiose della Visitazione di Meaux). Quest'orazione può essere chiamata contemplazione, ma se si paragona agli stati passivi, anche inferiori, descritti da S. Teresa, si vede ch'essa non merita ancora il nome di contemplazione propria­mente mistica, salvo che per brevi istanti, e nella sua seconda fase.


12      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Questi due estremi da evitare ricordano l'opposi­zione che esiste in filosofia tra l'empirismo e l'idea­lismo platonico, o m apologetica tra quelli che consi­derano solo i miracoli e le profezie,(segni concomitanti . della rivelazione) e quelli che parlano solo dell'ar­monia e della sublimità della dottrina e .della vita cristiana.

Praticamente, come conseguenza di questi due ec­cessi vi sono pure due estremi da evitare nella dirc­zione: far abbandonare alle anime la via ascetica o troppo presto o troppo tardi. Vi ritorneremo sopra.

*          *    ,,     *

Unione dei due metodi. — È chiaro che bisogna unire questi due metodi: induttivo e deduttivo, ana­litico e sintetico.

Al lume dei principii della teologia bisogna de­terminare: quello che dev'essere 'la perfezione cri­stiana, senza sminuirla in nulla, qual è la contem­plazione ch'essa suppone, i mezzi ordinar! che ad essa conducono, i soccorsi straordinari che la favo­riscono.

Per questo bisogna analizzare le nozioni di vita e, di perfezione, cristiana, di santità, che ci da il Van­gelo; .descrivere i fatti della vita ascetica e mistica, seguendo J-a testimonianza dei santi che meglio li sperimentarono e li fecero conoscere. Questa descri­zione dei fatti, accompagnata dall'analisi delle nozioni teologiche corrispondenti, deve cercar di determinare la natura di questi fatti o stati inferiori e di distin­guerli dai fenomeni concomitanti e ausiliari. Gli autori che possono meglio aiutarci in questo sono quelli che furono nel medesimo tempo grandi teo­logi e grandi mistici, come S. Tommaso e S. Bona-ventura, Eiccardo di S. Vittore, S. Giovanni della Croce, S. Francesco di Sales.


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE            13

Dopo questo lavoro di analisi delle nozioni e dei fatti, bisogna far la sintesi alla luce della nozione evangelica di perfezione ossia di santità. Bisogna dimostrare: 1° quello che è essemiale o conforme alla perfezione cristiana e. quello che le è contrario;

2° quello che è necessario o molto utile e desiderabile' per giungervi e quello che è propriamente straordi­nario, e per ' nulla richiesto alla più alta santità.

In tutto questo è sommamente importante distin­guere lo straordinario di diritto (ossia il miracoloso) e lo straordinario di fatto che è l'ordinario o il no.r-•male nella vita dei santi, pur essendo raro come la santità stessa. L'omissione di ^ questa distinzione è la fonte di equivoci frequenti in parecchie opere' mo­derne, che dimenticano troppo le grandi divisioni del soprannaturale.    '                              ,

Così sotto la luce delle nozioni e dei principii teo­logici noi potremo discernere i fatti e formulare le regole di direzione, motivandoli.

Tal è, a nostro avviso, il vero metodo di teologia-ascetica e mistica, e non può essere altrimenti 30 questa, come abbiam veduto, è l'applicazione della teologia alla direzione delle anime verso un'unione con Dio sempre più intima.

Dobbiamo ora esaminare la distinzione dell'ascetica e della mistica, i loro rapporti-e l'unità della dot­trina spirituale; questione delicata, in cui non bisogna dimenticare che Dio chiama tutte le anime inferiori a bere alla fonte d'acqua viva dov'osse troveranno la vita in abbondanza, perfino oltre ai loro desideri:

ut vitam habeant et abundantius habeant. Secondo i santi, l'anima che s'adopera a spogliarsi per amor di Dio di tutto ciò che non è D'io, è ben presto com­penetrata di luce e talmente unita a Dio ch'ella gli diventa tutta simile ed entra ii\ possesso di tutti i suoi beni.


14                    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

abticolo II.

La distinzione dell'ascetica e della mistica e l'unità della dottrina spirituale.

La teologia ascetica e mistica, come dicevamo nel precedente articolo, è un'applicazione della teologia alla dirczione delle anime verso un'unione con Dio sempre più intima. Aggiungevamo ch'essa/deve far uso del doppio metodo induttivo e deduttivo: studiare i fatti della vita spirituale alla luce dei principii ri­velati e delle dottrine teologiche dedotte da questi principii. Conviene ora vedere in che cosa si distin­guono l'ascetica e la mistica : se questa distinzione è tale che non vi sia continuità nel passaggio dal­l'una all'altra, ne unità nella dottrina spirituale. Su questo punto non vi è un accordo perfetto tra'^gli au­tori antichi e parecchi moderni le cui opere sono ab­bastanza divulgate.

Tesi tradizionale:

unità della dottrina spirituale.

Un tempo, fino ai secoli XVII e XVIII, si trat­tava generalmente sotto l'unico titolo Teologia mistica non solo dell'unione mistica, della contemplazione infusa, de' suoi gradi, delle grazie propriamente stra­ordinarie che a volte l'accompagnano (visioni e ri­velazioni private), ma ancora della perfezione cri­stiana in generale e delle prime fasi della vita spi­rituale, il cui progresso normale appariva così or­dinato all'unione mistica come al suo punto culmi­nante.


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE           15

Quest'insieme costituiva un tutto veramente uno, cioè, la dottrina spirituale, dominata da un'altissima idea della perfezione, attinta dal Vangelo e dai santi, ed era un principio comunemente ricevuto che la contemplazione infusa o mistica (distintissima dalle visioni e rivelazioni private) è ordinariamente con­cessa ai perfetti e procede specialmente dal dono della sapienza, il cui progresso è proporzionale a quello della carità. In altre parole, vi era l'accordo jne] riconoscere che una carità eminente, principio d'una unione intimissima con Dio, s'accompagna normal­mente con un'eminente contemplazione, confusa, ma penetrantissima e saporosa, con una cognizione quasi sperimentale del mistero di Dio, più intimo all'anima ch'ella stessa, di Dio che si fa sentire a lei e agisce costantemente su di lei, nella prova come nella con­solazione, tanto per distruggere quello che deve morire quanto per rinnovare e per edificare.

Si possono verificare queste asserzioni consultando le « Teologie mistiche » del domenicano Vallgornera, dei carmelitani Tommaso di Gesù, Domenico della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, Filippo della S. Trinità 1, e, risalendo il passato, le opere di San Giovanni della Croce, di S. Teresa, dei venerabili Lodovico Blosio 2, Dionigi Cartusiano, Taulero, del

' Per esemplo filippo della S. trinità, Summa Theolog. mysticae, 1655, edizione di Bruxelles 1874, t. II,p. 299, dice: n Debent omnes ad gupematuralem contemplationem aspirare: niliil honestius, utilius, deleotabiliug » — t. Ili, p. 13 : « Debent omnes, et maxime Deo spe-cialiter consecratae animae, ad actualem fruitivam nnionem oTim Deo aspirare et tendere » — t. II, p. 310: i Contemplationis supernaturalis gratia ali quando conceditur imperfeotis, augnando denegatur periectis. 11, Aliquando designa piuttosto l'eccezione che la regola. — Lo stesso scrive tommaso di gesù', De contemplatwne divina, 1. I, e. ix.

2 II blosio compendia ammirabilmente l'insegnamento tradizionale sn questo punto nella sua Institutio spiritwilis, e. 1: 11 Tutti gli uomini devono aspirare all'unione con Dio. O. xn. Come si opera nell'anima arri­vata alla perfezione l'unione mistica con Dio: § 1. Colui che persevera , ottiene di solito l'unione mistica;... § 3. Alcuni avvisi circa quest'u­nione: § 4. Suoi effetti. »


16      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

E. Enrico Susone, del B. Bartolomeo de Martyribus, di, S. Tommaso d'Aquino, -di S. Bonaventura, di S. Alberto Magno, di Dionigi il mistico, di S. Ago­stino .

: S. Tommaso in particolare dimostrava i rapporti di ciò che oggi si chiama ascetica e mistica trattando delle relazioni scambievoli dell'azione, e della contem­plazione. Con S. Agostino e S. G-regorio ecco quello ch'egli c'insegna: La vita attiva, a cui si ricollega l'esercizio delle virtù morali della prudenza, giustizia, fortezza, temperanza 3, e le opere esteriori di ca­rità, dispone alla vita contemplativa, in quanto ,essa regola le passioni che turbano la contemplazione, e in quanto ci fa crescere nell'amor di Dio e del pros­simo *. Poi la contemplazione di Dio, che è propria dei perfetti, porta all'azione, la dirige e la rendè inolio più soprannaturale e più feconda 5. Così nel­l'ordine naturale l'immagine precede l'idea e serve poi ad esprimerla, l'emozione precede il volere e serve poi ad eseguire con più ardore la cosa voluta;

cosi ancora, dice S. Tommaso, i nostri atti generano un'abitudine, poi questa ci fa agire più prontamente e facilmente 6. In tal modo l'ascesi non cessa quando la vita contemplativa comincia; ma all'opposto l'eser­cizio delle diverse virtù diventa '.molto superiore, quando l'anima riceve la grazia mistica - dell'unione quasi continua con Dio.

Come S. Tommaso osserva, vi sono delle anime che a cagione della loro impetuosità sono più atte alla vita attiva, altre invece hanno naturalmente la pu-re'zza di spirito e la calma che le prepara maggior­mente alla contemplajzione 7; ma tutte possono dis-

S. tommaso, Sum. Theol., II-II, q. 181, art. 1 et 2. l'bid., q. 182, art. 3. IWd., a. i. l'bid., a. 4, ad. 2. IWd.. a. 4, ad 3.


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE            17

porsi alla vita. contemplativa 8, che è la più perfetta e per sé la più meritoria 9. «L'amor di Dio, infatti, è più meritorio di quello del prossimo»10. È l'amore di Dio che, come dice S. Agostino, ci porta a cercare il santo riposo della divina contemplazione n. E se uno dei segni della carità è la pena esterna che uno s'impone per Cristo, un segno molto più espressivo è quello di mettere da parte tutto quello che appartiene alla vita presente e di trovare la propria felicità nel-l'abbandonarsi esclusivamente alla contemplazione di Dio » 12. « Quanto più l'uomo unisce strettamente a Dio l'anima sua o quella d'un altro, tanto più il suo sacrifizio e gradito al Signore» 13. ' '

S. Giovanni della Croce insiste particolarmente Su questo punto: la contemplazione soprannaturale, di cui egli parla nella Salita del Canneto e nella Notte oscura, vi apparisce come il pieno sviluppo della «vita di fede » e dello spirito di sapienza. « Solo la fede, dice egli, è il mezzo prossimo e proporzionato, che può unire l'anima a Dio » u. « La Fede pura, nello spogliamente e nell'abnegazione di, tutto, porta molto più all'amore di Dio che le visioni spirituali»15.

Ciò s'intende, se non si, diminuisce, come fanno parecchi moderni, la soprannaturalità essenziale della fede, e se si ricorda che questa virtù, anche informe o separata dalla carità, è, nonostante la sua oscurità, infinitamente superiore, per il suo oggetto primo e per il suo motivo, alla più alta ^agnizione naturale degli angeli, o anche alla -previsione soprannaturale

' 8. tommaso, Sum'ma Theol., q. 182, a. 4; ad 3.

I.bid., a. 2.                                    ,

Itnd.

1 Città di Dio, 1. XIX, 19.

2 II-II, a. 182, a. 2, ad 1.

3 J6id.,.ad 3.

4 S. giovanni della croce, Montée du Carmel, tr. Hoornaert, I edi.z.,1. II, o. vili; p.118; e. li, p. 83; 6. in, p. 89;introd. p. 76. " IM., pag. 241-242. -   .

2 — Perfezione e Contemplazione. - I.


18      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

dei futuri : contingenti naturali; essa è del medesimo ordine essenzialmente divino che la visione beatifica. La fede infusa, dono di Dio, è, dice S. Paolo, «la sostanza delle cose che noi speriamo »,, e, special­mente quand'è accompagnata dai doni dell'intelletto e della sapienza in un grado eminente, è, per così dire, il cominciamento della vita eterna, inchoatio vitae aeternae, dice parecchie' volte S. Tommaso, de 'Ve­ntate, q. 14, a. 3.

Se' vogliamo capire tutta la grandezza della vita di fede, nella quale ogni cristiano deve progredire:,, dobbiamo leggere i maestri della mistica tradizio­nale. E secondo il loro punto di vista, nessuno si stupirà che la vita mistica perfetta sia il punto culminante dello sviluppo normale della vita dèlia grazia. Così l'unità della dottrina e della vita spi­rituale è mantenuta nonostante la diversità degli stati Ulteriori.

Tesi di, parecchi moderni :

separazione dell' ascetica e della mistica.

•Pai secoli XVII e XVIII, parecchi autori pensa­rono di dover distinguere assolutamente e, per così dire, di separare l'ascetica e la mistica, che fin d'al­lora furono spesso l'oggetto di trattati speciali: «Di­rettorio ascetico» e «Direttorio mistico».

Ciò avvenne in seguito a vive discussioni provo­cate dagli abusi provenienti da un insegnamento pre­maturo ed erroneo delle vie mistiche. Fin dal tempo di S. Teresa queste vie apparvero così sospette a molti che fu necessario difendere gli scritti di San Giovanni della Croce contro la taccia d'illuminismo, e certi superiori si preoccuparono a tal punto da proibire ai loro religiosi la lettura delle opere del Ven. Taulero, del Euysbroeck, del B, Enrico Susone,


Il, PROBLEMA MISTICO ATTUALE          19

di S. Geltrude e di S. Matilde. Dopo la condanna degli errori di Molinos, le vie mistiche furono anche più sospette.                                    '.-•,'- . ,

Allora non , pochi autori, eccellenti .sotto molti, aspetti, convennero nel distinguere assolutamente l'a­scetica e la mistica. Troppo solleciti di sistemare,. di stabilire una dottrina per rimediare ,ad abusi, e inclinati per conseguenza a classificare le cose ma­terialmente, dal di fuori, sen'za averne una cognizione abbastanza alta e abbastanza. profonda, dichiararono che l'ascetica deve trattare della vita cristiana « or­dinaria », secondo le tré vie purgativa, illuminativa . e unitiva. La mistica, alla sua volta, non doveva trat­tare se non delle «grazie straordinarie», nelle quali si fecero entrare non solo le visioni e le rivelazioni private, ma anche la contemplazione soprannaturale confusa, le purificazioni passive, l'unione mistica.

Così quest'ultima non apparisce più come il punto culminante dello sviluppo normale della grazia san­tificante, delle virtù e dei doni; la contemplazione in­fusa non è più la vita della fede e lo spirito della sa­pienza portati alla loro perfezione, alla loro piena espansione; ma sembra si allacci piuttosto alle grazie gratis datae, come la profezia, o almeno ad un modo affatto straordinario o miracoloso dei doni dello Spi­rito Santo. Di modo che questi autori, non solo a proposito delle visioni e rivelazioni private, ma anche a proposito dell'unione mistica con Dio e della con­templazione infusa, dicono alle anime già ferventis-sime: Queste sono grazie propriamente straordinarie che non conviene desiderare, se vuoisi evitare ogni presunzione e camminare per la via dell'umiltà: al-tiora tè ne quaesieris. .Non è forse questo uno sbaglio, analogo a quello di coloro che rifiutavano alle mede­sime anime la comunione quotidiana, col pretesto che l'umiltà non permette di tendere così in alto?

Questi autori distinguono così una vita unitiva


20      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

detta « ordinaria », la sola necessaria, dicono essi, alla perfezione, e una vita unitiva detta « straordi­naria», che, secondo loro, neppure, è richiesta, per la grande santità. Secondo questo punto di vista, l'asce­tica non è ordinata alla mistica, e la perfezione ossia. unione «ordinaria», alla quale essa conduce, è nor­malmente un termine e non una disposizione ad una unione più intima e più elevata. Quindi la mistica non ha importanza se non per qualche privilegiato rarissimo; tanto vale quasi ignorarla per evitare la presunzione e l'illusione.

Invece di rimediare ad un -abuso, non era forse un cadere in un altro chiaramente indicato in molti passi della Salita del Carmelo u o del Cantico spi­rituale ? Tra i migliori autori, spirituali della Com­pagnia di Gesù, il P. Lallemant si lagnò abbastanza vivamente di questa concezione della vita. mistica, reputata quasi inaccessibile, concezione che, secondo lui, chiudeva la via dell'alta perfezione e dell'unione intima con Dio 17.       /

In tal modo molte anime furono distolte dalla let­tura di S. G.iovan.ni della Croce,-H quale è nondimeno il maestro che premunisce di più contro l'illusione e contro il desiderio delle grazie propriamente straor­dinarie 18.

" Sol-Ita. Prologo : « Per l'anima non vi è stato più inquietante e più penoso di quello di non veder chiaro in se stessa e di non trovare nes­suno che la comprenda. Condotta da Dio sulle altezze della contempla­zione oscura e dell'aridità, le parrà di smarrirsi, e in mezzo alle tenebre, ai patimenti, alle ambasce e alle tentazioni, il suo direttore le dirà come i oonsolatori di Giobbe : È malinconia, debolezza ; può anch'essere una malizia occulta la causa dell'abbandono in cui Dio ti lascia, stai in guardia ».

17 P. lailema.nt, La dottrina spirituale. 7° principio, e. vi, a. 3, § 11 — e 4° principio, la docilità alla condotta dello Spirito Santo, o. i a. 3; e. n, a. 2. — Fra gli autori posteriori della Compagnia di Gesù, vedasi anche il P. de Caussade e il P. Grou.

18 Salita, 1. II, o. x, xi, xvi, xvn, xx, xxvni.


IL PBOBLEMA MISTICO ATTUALE                    21

Ritorno alla tesi tradizionale :

unità della dottrina spirituale.

Si può domandare se questa distinzione assoluta e questa mancanza di continuità fra l'ascetica e la mistica 1° non diminuisca notevolmente l'elevatezza della perfezione cristiana che . è quaggiù il termine del progresso normale della grazia santificante e della carità; 2° se essa non perda di vista che il progresso dei doni dello Spirito Santo è proporzio­nale a quello della carità, ^ché deve sempre crescere;

3° se essa non confonda con le grazie strettamente straordinarie le grazie eminenti e poco comuni con­cesse ordinariamente all'alta perfezione, anch'essa ab­bastanza rara, stante la grande abnegazione che sup­pone. In poche parole, non confonde essa lo straor­dinario di fatto, che è l'ordinario devotissimo della vita d'unione con Dio nei santi fin di quaggiù, e lo straordinario di diritto ossia il miracoloso; che per lo più non è che^un segno o un soccorso fransi-. torio d'ordine inferiore alla vita della grazia?

In una parola, si può domandare se .quest'insegna­mento non disconosca e non diminuisca la dottrina tradizionale dei grandi teologi e dei grandi mistici sulla soprannaturalità essenziale 19 della vita della grazia, della fede, della carità, dei doni dello Spi­rito Santo; vita incomparabilmente superiore al fé-. nomeno in qualche modo esterno dell'estasi, ai mi" racoli ed alle profezie, poiché la sua perfezione è come il preludio della visione beatifica, che l'anima santa, già perfettamente purificata, ottiene normal­mente senza passare per il purgatorio.

" Soprannaturalità « auoad substantiam 11, dice la sana teologia, per opposizione alla soprannaturalità « quoad modum > del miracolo sensibile o della cognizione profetica degli avvenimenti .tTiturl.


22      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Siffatte questioni, in questi ultimi anni, indussero parecchi autori, come l'abate Saudreau, il P. Lain-balle, il P. Arintero, O. P., a rigettare una distinzione così assoluta fra l'ascetica e la mistica, e a notare la continuità che esiste fra l'una e l'altra. Essi invo­carono la testimonianza di S. Giovanni della Croce;

« Quelli che nella vita spirituale s'esercitano ancora nella meditazione, appartengono allo stato dei prin­cipianti. Quando piace a Dio di farneli uscire, è col disegno d'introdurli nella via del progresso, che è quella dei contemplativi, e con questo mezzo di farti arrivare sicuramente allo stato dei perfetti, vale a dire all'unione divina» 20. Quest'ultima, nel Un-. guaggio dell'autore della Notte oscura, è manifesta­mente d'ordine mistico. E come dimostra il P, Lam-balle 21, dai vari testi di S. Giovanni della Croce risulta 'che la contemplazione- mistica e òrdinariar mente accordata ai perfetti, benché certi non l'ab­biano che in un modo imperfetto e a momenti 22.   .--,

" Notte oscura, I. I, e. i.          '

21 E. lamballe, eudista, La Confemplation, Paris, Téqui, 1912, p. 61-71. "st Senza dubbio 8. Giovanni della Croce (Notte oscura, 1. I, e. IX) dice: « Sappiatelo bene. Dio non conduce alla contemplazione perfetta tutti quelli che si danno con risoluzione alla vita inferiore. Perché ciò? Dio solo lo sa. Da ciò deriva che vi sono anime dalle quali Dio non ritira mai completamente la facoltà di produrre considerazioni e ra­gionamenti, salvo per un tempo. » Ma le prime parole che abbiamo sot­tolineate: « Dio solo lo sa » dimostrano che non è questa la legge fon­damentale del progresso spirituale, anzi : queste parole sono un'allusione

.'alla predestinazione, che S. Giovanni della Croce intende come S. Tom-maso, perché egli dice. Salita, 1. II, e. iv: « È vero che le anime, qua­lunque sia la loro capacità, possono aver raggiunta l'unione, ma non tutte la possiedono nel medesimo grado. Dio dispone liberamente di questo grado d^unione come dispone Uberamente, del grado della visione beatifica. " È quello che dice S. Tommaso, I, q. 23, a. 5. Ora la pre~ destinazione d'un'anima piuttosto che d'un'altra non riguarda diret­tamente il problema proposto in quest'articolo: l'unione mistica è' dessa quaggiù la sommità dello sviluppo normale della grazia santificante

-delle virtù e dei doni? La prova è che, in tutti 1 giusti, la grazia è essenzialmente ordinata alla gloria, eppure non sono tutti predesti­nati alla gloria, alcuni intatti perdono la grazia e muoiono in stato di peccato mortale : 11 Multi sunt vacati, pauci vero electi ».


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE            23

S. Teresa parla nello stesso modo; si veda se­gnatamente II Cammino della 'perfezioni!, e. 20:

«La misericordia di Dio è così grande che a nessuno impedisce di venir a bere a questa fonte d'acqua viva (la contemplazione infusa)... anzi vi ci chiama ad alta voce; nondimeno nella sua bontà Egli non vi ci sforza». La Santa insegna sempre alle sue figlie che esse devono fare tutti i loro sforzi per ^dispersi a ricevere questa preziosa grazia, benché certe anime nonostante tutta la loro buona volontà non ne cono­scano quaggiù le gioie. La contemplazione può avere infatti per un tempo abbastanza lungo una forma arida, durante la quale si può essere contemplativi senza saperlo 23. Pio X, nella sua lettera del 7 marzo del 1914 sulla dottrina di S. Teresa, ci dice che i gradi d'orazione da lei enumerati sono altrettante ascensioni superiori verso la .vetta della perfezione cristiana: «docet e.nim gradus orationis quot nume-rantur, veluti totidem superiores in christiana per-fectione ascensus esse».        .

Perciò, secondo parecchi teologi contemporanei, ogni giorno più numerosi e in particolar modo solleciti di conservare l'insegnamento tradizionale, così come si trova formulato nei grandi classici della mistica, per ogni anima intcriore, è lodevole il desiderare la grazia

" Si vede che così bisogna intendere certe restrizioni di S. Teresa enunciate nel Cammino, o. XVII, e nel Castello, 5" mansione, o. IH, quando si confrontano col principio generale ch'ella formula e svolge. Cammino, o. xvnx, xx, xxv, xxix. Vedasi sulla conciliazione del varii testi di S. Te­resa il P. arintero, Bvolucion mistica, pag. 639, nota 2, e Cuestiones misticas, pag. 305 ss., come pure l'eccellente lavoro del P. gakate, Bazon y Fé, Luglio 1908, p. 325. — È cosa certa che le gioie del­l'unione mistica non sono necessario alla perfezione e che la contempla­zione soprannaturale è spesso molto arida e dolorosa. S. Teresa, Castello, 5' mansione, e. i, parlando delle religiose dei suoi monasteri, dice:

« Sono assai poche quelle che non entrano in questa 5" mansione. Sic­come vi è del più e del meno, io dico che per la maggior parie vi entrano. Certe particolaritd che vi s'incontrano, sono, io credo, la porzione del minar numero; ma se le altre arrivano fino alla porta, è già un'immensa mise­ricordia da parte di Dio, perché vi sono molti chiamati e pochi eletti. »


24      PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE ,

della contemplazione mistica è il disporvisi cóll'aiuto di Dio, coii una fedeltà sempre maggiore alle sue sante aspirazioni 2t.

Secondo questi teologi, segnatamente secondo il P. Arintero, la vita mistica è caratterizzata dal pre­dominio dei doni dello Spirito Santo 25. L'ascetica, dicono essi, tratta della vita cristiana dei principianti e di quelli che s'avanzano, col soccorso della grazia, nell'esercizio delle- virtù cristiane, il cui modo resta un modo umano, adattato a quello delle nostre fa-.:;;:.; colta. Laddove la mistica tratta .^soprattutto della vita ; unitiva dei perfetti, in. cui si manifesta chiara^ •'..mente il modo divino dei doni dello Spirito Santo, ;", nell'esercizio dei quali l'anima è più passiva che .attiva, e in cui ella ottiene una cognizione'«quasi ^ sperimentale »; di Dio presente in lei, come spiega. .,^S. Tommaso, I-II, q, 68, et I Seni. q. 2, a. 2 ad 3). ^«Questi doni, ci dice il grande Dottore, esistono in :. .--tutte le anime in stato di grafia», ma. normalmente

" S. giovanni della oboce, Salita del darmelo. Prologo: «Per acquistare il lume divino e l'unione perfetta dell'amor di Dio — parlo di ciò che può farsi quaggiù — Vanimfi deve attraversare la Notte oscura, e senz'alcun dubbio per spiegare questa Notte e farla capire, ci vorrebbe una scienza più profonda e un'esperienza maggiore della mia... Spero che il Signore m'aiuterà a dire verità utili, per venir così in aiuto a tante anime ohe ne hanno un bisogno urgente. Dopo i primi passi nel cammino della virtù, quando il Signore desidera di farle entrare nella Notte oscura per oondurle all'unione divina, ve ne sono che non vanno più lon­tano. Alle volte è il desiderio ohe manca, o non vogliono lasciarvigl condurre; qualche volta è a cagione dell'ignoranza, o perché corcano, senza trovarla, una guida accorta capace di condurle alla cima. ~SS vera­mente doloroso il vedere che tante anime favorite dal Signore di doni e di grazie eccezionali — (a volte avrebbero solo bisogno d'un po' di coraggio per arrivare ad un'alta perfezione) — si contentano di rela-" zioni inferiori con Dio. » Tutto questo prologo ha per scopo di correggere molti errori di direzione. E si sa che, per S. Giovanni della Croce, la Notte oscura è un periodo della contemplazione mistica. In questo mede­simo Prologo si dice: '< Condotta da Dio sulle altezze della contempla­zione oscura e dell'aridità le parrà di smarrirsi... »

88 Questi doni sono specificamente distinti dalle virtù infuse, I-II, q. 68, a. 1.


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE            25

essi non predominano o non si esercitano in un modo.' ad un tempo frequente e manifesto se non nelle anime mortificate, umilissime, e abitualmente docili allo Spirito Santo in ogni circostanza. Certe eccellono nei doni relativi alla vita attiva, come il dono della. fortezza, altre in quelli della vita contemplativa, come l'intelletto e la sapienza. Queste ultime anime specialmente entrano nelle « vie passive », perché esse per così dire non si dirigono più da sé, ma sono abi­tualmente dirette da Dio immediatamente. Egli da ai loro atti quel modo che Lui solo può loro comu­nicare, come quando un gran maestro dirige un suo alunno tenendogli la mano. Questi atti sono così dop­piamente soprannaturali (reduplicative, direbbero gli scolastici): per la loro essenza, come gli atti delle virtù cristiane della vita ascetica, e per quel modo superiore che sorpassa il semplice esercizio delle virtù cristiane aiutate dalla grazia attuale; è. ciò che a S. Teresa permette di parlare «d'orazione sopranna­turale» quando cominciano le vie passive 26. Questo modo divino degli atti soprannaturali, che. provengono immediatamente dalle ispirazioni, dello Spirito Santo, non è tuttavia qualcosa di propriamente straordinario, come un miracolo, una visione, una profezia, ma qual­cosa d'eminente, e d'ordinario nei perfetti che vivono abitualmente raccolti nell'adorazione del mistero della. SS. Trinità presente in essi 27.             '      , 'Difatto tal è il soggetto principale trattato da tutti

" Vedasi su questo punto fra gli autori domenicani : II susone, Opere mistiche; il taulebo Sermoni; il P. pint L'atìhawdono alla vo­lontà di Dio; fra quelli della Compagnia di Gesù, le eccellenti opere del P. lallemant, La Dottrina spirituale; del P. geott, Massime spi­rituali 2» Mas. ; del P. DB oattssade L'Abbandono alla Provvidenza. — In S. giovanni della oboce, Notte oscura, sul principio.

37 Un effetto miracoloso sensibile come la vita resa ad un cadavere, non è soprannaturale nella sua essenza ma solo nel modo della sua produzione; mentre l'esercizio dei doni dello Spirito Santo è sopran­naturale e nella sua essenza e nel suo modo Quoad suì)stantiam et quoad moduin.


26     PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

i teologi mistici da Dionigi fino al Taulero e a San Giovanni della Croce, che spesso designa con una sola parola « la Fede » questa virtù e il dono della sapienza in un grado superiore.          -

Secondariamente questi Maestri hanno parlato dei fenomeni in qualche modo esterni, che accompagnano certi gradi dell'unione mistica, come l'estasi, che spa­risce con l'unione trasformante. E distinsero sempre molto profondamente da questa unione del tutto intima con Dio, termine dei loro desideri e di tutta la loro vita, le grazie straordinarie d'ordine inferiore, come le visioni o la cognizione profetica dell'avvenire, che, secondo loro, noi non dobbiamo desiderare.

Sotto quest'aspetto, alcuni interpreti di S. Giovanni della Croce, come il P. Lamballe e il P. Arintero ss, considerano ' che l'unione trasformante o lo sposalizio spirituale-è, quaggiù, la cima dello sviluppo normale della vita della grazia nelle anime pienamente fe­deli allo Spirito Santo, specialmente in quelle con­sacrate a Dio e chiamate alla vita contemplativa.

Alcuni pensarono che questo termine normale del progresso spirituale non oltrepassi la quiete, dopo la quale comincerebbe lo straordinario propriamente detto, con l'unione e con .l'estasi.

Ma, da quanto dice S. Teresa delle anime che non oltrepassano la quiete, pare che vi sia in esse una mancanza di fedeltà alto Spirito Santo e che normale mente avrebbero dovuto giungere a un'unione con Dio. più profonda ch'ella chiama «un più alto grado di. perfezione» 29.

" lamballe, La Contemplation, 195. — abintero Evolucion mi­stica, pag. 460-180; Cuestiones misticas pag. 60, pag. 571, nota: spie­gazione delle grazie necessario all'unione trasformante. — L'abate -sauvé pare favorevole a questa tesi negli Ètats mystigues, pp. 85-90-96, 100.105, 1S9-141, 162...

" 8. teresa, Vita, o. xy: « Vi è un grandissimo numero d'anime che arrivano a questo stato (l'orazione di quiete),.'ma quelle che passano più avanti sono rare... " — Castello dell'anima. I1 Mansione, e. in, e


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE            27

,S. Giovanni della Croce si esprime nello stesso modo 30. . .

È veramente possibile che l'estasi npn importi (almeno necessariamente) nulla di straordinario ,nel senso proprio della parola. Sovente sembra essa pro­venire dalla debolezza dell'organismo che vienmeno sotto l'azione divina; può non essere che il contrac­colpo d'una grazia inferiore profonda, che assorbe tutta l'attenzione e tutta la forza dell'anima sopra Dio, che le è intimamente presente e che a lei si fa sentire. Secondo quest'aspetto, vi sarebbe con­tinuità fra tutti i gradi dell'unione mistica, dalla quiete all'unione trasformante, in cui .l'anima non conosce più «la debolezza dell'estasi», secondo l'es­pressione di S. Ildegarda.

Tal è il pensiero del P. Lamballe, del P. Arintero e di parecchi altri teologi contemporanei che abbiamo consultato. Essi ritengono inoltre che l'orazione af­fettiva semplificata, che precede l'orazione propria­mente mistica o passiva, è normalmente una disposi­zione a ricevere .questa.' Così vi sarebbe continuità fra l'ascetica e la mistica. La prima sarebbe caratte-

5" Mansione, o. i, a proposito dell'entrata in onesta 5" mansione (su­periore alla aulete): « Quantunque noi tutte... slamo chiamate alla contemplazione... ve ne sono poche ohe si dispongano a vedere ohe 11 Signore disvela ad esse quella perla preziosa di cui parliamo. Perché quantunque in ciò ohe riguarda l'esterno non vi sia nulla da riprendere nella nostra condotta, ciò però non basta per arrivare ad un sì alto grado di perfezione. Ohe bisogno abbiamo noi di bandire ogni negligenza ! ».

" Specialmente quando descrive (Notte oscura, 1. II, o. xvin-xx) i dieci gradi della carità enumerati da S. Bernardo, si vede chiaro ohe i gradi inferiori devono, secondo lui, condurre normalmente ai gradi più . elevati e al più alto di tutti. Ora egli aggiunge che il progresso della contemplazione è proporzionale a quello della carità. Tutta l'opera di S. Giovanni della Croce manifesta evidentemente la continuità dei gradi dell'unione mistica fino all'unione trasformante. Alcuni, è vero, pensarono che S. Giovanni della Croce scrivesse solamente per alcuni rari contemplativi. Però alla fine del Prologo della Salita del Canneto, dice egli stesso che propone <i una dottrina vantaggiosa e solida che si rivolge agli uni e agli altri, a condizione ohe si decidano a'passare per la nudità dello spirito ».


28      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

rizzata dal modo umano delle virtù cristiane, la se­conda dal modo divino dei doni dello Spirito Santo, che intervengono non più solamente in modo latente o. transitorio, ma in una maniera ad un tempo mani­festa e frequente. Prima dello stato mistico o passivo, yi sarebbero, in un periodo di transizione (quello del­l'orazione di semplicità descritto da Bossuet), degli atti mistici passeggeri, che per sé disporrebbero l'a­nima alla vera vita d'unione; questa sarebbe l'età adulta o perfetta della vita spirituale, o la vita della grazia divenuta in qualche modo .cosciente di se stessa.

Se è così, e le ragioni portate dagli autori citati sono serie, come vedremo, l'anima che non ha an­córa nulla della vita mistica, non- ha oltrepassato l'infanzia o l'adolescenza della vita spirituale. Ella deve ricordare le parole di S. Paolo: «Non siate fanciulli d'animo, ma per quel che è malizia siate bambini, è nell'animo procurate di diventar per­fetti» (I Cor. xiv, 20). Quest'anima non è arri­vata alla maturità spirituale, all'età perfetta acces­sibile quaggiù; ella può avere una gran cultura, anche teologica, molto tatto nella condotta della vita, molta prudenza, fede, carità, zelo, entusiasmo, una grande attività apostolica; ma, nonostante le sue virtù cristiane solide, nonostante il suo zelo, essa non è abbastanza spiritualizzata, il suo modo di vivere resta troppo umano, troppo esteriore, ancora troppo dipen­dente dal temperamento; non si vede per così dire in lei quel modo divino, del tutto soprannaturale, di pensare, d'amare Dio e di operare, che .caratterizza quelli che sono veramente -morti a se stessi e perfet­tamente docili allo Spirito Santo. Solo questi .ultimi hanno, ordinariamente, in ogni circostanza piacevole o penosa, « il senso di Cristo » per giudicare sanamente delle cose spirituali, per conciliare abitualmente nella loro vita delle virtù in apparenza le più opposte^ la


IL PEOBLEMA MISTICO ATTUALE           29

semplicità della colomba e la prudenza del serpente, la fortezza eroica e una mansuetudine piena di te­nerezza, l'umiltà del cuore e la magnanimità, una fede assolutamente intransigente su tutti i principii e una gran misericordia per i traviati, una vita in­feriore intensa, -un raccoglimento continuo e un frut­tuosissimo apostolato.

'                              '.:^sli     *     *

Quest'ultima concezione dei rapporti dell'ascetica e della mistica merita considerazione; quelli che so­vente hanno letto e meditato i grandi maestri della mistica tradizionale piegheranno, crediamo, in questo senso, ricordando i principii seguenti, espressione si­cura della dottrina di S. Tommaso.

lo La perfezione cristiana si trova nell'unione con Dio, la quale suppone in noi il ,pieno sviluppo della carità, delle altre virtù, dei doni dello Spirito Santo che suppliscono all'imperfezione di queste virtù e sono in noi il principio immediato della contempla­zione soprannaturale.,

Le tré virtù teologali sono soprannaturali nella loro essenza (quoad substantiam) 'a cagione del loro;

motivo formale e del loro 'oggetto proprio, inaccessi­bili l'uno e l'altro alla sola ragione o anche alla più alta cognizione naturale degli angeli.. Parecchi teologi,. seguendo la dirczione inferiore del nominalismo pen­sarono invece che gli atti di fede e delle altre virtù cristiane siano atti sostanzialmente naturali, rivestiti d'una modalità soprannaturale (supernaturales quoad. modum tantum et non vi objecti formalis). In tal modo essi rassomiglierebbero assai più ad un'affezione naturale soprannaturalizzata, che ad un'affezione so­prannaturale nella sua essenza e per il suo motivo formale. Passa un'immensa differenza tra queste due concezioni della fede e delle altre virtù teologali. Solo


30      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

là prima è vera 31 e fa ben vedere perché la fede nel mistero della SS. Trinità è infinitamente superiore alle intuizioni naturali del genio, o anche alla pre­visione soprannaturale d'un avvenimento futuro come la fine d'un flagello, superiore in genere alle grazie gratis datae 32.

3o I doni dello Spirito Santo sono doppiamente soprannaturali, non solo nella loro essenza (come le virtù teologali e le altre virtù infuse), ma anche nel loro modo d'azione; per essi l'anima non si di­rige più da sé col concorso della grazia, ma viene diretta e mossa immediatamente dall'ispirazione di­vina; e quando con una fedeltà perfetta allo Spirito Santo vive abitualmente sotto il governo dei doni, ella è in uno stato passivo.

4o Questi doni, che ci rendono docili al soffio di Dio, crescono colla carità, come le virtù infuse. Ora la carità deve quaggiù crescere sempre, mediante i nostri meriti, mediante la santa comunione.. Chi non s'avanza va indietro, perché, secondo l'osservazione di S. Agostino e di S. Tommaso 3S, il .primo precetto non ha limite e solo i santi lo compiono perfetta­mente: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, .con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, . con tutta la tua mente» (Lue., x, 27).

5° Se noi consideriamo, non tanto quello che è di fatto quanto quello che dovrebbe essere di diritto, non la. fragilità della nostra natura; e la versatilità del nostro arbitrio, ma l'essenza, stessa della grazia ricevuta nel battesimo e della carità, bisogna dire che

31 Lo abìbiamo dimostrato a lungo altrove: DeKevelatione, t. 1, p. 202-217; 458-515. Ci. S. tommaso, II-II, q. 5, a. 1: 'i In olijecto fldei est' aliquid quasi formate, scilicet verità» prima super omnem naturalem co-;. gnitionem creaturae existens, et ali quid materiale, sicut id, cui asserì-timus, inhaerendo primae ventati ».

82 I-II, q. Ili, a. 5: « Utrum gratta gratis data Bit dignior quain grafia gratum faciens >.

" II-II, q. 181, a. 3.


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE           31

normalmente o secondo la sua legge fondamentale, la grafia non dovrebbe mai perdersi,, benché molti cristiani cadano nel peccato mortale. Parimenti questa vita della grazia, germe della gloria, cominciamento della vita eterna, dovrebbe normalmente svolgersi ab­bastanza perché il fuoco della carità ci purificasse da ogni macchia prima della morte e ci permettesse d'en­trare in cielo senza passare per il purgatorio; perché è per colpa nostra, che noi saremo trattenuti in quel luogo d'espiazione in cui non vi sono più meriti. Sarebbe nell'ordine radicale il vedere Dio faccia a faccia subito dopo la morte, ed è per questo che le anime del purgatorio soffrono tanto d'essere prive di questa visione. Secondo la legge fondamentale della vita della grazia, le purificazioni dolorose, che libe­rano l'anima dalle sue scorie, dovrebbero dunque, come nei santi, essere meritorie e precedere la morte, non seguirla. Se tal è la verità, perché l'unione mi­stica, accompagnata da queste purificazioni passive, non sarebbe l'espansione normale della vita della grazia, benché abbastanza poche anime vi arrivino di fatto, come poche conservano l'innocenza battesimale ? Perché non sarebbe questo, se non l'ordinario di fatto, l'ordine di diritto al termine d'una vita inferiore gene­rosissima? Lo straordinario non resterebbe meno nella' collaborazione di queste grazie eminenti fin dall'in­famia, come avvenne in parecchi santi.

Praticamente, tutti ne convengono, è importante evi­tare due eccessi nella direziono: far abbandonare alle anime la via ascetica o troppo presto o'troppo tardi. Troppo presto le espone a cadere nell'ozio di un quietismo o semiquietismo pratico. Troppo tardi le espone sia ad abbandonare l'orazione, perché non trovano più profitto nella meditazione discorsiva in cui si vuoi mantenerle, sia a non capire nulla nella via oscura ma molto più spirituale, per cui il Signore comincia a condurle. Su questo punto S. Giovanni


32      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

della Croce, nella Salita, 1. II, e. xii-xm, e ^nella Notte oscurarci lasciò gl'insegnamenti più precisi. Tra le opere recenti, una di quelle che, secondo noi, conservano meglio la giusta misura, è quella di Dora Vitale Lehodey: Les voies de Foraison mentale, 63- ed. p. 227-236, 409 {Trad. italiana, maeietti, Torino).

Che cosa dice finalmente l'esperienza? Non dice forse che il fatto e il diritto infine si armonizzano, almeno al termine d'una santa vita? Tutti i santi canonizzati mostrano d'aver avuta l'unione mistica, salvo certi martiri che poterono non averla che nel momento del loro supplizio st-. S. Teresa, come abbiami veduto, dichiara che ne' suoi monasteri vi sono molte anime che arrivano all'orazione propriamente mistica di quiete, che alcune più avanzate godono abitual­mente dell'orazione d'unione e che molte altre vi partecipano più o meno 35.

.Difatti non è cosa rara il trovare, specialmente negli ordini religiosi contemplativi, delle anime che hanno certamente sorpassata la meditazione discor­siva o l'orazione di semplicità, che trovano veramente, difficoltà nel cessare il ringraziamento dopo la santa comunione, che sono tutte invase da Dio, come as­sorbite in Lui, che vivono dei misteri della SS. Tri­nità, dell'Incarnazione, della Redenzione, in modo incomparabilmente più profondo che il più. dotto teo­logo se questi non è veramente un uomo di preghiera. Queste vite, benché conoscano gioie e sofferenze in­tcriori poco comuni, non hanno però nulla di straor­dinario nel senso proprio di questa parola; invece solo esse sono pienamente nell'ordine. Ed evitano anche,

" II P. PoniAiN lo concede: « quasi tutti i santi canonizzati ebbero l'unione mistica, e generalmente con abbondanza » Des gràces d'oraison, IX ediz., p. 554. Egli riconosce altresì che esiste un periodo di transi­zione tra la via ascetica e la via mistica, periodo che dinota una certa continuità tra le due, cfr. Oràces d'oraison, p. 13, 122.

" Vita, e. xv. — Fondasiomi, o. iv. — Castello, 5* mansione, e. r.


IL PBOBLEMA MISTICO ATTUALE           33

quanto più è possibile, lo straordinario, secondo il consiglio di S. Giovanni della Croce 36, di cui esse si nutrono tutti i giorni. Questo gran Dottore le ri­volge ognora più verso la Trinità che abita in noi;

' esse provano una viva gioia nel leggere le più belle pagine di S'. Agostino e di S. Tommaso su questo mistero, e si. esprimono anche sulla Paternità di Dio, sul valore infinito dei meriti di Gesù Cristo, sul frutto d'una fervente comunione, con una spontaneità e con una freschezza affatto diversa dalla scienza che si attinge dai libri. Certo, questi misteri soprannaturali ci furono rivelati appunto perché noi in tal modo vivessimo di essi; tale è la vita cristiana nella sua piena espansione, il regno profondo di Dio nei cuori.

In queste anime, dopo le purificazioni dolorose. vera notte oscura, la grazia sovrabbonda; esse hanno per così dire intraveduto l'abisso di Dio, purissimo, santissimo, senza fondo. Il loro cuore trabocca, ed esse desiderano d'amare Dio in tal modo che vorreb­bero amarlo senza misura, col cuore del Verbo fatto carne. Lo Spirito d'amore le ha pervase, e, nella prova come nella gioia, esse riposano nella carità del padre celeste come un bambino nelle braccia della mamma. Già vedono compirsi la parola di Gesù Cristo:

« Padre, tu in me, ed io in tè, affinchè essi siano con­sumati nell'unità ». È la vita unitiva, tuttavia senza nulla di straordinario, nel senso di miracoloso; ed è veramente la vita mistica, contemplativa. È anche la vita apostolica: colla loro fede profonda' nella .sovrabbondanza della Redenzione, queste anime si offrono per farne traboccare il calice sui peccatori;

e aspirano ardentemente a lasciar la terra d'esilio per andarsene in ciclo. Non è forse questa la perfe­zione descritta da 8. Tommaso, quando, dopo aver parlato di quelli che cominciano e di quelli che s'a-

"' Salita del Canneto, 1. II, e. x, xix, xx, xxv, eco. B — Perfezione e Contemplazione. - I.


34      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

vanzano nella vita spirituale, egli dice dei perfetti;

« Essi tendono principalmente ad unirsi a Dio, a go­dere di Lui e desiderano di morire per essere con Cristo » 37.

Se è così, non solo vi'è continuità fra l'ascetica e' la mistica, ma vi è una certa compenetrazione. Non sono due rami distinti della teologia, ma due parti o due aspetti del medesimo ramo, che ci mostra la vita spirituale nella sua infanzia, nella sua adolescenza e nella sua maturità. La teologia ascetica e mistica, o più semplicemente la dottrina spirituale è una:

essa deve cominciare con esporre il fine accessibile quaggiù, a cui deve tendere il progresso spirituale, vale a dire la perfezione cristiana. Deve mostrare questa perfezione in tutta la sua elevazione e in 'tutta la sua grandezza, secondo la testimonianza del Vangelo e dei Santi. Poi deve indicare i mezzi per giungere a questo fine: la lotta contro il peccato, l'esercizio delle virtù, la perfetta docilità allo Spirito Santo. Ora il fine proposto, così come è espresso per esempio nelle otto beatitudini, se si bada a non dimi­nuirlo, oltrepassa il dominio della semplice ascesi 38. •Ma questa non cessa quando l'anima entra nell'unione mistica : invece l'esercizio delle virtù diventa molto più perfetto, come lo dimostrano le grandi austerità dei santi, la loro pazienza, il loro zelo. Fino al termine, l'anima deve ricordare la sentenza di nostro Signore:

« Se alcuno vuoi seguirmi, rinunzi a se stesso e porti ogni giorno la sua croce».

Noi ritorniamo così a quello che dicevamo al prin­cipio di quest'articolo con S. Tommaso: l'ascesi dis-

87 II-II, q. 24, a. 9: « Terttum stucinim est, ut homo ad. h.pc prinei-pallter intendat ut Deo inhaereat et eo tniatur, et hoc pertinet ad per-feetos curi cupinnt dissolvi et esse cura Obristo ».

" S. tommaso, in Matthaeum, e. v, n. 2, dice a proposito di queste otto teatitudini : « leta merita vel sunt actug donorum, vel actns vir-tutum seoTuidum qnod perflciuntur a donis » ; « supra ìiumanum mo-dum », aveva detto alomie righe sopra.


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE            35

pone l'anima all'unione mistica, e di poi questa rende molto più soprannaturali e fecondi l'esercizio delle virtù e il nostro apostolato. La pratica delle virtù dispone alla contemplaizione ed è poi diretta da essa. ' Separate l'una dall'altra;, l'ascetica manca di slancio, d'intimità, d'elevatezza; la mistica perde la sua im­portanza, la sua gravita, la sua profondità, e sembra essere solo un lusso, nella spiritualità di alcuni pri­vilegiati. '                   .       ' .

Tale ci sembra essere la nozione della teologia ascetica e mistica ossia della dottrina spirituale più conforme all'insegnamento tradizionale, che noi ci sfor­ziamo di formulare in quest'opera.


36      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE articolo III.

Senso dei termini del problema.

Una delle principali difficoltà che incontrano quelli che studiano le questioni mistiche è quella del voca­bolario. Molte controversie in queste materie nascono dal fatto che gli scrittori non s'intesero precedente­mente sul senso delle parole di cui si servono. In particolare, quando si tratta di sapere se la vita mi­stica è il coronamento normale della vita inferiore', la parola mistica è .presa dagli uni in un senso tal­mente largo che vita mistica sembra quasi identificarsi con vita cristiana per poco che questa sia fervente, o anche con la perseveranza nello stato di grazia; da' altri è presa in un senso talmente particolare che pare non vi sia per essi vita mistica senza estasi, senza visioni e senza rivelazioni prof etiche. Parimenti la parola contemplazione per gli uni ha un senso lar­ghissimo, per .altri non può essere adoperata se non nel senso, assai preciso di contemplazione infusa e passiva. Così ancora la parola normale: se è usata da teologi speculativi, significa qui solamente una legge generale e superiore della vita della grazia, legge che si applica in modi diversissimi, presto o tardi, perfettamente o imperfettamente, presso le anime ge­nerose chiamate alla vita contemplativa od anche alla vita attiva, legge che comporta molte condizioni che possono mancare: essa non s'applicherà guari, quando si tratti d'un ambiente poco favorevole, d'una vita di studio troppo assorbente, o d'una mancanza di direzione appropriata, quando ancora si tratti d'un temperamento ingrato e di certe imperfezioni anche involontarie del soggetto nel quale la grazia è rice-


IL PROBLEMA MISTICO ATTUALE           37

vuta; nonostante 'tutti questi ostacoli, la semenza divina conserva la sua legge formale superiore, che il teologo considera e che accerta anche colui che ha l'esperienza di queste, cose. — Se invece questa parola «.normale^ è usata da un pratico non mistico, che quasi non vede. altro che i fatti particolari e da fuori, essa prende un senso molto più concreto e materiale, che appa­risce essere contrario alla realtà, non appena si ri­scontrano delle eccezioni. E non si domanda neppure se queste eccezioni provengano dalla grazia stessa o dai difetti del soggetto in cui èssa è ricevuta, dalla natura della sementa o dal suolo ingrato, che richie­derebbe un lavoro veramente straordinario per essere trasformato.

S'affaccia la medesima difficoltà se la questione vien posta in questi termini: le anime interiori sono tutte chiamate alla vita mistica? —' Per alcuni di quelli che rispondono negativamente, la parola « chia­mato » ha quasi il medesimo significato che elevato, o condotto, o predestinato o eletto; e allora è chiaro che non tutte le anime inferiori sono chiamate alla vita mistica; ma ciò è un dimenticare che «vi sono molti chiamati, e pochi eletti»; queste due parole sono diversissime l'una dall'altra. — All'opposto, certi au­tori che ammettono la chiamata generale delle anime alla vita mistica, sembrano dimenticare l'insegna­mento comune sui segni particolari della chiamata in­dividuale, segni che non sono in tutte le anime pie:

e sono i tré assai noti, enumerati da ,8. Giovanni della Croce, e prima di lui dal Taulero; li indiche­remo più avanti (e. V, a. 1).

Dunque è chiaro che bisogna precisare il senso della parola chiamata, che può designare una chia­mata remota o una chiamata prossima e immediata.

È ancora la medesima difficoltà che si -.ritrova a proposito della parola meritare, nella questione;

Si può meritare la contemplaiZione mistica?


SS      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

In queste materie adunque importa studiarsi di fissare il: vocabolario. Sarebbe certamente difficile il mettersi subito d'accordo sulle definvsìioni reali, che esprimono il fondo delle ;cose e sono il frutto di lunghe ricerche, ma almeno : ci si deve intendere sulle definizioni nominali, sul senso dei principali termini della mistica che sono oggi in uso. E. se la termino­logia mistica si è precisata con S:. Teresa, con San Giovanni della Croce, con'S. Francesco di Sales, stante la loro autorità, bisogna evidentemente tener conto di questa precisione, oggi .'acquisita, e che è un prò-' gresso. Se per esempio secondo questi grandi maestri, «orazione propriamente mistica» significa orazione manifestamente passiva, conviene d'ora ,in poi non ser­virsi di quest'espressione se ,non in questo significato preciso, che per altro comporta molti gradi.

A tal fine, noi vorremmo proporre qui alcune de­finizioni, almeno nominali 1, abbastanza generalmente ammesse dai teologi mistici, che seguono ad un tempo" la dottrina di S. .Tommaso e quella di S. Giovanni della Croce, di S. Teresa, di S. Francesco di Sales 2. — Nel corso di quest'opera dimostreremo la fon­datezza di queste definizioni, o il loro valore reale.

S. Tommaso definisce la contemplazione: «simplex intuitus veritatis» s, una semplice veduta intellettuale della verità, superiore al ragionamento e accompa­gnata da ammirazione. Può essere puramente natu­rale come nell'artista, nel sapiente, nel filosofo. La contemplaizione cristiana ha per oggetto le verità rivelate e suppone la fede. .Parecchi teologi ammettono

* La definizione nominale contiene contusamente la definizione reale, e può essere più o meno precisa, secondo che si prende per esempio in un vocabolario ordinario, o in un dizionario filosoflco o teologico.

a Vogliamo parlare specialmente dei Carmelitani Filippo della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, Giuseppe dello Spirito Santo, del domenicano Vallgornera, di parecchi teologi Gesuiti, Francescani e d'altri Ordini.

3 II-II, q.. 180, a. 1 e 6.


IL PfiOBLEMA MISTICO 'ATTTJAI-E            39

qui l'esistenza d'una contemplazione acquisita ch'essi definiscono generalmente: cognizione amante di Dio, che è, al termine della meditazione, il frutto della nostra attività personale aiutata dalla grazia. Per op­posizione, .la contemplazione infusa, quella di cui parlano i mistici, è una cognizione amante di Dio, che è il. frutto, non più dell'attività umana aiutata dalla grazia, ma di un'ispirazione speciale dello Spi­rito Santo, per modo che noi non ne possiamo pro­durre .l'atto a piacimento, mentre si può fare un atto di fede quando si vuole. Vedasi più avanti, e. IV, a. 2.

Per ordinario nella vita soprannaturale noi inten­diamo ogni grazia, ogni atto, ogni stato,, che sono nella via normale della santità, tutto quello che è moralmente necessario nella maggioranza dei casi per giungervi. E per santità bisogna almeno intendere quella che è generalmente richiesta per entrare in cielo subito dopo la morte, perché nessuno fa il pur­gatorio se non per propria colpa. L'ordinario così de­finito comprende grazie eminenti che possono dirsi straordinarie di fatto, perché sono abbastanza rare, ma che restano ordinarie di diritto, se davvero, sono moralmente necessarie per arrivare alla santità, alla piena perfezione della vita cristiana, o alla pu­rezza completa dell'anima, che merita l'entrata im­mediata in cielo.

Per opposizione, è straordinario ogni favore che . sia fuori della via normale della santità e che non sia affatto necessario per giungervi. Sono soprattutto le grazie dette gratis datae, quelle del miracolo, della profezia, le visioni ed altri fatti del medesimo genere. Vedasi più avanti, e. IV, a. 2.

Finalmente per ciò che riguarda la parola chiamata o vocazione, ci studieremo di distinguere in quest'o­pera i vari sensi che può avere secondo che si tratta d'una chiamata generale e remota di tutte le anime


40      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

giunte alla contemplazione mistica, o all'opposto d'una chiamata individuale e. prossima. Quest'ultima del resto, come vedremo, può essere solo sufficiente e rimanere sterile, o all'opposto efficace, e itì quest'ul­timo caso può ancora essere una chiamata efficace sia ai gradi inferiori, sia ai gradi superiori della vita mistica.

In tutte queste questioni bisogna considerare il pieno sviluppo normale della vita della grazia presa in sé, e vedere poi quello che è nelle anime più o meno ben disposte, che hanno ricevuto il germe della vita eterna. Per questo giova ricordare anzitutto la dottrina tradizionale della grazia, tal quale è stata concepita, dopo S. Paolo e- S. Agostino, dal principe dei teologi, S. Tommaso d'Aquino, e dai grandi mi­stici cattolici.


CAPITOLO II.

La Mistica e le dottrine fondamentali di S. Tommaso.

articolo I.

i

Vita intellettuale naturale e vita soprannaturale.

Molti, colpiti dalla differenza che trovano tra gli scritti dei grandi teologi mistici, come Dionigi, Kic-cardo di S. Vittore, S. Bonaventura, il Taulero, San Giovanni, e quelli di S. Tommaso d'Aquino, si ma-ravigliano che, si cerchino in quest'ultimo i principii della teologia mistica. Anzi alcuni arrivano perfino a vedere in S. Tommaso, non precisamente un gran teo­logo, che da un punto di vista soprannaturale siasi servito di Aristotile per la difesa e per la spiegazione delle verità divine della fede, ma piuttosto un filosofo di genio, che ci abbia dato un'interpretazione del Van­gelo, un Aristotile cristiano, come un Malebranche fu più tardi un Fiatone cristiano.

Per fermarsi a questo modo di vedere, bisogna non aver mai praticato S. Tommaso, non aver letto i suoi trattati della Trinità, dell'Incarnazione, della Eucaristia, della grazia, delle virtù teologali, dei doni dello Spirito Santo; bisogna non aver aperto i suoi commenti sopra S. Paolo, sopra S. Giovanni, sopra i Salmi, sopra il Cantico dei cantici; bisogna ignorare i suoi opuscoli di pietà, le sue preghiere, il suo Uf­ficio del S. Sacramento,, non conoscer affatto la sua


42      PERFEZIONE CEISTIAMA. E CONTEMPLAZIONE

vita, essere all'oscuro delle sue notti passate presso il tabernacolo, de'^suoi rapimenti, del dono eminente di contemplazione, che gli faceva dire della sua Somma: Non è che paglia, va. paragone di ciò ch'egli intravvedeva.                                    .;

Noi vorremmo dimostrare in quest'articolo che questo giudizio dato sul gran Dottore proviene da un modo affatto materiale di leggere le opere sue. , Noi abbiamo una tendenza esagerata a, materializzare. tutto : la dottrina, la pietà, le regole di condotta, l'a­zione; tal è l'inclinazione della nostra natura deca­duta e ferita, finché non è profondamente rigenerata e completamente vivificata dalla grazia, che guarisce ed eleva (grafia sanans et elevans), finché siamo dominati dal nostro temperamento, finché conserviamo, nonostante lo stato di grazia, una moltitudine di giu­dizi puramente naturali, per nulla conformi allo spi­rito di fede.

In queste disposizioni l'uomo,, senza badarci, è pro­penso a materializzare le più alte dottrine, cioè a non por mente se. non ai loro elementi materiali, che si adattano meglio ai nostri gusti, e a perdere di vista lo spirito, che è il loro costitutivo formale o l'anima del corpo dottrinale. Si verifica ancora una volta il detto di S. Paolo: «La lettera uccide, lo Spirito vi­vifica» (II Cor., in, 6). Camminando per questa via, col pretesto di appoggiarsi su quello che è tan­gibile, meccanicamente preciso, indubbiamente certo per gli stessi increduli, si viene a spiegare il supe­riore mediante l'inferiore e a ridurre il primo al Secondo, ciò che è l'essenza stessa del materialismo in tutte le sue forme. L'uomo è portato a spiegare l'anima mediante il corpo, molto più che il corpo mediante l'anima, a spiegare parimenti la vita della grazia mediante la natura, le dottrine teologiche me­diante gli elementi filosofici ch'esse hanno assimilati, 'la vita degli ordini religiosi mediante l'ambiente so-


LA MISTICA E S. TOMMASO             43

ciale in cui nacquero, senza pensare sufficientemente al lavoro incessante ma invisibile di Dio, che solo può suscitare i grandi dottori e i santi. Secondo., questo punto di vista si rimpicciolisce ben presto ogni bene, e, invece di vivere soprannaturalmente, secondo il vero senso di questa parola, si può, nonostante certe apparenze, trascinare una vita mediocrissima e me-schinissima.

Siffatta disposizione a spiegare così il superiore mediante l'inferiore si trova in vari gradi dal mate­rialismo grossolano, che spiega lo spirito mediante la materia, fino alla materiali'zzazione della filosofia spiritualista, .della teologia, dell'esegesi, della storia della Chiesa, dell'ascetica, della liturgia, di cui 'si conserva la lettera, e non lo spirito. '

Anche con un vero desiderio d'istruirsi, è possibile leggere S. Tommaso secondo questo punto di vista; e siccome, nella sua dottrina teologica, gli elementi mate­riali o filosofici, ch'egli intende subordinare all'idea di. Dio, autore della grazia, sono estremamente numerosi, se l'attenzione si ferma oltre misura a tali elementi inferiori, accessibili alla ragione, invece di sollevarsi fino alla sommità della sintesi, si troverà una reale, opposizione fra questa dottrina e quella dei grandi" teologi mistici, che trattarono principalmente del­l'unione con Dio. Gli alberi c'impediranno di vedere la foresta; ovvero, trattenuti dai particolari della base dell'edifizio, noi non vedremo quello che è princi­pale. Per lo meno considereremo solo dal basso il prin­cipio soprannaturale di questo capolavoro dello spi­rito, lo vedremo solo mediante il suo riflesso sulle realtà inferiori ch'esso ordina, invece di giudicare di queste dall'alto, come deve fare la «ragione supe­riore » cara a S. Agostino, e tanto più la sapienza teologica, senza parlare del dono della sapienza che è anche più elevato.

Vi è così un modo assai poco soprannaturale e an-


44      PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

timistico di leggere e di commentare la So'm.ttia di S. Tommaso. Esso orienta la mente in -un senso tutto diverso da quello che seguirono i grandi com­mentatori, il Capreolo, il Gaetano, il Bannes, Gio­vanni di Si Tommaso, i Carmelitani di Salamanca, tutti inferiori al Maestro, ma che lo capirono meglio di noi e che ci guidano dietro a lui verso le mede­sime vette.

Com'è f acuissimo guastare uno strumento di pre­cisione, e difficilissimo ripararlo, così nulla vi è di più facile che falsificare la dottrina di S. Tom­maso; basta mettere in mostra quello ch'essa con­tiene di secondario e di materiale, esponendo in modo volgare e senz'alcun rilievo quello che vi è di for­male in essa e di principale; in tal modo si cessa di vedere le cime luminose che devono rischiarare tutto il resto.

'Notiamo qui le principali confusioni che rendereb­bero questa dottrina essenzialmente antimistica. Fu­rono esse introdotte principalmente dai teologi nomi­nalisti, che finivano col non più vedere laltro che parole nelle più alte realtà spirituali, quando non/era per essi materialmente evidente che Dio le rivelò 1.

' Queste contusioni, in una certa misura, si fecero anche dai teologi che subirono la triste influenza del nominalismo. Quest'ultimo è una tendenza che deve finire col non vedere altro che parole in tutto ciò che oltrepassa Soggetto immediato dell'esperienza, i fenomeni sensi­bili. Non vi è più natura umana, che si distingua essenzialmente dalla grazia, ma solo una collettività d'individui umani. A più torte ragione, le realtà spirituali sono naturalmente inconoscibili, per esempio la spiritualità e l'immortalità dell'anima non possono essere per noi certe se non a patto che Dio ce le riveli, e il nostro intelletto non può appro­fondire le formule rivelate, le nozioni di cui esso dispone sono insuffi­cienti. Questa dottrina conduce finalmente alla negazione della teologia e della filosofia, al positivismo attuale. Talvolta, per reazione, portò certe anime a un misticismo, ma a un misticismo senza fondamento dottrinale, fatto spesso di sentimentalismo, procedendo dall'impotenza. della ragione sminuita e dalla necessità di trovare qualche cosa a cui appigliarsi, anziché dall'idea dell'infinita grandezza di Dio.

Si può essere nominalisti di tendenza, senza saperlo; anzi ciò è fre-quentissimo.


LA MISTICA E S. TOMMASO    ,         45

La teologia nominalista è una diminuzione conside­revole della scienza di Dio. Basta additare siffatte confusioni, per dimostrare che all'opposto la dottrina di S. Tommaso è quella medesima che un S. Giovanni della Croce e i suoi discepoli svolgeranno, insistendo su ciò che forma la sua grandezza, manifestando tutte le ricchezze soprannaturali ch'essa contiene. Per chi ha letto i Salmanticesi, è un fatto che la dottrina del Carmelo e quella del Dottor Angelico sono d'ac­cordo su tutta la linea, specialmente sulle più alte questioni del trattato della grazia.

Consideriamo brevemente le dottrine fondamentali della sintesi tomista che hanno maggior rapporto ;

colla vita spirituale, in particolare quelle relative alla nostra cognizione intellettuale naturale, poi alla vita. soprannaturale, alle virtù infuse, ai doni dello Spirito Santo, all'efficacia della grazia, e finalmente alla natura stessa di Dio.                       i

*   *   *

Se si tratta della nostra cognizione intellettuale d'ordine naturale, e anzitutto quella dei primi prin­cipii razionali; principio di contradizione (Nessun es­sere, creato o increato, può essere e non essere nel medesimo tempo e sotto il medesimo rispetto); prin­cipio di causalità (Tutto ciò che potrebbe non essere, spirito o corpo, ha una causa); principio di finalità (Ogni agente, materiale o spirituale, agisce per un fine); principio primo della morale (Bisogna fare il bene ed evitare il male). S. Tommaso afferma che 'la cognizione intellettuale di queste verità primor­diali proviene in certo modo dai sensi, .perché la nostra intelligenza astrae le sue idee dalle cose sen­sibili. Intendendo materialmente questa dottrina, certi spiriti sembrano pensare che la certezza intellettuale dei primi principii si risolva Normalmente nella sen-


46      PERFEZIONE OEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sazione, e s'appoggi su di essa come sul suo motivo formale 2. Sarebbe un ridurre un superiore all'infe­riore, l'intelletto ai sensi; sarebbe un dimenticare che i principii razionali sono assolutamente universali ,e necessari, che s'estendono alle più alte realtà, a Dio stesso, laddove la sensazione non raggiunge se. non oggetti sensibili, singolari e ^contingenti. Allora l'assoluta universalità e necessità delle prime verità razionali non si spiegherebbero più, l'intelligenza re­sterebbe prigioniera dei fenomeni, come i sensi del­l'animale, e la nostra libertà, conseguenza della nostra intelligenza, scomparirebbe: noi non potremmo resì­stere all'attrattiva dei beni sensibili, perché non li. domineremmo. Finalmente la nostra natura, come quella dell'animale, sarebbe incapace di ricevere la grazia e d'essere elevata alla visione di Dio.

Invece, secondo S. Tommaso, la certezza intellet­tuale dei primi principii razionali si risolve solo ma­terialmente nella sensazione prerequisita s; formal-mente essa si risolve nell'evidenza puramente in­tellettuale della verità assoluta de' suoi principii che gli appariscono come le leggi fondamentali, non solo dei fenomeni, ma dell'essere o d'ogni realtà intelli­gibile, corporale o spirituale. Quest'evidenza suppone in noi un lume intellettuale d'ordine infinitamente su­periore alla sensazione o alla più sottile immagina­zione, che sempre s'arricchisce; lume intellettuale che è un'immagine lontana del lume divino e che nulla può chiarire senza il concorso costante di Dio, sole

" Si materializzerebbe parimenti la dottrina di S. Tommaso, se, per spiegare la sensazione, s'insistesse meno su ciò che Ti è in essa d-i speci­fico (che è d'ordine rappresentativo o intenzionale) che su una legge più generale già veriflcata nell'ordine degli esseri inanimati: l'azione dell'a­gente e nel paziente (cf. su ciò che è proprio dell'essere senziente, san tommaso, I, q. 14, a. 1; c[. 78, a. 3).

a I, a. 84, a. 6 : il Non potest dici Qaod sensibllls cognitio sit totalis, et perfecta causa Intellectualis cognitionis, sed magis quodammodo est •materia causae i.


LA MISTICA E S. TOMMASO               47

degli spiriti, maestro delle intelligenze *. Benché noi siamo qui nell'ordine naturale, S. Tommaso parla già quasi come un mistico : « Siccome ogni dottrina umana esternamente proposta, dice egli, non c'istruisce se non in grazia del lume intellettuale che ricevemmo;

da Dio, ne segue che Dio solo c'insegna ulteriormente e come causa principale» 5.

Malebranche e gli ontologisti esagerarono queste parole di S. Tommaso e pare che abbiano un'idea anche più alta della nostra intelligenza naturale, pretendendo che in Dio stesso veda essa i primi principii. Ma l'elevatezza apparente di questo plato­nismo cristiano non è quella della vera mistica, perché essa tende a confondere l'ordine naturale e quello della grazia, in vece di mantenere la superiorità as-soluta di quest'ultimo.

Per l'ontologismo, la nostra intelligenza e capace di essere tale, perché essa è capace dj. Dio; per San Tommaso, essa è capace di Dio per la grazia, perche essa è anzitutto capace di esserlo, per natura 6. Questo è già all'infinito al disopra dei sensi.

* I, q. 84, a. 5: « Ipsum lumen intellectuale, cruod est in nobis, nihil est aliiid quam quaedam partìcipata slmllitudo liimmìs increati, in quo continentur rationes aeternae '. — I, ci. 79, a. 4: ii Oportet esse aliquem altiorem intellectum, quo anima juvetur ad inteUigendum ». —I, q. 105, a. 3. — Pare che alcuni scolastici non considerino in questo lume in­tellettuale se non la sua funzione astrattiva, e non la sua funzione illu­minatrice che continua dopo l'astrazione. Ct. De Veritate, q. 10. a. 6.

5 De Feritoie, q. 11, a. 1.

6 Qf, I, q. 12, a. 4, ad 3: « Oum intellectus creatus per suam naturam natus sii apprehendere lormam concretarti et esse concretum in abstra-ctione per modum resomtlonis oujusdam, potest per gratiam elevari ut cognoscat substantiam separatam subsistentem et esse separatum subsistens». — I-II, ci. 113, a. 13: « Naturaliter anima est capax gratiae ;

eo enim ipso quod tacta est ad imaginem Dei, capax est Dei per gratiam, ut dicit Augustinus ».


48     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

*     *     *                                               ;

Se trattasi della vita soprannaturale, è noto il prin­cipio di S. Tommaso: «La grazia perfeziona la na­tura e non la distrugge» 7. Ma per intendere'sempre bene questo principio, senza piegare praticamente verso il naturalismo, ci vuoi un grande spirito di fede. Certuni lo intenderanno materialmente, o baderanno più alla natura che dev'essere perfezionata che alla grazia che deve produrre in noi questa trasformazione. Anzi, considerando la natura tal quale è di fatto, dopo il peccato originale, essi non distingueranno sufficiente­mente in lei ciò che vi è di essenziale e di buono, ciò che dev'essere perfezionato, e ciò che dev'essere mortificato, l'egoismo in tutte le sue forme, grossolane o sottili. Si troverà allora una reale opposizione fra la dottrina di S. Tommaso così materializzata e il celebre capitolo .dell'Imitazione, III, 54: «Dei diversi moti della natura e della grazia». Si dimenticherà quello che insegna il S. Dottore circa le ferite, con­seguenze del peccato originale, che restano nel bat­tezzato 8. Si dimenticherà più ancora quello ch'egli dice della distanza infinita che separa la più perfetta natura, anche quella del più nobile angelo, e il mi­nimo grado di grazia santificante, ch'egli dichiara « superiore al bene naturale di tutto l'universo »/9, dei corpi e degli spiriti. Tutte le nature angeliche prese insieme non valgono il minimo movimento di carità.

I teologi nominalisti hanno sminuito questa dottrina, a tal punto da pensare che la grazia non sia una realtà soprannaturale di sua essenza, ma che abbia solo un valore morale che ci da un diritto alla vita eterna,

' I, q. 1, a. 8, ad 2 ; ci. 2, a. 2, ad 1 ; q. 60, a. 5.

8 I-II, q. 85, a. 3; III, a. 69, a. 3, a. 4, ad 3; C. Gewtes, IV, e. 52. ' « Bonum gratiae unius (hominis) majus est quam bonum naturae totius universi » I-II, q. 113, a. 9, ad 2.


LA MISTICA E S. TOMMASO               49

come un biglietto di banca ci ,dà il diritto di avere una certa somma in oro 10. Parimenti per loro il ca­rattere battesimale e il : carattere sacerdotale erano solo denominazioni e.strinseche, relazioni di ragione, Luterò, discepolo dei nominalisti, giunse a dire : la grazia santificante non è una realtà in noi, non è una vita nuova, ma solo il perdono delle nòstre colpe esternamente concesso da Dio.

Senza trascorrere fino a simili estremi, certi teologi pensarono che Dio poteva creare un'intelligenza per, la quale la visione beatifica fosse naturale 11. Era un non vedere la distanza infinita che separa necessaria­mente la natura d'ogni intelligenza creata e creabile dalla grazia che è una partecipazione della .natura divina» (I-IL, q. 110, a; 3).

Per. ben intendere che cosa sia questa distanza, bisogna convincersi che la'grazia è realmente e for-malmente una partecipazione della natura divina, ap­punto in quanto è divina, una partecipazione : della Deità, di ciò che fa sì che Dio sia Dio, della sua vita intima. Come la; razionalità fa sì che l'uomo sia uomo, la Deità è il costitutivo formale 'di Dio tal quale, è'in sé. La grazia ne è una partecipazione mi­steriosa, che sorpassa ogni cognizione naturale. Le pietre, per il solo fatto che esistono, hanno già una somiglianzà remotissima con Dio, in quanto egli è essere; anche le piante gli rassomigliano molto da lontano in quanto egli è vivente; l'anima umana e

" I nominalisti come Ockam, Gabriele Biel, Pietro d'Ailly, giudica­vano di tutto dai fatti d'esperienza e non dalle ragioni formali delle cose, le quali sole tuttavia possono rendere intelligibili i fatti. Non sa­pendo più discernere negl'individui umani ciò che costituisce la natura umana, essi non vedevano più quello ohe distingue questa dal dono della, , grazia. Per loro questo dono era solo soprannaturale per un'istituzione contingente di Dio, come 11 metallo o la carta hanno valore solo in virtù d'una legge fatta dal!'autorità ci vile. La grazia così concepita non è più realmente e forroalmente il seme della gloria.

" Era un perdere di vista l'abisso che separa l'oggetto naturale dell'intelletto divino da quello dell'intelletto umano.

4 — Perfezione e Contemplazione. - I.


50     PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

l'angelo sono naturalmente ad'immagine dì Dio e gli rassomigliano analogicamente-in quanto egli è intel­ligente; ma nessuna natura creata o creabile .può rassomigliare a Dio in quanto precisamente è Dio;

solo la grazia può farci partecipare realmente e for-malmente alla Deità, alla vita intima di Colui del quale essa ci fa figliuoli. La Deità che resta inac­cessibile ad ogni cognizione naturale creata, è supe­riore a- tutte le perfezioni divine conoscibili, supe­riore all'essere, alla vita, alla sapienza, all'amore;

tutti questi attributi divini s'identificano in lei, senza distruggersi; sonò in lei formalmente ed eminente­mente, come tante note di un'armonia superiore la cui semplicità ci sorpassa 12.

A questa Deità, a questa vita eminente e intima di Dio, la grazia ci fa partecipar realmente e formai-, mente, poiché essa è in noi il principio radicale di operazioni propriamente divine, che finalmente con­sisteranno nel vedere Iddio immediatamente, com'egli vede se stesso, e nell'amarlo come ama se stesso. La grazia è il germe della gloria, '.semen gloriae; per conoscere intimamente la sua essenza, bisognerebbe aver veduta l'essenza divina di cui essa ,è la parteci­pazione. Per essa noi siamo veramente «nati da Dio», come dice S. Giovanni. È quello che fece dire a Pascal: «Tutti i corpi insieme e tutti gli spiriti in­sieme con tutte le loro produzioni non valgono il mi­nimo movimento di carità; questo è d'un altro or­dine, infinitamente più alto».

Se s'intende bene questa dottrina, si vede che la

11 S. tommaso, I, q. 13, a. 5 : « Omnes rerum perfectiones quae sunt in rebus creatis divismi et multipllciter, in Deo praeexistnnt unite et simplioiter »—I, q. 13, a. 11, ad 1: « Quantum ad id ad quod signifl-candum imponi tur, est magis proprium hoc nomen Deus, quod impó-nitnr ad significandana naturam dimuam, quam nomen Qui est ».

gaetano, in I, q. 39, a. 1, n. 7 et 8: « Ratio formalis Deitatis prior est ente et omnibus dTflerentiis ejus, est enim super ens et super •mium, etc. ».


LA MISTICA E S. TOMMASO               51

grazia, non solo ci vivifica e ci spiritualizza, ma ci deifica; « come solo il. fuoco può rendere incandescente un corpo, dice S. Tommaso, così Dio solo può deifi­care le anime» 13.

Ne segue che il minimo grado di grazia santifi-. caute è infinitamente superiore al miracolo sensibile, che è solo soprannaturale per la sua causa, per il suo modo di produzione (quoad modum), non per la sua intima realtà : la vita resa ad un cadavere risuscitato è solo la vita naturale, infima in confronto di quella della grazia; il paralitico riceve infinitamente più della sua guarigione quando gli sono perdonati i pec­cati. A Lourdes, le più grandi benedizioni non sono quelle che guariscono i corpi, ma quelle che guari­scono le anime. Il soprannaturale «modale» o il preternaturale non conta, per così dire, in confronto del soprannaturale essenziale.

Ne segue ancora che il minimo grado di grazia santificante è infinitamente superiore al fenomeno dell'estasi, alla . visione profetica degli avvenimenti futuri, o alla cognizione naturale dell'angelo più ele­vato.            . .      ' -    '      • •

La cognizione naturale dell'angelo supremo potrebbe, nel suo ordine naturale, crescere sempre, alPinfinito, in intensità, e mai non arriverebbe alla dignità delia cognizione soprannaturale della fede infusa o del dono della sapienza; mai non raggiungerebbe neanche oscuramente la vita intima di Dio; proprio come il progresso indefinito dell'immaginazione non raggiua-gerebbe mai l'intelligenza, come la moltiplicazione in­definita dei lati del poligono inscritto nella .circonfe­renza non raggiungerebbe mai questa, perché il lato, per piccolo che sia, mai non diventerà un punto. Negli angeli in stato di. via, come nell'uomo, vi era,

13 I-II, q.112,a.1 : ii Sic neoesse est quod solus Deus deificet, commu-nioando oonsortimn divina® naturae per quamdam similitudinis parti-cipationem; siavi impossibile est OTOd allquod igniat nisi solus ignis '.


52

PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sopra la cognizione naturale di Dio, quella che pro­cedeva dalla fede infusa e dai doni.

Anche da ciò si vede la distanza che separa la soprannaturalità essenziale della grazia santificante e quella del miracolo sensibile o anche quella della profezia.       ,    .   ,        , .

Abbiamo altrove 14; esaminato a lungo il valóre di. questa divisione del soprannaturale, generalmente am­messa, e delle sue suddivisioni. È una cosa capitale, in teologia e particolarmente importante in teologia mistica. Il lettore può rendersene conto dal quadro seguente, nel quale giova distinguere bene il so-;

prannaturale quoad substantiam e il miracolo quoad substantiam o di prim'ordine; nel primo si considera la causa formale, nel secondo una causa estrinseca, '• la causa efficiente. Così la grazia santificante è so­prannaturale per la sua essenza o per la sua causa formale, e i miracoli anche di prim'ordine non lo sono se non perché nessuna forza creata li può produrre, per la risurrezione d'un morto è la vita. naturale che gli viene restituita soprannaturalmente.'

\ Dio nella, sua vita intima, mistero della SS. Trinità. j Persona increata del Verbo tatto carne.

L'ulne di gloria. Grazia abituale delle virtù e dei doni e grazia attuale.

•$ i Atto naturale d'una virtù acquisita, ,, 3? { soprannaturalmente ordinato dalla carità al fine so-Q I  prannaturale.

Miracolo quoad siihstantiam (es. : glorificazione del corpo)

e Profezia. Miracolo quoad suhiectum (es, : risurrezione non gloriosa)

e conoscenza dei segreti dei cuori.        , Miracolo quoad modum (es.: guarigione subitanea d'un .. male guaribile col tempo); dono delle lingue e grazie

simili.

" De Eevelatvone, t. I, p. 197-217.


LA MISTICA E S. TOMMASO               53

La questione discussa nella presente opera può ridursi a questo: La vita mistica appartiene alla ca­tegoria della grazia santificante delle virtù e dei doni o a quella relativamente inferiore del miracolo e della profezia ?

Per risolvere il problema mistico attuale bisogna considerare attentamente l'elevatezza soprannaturale della grazia santificante tal quale fu concepita da S. Tommaso 16. Come abbiamo dimostrato 16, nessun teologo seppe, come lui, distinguere l'ordine natu­rale e l'ordine essenzialmente soprannaturale; nessuno meglio .affermò l'elevatezza infinita della vita della grazia, la sua assoluta gratuità, al disopra d'ogni esi­genza e d'ogni desiderio innato della natura umana e della natura angelica. Eppure nessuno ha altresì di­mostrato meglio come questo dono, per quanto gra­tuito, sia ammirabilmente conforme alle nostre più alte aspirazioni : che cosa vi e di più gratuito e di più desiderabile della visione beatifica, e quaggiù della santa comunione? 17.

Troppo sovente, quando consideriamo la conformità del Cristianesimo colle nostre aspirazioni naturali, noi cessiamo di vedere l'assoluta gratuità del dono divino, e incliniamo così verso il naturalismo pra­tico; all'opposto, se si trascura di vedere quest'ammi­rabile conformità, si è propensi a concepire un so­prannaturale rigido, contro natura, senza semplicità.;

cosa che condurrebbe all'esaltazione e alle pazzie del .falso misticismo.

Se Ttommaso mantiene maravigliosamente l'eleva­tezza infinita della grazia al disopra della nostra na-

" II-II, q. 110, a. 3, et i; — q. 112, a. 1.

" De Bevelatione, t. I, pp. 206, 337-403, specialmente pp; 395-403:

perché ne nella nostra natura, ne in quella dell'angelo, vi può essere un desiderio innato della vita sporannaturale, ne una potenza obbe­dì enzale attiva,ma, solo una velleità eia capacità passiva d'essere elevato a quest'ordine infinitamente superiore.

" III, q. 79, a. 1, ad 2.


54      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

.tura, ed anche la loro armonia. Ma aggiunge che quest'armonia non apparisce veramente se non dopo una profonda purificazione della natura mediante la mortificazione e mediante la croce, come lo dimostra la vita dei santi. Egli ci ricorda costantemente che quest'armonia non fu effettuata quaggiù nella sua pienezza se non nei Signor nostro Gesù Cristo. Bos-suet dice lo stesso parlando di Gesù: «Ohi non am­mirerebbe la condiscendenza con cui egli tempera l'al­tezza della sua dottrina? È latte per i bambini e pane ad un tempo per i forti. Si vede ch'egli è pieno dei segreti di Dio; ma si vede che non ne è stupito, come gli altri mortali a cui Dio si comunica: egli ne parla naturalmente come colui che è nato in quel segreto e in quella gloria; e ciò eh'egli ha senza misura (Joan., in,.'34) lo spande con misura, affinchè la nostra debolezza lo possa portare » 18.,

Con questa maravigliosa conciliazione di qualità così diverse, della gratuità assoluta e della somma convenienza della grazia, S. Tommaso ci orienta verso la più alta mistica ortodossa, che non è altro che il commento della parola di nostro Signore : « Se tu sa­pessi il dono di Dio! •i). .. „-.         , .

Lo vedremo meglio parlando della soprannaturalità delle virtù infuse, morali e teologali e dei doni dello Spirito Santo.

,, l3 Discorso sulla Storia universale^ p. II, e. xis.


LA MISTICA E S. TOMMASO   55

articolo II.

La -mistica e la soprannaturalità essenziale della tede infusa.

Le dottrine di S: Tommaso sulla nostra cognizione intellettuale naturale e sull'essenza della grazia san­tificante ci orientano, come dicevamo, verso la più alta mistica ortodossa. Lo stesso dicasi del suo in­segnamento sulla soprannaturalità delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo. In quest'articolo par-. leremo specialmente della soprannaturalità della fede;

ma prima convien dire qualche parola di quella delle virtù morali cristiane.

•Queste virtù morali sono le quattro virtù cardi­nali: prudenza, giustizia, fortezza e temperanza, e le virtù annesse: particolarmente quelle della religione (ossia giustizia rispetto a. Dio), della magnanimità, pazienza, perseveranza (annesse alla fortezza), della castità, della mansuetudine, della modestia, dell'u­miltà.              '

Quando si tratta di queste virtù morali cristiane, segnatamente della prudenza, della giustizia, della fortezza, della temperanza, molti, leggendo la Somma teologica di S. Tommaso, pensano che siano sola­mente le virtù naturali, descritte da Aristotile e ri­vestite d'una semplice modalità soprannaturale avven­tìzia, proveniente dall'influsso della carità, che deve ordinare a Dio tutti i nostri atti. Certi teologi si sono fermati .a. questa concezione.                     ,

Assai più alto è il pensiero di S. Tommaso. Se-. condo lui, le virtù morali cristiane sono infuse, ed. essenzialmente distinte, per il loro oggetto ^formale, dalle più alte virtù morali acquisite, descritte dai più grandi filosofi..- Quest'ultime, per quanto utili,


56      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

potrebbero sempre svolgersi senza mai raggiungere l'oggetto formale delle prime. Vi è una differenza infinita fra la temperanza aristotelica, regolata solo dalla retta ragione, e la temperanza cristiana, rego­lata dalla fede divina e dalla prudenza soprannaturale. Infatti «è chiaro,, dice S. Tommaso, che la misura da imporsi alle nostre passioni differisce essenziale mente secondo ch'essa deriva dalla regola umana della ragione o dalla regola divina; per esempio nel­l'uso dei cibi, la misura prescritta dalla ragione ha ' per scopo di evitare ciò che è nocivo alla salute e all'esercizio della stessa ragione; laddove secondo la regola della legge divina si richiede, come dice S. Paolo, che l'uomo castighi il suo. corpo e lo ri­duca in servitù, mediante l'astinenza ed altre simili austerità» 1. Questa misura d'ordine soprannaturale, infatti, si ispira a ciò che la ragione ignora e a ciò che la fede c'insegna, sulle conseguenze del peccato originale, dei nostri peccati; personali, sulla eleva­tezza infinita del nostro fine soprannaturale, sull'ob-bligo di amare più di noi stessi e sopra ogni .cosa. Iddio, autore della grazia, e di rinunziare a noi stessi per seguire nostro Signor Gesù Cristo 2.

S. Tommaso non è meno affermativo circa la ne­cessità d'una purificaiZione progressiva, affinchè queste virtù cristiane, aiutate dalle virtù acquisite, perven­gano alla loro perfezione. Egli ci mostra ciò ch'esse devono diventare in quelli che tendono veramente all'unione divina: «Allora, dice egli (I-II, q. 61, a.- 5), la prudenza disprezza tutte le cose del mondo per la contemplazione delle cose divine, e dirige tutti i pensieri dell'anima a Dio; la speranza abbandona, per quanto la natura può sopportare, quello che il

' I-II, q. 63, a. i.

' Ct. B. froset, AbitaziOfte dello Spirito Santo nelle anime giuste, P. IV, o. v, § 3: Le virtù morali infuse, specificatamente distinte dalle virtù morali acquisite.                            ,'                :


LA MISTICA E S. TOMMASO              57

corpo esige; la fortezza impedisce all'anima di spa­ventarsi davanti alla morte e davanti all'incognita delle cose superiori; la giustizia la inclina finalmente ad entrare pienamente in questa via tutta divina». E aggiunge: «Più alte ancora sono le virtù dell'anima già purificata, virtutes jam 'purificati animi, quelle dei beati e dei grandi santi sopra la terra.

Quest'insegnamento non. è meno elevato di quello dato dal Taulero ne' suoi' Discorsi o da S. Giovanni . della Croce nei capitoli della Salita del Carmelo, e della Notte oscura consacrati alla purificazione attiva e passiva dell'anima.

*   *   *

Se trattasi delle' virtù teologali, certuni leggendo. la Somma Teologica in- modo affatto materiale, giun­gono a considerare il nostro atto di fede come un atto sostanzialmente naturale rivestito d'una modalità so­prannaturale: sostanzialmente naturale, perché pog­gerebbe formalmente sulla cognizione naturale, storica della predicazione di Gesù e dei miracoli che la con­fermarono; rivestito d'una modalità soprannaturale, perché esso sia utile alla salute. Questa modalità fa pensare, fu detto spesso, alla sottile lamina d'oro ap­plicata su rame per fare del similoro. Si avrebbe così del « sqprannaturale impiallacciato », e non una vita nuova essenzialmente soprannaturale 3.

Secondo questo concetto, la certezza della nostra fede soprannaturale nella SS. Trinità, nell'Incarna­zione, negli altri misteri s'appoggerebbe formalmente, in ultima analisi, sulla cognizione inferiore moral­mente certa che la nostra ragione può da se stessa:

avere .dei segni della Rivelazione e delle note della Chiesa. L'atto di fede sarebbe una specie di ragiona­mento fondato formalmente sopra una certezza d'ordine

' I-II, q. 63, a. i; II-II, q. 6, a. 1.


68      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

inferiore, che alla sua volta spesso non si appoggia se non sópra la testimonianza umana dei nostri ge­nitori e dei nostri pastori, perché ben pochi fedeli possono fare uno studio critico delle origini del cri­stianesimo . L'atto di fede teologale così concepito non è più infallibilmente certo, e non conserva quasi più nulla di soprannaturale e di misterioso: non si vede più : bene perché la grazia inferiore sia assolu­tamente, necessaria non solo per: confermarlo, ma per produrlo; quest'ultimo punto nondimeno fu definito dalla Chiesa: contro i Pelagiani e i Semipelagiani.

Ancora una volta, è un ridurre il superiore all'in­feriore e un commettere un errore analogo a quello già rilevato a proposito dei primi principii razionali.

In realtà, secondo S. Tommaso, siccome la sensa-'zione non è se non una cognizione inferiore, prere­quisita a quella dei principii, che, alla sua volta, si fonda sopra un'evidenza intellettuale; così la cogni­zione razionale dei segni della rivelazione .fa solo la parte di preambolo, per preparare il nostro intelletto a ricevere l'influsso della grazia, la quale solo può farci aderire infallibilmente al motivo formale della fede, cioè all'Autorità di Dio rivelatore, in un ordine infinitamente, superiore al ragionamento che prece­dette.    .                                  '   

S. Tommaso vide tutto il senso e tutta la portata delle parole di nostro Signore: «Nessuno può venire a Me, se, il Padre che mi ha mandato non lo trae... Chiunque ha udito il Padre e ricevuto il suo inse­gnamento, viene a Me... In verità, vi dico, colui che crede in Me ha la vita eterna... » (Joan., vi, 44). «Le mie pecorelle ascoltano la mia voce;...» (Joan., x, 26). «Chiunque sta per la, verità, ascolta la mia voce» (Joan., xvm, 37). Similmente S. Paolo dice:

«La fede è un dono di Dio... è la sostanza delle cose che speriamo », ossia il germe, il cominciamento della vita eterna.


LA MISTICA E S. TOMMASO,               69

E il Concilio di Trento, sess. VI, e. 7, definisce:

« nella giustificazione l'uomo riceve, insieme colla re­missione dei peccati, le tré virtù della fede, della speranza e della carità, infuse nel medesimo tempo nell'anima sua da Gesù Cristo, sul quale egli è inneg­giato ».

Quindi per S. Tommaso là fede è sostanzialmente soprannaturale, specificata da un motivò formale -del medesimo ordine,, affatto soprannaturale, ch'essa rag­giunge in modo assolutamente infallibile. Perciò, piut­tosto che metterlo in dubbio, dobbiamo subire i mag­giori tormenti come i martiri.

'Siffatta certezza assolutamente infallibile ed es­senzialmente soprannaturale adunque non si risolve se non materialmente nella nostra cognizione mo­ralmente certa (critica o non critica) dei segni che confermarono la predicazione di Gesù e delle note della Chiesa. Essa si fonda formalmente sull'autorità di Dio rivelatore, sulla Verità prima rivelatrice, in­creata, che rivela se stessa insieme coi misteri ch'essa manifesta, che è creduta coi misteri in un ordine infinitamente superiore all'evidenza razionale, come la luce fisica si mostra ed è veduta nel mede­simo tempo ch'essa fa veder i colori (cfr. S. Tom­maso, De ventate, q. 14, a. 8, ad 4). Onde i To­rnisti dicono a tutto andare : « Veritas prima reve-lans est simùl id quod et quo ereditar, sicut lux est id quod et quo yidetur» i. E S. Agostino l'aveva già detto in mia, pagina mirabile del suo commento sul Vangelo di S. Giovanni 6.         '

Infatti non si tratta solo di credere a Dio autore

*• Ct. gaetano in II-II, q. 1, a. 1, n. xi, e nel medesimo luogo gio­vanni DI S. tommaso, bannbs,,! sa.lmanticesi, billuart, eoe. ca-

preolo parla nel medesimo senso nel suo Comm. sopra/le Sentenze, III Seni. dist. 24., q. 1, a. 3 et i. ',       .

" S. agostino in Joan., e. vili, v. 11, tr. 38. migne, t. 35, col. 1658:

« Testimoniimi sibi perhibet lux... et sibi ipsa testis est, ut cognoscatur lux... Sic sapientia, Verbum Del... "


60      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

della, natura e del miracolo sensibile, che la ragione può conoscere colle sue sole forze; ma si tratta di credere a Dio autore della grazia, a Dio considerato nella sua vita intima, e che ci conduce ad uà fine soprannaturale, suscitando in noi degli atti essenzial­mente soprannaturali 6.                   ;

Se Dio avesse rivelato Soprannaturalmente solo le4 verità .naturali della religione, come la sua provvi­denza naturale, senza dirci nulla dei misteri sòpran-' naturali, come la SS. Trinità, la nòstra fede sarebbe':

stata soprannaturale solamente per la sua origine, ;

per il suo modo di produzione, ma non per il suo Ì oggetto formale ne per la sua essenza. Essa sarebbe^, stata specificamente inferiore alla fede cristiana, checché ne abbiano detto i semirazionalisti, che vol­lero dimostrare i misteri del cristianesimo. All'op­posto la nostra fede infusa non è specificamente in­feriore a quella che avevano gli angeli prima di godere la visione beatifica, benché la nostra si es­prima in idee acquisite e la loro in idee infuse.

In realtà, è il mistero soprannaturale della sua vita intima che Dio ci rivelò. Perciò la nostra fede si fonda sulla Verità stessa di Dio, autore dellagrazia, sulta cognizione increata ch'egli possiede della sua

° II-II, q. 1, a. 1 : « In fide si considerenms formalem rationem ob-jecti, nihil est aliud quam Veritas 'prima. Non enim fldes de qua lo-quimur assentit alleni, nisi quia est a Deo revelatum. Unile ipsi veritati divinae fides znnìtitur, tanquam medio ». — Q. 4, a. 1: " Veritas prima, est objectum fldel secondimi quod ipsa non est visa, et ea quibus propter ipsam credimus ». — Q. 5, a. 1: «In objecto fldei est aliquid quasi formale, soilicet veritas prima, super omnem naturalem cogni-

,tìonem creaturae existens, et aliquid materiale, sicut id cui assen-timus, inhaerendo primae ventati ».

Item, De Veritate, q. li, a. 8, corp.: « Omnis creata veritas defectibilis

i est... Unde oportet quod fides, quae virtus ponitur, taciat intelleetTim hominis adhaerere veritati quae in divina cognitione consistit, tran-scendendo proprii intellectus veritatem. Et sic fldelis, per simplicem et semper eodem modo se habentem veritatem liberatur ab instabili» erroris varietate, utdicit Dionysius:£leri!TO.OT,om.c.vil. » Oi. Wd. ad 2, ad 3, ad 9, ad 16.


1A MISTICA "E S. TOMMASO               61

vita intima: Verità prima affatto Soprannaturale, alla quale ci eleva, e ci fa aderire infallibilmente il lume in/usò della fede 7. Verità prima eterna, oscura an­cora per noi, perche transluminosa, dice Dionigi;- in­finitamente superiore non solo all'evidenza dei prin­cipii razionali che ci fanno discernere il miracolo, ma anche all'evidenza di cui godono naturalmente gli angeli e che conservano ,i demoni! 8; prima verìtas quae interius hominem illuminai et docet 9.

Perciò senza il lume infuso della fede, l'uomo rimane di fronte al Vangelo come un uditore privo di senso musicale che ascoltasse una sinfonia senza afferrarne veramente la bellezza. «L'uomo naturale, dice San Paolo, non percepisce le cose dello Spirito di Dio, perché esse sono una pazzia per lui e non le può conoscere, perché è per mezzo dello Spirito che se ne giudica» 10.

' II-II,q. 5, a. 3, ad 1; «Alios artioulos fidei de quibus haereticus non errat, non tenet eodem modo giout tenet eoa fidelis, aoilicet simpli-cifer inhaerendo primae veritati, ad quod indiget homo adjuvari per habitum fidei; sed tenet ea quae sunt fìdei, propria voluntate et proprio 3udicio ». — Q. 6, a. 1 : « Cum homo assentìendo his quae sunt fldei, ele-vetur supra naturam suam, oportet quod hoc ei insit ex superfwturali principio interius movente ».               .

In Boetium de Trinit., q. 3, a. 1, ad 4: « Quae exterius propomintur se habent ad oognitionem fldei, sicut aocepta per sensumi ad oognitionein . principiorum ».

8 De Veritate, q. 14, a. 9, ad 4: i Credere aeguivoce dicitur de honu-nibus fldelibus et de doemonibus ».                     ;           ,

» QuodUbet II, a. 6, ad 3.

10 I Cor., il, 14. Vedasi il commento di S. Tommaso su questo testo, — Quindi Leone XIII, nell'Enciclica Providentissimus dice: « Incor-ruptum sacrarum Litterarum sensum extra Ecclesiam neutiquana repe-riri, ncque ab eis tradi posse qui, verae fidei expertes, Scripturae non medullam attingunt, sed corticem rodunt: II senso vero o non corrotto delle Sante Scritture non si può trovare fuori della Chiesa, non può essere dato da quelli che, non avendo la vera tede, non raggiungono il midollo della Scrittura, ma ne rodono la scorza ». — Per scoprire il senso letterale della Scrittura, non bastano sempre la grammatica, il dizionario e le regole dell'esegesi razionale, ma bisogna anche seguire positivamente quelle dell'esegesi cristiana e cattolica che procede sotto la luce divina della tede, come dicono tutti i buoni trattati d'interpreta-zione della Scrittura.


62     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

II fedele invece intende « le profondità di Dio » di cui parla la rivelazione proposta dalla Chiesa. «È. molto lontana dai sensi, dice S. Agostino, quella scuola in cui Dio insegna ed è udito. Vediamo molti uomini venire al Figliuolo di Dio, poiché ne vediamo molti che credono a Cristo; ma dove e come abbiano udito e appreso dal Padre .questa verità, noi. non lo vediamo: questa grazia è troppo intima e segreta» 11.

« Tré cose c'inducono a credere a Cristo, osserva S. Tommaso: prima la ragione naturale..., secondo le testimonianze della Legge e dei Profeti..., terzo la predicazione degli Apostoli; ma quando noi, così condotti, siamo giunti a credere, allora possiamo dire:

.non è per nessuno dei precedenti motivi che noi cre­diamo, ma unicamente a cagione della Verità stessa di Dio... alla quale noi aderiamo fermamente sotto l'influsso d'un lume divino infuso: quia fides habet certitudinem ex lumine infuso divinitus » 12.

Altrove egli dice : « Dio abita in noi per la fede viva, secondo il detto di S. Paolo (Eph., m,. 17):' «Cristo abita nei nostri cuori per la tede». (In Ep. ad Gai., in, il).

Quest'alta dottrina fu spesso materializzata, consi­derevolmente sminuita. I grandi commentatori di San Tommaso da sette secoli l'hanno sempre difesa: è ad essi più cara della pupilla dei loro occhi. Basta leg­gere quello che scrissero sugli articoli della Somma relativi alla soprannaturalità delle virtù teologali e specialmente della fede ls. Bisogna vedere special-

" De Praedestinatwne Sanctorum, M. L. t. 41, col. 970. - Item, M. L. t. 45, col. 1019.       .

" S. tommaso, in Joann., o. IV, lect. V, n. 2.

" Di questi commenti abbiamo fatte lunghe citazioni De Revelatwne, t. I, p. 482-500. Il Capreolo, il Gaetano, il Cano, II Lemos, Giovanni di S. Tommaso, 1 Carmelitani di Salamanca su questo punto capitale combatterono sempre energicamente le concezioni nominaliste o nate dal nominalismo, ohe disconoscono la soprannaturalità essenziale della fede infusa e del motivo che la specifica. Il Suarez è d'accordo con san Tommaso su questo punto.


LA MISTICA E S. TOMMASO                63

mente le maravigliose dissertazioni dei Carmelitani di Salamanca su questo punto, nel q.uale essi hanno certamente veduto il fondamento della, dottrina mi­stica del loro Padre S. Giovanni della Croce li.

" salmanticesi, de Gratta, tr. XIV, disp. 3, dub. 3, n; 40 : n II motivo formale della tede infusa è la testimonianza di Dio, autore della grasia, che fonda una certezza soprannaturale. L'uomo colle sue forze naturali può ben appoggiarsi sulla testimonianza di Dio, autore della- na­tura (e del miracolo naturalmente conoscibile), ma senza la grazia non può appoggiarsi sulla testimonianza di Dio, autore della grazia, sulla voce. del Padre celeste, che è il principio d'una certezza essenzialmente sopran­naturale, relativa a un oggetto e a un fìne del medesimo ordine. >' Cf. ibid. n. 28, 40, 42, 45, 60. — salmant., de Fide, disp. 1, dub. 5, n. 163, 193: « Di vina revelatio est obìeatTiTo.quoetquod credi tur ». La rivelazione divina è quello per cui noi crediamo i misteri ed essa medesima è creduta col medesimo atto ; noi vi aderiamo soprannaturalmente per la tede. In . tal modo, come abbiamo detto con san Tommaso (De Verilate, q. 14, a. 8, ad 4), la luce e veduta e fa vedere i colori. Queste ultime formule, come abbiamo notato, sono comuni presso tutti i commentatori di S. Tommaso, domenicani e carmelitani, ed anche presso il Suarez.

Ultimamente la medesima dottrina veniva benissimo ditesa dal P. Q. mattiussi, S. J., Kmista di Filosofia Neo-Scolastica, die. 1918, pag. 416-419, L'atto di fede, e dal P. M. DE la taille, S. J.,Recherches de Science religieuse, seti. 1919, pag. 275, ss., L'oraison contemplative. — Parimentì, alcuni anni or sono, il P. G. petazzi, S. J., in un interessante studio: Credibilità e Fede, opponeva giustamente la tede dei demonii, ohe proviene dalla perspicacia naturale che loro fa discernere il mira­colo (II-II, q. 5, a. 2 ad 2) e la tede infusa del fedeli: « La fede acqui­sita dei demonii, dice egli giustamente, non è ne essenzialmente sopran­naturale, ne meritoria : non è soprannaturale, perché quantunque il •motivo formale della loro adesione sia l'autorità di Dio, non è però l'autorità di Dio come autore dell'ordine soprannaturale, e in relazione con un flne soprannaturale; per conseguenza non è ne meritoria ne lodevole; perché i demonii, ammettendo i misteri di tede non cercano il bene di Dio, ma solo il loro proprio (sarebbe per loro cosa stupida ne­gare l'orìgine divina d'una parola confermata da segni così strepitosi). E poiché l'autorità di Dio, come autore dell'ordine soprannaturale, in relazione con un fine soprannaturale, costituisce un motivo formale diverso dall'autorità di Dio semplicemente considerata come verità prima, naturalmente conoscibile, ne segue che la fede dei demonii dif­ferisce specificamente da quella dei fedeli, come dice S. tommaso, -De Veritate, q. 14, a. 9, ad 4: n credere aeyuivoce dicitur de hominibus fide-libus et de daemonibus; nec est in eis fides ex aliguo lumino gratiae infuso, sicut est in, infidelibus ».

Ciò ammesso, si può dire metaforicamente, come diceva il P. Rous-selot: il demonio percepisce il soprannaturale in modo vuoto « en . creux », e questo produce sopra di lui un ottetto di repulsione, come la luce viva su occhi malati incapaci di sopportarla.


61     PERFEZIONE CRISTIANA E .CONTEMPLAZIONE

S. Francesco di Sales'e Bossuet non si esprimono diversamente 15.

Fra i teologi moderni, Scheeben, che capì molto bene quest'insegnamento, scrisse: ^«11 motivo formale della fede è puramente e immediatamente divino e per conseguenza assolutamente uno e ; semplice, fermo e sussistente, identico alla sorgente prima e immuta­bile d'ogni verità (Veritas prima}. D'altra parte, la fede stessa si presenta come un commercio diretto, un'unione intima con la parola interna di Dio e con-seguentemente colla sua vita inferiore. E siccome. questa parola interna non esisteva solo al tempo della manifestazione della parola esterna, ma, in quanto parola eterna dì Dio, sussiste in un eterno presente, essa eleva la nostra mente alla partecipazione della sua verità e', della sua vita immortalQ, e ve la fa ri­posare.

«L'opinione contraria, secondo la quale l'atto este­riore della rivelazione sarebbe un motivo parziale •della fede..., poggia su una concezione meccanica, in cui la fede apparisce come un processo deduttivo, che ci aiutasse a scoprire la verità del suo contenuto. Essa sminuirebbe il carattere trascendentale della fede, che è essenzialmente uno slancio verso Dio » 16.

15 S. fkancesco di sales, nel Trattato delVamm di Dio, 1. II, e. xrv, dice: « Quest'oscura chiarezza della fede essendo entrata nella nostra mente, non in forza di discorso, ne per apparenza d'argomenti, ma per la sola soavità della sua presenza, si fa credere e obbedire dall'intelletto con autorità tanto grande quanto la certezza ch'essa ci da della verità, superando tutte le altre certezze del mondo ». — bossuet, nelle Elevazioni sui Misteri, 18* sett., 17» elev., dice: «Al disopra di tutto, voi avete bisogno di credere che quelli che credono devono tutto a Dio ;

ch'essi sono, come dice il Salvatore, ammaestrati da lui, dodhiles Dei, parola per parola: dodi a Dea (Joan., vi, 45); che bisogna ch'egli parli dentro, e che vada a cercare nel. cuore quelli a cui egli vuole special­mente farsi udire. Dunc[ue non ragionate più: umiliatevi. Ohi ha orecchi per ascoltare, ascolti (Matta,, xi, 15): ma sappia che oodesti orecchi che ascoltano, è Dio che li da. »

" soheeben, Dogmatik, I, § 40, n. 681.


LA MISTICA E S. TOMMASO               65

È ciò che faceva dire molto giustamente al P. La-cordaire :

«Quello che avviene in noi, quando crediamo, è un fenomeno di luce intima e sovrumana. Non dico che le cose esterne non agiscano sopra di noi come motivi razionali di certezza; ma l'atto stesso di questa certezza suprema di cui parlo ci tocca direttamente come un fenomeno luminoso (lumen infusum fidei);

dico di più un fenomeno transluminoso... Siamo toc­cati da una. luce transluminosa... Se fosse altri­menti, come volete che vi sia proporzione fra la nostra adesione che sarebbe naturale, razionale, e un oggetto che sorpassa la natura e la ragione?... Così un'in­tuizione simpatica pone fra due uomini, in un solo momento, quello che la logica non vi avrebbe inesso in molti anni. Così alle volte un'illuminazione subi­tanea illumina il genio... Ricordate i due discepoli che andavano ad Emmaus » ".            '

Mons. Gay si esprime nello stesso" mòdo 18.

Per farci aderire così'alla Verità suprema, essen­zialmente soprannaturale, la fede infusa deve dunque

17 lagobdaibe, Conf. di-N. S. di Parigi, Cont. 17° (Nuova trad. ital. con note stori che e critiche del P. A. Arrighini — marietti, Torino).

" Les Vertus chrétiennes, ed. in-12, t. I, p. 159 et 160, nel capitolò sulla Fede: « I sensi e la ragione possono ben darci lina cognizione fisica o storica dei fatti divini soprannaturali, e questo è il loro uso più emi­nente. Il loro concorso è qui indispensabile. Senza di essi, l'atto di tede sarebbe radicalmente impossibile; sono il suolo in cui questo atto ger­moglia e ohe gli serve d'appoggio. Ma per ciò che spetta alla percezione reale, comandata, meritoria del soprannaturale rivelato, i sensi più squi­siti e la ragione più esercitata ne rimangono affatto incapaci. Solo la fede ce la può dare, ed essa non solo è necessaria 'per farci aderire all'in­timo della rivelazione, cioè alla realtà divina enunciata in lingua umana, ma ancora, senza la grazia che l'inaugura in noi, non sapremmo arren­derci come conviene alle prove su cui essa si appoggia... Senza la tede, l'uomo più intelligente e più dotto resta quell'uomo puramente natu­rale ohe S. Paolo chiama animale e del quale egli dice « che non perce­pisce quello che è dello Spirito di Dio... nwi potest infelligere » (I Cor., e. n, 14). Del resto lo spirito umano, quand'anche fosse capace di que­st'adesione... rimarrebbe ancora il cuore, che per forza, ha qui la parte sua, ma la parte sua veramente larghissima «.

5 — Perfezione, e Contemplazione. - I.


66     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

essere anche soprannaturale per. la sua essenza e non solo per una modalità, avventizia. Essa è così infinitamente superiore al lume della ragione, come questa è superiore ai sensi 19.

Se non si sminuisce questa grande dottrina di San Tommaso, materializzandola, si vede ch'essa è per la sua elevazione il fondamento della, miotica e che non la cede in nulla alle più belle pagine di Dio-nigi 20, del Taulero 21, del B. Enrico Susone 22, o

19 Se si espone questa' dottrina a quelli che hanno l'altro modo di ve­dere, alcuni rispondono : « Sono parole ». Così, senza volerlo, confessano il loro nominalismo incosciente. Questo dovrebbe condurli a non vedere che parole vuote di senso nella vita intima di Dio, in quanto essa fonda l'ordine dei misteri soprannaturali, essenzialmente superiore a quello dei misteri divini naturali, ohe la ragione può da se stessa conoscere. Questa distinzione dei due ordini per i nominalisti era solo una distin­zione contingente, dipendente dal libero arbitrio di Dio, e non l'eleva­tezza infinita della sua vita intima. Of. De Bevelatione, 1.1, p. 340.

Altri dicono : 11 Quello di cui parlate suppone un'illuminazione mi­stica straodinaria », quando in realtà, noi parliamo solo della fede cri­stiana, anche in un credente in stato di peccato mortale, tede di cui sovente s'ignora il pregio e la grandezza.

" DiONiai, De divinis Nom., o. vii, § 4: n L'intelletto divino non è altro che la verità nella sua semplicità perfetta e la pura e infallibile cognizione deUe cose; e sotto questo rispetto, esso diventa l'oggetto della tede divina, e la tede, base inconcussa, fissa i credenti nella verità, e fissa la verità in loro ; e conosciuta la verità nella sua purezza, i fedeli aderiscono ad essa con una forza e con una eertezza invincibile «. — II contemplativo si convince ognora di più che Dio è superiore ad ogni ec­cezione: «Allora, dice dioni&i, l'anima, liberata dal mondo sensibile e dal mondo intellettuale, entra nell'oscurità transluminosa d'una santa ignoranza, e, rinunziando ad ogni dato scientifico, si perde in Colui che non può essere ne veduto ne raggiunto ». Theol. mystica, e. i. Vedasi anche o. il.

31 Nel suoi Discorsi il taulebo parla spesso della fede nuda affatto pura, sciolta dalle immagini e dalle cognizioni razionali; e la dichiara assai superiore alle consolazioni e alle rivelazioni. Questa fede pura è certamente accompagnata dai doni dell'intelletto e della sapienza in un grado eminente. Gl'insegnamenti del tattusko su questo punto fu­rono riassunti nelle Istituzioni, o. vili e xxxv, opera che pare non sia stata scritta da lui, ma tratta dalle sue opere.

" B. enrico susone, CEuvres mystigues, ed. Thiriot, t. II, p. 357.


•LA MISTICA E S. TOMMASO               67

di S. Giovanni della Croce sulla vita di fede. In modo particolare le purificazioni passive dello spirito, descritte nella Notte oscura, come vedremo, non si possono capire se non mediante quello che ora ab-biam detto sull'assoluta soprannaturalità del motivo formale delle virtù teologali. Queste purificazioni pas­sive, dolorosissime, a cui concorrono grandemente i doni dello Spirito Santo, mettono in un potente rilievo questo purissimo motivo soprannaturale, sciogliendolo sempre più da ogni motivo inferiore, accessibile alla ragione.

Per dimostrare che la contemplazione mistica non è altro che la pienezza della vita di fede, di cui abbiamo determinato l'essenza, basta qui citare alcuni passi caratteristici di S. Giovanni della Croce.- Nella Salita del Carmelo, 1. II, e. vili 23, egli scrive: «Per essere disposti all'unione divina, bisogna che l'intelletto sia purificato, vuoto di tutto ciò che gli viene dai sensi, di tutto ciò che gli si può presentare con chia­rezza, e che esso sia intimamente calmo, raccolto e abbandonato nella Fede. Solo questa Fede è il mezzo prossimo e proporzionato che 'può unire l'anima con Dio, perché la Fede è in connessione così intima con Dio che il credere per la Fede e il vedere per la .visione .beatifica hanno il medesimo oggetto. Dio è infinito, ed essa ci propone l'infinito; egli è uno e trino, ed essa ce lo propone uno e trino. Come Dio è tenebre per la nostra mente, così è alla cieca che esso illumina il nostro intelletto. Per questo solo mezzo Iddio si manifesta all'anima in una luce di­vina che eccede ogni intelligenza; d'onde risulta che quanto più la fede è grande, tanto più profonda è l'u­nione... Perché sotto le tenebre della fede l'intel­letto s'unisce a Dio; sotto questa misteriosa oscu­rità, Dio si trova nascosto».

23 Citiamo la nuova trad. francese Hoomaert, I ediz., pag. 118. Nella traduzione dei Carmelitani, questo testo si trova al oap. ix.


68     PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Più avanti nella medesima opera, 1. II, e. xxn 2i, circa le visioni spirituali che si riferiscono alle crea­ture si dice: «Non nego che possa 'risultarne un certo amor di Dio, il risveglio del gusto per la con­templazione, ma la Fede pura nello spogliamento e nella rinunzia di tutto, che fa'si che s'ignori d'onde e come vengano questi ricordi, vi ci porta assai più. Se accade che l'anima provi un'ansietà d'amore pu­rissimo, nell'ignoranza della causa e del motivo, è la Fede sviluppata nella notte, nella nudità e nella povertà spirituale, che la produce-e si accompagna con una carità infusa più profonda di D'io. Quanto più l'anima è avida di oscurità e d'annientamento rispetto ad ogni oggetto esterno ed interno ch'essa è atta a possedere, tanto più aumenta la sua Fede, alla qual virtù si associano la Speranza e la Carità, poiché le tré virtù teologali formano una unità. Spesso la persona favorita non capisce quest'amore e non ne ha la sensazione, considerato ch'esso non è nel senso., per tenerezza, ma nell'anima per una forza, per un, coraggio, per un'iniziativa prima sconosciuti».   . '

Precedentemente, 1. II, e. in 25, S. Giovanni della Croce aveva scritto : « Per arrivare alla trasformazione soprannaturale, l'anima deve entrate nell'oscurità (non solo relativamente alle creature, ma relativamente a quanto la ragione può conoscere di Dio). Bisogna ch'ella resti nell'oscurità, come un cieco, appoggian­dosi sopra la Fede oscura, prendendola come luce e guida; ella non può aiutarsi con nessuna delle cose che comprende, sente o immagina... La Fede domina tutte queste idee, questi gusti, questi sentimenti ed immagini. Se l'anima non vuole spegnere i suoi lumi, preferendo loro l'oscurità totale, non giungerà mai a quello che è superiore, cioè a quanto la Fede in-

21 Trad. Hoornaert, p. 241. " Ihid., p. 86.


LA MISTICA E S. TOMMASO             69

segna... L'anima si crea grandi ostacoli nella sua ascensione verso questo alto stato d'unione con Dio, quando s'appoggia su ragionamenti, o, s'attacca al suo giudizio o al suo volere ». Ella mescola a' suoi atti soprannaturali, dice altrove, un'azione grossolana che non raggiunge il fine 26.

E ancora, 1. II, e. xxvin 27: «Occuparsi di cose chiare' per la mente e di poco valore, è un interdirsi l'accesso all'abisso della Fede, in cui Dio nel segreto istruisce soprannaturalmente l'anima, l'arricchisce a sud insaputa delle virtù e dei doni... Lo Spirito Santo illumina l'intelletto raccolto, nella proporzione di sif­fatto raccoglimento. Ora il raccoglimento più perfetto è quello che si verifica nella Fede, 'e per questo mo­tivo lo Spirito Santo non comunica i suoi lumi fuori della Fede ». In tutti questi testi si tratta della fede viva, illuminata da un dono dello Spirito Santo 2a.

Il medesimo insegnamento si ha nella Notte oscura, per anime più avanzate: «L'anima -entri dunque nella seconda Notte per spogliarvisi perfettamente, secondo il senso e lo spirito, di 'tutte le percezioni e sapori, a fine di camminare nella purezza della Fede oscura. Ivi solamente può l'anima trovare il mezzo

" IWd., p. 270. — S. giovanni della croce dice parimenti nella Viva fiamma, 3" strota, vers. Ili, ed. Hoornaert, pag. 291 : « I maestri spirituali, che ignorano le vie spirituali e quello che le caratterizza, distolgono le anime dalle delicate unzioni colle quali lo Spirito Santo le prepara all'unione divina... Anche se i] desiderio di Dio si manifesti formalmente, essi s'ostinano a non permettere che le anime vadano oltre i loro principii e metodi i quali non conoscono se non il discorsivo e l'immaginario. Divieto alle anime di varcare i limiti della capacità naturale, e quanto è povero il frutto ch'esse ne ricavano'...

Colui che concepisce la fede stessa come un procedimento discorsivo, non inerita egli in particolar modo questi rimproveri? Se all'opposto uno ritiene l'atto di fede per un atto semplice, senz'alena ragiona­mento, si dispone con ciò stesso a seguire la via indicata da S. Giovanni della Croce.

" Salita, p. 269.             .

" II P. poulain ci sembra interpretare giustamente S. Giovanni su questo punto: Des grdces d'oraison, IX ediz., pag. 227 (Trad. it. ma-kietti, Torino).


70     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

proprio onde unirsi con Dio secondo che egli di­chiara per bocca del profeta Osea: «.Sponsabo tè mihi in fide: T'unirò a me per la fede» (n, 20) 29. : Finalmente nel Cantico spirituale, in una pagina mirabile, S. Giovanni della Croce compendia questa dottrina e ne mostra tutta l'elevatezza; egli insiste sulla soprannaturalità assoluta dell'oggetto che la fede raggiunge mediante gli articoli del Credo:

Ah ! se tu, fonte cristallina, alla superflce de' tuoi veli d'argento lasciassi apparire ad un tratto

gli occhi tanto desiderati 80 ch'io porto abbozzati nel mio cuore!

«... Con questi "veli d'argento,, l'anima indica le proposizioni o gli articoli di Fede.'Per capire questi versi e i seguenti, bisogna osservare che gli articoli della Fede sono figurati dall'argento in confronto dell'oro che è la sostanza della Fede, ossia le verità ch'essa contiene considerate in se stesse. Infatti, durante la nostra vita noi aderiamo a questa sostanza della Fede, benché si nasconda sotto un involucro d'argento, ma essa apparirà svelatamente in cielo, e quest'oro puro noi lo, contempleremo con delizia... In tal modo adunque la Fede ci comunica Dio fin da questa vita; benché sotto uri velo, d'argento, e ciò non impedisce di riceverlo realmente» ,31.

" Notte oscura, 1. II, par. II, e. n fine, trad. Hoornaert, pag. 80. Ifein, Viva fiamma, III'strof., vera. Ili, n. ix, pag. 304.

30 Cioè, come viene spiegato più avanti, lo sguardo di Dio del quale la tede infusa è come un abbozzo, poiché questa tede è, per così dire, il preludio della visione beatifica.

" Cantico spirituale, I part., str. xn, trad. Hoornaert, pag. 100-103. Parimenti nelle Sentenze e avvisi spirituali, iì)id., pag. 350, Sent. 100:

« Nessuna percezione o cognizione soprannaturale potrebbe aiutarci tanto per amar Dio, quanto il minimo atto di Fede viva e di Speranza sciolta di ogni appoggio intellettuale. » Item, Sent. 104. Vedasi anche Viva fiamma, str. III. vers. II: Le obombrazioni dell'anima, l'ombra delle perfezioni divine.


LA MISTICA E S. TOMMASO              71

S. Tommaso non parla diversamente. Correggendo Ugo di S. Vittore, egli osserva che solo la contempla­zione, che sorpassa la fede, è la visione beatifica; se­condo lui la contemplazione degli Angeli e d'Adamo prima della caduta non era superiore alla fede, ma, dice egli, essi avevano ricevuto il lume del dono della sapienza con maggior abbondanza di noi 32. Del resto dimostra che la contemplazione uniforme o circolare, di cui parla Dionigi, suppone il sacrifizio dei sensi e del ragionamento, ossia della moltiplicità a cui essi si soffermano 33.

Sarebbe un ingannarsi il pensare che S. Tommaso non parli qui se non della contemplazione'detta «or­dinaria » e in nessun modo della contemplazione mi­stica. Sarebbe un confondere quest'ultima co' suoi fenomeni concomitanti^ e un dimenticare che il santo Dottore riconosce che il grado superiore della con­templazione uniforme o circolare è quello chiamato da Dionigi la grande., tenebra, ossia la pienezza della fede. «Allora, dice S. Tommaso, noi conosciamo Dio per ignoranza, per una unione che supera 'la natura della nostra mente; e nella quale siamo illuminati dalla profondità della divina Sapienza, che non pos­siamo scrutare » M. La medesima dottrina troviamo in S. Alberto Magno 36.

La testimonianza delle anime che hanno l'espe-

" II-II, q. 5, a. 1, ad 1.

83 II-II, q. 180, a. 6, ad. 2 : « In anima vero, antequam ad istam uni-formitatem perveniafc, esigitu-r quod duplex ejus difformitas amoveatur. Primo quidem ìlla, quae est ex diversìtate exterzorum rerum... et secTmda quae est ex discursu ratìonis. »

" S. tommaso, In Itbr. de divinis Nomin.. o, vii, leot. 4 : « Cognosci-mus Deum per ignorantìam per quandam imitlonem ad divina supra naturam mentis... Et sic oognoscens Deum in tali statu cognitionis lllu-minatur ab ipsa protunditate divinae Sapientiae, qnam persorutari non possumus ». —Itetn, I Seni., d. 8, (i. 1, a. 1, ad 5.

" AlBEETO magno, Comment. m Mvsticam Theologiam Dionysii, e. i. — Vedasi ancora il De adhaerendo Dea, o. in, che per lungo tempo tu a lui attribuito.


72     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

rienza delle vie mìstiche conferma quest'insegnamento. « Un giorno, dice la B. Angela da Foligno, io vidi Iddio in una tenebra; e necessariamente in una tenebra, perché egli è collocato troppo sopra la mente, e tutto quello che può diventare oggetto d'un pensiero è senza proporzione con lui. È una dilettazione ineffabile nel bene che contiene tutto, ed ivi nulla può diventare og­getto ne d'una parola ne d'un concetto. Non vedo nulla e vedo tutto: la certezza viene attinta dalla tenebra. Quanto più la tenebra è profonda, tanto più il bene ec­cede tutto; è il mistero riservato... Fai attenzione. La divina potenza, la sapienza e la volontà, ch'io vidi al­trove maravigliosamente, apparisce meno di questo. Questo è un tutto; le altre si direbbero parti » 36. È la Deità superiore all'essere, alla sapienza, all'amore, che s'identificano nella sua eminenza.

Tal è manifestamente il pieno svolgimento della fede infusa, di cui S. Tommaso determinò così bene la soprannaturalità essenziale, fondata su un motivo formale, inaccessibile alla ragione e alla cognizione naturale degli angeli. Certe anime contemplative tro­varono una gran luce nell'apprendere qual è il vero pensiero del S. Dottore su questo punto fondamen­tale s7.

86 II libro delle 'visioni ed istruzioni della B. Angela da Foligno, e. xxvi.

87 Una di esse scrive a questo proposito: «.Questa Verità prima da all'anima una grande indipendenza riguardo a tutto il creato; è come se ella avesse ricevuto asilo nell'immutabile. Non potrebbe più come prima soffrire degli avvenimenti esteriori, eppure porta seco una sof­ferenza continua. Il mondo di quaggiù, in cui ella è obbligata a con­tinuare a vivere, ha le sue realtà materiali, passeggere, alle quali parì-menti non può sottrarsi, e si vede come assoggettata alla menzogna. Tutto, fuorché il contemplare questa Verità prima, è per lei un grave peso, tuttavia lo porta senza impazienza, si dedica a tutte le sue occu­pazioni esteriori con coraggio, benché senza gusto alcuno, perché tal è, per il tempo della prova, la volontà di Dio. E la volontà di Dio è la. Verità. Essa l'ama appassionatamente, qualunque sofferenza vi trovi. In tal modo appunto le cose celesti e le cose di quaggiù, rimmensa felicità e la sofferenza continua si armonizzano nella pace, sotto quel raggio di Verità, che illumina ora la mia vita. Io dico « o Verità! » come


LA MISTICA E S. TOMMASO              73

Difatti, chi fosse ben convinto della soprannatura­lità della fede, capirebbe che la contemplazione mi­stica è l'espressione normale di questa virtù teolo­gale unita alla carità e ai doni dello Spirito Santo. Solo il contemplativo arriva fino alla cima della sua fede.

La certezza della sua contemplazione si fonda for-malmente su una segreta illuminazione dello Spirito Santo,' laddove i fenomeni concomitanti di legatura e di estasi sono solamente effetti e 'segni d'uno stato, la cui soprannaturalità è troppo alta da cadere nel campo dell'osservazione. Qui come per la cognizione naturale dei primi principii e come per la certezza di fede, è dunque assai importante distinguere il mo­tivo formale affatto spirituale della nostra adesione, e i segni sensibili che l'accompagnano.

*   *   *

All'opposto, chi materializza la dottrina di S. Tom-maso sulla soprannaturalità della fede, sarà condotto

altri dicono ; o Amore, o Misericordia. Questa è la mia giaculatoria, la mia comunione spirituale, che mi da tutto 11 mio Dio. Questa verità prima, questa verità sussistente, è Dio, è il mio Essere, è Lei che mi da la vita, e piegandosi verso di me, nulla e peccato, ella prende il nome d'amore e di misericordia.

80 benissimo di non aver veduta questa Verità, polche non mi è dato di vedere Iddio nella prigione del nostro corpo, ma in siffatto splendore tenebroso la mia fede lo possiede.

« Durante una dì queste orazioni di intensa oscurità, mi fu dato di contemplare quella gloria essenziale della SS. Trinità, in paragone della quale le più magninone opere della sua sapienza, anzi quella dell'In­carnazione, non contano nulla. E mi pareva che a Questa vita intima di Dio corrispondesse l'atto di fede della contemplazione. Allora capivo la verità di questo detto di S. Giovanni della Croce ohe il più piccolo atto del puro amore è di maggior pregio agli occhi di Dio ed è più profittevole alla Chiesa che le più grandi opere. Il desiderio di dare a Dio, alla sua Chiesa, delle anime contemplative si trovò molto accresciuto. E capii che la dottrina di S. Tommaso sulla soprannaturalità della fede è in­timamente legata alla vita contemplativa e mistica, la quale non è altro che la vita di fede per eccellenza. «


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a materializzare la contemplazione mistica; si fer­merà oltre misura nei fenomeni che a volte l'accom­pagnano e la dichiarerà assolutamente straordinaria, perché perderà di vista la legge fondamentale dello sviluppo continuo «della grazia delle virtù e dei doni».

Materializzerà ancora quanto insegna il S. Dottore circa la speranza e la carità. Infatti s'egli si figura che la sola ragione, studiando storicamente il Van­gelo, confermato dai miracoli, può, sema la grazia, raggiungere il motivo formale che specifica la fede infusa, sarà condotto a pensare ch'essa può conoscere parimenti il motivo formale della speranza e della carità. Allora gli atti di queste virtù dovrebbero es­sere sostanzialmente naturali, e richiedere solo una modalità soprannaturale per essere utili alla salute. Il nostro atto di carità farebbe così pensare ad un affetto naturale e ragionevole, che sia stato sopran-•natur alizzato per diventare meritorio. Non si vede più allora la distanza infinita che separa nella loro essenza stessa, nella loro vitalità essenziale, il desi­derio naturale d'essere felici e l'atto di ' speranza infusa, o ancora quella che separa l'amor naturale del Sommo Bene di cui parla Fiatone nel Convito, e la carità divina di cui si parla ad ogni pagina del Vangelo.

Se vi sono teologi che, dopo i nominalisti, hanno gravemente sminuita la soprannaturalità delle'virtù cristiane, anche teologali, questa diminuzione non si trova certo in S. Tommaso. Per lui queste virtù sono soprannaturali nella loro essenza stessa, che sopra­eleva infinitamente la vitalità della nostra intelli­genza e della nostra volontà. Esse sono specificate da un oggetto formale o motivo formale, che oltrepassa infinitamente le forze naturali dell'anima umana e dell'angelo più elevato,

Questa dottrina del motivo formale esserizialmente soprannaturale delle tré virtù, teologali colloca l'in-


LA MISTICA E S. TOMMASO              75

segnamento di S. Tommaso alla medesima altezza di quello dei più grandi mistici ortodossi 3S.

Trattasi finalmente dei doni dello Spìrito. Santo e dell'ispirazione soprannaturale a cui essi ci rendono docili, come le vele rendono la barca docile al soffio del vento? Certi teologi che non vedevano la, neces­sità delle virtù morali infuse, superiori alle virtù morali acquisite, si sono maravigliati udendo dire che, in ogni anima in stato di grazia, ' vi sono anche dei doni dello Spirito Santo, per il loro modo divino su­periori alle virtù morali infuse. Essi negarono questa superiorità essenziale, perché disconoscevano le ric­chezze soprannaturali che la vita mistica soprattutto ci manifesta. E. intendendo materialmente S. Tom­maso, confusero l'ispirazione dello Spirito Santo colla grazia attuale necessaria per l'esercizio delle virtù non appena si presenti qualche difficoltà speciale. Invece S. Tommaso insegna f crinalmente la distin­zione essenziale delle virtù e dei doni, e per. con­seguenza distingue chiaramente l'ispirazione dello Spirito Santo, che oltrepassa il modo umano, e la semplice grazia attuale che s'adatta a questo modo 39. Con ciò ancora, e dichiarando i doni necessari alla Salute, S. Tommaso s'accorda coi più grandi mistici. Egli aggiunge, com'essi, che i doni, benché subordi­nati alle virtù teologali, concorrono però assai al progresso di queste. È nel raccoglimento della fede che lo Spirito Santo ci comunica i suoi lumi. Perciò corre una gran differenza tra la fede soprannaturale che sussiste senza la carità in un'anima in stato di

" II-II, a. 6, a. 3 : « Species cujusllbet habitus dependet ex formali ratlone objecti; qua sublata, species habitus remanere non potest. '

" I-II, q. 68. — Vedasi cap. iv, a. 5: Ufficio dei doni dello Spirito Santo, il loro predominio nella contemplazione infusa.


76      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

peccato mortale, e la fede viva, aiutata dai doni e dai tocchi profondi dello Spirito Santo.

Noi troveremo la medesima elevatezza nella dot­trina di S. Tommaso sopra la grazia attuale, sopra il modo di presenza di Dio nell'anima giusta, e sopra l'eminente e assoluta semplicità dell'essenza divina,

L'umile S. Tommaso d'Aquino, sempre silenzioso e raccolto, viveva questa dottrina soprannaturale. Il suo cuore tutto quanto era abbandonato all'amor di Dio, quando la sua mente ragionava e risolveva le più ardue questioni. Come poteva essere altrimenti in un gran santo, chiamato a restare per secoli il lume della teologia? Il dono della sapienza illuminava dal­l'alto le sue ricerche, dirigeva la sua intelligenza e la sua volontà verso il possesso sempre più profondo della verità e della vita divina; e ciò in mezzo agli studi più disparati. Certi argomenti Che ci paiono lontanissimi da questo fine supremo, non sono tali in realtà se non per un'anima non ancora giunta a quell'altezza in cui tutto si perde in Dio, principio e fine d'ogni cosa. Non vi è dubbio che il santo dottore sia stato elevato ai gradi superiori della con­templazione mistica, e la sua dottrina certamente non. arresterà le anime nella loro ascensione.


LA MISTICA E S. TOMMASO   77

articolo in.

La mistica e la dottrina di S, Tommaso sull'efficacia della grazia.

Quelli che si maravigliano di vedere che si cer­chino nelle opere di S. Tommaso i principii della teo­logia mistica dovrebbero principalmente considerare il suo insegnamento sull'efficacia della grazia.

Questa dottrina, appunto perché è altissima, non è generalmente ben capita se non da teologi specu­lativi, abituati a considerare ogni cosa relativamente a Dio, causa prima universale e autore della salute, o dalle anime entrate già nelle vie passive e che co­noscono per così dire sperimentalmente che nell'opera della salute tutto è da Dio perfino la nostra coope-ra'zione, in questo senso che non vi si può distinguere una parte che sia esclusivamente nostra e non venga dall'Autore d'ogni bene.                   .

Quest'ultima formula, che noi abbiamo sottolineata è frequente nei Padri e in, S. Tommaso; ed essa, come vedremo, esprime bene il suo pensiero. Ma, per afferrarne tutta l'altezza e tutta la profondità, ricor­diamo prima le concezioni meno alte proposte da certi teologi. Non è inutile conoscere qual sia l'efficacia della grazia attuale di cui abbiam bisogno per con-vertirci, poi per resistere alla tentazione alle volte violenta, per meritare, per crescere nell'amore di Dio, per passare per il crogiolo delle purificazioni e per perseverare nel bene fino alla morte.


78     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE *  *  *

Alcuni 1 pensarono che la grazia, che ci piega a volere il bene salutare, è detta efficace, non perché essa ci porti sicuramente per se stessa in modo dol­cissimo e tortissimo al buon consentimento, ma perché ci è data nell'istante in cui Dio previde che, da noi soli, sceglieremmo di consentirvi piuttosto che di re-sistervi. La previsione divina della risposta dell'uomo ' è quellb che distingue la grazia efficace da quella che non è tale. In altri termini, quest'efficacia non viene dalla volontà divina ma dalla volontà umana; la grazia è efficace, non perché Dio lo vuole, ma perché l'uomo vi consente. Secondo questo modo di vedere, può accadere che due peccatori, ricevendo nelle mede­sime circostanze grazie attuali rigorosamente uguali, l'uno si converta e l'altro resti nel suo peccato. Questa differenza di determinazione fra questi due uomini proviene dunque unicamente dalla sola vo­lontà umana e non dalla differenza dei soccorsi di­vini che ricevettero. La medesima grazia, che fu solo sufficiente e che restò sterile in uno, fu efficace nel­l'altro, perché egli stesso la rese efficace. Se è così, l'atto salutare è senza dubbio provocato dall'attrattiva divina, ma la distinzione iniziale che separa il giusto dal peccatore non viene da Dio, ed è esclusivamente

' Per solito S. Tommaso non designava altriménti 1 teologi di cui egli non condivideva la opinione; ma esponeva esattissimamente il loro pensiero secondo le loro proprie parole. La carità vi guadagnava, e la discussione restava altresì più serena. Noi seguiremo il suo esempio, per quanto è possibile. Basta riferir qui le asserzioni principali dei teologi di cui parliamo : « Auxilium sufflciens esse efficax aut mefflcax, ab ar­bitrio ejus cui praestatur, pendet. — Ausilio acquali fieri potest ut unus vocatorum convertatur et alius non. — Auxillo gratiae minori potest quis adjutus resurgere, quando alius majori non resurgit, durusque perseverat. Non quod is qui acceptat, sola libertate sua acceptet; sed quia ex sola libertate illtid discrimen oriatur, ita ut non ex diversitate auxilli praevenientis a.


LA MÌSTICA E S. TOMMASO              79

nostra. E questa concezione dell'efficacia della grazia non si applica solamente agli atti salutari che pre­cedono la giustificazione, ma ancora a tutti gli atti meritorii, fino all'ultimo che corona l'opera della sa­lute 2.

Siffatta spiegazione umanissima di questo mistero divino gli conserva essa la sua grandezza? La Scuola di S. Tommaso non pensò mai tale cosa s. La deter­minazione libera non è forse la miglior parte dell'o­pera salutare? È dessa che distingue il giusto dal peccatore, nella produzione di ciascun atto salutare, ogni volta che nel corso della sua vita egli evita il peccato, trionfa della tentazione, merita e persevera nel bene. Secondo S. Tommaso non si potrebbe am­mettere che questa distinzione capitale venga esclu­sivamente da noi e in nessun modo da Dio, autore della salute. Infatti S. Paolo dice: Che cosa è che ti distingue? Che: cosa hai che non abbi ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché ti glorii tu, come se non l'avessi ricevuto ? i. Senza di me non potete far nulla, disse nostro Signore 5. In queste parole, i Padri, se-. gnatamente S. Agostino e dopo di lui S. Tommaso, videro quest'affermazione che nell'opera della nostra

2 Quello ohe, in questa concezione, dipende dal beneplacito divino, è che Pietro sia collocato nelle circostanze in cui, secondo la previsione di Dio, infallibilmente egli si salverà, e Giuda in un altro ordine di cir­costanze in cui Infallibilmente si perderà. Il beneplacito divino avrebbe potuto fare la scelta in modo inverso. Messa a parte questa scelta dì circostanze, resta nondimeno, in questa teoria che questi è salvato senza essere stato aiutato di piii dalla grazia ohe quell'altro che si perde;

anzi, certi eletti sono stati aiutati meno dalla grazia che certi riprovati, non solo nel corso della loro vita, ma anche nell'istante supremo.

8 Gt. SALMANTicEai, De Grafia, ti. XIV, disp. vii, de gratia efficaci :

confronto della dottrina suddetta con quella di S. Tommaso. Quest'ul­tima è esposta secondo i medesimi testi, in un modo molto più giusto che nell'articolo Oràce del Dict. Tìiéol. cath.

1 1 Cor., iv, 7.

' joann., sv, 5. — S. Tommaso dice in Matth. xsv, Qui plus oo-natur, plus habet de gratia, sed guati plus conetur, indiget altiori cavea. — Parimente in Ep. ad Efihes., iv, 7.


1A MISTICA E S. TOMMASO               99

S. Agostino: (i Domine, da quod jubes, et jub.e quod vis — Signore, date ciò che comandate, e comandate ciò che volete».                          , .

Così ancora prega la Chiesa-nel suo Messale: « Si­gnore, fate ritornare a voi le nostre volontà .ribelli;

fate che gl'infedeli che non vogliono credere, lo vo­gliano veramente. Applicate il nostro cuore alle buone opere. Dateci la buona volontà. Convertiteci e trae­teci fortemente a voi. Toglieteci il nostro cùòr di pietra e dateci un cuor di carne, un cuor dòcile e puro. Cambiate le nostre volontà e inclinatele verso il bene.» 21.          '                           i

Tal è la santa fiducia della preghiera della Chiesa, perché essa è sicura che Dio non è impotente a con-vertire i peccatori più. induriti. Che cosa deve fare -il sacerdote che, non giunge a ricondurre al bene un peccatore che sta per morire? Se è persuaso che Dio può convertire questa volontà colpevole, prima di tutto egli pregherà. Se invece si figura che Dio ha presa su questa volontà solamente da fuori, me­diante le circostanze, i buoni pensieri, le buone ispi­razioni, che restano esterne al consenso salutare, -, non s'indugerà egli troppo nell'usare mezzi superfi- ;:

ciali? avrà egli nella sua preghiera quella santa ar­ditezza, che noi ammiriamo nei santi,, e che poggia sulla loro fede nella somma efficacia della grazia ?

Parimenti la preghiera dev'essere in qualche senso continua, poiché l'anima nostra ha bisogno d'una nuova.. grazia attuale efficace, per ciascun atto salutare, per ciascun nuovo merito. Quindi si capisce il senso prò-;

fondo delle parole di nostro Signore: «Bisogna pregar:

31 " Ut Deus rebelles nostras ad se compellat volimtates. Ut infi- :

deles ex nolentibus credere volentes faciat. Ut applicefc cor nostrmn bonig operibus. Ut det nobis bonam voluntatem. Ut convertat et per-;

trahat nos ad se. Ut auferat oor lapideum et det nobis cor cameum seu ' docile. Ut immutet vorautates nostras easque ifìclinet ad bonum. » Su queste preghiere della Chiesa, cf. S. agostino, Efnst. ad ViW. 217 (al. 107), e bossuet, Défense de la Tradition, 1. X, e. x.


100    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sempre,-senza stancarsi» 22; parole che non si verifi-cano pienamente se non nella vita mistica, in cui la" preghiera diventa veramente, come dicono i Padri, « la respirazione dell'anima », la- quale non cessa, press'a poco, come quella del corpo; l'anima costan­temente desidera la grazia, che è come l'aria che la rinnova e le fa produrre sempre nuovi atti d'amor di Dio.                 '   ' ,,

Se tale dev'essere ' la preghiera di domanda, dob­biamo anche rendere grazie a Dio'per tutte le nostre buone azioni, perché senza di lui, noi non avremmo fatto nulla. È quello che fa dire a S. Paolo: «Pre­gate incessantemente. Per tutte le cose rendete grazie:

poiché tal è la volontà di Dio in Cristo Gesù riguardo a tutti voi» 23. «Cantate e salmeggiate coi vostri cuori al Signore, rendendo sempre grazie per ogni cosa a Dio Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo » M.

Questa dottrina dell'efficacia intrinseca della grazia conduce non meno direttamente alla preghiera di contemplazione, che considera soprattutto l'azione pro­fonda di Dio in noi per mortificare e vivificare, e che si esprime mediante il fiat del perfetto abbandono. Nella contemplazione appunto noi vediamo compirsi nel più intimo dell'anima la parola della Scrittura:

«Voi siete grande, o Signore, nell'eternità..., voi mor­tificate e 'vivificate, voi conducete alla tomba e risu­scitate» 25.' «La vostra parola guarisce tutto» 26. In questo lavorio intenso e nascosto della grazia in noi, anche quando crocifigge e sembra distruggere tutto, il dire un fiat perfetto, è la cooperazione più segreta, ma la più feconda nella più .grand'opera di Dio; è la preghiera di Gesù nel Getsemàni, e quella della Vergine ai piedi della croce.

" Lue., svilì, 1.

" Thess., V, 17.                  " tob., sin, 2.

" Ephes., v, 20.                  " Sap., xvi, 13.


1A MISTICA E S. TOMMASO             101

Finalmente questa dottrina ci ricorda che, anche per pregare, la grazia efficace è necessaria: «Lo Spirito viene in aiuto' alla nostra debolezza, .perché noi non sappiamo quello che, secondo i nostri bisogni, occorra domandare nelle nostre preghiere. Ma lo:

Spirito stesso prega per noi con gemiti .ineffabili; e Colui che scruta i cuori, conosce quali sono i desideri dello Spirito; mentre egli sollecita Dio pei santi 27. Questo mistero si verifica soprattutto nell'unione mi­stica, spesso oscura e dolorosa, in cui l'anima impara per esperienza quanto ' la grazia sia necessaria per pregare, come per ben operare. Ma inoltre, dice San Giovanni della Croce 2S, « le anime giunte ad un certo grado dell'unione, ottengono da Dio tutto quello chef' esse si sentono ispirate a domandargli, secondo che dice Davide: Riponete le vostre delizie nel Signore,-' ed egli vi accorderà quello che desidera il vostro cuore. Ps. xxxvi, 4». Del resto ogni preghiera umile, confidente, perseverante, per cui domandiamo quanto è necessario o utile alla nostra salute, è infallibilmente efficace, in virtù della promessa di nostro Signore, e perché .è Dio stesso che la fece scaturire dai .nostri cuori. Risoluto anticipatamente, fin da tutta l'eternità, di concederci i suoi benefizi, è Lui che c'induce a domandarglieli 29.

*   *   *

Questa dottrina dell'efficacia somma della grazia conduce finalmente ad una grande altezza nella pra­tica delle virtù teologali. Perché? Perché essa è intimamente legata al -mistero sublime della predesti­nazione, e gli conserva tutta la sua grandezza. San

" Rom., vili, 26. " Notte oscura, 1. II, o. 20.

"• Cf. S. tommaso, II-II, "q. 83, a. 2. — S. agostino, Enchirid., e. xxxil. — bossuet, Défense Se la Tradition, I. XII, e. xxxvin.


102    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Paolo ce lo dice nell'Epistola ai, Romani, viu, 28:

« Noi sappiamo che tutte le cose concorrono al bene di quelli che amano Dio, di quelli che sono chiamati secondo il suo (eterno) disegno. Perché coloro ch'egli ha preveduti, li ha anche predestinati ad essere con­formi all'immagine del Pigliuoi suo, ond'egli sia il primogenito tra molti fratelli. E quelli che ha pre­destinati, li ha anche chiamati; e quelli che ha chia­mati, li ha anche giustificati; e quelli che ha giustifi­cati, li ha anche glorificati. Che diremo dunque a tali cose? Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?». La medesima dottrina si ha nell'Epist. agli Efesini s0.

S. Agostino 31 e S. Tommaso 32 spiegarono mirabil­mente senza sminuirle queste parole di S. Paolo, Bossuet, loro discepolo, le compendia colla sua mae­stria abituale dicendo s3: «Io non nego la bontà da cui Dio è mosso verso tutti gli uomini, ne i mezzi che loro prepara per la loro salute eterna, nella sua Provvidenza generale. Perché egli non vuole che nessuno perisca, e aspetta tutti i peccatori a peni­tenza si, Ma per grandi che siano le mire che ha

" S. paolo, ad. Ephes., i, 4, 11, dice altresì: «È tn Gesù Cristo che Dio Padre ci elesse prima della fondazione del mondo, affinchè fossimo santi e immacolati nel suo cospetto in carità. Il quale ci prede­stinò all'adozione in figliuoli per Gesù Cristo a gloria sua, secondo il beneplacito della sua volontà, onde si celebri la gloria della sua grazia, mediante la quale ci ha resi accetti ai suoi occhi nel diletto suo Figlio... È anche in lui che fummo eletti, predestinati giusta il decreto di lui, che opera tutto secondo il congiglio della sua volontà, affinchè siamo argomento di lode alla sua gloria noi che i primi abbiamo sperato in Cristo ».

n S. agostino, vedasi particolarmente De Praedestinatione sancto-rum, o. in, 6-11, 11, 15, 17. De dono perseverantiae, C. I, 6, 7, 12, 16-20. 23. De corre'ptione et gratia, o. ix, 12, 13, 11. — Ot. sopra questi testi DEL pbado, De Gratia et Ubero arbitrio, t. Ili, p. 555-564, t. II, pag, 67-81, 259..., e bossuet, Défence de la Tradition, 1. XII, o. 13-20.

" S. tommaso, in Ep. ad Kom., vili, 28..., in Ep, ad Ephes., I, 25... — I, <1. 23.    '

" bossuet, Meditazioni sul Vangelo, p. II, giorno 72°, Vedasi.anche l'indice delle opere di Bossuet alla parole' 'prédestination et grace.

" II petb., in, 9..   ;..,   ...                             .


LA MISTICA E S. TOMMASO              103

sopra tutti, egli tuttavia ha un. certo riguardo par­ticolare e di preferenza sopra un numero che gli è noto. Tutti quelli ch'egli riguarda in tal modo pian­gono i loro peccati, e sono convertiti a loro tempo. Perciò quand'ebbe gettato' sopra S. Pietro questo fa­vorevole sguardo, egli si sciolse in lacrime; e questo fu l'effetto della preghiera che Gesù Cristo aveva fatta per la stabilità della sua fede. Infatti biso­gnava primieramente farlo rivivere, e, a suo tempo, fortificarlo, per perseverare sino alla fine. Così è di tutti quelli che il Padre suo gli diede in un certo modo; ed è di questi ch'egli disse:. Tutto quello che mio Padre mi da viene a me... e la. volontà di mio Padre è ch'io non perda alcuno di quelli che mi diede, ma ch'io li risusciti nell'ultimo giorno (Joan., vi, 37-39).    .     .    '      -,

« E perché ci fa egli penetrare in queste sublimi verità ? Forse per turbarci, per sgomentarci, per gettarci nella disperazione, e per far sì che uno si agiti, dicendo : Sono io- un elètto o non lo sono ? Lungi da noi un così funesto pensiero, che ci spingerebbe a penetrare nei segreti consigli, -di Dio, a frugare, per così dire, fino-nel suo seno, e scandagliare l'abisso profondo de' suoi decreti eterni. Il disegno del nostro Salvatore è che, contemplando quello sguardo segreto ch'egli getta su quelli ch'egli sa, e che il Padre suo gli diede per una certa scelta, e riconoscendo ch'egli. li sa condurre alla loro salute eterna con mezzi che non falliscono, noi impariamo primieramente a do­mandarli, a unirci alla sua preghiera, a dire con lui:

Preservateci da ogni male (Matth., vi, 13); o,, come parla la Chiesa: Non permettete di separarci da voi;

se la nostra volontà vuole sfuggire, non lo permettete;

tenetela sotto la vostra mano, cambiatela, e ricondu­cetela a voi».     '          . '

Questa preghiera prende tutto il suo valore dalla pienezza della vita di fede, che è la vita mistica:


104    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

fede tanto pratica quanto sublime nella sapienza di Dio, nella santità del suo beneplacito, nella sua on­nipotenza, nel suo sovrano dominio, nel valore infi­nito dei meriti di Gesù Cristo, e nell'efficacia infal­libile della sua preghiera.

Fede nella sapienza di Dio: «O profondità imper­scrutabile dei tesori della scienza e della sapienza di Dio! Quanto sono impenetrabili i suoi giudizi e incomprensibili le sue vie!... Chi è stato il primo a dare a lui, da pretenderne ricompensa? Perché tutto è di lui, tutto è per mezzo di lui, tutto è m lui. A lui gloria nei secoli. Così sial » 36.

Fede nella santità del beneplacito divino: «Vi be­nedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché avete nascosto queste cose ai prudenti e ai sapienti e le avete rivelate ai piccoli. Sì, Padre, vi benedico che così vi sia piaciuto» 36. —Slmilmente Gesù disse ai Farisei: «Non mormorate fra voi. Nessuno può ve­nire a me, 30 il Padre che mi ha mandato non l'attrae;

ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno 37.

Fede nell'onnipotenza divina: Dio può convertire al bene i peccatori più induriti: «II cuore del rè è nella mano del Signore, ed egli lo volgerà dovunque a lui piace» ss. « È Dio che opera in noi il volere e il fare, secondo il suo beneplacito» 39. « Le mie pecorelle ascoltano là mia voce; io le conosco, ed esse mi seguono. Io do loro una vita eterna, e non periranno giammai, e nessuno me le strapperà di mano. Il mio Padre, che me le diede, è più grande di tutti, e ninno può rapirle di mano al Padre mio. Io e il Padre mio siamo una cosa sola» w.

Fede nel supremo dominio del Creatore: « Come l'argilla è in mano del vasaio, così voi, casa d'Israele,

" Kom., xi, 33-36.          " Prov., xxi, 1.

" matth.,. XI, 25.         " Phil., Il, 13.

" JÒANN., VI, it.                      " joann., X, 27.


LA MISTICA E S. TOMMASO              105

nella mano mia» 41. «Non è dunque il vasaio pa­drone della creta, per far della medesima pasta un vaso per uso onorevole, un altro per uso vile? Che se Dio, volendo mostrare l'ira sua (la sua giustizia vendicatricè) e far conoscere la sua potenza, con molta pazienza sopportò dei vasi d'ira atti alla per­dizione, e se volle far conoscere anche i tesori ideila sua gloria a prò dei vasi di misericordia, i quali pre­parò per la gloria... (dov'è l'ingiustizia)? ì2.         '

Fede nel valore infinito dei meriti e della pre­ghiera di Gesù: «II Padre ama il Figliuolo, e nelle sue mani ha poste tutte le cose» is. «In verità vi dico, chi crede in-me ha la vita eterna» it. «Ho ma­nifestato il tuo nome agli uomini che mi hai dato nel mondo. Erano tuoi e li hai dati a me: ed essi hanno osservata la tua parola... Per essi io prego... Padre santo, custodisci nel nome tuo quelli che hai a me consegnati, affinchè siano una sola cosa come noi. Quando ero con essi nel mondo, io li custodivo nel nome tuo. Ho conservato quelli che a me conse­gnasti, e nessuno di essi è perito, eccetto il figliuolo. di perdizione, affinchè si adempiesse la. Scrittura... Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li guardi dal male... Ne io prego solamente per questi, ma anche per coloro, i quali mediante la loro parola crederanno in me... Padre, voglio che quelli che desti a me siano anch'essi con me dove sono io; che veg­gano la gloria mia, quale tu l'hai data a me; perché mi hai amato prima della formazione del mondo » ia.

Quest'atto di fede serena e invincibile nei meriti infiniti di Gesù rapisce il cuore di Dio, il quale in certe ore permette che tutto sembri esternamente perduto per dare a' suoi figliuoli occasione di dargli prova della loro fede con un simile atto.

41 jerem., xviil, 6. 18 Som,., ix, 21.                   " JoAlrfN., vi, 47.

" joann., 111,35.                   "joann., XVII, 6.


106                  PERFEZIONE'CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Questa, dottrina di grazia ci porta altresì ad una speranza tutta soprannaturale fatta di confidenza e d'abbandono alla divina Misericordia. Il motivo for­male della speranza infatti è la misericordia divina . infinitamente soccorritrice {Deus auxilians); in Dio, e non nella forza del nostro libero arbitrio, dobbiamo '•* noi sperare, affinchè questa virtù della speranza sia divina e teologale. «Chi ha fiducia nel proprio cuore è un insensato. Ma chi cammina nella sapienza sarà salvo» i6. Considerando, la nostra debolezza, dob­biamo «operare la nostra salute con timore e tre­more » ", « e colui che crede di stare in piedi badi di non cadere » 48. Ma d'altra parte, considerando la bontà infinitamente soccorrevole di Dio, dobbiamo dirgli: «Mio Dio, in voi confido... nessuno di quelli che sperano in voi sarà confuso » 49. « Nelle vostre mani io rimetto il mio spirito » M. «.Gustate e vedete come buono è il Signore, beato l'uomo , che cerca in lui il suo rifugio» 61. .«Custoditemi, o Si­gnore, perché ho sperato in voi» 52. « In voi ho ri­posto il mio rifugio, fate ch'io mai non sia sfidu­ciato » 5S. « Ecco che Dio è la mia liberazione, ho confidenza ,e non temo nulla; Egli è la mia forza e la mia salvezza » 64. « Io posso tutto in colui che mi fortifica» 55.

Tal è l'abbandono che Gesù vuoi insegnarci; e non vi è qui nessun quietismo, come spiega molto bene Bossuet: «Dobbiamo abbandonarci alla divina bontà, non perché non sia necessario agire e lavorare, o perché sia permesso di darci, ' contro gli ordini di Dio, in preda all'inerzia, o a pensieri temerari, ala

" proi>., xxviii, 26. " Phil.. il, 1?. " I Cor.. x, 12. " Ps. xxiv, 2, " Ps.xxx,6.

51 Ps. xxxni, 9. " Ps.xv,1. »' ps. xxx,2. " Is., xn, 2. " PMl., iv, 13.


IA MISTICA E S. TOMMASO               107

perché adoperandoci con tutte le nostre energie, è necessario soprattutto abbandonarci a Dio solo per il tempo e per l'eternità.

«Mio Salvatore, io mi ci abbandono... affido alle. vostre .mani la mia libertà malata e vacillante, e solo in voi io voglio riporre la mia fiducia.

« L'uomo superbo teme di rendere la sua salute troppo incerta, se non la tiene in sua mano; ma s'in­ganna. Posso io essere sicuro appoggiandomi sopra me stesso ? Mio Dio ! sento che la mia volontà mi sfugge ad ogni istante.: e se voi voleste rendermi il solo padrone della mia sorte, io rifiuterei un po­tere così pericoloso per la mia debolezza. Non mi si dica adunque che, questa dottrina di grazia e di preferenza getta le anime buone nella disperazione! Che? si crede forse di rassicurarmi maggiormente, col rimettermi a me stesso, e coll'abbandonarmi alla mia incostanza? No, mio Dio, non vi consento. Io non posso trovar sicurezza se non nell'abbandonarmi a voi. E ve ne trovo tanto più, in quanto quelli a ,cui voi date tanta confidenza da. abbandonarsi intera­mente a voi, ricevono in questo dolce impulso il miglior segno della vostra bontà che si possa dare su questa terra. Aumentate dunque in me questo desi­derio; e con questo mezzo fate entrare nel mio cuore questa. beata speranza di trovarmi finalmente nel numero di questi eletti... Guaritemi e sarò guarito;

convertitemi e sarò convcrtito » (Medit. sul Van­gelo, E. II, 72o giorno).                 :

Nelle dolorosissime purificazioni passive dello spi­rito, le anime sono molto spesso tentate contro la speranza, e turbate a proposito del mistero della Pre­destinazione; in tale momento venendo loro meno tutti . i soccorsi creati, esse devono eroicamente sperare, contro ogni speranza, per questo solo e purissimo mo­tivo: Dio è infinitamente soccorrevole, egli non abban­dona i giusti per il primo, non permette che siano


108     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

tentati oltre le loro forze aiutate dalla grazia, è Lui che le sostiene colla sua onnipotente bontà. Egli lo disse a-S. Paolo: «Basta a tè la mia grazia, poiché la po­tenza mia arriva al suo fine per mezzo della debo­lezza». — «Volentieri adunque, scrive il grande Apostolo; mi glorierò nelle mie debolezze, affinchè abiti in me la potenza di Cristo. Per questo mi com­piaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle ne­cessità, nelle persecuzioni, nelle angustie per Cristo;

perché quando sono debole, allora sono potente »' 66.

Nel momento di grandi difficoltà pensiamo a questo motivo formale della speranza: Deus auxilians. Dio soccorrevole; ora egli è tale efficacemente, per la grazia che non solo ci sollecita a} bene, ma che in modo soavissimo e tortissimo lo fa compire 57. «Salus autem justorum a Domino: Da Dio viene la salute dei giusti, ed Egli è. il loro protettore nel tempo della tri­bolazione, Egli li libera dai malvagi e li salva, perché essi riposero in lui la loro fiducia» (Ps. xxxvi, 32).

Finalmente questa dottrina sull'efficacia della grazia conferma la nostra carità verso Dio e verso le anime. Questa carità è un'amicizia fondata sulla comunica­zione che Dio ci fa della vita divina mediante la grazia. E perciò quanto più la grazia che ci è data è intima ed efficace, tanto più noi dobbiamo amar Dio, ossia corrispondere al suo amore. ..«Non siamo stati noi i primi ad amare Dio, dice S. Giovanni, ma fu Lui che ci amò per il primo» 68. Lo stesso divin Maestro aveva detto a' suoi Apostoli: « Non siete voi che avete eletto me; ma io ho eletto voi, e vi ho destinati che andiate e facciate frutto, e il vostro frutto sia durevole, e il Padre vi conceda qualunque cosa gli chiederete nel nome mio » 59. E nell'esercizio

•• il cw., xn, s.

" Gf. Catechismo del Concilio di Trento, e. 45, sulla tentazione. " joann., iv, 10.

•• joann., xv, 16.


LA MISTICA E S. TOMMASO             109

dell'apostolato, S. Paolo, appunto perché credeva alla somma efficacia della grazia, potè scrivere: «Ohi ci dividerà dalla carità di Cristo? Sarà la tribolazióne, o l'angustia, o la^persecuzione, o la fame, o la nu­dità, o il pericolo, o la spada?... Ma di tutte queste cose siamo più che vincitori' per Colui che ci ha amati. Poiché io sono sicuro che ne la morte, ne la vita, ne gli angeli, ne i principati, ne le virtù..,, ne àlcun'altra cosa creata potrà dividerci dalla ca­rità di Dio in Gesù Cristo .Signor nostro» 60. Cristo aveva detto al Padre suo : « Ho conservato quelli che a me consegnasti... e voglio -che quelli che desti a me siano anch'essi con. me dove son io... Io ho fatto loro conoscere il tuo nome e glielo farò conoscere ancora, affinchè la carità,, con la quale amasti me, sia in loro e io in èssi» 6i.

Queste parole di nostro Signore non si yerificano pienamente quaggiù se non nella vita mistica, pre­ludio della vita del eie lo. E la grande teologia di S. Agostina e di S. Tommaso, sopra, la grazia, se si bada a non sminuirla, raggiunge così la più alta. mistica ortodossa.

Che cosa vi è di più soave della grazia infallibil­mente efficace di Dio? essa si spande dolcemente nell'anima che comincia a volere; quanto più quest'a­nima vuole, quanto più ha sete di Dio, tanto più sarà colmata. Il giorno in cui il Signore diventerà esigentissimo, quando vorrà il terso cristallo là dove non c'era che il peccato, allora darà la sua grazia in abbondanza per rispondere alle sue esigenze. Non lo disse egli stesso: «Io sono venuto perché voi ab-^ biate la vita, e l'abbiate in abbondanza»? 62. L'anima purificata finisce col cantare la potenza di Dio: « La destra del Signore ha spiegata la sua .forza, ed io

'" Rom., vin, 35.

" joann., xvn, 12, 24, 26. •' joann., x, 10.


110    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

non morrò, ma vivrò e narrerò le opere dell'Altis­simo» ^(Ps.'.oxvn,; 17).

Perciò non rechi maraviglia se si trova questa dot­trina nei più grandi maestri della vita spirituale.

S. Bernardo dice: «La grazia è necessaria alla sa­lute, e parimenti il libero arbitrio. Ma la grazia per dare la salute, e il libero arbitrio per riceverla... Non attribuiamo adunque una parte della buona opera alla grazia, e una parte al libero arbitrio; essa si fa tutt'intera- mediante l'azione comune e inseparabile di tutte e due. Tutta quanta mediante la grazia, e tutta quanta mediante il libero arbitrio; ma prove­nendo tutta quanta dalla prima nel secondo» 63

S. Bonaventura dice lo stesso: «Le anime pie non cercano d'attribuirsi, nell'opera della salute, una parte che non venga da Dio, ma riconoscono che tutto, pro­viene dalla grazia divina» 64.

Il Taulero parla dell'efficacia della grazia come S. Tommaso.

L'autore dell'Imitazione di Gesù Cristo scrive, 1. HI,;? e. 4, n. 3 : « Non ti riputare mai d'essere qualche , cosa per le tue buone opere... Da tè stesso sempre cammini al niente; presto cadi, presto sei vinto, presto ' ti conturbi, presto ti rilassi. Tu non hai nulla onde ti possa gloriare; bensì hai molto onde ti debba umi--liare; perché sei assai più fiacco di quello che tu puoi comprendere». — L. Ili, e. 8, n. 1: «Signore, io sono un niente, e non l'ho mai avvertito. Se io resto abbandonato a me stesso, eccomi un nulla e tutto . fiacchezza. Se poi all'improvviso volgete sopra di me

" De gratiaettfberoarWtrw, o. •iexiv.Ct.Dwt, Théol., art. S. Bernard col. 776.

" II Seni. Dist. 26, <i. 2 : « Hoc etiam piarmn mentìuin est, ut nthll sihi tribuant, sed totuin gratìae Del «.


•LA MÌSTICA E S. TOMMÀSO             111

10 sguardo, di presente divengo forte e mi riempio di nuovo gaudio». — L. Ili, e, 9, n. 2: «Da me, figlio mio, il piccolo e il grande, il povero e il ricco, come da viva sorgente, attingono l'acqua viva; e quelli che di buon animo e liberamente mi servono, rice­veranno dalla mia pienezza grazia sopra grazia... Non ti devi dunque appropriar niente del bene che è in tè, ne attribuire ad alcun uomo la virtù ch'egli ha; ma

11 tutto riconosci da Dio, senza cui l'uomo non ha nulla, sed totum a Deo, sine quo nihil habet homo:

Io ho dato il tutto e il tutto voglio ricevere... Questa è. la verità, colla quale si scaccia la vanità. E se la grazia celeste e la carità vera entrerà in tè, non vi sarà alcuna invidia ne strettezza di cuore, ne l'amor proprio ti sorprenderà. Perché la divina carità trionfa di tutto, e dilata tutte le forze dell'anima ». — L. Ili, e. 55, n.-5: «Oh grazia beatissima, vieni, di-' scendi in me, riempimi delle tue consolazioni fin dal mattino, affinchè l'anima mia per la stanchezza ed aridità di mente non venga meno... Questa grazia divina è la mia fortezza; essa mi da consiglio ed aiuto; essa è più potente di tutti i miei nemici, ed è più savia di tutti i savi insieme... Che cosa sono, io senza di lei, se non un legno secco, e un inutile sterpo da gettar via? La grazia vostra dunque,, o Signore, sempre mi prevenga e mi accompagni ». — L. Ili, .e. 58, n. 3: « Io, dice il Signore, debbo es­sere lodato in tutti i miei santi: io ho da essere bene­detto sopra ogni cosa, ed onorato in ciascuno di essi, come quelli ch'io inalzai e predestinai a tanta gloria senza alcun precedente lor merito 65, Tutti sono una stessa cosa per il vincolo della carità è amano più me che se stessi e i proprii loro meriti. Rapiti sopra di sé e tutti fuori del loro amor proprio, s'inabissano in-

" « Ego super omnia benedieendns sum et honorandus, quos sic gloriose magniflcavi et praedestinavi sine ullìs praecedentibus propriis merìtis ». La stessa dottrina che in S. Tommaso, I, q. 23, a. 5.


112    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

teramente nell'amore che hanno per me e in esso con sommo loro gaudio si riposano deliziosamente ».

S. Teresa, ogni volta che tocca la questione della .grazia, parla come S. Agostino e S. Tommaso 66.

S. Giovanni della Croce suppone sempre la verità di questa dottrina 67.

" II pensiero direttore di S. Teresa è questo: n È Dio che opera in noi II volere e il fare secondo il suo beneplacito ». — «Perché Dio agisce in tal modo? scrive ella nel cap. xxi della sua Vita: Perché egli vuole e fa come gli par bene. Se non trova l'anima disposta. Egli la dispone , a ricevere il tesoro che le concede ». Dopo aver esaminato perché un'a­nima arriva più presto alla contemplazione e alla perfezione ohe un'altra, ella conclude : « In fin dei fini diciamo che tutto dipende dal beneplacito e dalla libera scelta di nostro Signore » (Vita, e. xxn). « Dio concede i suoi doni Quando vuole, come vuole e a chi vuole. Sono beni suoi ed egli non fa torto a nessuno » (Castello, M. IV, o. i).

Nel racconto della sua conversione (Vita, e. vili, e IX), ella dice:

« Supplicavo Dio di venirmi in aiuto. Ma una cosa certamente mi man­cava, e al presente credo di rendermene ragione; ed i ch'io •non confi­davo interamente nena sua Maestà e non diffidavo assolutamente di me stessa... Non avevo nessuno per darmi la vita ed io non ero in condi­zione. di '•prenderla da me stessa.Colui che poteva darmela aveva ragione di, rifiutarmi la sua assistenza, poiché tante volte egli m'aveva già ricon­dotta a sé ed io l'avevo sempre abbandonato... In quell'istante lo sup­plicai di darmi la forza di non più offenderlo... Il mio ricorso a 8. Mad­dalena mi recò una grazia particolarmente efficace, ed è ch'io allora non speravo più nulla da me, ma aspettavo tutto da Dio. Se ben ricordo, dissi a nostro Signore che non mi sarei più. levata di là finché egli non avesse esaudita la mia preghiera. Ed egli l'esaudì, ne sono convinta, perché cominciando da quel giorno i miei progressi furono sensibili(Vita, o. ix).

« Iddio mi diede insieme colla libertà la forza di venirne all'esecu­zione » (Vita, e. xxrv). Come tu detto benissimo: Davanti a questo mi­stero formidabile, contro il quale insorsero tante eresie, che sollevò tanto dolorose controversie, anche tra i veri figli della Chiesa, la sera­fica Vergine s'inchina con serenità e riconoscenza: « O mio tenero Mae­stro, esclama ella, che gioia per me che voi non abbiate fatto dipendere il compimento della vostra volontà da un volere così miserabile come il mio ! Siatene benedetto in eterno e tutte le creature cantino le vostre Iodi » (Cammino della Peri., e. xxxn, pag. 235).

« Quanto più le cose. sono difficili a capire, tanto pi'fi esse m'ispirano divozione, e ciò in proporzione che tali sono maggiormente » (Vita, o. xxvni).

" Cantico spirituale, P. IV, str. 38, trad. Hoornaert, p. 302 : « In quel giorno dell'eternità, vale a dire prima della creazione, e secondo il suo beneplacito. Iddio predestinò l'anima alla gloria, e determinò il grado che vi occuperebbe. Da quel momento, questa gloria è divenuta pro-


LA flIISTICA E S. TOMMASO              113

Lo stesso S. Francesco di Sales ci dice: «La. grazia agisce fortemente, ma così soavemente che la nostra volontà non rimane .punto appressa sotto una. cosi potente azione... Jl consenso alla grazia dipende molto più dalla grazia che dalla volontà, e la resi­stenza alla grazia non dipende se non dalla sola volontà... Se tu sapessi il dono di Dio» 6S.

A qualunque scuola teologica appartengano, i buoni autori spirituali sono condotti alla medesima dottrina dall'elevatezza delle anime ch'essi accostano -69.

Concludiamo con Bossuet: praticamente l'umiltà risolve tutte le difficoltà del mistero della grazia:

« Ecco, dice egli, uno scoglio terribile per l'orgoglio umano: L'uomo dice nel suo cuore; Io ho il mio li­bero arbitrio; Dio mi fece libero e io voglio farmi

prietà dell'anima, e ciò in modo così assoluto, che nessuna vicissitudine, ^ uè temporale, ne spirituale, è capace di forgitela radicalmente, perché ciò che Dio le diede gratuitamente, non può mancare di rimaner sempre suo bene ». — Nella Salita, 1. II, e. iv, trad. Hoorn., p. 3 7 : « Dio dispone Uberamente di questo grado d'unione (mistica), come dispone libera--mente del grado della visione beatifica ». — Nella Preghiera dell'anima infocata (ed. des Carmélites, t. I, p. 475) eg-li dice ancora: n Che se voi, o Signore, aspettate le mie opere per concedermi così quello ch'io vi domando, datemele, operatele in me, e unitevi le pene che voi vorrete accettare da me 11.

" S. peancesco Di sales, Trattato dell'amor di Dio, 1. II, e. XII. Nel medesimo luog'o eg'li dice; « La grazia è così graziosa, e s'impossessa così graziosamente dei nostri cuori per attrarll, che non guasta nulla nella libertà della nostra volontà; essa tocca potentemente, ma pure così delicatamente, le molle del nostro spirito, che il nostro libero ar­bitrio non ne riceve alcun danno.

" II P. geoij, S. J., Maximes Spirituelles, 2° assioma, scrive come i più fedeli discepoli di S. Tommaso : i Solo la grazia può liberarci dalla schiavitù del peccato, e assicurarci la vera libertà; d'onde segue che quanto più la volontà si assoggetterà alla grasia, e quanto più questa farà tutto quanto dipende da lei per rendersene assolutamente, pienamente e costantemente dipendente, tanto piìi ella sarà libera... Così tutto per lei consiste nel rimettersi nelle mani di Dio, nel non far uso della propria attività se non per giungere ad essere più dipendente da Lui... La nostra salute non è forse incom'pardbilménte pi.ù sicura nelle mani di Dio cne nelle mani nostre? In tondo che cosa possiamo noi per salvarci fuori di quello che Dio ci fa potere? » Of. anche P. de caussade, S. J., l'Aliandoli a la Providence. 1. Ili, e. i, 2; e il P. lallbmant, S. J., La Doctrine spirituelle, i Principe, la docllité au Saint-Esprit, e. i e n.

8 — Perfezionee Confemplaiione: - I.


114    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

giusto... Io voglio scoprire qualche cosa a cui appi­gliarmi nel, mio libero arbitrio, che io non posso accordare' Con siffatto abbandono alla grazia. Superbo contradittore, vuoi tu accordare queste cose, oppure credere ' che le accorda Iddio ? Egli le accorda tal­mente che, senza dispensarti in nulla dalla -tua azione, vuole che tu gli attribuisca tutta l'opera della tua salute: perché egli è il Salvatore, e dice: Non vi è Dio che salvi fuori di me 70. Credi fermamente che Gesù Cristo è Salvatore e tutte le difficoltà spa­riranno » n.

• Come dimostra il passo di S. G-iovanni della Croce che poc'anzi abbiamo citato, questa grande dottrina di S. Paolo, di S. Agostino, di S. Tommaso orienta manifestamente le anime verso la più alta unione mi­stica, che non è altro che la pienezza della vita di fede. Lo vedremo meglio trattando della natura della perfezione cristiana, e di ciò che forma l'es­senza della contemplazione mistica. Ecco l'oggetto dei capitoli seguenti.            :

"' la., suii, il.                     '

" bossuet, Elevazioni sui Misteri, 18» sett., 15" elev.


^CAPITOLO III.

La piena perfezione della vita cristiana.

articolo I.

La Perfezione cristiana ossia la vita eterna cominciata,

Come parlare, senza sminuirla, della perfezione cri­stiana, della sua natura e delle sue condizioni ? Come sollevarsi all'intelligenza della parola del divin Mae­stro: «.Siate 'perfetti com'è perfetto il vostro Padre celeste»? 1. Se lo domandiamo all'apostolo S. ,Gio­vanni, ci risponde coi termini stessi di Gesù, ch'egli ci riferisce: La vita cristiana e soprattutto la perfe­zione cristiana, è la vita eterna cominciata.

Infatti nostro Signore dice ripetute volte nel quarto Vangelo: «Chi crede in me ha la vita eterna» 2, non solo l'avrà più tardi s'egli persevera, ma in un certo senso l'ha già, perché la vita della grazia, quaggiù, è il cominciamento della vita dell'eternità, inchoatio vitae aeternae, dice ripetute volte S. Tom-maso 3. E in quel modo che il germe vegetale non si può definire se non per la pianta che nascerà da esso, o l'aurora se non per il giorno ch'essa an-

' matth., v 48.

2 joan., ih, 36; V, 24, 39; vi, 40, 4.7. Vedasi anche vi, SS s., e il Commento di S. Tommaso siti Vangelo di S. Giovanni ai medesimi passi.

» S. tommaso, II-II, a. 24, a. 3, ad 2: 11 grafia nihil allud est quam quaedam inchoatio gloriae in nolis ». Hem, I-II, q. 69, a. 2, e de Veri-tate, q. 14, a. 2.


116    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPEAZIONE

nunzia, così la vita della grazia non si può concepire se non considerando anzitutto quella della gloria di cui- essa è il germe (grafia est semen gloriae). Per la medesima ragione non si può determinare quello .che e la perfezione cristiana senza parlare prima della vita eterna, di cui essa è il preludio.

, È quello che noi faremo nella prima parte di questo articolo. Nella seconda, vedremo come la vita della ' grazia quaggiù nel suo fondo è la medesima che la vita del cielo, la medesima anche per la carità, che non cesserà mai, e com'essa ne differisca per la fede e per la speranza, che devono scomparire per lasciare il posto al possesso definitivo di Dio per la visione;

Negli articoli seguenti, studieremo, seguendo San Tommaso, in che consista principalmente, quaggiù, la perfezione cristiana propriamente detta, quali siano le sue relazioni colle virtù e coi doni da una parte, e poi, precetti e coi, consigli-dall'altra; vedremo così tutto quello ch'essa richiede.

La vita eterna nel suo ultimo sviluppo.

« La vita eterna, disse nostro Signore al Padre suo, è questa, ch'essi conoscano tè, solo vero Dio,-e Colui che hai mandato, G;esù Cristo » 4. S. Giovanni ci spiega queste parole dicendo: « Carissimi, noi siamo adesso figliuoli di Dio, e quello che saremo un giorno non si-è ancora manifestato; ma sappiamo che quando si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo qual .egli è» 5. S. Paolo aggiunge: «Adesso noi ve­diamo (Dio) a traverso d'uno specchio, in modo oscuro, ma allora lo vedremo faccia a faccia; ora, conosco in parte, . ma allora conoscerò in quel modo stesso ond'io pure sono conosciuto» 6. Vedremo faccia a

* joan., svii, 3.       °IJoAN.,ni,2.       « I Cor., xill, 12.


•LA. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   117

faccia, cioè immediatamente, tal quale è in se stesso, questo Dio « che abita in una luce inaccessibile » 7 ad ogni cognizione naturale creata e creabile.

La Chiesa c'insegna chiaramente che «le anime dei beati in cielo hanno dell'essenza divina una visione intuitiva e faciale, senza l'intermedio d'alcuna crea­tura precedentemente conosciuta: la divina essenza si presenta immediatamente allo scoperto, in una per­fetta chiarezza; quelle anime beate ne godono inces­santemente e per sempre; tal è la vita eterna» 6, « alla quale deve elevarci il lume della gloria » 9.

Noi siamo dunque chiamati a vedere Iddio, non solo mediante il riflesso delle sue perfezioni nelle creature sensibili o mediante il suo maravigliosó irradiamento nel mondo degli spiriti puri, ma a, ve­derlo senza mezzo alcuno; anzi meglio che non ve­diamo quaggiù coi nostri occhi di carne le persone con cui parliamo, perché Dio essendo affatto spiri­tuale sarà intimamente presente nel nostro intelletto, ch'egli illuminerà dandogli la forza di tollerare il suo abbagliante splendore 10. Tra Lui e noi, non vi sarà neanche l'intermedio di un'idea, perché nessuna idea creata potrebbe rappresentare tal qual è in sé l'Essere stesso, Atto puro infinitamente perfetto, Pen­siero increato eternamente sussistente, Lume di vita e fonte d'ogni verità 11. E non potremo esprimere la nostra contemplazione con nessuna parola, nemmeno con alcun verbo intcriore; siffatta contemplazione, su­periore ad ogni idea finita, ci assorbirà in qualche modo in Dio, e resterà ineffabile, come noi perdiamo, fin di quaggiù, il dono della parola, quando il su­blime ci rapisce. La Deità tal quale è in sé non può esprimersi se non con la parola consostanziale, che è il Verbo increato, « splendore del lume eterno,

' I Tim., vi, 16.                                               

denzingeb, Enchiridion, n. 530.    " S. tommaso, I, q. 12, a. 5.

IWd., n. 475.                       "I,g.21,a.2.


118    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

specchio senza macchia dell'attività di Dio. e im­magine della sua bontà».12. . "

Questa visione di Dio faccia a faccia per il suo oggetto è infinitamente superiore, non solo alla più sublime filosofia, ma alla più alta. cognizione degli angeli. Noi siamo chiamati a vedere tutte le perfezioni divine unite, identificate nella loro sorgente comune, la Deità'; a vedere come la Misericordia più tenera e la Giustizia più inflessibile procedono da un solo e identico Amore infinitamente generoso e infinitamente santo, Amore del sommo Bene, che vuole comunicarsi quanto più è" possibile, ma che ha un diritto impre­scrittibile ad essere amato sopra tutto, e che così unisce mirabilmente Giustizia e Misericordia in tutte le opere di Dio ls. Noi siamo chiamati a vedere come quest'Amore, anche nel suo più libero beneplacito, .s'identifica colla pura Sapienza, come nulla vi è ,-in lui che non sia sapiente, e nulla nella Sapienza che non si converta in amore; a vedere come quest'Amore s'identifica col sommo Bene amato da tutta l'eter­nità, come ia divina Sapienza s'identifica con la Ve-.rità prima sempre conosciuta, come tutte queste per­fezioni si armonizzano e non formano che una sola cosa nella stessa essenza di Colui che è.

; Noi siamo chiamati a contemplare la vita intima di Dio, la Deità stessa, purezza e santità assoluta, a perdere il nostro sguardo nella sua infinita fecondità che si espande in tré Persone divine, a vedere l'e­terna generazione del Verbo, «splendore del Padre, e figura della sua sostanza», a mirare in un rapi­mento senza fine l'ineffabile spirazione dello Spirito Santo, torrente di fiamma spirituale, termine dell'a­more comune del Padre e del Figliuolo, vincolo che li unisce eternamente nella più assoluta diffusione di se stessi.

" Sap., vii, 26.                 " S. tommaso, I, q. 21, a. 4.


LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CRISTIANA   119

Chi può dire l'amore e la gioia che farà crescere in noi questa visione? Se già miriamo incantati dal riflesso delle perfezioni divine partecipate dalle crea­ture, dal fascino del mondo sensibile, dalle armonie dei suoni e dei colori, dall'azzurro d'un, cielo puris­simo sopra un mare soleggiato, che Ci fa pensare all'oceano tranquillo dell'Essere e alla luce infinita della divina Sapienza; se noi siamo più ancora ma-ravigliati degli splendori del mondo delle anime che la vita dei santi ci rivela, che sarà quando vedremo Dio, lampo eternamente sussistente di sapienza e d'amore, donde procede tutta la vita del creato? Noi parliamo d'un lampo di genio per indicare un'illumi-nazione improvvisa della mente;, e che cosa dire della luce increata di Dio? Essa non resta nascosta per noi, se non a cagione del suo soverchio splendore, come il bagliore troppo vivo del sole pare tenebre al­l'occhio impotente dell'uccello notturno.

La gioia che nascerà da una simile visione sarà quella d'un amor di Dio così forte, così assoluto, che nulla potrà mai distruggerlo, neppure diminuirlo,, Quest'amore seguirà necessariamente la visione 'bea­tifica del sommo Bene, sarà tanto spontaneo quanto possibile, ma non sarà più libero. Il Bene infinito, presentandosi così a noi, spegnerà la nostra sete in­saziabile di felicità, colmerà la nostra potenza di amare, «che aderirà necessariamente a Lui» lt. La nostra volontà, per la sua stessa natura, si porterà a Lui con tutta la sua inclinazione e con tutto il suo peso; non le resterà più nessuna energia disponibile per sospendere il suo atto, che le sarà in certo modo rapito dall'infinita attrattiva di Dio veduto faccia a faccia. Riguardo ad ogni bene finito la nostra volontà resta libera, e può anche arrendersi o non arrendersi all'attrattiva e alla legge di Dio, finché noi non ve-

, " S. tommaso, I, q. 82, a. 2.


120    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

diamo immediatamente la sua infinita bontà; ma quando la sua gloria ci apparirà, allora i nostri de­sideri saranno compiti, e noi non potremo più non corrispondere al suo amore: «.satìabor cum apparuerit 'gloria tua» (Ps. xvi, 15).

Quest'amore sarà fatto di ammirazione, di rispetto, di riconoscenza, ma soprattutto d'amicizia, con una semplicità ed una profondità d'intimità, che nessun af­fetto umano può avere. Amore per cui noi ci ral­legreremo soprattutto che Dio sia Dio, infinitamente santo, giusto, misericordioso, amore per cui adore­remo tutti i decreti della sua Provvidenza in vista della sua gloria, che irradierà in noi e per mezzo nostro.                                   ; • ^.

Tale dev'essere la vita eterna, in unione con tutti quelli che saranno morti nella carità, specialmente con quelli che avremo amati nel Signore.    '

La vita eterna adunque consiste nel conoscere Dio com'egli conosce se stesso, e nell'amarlo com'egli si ama. -Ma se penetriamo più a fondo, vediamo che questa cognizione e quest'amore divino non saranno possibili se Dio in certo modo non ci deifica nella stessa anima nostra. G-ià nell'ordine naturale, l'uomo non è capace di cognizione intellettuale e d'un amore illuminato superiore all'amor sensibile se non perché egli ha un'anima spirituale; — parimenti'noi non sa­remo capaci d'una cognizione divina e d'un amore so­prannaturale salvochè non abbiamo ricevuto una parte­cipazione della stessa natura di Dio, della Deità; sal­vochè l'anima nostra, principio della nostra intelli­genza e della nostra volontà, non sia stata in un certo senso deificata o trasformata in Dio, come il ferro, immerso nel fuoco, si trasforma per così dire in fuoco, senza cessare d'essere ferro. I beati in cielo non possono partecipare alle operazioni propriamente divine, se non perché essi partecipano della natura divina, principio di queste operazioni, e se non perché


-LA. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA OEISTIANA   121

essi ricevettero da Dio questa natura, un poco come un figlio quaggiù riceve la sua natura dal proprio padre.

Da tutta I/eternità, Dio Padre -genera necessaria­mente un Figliuolo uguale a lui, cioè il Verbo; gli comunica tutta la sua natura senza dividerla, ne moltipllcarla; lo fa essere « Dio di Dio, Lume di Lume » ; e per pura 'bontà, gratuitamente, egli volle avere nel tempo altri figliuoli, figliuoli adottivi, se­condo • una filiazione non solo morale e figurata, ma realissima, che ci fa veramente partecipare alla na­tura divina, alla sua vita intima. «Questa filiazione adottiva, dice S. Tommaso, è così realmente una so­miglianzà partecipata della filiazione eterna del Verbo » 16. « Osservate, dice S. Giovanni, quale amore ci ha dimostrato il Padre, che siamo chiamati figVtuoU di Dio, e che tali siamo infatti» 17. Noi siamo «nati da Dio» 18 «.partecipi della natura divina», ag­giunge S. Pietro 19. «Perché coloro che Dio ha prevenuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all'immagine del Figliuoi suo, ond'egli sia il primo­genito tra molti fratelli» 20.

Tale è l'essenza della gloria, che Dio riserva a' suoi figli: «quello che l'occhio non vide, quello che l'orecchio non udì, quello che non salì nel cuore dell'uomo. Dio l'ha preparato per quelli che l'a­mano » 21.             .

Gli eletti sono veramente della famiglia di Dio, e in cielo entrano nel ciclo della Trinità santa, che abita in essi. Il Padre in essi genera il suo Verbo, il Padre e il Figliuolo in essi spirano l'Amore. La

" S. tommaso, III, q. 3, a. 8, etin Ep. ad Bom., vili, 29.

17 I joan-., in, 1.

11 joan., i, 13.

11 II petb., i, 4.

20 Rom., vili, 29.

" I Cor., Il, 9.


122    PEBFEZIONÈ CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

carità li assimila allo Spirito Santo, la visione beatifica li rende simili .al Verbo, che li assimila al Padre di cui egli è l'immagine. In ciascuno di loro la Tri­nità conosciuta ed amata abita come in un taber­nacolo vivente, e più ancora essi sono in Lei, alla cima dell'Essere, del Pensiero e dell'Amore.

Tal è il fine di tutta la vita .cristiana, di ogni progresso spirituale; qui non si tratta più dei nostri interessi terreni, ne di cercar di sviluppare la nostra personalità (povera formula, stoltamente ripetuta da molti cristiani dimentichi della vera grandezza della loro vocazione); la Rivelazione ci dice che bisogna tendere infinitamente più in alto: Dio predestinò i suoi eletti a diventar conformi all'immagine del Fi-gliuoi .suo. Il mondo, nella sua saggezza, respinge questa risposta; i suoi filosofi rifiutano di udirla; al­lora il Signore chiama gli umili, i poveri, gl'in­termi 22, a partecipare alle ricchezze della sua gloria:

« Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, disse Gesù, che tu abbi ^ nascoste queste . cose ai prudenti'e ai sapienti, e le abbi rivelate ai pic­coli» 23.

La vita eterna cominciata.

Come si può raggiungere un fine così alto? Il progresso spirituale non vi può tendere se non perché esso suppone in noi il gerirne della gloria, vale a dire una vita soprannaturale identica nel suo fondo colla vita eterna. Il germe contenuto nella 'ghianda non potrebbe diventare una quercia se esso non fosse della medesima natura della quercia, se non conte­nesse allo stato latente la medesima vita; il bambino

28 Lue., xiv, 21: «II Padre di famiglia Irritato disse allora, al suo servitore: Va presto sulle piazze e per le strade della città, e conduci qui 1 poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi. »       .

" matth., XI, 25.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CKISTIANA   123

non potrebbe diventare un uomo s'egli non avesse un'anima ragionevole, se la ragione non sonnecchiasse in lui. Così il cristiano della terra non potrebbe di­venire un beato del cielo se non avesse già ricevuta la vita divina.

Se noi vogliamo ben conoscere la natura del germe contenuto nella ghianda, dobbiamo considerarlo nel .suo stato perfetto nella quercia pienamente sviluppata. Così se vogliamo conoscere la vita (iella grazia dob­biamo contemplarla nel suo supremo sviluppo, nella .gloria che è la sua consumazione.  - :

In fondo è la medesima vita soprannaturale, là mè-,desima carità, con due differenze: Dio quaggiù è .conosciuto solamente nell'oscurità della fede, non nella chiarezza della visione; di più, noi speriamo di pos­sedere Iddio in modo inamissibile, ma finche siamo .sopra la te^ra possiamo perderlo per nostra colpa.

Nonostante queste due differenze, è la medesima vita. Lo disse nostro Signore alla Samaritana: «Se tu conoscessi il dono di Dio... Chi berrà dell'acqua ch'io gli darò, non avrà più sete; all'opposto l'acqua ch'io gli darò, diventerà in lui una fonte che zam­pillerà fino alla vita eterna» 24. Nel tempio, l'ultimo giorno della festa dei tabernacoli, Gesù stando in piedi disse ad alta vóce : « Ohi ha sete, venga da me, e beva.'A chi crede in me scaturiranno dal seno di lui fiumi, d'acqua viva» 25. S. Giovanni .aggiunge:

« Questo egli diceva riguardo allo Spirito, che erano per ricevere quelli che credevano in lui». Parecchie volte Gesù ripete, come abbiamo già osservato : « Chi crede in me ha la vita eterna» 26. «Chi mangia la mia carne, e beve il mio sangue, ha la vita eterna, ed io. lo risusciterò nell'ultimo - giorno » 27. « II regno di Dio non viene in modo da colpire gli

" joan., IV, 10-14.              " joan., Ili, 36; VI, 40, 47. 25 J.OAKT,, VII, 37.                " jqan., vi, 55.


124    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sguardi. Ne si dirà: eccolo qui, ovvero eccolo là;

perché ecco che il regno di Dio è in mezzo a voi » o « dentro di voi » 28. Esso è lì nascosto come il grano di senapa, come il lievito che farà fermen­tare tutta la pasta', come il tesoro nascosto in un campo.    -.                 

E come conosciamo noi d'aver già ricevuta questa vita che deve durar sempre? S. Giovanni ce lo spiega a lungo 2S: «Noi, dice l'Apostolo, 'sappiamo che siamo trasportati dalla morte alla vita, se amiamo i fratelli. Chi non. ama è nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che l'omi­cida non ha la vita eterna abitante in se stesso » 30.* «Vi ho scritto queste cose, perché sappiate che avete la vita eterna, voi che credete nel nome del Figliuolo di Dio» 81.

, E infatti Gesù lo disse nella preghiera sacerdotale:

« La vita eterna consiste nel conoscere tè, solo "vero Dio, :e Colui che , hai mandato, Gesù Cristo » 32. Questa cognizione già comincia colla fede sopranna­turale, e, mediante la fede viva o vivificata dalla ' carità, Gesù «abita in noi e noi in lui» 33; ciò .che lo stesso S. Giovanni spiega dicendo: «Dio ci diede la vita eterna, e questa vita è nel suo Figliuolo. . Chi ha il Figliuolo, ha la vita; chi non ha il Figliuolo, non ha la vita» si.

Se è così, che cosa diventa la morte per il véro cristiano? Un passaggio dalla vita soprannaturale an­cora imperfetta alla pienezza di siffatta vita; in questo senso appunto bisogna intendere queste parole di Gesù

-. at Lue., xvn, 20 s.

"Questo punto è posto in bella luce nello studio esegetico del Padre J. B. fb-et, S. Sp., Le Ooncept. de « Vie » dans S. Jean, comparso sulla nella rivista Biblica, 1920, p. 38-58, 213-239.

"' I joan., Ili, 11 S.

" I joan., v, 13. " joan., xvn, 3. " joan., xv, 1; xvn, 26.

" I joan.,v, 11 S.


LA PIENA. PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   125

Cristo : « In verità, in. verità vi dico, chiunque osser­verà la mia parola, mai non vedrà la morte». I Giudei stupefatti gli replicano: «Noi vediamo adesso che un demonio è in tp: Abramo è morto, i profeti altresì, e tu dici: Chiunque osserverà la mia parola non gusterà mai la morte! Chi pretendi tu di es­sere?» 35. Alla tomba di Lazzaro, Gesù disse pa-rimenti: «Io sono la risurrezione e'la vita; chi erede-in me, se anche fosse morto, vivrà; e chiunque vive e crede iti me non morrà in eterno» 3e. E ancora ai Giudei: «I vostri padri mangiarono la manna nel de­serto,'e morirono. Ecco il pane disceso dal cielo, af­finchè se ne mangi e non si muoia » 37.  . - '

La liturgia nella Messa per i morti dice la mede­sima cosa: Tuis enim fidelibus, Domine, vita mu-tatur, non tollitur ss.      .   .. : ...

La grazia santificante ricevuta nell'essenza dell'a­nima nostra è dunque, di natura sua, imperitura, essa deve durar, sempre ed essere coronata dalla vita, eterna s9. Parimenti fra le virtù teologali, ce n'è una, la carità che neanch'essa deve scomparire. «La carità non passerà mai, dice S. Paolo... Adesso queste tré cose rimangono: la fede, la speranza, la carità, ma la maggiore delle tré è la carità» w. Anzi vi . sonos dei santi quaggiù che hanno un grado di carità più alto di certi beati in cielo, senz'aver, tut­tavia altrettanta continuità nell'atto d'amore; S.; Gio-

»' joan., vili, 51-SS.

" joan., xi, 25-26. La traduzione data alla fine di onesto testo e quella che esige 11 testo greco; vedasi Giovanni, iv, 14, vili, 51 s., x, 28, xm, 8.

" joan., VI, 49 s., 59.

'» (i Per 1 vostri fedeli, o Signore, la vita si cambia, non si perde.» •• " Gf. saimanticesi, de Gratta, disp. IV, dub. vi, n. 107,109 : dub. vii, n. 141 : la grazia santificante è 11 medesimo abito, che ricevendo la sua ultima perfezione si chiama gloria o grazia consumata.

" I Cor., xm, 8,13, e S. tommaso, I-II, q. 67, a.6 : .La carità differisce dalla tede e dalla speranza in ciò ch'essa non implica imperfezione e può amar Dio sia nell'oscurità della tede, sia nella chiarezza della visione.


126    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

vanni, sopra la terra aveva un grado di carità su­periore a quello che possiede nella beatitudine l'anima d'un bambino morto subito dopo il battesimo 41. I doni dello Spirito Santo sussistono anch'essi in cielo (I-II, q. 68, a. 6). È dunque veramente la medesima vita..                    .

Senza dubbio, noi non raggiungiamo Iddio nella chiarezza della visione, ma la nostra fede raggiunge veramente Lui stesso, la grazia della fede ci fa ade­rire alla Verità increata rivelatrice, noi crediamo alla parola stessa di Dio, non a quella di S. Pietro o di S. Paolo 42, e questa parola ci rivela «le profondità-di Dio» 43. In tal modo la nostra fede è, «la -so­stanza (ossia il principio, il germe) delle cose che noi speriamo » 4:ì e che contempleremo in cielo. Questa fede, nonostante la sua oscurità, oltrepassa infinita­mente le intuizioni naturali più gemali, ed anche la cognizione naturale più sublime dell'angelo più elevato. «Quando noi stessi, dice S. Paolo, quando un angelo venuto dal cielo vi annunziasse un altro Vangelo diverso da quello ch'io vi ho annunziato, sia anatema » .

Senza dubbio, finché la speranza non darà luogo al possesso definitivo di Dio, la vita soprannaturale della

" Come dimostrano i salmantioesi, de Charitate, disp. VII, club. iv, B. 66, 1 teologi ammettono comunemente che la carità di un giusto vivente guaggiù può essere eguale a quella d'un beato del ciclo. La ragione è che la carità di oiascrm beato nella patria ha un grado de­terminato, oltre il quale essa non aumenta più. Ora questo grado può esser raggiunto ed anche oltrepassato da un'anima giusta quaggiù. Ed è certo che la S. Vergine, quand'era ancora sopra la terra, aveva una carità che oltrepassava di gran lunga quella d'ogni anima beati­ficata e quella degli angeli beati.

Ma la carità ohe un adulto possiede quaggiù è sempre inferiore a quella ch'egli stesso avrà nella patria, dove nulla più arresterà lo slancio del suo amore. Ci. I, q. 117, a. 2, ad 3.

" I Thess., n, 13.

" I Cor., n, 10.

" Hetr., si, 1.

" Gca., i, 8.


1À PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CKISTIANA   127

grazia e della carità si può perdere, ma unicamente perché noi stessi possiamo fallire e venirle meno. La grazia santificante, considerata in sé, e la carità, che è in noi, sono per sé assolutamente incorruttibili, come un'acqua viva che si conserverebbe sempre pura, se il vaso che la contiene non venisse a spezzarsi. «È Dio che fa brillare il lume nei nostri cuori... ma noi portiamo questo tesoro in vasi di creta, affinchè apparisca che questa somma potenza del Vangelo viene da Dio e non da noi» i6. Purtroppo 1 noi pos­siamo perdere la carità a cagione della volubilità del nostro libero arbitrio; ma, comunque sia della nostra fragilità, « l'amore di carità », considerato in se stesso, «è forte come la morte; il suo zelo è in­flessibile come l'inferno, i suoi ardori sono ardori di luoco, una fiamma di Colui che è. Le grandi acque non potrebbero spegnere l'amore, ne sommergerlo i fiumi» ". È l'amore che ogni giorno strappa anime /al demonio, alle seduzioni del mondo, è l'amore che trionfò delle persecuzioni, dei peggiori supplizi; e se noi stessi ci lasciamo da esso penetrare, siamo in­vincibili.

L'amore di carità è veramente identico a quello che sussiste in cielo; suppone che noi siamo «nati da Dio e non dal sangue, ne dalla volontà dell'uomo » ìs, e che siamo non solo servi di Dio, ma suoi figliuoli' e suoi amici secondo una filiazione adottiva, ma reale come la grazia, che è ben più reale che la carne, poiché essa ci è data per durar sempre.

Non intendiamo noi adesso perché la rivelazione c'insegni che la SS. Trinità abita in ogni anima in stato di grazia, come in un tempio in cui ella è conosciuta ed amata? È indubitabile che in cielo tutta la Trinità abita nell'anima dei beati come in un ta­bernacolo vivente in cui non cessa d'essere glorifi-

" II Cor., iv, 6 s.       *' Cant., vili, 6.       " joan., 1,13.


128    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

cata. Ma se la vita della grazia e della carità è in fondo identica a quella del cielo, bisogna dire, come c'insegna la Rivelazione, che fin d'ora la Santa Trinità abita nelle anime giuste : « Se alcuno mi ama, dice 'Gesù, osserverà la mia parola, e mio Padre l'a­merà, e noi verremo da lui, e porremo in lui la nostra dimora » . « Chi sta nella carità sta in Dio, e Dio in lui » 60, « Quando sarà venuto il Consolatore, lo Spirito di Verità, aggiunge. ,:nostro Signore, egli vi guiderà in ogni verità.» 61. «Non sapete voi, dice San Paolo ai fedeli di Oorinto, che siete un tempio di Dio, e, che lo Spirito di Dio abita in voi?» 62. «Non sapete voi che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo il quale è in voi, il quale vi è stato dato da Dio, e che voi non siete più di voi .stessi?» 63. «.Noi siamo il tempio di Dio vivo » 51.

Quest'abitazione della SS. Trinità in ' noi è . appro­priata allo Spirito Santo, perché la carità che resterà in cielo, ci assimila più particolarmente allo Spirito d'amore, laddove la fede che sarà sostituita dalla visione, non ci assimila ancora se non imperfettamente al Verbo, figura del Padre e splendore della sua so­stanza. Nondimeno la SS. Trinità è tutta quanta in noi, come la vita della nostra vita, l'anima dell'anima nostra; alle volte ella si fa sentire a", noi special­mente mediante il dono della sapienza 65, e in tal

" joan., xiv, 23.               .

" I joan., iv, 16.

" joan., xvi, 13.

" I Oor., ni, 16 s.      ,        :

" I Cor.. vi, 19.

" IIC'or.,vi, 16.

, " Ct. S. tommaso, I, q. 43, a. 3 : « Dio è in ogni cosa perla sua essenza, per la sua potenza e per la sua presenza, come la causa negli effetti che partecipano alla sua perfezione. Ma oltre questo modo generale di pre­senza, ce n'è uno speciale che conviene alla creatura ragionevole nella quale Dio è come oggetto conosciuto ed amato. E perche, conoscendolo ed amandolo, la creatura ragionevole colla sua operazione raggiunge Dio stesso, si dice non solo che Dio è in lei, ma ch'egli vi abita come nel suo tempio... Ella anzi lo possiede, perché può li neramente go-


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   129

modo, nell'oscurità. della fede, ci dispone alla vita beata.                   ' .

«La vita eterna cominciata, dice-Bossuet 56, con­siste nel conoscere per la fede (cognizione tenera e affettuosa che porta ad amare) 67; e la vita eterna consumata consiste nel vedere faccia a faccia e sve-latamente; e Gesù Cristo ci da l'una e l'altra, perché ce la merita e perché ne è il principio in tutte le membra ch'egli animar. '

Tal è la vita della grazia e della carità, infini­tamente superiore al genio, al dono dei miracoli, alla scienza degli angeli58. Tale dev'essere particolarmente la perfezione cristiana, di cui ci sarà più facile de­terminare adesso, senza sminuirla, la vera natura e le condizioni. Noi già vediamo ch'essa è la configu­razione al Figliuolo unico di Dio, configurazione progressiva, che ^ deve renderci simili a Cristo Gesù nella sua vita nascosta, nella sua vita apostolica,

dere di Lui ; questo potere procede dalla grazia santificante, colla quale lo Spirito Santo stesso ci tu dato. »

I Sent., d. 14, q. 2, a. 2, ad 3 : « Non basta una cognizione qualunque perché vi sia missione (e abitazione dello Spirito Santo), ma si richiede una cognizione che proceda da un dono appropriato a questa persona, un dono ohe ci unisca a Dio secondo il modo proprio di questa persona, cioè per amore. Così questa, cognizione è quasi sperimentale. " Suppone dunque la presenza di Dio, che così si fa sentire a noi, come il principio che ci vivifica. Questa spiegazione, pur lasciando sussistere il mistero, si rischara assai, se si ricorda che la carità è la medesima virtù in cielo e in terra; in quanto amicizia perfetta essa già esige l'unione reale con Dio amato sopra ogni cosa. Dio puro spirito, non essendo di natura sua in un luogo, non è da noi separato per lo spazio, già è in noi come in tutte le cose a titolo di causa prima conservatrice. Per non pochi tornisti, s'egli, per impossibile, non fosse già presente in noi, divente­rebbe presente per la carità. Cf. B. froget, O. P.: L'abitazione dello Spirito Santo nelle anime giuste (ediz. mabietti, Torino),, e I, q. 43, a. 3, II-II, q. 27, a. i, gonet, salmanticesi, billuart. Tuttavia su questa ipotesi « per impossibile », giovanni di S. tommaso parla diver­samente, ma la sua opinione pare meno probabile.

" bossuet Meditazioni sul Vangelo, p. II, 37° giorno, in Joan., xvn, 3 : « La vita eterna consiste nel conoscere voi, che siete il solo vero Dio, e Gesù Cristo che avete mandato. »

" IWd.

" I Cor., xin, 1 ss.

9 — Perfezione: e Contemplazione. - I.


130    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

nella sua vita dolorosa, prima di farei partecipare alla sua vita gloriosa, di cui già abbiamo il germe:

«Chi crede in me ha la vita eterna» 69.

Noteremo fin d'ora due conseguenze importanti che derivano da questa dottrina..

1° Poiché la grazia, santificante - è la vita eterna cominciata, poiché già in ogni anima giusta vi è-Vill'unione abituale colla SS. Trinità, che abita in lei, l'unione mistica o l'unione attuale, intima e pres­soché continua con Dio, così come si trova fin di quaggiù nelle anime sante, apparisce come il punto culminante, sopra la terra, dello sviluppo della grazia delle virtù e dei doni, e come il preludio normale,.. sebbene assai poco frequente, della vita beata 60. Quest'unione mistica infatti appartiene all'ordine della grazia santificante, e, procede essenzialmente dalla «grazia delle virtù e dei doni», e non dalle g'ra»zie gratis datae, transitorie e in qualche modo esteriori (come il miracolo e la profezia) che possono accom-, pagnarla.. La vita mistica è la vita cristiana dive­nuta in qualche modo cosciente di se stessa. Essa. non ci da la certezza assoluta che noi siamo in stato di grazia, certezza che supporrebbe una rivelazione speciale, secondo il Concilio di Trento, ma, come dice S. Paolo, «lo Spirito Santo rende testimonianza"

" joan., m, 36.                   ,                      , •" Ot. S. giovanni della croce, Salita del Carmelo, 1. II, e. iv (trad. Hoomaert, p. 91-95); 11 Quanto più grande è l'amore, tanto più ancora è intima l'unione, e ciò significa ohe la conformità di volontà con quella di Dio è più perfetta. La volontà, conforme nella sua totalità, effettua nella sua totalità l'unione e la trasformazione soprannaturale in Dio.

« Questa dottrina fa già comprendere che se l'anima è occupata delle ' creature o delle sue facoltà, sia per attrattiva, sia per disposizioni abi­tuali, manca per ciò stesso di preparazione ad una simile unione: la ragione è ch'ella non si offre interamente a Dio, ohe vuole la sua trasfor-. inazione soprannaturale. Bisogna dunque che l'anima si preoccupi unicamente di eliminare gli ostacoli, le dissomiglianze naturali, af­finchè Dio, che si comunicava già naturalmente secondo la natura, si comuniohi soprannaturalmente mediante la grazia. » Così si conferma la dottrina che abbiamo difesa sulle relazioni tra l'Ascetica e la Mistica.


LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CRISTIANA   131

al nostro spirito che noi siamo figli di Dio» 61; Egli ce lo fa conoscere, osserva S. Tommaso, «mediante l'amor filiale che produce in noi» 62.

2" Siccome la vita della grazia è essenzialmente ordinata a quella della gloria, la sommità normale, sebbene in fatto abbastanza rara, del suo sviluppo dev'essere una disposizione perfettissima a ricevere il lume della gloria, appena dopo la morte, senza pas­sare per il purgatorio; perché è solamente per colpa nostra che noi saremo trattenuti in quel luogo di espiazione, dove non si merita più. Ora questa dispo­sizione perfettissima alla glorificazione immediata non può essere se non una carità intensa con l'ardente desiderio della visione beatifica, tali quali li riscon­triamo soprattutto 'a.eQ.'unione trasformante, dopo le dolorose purificazioni passive che hanno liberata l'a­nima dalle sue scorie. Poiché niente d'inquinato entra in cielo, queste purificazioni passive,, bisogna, come principio, conoscerle almeno in una data misura prima della morte, meritando e progredendo, o dopo la morte senza meritare n@ progredire 6S.  :

Queste conseguenze, su cui dovremo ritornare, ci rivelano la grandezza della perfezione cristiana at­tuabile quaggiù, e contengono il più pratico e il più alto degl'insegnamenti.

" Bom.. vili, 16-2.

«i! S. tommaso, m Ep. ad Bom., vili, 16, et I-II,q. 112, a. 5. —B. fbo-GET, ^abitazione dello Spirito Santo nelle anime giuste.

63 Ciò non vuoi dire che in fatto sia d'uopo arrivare all'unione trasfor­mante prima di morire, per evitare il purgatorio ; vi sono certamente delle anime che, come quelle dei bambini morti subito dopo il battesimo, vanno direttalmente in oielo senza essere giunte quaggiù a questo grado d'unione intima. Ma qui, considerando una questione di principio, più che di fatto, quello che vogliamo dire e spiegheremo più avanti, è che l'unione trasformante è il preludio normale, della visione beatifica, è una som­mità normale; la prima di queste due parole non deve farci dimenticare la seconda, ne la seconda la prima. Parecchi di quelli che muoiono su­bito dopo il battesimo o dopo la professione religiosa sono lungi dall'es­sere perfetti ; se avessero continuato a vivere, sarebbero caduti in colpe ohe avrebbero rese necessario le purificazioni di cui parliamo.


132                  PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

AimCOLO II.

La perfezione cristiana consiste specialmente nella carità.

Per trattare della perfezione cristiana, noi abbiamo considerato il fine a .cui essa è essenzialmente ordi­nata, e secondo questo punto di vista l'abbiamo definita: il cominciamento della vita eterna nelle anime nostre ossia la vita eterna cominciata nella oscurità della fede. La grazia, di cui essa è quaggiù il pieno sviluppo, si definisce già'in fatti il germe della gloria, semen gloriae, e fra le tré virtù teologali che possediamo, ce n'è una che deve sussistere sempre: la carità.                                 .» '

Dobbiamo ora, con 8. Tommaso 1, considerare in che consista specialmente e principalmente la per­fezione cristiana quaggiù; quali siano i suoi rap­porti 1° colle virtù e coi doni dello Spirito Santo, 2o coi precetti e coi consigli.

E vedremo ch'essa consiste specialmente nella ca­rità, principalmente nella carità verso Dio, e secon­dariamente nella carità verso il prossimo. Studie­remo poi che cosa è la carità dei perfetti per oppo­sizione a quella dei principianti e dei proficienti;

vedremo quali sono i gradi della carità perfetta fino all'eroismo ed alla santità. Saremo così .condotti a parlare dei rapporti di questa carità dei perfetti Colle altre virtù, colle purificazioni passive dell'a­nima, coi doni dello Spirito Santo, principii della

1 I-II, q. 184. Noi seguiremo l'ordine degli articoli di questa que­stione, rendendoli completi con quelli del trattato della carità, che vi ei riferiscono immediatamente.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   133

contemplazione. Da ciò vedremo la difficoltà e la grandezza della perfezione evangelica, considerata in tutta la sua elevatezza, così .come ce la propone nostro Signore, nelle otto beatitudini al principio del discorso del monte.

In secondo luogo tratteremo dei rapporti della per­fezione così definita col precetto dell'amore, e coi consigli. E finalmente vedremo a quali diversi titoli l'obbligo di tendere alla perfezione s'imponga ad ogni cristiano, ai chierici e ai religiosi. È con al­cuni complementi l'ordine seguito da S. Tommaso nella trattazione di quest'argomento, II-II, q. 184.'

Dottrine erronee o incomplete •sull'essema della perfezione.

Per risolvere la. questione: in. che consista special-mente la perfezione cristiana,, S. Tommaso si do­manda, a modo di obiezione,, se essa non si trovi soprattutto nella sapienza, o nella fortezza, nella pa­zienza, o ancora nell'insieme- delle virtù. Son queste infatti concezioni diverse che si presentano alla mente, e che furono proposte in modo più o meno esplicito.

Per i sapienti greci, la perfezione stava soprattutto nella sapienza, di cui il filosofo è l'amico, nella vi­sione di tutte le cose, considerate nella loro causa prima e nel loro fine ultimo, visione che afferra l'ar­monia dell'universo, e deve dirigere tutta la nostra vita.

Oggi i teosofi fanno consistere la perfezione nel « renderci coscienti della nostra identità divina », nella intuizione della nostra divinità. — La teosofia infatti suppone il panteismo, ed è la negazione radicale del­l'ordine soprannaturale e di tutti i dogmi cristiani, benché spesso conservi i termini del cristianesimo ' dando loro un altro senso. È una perfidissima imi—


134    PERFEZIONE CRISTIANA E COSTEMPLAZIONE

fazione e corruzione della nostra ascesi e della nostra mistica 2.         

Alcuni cristiani sarebbero inclinati a dire: la perfe­zione consiste principalmente nella contemplazione, che deriva dal dono della sapienza, e per provarlo invoche­rebbero i testi di S. Paolo: « Siate come bambini ri­spetto alla malizia, ma siate perfetti per il giudizio » 3;

«noi parliamo della sapienza tra i perfetti..., l'uomo spirituale giudica di ogni cosa..., noi abbiamo il senso di Cristo » 1. Leggendo questi testi ispirati, in modo troppo naturale e troppo corrivo, certe persone pen­seranno forse d'arrivare rapidamente alla perfezione mediante la lettura assidua dei grandi mistici, senza. curarsi gran fatto di praticare le virtù ch'essi rac­comandano, e senza ricordare abbastanza che la vera contemplazione dev'essere tutta compenetrata di ca­rità soprannaturale e di oblio di sé 5.

Secondo un punto di vista inferiore, alcuni trascor­rerebbero anche a pensare che lo studio della teologia e delle scienze annesse sia ciò che vi è di principale nella vita del sacerdote, dell'apostolo, perché egli deve lottare contro l'errore e illuminare le intelligenze. Si potrebbe in tal modo giungere a tenere praticamente per secondario, in una vita sacerdotale e apostolica, la celebrazione della santa messa e l'unione con Dio, unione che pure è l'anima stessa dell'apostolato. Quanti, senza quasi rendersene ragione, fanno consi­stere la perfezione in quello ch'essi chiamano il pieno sviluppo della loro personalità, e soprattutto cercano.

2 Vedasi l'opera del P. maina&b, O. P., Les prinezpes de la fhéosophie, 1922 (edizione della Reme des Jeunes).

3 I Cor.. xiv, 20.         .

4 I Cor., il, 6, 1S, 16.

6 La contemplazione, ohe è un atto delFin folletto, come vedremo appresso, non è quello in cui consiste specialmente la perfezione, questa sta nella carità. Nondimeno la contemplazione amorosa di Dio è quaggiù il mezzo più efficace per raggiungere la perfezione della carità, ed è un mezzo congiunto al fine.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   136

questo in una grande cultura umana, svariatissima, informatissima dei problemi attuali, quanto mai solle­cita di prendere il Cristianesimo da' suoi lati più at­traenti per una natura elevata; essi però ne penetrano poco più che la corteccia, e alla fin fine si fermano al naturalismo pratico, senza influsso vivificante .sulle anime. Quelli tra loro che sono poi profondamente mossi dalla grazia di Dìo s'accorgono della loro strana illusione, e comprendono che l'edificare solamente sul­l'intelligenza è un edificare sopra l'arena, come dice S. Tommaso a proposito della parola di nostro Signore:

«.super arenam aedificat» (Matth., vii, 27). Non vi­vificata dall'amor di Dio, « la scienza produce in noi la gonfiezza dell'orgoglio, dice S. Paolo; ed è la carità che edifica» 6. Perché? — Perché essa ci fa vivere non « per noi », come chi cerca solo il pieno sviluppo della sua propria personalità, ma «per;

Dio»: « charitas proprie facit tendere-in Deum, uniendo affectum hominis Deo; ut scilieet homo non sibi vivai, sed Deo » 7.

A questo intellettualismo esagerato s'oppone un'altra .tendenza ugualmente difettosa: i caratteri portati al­l'azione sono per ciò stesso inclinati a fare consistere la perfezione soprattutto nell'attività esteriore, nella fortezza o nel coraggio che in essa bisogna mostrare, oppure nella pazienza, quando le circostanze ci sono contrarie. Per gli eroi dell'antichità, il' perfetto è specialmente il forte, l'intrepido. Se si vuole tras­portare questa concezione nell'ordine soprannaturale, si citerà la sentenza di S. Giacomo : « la pazienza fa opera perfetta » 8. È infatti la gran virtù che di­mostra la santità dei martiri. Ma che cosa è che ispira e regola questa pazienza ? Non è forse una virtù superiore?

' « Soientta inflat, charitas a-utem aedtflcat » (I Gor., vili, 1). ' S. tommaso, I-II, q. 17, a. 6, ad 3. ' jaoob., i, 4.


136    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Secondo una tendenza analoga, alcuni sarebbero propensi a far consistere la perfezione specialmente nell'austerità, nei digiuni, nelle pratiche di penitenza, e sotto quest'aspetto gli ordini religiosi più austeri sarebbero per ciò stesso i più perfetti. Così si giunge­rebbe forse, non senza orgoglio, come i giansenisti, a un certo amore dell'austerità, che si cambierebbe nel falso zelo e nell'amarezza; gli si sacrificherebbe la carità 9, e si farebbe Consistere formalmente la virtù piuttosto nel difficile anziché nel bene e nel­l'orbe voluto da Dio 10, Sarebbe un confondere un mezzo col fine, o anche un invertire l'ordine del mezzo al fine, che è l'unione con Dio; l'austerità dev'essere. proporzionata a questo scopo, ma non è lo scopo 11. Altrettanto bisogna dire dell'umiltà, che ci piega da­vanti a Dio, perché noi riceviamo docilmente il suo influsso, che 'deve sollevarci a Lui 12.

• SI può dire in un senso giustissimo : « II meglio ohe si possa fare della miglior cosa è il sacrificarla », a coudizione però che si conservi la gerarchla dei doni e delle virtù, e non si sacrifichi ciò che è supe­riore a quello che è minore.

" « Ratio virtutis magis oonsistit in tono. quam in difficili, quamvis diffioultas provenieng ex magnitudine operis meritum augeat«, dice in sostanza S. tommaso, I-II, q. Ili, a. i, ad 2 ; II-II, q. 155, a. i, ad 2 ;

q. 123, a. 12, ad 2. La virtù consiste più nel bene che nel difficile, quan­tunque la difficoltà proveniente dalla grandezza dell'opera da compire accresca il merito. Il principio del merito è nella carità, quindi è più meritorio compire con gran carità cose tacili, che tare con una carità minore cose penosissime; è cosi che molte anime tiepide portano la loro croce senza gran merito, laddove la S. Vergine cogli atti di carità più tacili meritava più di tutti i martiri insieme nei loro tormenti.

" S. tommaso a questo proposito dice, II-II, q. 188, a. 7, ad 1:

« La povertà non è la perfezione, ma un mezzo, uno strumento di perfe­zione, per altro inferiore alla castità e all'ubbidienza. Ora il mezzo o

10 strumento non è ricercato per se stesso, ma per il fine, ed è tanto migliore, in quanto è, non maggiore, ma più proporzionato al fine.

11 buon medico è colui che da non molti, ma buoni rimedi... Un ordine religioso non è dunque più perfetto, perché è più povero, ma perché la. sua povertà è meglio proporzionata al fine della vita religiosa e al suo fine speciale proprio. '

12 Ot. S. tommaso, II-II, q. 161, a. 5, ad 2: n L'umiltà e una virtù fondamentale in quanto rimuove il principale ostacolo, l'orgoglio a cui Dio resiste, e In quanto sottomette perfettamente l'uomo a Dio, perché


•LA. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   137

Altri sarebbero inclinati a far consistere la per­fezione principalmente nel culto interno ed esterno che si deve a Dio, negli atti della virtù della religione, negli esercizi di pietà compiuti colla massima fe­deltà e nella divozione che li anima. Qui ci avvici­niamo alla verità; ma nondimeno questo modo di vedere non discerne abbastanza la superiorità delle virtù teologali, che più-delle altre ci uniscono a Dio, perché sono immediatamente specificate da Lui; la virtù della religione resta loro inferiore, perché essa riguarda immediatamente, non Dio stesso, ma il culto che gli è dovuto 13. Sotto quest'aspetto, si giungerebbe forse ad essere più attenti, al culto, alla liturgia, che a Dio stesso, alle figure che alla realtà, al modo come si deve dire un Pater o un Gloria che al senso sublime di queste preghiere: il servizio di Dio pas­serebbe avanti all'amor di Dio.

Altri finalmente, assai rari, sarebbero tentati di vedere la perfezione nella vita solitària, soprattutto se l'anima è ivi favorita di visioni e di rivelazioni. Aristotile, nel libro 1° della sua Politica, dice : « Chi vive nella solitudine e non comunica più cogli uo­mini è una bestia o un Dio ». E lo Spirito Santo. stesso, per bocca del profeta Osea, dice-della nazione eletta, figura dell'anima inferiore : « Io voglio attrarla e condurla nel deserto, ed ivi parlerò al suo cuore » (n, 16). Ma ne segue forse che l'amore della soli-, tudine sia l'essenza della perfezione? Che cosa fa­rebbero le anime ferventi, trattenute nel mondo dai loro doveri, che cosa farebbero gli apostoli, i sacer-

egll riceva l'influsso della grazia. Perciò sta scritto: 11 Dio resiste al su­perbi, e da la grazia agli umili », jac., iv. In questo senso l'umiltà è chia­mata fondamento dell'edifìcio spirituale. » Ma è 'però inferiore alle virtù che ci uniscono immediatamente a Dio, cioè alle virtù teologali, ed anche alle virtù intellettuali, come la sapienza, e alla giustizia legale. Ct. iWd.

13 Cf. II-II, q. 81, a. 5: Perché la virtù della religione non è una virtù teologale, ma solo la prima delle virtù morali? Perché il suo oggetto è il culto dovuto a Dio e non Dio stesso.


138^    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

doti consacrati al ministero, che non possono ritirarsi in una tebaide? «La solitudine, dice S. Tommaso, come la povertà, non è l'essenza della perfezione, ma sì un mezzo o uno. strumento» (II-II, q. 188, a. 8).

Come osserva S. Francesco di Sales: «Ognuno si rappresenta la divozione (o la perfezione) conforme alla sua passione e alla sua fantasia. Chi è dedito al digiuno si crederà, digiunando, di essere un gran divoto, quand'anche abbia il cuore pieno di risenti­menti... Un altro s'immaginerà di essere divoto, perché recita ogni giorno una filza di preghiere, seb­bene poi la sua lingua trascorra a parole dure, ar­roganti -e ingiuriose con quei di casa e coi vicini. Quell'altro tira fuori volentieri dal borsellino la li­mosina da dare ai poveri, ma non è buono a cavar dal cuore un tantino di dolcezza con cui perdonare a'' .suoi nemici; altri invece perdonerà ai nemici, ma non soddisfa a' suoi creditori. Questo in realtà non è altro che un simulacro e una larva di divozione (o di perfezione) » u.

Ciascuno è proclive a giudicare conforme alle sue attitudini e a'- suoi gusti individuali, 'e cerca pòi' Una giustificazione delle sue vedute.

Per evitare questo difetto, alcuni faranno consi­stere la perfezione nelVinsieme delle virtù cristiane, e invocheranno le parole di S. Paolo: «Rivestitevi di tutte le armi di Dio, a fine di potere tener fronte alle insidie del demonio... a fine di poter resistere nel giorno cattivo, e restare in piedi dopo aver superato tutto» (Eph., vi, 11).        '      .

È indubitato che tutte le virtù cristiane son ne-cessarie alla perfezione evangelica: 'la. fede, la spe­ranza, la carità, e le virtù morali, tra le quali tiene il primo posto la virtù della religione, che è la giu­stizia riguardo' a Dio.

11 Introduzione- alla vita divota, e. i.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   139

Ma tutte queste virtù sono ordinate, come le fun­zioni d'un organismo, e fra loro non ce n'è forse una che domina tutte le altre, che le ispira, le comanda, le anima o le informa, e fa convergere tutti i loro sforzi ad un medesimo fine supremo? E non è forse principalmente in questa virtù maestra che consiste la perfezione, alla quale le altre virtù devono concor­rere ?

Vera soluzione :

La Perfezione sta specialmente nella Carità.

Alla questione proposta, vediamo che cosa risponde la Scrittura, poi vedremo che cosa insegna la teologia.

S. Paolo, e tutta la tradizione con luì7 ci risponde:

« Come eletti di Dio, santi ed amati, rivestitevi di viscere di misericordia, di bontà, di umiltà, di dol­cezza, di pazienza. Sopportatevi gli uni cogli altri... Ma sopra tutte queste cose abbiate la carità la quale è il vincolo della perfezione. E trionfi nei vostri cuori la pace di Cristo, alla quale siete anche stati chiamati per formare un solo corpo» (Coloss., in, 12-15)..                                  

Infatti . questa virtù della carità risponde appunto ai due più grandi precetti, che sono .il fine di tutti gli altri e dei consigli: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come tè stesso» (Lue., x, 27).

S. Paolo è talmente convinto di questa superiorità della carità sopra tutte le altre virtù, sopra i doni, e sopra le grazie gratis datae, che scrive: « Quand'io parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, se non ho la, carità sono come un bronzo risonante o un cembalo squillante. E quando avessi iF dono della profezia, e intendessi tutti i misteri e ogni scienza,


140    PEETEZIONB CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

e quando avessi tutta la fede sicché trasportassi le montagne, se non ho la carità sono un niente. .E quando distribuissi in nutrimento dei poveri tutte le mie facoltà, e quando sacrificassi il mio corpo ad

.essere bruciato, se ,non ho la carità, nulla mi giova» 15. Se non compio il primo comandamentp di Dio, se non conformo la mia volontà alla sua, io rimango lontano da Lui.

Del resto la, carità abbraccia in qualche modo tutte le virtù che le sono subordinate e che appariscono come altrettante modalità o aspetti dell'amore di Dio. È quello che dice 8. Paolo, nel medesimo luogo:

«La carità è paziente, è benefica; la carità non è

. astiosa, non è insolente, non si gonfia, non è ambi­ziosa, non cerca il proprio interesse, non si muove ad ira, non pensa male, non gode dell'ingiustizia, ma gode della verità; a tutto si accomoda, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta» 16.

A ciò bisogna aggiungere coll'Apostolo : «La carità non perisce mai. Le profezie passeranno, e cesse­ranno le lingue, e la. scienza sarà abolita. Poiché imperfettamente conosciamo e imperfettamente profe­tiamo. Venuto poi che sia quello che è perfetto, sarà rimosso quello che è imperfetto... Vediamo adesso a traverso di uno specchio, in un modo oscuro, ma al­lora vedremo faccia a faccia; ora conosco in parte, ma allora conoscerò in quel modo stesso, ond'io pure sono conosciuto. Ora poi restano la fede, la speranza, la carità; ma la più grande di queste è la carità)) 17. Solo essa sussisterà eternamente, quando la fede e la speranza saranno scomparse, per dare luogo alla visione e al possesso definitivo di Dio.

Di più, secondo S. Paolo, in proporzione che noi amiamo Dio, lo conosciamo con quel conoscimento saporoso che è la divina sapiewa: « Siate radicati e

" I C'o»-.,xnr, 1.            " IW., i.              " IUd., 8.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   141

fondati nella carità, affinchè possiate con tutti i santi comprendere quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza, e la profondità, e intendere eziandio quella carità di Cristo, che sorpassa ogni scienza, per modo che siate ripieni di tutta la pienezza di Dio» 18.

Finalmente S. Paolo ci dice ripetute volte: per la carità noi diventiamo il tempio ove abita lo Spirito Santo.                . •

È la medesima dottrina che troviamo nell'apostolo S. Giovanni: «Dio è amore; e chi sta nell'amore sta in Dio, e Dio in lui» 19; «Chi non ama non ha conosciuto Dio, poiché Dio è amore» 20; «noi sap­piamo che siamo stati trasportati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama è nella morte » 21.                               ^

S. Pietro dice la stessa cosa: «Prima di tutto ab­biate gli uni per gli altri un'ardente carità, perché la carità copre una moltitudine di peccati» 22. Il Si­gnore aveva,/ detto della Maddalena ; « Le sono rimessi molti peccati, perché ha amato molto».

Quest'insegnamento scritturale, costantemente com­mentato dai Padri, prende ai nostri occhi tutto il suo valore dalla spiegazione che ne da la teologia. Vediamo come S. Tommaso stabilisce che la perfe­zione cristiana consiste specialmente nella carità.

«Ogni essere, ci dice egli 23, è perfetto in quanto raggiunge il 'suo fine, che è la sua perfezione ultima » ;

così il soldato che sa battersi, il medico che cura bene, il maestro istruito che ha l'arte di comunicare la sua scienza; ma non bisogna confondere questi fini parti­colari del soldato, del medico, del maestro, col fine universale di tutta la vita umana, col fine dell'uomo

18 Ephes., in, 17.                 " I joan., Ili, 14. " I joan., iv 16.                 8a I petb., IV, 8. " I joan., iv, 8.                  " II-II, <l. 184, a. 1.


142    EEETEZIONE CRISTIANA E CONTEMPIiÀZIONE

e del cristiano. «Ora, continua S. Tommaso, il fine ultimo della vita umana è Dio, ed è la carità che ci unisce a lui, secondo il detto di S. Giovanni: "Chi sta nella carità, sta in Dio, e Dio sta in, lui,, 2*. Dunque la perfezione della vita cristiana consiste spe­cialmente nella carità».                -

II santo Dottore aggiunge, più oltre: «La perfezione si trova principalmente nell'amor di Dio, e seconda­riamente nell'amor del. prossimo, che sono l'oggetto dei precetti principali della legge divina; solo ac­cidentalmente sta nei mezzi o strumenti di perfezione, che ci sono indicati dai consigli evangelici ,25. Ritor­neremo più tardi sulla questione dei consigli di povertà, castità ed ubbidienza, ma già fin d'ora è chiaro ch'essi sono subordinati alla carità. Non è men certo che l'oggetto primo di questa virtù teo­logale è Dio stesso; il prossimo ne è l'oggetto secon­dario, e dev'essere amato per Dio, che egli deve glorificare eternamente con noi partecipando alla sua beatitudine.

La carità così concepita è veramente «il vincolo della perfezione », come dice S. Paolo, -perché, se l'uomo è reso perfetto da tutte le virtù, la carità le riunisce tutte, le ispira, le comanda (imperai), le anima o le informa, ed assicura la loro perseveranza, facendo convergere i loro atti al fine ultimo, a Dio amato sopra ogni cosa. La carità non solo ci lega a Dio, ma lega in qualche modo tutte le virtù, e ne costituisce una unità perfetta 26,

Di più la carità, perché ci unisce così al nostro fine ultimo, non può coesistere col peccato mortale che ci allontana da questo fine; essa è dunque inseparabile dallo stato di grazia o di vita divina, laddove la fede e la speranza possono trovarsi in un'anima peccatrice

" I joan.,iv, 16.

" II-II, q. 184, a. 3.

" Ct. 8. tommaso, m Ep. ad Coloss., m, 14,.et II-II, q. 23, a. 6, 7, 8.


•LA. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIAMA   143

in stato di morte. Così si spiega il detto di S. Paolo:

«Senza la carità, se avessi anche una fede da traspor­tare le montagne, non sono niente»; senza la carità siamo «nella morte», dice S. Giovanni. Con ciò si spiega ancora la sentenza di S. Pietro: «La carità copre una moltitudine di peccati».

Finalmente, perché non ha nessuna delle imperfe­zioni della fede e della speranza, la carità sussisterà eternamente. Fin di quaggiù essa raggiunge Dio immediatamente, e per questo essa ci fa tempii dello Spirito Santo. Cf. II-II, q. 27, a. 4; I, q. 43, a. 3..

La perfezione adunque consiste veramente in essa in modo speciale;- e non solo essa raggruppa tutte le nostre forze, ispira la nostra pazienza e la nostra ' perseveranza, ma riunisce ancora le anime tra loro, e le porta a unirsi nella verità.

L'obiezione degli intellettuali:

Perché la carità è superiore alla nostra cognizione,-, di Dio ?

A questa grande dottrina tradizionale certi spiriti, soprattutto intellettuali, faranno un'obiezione. L'in­telligenza, diranno, non è forse la prima facoltà dell'uomo, quella che dirige le altre e che primiera­mente ci distingue dalla bestia ? Non bisogna forse concludere che la perfezione dell'uomo si trova spe­cialmente nella cognizione intellettuale ch'egli può avere di tutte le cose considerate nel loro principio e nel loro fine, e perciò nel conoscimento di Dio, -regola suprema della vita umana?

S. Tommaso non ha certo ignorato questo aspetto del problema della perfezione.

Egli stesso ammette che l'intelligenza è superióre alla volontà ch'essa dirige: l'intelligenza infatti ha un oggetto più semplice, più assoluto, più universale,


144    PERFEZIONE CRISTIANA. E CONTEMPLAZIONE

l'essere in tutta la sua universalità, e per conse­guenza tutti gli esseri; la volontà ha un oggetto più ristretto, il bene, che è una modalità dell'essere, e in ciascuna cosa la perfezione che la rende deside­rabile. Come il bene suppone l'essere, la volontà sup­pone l'intelligenza ed è diretta da essa; è dunque per .l'intelligenza che l'uomo differisce primieramente dal bruto, ed è perciò la prima delle sue facoltà ?7.

S. Tommaso ammette pure che in cielo la nostra beatitudine sarà essenzialmente nella visione beatifica, nella visione intellettuale e immediata dell'essenza divina, perché è anzitutto per questa visione che noi prenderemo possesso di Dio per l'eternità; l'amor beatifico sarà solo la conseguenza necessaria di questo conoscimento immediato del sommo Bene. Siccome le proprietà d'una cosa derivano dalla sua essenza, il nostro amore immutabile di Dio e la gioia di posse­derlo seguiranno necessariamente la visione beatifica, la .quale sarà così l'essenza della nostra beatitu­dine 28.

Il Dottor angelico non poteva meglio affermare la superiorità dell'intelletto sopra la volontà, in prin­cipio, e nella vita perfetta del cielo.

Perché ci dice adesso che la perfezióne cristiana quaggiù consiste specialmente nella .carità, che è una virtù della volontà, e non nella fede o nel dono della sapienza, nella contemplazione, che appartengono all'intelletto?

In questa questione, ci da egli stesso una risposta delle più profonde, e di un'importanza capitale in •

" I, q.. 82, a. 3.

" I-II, q. 3, a. i: «Oonsequimur ipsum (Demn) per hoc quod flt praegena nobis per actum intelleotus, et tunc voluntas delectata con-quiesoit in fine jam adepto. Sic igitur essentia beatitudinis in aotu in-telleotus consistit, sed ad voluntatem pertinet delectatio beatitudtnem consequens, secundum quod Angustinus dicit (Coiifes., X, 23), quod. beatitudo est gaudimn de Tentate ; quia seilicet ipsum gaudium. est consuinmatio beatitudinis ».


LA PIENA PERFEZIÓNE DEIAA VITA CRISTIANA   145

teologia ascetica e mistica. Egli ci dice in so­stanza 29: Benché una facoltà, per la stessa sua na­tura, sia superiore ad un'altra, come la vista è su­periore all'udito, può darsi che un atto della seconda sia superiore a un atto della prima, come l'audizione d'una sublime e rarissima sinfonia è più ricercata che la vista d'un colore ordinario. Così quantunque l'intelletto, per la sua stessa natura {simpliciter), sia superiore alla volontà ch'esso dirige, perché ha un oggetto più semplice, più assoluto, più universale;

tuttavia secondo un certo aspetto (secundum quid) e in ordine a Dio, l'intelletto resta quaggiù inferiore alla volontà; in altre parole, quaggiù l'amor di Dio è più perfetto del conoscimento di Dio (melior est amor quam cognitio) mentre è meglio il conoscere le cose inferiori ' .che l'amarle.

Osservazione profonda che non si medita mai ab­bastanza.

E d'onde viene questa superiorità dell'amor di Dio sopra il conoscimento che abbiamo di Lui quaggiù ? «Viene, dice S. Tommasp 30, dal fatto che Fazione del nostro intelletto si fa. mediante la rappresenta­zione m noi della realtà conosciuta, laddove l'azione della nostra volontà si porta verso la cosa amata, tal quale è in sé. Quindi il filosofo dice che il bene, oggetto della volontà, è nelle cose, mentre il vero;

è f crinalmente nella mente ». .Ne segue che quaggiù il nostro conoscimento di Dio è inferiore àll'amor di Dio, poiché, come dice il Dottor angelico 31, per conoscere Dio, noi l'attiriamo in qualche modo in noi, e per rappresentarcelo gì'imponiamo il limite delle nostre idee circoscritte. Laddove, quando l'amiamo, noi .ci portiamo, ci solleviamo a. lui, tal quale è in se stesso. È dunque meglio amar Dio che conoscerlo, benché'l'amore supponga sempre una certa cogni-

" I, q. 82, a. 3.

10 — Perfezione e Gontemninzi.fvnr - t

" I, g.-82, a. 3.


14-6    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

zione e sia diretto da essa. All'opposto, è meglio conoscere le cose inferiori che amarle: conoscendole noi in qualche modo le eleviamo al nostro intelletto, mentre amandole noi c'incliniamo verso di loro, e po­tremmo renderci schiavi di esse, come l'avaro del suo tesoro; è meglio conoscere le proprietà dell'oro che amarlo. È questa una delle dottrine capitali del Trattato dell'Uomo che. ci lasciò S. Tommaso.

.. Il S. Dottore dice la medesima cosa nel Trattato della Carità, II-II, q. 27, a. 4,-quando si domanda:

Si può quaggiù amar Dio immediatamente, ossia senza intermedio ? Egli risponde : « La nostra cognizione di Dio, perché è mediata (ossia per via d'idee) è detta enimm.atica e scomparirà per dar luogo alla visione. Ma la nostra carità non scomparirà, e perciò fin di quaggiù essa aderisce immediatamente a Dio. La ragione fu già data sopra: la cognizione, compien­dosi mediante la rappresentazione in noi dell'oggetto conosciuto, è proporzionata al modo finito della nostra intelligenza limitata. Invece l'amore, portandosi al­l'oggetto amato in se stesso, è proporzionato al modo di essere di quest'oggetto... Quindi il nostro cono­scimento di Dio quaggiù resta mediato, si solleva a lui per mezzo delle cose sensibili; laddove fin d'ora il nostro amore di carità tende a Dio immediatamente, e da Dio deriva o si estende alle creature», al pros­simo, che dev'essere amato per amore del nòstro Padre comune.-«La nostra cognizione si solleva dalle creature a Dio, mentre la nostra carità discende da Dio alle creature» (ibid., ad 3).

Da ciò si vede la superiorità della carità sopra la fede e sopra la speranza. « La fede e la speranza raggiungono Dio, in quanto egli ci da una cognizione della, verità, e un soccorso in vista della. Beatitu­dine; ma la carità raggiunge Dio stesso, per riposare in lui, e non per ricevere qualche cosa da lui (cha-ritas attingi! ipsum D'eum, ut in ipso sistat, non ut


LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CRISTIANA   lì?

ex eo aliquid noMs proveniate. Essa è dunque su­periore alla fede e alla speranza, e per conseguenza alle virtù morali, die non hanno Dio. direttamente per oggetto» a2. Così si spiega che la carità, all'opposto della fede e della speranza, sia inseparabile dallo stato di grazia e dall'abitazione, della SS. Trinità in noi: «Chi sta nella carità sta in Dio, e Dio sta in lui».

In virtù del medesimo principio enunziato da San Tommaso, si vede ancora che la carità è superiore • a9i ogni cognizione quaggiù, anche alla contempla­zione che procede dal dono della sapienza. Questa cognizione quasi sperimentale di Dio, Gl'impone an­cora di fatto il limite delle nostre idee, e trae il suo sapore dallo stesso amore che la ispira. È la carità che pone in noi una connaturalità, una simpatia per le cose divine, rese in tal modo saporose per noi 33. I doni dello Spirito Santo trovano così nelle virtù teologali la loro regola remota. Essi sono regolati immediatamente dalle ispirazioni divine secondo un modo sovrumano, e sotto quest'aspetto (secundum quid) aggiungono una perfezione nuova alle virtù teologali, ma restano loro però subordinati per na­tura (simpliciter) , e i loro frutti sono i medesimi frutti della carità: la gioia e la pace.      ,

Tutto questo ci dimostra il senso profondo delle parole di S. Paolo: «.la carità è il vincolo della per­fezione'»: non solo essa d'unisce a Dio più delle altre virtù, ma unisce tutte le virtù ispirandole e or­dinando tutti i loro atti al fine ultimo y che è il suo oggetto proprio, a Dio amato sopra ogni cosa. Perciò essa è chiamata madre di tutte le virtù. In

" II-II, q. 23, a. 6.                                                .

" II-II, q. 45, a. 2 et i.

" I-II, q. 68, a. 8: « Virtutes theologioae praeterutitur dónte Spl-ritus Saneti et regulant ea; unde neque ad perfectionem... septem dona perveniunt, nisi in fide, spe et charitate fiat omne quod agunt ».


148    PEBFBZIONE OBISTIAISTA E CONTEMPEAZIOHE

•^        

questo senso S. Agostino potè dire: «Ama e fa quel che vuoi »; ciò sarà bene,, purché tu ami in verità il Signore più di. tè stesso e sopra tutto. E come è possibile amarlo così, senza osservare i suoi coman­damenti, di cui il primo, quello dell'amore, è il prin­cipio e il fine di tutti gli altri?

Bisogna dunque concludere con tutti i teologi che la perfezione della vita cristiana consiste specialmente nella carità, e nella carità operante, che ci unisce attualmente a 'Dio e fruttifica in ogni specie di buone opere 86.. Questa virtù deve a.vere indubitabilmente il primo posto nell'anima nostra»

La Perfezione è una pienezza.

Da quanto abbiamo, detto bisogna forse concludere che le altre virtù, per importanti che siano, come la fede, la speranza,, la virtù della religione, la pru­denza^ la giustizia, la fortezza, la pazienza, la tem­peranza, la mansuetudine, l'umiltà, non contribuiscano a costituire l'essenza della perfezione e non le ap­partengano se non accidentalmente, a titolo di stru­menti o di mezzi secondari?

Così pensarono alcuni teologi s6.

" Alcuni teologi, come il suakez, insegnano che la perfezione consiste tormalm.ente nella virtii della carità, antecedentemente e concomitante­mente nei suoi atti. A noi sembra preferibile il dire col passerini, che, come crediamo, riproduce l'opinione della scuola tomista: la perfezione, a cui è ordinato lo stato di perfezione, consiste formalmente negli atti di carità, e antecedentemente nella virtù, come nel principio dell'operazione perfetta. La ragione è che la perfezione consiste nell'unione attuale con Dio, umihi adhaerere Deo bonum est», essa trovasi dunque nella ca­rità operante, o nell'attività della carità, ohe nelle anime veramente per­fette dev'essere moralmente continua o incessante. La virtù è ordinata al suo atto come alla sua perfezione, e noi tendiamo non solo a poter amare Iddio perfettamente, ma ad amarlo di tatto evitando quanto più è possibile ogni peccato. La vita è soprattutto nell'atto di vivere.

" gaetano, in II-II, q. 184, a. 1, et stjakez, in eod. loco.


1A PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   149

Noi crediamo col Passerini, O. P., il qaale fra i tornisti Commentò più. profondamente gli articoli di S. Tommaso che spieghiamo/che tale non fu il pen­siero del santo Dottore. Infatti ci dice egli stesso:

«.La perfezione consiste essenzialmente nei precelti (tra cui i due principali sono quelli della carità, mentre gli altri allontanano ciò che e contrario alla carità); essa consiste accidentalmente o strumental­mente nei consigli, che c'invitano a rinunziare a certe cose, le quali, senza essere contrarie i alla carità, sono un ostacolo alla sua attività e al suo pieno svi­luppo» 37. Ne segue, come dimostra il .Passerini, che la perfezione , consiste « essenzialmente: », non nella sola carità, ma anche negli atti delle altre virtù, che sono di precetto e che sono imperate (o coman­date) dalla carità M. In tal modo appunto gli atti di fede, di speranza, di religione, la preghiera, l'as­sistenza alla santa messa, la . santa comunione, ap­partengono .alla stessa essenza della perfezione, che 'è una pienezza. Di questa pienezza la carità è il vincolo; è la parola di S. Paolo. Perciò si può con verità dire con S. Tommaso che la perfezione con-

" II-II, q. 184, a. 3: « Pertectio essentlàliter consistit in praeceptìs... seoundario autem et instrumentaliter (all'inizio dell'articolo: accidenta-liter) perfectio oonsistit in consiliis... »

" passerini, O. P., de Statibus fwminum, in II-II, ci. 184, a. 1, p. 20, n. 8: «Perfeotio aotualis consistit essentlàliter non In solo actu chari-tetis, aed etiam in aotibus aliaruin virtutum, a oharitate Imperatis, prout Bunt de praecepto. » Ct. ibid., p. 22-27, 49, 54. — « Pertectio aotualis consistit specialiter et principalUer In sola charitate, prout charitas perflcit simplieiter, aliae virtutes seoundum quid.... Imo perieotio aotua­lis formaliter in sola charitate est, quae est vinculum perfectionis... Aliac tamen virtutes ad essentiam perfectionis pertinent, sicut ma­teria ad esBentiam compositi naturalis )> (p. 21, n. 10). — « Aotus aliarum virtutnm, ut sunt de consilio, sunt accidenlia perfectionis » (p. 23, n. 20 ss.) —- Mediante questa distinzione fra ciò che è di consiglio e ciò che è di -precetto nelle virtù inferiori alla carità, il Passerini reca una precisione che il Gaetano aveva dimenticato, e da veramente il pensiero di S. Tom­maso, che, come vedremo a proposito dell'articolo 3, non tu capito dal Suarez.


150    PEBFEzioisrE cristiana e contemplazione

siste « specialmente » nella carità 39, e « principal­mente » nell'amor di Dio t0. Così il corpo e l'anima costituiscono l'essenza stessa dell'uomo; benché questa sia costituita specialmente dall'anima ragionevole, che distingue l'uomo dal bruto.

Tale è il posto della carità nella vita cristiana. S. Tommaso può dire: «la vita cristiana consiste spe­cialmente nella carità, che unisce l'anima a Dio». All'opposto della fede e della speranza, la carità es­clude assolutamente il peccato mortale ed esige lo stato di grazia ossia di vita.

Ne segue forse che ogni anima in stato di grazia sia perfetta, e che abbia raggiunta la perfezione? Ella manifestamente non ha ancora se non la perfe­zione nel senso largo della parola (perfectio substan-

, tialis), che- esclude il peccato mortale, ma con ciò non ha la perfezione propriamente detta (perfectio simpliciter') di cui parla la teologia ascetica e mi­stica e a cui aspirano le anime interiori, particolar-mente le anime consacrate a Dio nello stato religioso.

Vedremo in un prossimo articolo in che consista questa perfezione propriamente detta, che è la per­fezione della carità, o la carità dei perfetti, per op-

' posizione a quella dei principianti e a quella dei proficienti. Ma fin d'ora noi intravediamo la gran­dezza inesprimibile della carità, anche nell'anima appena strappata al peccato mortale e che fa i primi passi nella via della perfezione. Quest'anima è ve­ramente passata dalla morte alla vita, alla vita che non deve finire mai.

39 SpeciaUfer, e il termine adoperato da S. Tommaso, là dove tratta la questione ex professo, II-II, q. 181, a. 1. — Egli dice altrove, opusc. 18, de Perfectione vitae spiritwalis, inltio : « Consistit principaUter sptritualls vita in oharitate. 11                                          -, . " « PrincipaliUr secundum dilectionem Dei, secundario autem se-onndum dilcotlonem proximt » (II-II, ci. 184, a. 3).


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA                      151

articolo   IH.

La piena perfezione della carità presuppone le purificazioni passive dei sensi e dello spirito.

Abbiamo veduto che la perfezione consiste spe­cialmente nella carità; non basta però, come è troppo evidente, l'avere questa virtù, l'essere in stato di grazia, per avere raggiunta la perfezione propria­mente detta, di cui parla la teologia ascetica e mi­stica, e a cui aspirano tutte le anime inferiori, par-ticolarmente quelle che si sono consacrate a Dio nello stato religioso: «Non è ch'io sia già perfetto, dice S. Paolo, ma corro per guadagnare il premio» (Phil., in, 12). Questa perfezione propriamente detta consiste appunto nella carità dei perfetti, superiore .a quella dei principianti e dei proficienti.       : .

Appunto di questa - carità dei perfetti dobbiamo trattare in quest'articolo, e la considereremo non solo nella sua essenza, ma nella sua integrità, ossia nella sua pienezza normale.

*   *   *

Si tratta qui della sommità dello sviluppo normale della carità, sviluppo la cui legge fondamentale, af­fatto diversa da quella della nostra natura deca­duta, è quella della grazia, che ci rigenera progres­sivamente e la cui consumazione non è altro che la vita eterna.

Tutti gli. autori spirituali ammettono tré fasi in questo sviluppo della carità : : lo quella dei princi­pianti, che soprattutto lottano contro il peccato; ed è per questo chiamata via purgativa; 2° quella di


182    EE-EPEZIONE OKISTIANA E CO^tEMPLAZIONB

coloro .che progrediscono nelle virtù alla -luce della tede e della contemplazione; .ed è spesso chiamata via illuminativa; So quella ; dei perfetti, che vivono soprattutto nell'unione con Dio, 'mediante la carità;

ed è chiamata via unitiva. — Questi tré gradi costi- :^ , tuiscono l'infanzia, l'adolescenza e l'età adulta della;|, vita spirituale 1.                  ,                   ^

Ma questi termini generali, comunemente accettati^ non hanno per'tutti esattamente il medesimo sènso:.:

Un certo numero d'autori dopo i secoli xvn e xvm ammettono due vie unitive: l'una ordinaria e asce­tica, l'altra detta «straordinaria» passiva e mistica, a cui non si potrebbe giungere senza vocazióne spe­ciale. Sotto quest'aspetto le anime potrebbero gene­ralmente essere perfette, ed anche giungere all'alta perfezione richiesta per la beatificazione, senz'aver ricevuta alcuna grazia mistica.

Altri sostengono che, secondo la dottrina tradizio­nale, i» wo. unitiva è una e che la sua piena espan­sione normale non è altro che . l'unione mistica per­fetta, ossia unione trasformante 2. Quest'ultima, di­cono essi, in ciò che ha di essenziale, appartiene all'ordine della grazia santificante ossia «grazia delle virtù e dei doni», e non all'ordine inferiore delle grazie gratìs datae, come il dono della profezia o • quello dei miracoli che a volte l'accompagnano.

Abbiamo già toccata questa questione, determinando i rapporti dell'ascetica e della mistica 3.

Gli ultimi autori di cui abbiamo parlato invocano la tradizione anteriore al secolo xvn, e in particolare S. Giovanni della Croce. Giova pertanto esaminare

1 Ct.'S. tommaso, I-II, q, 24, a. 9, et II iSe'n,(.,.d.9, 2, &..           :-

2 Certi autori si contentano ài dire un po' timidamente : per avere Tm insieme della vita unitiva, 'bisogna •unirvi gli stati mistici. Cosi si esprime il P. mbynabd, O. P., nel suo Traitf de la Vie mtérieme, t. i, p. 464, nota, e p. 22 e 28.

• Ot. e. I, a. 2 : « L'Ascetica e la Mistica ».


LA PIENA PERFEZIONE PELEA VITA CRISTIANA   153

da vicino qual è la .dottrina di questo grande maestro su questo punto, vedere come dev'essere interpre­tata e quali sono i suoi rapporti colla tradizione an­teriore.

Dottrina di 8. Giovanni della Croce sulla perfezione della carità e ciò ch'essa richiede.

Questo gran santo parla dì tré vie . purgativa, il­luminativa e unitiva in più luoghi, segnatamante nella Salita del Carmelo, 1. I, e. i, nella Notte oscura, 1. I, e. 1 e e. 14, e nel Cantico spirituale, strofa 1, 4, 6, 22, 26. Secondo lui, la via illuminativa ossia quella dei proficienti comincia colla cessazione della meditazione e coll'inizio della contemplazione infusa o mistica. Infatti, trattando di questa contemplazione, dice: «Le anime cominciano a entrare in questa notte oscura (passiva)., quando Iddio stesso le scioglie a poco a poco dallo stato dei principianti, quello in cui esse lo meditano nella vìa spirituale, e le introduce nello stato dei proficienti, che è quello dei contem­plativi. Bisogna ch'essi passino per questa via per diventare perfetti, vale a dire per raggiungere ;la divina unione dell'anima con Dio» i.

Quest'ascensione non è senza sofferenze, come ne fummo avvertiti fin dal Prologo della Salita del dar­melo: «Per raggiungere il lume divino e l'unione perfetta dell'amor di Dio— parlo di ciò che può farsi quaggiù — l'anima deve attraversare la .Notte oscura... Di solito, quando le anime elette si sfor zano di raggiungere questo stato di perfezione, in centrano tenebre tali, soffrono dolori fisici e moral così duri che la scienza umana è impotente a pene ararli colile l'esperienza, a rappresentarli» 6.

4 Notte oscura, 1.1, e. i (secondo l'ed. critica 'spagnola,?. 6). 8 Salita dei darmelo. Prologo.


154    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Non certo senza pena si giunge a vincere -comple­tamente l'egoismo, la sensualità, la pigrizia, l'impa­zienza,. l'invidia, l'ingiustizia nel giudizio, i moti della natura, la fretta naturale, l'amor proprio, le stolte pretese, ed anche la ricerca di sé nella pietà,- il de­siderio smoderato delle consolazioni sensibili, l'or­goglio intellettuale e spirituale, tutto ciò che si oppone allo spirito di fede ed alla confidenza in Dio 6, per giungere ad amare il Signore perfettamente « con tutto il cuore, con tutta Inanima, con tutte le forze, con tutta la mente, e il prossimo, compresi i nemici, come se stesso », finalmente per restar saldi, pazienti e perseverare nella carità, qualunque cosa succeda, allorché si -verifica il detto dell'Apostolo:

«Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù, avranno da soffrire la persecuzione'»' (II Tini., m, 12).

Per arrivare a questa perfezione è necessaria, ma non basta affatto la mortificazione, ossia purifica­zione attiva dei sensi e dello spirito: « nonostante tutta la sua- generosità, l'anima non può giungere a purifi­carsi completamente, e non può in conto alcuno ren­dersi atta all'unione divina nella perfezione dell'amore. Bisogna che Dio stesso vi metta mano e purifichi l'a­nima in questo fuoco oscuro, per lei, secondo il modo che spiegheremo tosto» 7. E. prima di tutto l'anima vien privata delle consolazioni seinsibili, utili un tempo, ma che diventano un ostacolo quando si ricercano per se stesse. Da ciò proviene la necessità della purificazione passiva dei sensi, che getta l'anima nell'aridità sensibile e la porta ad una vita spiri­tuale assai più sciolta dai sensi, dall'immaginazione e dal ragionamento. Mediante i doni dello Spirito Santo si riceve qui una cognizione intuitiva, la quale,

' Notte oscura, 1. I, o. i-vii. ' Notte oscura, 1. I, e. in.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   155

nonostante una oscurità penosissima, ci inizia pro­fondamente .alle cose di Dio; essa alle volte ce le fa penetrare in un istante più che non farebbe la- me­ditazione per mesi ed anni. Per resistere alle tenta­zioni che si presentano assai spesso in questa notte dei sensi, ci vogliono degli aiti eroici di castità e di pazienza 8. Questo periodo fu giustamente para­gonato a quello della dentizione, nei bambini appena slattati.. Difatti qui l'anima viene disposta a rice-'vere un cibo più solido, e vengono largite grazie spirituali, più preziose delle precedenti, ma queste sconcertano la nostra sensibilità che desidera le grazie sensibili.

•Dopo aver trattato di questa purificazione, San Giovanni della Croce osserva: «L'anima adunque è liberata,, e ha cominciato a penetrare nella via dello spirito che seguono i prò fidenti e, gli avanzati, e che si chiama anche via illuminativa o via di con­templazione infusa 9. Questo testo è uno dei più importanti: trattasi, espressamente della contempla­zione infusa e non acquisita 10.

Ma per arrivare alla perfezione della carità, ' non basta la purificazione passiva dei sensi: «All'uscire dallo stato dei principianti l'anima rimane per lo

' Come dice S. giovanni della croce, Notte, 1. I, o. 8 : « La puri­ficazione passiva dei sensi è comune, e si produce nei •più dei princi­pianti ». Perciò siamo sorpresi al vedere in un piano di teologia ascetica e mistica (pubblicato dalla Revue d'Ascétigue et de Mystique, gennaio 1921, p. 35) porre la notte dei sensi nell'ultimo capitolo consacrato ai perfetti o alla via unitiva. Secondo S. Giovanni della Croce questa presentasi ordinariamente molto più presto.

" Notte oscura, 1. I, e. 14.

10 Trattasi anche di essa nel primo testo citato. Notte oscura, 1. I, e. i, e ancora nella Salita, 1. I, e. xin. Quando S. Giovanni della Croce usa la parola « contemplazione », trattasi della contemplazione propriamente detta ossia contemplazione infusa, che è più o meno passiva ne' suoi inizi. Questi corrispondono alle prime orazioni soprannaturali di S. Te­resa, quelle di raccoglimento passivo e di quiete, IV Mansione. S. Te­resa descrive la notte dello spirito, VI Mansione. Noi riferiremo questi testi nel capitolo IV, a. 3, § 2.


156    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

più immobile negli esercizi proprii degli avanzati per un periodo indeterminato che può durare degli anni. Simile al prigioniero che ha lasciato il duro. carcere, ella si sente bene .nelle cose divine, e vi trova maggior soddisfazione... Infatti ne l'immagi­nazione, ne le potenze conservano più i loro antichi attacchi al discorso n e alla cura spiritual®. Senz'al-cuno sforzo intellettuale l'anima gusta ora una cal­missima e affettuosissima contemplazione accompa­gnata da sapore spirituale... Tuttavia la purificazione" non è ancora completa e non lo può essere, poiché manca ancora la principale che è quella dello spi­rito... L'anima adunque proverà ancora aridità, te­nebre, ambasce, a volte assai più forti delle prece­denti.» 12. Non è possibile affermare più chiaramente la necessità della purificazione passiva dello, spiritò. In un modo o in un altro bisogna passarvi per giun­gere alla perfetta purezza dell'anima.  -

Qui non vi sono più peccati veniali deliberati, ma vi sono ancora le imperfezioni proprie degli avanzati;. queste sono incompatibili colla piena perfezione della carità: «Le macchie del vecchio uomo persistono nello spirito, benché non si sospettino e non si scorgano guari. Nondimeno devono scomparire e cedere al sapone e al forte ranno della purificazione passiva dello spirito, senza di che la purezza richiesta .per l'unione farà sempre difetto. Questi avanzati sof­frono ancora dell'hebetudo mentis, della durezza na­turale che ogni uomo contrae col peccato; sono sog­getti alle distrazioni, alla divagazione dello spirito nelle cose esterne... Il demonio si diletta d'ingan­nare molti con visioni immaginarie) con false pro­fezie, che portano alla- presunzione.:.. Questa materia

" II discorso o ragionamento non ai trova pia nella cognizione^ che procede dai doni dello Spirito Santo, che qui intervengono sempre più. Vedasi S. Tommaso, II-II, q. 8 et q. i5.

11 Notte oscura, 1. I, o. i.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   157

è inesauribile, e queste imperfezioni sono tanto più incurabili in quanto questi avanzati le prendono per perfezioni spirituali... Dunque chi vuoi fare pro­gressi deve necessariamente passare per la purifica­zione della Notte spirituale... Lì soltanto può l'anima trovare il mezzo proprio col quale ella s'unisce a Dio» 13.

. Z perfetti (los perfectos) adunque sono quelli che non solo seppero imporsi la mortificazione esterna ed interna, ma che attraversarono anche le purifi­cazioni dei sensi e dello spirito. L'anima che non è passata per questo crogiolo, non è ancora purificata dalle sue scorie.

>

A proposito della Notte dello spinto, S. Giovanni della Croce osserva: «quante altalene si succedono su questa via, come la prosperità di cui si gode un momento è seguita da procelle e da pene!,.. .Queste fluttuazioni sono ordinarie nello stato contemplativo;

prima di raggiungere lo stato di pace definitivo, il riposo è sconosciuto, è un continuo salire e discen-. dere. Siccome lo stato di perfezione consiste nel per­fetto amore di Dio e nel disprezzo di sé, non è possibile concepirlo senza le sue- due parti: conosci­mento di Dio e conoscimento di sé. Da ciò deriva per l'anima la necessità d'una formazione prelimi­nare nell'uno e nell'altro senso; e per questo Iddio ora la eleva facendole gustare quello ch'ella ha di grande, ed ora l'umilia mostrandole la sua bassezza. Questo movimento di salita e di discesa non può dunque cessare se non nel momento in cui l'abitu­dine perfetta delle virtù è acquistata, quando l'a­nima perviene all'unione con Dio» u.

Per resistere alle tentazioni contro le virtù teolo­gali, che si presentano abbastanza frequentemente nella

" Notte oscura, I. li, o. n. 14 Notte, oscura. I, II, o. xvin.


168    PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

notte dello spìrito, ci vogliono degli atti eroici: di fede, di speranza e di carità, che aumentano considerevol­mente l'intensità di queste virtù. Nel medesimo tempo le illumuiazioni del dono dell'intelletto rischiarano. l'anima sopra le profondità sconosciute dei misteri -della fede, sopra le perfezioni imperscrutabili di Dio, sopra il nulla della creatura, sopra la gravita infi­nita del peccato mortale, sopra gli abbassamenti inau­diti di Cristo, a tal punto che l'Incarnazione e l'Eu­caristia sembrano assolutamente impossibili; l'intel­letto ancora troppo debole- è sconcertato, disarmato, simile ad uno che non sapesse nuotare e che, get­tato in alto mare, si credesse sul punto di sprofon­dare. -È questa l'azione purificatrice di Dio, con­traria alla tentazione del demonio, che sovente è simultanea, e che il Signore fa servire a' suoi finì.

Al ^ termine di questa purificazione passiva dello spirito, le anime sono normalmente pronte a entrare in cielo immediatamente dopo la morte; « e se .non passano per il purgatorio, lo devono alla loro pu­rificazione perfetta mediante l'amore » 15. Esse fe­cero il loro purgatorio quaggiù, e come si conviene, cioè meritando, laddove, dopo la morte, le anime che per colpa loro devono essere purificate, non meri­tano più. Tratteremo a lungo della, natura di queste purificazioni, e. V, a. 2.

Secondo S. Giovanni della Croce, la piena perfe­zione accessibile quaggiù non si trova se non nella unione trasformante o sposalizio spirituale: «allora

11 IbiS., I. II, c. xx. Vi sono certamente delle anime ohe evitano 11 purgatorio senza essere passate per le purificazioni passive dello spi­rito, per esempio le anime dei bambini morti subito dopo 11 battesimo, quelle dei religiosi morti subito dopo la loro professione solenne; ma se queste persone avessero continuato a vivere, sarebbero ricadute in molteplici imperfezioni che avrebbero rese necessario le purificazioni di cui parla S. Giovanni della Croce. Egli considera non i casi. acciden­tali, ma quello che è ordinariamente richiesto per raggiungere quaggiù un'alta perfezione e in ciclo un grado proporzionato di gloria.


LÀ. PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   159

infatti l'anima non è più inquietata dal demonio, ne;

dal mondo, ne dalla carnè; ne dagli appetiti, e può dire le parole del Cantico, n, 11: Ecco che l'inverno è finito, la pioggia è cessata, i fiori appariscono sopra la nostra terra» 16. È il pieno sviluppo della carità;

l'amor perfetto .accetta per Dio qualsivoglia opera o sofferenza, e in questa trova perfino una santa gioia 17. Non paventa la morte, ma la desidera;

non attribuisce nulla a sé, ma riferisce tutto a Dio, e si trasforma in qualche modo in Lui, conforme al detto di S. Paolo: «Chi s'unisce con Dio è solo spirito con Lui» (I Cor., vi, 17). Insemina è Dio stesso che si comunica all'anima mediante una gloria ammirabile e la trasforma in se. Allora avviene che {.'anima e Dìo non formano che una sola cosa, così intimamente come il cristallo e il raggio, come il carbone e il fuoco, come la luce delle stelle e. quella del sole, benché una tale unione- non sia ancora ne così essenziale ne così completa come quella del­l'altra vita» ls.

Con la carità tutte le virtù cristiane sono giunte al loro perfetto sviluppo: « esse sono connesse e stret­tamente -unite una all'altra, la qual cosa rende la loro resistenza più forte per lo scambievole appoggio. Ne risulta un tutto che costituisce la completa perfe­zione dell'anima, un insieme compatto, una solida­rietà, che esclude qualsiasi punto debole che possa dare il passo al demonio o alle cose del mondo» 19.

11 Cantico spirituale, p. Ili, str. 22, fine.

" IWd., str. 24.      :           -,

\* lìlid., str. 26. Quest'insegnamento di S. Giovanni sullo sposalizio spirituale, culmine dello svolgimento della vita mistica, non differisce da "quello degli altri santi che commentarono il Cantico dei Cantici. E questi commenti non diventano veramente Incé di vita se non per le anime che sono sulla via di quest'unione perfetta. —-Vedasi a questo proposito l'ultima opera del P. aeintebo, O. P., Cantar de los Can-tares, Exposicion mistica. Salamanca.

" Cantico spirituale, str. 24.


16Q    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Finalmente «ramina possiede i sette doni dello Spirito Santo, secondo l'intera perfezione compatibile colla vita di quaggiù» 20. «Le operazioni dell'anima nell'unione vengono dallo Spirito divino... per conse--guenza solo esse sono di perfetta convenienza... senza essere mai fuori di proposito... Lo Spirito di Dio fa conoscere a queste anime ciò che devono sapere, rammenta loro ciò che devono ricordare... . fa loro dimenticare ciò che merita d'essere dimenticato, amare ciò che è degno del loro amore, e non amar nulla di ciò che non si trova in Dio. Così tutti i primi moti delle potenze in tali anime sono divini, e non reca maraviglia che i moti e le operazioni di. queste potenze siano tali, perché sono trasformati nell'Essere divino» 21.             /

Secondo S. Giovanni della Croce, la via illuminativa e la via unitiva appartengono dunque alla vita mi­stica propriamente detta. È questo certamente un al­tissimo concetto di ciò che dev'essere il pieno svi­luppo della «grazia delle virtù e dei doni», di ciò 'che deve diventare normalmente l'intimità dell'u­nione divina in un'anima "Ulteriore che passò la sua vita in una gran fedeltà allo Spirito Santo.

Questo concetto della vita unitiva o perfetta, oc­corre forse dirlo? oltrepasSia di gran lunga quello che molti autori ascetici moderni chiamano vita uni­tiva ordinaria. Quest'ultima per loro, non suppone le dolorose purificazioni passive, almeno quelle dello spirito, che appartengono agli stati mistici 22. Ora

M Cantico spirituale, str. 26, principio.

81 Salita del Cariitelo, 1. Ili, e. 1. Sarebbe un errore manifesto il credere ohe la Salita del C'aratelo sia solo d'ordine ascetico, e che la contemplazione di cui ivi si parla, non sia la contemplazione infusa o mistica; et. 1. II, o. 13. Ma l'anima ivi impara ciò che deve tare, lad­dove nella Notte oscura ella apprende come deve lasciarsi condurre da Dio. — Cf. P. gabeiel db jesus, C. D., La Suoida Sei Monte Carmelo es ascetica o es mistica? nella La Vida Sobrenatural, Enero 1923, p. 24... (Salamanca). L'autore risponde come noi.

82 Per es. il P. fb. naval nel suo recente Cursus Theologiae asce-


LA PIENA PERFEZIÓNE BELLA VITA CRISTIANA   161

passa una differenza considerevole tra le anime che attraversarono coraggiosamente queste grandi prove e quelle che ancora non le hanno subite. D'onde pro­viene questa divergenza dell'insegnamento ascetico di questi autori moderni e della dottrina di S. Giovanni della Croce? È quello che esamineremo nell'articolo seguente.

Grave questione 1 Sostenere che si arriva al pieno sviluppo normale della vita cristiana, senza passare, sotto una forma o un'altra, per le purificazioni pas­sive, che sono d'ordine mistico, senza essere stati ele­vati alla contemplazione infusa, iniziazione oscura e segreta al mistero di Dio presente in noi, non e questo uno sminuire notevolissimamente l'ideale della perfezione? E sotto pretesto di evitare le illusioni, di seguire la via comune, i sentieri battuti, non è forse un sopprimere lo slancio e le grandi aspirazioni della vita inferiore ? Non è forse un proporre alle anime una buona piccola via illuminativa e unitiva, che è di tale natura da dar loro un'illusione contraria a quelle che si vogliono eliminare? Sotto pretesto di combattere una forma di presunzione, non è forse cadere in un'altra? Non è un portare le anime a credere di essere sul punto di conseguire la perfezione, d'essere già nella via unitiva, quando forse non sono ancora se non fra i principianti, e hanno appena un'idea della vera vita il­luminativa ossia dei proficienti ? Non è forse un esperie anche ad essere completamente sconcertate, quando verranno le dolorose purificazioni passive, durante le quali esse crederanno d'indietreggiare, quando.. queste prove sono la porta stretta che conduce alla

ticae et mysticae, p. 240-259, per la vita unitiva ordinaria non richiede altro che la contemplazione detta acquisita, e, secondo lui, vi si arriva senza aver subite le più forti purificazioni passive del sensi, senza aver provate quelle dello spirito. .

11 — Ferfesione e Contemplazione. - I.


162    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

vera vita? Quam angusta porta et arata via est, quae ducit aà.mtam, et pauei sunt qui inveniunt eami A questo proposito si meditino le parole di S. Gio­vanni della Croce che abbiamo citate nelle pagine precedenti. — .Noi ora ci limitiamo ,a proporre la questione. Ricordiamo solo, per terminare, le parole di S. Tommaso: «II servo di Dio deve sempre aspi­rare a cose più perfette e più sante sen^sa fermarsi mai» 2S.

• a» g_ tommaso, in eh), ad Bebraeos, e. vi, 1, leot. 1.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA                      163

aeticolo IV.

La piena perfezione della vita cristiana è di ordine mistico, secondo la Tradizione.

Abbiamo veduto che la piena perfezione della vita cristiana/secondo S. Giovanni della Croce, è d'ordine nettamente mistico e non si effettua veramente se non nell'unione trasformante. .Abbiamo altresì veduto che non pochi autori ascetici moderni s'esprimono affatto diversamente.

D'onde proviene questa divergenza?

È nota la spiegazione data dal P. Poulain: «Tutti gli autori ascetici, dice egli, parlano di tré vie pur­gativa, illuminativa, unitiva, e ad esse fanno corri­spondere, almeno approssimativamente, le espressioni di vie dei principianti, dei prò fidenti, degli avanzati., Gli uni non vi assegnano alcun ufficio alla mistica;

gli altri, per lo meno, non la collocano se non alla fine della terza via. S. Giovanni della Croce usa pa-rimenti queste sei parole, ma intendendole m modo diverso da tutti. Egli si colloca nel punto di vista speciale della mistica, e pone questa nella seconda e nella terza via...: «La via dello spirito o dei prò-fidenti è ancora chiamata via illuminativa, o via della contemplazione infusa» (Notte, 1. I, e. 14). Certamente questo linguaggio e assai, diverso da quello degli altri autori spirituali» 1.

Il linguaggio di S. Giovanni della Croce differisce notevolmente, è certo, da quello di non pochi autori ascetici moderni. Taluni di questi ultimi distinguono non più solo tré vie, ma sei, tré ascetiche e tré mr-

' A. potjlain, Gràces d'oraison, IX ediz., e. xxxi, n. 45, p. 612 (Trad. ital. maeietti, Torino).                    '


164    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPÌ-AZIONE

sticlie 2. Non è questo un materializzare tutto, sotto pretesto d'essere più precisi? La tradizione non parlò mai se non di tré vìe, non di sei, ma materialmente, secondo il soggetto in cui sono, esse appariscono in modo imperfetto oppure nella loro pienezza s. Il linguaggio di S. Giovanni della Croce, pure preci­sando in parecchi punti quello dei grandi dottori che lo precessero, è del medesimo ordine che Ui loro,

, e non rende forse il medesimo suono 7

, Si trova forse una minore elevatezza nelle opere spirituali dei PadrF, di S. Agostino, di Dionigi, di S. Bernardo, di S. Bonaventura, di S. Tommaso, del laniero, del Blosio, di Dionigi Certosino, dell'autore deli'I imitazione, di S. Francesco di Sales, e in ge­nerale nelle opere dei Santi che parlarono della vita perfetta considerata nella sua pienezza? Essi, come S. Giovanni, della Croce, non fanno menzione d'una doppia vita unitiva, la prima ordinaria e la seconda straordinaria di natura sua, e per sé inaccessibile alla maggior parte delle anime intcriori.

Come si spiega adunque la divergenza che abbiamo indicata? — Mentre certi autori si rivolgono princi­palmente a principianti o ad anime che mirano solo ad una perfezione relativa, S. Giovanni della Croce scrive «per quelli che si decidono a passare per la nudità dello spirito», soprattutto per anime contem­plative; egli propone loro la più alta perfezione ac­cessibile'quaggiù e i mezzi più efficaci e più diretti per raggiungerla. Lo dice egli stesso nel Prologo della Salita ì. Con -ciò si spiega l'apparente esa—

2 Vi sarebbe la via purgativo-ascetica, l'illuminativo-ascetica, l'uni­tivo-ascetica, sotto alle tré vie mìstiche correlative. Ciò ricorda la divisione dell'insegnamento primario in primario-elementare, prima­rio-medio, primario-superiore. ,                        '

• Così la medesima dottrina esposta a parecchi allievi è intesa be­nissimo da uno di essi, e meno bene da un altro.

4 ic Gli uni e gli altri troveranno in questo libro una dottrina sostan-


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIANA   165

gerazione delle sue esigenze in fatto d'abnegazione. Con ciò si spiega altresì l'altissima idea ch'egli si fa della via illuminativa e della via unitiva; egli ce le presenta nella loro pienezza, che si trova solamente nella vita mistica. Molti autori ascetici moderni al­l'opposto ce ne danno solo un'idea inferiore e monca, perché, se queste due vie appariscono nel corso della vita ascetica, ciò non può essere se non in un modo ancora assai imperfetto.              .

Succede qui qualcosa di simile a quello che ac­cade circa la cultura intellettuale. Per molti la for­mazione teologica sufficiente è data da un manuale che si può studiare in tré anni, e che difficilmente si rilegge, perche quello che contiene è presto esau­rito i Chi potrebbe pretendere che trovisi lì la perfe­zione della cultura ..teologica? Altri non possono sod­disfare le esigenze .della loro mente se non con lo' .studio profondo di S. Tommaso e de' suoi principali .commentatori. Questo non è per loro un lusso, uno .studio straordinario, ma. necessario per la forma-.z.ipne della loro mente. Sono anzi convinti che, pas­sando anche tutta la loro vita nell'insegnare la Somma teologica, scritta tuttavia per novizi, non l'e­sauriranno mai, e non giungeranno ad impossessai" -sene pienamente in tutta la sua ampiezza, elevatezza e profondità; per questo bisognerebbe avere un'Intel^ ligenza uguale a quella del Maestro. «Comprendere è uguagliare» diceva Raffaello. Per studiare il trat­tato della Grazia, certi vi consacreranno tré mesi e più non vi .ritorneranno sopra; altri invece son persuasi che il lavoro di tutta la loro vita non ba­sterebbe a penetrare quello che i Dottori della Chiesa vollero dirci su questo gran mistero.

ziosa, ma a patto che si decidano a passare per la nudità dello spirito. Contesso però ohe con questo trattato to ebbi soprattutto di mira alcun-i mèmbri del mio. Ordine.»                  '


166    PERFEZIÓNE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Così, sotto l'aspetto spirituale, molte anime sono presto e troppo presto soddisfatte di una perfezione molto relativa, che ad altri apparisce assolutamente insufficiente. Questi ultimi hanno assolutamente bi­sogno d'arrivare all'esercizio eminente della carità e dei doni dello Spirito Santo. Vi sono temperamenti appassionatissimi e intelligenze quanto mai vigorose che sembra non trovino pace se non in un'alta per­fezione, anzi in quella stessa descritta da S. Giovanni della Croce. Questo si verifica tanto più delle anime che ricevettero di buon'ora un'attrattiva superiore di grazia: esse non troveranno il riposo se non dopo le purificazioni dolorose, nell'unione trasformante, in cui non saranno più inquietate dal demonio, dalla carne e dal mondo.

: Perché S. Giovanni della Croce non avrebb'egli

-conservato il vero e altissimo concetto tradizionale della perfezione cristiana, dell'unione con Dio in ciò ch'esso ha di essenziale? Non sarebbero pàrecchi-au-tori ascetici moderni che hanno impoverita la 'tradi­zione, confondendo il pieno sviluppo normale della vita della grazia quaggiù con ciò che ne è solo il-pre­ludio? Questo pensano parecchi teologi contemporanei

•che considerano la vita mistica come necessaria alla piena perfezione, cristiana, a quella, per esempio, che si richiede per la beatificazione 5. Essi aggiungono:

l'altra opinione, pur pretendendo di combattere là presunzione, può far credere a certe anime d'essere arrivate alla vita Unitiva, quando ne sono ben lon­tane. In tal modo si può abbassare l'ideale della perfezione, lo scopo della vita religiosa, e privare le anime d'uno dei più grandi stimoli ad una vita sempre più fervente, più generosa, più unita a Dio^

' Cf. P. akintebo, La Ciencia tomista, maggio 1919. L'espressione « piena perfezione » dimostra che noi parliamo non solo della sua essensa, ma anche della sua integrità. Così aver cinque dita in ciascuna mano appartiene all'integrità del corpo umano, senz'essere di sua essenza.


LA PIENA PERFEZIONE DE1LA VITA CEISTIANA   167

Tale ci sembra essere la verità: non vi sono due ,, vie unitive, una ordinaria, e l'altra per sé straordi­naria, a cui non potrebbero aspirare tutte le anime :

ferventi. Yi è solò una via unitiva, che, mediante una docilità ogni giorno più perfetta allo Spirito ? Santo, •conduce ad un'unione mistica più intima. Questa:.;

ultima è straordinaria di fatto a cagione del piccolo , numero d'anime pienamente docili, ma non è straor­dinaria per sé ossia per natura, come il miracolo , o la profezia; anzi è per sé l'ordine perfetto, il pieno ;

sviluppo della carità, attuato di fatto nelle anime ve-:;' ramente generose, almeno al termine della loro vita, se vivono abbastanza a lungo.

Può darsi benissimo che, per difetto d'una direzione appropriata, o d'un ambiente favorevole, -o ancora a cagione di un'indole molto propensa a far vita este­riore, certe anime generose non perverrebbero alla vita mistica se non dopo un tempo più lungo della durata ordinaria della vita quaggiù 6. Ma queste? son circostanze accidentali e, per quanto siano fre­quenti, non nocciono alla legge fondamentale del. pieno sviluppo della vita della grazia 7. S. Giovanni', della Croce notò bene questa cosa, al principio delle sue opere, scritte, come dice egli, «per recar aiuto a tante anime che ne hanno un bisogno urgente. Dopo i primi passi nel sentiero della virtù, dice il Santo, ' quando il Signore desidera di farle entrare nella Notte oscura per condurle all'unione divina, ve ne sono che non vanno più lontano. A volte manca loro il desiderio, oppure non vogliono lasciarvisi condurre;

qualche volta è a cagione dell'ignoranza, o perché

r Ct. M. de la taille, S. J., L'oraison contemplative, opusc. 1921. :

7 Così nell'ordine fisico il cedro non raggiungerà la sua altezza nor­male se non è piantato in un terreno appropriato, oppure mancano certe circostanze esteme. Così, secondo il punto di vista intellettuale,. per difetto d'una formazione seria, d'un ambiente favorevole, o a ca­gione d'un temperamento ingrato, certe intelligenze laboriose non rag­giungono il loro pieno sviluppo normale.


168    PERFEZIONE .CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

esse cercano, senza trovarla, una guida accorta capace di condurle alla vetta» 8.

Non s'arriva a questa vetta senza la contempla­zione infusa; e questa non è certo il frutto della nostra industria personale, essa supera il modo umano delle virtù cristiane; noi non l'abbiamo quando vo­gliamo; e viene da una grazia speciale, da un'ispira­zione e da un'illuminazione a cui i doni dello Spirito Santo ci rendono docili. Ma benché noi non abbiamo questa ispirazione quando vogliamo, possiamo però tenerci pronti a riceverla, domandarla, e meritarla nel senso largo della parola merito. Infatti ogni anima in stato di grazia ha ricevuto i doni dello Spirito Santo che si svolgono colla carità, e generalmente lo Spirito Santo ci muove secondo: il grado della nostra docilità abituale 9.           :

«La conclusione è chiara, dice il santo Dottore:

Appena che l'anima giunge a purificarsi accurata­mente dalle forme e immagini percettibili, ella nuo­terà in quella pura e semplice luce, che per lei di­venterà lo stato di perfezione. Infatti questa luce è sempre pronta a penetrare in noi; ciò che pone osta­colo alla sua infusione sono le forme e i veli delle creature, che avvolgono e impacciano l'anima. Lacera cedesti veli... e a poco a poco, senza indugi, il ri-

6 Salita del Oarmelo, Prologo.

9 Ct. giovanni DI S. tommaso, in I-II, q. 68, De donis Spiritus Sancii, disp. xvni, a. 2, n. 31 : « Instinctus actualis Spirifcus Sancti in mami nostra non est, sed est in manu nostra hahere cor semper pa­ratura ad obediendum et ut tacile mobiles sinms a Spiritu Sancto ».

I teologi del Oarmelo e quelli della scuola domenicana insegnano che tutte le anime devono aspirare alla contemplazione soprannaturale o infusa, e che questa si può meritare saltem de congrua: « Debent omnes ad supernaturalem contemplationem aspirare ». Questa tesi è difesa da filippo della S. trinità, Theol. myst., ed. del 1874, t. II, p. 299 e 311; da antonio dello spirito santo, Directarium my-sticum, ed. del 1732, p. 99; dal vallboenbba, Theol. Mystica, ediz. Berthier, t. II, p. 418 (marietii, Torino); dal P. mbtnabd, O. P., Traiti de la vie intérieure, t. II, p. 131.


LA PIENA PERFEZIONE DEILA VITA CRISTIANA   169

poso e J.a pace divina colmeranno l'anima .tua di am­mirabili e profonde'vedute sopra Dio, avvolte d'amor divino » 1Q.

'Dimostreremo che. questa .dottrina di S. Giovanni della Croce, pure precisando quella dei grandi Dot­tori. che lo precedettero, resta loro perfettamente conforme, e< che è già contenuta nelle beatitudini evangeliche. Queste ci propongono la perfezione cri­stiana in tutta la sua grandezza e non sono certo inferiori in altezza a .quello che scrisse l'autore del Cantico spirituale. ' :

Così cominciamo già a vedere la risposta che deve darsi alle tré questioni recentemente proposte :

1° Ohe cosa è che caratterizza la vita mistica?

Una passività speciale, o il predominio dei doni dello Spirito Santo, il cui modo sopra umano è spe­cificamente distinto dal modo umano delle virtù cri­stiane, senza però confondersi con le grazie gratis datae come la profezia; queste ultime non sono af­fatto necessario alla vita mistica, ma sono in certo modo esteriori e date specialmente per utilità, del prossimo 11.

11 Salita del Carmelo, 1. II, o. xm. Ciò è vero, come principio. Resta sempre sottintesa la predestinazione a proposito della quale S. giovanni della croce scrive: «È vero che le anime, qualunque sia la loro capacità, possono aver raggiunta l'unione, ma non tutte la posseggono nel med-esimo grado. Dio dispone liberamente di. Questo grado d'unione, come dispone liberamente del grado della visione bea­tifica » (Salita, 1. II, o. iv). Per il tatto che non tutti 1 giusti sono prede­stinati alla gloria e non vi pervengono infallibilmente, non sì può pre­tendere ch'essa non sia la consumazione normale della grazia, e lo stesso dicasi Quanto all'unione mistica quaggiù. Non bisogna confondere vocazione e predestinazione: « vi sono molti chiamati e pochi eletti ».' — Notiamo nondimeno una differenza: un adulto non può mancar di operare la sua salute se non per sua colpa personale, laddove non è sempre a motivo d'una colpa se non s'arriva alla contemplazione.

" Questa dottrina si presenta come va giusto mezzo e come un puntò, culminante al disopra di due opinioni opposte fra loro. La prima riduce la contemplazione mistica a un atto di tede viva più intensa che gli altri, e ciò perché essa disconosce la distinzione specifica tra le virtù e i doni, stabilita da S. Tommaso, I-II,q.68,a. 1,2,3.—La seconda sembra che


170   pEBMizioNE cristiana e contemplazione

2° Quando comincia la vita mistica nel corso della vita spirituale? — Normalmente con le .purificazioni passive dei sensi, e con l'orazione di raccoglimento passivo, di cui parla S. Teresa, IV Mansione, e. in 12. 3° Ci vuole una vocazione speciale per giungervi? iNo, come principio; «la grazia delle virtù e dei doni » basta per sé a disporvici median1,e il suo svi­luppo normale, e la contemplazione mistica è neces­saria alla piena perfezione della vita cristiana 13. Tuttavia, di fatto, per difetto di certe Condizioni, a 'volte indipendenti dalla nostra volontà; certe anime anche generose non vi arriverebbero se non dopo un tempo più lungo della durata ordinaria della nostra esistenza quaggiù; come, per colpa di certe, condizioni, certe intelligenze capaci d'una formazione intellet­tuale superiore non vi arrivano. Finalmente in ta­luni più atti alla vita attiva, sono i doni dell'azione che dominano u.

*               * *

iQuest'insegnamento è assai; anteriore a S. Gio-vanni della Croce. Eicordiamo il capitolo xxv della Imitazione, 1. Ili, sulla vera pace. lEsso non è certo d'ordine inferiore alla dottrina ora esposta, e si ri-

innalzi molto la vita mistica, ma in realtà la diminuisce, perché non vede abbastanza la differenza profonda ohe esiste fra i doni dello Spi-.' rito Santo (soprannaturali per la loro essenza e per il loro modo e pre-;;

senti in tutte le anime in stato di grazia) e le grazie gratis datae che , generalmente non sono soprannaturali per la loro essenza stessa, ma solo per il loro modo (guoad modum), che non suppongono necessaria-, mente lo stato di grazia, che sono in qualche modo esteriori, e straor­dinarie non solo di tatto, ma per sé. Ot. I-II, q. Ili, a. 5.

" Vedasi in appresso, e. IV, a. II.

" Ot. intra e. V.

14 Si può concedere che vi sono materialmente e di fatto due vie uni­tive, benché formalmente e come principio ve ne sia una sola, effettuata qui perfettamente e là imperfettamente. Non bisogna erigere una di­stinzione materiale o di tatto in una. distinzione formale o di prin­cipio.


1A PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CBISTIANA   171

volge a tutte tè anime per mostrar loro un ideale di perfezione, a cui senza presunzióne alcuna tutte pos­sono aspirare:

« Tutti bramano la pace; ma non tutti- si curano di fare ciò che conduce all'acquisto della vera pace. La mia pace, dice il Signore, è Cogli umili e coi man­sueti di cuore. La tua pace sarà nell'esercizio di molta pazienza... Fuori di me non desiderare ne cercare nulla... Il progresso dell'uomo e la sua perfezione con­siste nell'offrirsi di tutto cuore al volere divino, senza cercare il proprio interesse ne in poco ne in molto, ne nel tempo ne nell'eternità, per modo che riguardando tutto d'un medesimo occhio, e tutto pesando in una giusta bilancia, egli mi ringrazi di continuo tra le prosperità ugualmente che nelle avversità.   ' ..

>   «E non è tutto; bisogna ancora che tu sia così forte e costante nella speranza che, ove ti venga sottratta ogni consolazione interna, disponga il tuo cuore a soffrire tribolazioni anche maggiori; e non giustificherai tè stesso, come se non meritassi di patire tanti affanni, ma anzi mi loderai per santo in tutte le mie disposizioni; allora sì che tu cammini nella vera e diritta via della pace, e:-puoi sicuramente sperare che abbi a rivedere la mia faccia con giubilo.

« Che se mai arrivassi ad un perfetto disprezzo di tè stesso, sappi che allora tu godrai abbondanza di pace, quanto è possibile di averne nel luogo del tuo pellegrinaggio».     ' '

iQuesta pace è il frutto -d'una carità eminente e del dono della sapienza, che ci fa contemplare tutte le cose, piacevoli o penose, in Dio, principio e fine di tutto. A questo dono, dice S. Agostino, corrisponde la beatitudine dei pacifici.

E per questo nel medesimo libro dell'Imitazióne, I. Ili, e. xxxi, il discepolo chiede la grazia superiore della contemplazione: « Signore, ho bisogno d'una grazia, maggiore, se devo giungere a quello stato in


172    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

cui niuli uomo ne verun'altra creatura sarà per me un': legame... Bramava questo, libero volo quegli che diceva: 'Chi mi darà penne a guisa di colomba, per volare e trovare il mio riposo? (Ps.. uv, 7)... -È dunque necessario levarsi sopra tutto il creato, e abbandonare perfettamente se stesso, e in tale eleva­tezza di mente e come uscito, di sé (« in excessu mentis stare»), conoscere bene che voi, Creatore/del tutto, non avete nulla di simile alle creature. Ma se al­cuno non sarà affatto distaccato dalle cose create, non potrà liberamente attendere alle cose divine. Quindi pochi si trovano che diansi alla contemplazione, perché pochi sanno interamente strigarsi da tutto ciò che è caduco e. creato. Per giungere a tanto si richiede una grazia potente, che sollevi l'anima e la rapisca sopra se medesima. Finché l'uomo non sarà così levato in ispirito e sciolto da ogni attacco alle crea­ture e tutto unito a Dio, tutto quello che égli sa e tutto quello ancora che egli ha non è di gran mo­mento »..'      :     '        ;           • /     '

Questo meraviglioso capitolo, ohe bisognerebbe ci­tare tutto intero e di cui tutte le parole devono es­sere diligentemente ponderate 15, non è d'ordine in­feriore a quelli di S. Giovanni della Croce sull'unione trasformante; esso è, propriamente parlando, d'or­dine mistico, e lì, solamente si trova la vera perfezione dell'amor di Dio 16.

16 Vedasi il commento che ne da 11 P. dumas, nel suo libro eccel­lente: L'Imitafion de Jésus-Ohrist: introducHon a Vunion intime cisVee Dieu, p. 360-370.      ^

" Da un Oarmelo francese una maestra delle novizie ci scriveva poco fa a questo proposito : < Da molti anni sono nella vita religiosa e da un pezzo sono incaricata del noviziato. Mi sembra che molte anime re­stino alla porta della vita vera, per ditetto d'istruzione e per l'illusione di credere che solo ]a meditazione sia uno stato sicuro. Ordinariamente quando si entra nei nostri monasteri colle disposizioni richieste (e cosi dev'essere in tutti i chiostri) e si lavora sul serio all'acquieto delle virtù, in brevissimo tempo, l'anima viene da Dio assoggettata alle aridità e alle impotenze, preludio delle purificazioni passive. Ebbene è quasi


LA PIENA PEBFEZIONE DELLA VITA CEISTIA'NA                     173

Tale fu il linguaggio di tutti i santi, .quando par­larono dell'amor perfetto, del conoscimento intimo di Dio e di noi stessi ch'esso. suppone e dei segni a cui si riconosce.      ; .               . .

Così parlava il Signore a S. Caterina da Siena:

«Mi resta ora a dirti a qua.1 segno si conosce'che l'anima è arrivata all'amor perfetto. Questo segno è quel medesimo che fu ..visto, negli apostoli, quando ebbero ricevuto lo Spirito Santo. Essi uscirono dal

impossibile far comprendere a quelle che furono allevate secondo il metodo della meditazione ragionata che questo stato è buono e che è fatto per condurle all'unione divina. Esse non arrivano ad intendere l'insegnamento di S. Giovanni della Croce che: n l'applicarsi in quel momento a capire e a considerare oggetti particolari, fossero pure alta­mente spirituali, sarebbe un porre ostacolo al lume generale, sottile e semplice dello spirito, sarebbe un far intervenire una nuvola » (Salita, 1. II, o. xm).

« Tutto all'opposto avviene per le anime ohe accettano con sottomis­sione queste prime pene; è in brevissimo tempo la pace prima e poi la scienza di saper trovare Dio in tali oscurità, e da ciò proviene un rapido avanzanemto. Le prime, dopo trent'anni e più di vita religiosa, atten­dono ancora ohe qualcuno venga finalmente a sollevarle e a mostrar loro quello che cercano sempre; conducono una vita scolorita e senza slancio. Nella vita contemplativa, il segreto della felicità è saper vivere siffatta vita sotto lo sguard.o di Dio.

«Posso io continuar ad insegnare che la contemplazione proprìampnte detta, ne' suoi varii gradi, viene sempre da Dio e ch'essa è infusa3 Una delle ragioni che sempre m'inclinarono a credere questo è che, quando l'anima è un po' avanzata nell'orazione, la sola cosa che la accontenti, è sentire che tutto quello ch'essa ha e tutto quello che sente le viene direttamente da Dio e non da sé. Ogni anima, per poco che sia vera­mente contemplativa, cerca istintivamente di disfarsi di tutto ciò che le è personale e non ne fa alcun caso. Capisco benissimo la contemplazione acquisita al termine d'uno studio o d'una lettura attraente, è l'ammi­razione davanti alla verità scoperta. Ma nell'orazione gli argomenti sono sempre su per giù i medesimi; ora come si può restare per un certo tempo e abitualmente in quest'impresa, senza la grazia della contempla­zione infusa i e non si è torse sicuri sulla via di questa contemplazione dal momento che si vuole accettare le purificazioni che ne sono la portai».

Tale infatti ci sembra essere la dottrina di S. Giovanni della Croce, per lui la contemplazione propriamente detta è infusa.

Vedasi in appresso e. IV, a. II, III, IV, V, VI.


174    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

cenacolo, e, liberati da ogni timore, annunziavano la mia parola, e predicavano la parola del mio uni­genito Figliuolo. Nonché temere i patimenti, face­vano di essi la loro gloria...

« Quelli che hanno la passione del mio onore, e che hanno fame della salute delle anime, corrono alla mensa della santa Croce. Non hanno altra ambizione che di soffrire e di affrontare mille fatiche per il servizio del prossimo... Portano nel loro corpo le stimate di Cristo, e l'amor crocifisso, che le brucia, splende nel disprezzo che hanno di sé, nella giòia, che provano negli obbrobrii, nell'accoglienza che fanno alle contradizioni e alle pene che loro con­cedo, da qualunque parte vengano e in qualunque modo io le mandi loro...

«Essi corrono con ardore nella via di Cristo cro­cifisso; seguono la sua dottrina, e nulla può rallen­tare la loro corsa, ne le ingiurie, ne le persecuzioni, ne i piaceri che il mondo loro offre e loro vor­rebbe dare. Passano sopra a tutto questo, con una fortezza incrollabile, con una perseveranza che nulla turba, col cuore trasformato dalla carità, gustando e assaporando questo cibo della salute delle anime, pronti a sopportar ogni cosa per loro. Ecco ciò che dimostra, senza che se ne possa dubitare, che l'anima ama il suo Dio con perfezione, e senz'alcun interesse. Se questi perfetti amano se stessi, e per Me; se amano il prossimo, è per Me, per rendere onore e gloria al mio nome. Ecco perché la soffe­renza li trova sempre forti e perseveranti... In mezzo a tutte le ingiurie, è la pazienza che brilla e che afferma la sua sovranità.

« A questi faccio la grazia di sentire ch'io non sono mai separato da loro 17, laddove negli altri io

17 Queste parole indicano manifestamente l'unione mistica ed anche l'unione mistica perfetta.


LÀ PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   175

vado e vengo', non già ch'io ritiri da essi la mia grazia, ma sì il sentimento della mia presenza... Queste anime immerse nel fuoco della mia carità, senza che nulla rimanga di esse, fuori di Me, non avendo più alcuna volontà propria, ma tutte quante infocate in Me, chi dunque le potrebbe prendere e ritrarle da Me e dalla mia grazia? Sempre esse mi sentono in loro, mai non sottraggo loro il senti­mento della mia presenza... Onde molte volte il corpo è sollevato da terra, a motivo di questa per­fetta unione... il corpo resta come immobile, tutto spezzato dall'amore dell'anima, a tal segno ch'esso non potrebbe più vivere se la mia bontà non lo cingesse della sua forza... Perciò io interrompo per qualche tempo quest'unione, onde permettere al­l'anima di restar ancora nel suo; corpo. Di questo corpo, a cui era stato incatenato, S. Paolo si lagnava, perche gl'impediva, ancora per qualche tempo, di vedermi. Egli gemeva di trovarsi tra i mortali, che sempre m'offendono, privo della mia visione, cioè di vedermi nella mia essenza » 18.

Non minore elevatezza noi troviamo in S. Tom-maso d'Aquino, quando nella sua lingua sobria di teologo, tratta la questione: Può qualcuno essere per­fetto in questa vita ? ' '

«La legge divina, .risponde egli, non comanda l'impossibile. Ora essa ci dice: Siate perfetti, come è perfetto il vostro Padre celeste.

« La perfezione della vita cristiana infatti consiste nella carità e importa' una certa universalità o to­talità, perché perfetto è quello a cui nulla manca.

" S. caterina da siena, Dialogo, o. xliv-xijx.


176    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

«Sotto questo aspetto,' si può considerare una trì­plice perfezione:

« La perfezione assoluta consiste nell'amàr Dio quanto è amabile, e questa non è- possibile- per la creatura; perché Dio solp può amarsi così, cioè ,iti-finitamente.                           '             :

«Altra è la perfezione che consiste nell'amàr Dio' con tutto il nostro potere, per tal modo che il nostro amore tenda sempre attualmente a Lui. Questa perfe­zione non è possibile quaggiù, ma è quella del cielo.

« Finalmente vi è una perfezione che consiste nell'amàr Dio, non quanto egli è amabile, ne nel tendere sempre attualmente a lui, ma nell'escludere quello che si oppone all'amor ed Dio. Il veleno che uccide la carità, dice S. Agostino, è la cupidigia o la concupiscenza; quando ^questa è distrutta, si ha la perfezione. Sopra la terra, questa perfezione, può, esistere, e in due modi:

« O l'uomo esclude : dal' suo affetto tutto ciò. che è contrario alla carità .e la distruggerete, come il peccato mortale. E questo è necessario alla, salute.

«Oppure l'uomo esclude dal suo affetto, non solò ciò che è contrario alla'.carità, ma tutto db che im­pedisce al suo amore di ,dirigersi totalmente a Dio. Senza questa perfezione la carità può esistere, per esempio nei principianti e nei proficienti» (II-II, q. 184, a. 2).

Quest'ultima perfezione è appunto quella dei per­fetti; vi sono ancora in essi dei peccati veniali di fragilità o di sorpresa; ma essi evitano i peccati veniali deliberati ed anche le leggere imperfezioni coscienti e volute. Sono fedelissimi alle ispirazioni dello Spirito Santo, sia che queste ispirazioni richia­mino alla mente un dovere anche minimo oppure un semplice consiglio 19. Di più li perfetti, in vece di

» I-II, q. 68, a. 2.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   177

contentarsi d'atti di carità relativamente deboli per il grado di vita soprannaturale a cui sono pervenuti (actus remissi), fanno spessissimo atti almeno intensi quanto la carità che hanno nel cuore, atti per cui meritano di ottenere nello stesso istante un aumento notevolissimo di tale virtù 20. Essi avendo dieci ta­lenti si guardano bene dall'agire come se ne avessero ricevuti solo due. Parimenti si comunicano con un gran fervore di volontà; ed hanno fame dell'Euca­ristia 21. Tendendo sempre a grandi cose per la virtù della magnanimità 22, mostrano nondimeno una pro­fonda umiltà nelle loro confessioni, in tutta la loro vita, e si giudicano gli ultimi degli uomini 23. Sono mansueti e umili di cuore quanto fermi e forti. In essi, «la prudenza disprezza tutte le cose del mondo per la contemplazione delle cose divine; e dirige tutti i pensieri dell'anima a Dio. La temperanza ab­bandona, per quanto la natura può tollerare, quello che esige il corpo. La fortezza impedisce all'anima di spaventarsi davanti alla morte e davanti all'in- . cognita, delle cose superiori. La giustizia finalmente induce a entrare pienamente in questa via tutta di­vina» 2t. Più in alto ancora, secondo S. Tommaso, sono le virtù dell'anima pienamente purificata, vir-tutes jam purgati animi, quelle dei grandi santi quaggiù e dei beati in cielo».

Nei perfetti, la preghiera di desiderio è pressoché continua; essi ascoltano le parole di nostro Signore:

Bisogna pregare sempre. La loro fede è diventata contemplazione amante 25; la loro speranza, fiducia invincibile 36.               -

II-II, q. 24, a. 6.

Ìli, q. 80, a. 10.

II-II, q. 129, a. S, ad i.

II-II, q. 161, a. 6, Dei gradi d'umiltà.

I-II, q. 61, a. 5.

II-II, q. 8, a. tot 7;, g. 45; i. 180, a, 6. II-II, q. 18, a. i; q. 129, a. 6,

12 — Perfezione e Contemplazione. - I.


178                  PERFEZIONE CEI8TIANA E CONTEMPLAZIONE

Insomma, « mentre i principianti s'adoperano so­prattutto a fuggire il peccato, a resistere ai moti della concupiscenza.,., e'mentre i proficienti si sfor­zano principalmente di avanzarsi nella pratica della carità e delle altre virtù... i perfetti tendono soprat­tutto a unirsi a Dio, ad aderire a lui, a godere di lui, e desiderano di morire per essere con Cristo » 27.

.5. Tommaso non si fa un'idea meno alta di ciò che dev'essere in queste anime l'amor del prossimo:.

«Vi sono parimenti tré gradi nella carità verso il prossimo. .Nel primo, la nostra carità, senza esclu­dere nessuno, positivamente s'estende quasi soltanto ai nostri amici e a quelli che ci son noti. Poi essa vuole e fa del bene agli estranei, e finalmente ai nostri nemici. Questo è proprio dei perfetti, dice S. Agostino.

« Siffatto .progresso nell'estensione della carità è accompagnato da un . altro nell'intensità di questa virtù. Questa intensità crescente si manifesta me-' diante le cose che l'uomo disprezza per il pros­simo; egli giunge a disprezzare non solo i beni este­riori, ma anche le afflizioni corporali e finalmente la morte, conforme alla sentenza del Signore : Non vi è •maggior carità che il dare la vita per i proprii amici.

« Finalmente il progresso della carità fraterna si manifesta da' suoi effetti, quando l'uomo da per il prossimo non solo i suoi beni temporali, ma anche .i suoi beni spirituali e da finalmente tutto quanto se stesso, conforme al detto di S. Paolo (II Cor., xii, 15): Io per me. volentierissimo spenderò il mio, e spenderò di più me stesso per le anime vostre;

quantunque amandovi di più, dovessi essere amato di meno» 2S. Lo stesso dice S. Bonaventura 29. .

" II-II, q. 2.4, a. 9.                  ,

'» II-II, a. ISì, a. 2, ad 3.                                 ,. 29 S. bonavent., Opiisc. de gradzbus virtutum, cap. i; et Opusc. de triìilici via vel Itwendwm anwris.


LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CEISTIANA   179

A questi tré gradi della carità, secondo S. Tom-maso, corrispondono tré gradi nelle virtù morali 30, ed anche nei doni e nella contemplazione 31.

È difficile farsi una più alta idea della perfe­zione cristiana; escludere tutto ciò che all'anima im­pedisce di essere totalmente di Dio; aderire a lui;

aspirare vivamente all'unione del cielo; amare effet­tivamente e in particolare gli stessi nemici proprii;

disprezzare, la morte per la gloria di Dio e per la salute delle anime : tale è l'età perfetta della vita spirituale.

*   *   *                               ;

Se finalmente si risale agli antichi Dottori, che parlarono per i primi delle tré vie purgativa, illu­minativa e 'unitiva e dei gradi di carità corrispondenti, si vede ch'essi prendono questi termini nel grande senso conservato da S. Giovanni della Croce, e non nel significato monco, divenuto comune in molti autori ascetici moderni.

Non si potrebbe negare che la distinzione delle tré vie debba la sua origine alla dottrina della contem­plazione cristiana secondo S. Agostino e Dionigi. Il sig. Pourrat lo riconosce nella sua recente opera, La spiritualité chrétienne, p. 349, n. 1, e aggiunge:, «La dottrina delle tré tappe: la purificazione, l'illu-minazione e l'unione.... sarà a. poco a poco genera­lizzata e applicata alla vita cristiana ordinaria ». Cioè, queste espressioni, in seguito, sovente saranno prese in un senso diminuito.

'0 I-II, 61, a. 5, ad 3. Manifestamente la perfezione delle virtù del­l'anima purificata, virtutes purgati animi, descritta da S. Tommaso, è d'ordine mistico.                                           • ,

" II-II, q. 180, a. 6. dioni&i certosino, De Dowis, tr. II, a. 1,5, descrive bene questi tré gradi dei doni; 11 terzo è certamente d'ordine mistico.


180    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

In origine sono prese nel loro più alto significato, che designa non qualcosa di straordinario in sé o di miracoloso, ma alcunché di emineate, .l'ordine per­fetto, o il pieno sviluppo' della vita soprannaturale quaggiù.

Dionigi parla sovente di queste tré vie, specialmente in tutto il cap. v del suo libro della 'Gerarchla eccle­siastica: « Dio, dice egli, purifica^ prima le anime nelle quali egli abita, poi le illumina e finalmente le conduce all'unione divina... Così nella Chiesa, all'ordine dei diaconi appartiene la virtù di purifi­care..., a quello dei sacerdoti la virtù d'illuminare, e all'ordine episcopale quella di perfezionare. S. Tom-maso riproduce più tardi questa dottrina e la fa sua 32.                                  . .

Nella sua Teologia mistica, e. i, n. 1, Dionigi di­mostra più esplicitamente tutto ciò ch'egli intende con queste parole che ricorrono così Spesso sotto la. sua penna : « In quanto a tè, o diletto Timoteo, nel tuo desiderio di arrivare alle contemplazioni mistiche, sforzati, senza stancarti, di scioglierti e dai sensi e dalle operazioni dello spirito, e da tutto ciò che è sensibile e intelligibile, e da tutto ciò che è o non è, a fine di sollevarti coll'inconOscenza, per quanto è possibile il farlo, all'unione di Colui che è sopra ogni essere ed ogni cognizione, cioè, di sollevarti, distaccandoti assolutamente da tè stesso e da ogni cosa, spoglio di tutto, e sciolto da ogni impaccio,

»2 S. tommaso, IV Seni., d. 4, q. 1, a. 1, q. 3, e II Seni., d. 9, q. 1, a. 2, e. et ad 8. Tntto quest'articolo, che ha per titolo Utrum unus> angelus purffet aliutu, dev'esser letto, per ben vedere in qua! senso esatto S. Tom-maso, seguendo Dionigi, prende le parole purgatio, illuminano, unto.

Vedasi anche nell'indice generale delle opere di S. Tommaso, chia­mato Tabula aurea, la parola illustrano. Chi si vuoi fare un'idea di ciò ch'egli intende per vita illuminativa legga quello ch'egli dice del dono dell'intelletto. III Seni., d. 34, q. 1, a. 1, e. fin.: i Intellectus donum, ut Gregorius dicit, de auditis mentem illustrai, ut homo etiam in hac vita praelibationem tuturae manifestationis accipiat ». Quest'illuminazione del dono dell'intelletto ci da un pregustamento della visione beatifica.


LA PIENA PEEEEZIONE DELÌLA VITA CEISTIANA   181

a quel raggio soprannaturale transluminoso delle te­nebre divine». È "esattamente la medesima dottrina e i medesimi termini che troviamo più tardi in S. Giovanni della Croce.

S.. Agostino non parla diversamente, quando tratta della contemplazione nelle Confessioni, IX, o, 10, nei Soliloqui, I, e. 1, 12, 1,3, nella Vita beata, .e nel De quantitate animae ss. In particolare in quest'ul­tima opera, 1. I, e. 33, quando descrive i diversi gradi della vita dell'anima, dopo .aver considerata la vita vegetativa, la vita sensitiva, la vita intellet­tuale o la cognizione delle scienze, egli studia i gradi della vita spirituale: 1° la lotta contro il pec­cato, l'opera difficilissima della purificazione, durante la quale bisogna mettere tutta la propria confidenza in Dio; essa, dice egli, conduce alla vera virtù, che mostra tutta la grandezza dell'anima, la sua incom­parabile superiorità sul mondo dei corpi; 2o l'entrata nella luce, che non è possibile se non a quelli che sono purificati; gli occhi malati non 'possono sop­portare la luce che l'occhio puro e sano desidera;

3o la contemplazione e l'unione divina, che ci per­mette di godere del Sommo Bene: «Nella visione intellettuale e nella contemplazione della verità... quali sono le gioie dell'anima... quali sono i soffi di questa eterna serenità, che potrei dirne io? Alcune anime grandi e incomparabili raccontarono queste maraviglie... noi sappiamo ch'esse le videro e che le vedono ancora» st.

" Queste opere si trovano in mi&ne, P. L., t. XXXII. Il Sig. Pourrat pose bene in rilievo questi testi nella la SpiritvMifé chrétienne, p. 332-3H. Ma ci sembra che si vedrebbe meglio tutta la loro portata se si raf­frontassero con quelli citati nella medesima opera, al capo precedente, che ha per titolo la Doctrine spiritueìle de saint Augustin. La mistica di S. Agostino non è certo separata dalla sua Dottrina spirituale, e noi non vediamo perché il Big. Pourrat ne abbia trattato separatamente in due capitoli distinti.

34 De Quantitate animae, 1. I, o. xxxni.


182    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

È questa contemplazione che S. Agostino stesso descrive nelle Confessioni, IX, e. 10, quando ricorda il suo trattenimento colla madre sua ad Ostia : « Colui che facesse tacere in sé i tumulti della carne; che chiudesse gli occhi agli spettacoli della terra, delle acque, dell'aria e del firmamento; che facesse tacere l'anima propria, senza permetterle di fermarsi in sé... colui che non udisse più queste creature... e a cui solo Dio stesso parlasse direttamente... in modo af­fatto spirituale... se questo rapimento continuasse e se solamente questa contemplazione assorbisse colui che la godesse..., non sarebbe ciò il compimento di queste parole evangeliche,: " Entra nel gaudio del tuo Signore „?» s6.

Bisogna egli far le maraviglie che, per una tale contemplazione e unione divina, sia necessaria la piena purificazione di cui parlerà più tardi S. Gio­vanni della Croce? S. Agostino stesso la esige, e sarebbe un errore separare la sua ascetica dalla sua mistica: la prima conduce alla seconda, come l'ado-.lescenza all'età adulta. Le tré vie di cui egli ha testé parlato in termini press'a poco simili a quelli dei grandi maestri posteriori, corrispondono ai tré gradi della carità di cui egli parla altrove, quello dei prin­cipianti, dei proficienti e dei perfetti 36.

Secondo lui, infatti, ci vuole già una gran carità per essere.nel numero dei proficienti. E si può dire che non si. è tali, finché non si è subita la prova della critica e della contradizione da parte degli uo­mini che non sanno sopportare che si faccia meglio

" SI qui tratta certamente della contemplazione Infusa, anzi eie-' vata.

" Ot. S. AaoStnro,-De natura et gratia. c.Lxx,n.84, n. 82.—In I Ep. Joannis, tr. V, i: s Ut perflclatur (caritas), nascitur; omn tuerit nata, nutritur; cum tuerit nutrita, roboratur; cum fuerit roborata, perflcitur... Si quis... paratus sit prò fratribus etiam mori, perfecta est in ilio caritas r. È questo testo classico che cita S. Tommaso, II-II, O.. 24, a. 9, sed. e.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEÌSTIANA   183

di loro s7. La carità di cui parla S. Agostino nel Cantico dei gradi s8 e nelle Confessioni, XIII, 8, suppone che uno sia disposto a morire per i propri fratelli, e non si concepisce senza quel conoscimento intimo e penetrante di Dio che è la contemplazione mistica. Il dono della sapienza cresce colla carità, tutto l'organismo soprannaturale della grazia, delle virtù e dei doni si sviluppa nel medesimo tempo. -

Concludiamo dunque che nella descrizione che fa delle tré vie purgativa, illuminativa e unitiva, come in quella che ci da dei tré gradi di carità corrispon­denti, S. Giovanni della Croce è in perfetto accordo con S. Agostino, con Dionigi, con S. Tommaso di Aquino, e possiamo anche aggiungere, con S. Ber-nardo, con S. Bonaventura, e coi veri discepoli di questi grandi maestri; egli precisa il loro insegna­mento su vari punti, ma non lo altera in nulla. L'al­tissima idea ch'egli si fa delle vie illuminativa e uni­tiva e dunque veramente tradizionale; e non si con­tenta di dipingerle sotto una forma inferiore o..em­brionale, come fanno parecchi autori ascetici moderni, ma ce le mostra nella loro pienezza, e così consi­derate esse sono propriamente d'ordine mistico.

Perciò bisogna ritenere con questo grande maestro, eco fedele della tradizione, che la piena perfezione della carità quaggiù non può esistere senza la con­templazione mistica, senza il pieno sviluppo dei doni dell'intelletto e della sapienza, che crescono colla ca­rità. Tutto l'organismo soprannaturale deve svilupparsi nel medesimo tempo, e non è questa una cosa per sé straordinaria, ma sì la piena armonia, l'ordine per­fetto della vita della grazia giunta quaggiù al sommo del suo sviluppo normale. Questa grazia chiamata

" Enarr. in psalm., cxix, n. 3.— Vedasi potorat, La Spiritualité chrétienne, p. 313.

" Enarr. m psalm., lxxxiii, n. 10.


184    PERFEZIONE OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

da S. Tommaso «grazia delle virtù e dei doni» 3i) è affatto distinta, come abbiam veduto, dalle grazie gratis datae, come la profezia o il dono dei mira­coli w.

È questo che fece dire a S. Giovanni della Croce:

« O anime create per tali glorie e che dovete go­derne per predestinazione, a che pensate voi? Di che vi occupate? Quanto volgari sono le vostre aspi­razioni e miserabili i vostri pretesi benil Come è deplorevole il vostro accecamento! Voi chiudete gli occhi alla luce più smagliante, e non udite le voci potenti che vi sollecitano! Lasciandovi trascinare da ciò che voi riguardate come la felicità e la gloria, voi non vedete che rimanete sprofondate nelle vostre miserie e nella vostra volgarità, e vi rendete indegne dei tesori che vi sono destinati!» t1.

Tutti devono dire col salmista: ,« Come il. cervo sospira le fonti d'acqua viva, così l'aaima mia anela a tè, o mio Dio. L'anima mia ha sete di Dio vivo. Quando verrò e apparirò davanti alla faccia di Dio? » (Ps. xli, 3).

Perfezione relativa. — Eroismo e santità.

I teologi mistici t2 osservarono che, tra gli stessi perfetti, si devono distinguere quelli che cominciano a vivere la vita perfetta, quelli che vi progredi­scono coll'eroismo delle virtù;, e quelli che arrivano alla piena perfezione ossia alla santità.

Subito dopo la purificazione passiva dei sensi, l'a­nima ha già una perfezione relativa, evita general-

" III, q. 62, a. 2.

" I-II, q. Ili, a. 5.

" cantico Spirituale, P. IV, str. 33.

" Segnatamente giuseppe dello spirito santo nel suo Cursus Theol. soholasttco-mysticae, dove tratta dei perfetti secondo S. Giovanni della Croce.


LA PIENA PERFEZIONE BELLA VITA CBISTIAl.TA   185

mente i peccati veniali deliberati e gode d'una con­templazione di Dio assai calma e affettuosa *3, de­scritta da S. Teresa nella IV e V Mansione. Ma vi sono ancora .molte imperfezioni da fare scomparire.

È soprattutto durante le purificazioni passive dello spirito e le. prove concomitanti, che si praticano le virtù eroiche, particolarmente quella della fede, della speranza e della carità, come dimostra S. Giovanni della Croce, Notte, 1. II, e. S. Teresa al principio della VI Mansione.          .              .

Finalmente all'uscire da quéste purificazioni pas­sive dello spirito l'anima, arriva alla piena perfezione della vita interiore, descritta da S. Giovanni della Croce nella•'Viva 'Fiamma e nella Parte III'del Cantico '* spirituale, e da S. Teresa nella VII Mansione. Si've­dano anche i più alti dei dieci gradi della carità enumerati da S. Bernardo ti.

Per. la qual cosa nella presente opera abbiamo ge­neralmente parlato a bello studio" della .piena per­fezione della vita cristiana, e non solo d'una perfe­zione relativa; notevolmente meno elevata, di cui si tratta in parecchie opere ascetiche che non trattano della vita mistica propriamente detta.

Questa piena perfezione non è essa veramente il sommo dello sviluppo normale della vita .della grazia? La parola normale non deve far dimenticare quella di sommità, e viceversa. Per ben intendere ciò bisogna rammentare che la vita cristiana richiede in tutti l'eroismo delle virtù secundum praeparationem animi, vale a dire che ogni cristiano dev'essere pronto ' a compire col soccorso dello Spirito Santo atti eroici, quando le circostanze lo esigeranno. Il martirio, in certi casi, è di precetto e non solo di consiglio ;

" Ot. S. giovanni delia cbocb, Notte oscura, 1. II, e. 1. 41 S. giovanni della croce li spiega: Notte oscura, 1. II, o. xx, seguendo un opuscolo attriluito a S. Tommaso.


186    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

perché dobbiamo preferire tutti i tormenti e fa morte all'abiura, e amar Dio' più della nostra vita. Senza ciò, come saremmo noi configurati a Cristo croci-, fisso, segnati della sua immagine? . I cristiani che praticano abitualmente i loro doveri, devono spe­rare che lo Spirito Santo darà loro, se gliela do­mandano con umiltà, fiducia e perseveranza, la forza d'essere fedeli perfino in mezzo ai supplizi, se hanno da subire simile prova. Nostro Signore diceva a' suoi discepoli: «Non temete quelli che uccidono il corpo... Lo Spirito Santo v'ispirerà in quel momento quello che bisognerà dire ». E, anche dal semplice punto di vista naturale, ogni cittadino non deve già egli in certe ore morire eroicamente per la difesa della patria?

Ogni cristiano deve altresì amare il bene sopran­naturale, la salute del prossimo più de* suoi proprii beni naturali. La carità gli dice d'andare, con pe­ricolo della sua vita, in soccorso dell'anima che si trova in un'estrema necessità spirituale. L'obbligo è più stretto per il sacerdote, che ha cura d'anime, e per il vescovo riguardo al suo gregge. Senza es­sere tenuto ad avere le virtù in grado eroico, egli. dev'essere pronto a dare all'occasione la sua vita per i fedeli della sua diocesi.

Bisogna dunque ammettere che la carità cristiana nel suo progresso quotidiano deve tendere normal­mente verso il grado eroico, il quale permette di compire prontamente ed anche con gioia le cose più difficili per Dio e per il prossimo. È quello a cui sentesi fortemente inclinata ogni anima che passa per le purificazioni passive dello spirito.

Queste purificazioni conducono finalmente alla vera santità, che è la perfetta purezza, l'immutabile unione

" Vedasi su questo punto S. Tommaso nella questione del martirio, II-II, i. 124, a. 1, ad 3.


LA PIENA PERFEZIÓNE DELIA VITA CBISTIANA   187

con Dio te, e l'armonia intima di tutte le virtù, anche di quelle che sono apparentemente più opposte:

l'accordo d'una grande fortezza e d'una perfetta man­suetudine, d'una giustizia rigorosa e d'una tenerissima misericordia, della sapienza più alta e più semplice colla prudenza che scende ai minimi particolari. È questa veramente la santità davanti a Dio, benché essa non sia sempre manifestata da segni certi da­vanti alla Chiesa. E; solamente lì si'trova la piena perfezione della vita cristiana, ben superiore alla perfezione relativa, di cui parlano parecchi autori ascetici,- e che è solo l'entrata nella via dei perfetti.

Come si vede, noi parliamo non solo dell'essenza della perfezione, ma della sua integrità normale. Così l'aver buoni occhi appartiene, se non all'essenza del corpo umano, almeno alla sua integrità. Pari-menti, come vedremo sempre meglio, la contempla­zione infusa appartiene, se non all'essenza della, per­fezione cristiana, almeno alla sua integrità. E questa contemplazione, manifestissima nei perfetti più atti alla vita contemplativa, è come diffusa negli altri perfetti in cui dominano soprattutto i doni dello Spi­rito Santo relativi all'azione, doni del timore, della .fortezza, del consiglio, della scienza, uniti al dono della pietà, sotto un influsso meno visibile dei doni della sapienza e dell'intelletto. Cf. infra, e. IV, a. vii, § in.

" II-II, q. 81, a. 8.


188    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE articolo V.

La Perfezione e il precetto dell'amor di Dio.

^) II primo precetto è sema limite ?

Il doppio precetto dell'amore è formulato nel modo più completo nel Vangelo di S. Luca, x, 27: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, e con tutta l'anima tua è con tutte le tue forze, e con tutto il tuo spirito, e ^l tuo prossimo come tè stessavi.

Ponderiamo il senso di ciascuna parola, conside­riamo l'insistenza con cui è ripetuta la parola tutto e domandiamoci con S. Tommaso: II precetto del­l'amor di Dio ha egli un limite, per tal modo che, oltre tale limite, non vi sia più che un consiglio di carità, nel quale consisterebbe la perfezione?

Alcuni così pensarono, e dissero : Per osservare anche perfettamente questo precetto, non è necessario • avere un'alta carità; la perfezione superiore, che sopprime non solo i peccati veniali deliberati, ma anche le imperfezioni volontarie, è solo di consiglio;

essa non è contemplata dal precetto, ma lo sorpassa. Così la perfezione starebbe nel compiménto di certi consigli di carità, che sarebbero superiori allo stesso primo precetto 1.

' Così parla il scabez, de Statu perfectionis, e. xi, n. 15-16. Egli rico­nosce che S. Tommaso e prima di lui S. Agostino sembrano veramente insegnare che la perfezione della vita cristiana sia non solo consigliata^ ma comandata, dal primo precetto, a titolo di fine al quale bisogna


-LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   189

Ciò può sembrar vero, se si guardano superficial­mente le cose. S. Tommaso, proponendo questo pro­blema, lo notò in questa obiezione: « Tutti sono tenuti ad osservare i precetti, e questo è di necessità di sa­lute. Se dunque la perfezione della vita cristiana consistesse nei precetti, ne seguirebbe che la perfe­zione sia di necessità di salute, e che tutti vi sareb­bero tenuti, il che è falso » 2.

È questa un'obiezione speciosa che S. Tommaso, come vedremo, sciolse perfettamente, mostrandoci, eolla scorta di S. Agostino, tutta la grandezza del precetto dell'amor di Dio, superiore a tutti i consigli;

e reca maraviglia il vedere che teologi moderni e non dei minori, disconoscendo su questo punto fondamen­tale della spiritualità la dottrina dei più grandi maestri, abbiano fatto di questa obiezione la loro propria tesi.

Non ci fermiamo alle apparenze, ne alla materià-

tendere. Ma egli dal canto suo risponde negativamente: «Respondeo nihilominus, si proprie et in rigore loquamur, perfectionem superero-gationis non solum non praecipi, ut materiam in quam obli^atio praecepti cadat, veruni etiam neQue per modum finis in piaeceptis contineri a. Ammette adunque sopra il precetto dell'amor di Dio, che per lui ha im limite, dei consigli di carità, superiori a quelli di povertà, castità ed ubbidienza, e la perfezione, secondo lui, consiste essenzialmente in questi consigli di carità, strumentalmente nei tré altri. Ct. ibid n. 16.

Questa dottrina del Suarez fu ampiamente criticata dal grande canonista passerini, O. P., che era un protondo teologo tedelissimo a S. Tom­maso. Vedasi nell'opera sua de Hominum statibus et officiis in II-II, q. 184, a. 3, p. 50, n. 70 et p. 57, n. 106, dov'egli dimostra che questa dottrina del Suarez è opposta a quella di S. Agostino, di S. Tommaso, ammessa da S. Antonino, dal Gaetano e dal Valenza. Si può facilmente rendersene ragione mediante la lettura stessa dell'articolo citato della Somma Teologica che tradurremo. Risponderemo brevemente in nota, alle obiezioni del Suarez.

Anche S. Tommaso usò qualche volta (v. g. in Ep. ad Phil., e. 3, tect. 2) l'espressione « perfectio supererogcctionis », ma in un altro senso diverso dal Suarez; cf. barthieb, O. P., Perfection cìtrétienne et Per-fectwn religieuse, t. I, p. 229. Con ciò S. Tommaso vuoi dire solamente che i tré consigli di povertà, castità ed ubbidienza, non sono obbliga­torii.

8 II-II, q. 181, a. 3, 2" ob.: La perfezione è nei precetti o nei consigli?,


190    REFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

lità delle cose; ma vediamo quali è il senso profondo e' la portata del precetto. Seguiremo esattamente quanto è possibile il medesimo testo di S. Tommaso in quest'articolo troppo poco conosciuto: La perfe­zione consiste nei precetti o nei consigli? II-II, . q: 184, a. 3.

*   *   *

Nel Deuteronomio, vi, 5, sta scritto : Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, e nel Le-vitico, xix, 18: Amerai il \ tuo prossimo come tè stesso. Nostro Signore aggiunge (Matth., xxii, 40):

Su questi due comandamenti si fondano tutta la Legge e i Profeti.'Ora, la perfezione della carità, secondo la quale la vita cristiana è perfetta, consiste appunto in ciò che noi amiamo D,io con tutto il nostro cuore e il prossimo come noi stessi. D'onde segue che la. perfezione consiste nel compimento dei precetti.

« Per ben intendere questo, bisogna notare che la perfezione consiste necessariamente ed essenzialmente in una cosa, secondariamente ed accidentalmente in -un'altra.                                           :.

«Necessariamente ed essenzialmente la perfezione della vita cristiana consiste nella carità; principal­mente nell'amor di Dio, e poi nell-'amor del prossimo;

'ecco l'oggetto dei due principali precetti della legge .divina. Ora s'ingannerebbe chi si figurasse che l'amor di Dio e del prossimo formino l'oggetto d'una legge solo in una certa misura, cioè, fino ad un certo grado, oltre il quale esso diventasse l'oggetto d'un semplice consiglio. No. I termini del comandamento sono ^chiari, e mostrano che cosa è la perfezione: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore..., ex foto corde tuo. Le due espressioni tutto 'è. intero ossia perfettosono sinonime. Parimenti sta scritto: Amerai


LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CRISTIANA    191

il tuo prossimo, come tè stesso, e ognuno si ama, per dir così, senza limite (maxime) 3.

« Ed è così, perché, secondo l'insegnamento dell'A­postolo (I Tim., i, 5), la carità è il fine del coman­damento e di tutti i comandamenti. Ora il finei non si presenta alla volontà frammentariamente, ma nella sua totalità, nel che esso differisce dai mezzi. Il fine si vuole o non si vuole, ma non si vuole per metà, come osservò Aristotile (I Polit., e. 3). Il medico vuole forse per metà la guarigione del ma­lato? No certo; quello ch'egli misura è il medicar. mento, ma non la salute ch'egli vuole senza misura. Manifestamente adunque la perfezione consiste essen­zialmente nei precetti. Onde S. Agostino, nel suo libro de Perfectione justitiae, e. vili, ci dice: «Perché dunque non sarebbe essa comandata all'uomo questa perfezione, quantunque nessuno, in questa v'ita, possa averla (pienamente)? A.

Questo è tanto più vero in quanto il fine di cui si tratta qui, non è un fine intermedio come la sa­lute, ma il fine ultimo, Dio stesso, che è il bene infinito, «L'uomo, dice S. Tommaso, non può mai amare Iddio quant'egli dev'essere amato; parimenti non possiamo credere e sperare in Lui quanto dob­biamo 6. Onde le virtù teologali differiscono dalle virtù morali in ciò ch'esse non consistono essenzial­mente in un giusto mezzo; il loro oggetto, il loro

3 In questo senso che ognuno deve per carità volere per sé la salute, la vita eterna, e non solo un dato grado inferiore di gloria, ma la vita .etema senza fissare alcun limite, perché non sappiamo a qual grado Dio voglia oondurcl.

* « Cur ergo non praeciperetur nomini ista perfectio, quamvis eam in hao vita nemo habeat? r S. Agostino vuoi dire che anche la perfe­zione del cielo cade sotto il precetto dell'amore di Dio, non come una cosa da attuarsi immediatamente, ma come il fine al quale bisogna tendere, come spiega il Gaetano in II-II, q. 184, a. 3.

1 I-II, q. 61, a. i : Le virtit teologali consistono esse in un giusto messo?


192    PEKEEZIOSE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

motivo formale, la loro misura essenziale è Dio stesso, la sua verità e la sua bontà infinita. Se queste virtù supreme sono sotto un aspetto in un giusto mezzo 6, ciò è accidentale e da parte del sog­getto umano, non dell'oggetto divino, in questo senso per esempio che il proficiente può e deve amar Dio più che il principiante senza poter amarlo ancora come il perfetto, ne come il beato, in cielo 7.

Finalmente un altro motivo, per cui il precetto dell'amore non ha limiti, è che la carità d&ve sempre crescere fino alla morte, perché siamo in stato di via o di viaggio verso l'eternità. La via .o: il sentiero dell'eternità non è fatto perché uno vi si adagi e vi si addormenti, ma sì per camminare. Sono i pigri che si coricano sulla strada, senza continuare il cam­mino fino alla meta prefissa. Per il viaggiatore che non è ancora arrivato al termine obbligato del suo viaggio, l'avanzare è un comando e non solo un consiglio, proprio come il bambino deve crescere, secondo una legge di natura, finche sia arrivato all'età adulta. Ora, quando si tratta di camminare verso Dio, non ci si avanza corporalmente, ma sì

' Per esempio, la tede tra l'infedeltà e la credulità; e la speranza tra la presunzione e la disperazione.

' Parimenti sotto questo aspetto secondario e accidentale, dal lato dell'uomo e non dal lato di Dio, la speranza si trova tra la disperazione e la presunzione. Il presuntuoso non spera troppo in Dio, ciò è impos­sibile, ma spera un bene che eccede la condizione in cui si trova, per esempio il perdono senza un vero pentimento. Parimenti la credulità non consiste nel credere troppo in Dio, ma nel credere come rivelato da Lui ciò che è solo invenzione o immaginazione umana (I-II, q. 64,. a. 1). Laddove la virtù morale che regola una passione, deve essenzial­mente costituire un giusto mezzo tra l'eccesso e il difetto di questa pas­sione. Cosi la virtù della fortezza è essenzialmente un giusto mezzo razionale tra la codardia e la temerità; giusto mezzo del resto che, da parte della sua razionalità, s'inalza come un punto culminante sopra queste torme irrazionali dell'agire umano. Dimenticare con Epicuro-ohe il giusto mezzo razionale debba essere cosi una sommità, e voler far consistere le virtù teologali essenzialmente in un mezzo come le virtù morali, è proprio della mediocrità, o della tiepidezza, eretta a si­stema sotto pretesto di moderazione.


•LA PIENA PERFEZIONE DEIAA VITA CRISTIANA   193

a passi d'amore o di carità, gressibus amoris, dice 8. Tommaso. Dobbiamo adunque, ogni giorno in tal modo accostarci a Dio, senza mai assegnare un limite" •al progresso della nostra carità. Non abbiamo il di­ritto di dire : Amerò Dio fin. qui, ma non più lon­tano; sarebbe un non ascoltar più il primo precetto che è senza misura: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutto il tuo spirito».

Ne segue forse che la perfezione non consista in conto alcuno nei consigli evangelici?

S. Tommaso, nel medesimo luogo, risponde:

« Secondariamente e strumentalmente la perfezione consiste nei consigli; in altre parole, questi sono sol­tanto strumenti preziosi per arrivarci. Infatti tutti i consigli come i precetti sono ordinati alla carità, con una differenza però. I precetti inferiori ai due grandi comandamenti dell'amore hanno' per scopo di rimuovere quello che è contrario alla carità, quello che la distruggerebbe; mentre i consigli hanno per scopo di rimuovere ciò che impedisce o intralcia il perfetto esercizio della carità senza esserle tuttavia contrario, come il matrimonio, la necessità di occu­parsi dei negozi secolari, e cose simili. È quello che insegna S. Agostino (Enchiridion, e. xxi): «precetti... e consigli... sono bene osservati quando si compiono colla mira d'amar Dio, e il prossimo per Dio, in questo mondo e nell'altro ».

Perciò nelle Conferenze dei Padri, I, e. vii, l'a­bate Mosè dice: «I digiuni, le veglie, la meditazione delle Scritture, la nudità e la privazione dei beni esterni non sono la perfezione, ma strumenti o mezzi di perfezione; non consiste in essi, ma per essi si arriva alla perfezione».                       .

In questo senso nostro Signore disse al giovane ricco: «Se vuoi esaere perfetto, va, vendi quello che hai, dallo ai poveri; e tu avrai un tesoro in

13Perfezione e Contemplazione. - I.


194    PEErEZIOME CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

cielo, poi vieni e seguimi» (Matth., xix, 21). Come nota S. Tommaso (7oc. cit. ad 1), con queste parole Gesù indica anzitutto la via che conduce alla per­fezione : Va, vendi quello che 'hai, dallo ai 'poveri, poi aggiunge quello in cui consiste questa perfe­zione: e seguimi, in ispirito con la carità, «sequi jubet non corporis gressu sed mentis affectu» dice S. Am-brogio in Lue. v, 27. I consigli adunque sono stru­menti o mezzi per giungere alla perfezione, ma non la costituiscono essenzialmente. Essa trovasi nel com­pimento del precetto supremo, che non ha limiti, di quello, cioè, dell'amor di Dio e del prossimo.

. *   *   *

Si obietterà ritornando alla difficoltà indicata. da principio : • « Ma tutti sono tenuti ad osservare i precetti, è di necessità di salute. Se dunque la per­fezione della vita cristiana consiste essenzialmente. nei precetti, ne segue ch'essa sia di necessità di salute, e che tutti siano tenuti ad essere perfetti, il che è manifestamente falso. Di più la carità im­perfetta osserva già i precetti; sembra dunque che la carità perfetta consista essenzialmente nell'osser-vare i consigli».                    .

A queste due difficoltà S. Tommaso (ibid., ad 2 et ad 3), seguendo S. Agostino, da una profonda risposta, la quale mostra tutta l'altezza del precetto dell'amore, che solo i santi osservano nella sua pie­nezza:                      • •

«Come dice S. Agostino, nel suo libro de Perfe-ctione justitiae, e. vin, la perfezione della carità è comandata all'uomo in questa vita, perché " non si corre nella buona direziono, se non; si sa verso quale meta bisogna correre; e come la si potrebbe sapere» se nessun precetto l'additasse?,, Ma ciò che è


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA    195

l'oggetto del precetto (dell'amore) può adempirsi in vari modi. Perciò chi non lo adempie nel modo più perfetto, non per questo trasgredisce il precetto. Per evitare questa trasgressione, basta osservare la legge di carità in qualche modo come fanno i principianti.

« La perfezione dell'amor divino rientra bensì tutta quanta (universaliter) nell'oggetto del precetto; nem-.-meno la perfezione del cielo ne è esclusa, poiché è il fine a cui bisogna tendere, come dice S. Agostino8. Ma si evita la trasgressione del precetto attuando in qualche modo anche inferiore la perfezione della carità.                 .               .

«Ora il grado infimo dell'amor di Dio consiste nel non amar nulla più di Dio, o contro Dio, o quanto. Dio, e chi non ha questo grado di perfezione, non compie in alcun modo il precetto. All'opposto vi è. un grado di carità che non si può raggiungere quaggiù e che consiste nell'amor di Dio con tutto il nostro potere, per tal modo che il nostro amore -•tenda sempre attualmente. a Lui. Questa perfezione è possibile soltanto in cielo; dunque non si trasgre­disce il precetto per il fatto che non la si ha an­cora quaggiù. Parimenti non la 'si trasgredisce per il fatto che non si 'raggiungono i gradi medi della perfezione, purché si arrivi al grado infimo ».

Ma è evidente che chi resta lì, non compie in tutta la sua perfezione il precetto supremo e non attua pienamente quello che domanda la legge d'a­more: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutto il tuo spirito ».

Sarebbe dunque una grande illusione il pensare che solo la carità imperfetta sia di precetto, e che i gradi di questa virtù, superiori al grado infimo, siano solamente di consiglio. Essi cadono sotto il

8 Ibwt. et de Sinritu et lAttera. o. xxxvi.


196    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

precetto, se non come una cosa da compirsi im­mediatamente, almeno come quella a cui bisogna ten­dere, si non ut materia saltem ut finis, dicono i tornisti. Anche la carità del cielo è comandata come il fine verso il quale l'anima in stato di via deve sempre camminare, ed anche correre, dice S. Paolo 9, senza perdere il tempo che le è concesso. II pur­gatorio è fatto per coloro che non hanno abbastanza bene usato il loro tempo di prova sopra la terra 10.

Questa grande. dottrina a primo aspetto sembra sot­tile a cagione dell'obiezione che può ingombrare la mente; ma, in realtà, è pienamente conforme a quello che ci dice il senso comune nell'ordine naturale.

«Così, infatti, osserva S. Tommaso {ibid., ad 3), l'uomo, appena nato, ha una certa perfezione essen­ziale, per cui egli appartiene alla specie umana e si .trova già superiore all'animale; ma non è ancora la perfezione dell'età adulta, il pieno sviluppo del corpo 'e delle facoltà dell'anima. Parimenti vi è una certa perfezione della carità che non è 'altro che la stessa sua essenza: amar Dio sopra tutto e nulla amare contro di lui; ma vi è altresì, e fin •da questa vita, un'altra perfezione della carità, a cui. non si arriva se non col progresso spirituale, analogo allo sviluppo naturale, così il cristiano si

" I Cm; IX, 21: « Non lo sapete! Nelle corse deUo stailo, tutti cor­rono, ma uno solo riporta il premio. Correte in guisa da far vostro il premio ».

10 II cardinal gaistano, in II-II, q. 184, a. 3, dice a questo proposito:

« La perfezione della carità è comandata come fine (waeciyitur ut finis} bisogna voler conseguire il fine, tutto il fine ; ma appunto perché essa è fine, basta, per non mancare al precetto, essere nello stato di raggiungere un giorno questa perfezione, sia pure nell'eternità. Chiunque possiede, anche nel più debole grado, la carità, e cammina così verso il clelo, è nella via della carità perfetta, e fin d'allora egli evita la trasgres-sione del precetto, che è di necessità di salute ». Ma colui che muore in stato di grazia, senza aver utilizzato abbastanza come si deve il tempo della vita, dovrà passare per il purgatorio, per esservi profondamente purificato; là egli conoscerà l'ardente desiderio della visione di Dio.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   197

astiene dalle cose anche lecite per compire più li­beramente i suoi doveri verso Dio».

È chiaro: basta essere bambino per appartenere .alla specie umana, ma questo, di certo, non basta per essere perfettamente uomo; anzi, in forza d'una legge necessaria il bambino deve crescere sotto pena, non di restare un bambino, ma di diventare un nano deforme. Slmilmente basta avere un grado infimo di parità per evitare la trasgressione del precetto del­l'amore, ma ciò, com'è chiarissimo, non basta, per compire perfettamente questo primo precetto, supe­riore a tutti gli altri e a tutti i consigli. Di più, se il principiante non cresce nella carità, egli non resta un principiante, ma diventa un anormale e come un nano sotto l'aspetto spirituale. Vi è, per esempio, una fede e una pietà per dir così embrionali con una cultura letteraria, scientìfica o professionale sviluppatissima; la sproporzione è manifesta, l'equi­librio manca assolutamente, le obiezioni insorgono, sconcertano e sviano lo spirito'; il seme divino che è in esso, per mancanza di sviluppo, corre grave rischio di morire, come si dice nella parabola del seminatore 11. Sulla via della salute, gli anormali non sono certo i veri mistici e i santi, ma i ritar-datari e i tiepidi.                :

Questo punto di dottrina, della massima evidenza, è capitale nella vita spirituale. Eeca maraviglia che sia così spesso ignorato o per lo meno dimenticato. La perfezione della carità non è solo consigliata, ma comandata come il fine a cui ogni cristiano deve tendere se non colla pratica dei consigli, almeno col suo spirito crescendo ognora nella carità. S. S. Pio XI

11 «Una parte del seme cadde lungo la strade, e gli uccelli del elelo vennero e Io beccarono. Un'altra parte, caduta sopra un suolo pietroso, spuntò subito fuori, perché non aveva profondità di terreno. Ma leva­tesi 11 sole lo abbruciò, e perché non aveva radici inaridì » (matth., e. xiii, 4).


198    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

ciò ricordava ultimamente nella sua enciclica sulla dottrina spirituale di S. Francesco di Sales 12. Ri­gettare questa dottrina è lo stesso che sopprimere la causa finale nella questione di cui ci occupiamo 13.

Quando un'anima dopo aver vissuto lungo tempo nel peccato mortale, ritorna a Dio,. non basta che si preservi dalle ricadute ed eviti le occasioni del male, ma deve salire più in alto. Il precetto dell'a­more, come abbiamo veduto, non ha limiti; non si ferma ad un certo grado, dopo il quale non siavi più che un consiglio; ma ci comanda di crescere sempre nella carità, senza fermarci mai. Dio che è il bene infinito, merita d'essere amato senza mi­sura, quanto è possibile, sempre più « con tutto il nostro cuore, con tutta l'anima nostra, con tutte le nostre forze, con tutto il nostro spirito». E .solo i santi osservano perfettamente questa grande legge che è l'anima della vita cristiana 14.

12 L'abbiamo citato nella nostra introduzione.

13 Questa verità fu recentemente posta in luce dal Card. meeoibb nel suo bellibro La Vie intérieure, appel aux àmes sacerdotales, 1919, p. 98... Egli conclude : « Tutti siamo chiamati a salire verso le vette della perfe­zione : a salire dallo stato di vita in cui il timore di perdere la carità è 11 movente ordinario e predominante della condotta, a quello in cui l'anima si lascia più volentieri guidare da intenzioni di progresso nella virtù; a salire ancora più in alto, fino al completo distacco dal creato e allo spirito d'unione con Dio solo per lui solo. A questo riguardo vi ' sono nel mondo e talvolta anche nel clero, pregiudizi funesti, profondi, che noi, di comune accordo, dobbiamo studiarci di estirpare. Si, ripetia­molo, tutti sono chiamati alla pienezza della perfezione evangelica... A tutti è detto : Siate per fottio com.tè perfetto zi vostro Padre celeste » (matth., v, 48). Il catechismo del Concilio di Trento, P. II, Se Matri­monii sacramento, dice: « A tutti devono i Pastori del popolo fedele rac­comandare la vita perfetta..., tonte di felicità la più completa che l'uomo possa gustare quaggiù ». Per tutti, la santa liturgia domanda la grazia di non lasciarsi agitare dalle fluttuazioni del mondo, ma di conservare 11 cuore fisso su Colui che, solo, può renderci veramente felici » (Or. dom. IV -posi Pascila).

11 Si obietterà torse: II precetto non obbliga però a tare un atto di carità ad ogni minuto, e quindi "un atto di carità, non obbligatorio, è solo di consiglio.

Il passerini risponde giustamente (op. ctt., p. 50. n. 72): quest'atto


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIANA   199 5)

Tré. conseguenze, adi precetto dell'amor di Dio.

Vorremmo notar qui tré conseguenze importanti di quest'alta dottrina: il primo precetto, superiore a tutti gli altri e a tutti i consigli, non ha limiti; per esso la perfezione della vita cristiana è non solo consigliata, ma comandata a tutti, se non come ma­teria o cosa da farsi immediatamente, almeno come fine a cui ognuno deve tendere, secondo la sua con­dizione.

*   *   *

Se la carità del cristiano deve crescere sempre fino alla morte, arrestarne lo sviluppo è un andare contro la legge dell'amor di Dio; così si spiega il detto di parecchi Padri della Chiesa: «.Nella via di Dio, chi non avanza indietreggia». Se la vita non sale, discende. L'anima non può vivere senza' amore; se si ferma nell'amore di Dio, ricade nell'egoismo.

non è obbligatorio come cosa da effettuarsi immediatamente, è vero;

ma è obbligatorio come fine intermedio a cni bisogna tendere.

Si insiste: Ma non è di precetto che quest'atto sia più intenso del precedente, perché ciò che cade sotto il precetto è la sostanza dell'atto 'e non il modo più o meno perfetto.

La medesima risposta: Questo è il precetto almeno a titolo di fine.

•^fc cui "bisogna tendere; perché l'uomo deve aspirare ad amare sempre tiù Dio. E, come spiega S. Toimnaso, I-II, ci. 100, a. 10, ad 2:. i; Se

•colui che onora i genitori, è tenuto ad onorarli per un motivo di carità

•soprannaturale, ex cariiate, questo non proviene dal precetto speciale:

•Onora i genitori, ma dal precetto supremo : Amerai il Signore con tutto

•il tuo cuore >. In tal modo quello che cade sotto il precetto inferiore è la sostanza dell'atto, ma il modo dell'atto è comandato dal precetto

•supremo. Ctr. II-II, q. ti, a, 1, ad 1. Di più sotto il precetto della ca-

•rttà cade il modo che è espresso dalle parole con tutto il tuo cuore, et. II-II,, <1. ti, a. i, ad 1, ed anche l'ordine della carità: Iblei., a. 8.


200    PERFEZIONE CBISIIANA E CONTEMPLAZIONE

È il pericolo degli atti imperfetti (aotus remissi, dicono i teologi), che procedono dalla carità, ma sono inferiori in intensità al grado che questa virtù ha . raggiunto in noi. Rispetto ad essi bisogna no­tare tré cose:

, 1° Questi atti sono ancora meritori, ma, secondo S. Tommaso e i migliori teologi, essi non ottengono. subito un aumento di carità; e non l'otterranno se:

non quando faremo un atto più fervente, uguale, i o superiore al grado della nostra virtù; così, nell'or, i dine naturale, un'amicizia virtuosa non cresce ve­ramente se non mediante atti più generosi 15.

2° Gli atti di carità relativamente troppo deboli per il grado in cui ci troviamo segnano anche un ^deficit, in questo senso che l'anima in stato di via deve progredire tutti i giorni, in vece di restare stazionaria, come un bambino la cui crescenza si fermasse.

Finalmente questi atti ci dispongono a ritornare effettivamente indietro, perché a cagione della loro .debolezza lasciano rinascere inclinazioni disordinate, che portano al peccato veniale e possono finire col prevalere o col condurre alla morte spirituale. — Cosicché la virtù della carità diminuisce essa diret­tamente? — Non direttamente in sé; ma il suo ir­radiamento, ' il suo influsso s'indeboliscono, a ca­gione degli ostacoli che a poco a poco s'accumulano attorno ad essa, come la luce d'una lanterna che, pur serbando la ,sua intensità, illumina sempre meno,

1B 01. S. tommaso, ÌI-.II, q. 24, a. 6, ad 1 : i Quillbet actus charitatls. meretur oharltatts augmentTim; non tamen statini augetur, sed quando aliquis oonatur ad hTijusmodi augmentmn 11. Ibid., ad 2: « Etiam in ge-neratione virtutis acquisitae non quilibet aotus oomplet generationem vtrtutis, sed quilibet operatur ad eam, ut disponens ; et ultimus, qui est perfectior, agens in virtute omnium praecedentium, reducit eam. in aetum; siout etìam est in multis guttis cavantibus lapiderà 11. Item, I-II, q. 114, a. 8, ad 3.—Vedi su questo punto i commentatori di S. Tom­maso, Trattato della carità.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA    20 E

perché i vetri della lanterna sono sempre più ap­pannati e insudiciati dagli schizzi di fango della. strada 16.                         .

In tal modo l'anima che si rilassa indietreggia,. come l'uomo intelligente che cessa d'applicare la sua. intelligenza allo studio. Se, avendo già cinque talenti,. noi ci adoperiamo come se ne avessimo solo due-o anche quattro, non facciamo fruttificare abbastanza-il tesoro che ci è affidato; vi è qui una negligenza, una pigrizia spirituale, che c'impedisce d'osservare? perfettamente il precetto dell'amore, la legge fon­damentale della vita cristiana. Da ciò si vede che-l'atto meritorio troppo debole è un'imperfezione che-dispone al peccato veniale, come questo al peccato-mortale.

Il proficiente, che si contenta d'agire come un principiante, 'cessa di progredire, e diventa un'amwo-in ritardo. Il numero di queste anime è considerevole, e non vi si riflette abbastanza. Quanti pensano a sviluppare la loro intelligenza, a estendere le loro» cognizioni, la loro attività esteriore o quella del gruppo di cui fanno parte (nel che ci può essere-una buona dose d'egoismo o di nosismo}, e pensano-troppo poco a crescere nella carità soprannaturale, che dovrebbe avere in noi il primo posto, e ispirare,.

" I teologi ingegnano comunemente con S. Tommaso, II-II, q. 24, a. 10, ohe la virtù della carità, benché possa perdersi per 11 peccato mor­tale, non diminuisce direttamente in sé per il peccato veniale, ne per la cessazione degli atti. Infatti il peccato veniale è -un disordine ohe ri­guarda i mezzi, senza toccare 11 fine ultimo, oggetto della carità. E siccome 'questa virtù è infusa, e non acquisita colla ripetizione degli atti, essa non è neppure direttamente aumentata da essi, uè diminuita. in sé dalla loro cessazione.

Nondimeno questa inattività e 1 peccati veniali diminuiscono indi­rettamente la carità, perché ne impediscono l'applicazione o l'influsso, e permettono che si formino delle cattive abitudini, ostacoli all'irradia­mento della carità. Questi ostacoli meritano che Dio diminuisca le sue grazie attuali speciali, ed essi dispongono finalmente al peccato mor­tale.


202    PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

vivificare tutta la nostra vita, associarla intima­mente alla grande vita della Chiesa e a quella di Cristo 1 E quante anime ritardatario finiscono col dive­nire come tiepide, fiacche e noncuranti, soprattutto quando la piega della loro mente le inclina allo scet­ticismo e al disprezzo; a lungo andare esse possono indurirsi, e alle volte diventa più difficile ricondurle , ad una vita fervente che ottenere la conversione d'un .•;' gran peccatore 17.                                   :-,:

Certi autori moderni non pensano abbastanza al?' numero considerevole d'anime in ritardo .che si tro­vano nella categoria detta dei proficienti. Quanti de­scrivono la via illuminativa contentandosi alle volte ;' un po' troppo di mostrare quello ch'essa è gene-

•Talmente di fatto, cioè notevolmente inferiore alla contemplazione infusa, che apparisce così come una grazia straordinaria. S. Giovanni della Croce in­vece, sulla scorta dei più grandi maestri, ha dimo­strato quello ch'essa dev'essere per corrispondere pie­namente al 'suo gran nome. Secondo questo punto di vista superiore non reca maraviglia ch'egli faccia cominciare questa via illuminativa o dei proficienti-

•con la notte passiva dei sensi o col principio della contemplazione infusa, che apparisce allora nello svol­gimento normale della vita intcriore 18.

Questa prima conseguenza: « chi non avanza indie-

" Circa le anime rilassate e tiepide, vedasi saudeeau, Dégres de la

•vie spirituelle, ed. V, t. I, p. 4:6, 49.                              ,        '

18 Notte oscura, 1. I, e. i: « Le anime cominciano a entrare in questa alette oscura (passiva), quando Iddio stesso le scioglie a poco a poco <ìallo stato dei principianti, quello in cui si medita nella via spirituale,

•e le introduce nello stato dei proflcienti, che è -quello dei contemplativi. Bisogna ch'essi passino per questa via per diventar 'perfetti, che è quanto

•dire per raggiungere la divina unione dell'anima con Dio ». Notte oscura, ,1. I, e. xiv: «L'anima è dunque uscita, ha cominciato a penetrare nella . "via dello spirito che seguono i proflcienti e gli avanzati, e che si chiama •sinché via illuminativa o via di conte'ffiplasione inf usavi. Abbiamo già 'citato questo testo importantissimo, che non si medita mal abba­stanza.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIANA   203

treggia'», fa vedere che il progresso della carità deve essere incessante, essa apre così le più grandi prospet­tive.                         .

*               *               *

Altra conseguenza: Tutti i cristiani, ognuno se­condo la sua condizione, devono tendere alla perfe­zione della carità. È per loro un obbligo generale e non speciale come per il religioso e per il chierico.

Il religioso deve tendere alla perfezione in forza dei voti, praticando i consigli di povertà, castità, ubbi­dienza e la regola del suo ordine. Quest'obbligo spe­ciale lo costituisce altresì nello stato di perfezione, senza renderlo subito ^ perfetto. Esso s'identifica con l'obbligo di osservare i voti 19, la cui trasgressione in materia grave è un peccato mortale. Nella via del progresso, così come gli è tracciato dalla sua regola, il religioso non può dire mai: basta; ma deve sempre aspirare a salire più in alto.

Il sacerdote non religioso, senza essere nello stato di perfezione, deve tendere a questa, in ragione dell'ordine sacro che ricevette; e, quand'anche non abbia cura d'anime, è obbligato ad una santità ul­teriore più grande di quella richiesta per un religioso non sacerdote: «Mediante un ordine sacro, dice San Tommaso, il chierico è consacrato ai più degni mi­nisteri, per cui egli diventa ministro di Gesù Cristo medesimo nel sacramento dell'altare, la, qua! cosa richiede una santità intcriore maggiore di. quella che si esige dallo stato religioso 20.

18 Ot. saialusttiobsi, Theol. moralis, t. IV, de Stata religioso, inltlo. 20 S. tommaso, II-II, a.. 184, 8. —'Nell'articolo 6, ibiS., si legge an­cora : « Bisogna possedere la perfezione ulteriore per compire degna­mente gli atti del sacerdozio « ; e nell'articolo 8 : « Se si paragona li sacer­dote religioso, che ha cura d'anime, al sacerdote non religioso che ha altresì cura d'anime, essi sono ngiiaU_l>er l'ordine e per l'ufficio ossia


204    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

II semplice cristiano deve, alla sua volta, tendere alla perfezione della carità secondo l'obbligo generale del primo precetto. Come? Evitando il peccato mortale e veniale, avendo lo spirito dei consigli, senza legarsi a, praticare quelli che non corrispondono alla sua condi­zione, e crescendo così nella carità fino alla morte 21. Se il cristiano segue generosamente questa via, sarà chiamato, non solo in un modo remoto, ma in un modo prossimo ed anzi efficace, a un'alta perfezione, a cui egli può arrivare restando nello stato del ma­trimonio. Tutti devono òrescere nella carità, ognuno secondo la sua condizione, di semplice fedele, di sacerdote secolare, o di religioso, o ancora ciascuno secondo là sua condizione di principiante, di proti-ciente o di perfetto 22.

, In questo senso, nostro Signore disse a tutti: «Siate perfetti com'è perfetto il. vostro Padre celeste'» 3S, non solo come sono perfetti gli angeli, ma come Dio stesso, poiché noi abbiamo ricevuto una parte-

tunzione, ma 11 primo è superiore al secondo per lo statò di vita, polche egli è nello stato dì perfezione. Se 11 sacerdote religioso non ha cura d'anime, è superiore al curato per lo stato, inferiore per ^'ufficio, ed uguale-per l'ordine ». E il santo Dottore aggiunge che la bontà o perfezione dello stato religioso, in cui il religioso s'impegna per sempre, è supe­riore a quella d'un ufficio di curato che non obbliga per tutta la vita. In quanto alla difficoltà di perseverare nel bene, essa è maggiore per il sacerdote che vive nel mondo, a cagione degli ostacoli che vi s'incontrano. Nella vita religiosa vi è un'altra difficoltà, quella che proviene dalla dignità dell'opera da compire : la pratica dell'ubbidienza, della povertà, l'austerità delle osservanze. Ora questa seconda difficoltà accresce il me­rito, il ohe non si verifica sempre della difficoltà che proviene dagli ostacoli esteriori, perché può avvenire che non si ami abbastanza la virtù da rimuovere tali ostacoli o abbandonare la vita secolare (Cf. ibid., ad 6).

21 Nel Dialogo di S. caterina da siena, si legge: «Siccome i con­sigli sono legati ai comandamenti, nessuno può osservare i comanda­menti senza osservare i consigli almeno spiritualmente. Se si posseg­gono le ricchezze del mondo, si devono possedere con umiltà... e con un cuore distaccato ».

12 Ct. S. tommaso, in Bp. ad Hebr., x, 25.

21 matth., v, 48.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA    206

cipazione non solo della- natura angelica, ma della natura divina, e questa, partecipazione, cioè la grazia santificante, è la vita eterna cominciata, che avrà la sua piena espansione nella gloria, dove noi ve­dremo e ameremo Dio, com'egli vede e ama se stesso.

Nel medesimo senso S. Pietro scrive per tutti i fedeli: «Deposta ogni malizia ed ogni frode, e le finzioni, e le invidie, e tutte le detrazioni, come bambini di fresco nati, bramate il latte spirituale, sincero, affinchè per esso cresciate a salute, se pure avete gustato com'è dolce il Signore. Accostatevi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma eletta e onorata da Dio; e voi pure come pietre vive siete edificati sopra di lui, (per essere) tempio spirituale, sacerdozio santo, per offerire vittime spirituali, gra­dite a Dio per Gesù Cristo» . «.Crescete nella grazia e nel conoscimento di nostro Signore e Sal­vatore Gesù Cristo» 25. S. Paolo c'insegna pure: «Con­fessando la verità, continuiamo a crescere sotto ogni

•aspetto nella carità in unione con colui che è il capo, Oesù Cristo» 26. «Per questo... non cessiamo di pregare per voi e di domandare che siate ripieni di cognizione della volontà di lui con ogni sapienza e intelligenza spirituale, onde camminiate in maniera degna di Dio, piacendo a lui in tutte le cose, pro­ducendo frutti d'ogni buona opera, e crescendo nella scienza di Dio, corroborati con ogni specie di for­tezza dalla gloriosa potenza di lui ad ogni pazienza

•e longanimità con gaudio» 27.

— « Perciò, lasciando da parte i primi elementi della dottrina cristiana, eleviamoci all'insegnamento dei 'perfetti» '2S.                  ...

Sopra quest'ultimo testo di S. Paolo, S. Tommaso osserva:                                  .

24 I petb., Il, 2.

'"• II petb., m, 18.                 " Coloss.. I, 10.

" B'pìles., iv, 16.                    "ffe6r.,vi,l.


206    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

— « Quanto al giudizio circa se stesso, l'uomo non deve stimarsi perfetto, ma dev'essere sempre come uno che cammina e tende più in alto, secondo il detto dell'Apostolo: «Non che io abbia già conse­guito il premio, o sia già perfetto» 29. In quanto-al progresso da fare, l'uomo deve sempre sforzarsi d'arrivare alla perfezione: «dimenticando quello che ho dietro le spalle, e stendendomi verso, le cose che mi stanno davanti» 30. Perché, come dice S. Ber-nardo, nella via dì Dio il non progredire è un in­dietreggiare... Per certo non è a dire che tutti siano tenuti alla perfezione in qualche modo esteriore, che consiste per esempio nella povertà volontaria e-nella verginità... Ma tutti devono tendere alla per­fezione inferiore della carità... perché se qualcuno non volesse amar Dio maggiormente, mancherebbe a. quello che la carità esige » s1. « Ohi non volesse sempre diventar migliore, non potrebbe in ciò evitar di disprezzare quello che è degno d'ogni rispetto » s2.

" Philipp, m, 12.

" iwd.

" S. tommaso, in ev- ad Bebr., vi, 1 : « Quantum ad. progressmn ad. pertectionem semper debet niti homo transire ad statina perte-ctum... In via enim. Dei non progredì est regredi, alt Bernardiis... Duplex est perfectio, -una sollicet exterior, nuae conslstit in aotibiis exte-rioribus qui sunt signa interioruin, sicnt virgmitas, volTintarla paupertas. Et ad hanc non omnes tenentiir. Alia est interior, quae consistit in dile-ottone Dei et proximi, seoundum illud ad Col. 3 : « Charitatem habete, auod. est vinoulum pertectionis 11, et ad perieotionem mi]iismodi non ómnes tenentur, sed omnes teneniu'f wi eam tendere, quid si sms noUet 'plus diligere DeuW) non tacerei (iuod exigit caritas ».

32 S. tommaso, in Matth. xix, 12 : <i Quantum ad actus exteriores, q.nla> non tenetur ad inoertum, non tenetnr homo ad meliora; sedqTiantum ad. aflectum, tenetnr ad. meliora. Unde 91*1 non sem'per vellet esse ineliiyr, •non possei sine contem'ptu velleT. parimenti si legge, II-II, c[. 186, a. 2, ad 2 : « Omnes tam saeculares ctTianì religiosi tenentnr aliq.'ualiter tacere (l'uidq.Tild boni possunt; omnibus enim commuuiter dicitur Eccl. ix ;

QuodcumQue facere potest manus tua, instanier o'perure. Est tamen aliq.ui& modus h-oc praeceptum implencli, cltio peccatum vitatur, scilicet si homo faciat quod potest, secundum q.uod req.uirit conditio s'uì status : dum-modo oontemptus non ad.sit agendi meliora, per auem anfanus firmatTir contra spiritualem profectum ».


LA PIENA PERFEZIONE DELIA VITA CEISTIANA 207

S. Francesco di Sales insegna la medesima dot­trina 83, citando queste parole della Scrittura: «.Chi è giusto, si faccia sempre più giusto; e chi è santo, tuttora si santifichi vi. II sentiero dei giusti è come la 'brillante luce del mattino, il cui splendore va crescendo fino al pien meriggio 36. Come il corri­dore nello stadio, correte in guisa da far vostro il premio s6. Se voi seguite Cristo, andrete e correrete;

sempre, perché egli non si fermò mai, ma continuò. la corsa del suo amore ed ubbidienza fino alla morie:. e morte di croce» 37.

Secondo questa medesima legge, in Maria, preser­vata da ogni neo di colpa, il progresso della carità,. quaggiù, fu continuo. Non era neppure interrotto dal sonno, perché la scienza infusa ch'ella aveva ri­cevuta teneva sempre desta la parte superiore del­l'anima sua, e i suoi atti mentori non cessavano al pari dei palpiti del suo cuore 38. La pienezza iniziale di grazia, ch'ella aveva ricevuta fin dall'istante del suo immacolato concepimento, in tal modo veniva. moltipllcata per ciascun atto di carità, più intenso del precedente, moltipllcata incessantemente secondo una progressione maravigliosa che noi non sapremmo» calcolare 39.   .               . ' .

Qual prodigioso acceleramento del progresso d-él-l'amor divino, quando in un'anima niente lo arrestai La ragione rimane sbalordita davanti a. questo capo- •

" Trattato dell'amar di Dio, 1. Ili, e. 1. 31 Apoc., ssil, 11.

35 ptov., IV, 18.        .

" I Cm., ix. 24.

" Phil., n, 8. Vedasi l'obbligo generale per ogni cristiano di tendere, secondo la propria condizione, ad una carità sempre più perfetta, pas­serini, de Statibus hominum, p. 758, n. 13; Q. babthieb, O. P., De Zw perfection cìirétienne et de la perfection religieuse, 1097 (Lethielleus), t. I, p. 315-373; P. A. weiss, O. P., A-pologie des Christe.nfhwms, voi. V, index: Volikommenheit.

" « Ego donnio et oor menio. vigilat ». Cant. v, 2.

" Ct. hugon, O. P., Marie, mère de la divine gràce, p. 112-124.


208    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

lavoro di Dio. Pare cosa mcred.ibil.el Eppure, se .guardiamo attorno a noi, troviamo perfino nel mondo

•dei corpi una somiglianzà remota di quest'ammirabile

•legge della vita spirituale: Ogni corpo che cade libe­ramente nel vuoto, prende un movimento uniforme­mente accelerato, la cui velocità cresce proporzional­mente al tempo della caduta ì0. È un caso parti-

••colare della gravitazione universale, che — non ci

•si pensa abbastanza — s'applica analogicamente nel­l'ordine spirituale. Se i corpi attraggono in ragione

•diretta delle loro masse e in ragione inversa del

•quadrato della loro distanza, slmilmente le anime

•sono tanto più attratte da Dio, quanto sono più vi-

•cine a Lui per l'intensità della loro carità sopran­naturale. In un'anima che fosse sempre fedele, il progresso dell'amor di Dio, non incontrando ostacolo,

•sarebbe dunque uniformemente accelerato e tanto più intenso quanto più grande fosse stata la ve­locità iniziale o la grazia prima. Questo ci fa in'-travedere quello che dovette essere quel progresso .nell'anima della Vergine, nella quale la grazia iniziale era superiore a quella di" tutti i santi e di tutti .gli angeli riuniti, come il diamante vale da solò più di tutte le altre pietre preziose. Maria poteva altresì evitare non solo ciascun peccato veniale, ma Anche tutti presi collettivamente, ed ella non fu mai ' al di sotto di ciò che poteva, il progresso dell'amor

•di Dio non trovò mai in lei il menomo ostacolo, ne il menomo ritardo.

S. Tommaso, che non ignorava che i corpi cadono tanto più velocemente quanto più s'avvicinano alla terra 41, .aveva anche notato questo acceleramento

1!1 In tal guisa. In cinque secondi, la velocità iniziale, moltipllcata 3per il tempo, aumenta secondo la progressione seguente: 20, 20X2,

•20X3, 20X4, 20X5, ossia 20, 10, 60, 80, 100.

41 S. tommaso, in I de Ooelo, leot. 17, fin: «velooitas oorporis gravis

•est major, quanto grave corpus amplius descendit»; e S. Tommaso


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CRISTIANA   209

del progresso della carità nell^anima dei santi nella misura in cui s'accostano a Dio: «Quelli che sono in stato di grazia, dice egli, devono crescere in essa quanto più s'accostano al fine» t2. In questo modo appunto intendeva egli le parole dell'Epistola agli Ebrei, x, . 25: «Facciamoci animo, e tanto più in quanto vediamo avvicinarsi il giorno », tanto più in quanto ci accostiamo al termine del viaggio.

*   *   *

Terza conseguenza: Se la perfezione della carità cade sotto il precetto, come il fine a cui bisogna ten­dere, per certo, ci sono progressivamente offerte grazie attuali, proporzionate a questo scopo da con­seguire. E allora come non dobbiamo sperare di arri­varci? e come possiamo credere che l'umiltà ci vieti di pretendere di salire così in alto? Gesù Cristo non cessa di dirci: Sursum corda, e aggiunge: « Senza di me non potete far nulla; se tu sali, non ti gloriare in tè stesso, sono io che ti porto, che t'inalzo, che co­stantemente ti do la vita e voglio dartela sempre più abbondante, perché tu risponda sempre più per­fettamente al precetto del Padre mio. La carità per­fetta, come esiste nell'unione trasformante, apparisce così- ognora più come la sommità dello sviluppo nor­male della grazia battesimale. Sembra ora assai dif-

spiegava questo tatto colla teoria aristotelica del luogo naturale : « causa hujusceaccidentis est, quod quanto corpus grave magis descendit, tanto magis contortatur gravitas ejus propter propinquitatem ad proprium locum », ibid. — Item, I-II, q. 35, a. 6, dove si dice che all'opposto del movimento violento, ogni movimento naturale è più intenso alla fine che al principio, perché esso s'avvicina al termine ohe conviene alla natura d.el mobile e che l'attrae come un fine.

|s " " Qui sunt in gratta quanto plus accedunt ad flnem, plus debent g crescere », in Epist. ad Betiraeos, x, 2S, supra haec verba: « tanto magis Esquanto videritis appropinquantem dtem. »

14 — Perfezióne e Contemplazione. - I.


210    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

fioile ammettere che sia possibile la discussione su questo punto 4S. E dire che certe anime contem­plative soffrirono tanto per aver voluto dubitare di questa munificenza di Dio per il battezzatoi II cuore aveva ragione di protestare contro questi. dubbi della loro mente. Come tutto si connette e si lega in una soave armonia nella verità di Dioì Ei che calma doveva regnare nell'anima d'un S. Agostino, d'un S. Tommaso, che vivevano abitualmente nella con­templazione pacificante dell'Essere e dell'Unità di Dioì Che amore scaturisce altresì dalla cognizione saporosa del precetto supremo e della grazia offerta per compirlo sempre meglio? Per quanto sublime sia il grado a cui la divina misericordia solleva un'a­nima quaggiù, questa deve dire a se stessa: Se, nel tempo che mi resta a vivere sopra la terra, io non salgo più in alto, è colpa mia. Per il grado di san­tità e per il grado di gloria che avremo in cielo, vi è il medesimo profondo mistero che per la salvezza :

è la bontà di Dio che suscita la nostra, ci salva e ci fa progredire; è la cattiva volontà della creatura che la perde, o per lo meno la ritarda nella via del­l'eternità : Perditio tua, Israel, tantummodo in me

43 In virtù di questo principio enunciato in quest'articolo si spiega come teologi tornisti, quali Filippo della S. Trinità, Vallgornera, An­tonio dello Spirito Santo, sostengano non solo che tutti possono lodevoi-mente desiderare la contemplazione infusa e l'unione truitiva, ma an­cora che tutti devono desiderarla, la qual cosa a. tutta prima apparisce esagerata, e tale sarebbe se parlassero d'un obbligo speciale (che può esistere per un religioso contemplativo). Ma essi parlano solo d'un obbligo generale fondato nel primo precetto, che fa a noi tutti un do­vere di tendere alla perfezione del cielo, e per conseguenza a ciò che si trova normalmente sulla via del cielo, anche in un grado altissimo, a ciò che è 11 preludio normale della visione beatifica. Con questo si spiegano le tesi ohe questi teologi formulano nello stesso modo nella loro teologia mistica nei capitoli della contemplazione infusa e dell'u­nione fruitiva : ". Detieni omnes ad coniemplationem supernaturalem aspirare. Debent omnes, et maxime Deo specialiter consecraiae animae, ad aetualem frwitivam unionem cum Deo aspirare et tendere ». Abbiamo già indicate queste due tesi, ma avremo l'occasione di ritornarci sopra.


LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEÌSTIANA   211

auxilium tuum it. Allora le profondità dell'umiltà si aprono per l'anima contemplativa, nel medesimo tempo che gli abissi della misericordia divina, in cui ella si vede sempre più immersa. Alla miseria, che sup­plica umilissimamente, risponde l'altezza dell'infinita misericordia, che s'inchina per darci la forza di compiere sempre meglio il primo precetto, legge ge-neratrice e pensiero dominante di tutta la nostra vita. Non è egli quello che canta il salmo x.li, 7:

«Dentro di me è turbata l'anima mia, per questo io penso a tè e grido a tè... L'abisso chiama l'abisso al rumore delle tue cateratte... Così io supplico il Dio della mia vita...- Spero in Lui, non cesserò di pregarlo e di cantare le lodi di Lui, salute della mia faccia e mio Dio 1 » ? Questa grande poesia dei salmi ci è rivelata per essere intesa, ma per bene intenderla' e perché faccia vibrare le profondità dell'anima, non è forse necessario aver ricevuto quella contemplazione infusa, che eleva la mente e il cuore fino alla sor­gente d'acqua viva e al lume di vita? Di questa contemplazione e de' suoi gradi dobbiamo parlare ora.

" osea, xin, 9 : « Quello che ti perde, o Israele, è che tu sei contro, di me, contro Colui ohe è il tuo soccorso ».


CAPITOLO IV.

La Contemplazione e i suoi gradi.

Abbiamo, alla luce. della Rivelazione e a quella dell'esperienza, determinato che cosa sia e debba es­sere la piena perfezione della vita cristiana. Ci resta ora a vedere se essa supponga veramente la contem­plazione infusa o mistica. Dopo aver analizzato il primo dei due termini del problema, dobbiamo esa­minarne il secondo.

A questo scopo, dopo aver ricordato che cosa deve essere la preghiera in genere e l'orazione comune, considereremo 1° i vari sensi delle parole «contem­plazione», «ordinario» e «straordinario»; 2o la de­scrizione della contemplazione mistica e de' suoi gradi secondo i santi più autorevoli; 3° cercheremo quello che la contemplazione infusa non richiede es­senzialmente; 4o quello che la costituisce e da qual principio proceda. Saremo così condotti a vedere se essa è per sé straordinaria, come un favore mi­racoloso, oppure se appartiene al pieno sviluppo nor­male della vita della grazia quaggiù.


214    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE aeticolo I.

La preghiera in genere e l'orazione comune.

Conviene farsi anzitutto una giusta idea della preghiera in genere e ricordare quello che S. Ago­stino e ...S. Tommaso c'insegnano della preghiera di domanda 1.

§ 1-

La preghiera di domanda,

Abbiamo l'aria di credere a volte che la pre­ghiera sia una forza che ha il suo primo principio in noi, e medi&nte la quale noi tentiamo di piegare la volontà di Dio, per modo di persuasione. E subito 'il nostro pensiero urta in questa difficoltà, sovente 'formulata dagl'increduli, specialmente dai deisti: nes­suno può muovere la volontà di Dio, nessuno può piegarla. Dio senza dubbio è la bontà che non do -.manda altro che di darsi, Dio è la misericordia sempre pronta a venire in soccorso di chi soffre e implora, ma egli è altresì l'Essere perfettamente im­mutabile. La volontà di Dio da tutta l'eternità e tanto inflessibile quanto misericordiosa. Nessuno può vantarsi d'aver illuminato Iddio, di avergli fatto cambiar volontà. «Ego sum Dominus, et non mutar». -.Per il suo decreto provvidenziale fortemente e soave-, mente l'ordine del mondo, la serie degli avvenimenti, sono irrevocabilmente già fissati. Bisogna forse con-

1 Ct. II-II, q. 83, a. 2.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GUADI       215

eludere che la nostra preghiera non può nulla, che viene troppo tardi e che, preghiamo o non preghiamo, quello che deve accadere accadrà?

La promessa del Vangelo rimane : « Domandate e riceverete, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto». — Infatti la preghiera non è una forza che abbia il suo principio in noi, non è uno sforzo dell'anima umana, che tenti di far violenza a Dio, per fargli cambiare le sue disposizioni provvidenziali. Se a volte si parla così, è per metafora, è un modo umano di esprimersi. In realtà la volontà di Dio è assolutamente immutabile, ma la sorgente dell'in­fallibile efficacia della preghiera è appunto in questa immutabilità.

In fondo è una cosa semplicissima: la vera pre­ghiera con cui domandiamo per nói, con umiltà, con­fidenza e perseveranza, i beni necessari alla nostra santificazione, è infallibilmente efficace, perché Dio, che non può disdirsi, decretò ch'essa sarebbe tale, e perché nostro. Signore lo promise (II-II, q. 83, 15).

Un Dio che non avesse prevedute e volute da tutta l'eternità le preghiere che gli rivolgiamo, è una concezione, così puerile come quella d'un Dio che si piegasse davanti ai nostri voleri e cambiasse i Buoi disegni. Non solo tutto quello che accade fu previsto e voluto o per lo meno permesso anticipa»--tamente con un decreto provvidenziale, ma il modo come le cose accadono, le cause che producono gli avvenimenti, tutto ciò è da tutta l'eternità fissato dalla Provvidenza. In ogni ordine, fisico, intellet­tuale e morale, in vista di certi effetti, Dio preparò le cause che li devono produrre. Per le messi ma­teriali, egli preparò la semenza; per fecondare una terra arsa, egli volle una pioggia abbondante; per una vittoria che sarà la salvezza d'un popolo,' suscita un grande capo d'esercito; per dare al mondo un uomo di genio, preparò un'intelligenza superiore, servita


216    PERFEZIONE CRISTIANA •E CONTEMPIAZIONE

da un cervello squisito, da un'eredità speciale, da ambiente intellettuale privilegiato. Per rigenerare il mondo nei periodi più torbidi, decise che vi fossero dei santi. E per salvare l'umanità, ab aeterno la divina Provvidenza aveva preparata la venuta di Cristo Gesù. In ogni ordine, dall'infimo al supremo, in vista di certi effetti, Dio dispose le cause che li devono produrre. Per le messi spirituali come per le materiali, egli preparò la semenza, e la messe non si otterrà senza di essa.

Ebbene la preghiera è appunto una causa ordi­nata a produrre quest'effetto, che è di ottenere da Dio i doni necessari o utili alla salute. Tutte le creature vivono solamente dei doni di Dio, ma la creatura intellettuale è sola a rendersene ragione. Le pietre, le piante, gli animali ricevono senza saper di rice­vere. Ma l'uomo vive dei doni di Dio e lo sa; se il carnale lo dimentica, è perché non vive da uomo;

se l'orgoglioso non vuoi ammetterlo, è perché non vi è peggiore stoltezza dell'orgoglio. L'esistenza, la sa­lute, la forza, il lume dell'intelletto, l'energia morale, la riuscita delle nostre imprese, tutto questo è dono di Dio, ma principalmente la grazia, che ci muove al bene salutare, ce lo fa compire, e vi ci fa per­severare.

Bisogna forse far le maraviglie che la divina Prov­videnza abbia voluto che l'uomo chiedesse la- limo­sina, poiché egli può capire che vive solo di limo-sine? Qui come dovunque Dio vuole anzitutto l'effetto finale, poi ordina i mezzi e le cause che lo devono produrre. Dopo aver risoluto di dare, egli decide che noi pregheremo per ricevere, come un padre, ri­soluto anticipatamente di concedere un piacere a" suoi figlioli, si ripromette di farlo domandar loro. Il dono di Dio ecco il risultato, la preghiera ecco la causa ordinata ad ottenerlo; essa ha il suo posto nella vita delle anime perché esse ricevano i beni


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       217

necessari o utili alla salute, come il calore e l'elet­tricità hanno il loro posto nell'ordine fisico.

Gesù, che vuoi convertire la Samaritana, per in­ciurla a pregare, le dice: «Se tu sapessi il dono di Dio, tu avresti dovuto domandare a me da bere, ed

10 t'avrei dato dall'acqua viva... che sale fino alla vita eterna».

Da tutta l'eternità, Dio previde e permise le ca­dute della Maddalena, ma egli ha i suoi disegni 'sopra di lei, e vuole rendere la vita a quest'anima morta;

,se non che decide altresì che questa vita non le sarà restituita salvochè ella lo desideri, e che l'aria respirabile non sarà resa a questo petto, salvochè questo petto voglia aprirsi, e Maddalena voglia pre­gare, e decide ancora di darle una grazia attuale fortissima e dolcissima che la farà pregare. Ecco la sorgente dell'efficacia della preghiera. Siate sicuri che quando la Maddalena avrà pregato, la grazia santificante le sarà data, ma ancora siamo certi che senza questa preghiera ella resterebbe nel suo pec­cato.

È dunque tanto necessario pregare per ottenere

11 soccorso di Dio dì cui abbiamo bisogno per osser­vare la legge divina e perseverarvi, quanto è neces­sario il seminare per aver del grano.

Dunque non diciamo: «Preghiamo o non preghiamo, ciò che doveva avvenire avverrà »; ciò sarebbe tanto assurdo quanto dire: «Seminiamo o non seminiamo, venuta la state, se dobbiamo aver del grano, ne avremo». La Provvidenza s'estende non solo ai ri­sultati, ai fini, ma anche ai mezzi da usare, e tutela la libertà umana con una grazia tanto dolce quanto forte, «fortiter et suaviter». — «In verità, in verità, vi dico che quello che domanderete a mio Padre in nome mio. Egli ve lo darà».

La preghiera non è dunque una debole forza che abbia il suo primo principio in noi. La sorgente della


218    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sua efficacia è m Dio e nei meriti : infiniti di Gesù Cristo. Essa dipende da un decreto eterno di Dio,:

proviene dall'amor redentore, e risale alla miseri­cordia divina. Un getto d'acqua non può sollevarsi se non a condizione che l'acqua discenda da una medesima altezza. Nello stesso modo quando pre­ghiamo, non si tratta di persuadere Iddio, di pie­garlo, di cambiare le sue disposizioni provvidenziali, si tratta solo di sollevare la nostra volontà all'al­tezza della sua, per volere con Lui quello ch'egli decise di darci, cioè i beni utili alla nostra santifica­zione e alla nostra salute. La preghiera adunque, anziché tendere ad abbassare l'Altissimo verso di noi, è un'elevazione dell'anima nostra a Dio. Dionigi paragona l'uomo che prega al marinaio che, per approdare, s'attacca fortemente alla gomena fissata alla roccia della riva. Questa roccia che domina le acque è perfettamente immobile; tuttavia, per colui che è sulla barca, sembra che sia la roccia che si avanzi: in realtà solo la barca muove. Parimenti sembra a noi che la volontà di Dio si pieghi esau­dendoci, invece solo la nostra sale; noi ci mettiamo a volere nel tempo quello che Dio voleva per noi da tutta l'eternità.

, La preghiera, anziché opporsi al governo divino, coopera, in tal modo al governo divino. Invece di uno, siamo in due a volere; quell'anima peccatrice per cui abbiamo pregato a lungo, è Dio che la con-vertì, ma noi eravamo gli associati di Dio, ed egli da tutta l'eternità aveva deciso di non produrre in lei quest'effetto salutare se non col nostro concorso.

Se non che, — ed è un punto di dottrina defi­nito dalla Chiesa contro i pelagiani e i semipela-giani — noi non possiamo fare una vera preghiera senza una grazia attuale. Infatti non si domanda se non quello. che si desidera, e qui si tratta di desi­derare quello che Dio vuole per noi e com'egli lo


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       219

vuole, si tratta .di mettere la nostra- volontà all'uni­sono colla sua. Per questo bisogna ch'egli ci attragga e che noi ci lasciamo attrarre da lui. «Nessuno, dice nostro Signore, viene a me, se mio Padre non l'attrae». E S. Paolo aggiunge: «Noi non siamo capaci di formare da noi stessi, come da noi stessi, il minimo pensiero giovevole alla salute, e tanto meno il minimo desiderio ».

Tuttavia il peccatore, privo della grazia santifi­cante, e in tale stato incapace di meritare, può pre­gare. Basta una grazia attuale, la quale è^ offerta a tutti, e solo coloro che la rifiutano ne sono pri­vati 2. Nel momento in cui essa gli viene accordata, il peccatore si getti in ginocchio; s'egli non resiste, sarà condotto di grazia in grazia fino alla conver­sione e alla salute. Con' umiltà, confidenza e per­severanza, il cristiano deve per tutta la vita do­mandar così a Dio le energie soprannaturali che gli occorrono per guadagnare il cielo.

*   *   *

Si vede per conseguenza quello che la preghiera può ottenere. Il- fine della vita delle anime è il cielo;

a questo, fine supremo Dio subordina tetti i beni che gli piace di largirci, perché egli non^ ce li da, ne per il corpo ne per l'anima, se- non per la con­quista della beata eternità.

Dunque la preghiera non può ottenerci, se non i beni che sono nella cerchia del nostro fine ultimo, nell'ambito della vita eterna. Fuori di lì'essa non può nulla, essa è troppo alta da ottenerci un dato successo temporale senza rapporto colla nostra sa-

2 E, come abbiamo già detto, o. li, a. 4, l'uomo se non basta a ss stesso per desiderare e volere il bene salutare, basta però per mancare, e per mancare liberamente. Dio spesso lo rialza,' ma non sempre, è un mistero.


220    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Iute. Non dobbiamo aspettarci da essa questo risul­tato, come non si richiede da un ingegnere l'ufficio d'un manovale 3.

I beni che ci avviano al cielo sono di due sorta:

gli spirituali, che vi ci conducono direttamente; e i •temporali, che possono essere indirettamente utili alla salute, nella proporzione che si subordinano ai primi.

I beni spirituali sono la grazia, le virtù, i meriti. La preghiera è onnipotente per ottenere al peccatore la grazia della conversione, e al giusto la grazia attuale necessaria al compimento dei doveri del cri­stiano. La preghiera è sommamente efficace per ot­tenerci una fede più viva, una speranza più fidu­ciosa, una carità più ardente, una maggior fedeltà alla nostra vocazione. La prima delle cose che dob­biamo chiedere secondo il Poter, è che il nome di Dio sia santificato, glorificato per mezzo d'una fede raggiante; che venga il suo regno, che è l'oggetto della nostra speranza; che la sua volontà sia fatta, compiuta con amore, con una carità più fervente. La preghiera è onnipotente per ottenerci il pane di ogni giorno, non solo quello del corpo, ma anche quello dell'anima, il pane soprassostanziale delFJEu-caristia, e le disposizioni necessarie per una buona comunione. È efficace per ottenerci il perdono delle nostre colpe colla disposizione interiore di perdo­nare al prossimo; per farci trionfare della tentazione:

'«Vegliate e pregate, affinchè non cadiate nella ten­tazione », diceva nostro Signore; per liberarci dal male e dallo spirito del male, giacché « questa sorta di demonio non si scaccia se non colla preghiera e col digiuno» (Matth., xvii, 20).

Ma la preghiera, non occorre dirlo, dev'essere sin­cera: chiedere di vincere una passione senza evitare le occasioni, chiedere la grazia d'una buona morte

' II-II, q. 83, a. 6, 6.


LA OONtEMPI-AZIONE E I SUOI GEADI       221

senza sforzarci di far una vita migliore, non è una vera preghiera, un vero desiderio, ma appena una velleità. La preghiera deve ancora essere umile, e un povero che domanda; dev'essere fidente nella mi­sericordia di Dio, non deve dubitare della sua infi­nita bontà; dev'essere perseverante per dimostrare ch'essa viene da un desiderio profondo del cuore i. Pare alle volte che il Signore non ci esaudisca su­bito, per provare la .nostra confidenza e la forza dei nostri buoni desideri, come Gesù mise alla prova la confidenza della Cananea con parole severe che parevano un rifiuto: «Non sono stato mandato se non alle pecorelle smarrite d'Israele... non conviene gettare ai cani il pane dei figliuoli». Sotto l'ispira­zione divina, la Cananea rispose: «Benissimo, o Si­gnore; ma anche i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola del loro padrone ». — « O donna, disse Gesù, grande è la tua fede, ti sia fatto come desideri»; e la sua figliola, ch'era tormentata dal demonio, da quel punto fu liberata (Matth.,, xv, 22).

Ma se noi abbiamo veramente pregato con per­severanza e se, nonostante le nostre suppliche, Dio ci lascia alle prese colla tentazione, rammentiamo l'apostolo S. Paolo, che supplicò egli pure ripetute volte per essere liberato dallo stimolo che lo tormen­tava nella sua carne e che ricevette questa risposta :

« Ti basta la mia grazia per vincere », sufficit Ubi gratta mea. Crediamo coll'Apostolo che questa lotta ci è profittevole, e non cessiamo di chiedere la grazia, la quale sola può impedirci di cadere. Impariamo da ciò a conoscere la nostra indigenza, a conoscere che siamo dei poveri, e che l'atto del povero consiste nel domandare.. Il cristiano per tutta la sua vita deve mendicare le energie soprannaturali che gli occorrono

* II-II, q. 83, a. 15, a0 2.


. 222     PERFEZIONE GBISTIANA ..E CONTEMPLAZIONE

per operare la sua salute. L'anima umana non può raggiungere il cielo se non a condizione di essere lanciata da Dio 6; ma una. volta lanciata, bisogna ch'ella voli; la preghiera è come il colpo d'ala del­l'uccellino lanciato fuori del nido e che implora-, un nuovo soccorso.

In quanto ai beni temporali, la preghiera può ot-tenerci tutti quelli che, in un modo o in un altro, devono aiutarci nel- nostro viaggio verso l'eternità :

il pane del corpo,,, la salute,, la forza, la prosperità dei nostri affari, la preghiera può ottenere ogni cosa, a condizione che prima di tutto e sopra tutto do­mandiamo a Dio di amarlo di più: «Cercate il regno de' cieli, e tutto il resto vi si darà per giunta» 6. Si deve forse dire che la preghiera è inefficace perché non abbiamo ottenuto la riuscita di un'impresa? Ma se veramente abbiamo pregato, noi' non abbiamo chiesto quel bene temporale per se stesso, ma solo nella proporzione in cui esso era utile alla nostra salvezza. Se non l'abbiamo ottenuto, è perché noi dobbiamo salvarci senza di esso. La nostra preghiera non è dunque perduta; non abbiamo ottenuto quel bene temporale che c'era utile, ma, abbiamo otte­nuto oppure otterremo un'altra grazia più preziosa.

La 'preghiera umile, fidente, perseverante, onde noi. domandiamo per noi i beni necessari alla salvezza è infallibilmente efficace, in. virtù della promessa del Signore 7. Dio infatti ci comanda di lavorare per la nostra salute. E aggiunge: «Senza di.me (senza la mia grazia) voi non potete far nulla », — « doman­date, e riceverete»; domandatemela questa grazia, ed io ve la darò, ve lo prometto. Anzi è lui che fa sprigionare la preghiera dai nostri cuori, che c'in­duce a. chiedere quello che da tutta l'eternità vuole

" I, q. 2», a. 1.

* Cf. II-II, q. 83, a. 6.

7 II-II, q. 83, a. 15, ad 2.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       223

concederci. Se una tal preghiera non fosse infalli­bilmente efficace, la salute sarebbe impossibile, Dio ci comanderebbe l'impraticabile, e la contradizione sarebbe in Lui, suprema Verità e suprema^ Bontà. I semplici capiscono subito le parole di Gesù: «Do­mandate e riceverete, cercate e troverete, picchiate e vi sarà aperto; e chi mai è tra voi, che chie­dendogli il suo figliuolo del -pane gli porgerà un sasso? e se domanda un pesce, gli darà egli una serpe? Se'dunque voi, cattivi come siete, sapete dare buoni doni ai vostri figliuoli, quanto più il Padre vostro, che è ne' cieli, concederà cose buone a quelli che gliele domandano?» 8. Tal è la preghiera sem­plice e profonda del contadino che ritorna dal lavoro, posa la sua vanga davanti alla porta della chiesa ed entra per dire un Pater noster. Che delitto è quello di strappare questa fede sublime al povero, che per essa si riallaccia all'eternità! Saper pregare, per l'anima, è saper respirare.

La preghiera adunque è una forza più potente di tutte le forze fisiche prese insieme, più potente del danaro, più potente della scienza. Quello che tutti i corpi e tutti gli spiriti creati non possono colle loro proprie-forze naturali, lo può la preghiera. «Tutti' i corpi, dice Pascal, il firmamento e i suoi astri, la terra e i suoi regni, non valgono il minimo degli spiriti... Da tutti i corpi insieme non si potrebbe far uscire un piccolo pensiero, ciò è impossibile e d'un altro ordine... Ebbene tutti i corpi insieme e tutti gli spiriti insieme, e tutte le loro produzioni, non valgono il minimo movimento di carità, essendo questo d'un ordine infinitamente più elevato...» 9. Ma la preghiera può ottenere la grazia, che ci farà produrre quest'atto di carità.

8 matth., vii, 7; Luo., xi, 9. ' Pensées, ed. Havet, art. xvil, 1.


224    PERFEZIONE CRISTIANA ® CONTEMPLAZIONE

La vera preghiera fa così nel mondo una parte infinitamente più grande che la più maravigliosa delle scoperte. Chi oserebbe paragonare l'influsso esercitato da un sapiente autentico come il Pasteur, a quello che esercitò colla sua preghiera un S. Paolo, un S. Giovanni, un S. Benedetto, un S. Domenico o un S. Francesco?                  .

Ciascun'anima immortale vai più di tutto il mondo fisico, essa è come un universo, unum versus alia, poiché colle sue due facoltà superiori, intelletto e volontà, si apre a tutte le cose e all'Infinito. A questi universi in cammino verso Dio, che sono le anime, la preghiera assicura due cose : II lume soprannaturale che le dirige, e l'energia divina che le spinge. Senza preghiera si fa l'oscurità nelle anime, che si raffreddano e muoiono, come astri spenti. Abbiamo fiducia in questa forza d'origine divina ^.rammentiamo d'onde viene, ricordiamo dove va; essa discende dal­l'Eternità, da un decreto dell'infinita bontà, e all'e­ternità risale.

§ 2.

L'orazione comune. [Maniera semplicissima di farla.}

La preghiera è dunque un'elevazione dell'anima a Dio, per cui noi. vogliamo nel tempo quello che Dio da tutta l'eternità vuole che gli domandiamo, cioè i' diversi mezzi di salute, e soprattutto il progresso della carità: «Cercate il regno di Dio, e tutto il resto vi si darà per giunta». Ma noi sentiamo il bisogno d'una preghiera più intima, in cui l'anima nostra, in un raccoglimento più profondo, prenda contatto colla SS. Trinità che abita in noi, per rice­vere più abbondantemente dal Maestro interiore quel lume di vita, il quale solo può veramente farci pene-


LA OONTEMPI.AZIONE E I SUOI GRADI        225

trare e gustare i misteri della salute e riformare il nostro carattere soprannaturalizzandolo, rendendolo conforme a,.Colui che. c'invita a cercar la pace del­l'anima nell'umiltà e nella dolcezza. Questa preghiera intima è l'orazione.

Vediamo ora che cosa dev'essere quella che è in nostro potere, e che dispone alla contemplazione in­fusa. Vedremo poi brevemente come possiamo perve­nire a quest'orazione acquisita e come perseverarci.

Nostro Signore dice nel Vangelo: «Non fate come gl'ipocriti che cercano d'essere veduti dagli uomini, quando pregano;.... per conto tuo, quando vuoi pre­gare, entra nella tua camera... e prega tuo Padre

•che è nel segreto dell'anima tua, e il Padre che vede nel segreto tè lo renderà». S. Teresa dice in un modo semplice del pari che profondo : « L'orazione non è altro che uno scambio d'amicizia, per cui l'a­nima spesso s'intrattiene da sola a solo con Dio, da' cui sa di essere amata » 10. È una preghiera affatto spontanea, tutta intima, che le .anime cristiane ve­ramente semplici e pure conobbero sempre. Un con­tadino, 'interrogato dal curato d'Ars, la definiva in modo mirabile; il santo curato, stupito di vederlo rimaner silenzioso, senza muover le labbra, in lunghi momenti d'adorazione, gli chiese che cosa dicesse

•a nostro Signore durante quelle ore di raccoglimento :

« Oh ! non gli dico nulla, rispose il contadino, io guardo Lui, ed Egli guarda me» u. Preghiera in tenore che fu così spesso quella dei cristiani delle catacombe e di tutti i santi, molto prima dei trattati moderni sulla meditazione.

Che cosa vi è di più semplice dell'orazione? Alle volte le si toglie la sua spontaneità proponendo me­todi troppo complicati che possono essere utili ai

" Vita di S. Teresa scritta da lei, o. vili. 11 L'orazione di questo contadino, in vero, era già contemplazione.

15 — Perfezione e Contemplazione. - I.


226    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

principianti, ma che non tardano a provocare una reazione eccessiva in molti; questi, stanchi di siffatta, complicazione, se ne restano a volte in una pia fan­tasticheria, senza profitto veramente reale. La verità. qui, come altrove, è al disopra dì questi due errori estremi, come un giusto mezzo e un punto culminante. Un metodo è utile al principio specialmente per pre­servarci dalla divagazione; ma, per non diventare-colla sua complicazione un ostacolo anziché un soc­corso, bisogna che esso sia semplice, e, lungi dallo-spezzare la spontaneità e la continuità dell'orazione, deve contentarsi di descrivere il movimento d'eleva­zione dell'anima a dìo, deve limitarsi a indicare gli atti essenziali di cui si compone questo movi^ mento. •.                                       

Quali sono. questi atti? È chiaro anzitutto che l'o­razione non è solo un atto d'intelligenza, come un semplice studio. Vi sono anime speculative e curiose delle cose di Dio che non sono per questo anime contemplative, anime ' d'orazione; se nelle loro con­siderazioni gustano un piacere che oltrepassa di molto-quello dei sensi, questo piacere spesso non viene se non dalla loro sola cognizione, e non dalla carità;

esse sono mosse dall'amore della cognizione assai più che dall'amor di Dio. E questo piacere aumenta spesso il loro orgoglio e le-rende amanti di se stesse. Lo studio, la speculazione, non suppone necessaria­mente lo stato di grazia e -la carità, e non concorre sempre a sviluppare questo. L'orazione invece deve procedere dall'amor di Dio e terminare ad esso. È, per amor di Dio che si cerca di contemplarlo, e la contemplazione della sua bontà e della sua bel­lezza accresce l'amore. Anzi, quaggiù, l'amor di Dio, come abbiamo veduto, è più perfetto del conoscimento-di Dio, la carità è più perfetta della fede, perché il conoscimento attrae in. qualche modo Iddio in noi e lo riduce, per così dire, alla misura delle nostre.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GKADI        227

idee, laddove l'amore ci attrae a Dio, ci solleva a Lui, ci unisce a Lui. Quindi, finché siamo privi della visione beatifica, è soprattutto la carità che ci unisce a Dio ed è la carità che costituisce la perfezione. Onde questa virtù deve avere il primo posto nell'a­nima nostra.

In altre parole, l'anima deve elevarsi a Dio sulle due ali dell'intelletto e della volontà, aiutate dalla grazia. L'orazione adunque è un movimento di co­gnizione e d'amore affatto soprannaturali.

Se è così, quali sono gli atti essenziali, dell'orazione ? Affinchè l'orazione sia quest'elevazione di tutta l'a-.ninia a Dio, deve prepararsi con un atto d'umiltà e procedere dalle tré virtù teologali, che ci uniscono a Dio, animano là virtù della religione e ci ottengono le illummazioni e le ispirazioni dello Spirito Santo. L'anima vola, per cbsì dire, come l'uccello collo sforzo delle sue ali, ma il soffio dello Spirito Santo sostiene questo sforzo e spesso la porta più in alto ch'ella non potrebbe andare colle sole sue virtù.'

Fermiamoci a questi vari atti dell'Orazione. Nei . perfetti sono sovente simultanei e continui, ma per descriverli bisogna enumerarli un dopo l'altro, come si presentano nei principianti.

Anzitutto un atto di umiltà, virtù fondamentale, perché ogni preghiera dev'essere umile; rammentiamo quello che siamo noi, che veniamo a conversare con Dio. Da noi stessi siamo nulla e meno di nulla, poiché i nostri peccati sono un disordine inferiore allo stesso nulla. L'umiltà, virtù fondamentale, rimuove il prin­cipale ostacolo alla grazia, che è l'orgoglio; e, anziché 'deprimerci, essa ci porta all'adorazione, ci ricorda che in un vaso fragilissimo noi portiamo un tesoro in­finitamente prezioso: la grazia santificante e la Tri­nità che abita in noi. Pensiamoci al principio della nostra orazione, affinchè questa non proceda da un vano sentimentalismo, ma dalla grazia stessa, infi-


228    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

nitamente superiore alla nostra sensibilità. Adoriamo umilmente la SS. Trinità, che ci vivifica internamente. L'adorazione è uno dei primi atti della virtù della religione, che s'unisce naturalmente a quella dell'u­miltà (II-II, q. 84).

Dopo quest'atto d'umiltà, un atto di. fede, sempli­cissimo, senza parole, atto profondo e prolungato su questa o quella verità fondamentale : Dio, le sue perfezioni, la sua bontà, o nostro Signore, i misteri della sua vita, della sua Passione, della sua gloria, o anche i nostri grandi doveri, il peccato, la vocazione, i doveri del nostro stato, il nostro fine ultimo. Questi soggetti devono ripresentarsi costantemente, Nei giorni di festa, la liturgia da il soggetto. Per questa con­siderazione di fede, bastano alcune parole del Van­gelo o dell'Ufficio divino. S. G-iovanni della Croce insegnava a' suoi discepoli a 'consacrare poco tempo alla rappresentazione delle figure formate nell'im­maginazione, e a sollevarsi dagli atti discorsivi alla considerazione del mistero stesso nella luce della fede, per esempio alla considerazione di ciò che forma il pregio dei patimenti di Cristo, il suo amor redentore d'un valore infinito. Non è necessario ra­gionar molto, l'atto della fede teologale è superiore a siffatti ragionamenti, e diventa sempre più uno sguardo semplice, che dev'essere accompagnato da ammirazione e da amore. Questa fede superiore ad ogni speculazione filosofica o anche teologica ci fa aderire infallibilmente e soprannaturalmente ai mi­steri che contemplano gli eletti in cielo. In questo senso essa è, come dice S. Paolo, la sostanza delle cose.che speriamo. La sua oscurità non le impedisce d'essere infallibilmente sicura. È il primo lume della nostra vita intcriore. Io credo quello che Dio ha rivelato, perch'egli l'ha rivelato. Pare che questo Credo in certi momenti diventi un Video. Si vede da lontano la fonte d'acqua viva.


LA CONTEMPLAZIONE E I^STJOI GRADI       229

Questa veduta di fede circa la verità divina con­siderata, fa nascere come naturalmente un atto di speranza: si desidera la beatitudine, la pace pro­messa da Dio a quelli che seguono Gesù Cristo; ma si sente benissimo che colle sole proprie forze na­turali non si giungerà mai a conseguire questo ideale soprannaturale; allora si fa ricorso alla bontà infi­nitamente soccorrevole di Dio, gli si chiede la sua grazia; ecco la supplica, linguaggio ordinario della speranza, il cui motivo formale è il soccorso divino:

«Deus auxilians» 12. Dopo aver detto Credo, l'anima viene così con. tutta spontaneità a dire: desidero, sitio, spero... Dopo aver veduto da lungi la sor­gente d'acqua viva, si desidera di arrivarci per be-verci a larghi sorsi: «Come il cervo desidera le acque vive, così ha sete, o Signore, l'anima mia » (Ps. xti).

. Ma l'atto di speranza, alla sua volta, ci dispone a un atto di carità; perché là fiducia nel soccorso di Dio ci fa pensare ch'Egli è buono in se stesso e non soltanto per i suoi benefizi ls. Allora, con ogni spontaneità, sorge in noi un, atto di carità, an­zitutto sotto una forma affettiva.

In questi affetti, se la nostra sensibilità ci offre il suo concorso inferiore, accettiamolo, esso può esser utile, a condizione che resti subordinato, ma non .è necessario; esso scompare nelle aridità. Qui si tratta d'un affetto calmo, ma profondo, che è più sicuro e più fecondo delle emozioni superficiali. Si esprime così: Mio Dio, non voglio più mentire di­cendovi che vi amo; fatemi la grazia di amarvi e di piacervi in ogni cosa. Diligo.

Finalmente questa carità affettiva deve divenire carità effettiva: Voglio conformare la mia volontà

12 La speranza induce così alla preghiera di domanda, che è un atto della virtù della religione. Ct. II-II, q.. SS, a. 3. " CI. I-II, a. 62, a. i.


230    PERFEZIONE CBISTIANA E OONTEMPI.AZIONE

a quella' del buon Dio, voglio spezzar tutto quello che mi rende schiavo del peccato, dell'orgoglio, del­l'egoismo, della sensualità; voglio, o Signore, voglio partecipare sempre più a codesta vita divina che mi offrite; voi siete venuto perche noi abbiamo la vita in abbondanza. Aumentate il mio amore, voi non domandate altro che di dare, io voglio ricevere come voi volete ch'io riceva,; .tanto nella prova come nella consolazione, sia che voi veniate in me per • asso­ciarmi ai misteri gaudiosi o ai misteri dolorosi della vostra vita terrestre, perché tutti conducono a quella vita dell'eternità che ci unirà per sempre. Prendo oggi la risoluzione di esservi fedele su questo punto che così spesso ho trascurato. 'Volo.

Qui, in questo punto culminante dell'orazione, la cognizione di fede e l'amore di .speranza e di carità tendono, sotto l'influsso divino, a fondersi va. uno sguardo d'amore soprannaturale. Questo sguardo, come vedremo, è la contemplazione nascente, sorgente emi­nente dell'azione, contemplazione cristiana che ha per oggetto Iddio e nostro Signore, come la contempla­zione dell'artista ha per oggetto la natura e quella della madre ha per oggetto il viso del suo bambino. , Questa contemplazione amante suppone- un'ispira­zione dello Spirito Santo; i suoi doni,, specialmente il dono della sapienza, che abbiamo ricevuto nel bat­tesimo e che crescono colla carità, ci rendono parti-colarmente docili a queste buone ispirazioni. Così lo Spirito Santo risponde alla preghiera/che ha susci­tata Egli stesso; di tempo in tempo si fa sentire a noi come l'anima dell'anima nostra, la vita della nostra vita, manda per bocca nostra ineffabili ge­miti, dice S. Paolo; è lui che ci fa gridare « Padre » al nostro Padre celeste e che, facendoci gustare la bellezza, la ricchezza dei misteri della salute, ci da un conoscimento quasi sperimentale della sua pre­senza, ci conduce a quella fonte d'acqua viva che è


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI      -231

Lui stesso, fonie a cui si beve la 'luce di vita senza l'intermedio d'alcun ragionamento umano, benché sem­pre nell'oscurità della fede. « Gustate et videte qua-, mam suavis est Dominusf ». Come il Vangelo colma le nostre aspirazioni, le sorpassa e le sopraeleva!

Alla cognizione delle verità conservate nella me­moria sulla vita trascorsa da Gesù Cristo, succede una cognizione viva, come sperimentale dell'azione di Dio in noi, dell'influsso attuale dell'umanità di Gesù che ci trasmette ogni grazia, della presenza della SS. Trinità nelle anime nostre 14:. L'orazione ci -introduce cosi nell'intimità dell'amore; nulla può meglio correggere i nostri difetti di carattere, darci il vivo desiderio di rassomigliare a nostro Signore, spingerci ad imitarlo in tutto, suscitare le più alte virtù. Vi sono dei caratteri che non giungeranno a riformarsi se non mediante la. contemplazione-amante del divin Maestro nell'orazione, perché anche senza badarci s'imitano quelli che si amano.

Tale è l'orazione: «scambio d'amicizia, onde l'a­nima si trattiene sovente da sola a solo con Dio da cui ella sa d'essere amata » : « D.ilectus meus mihi et ego illi: II mio Diletto è mio, ed io sono suo »'. Gli atti d'umiltà, di fede, di speranza, di carità, l'in­flusso dei doni dello Spirito Santo, in proporzione che l'anima cresce, tendono a fondersi in questo sguardo d'amore ardente; onde i metodi utili da principio devono sempre più dar luogo alla docilità dello Spirito Santo, che soffia dove vuole.

L'orazione tende a diventare come una comunióne spirituale prolungata: «Io guardo nostro Signore, ed egli guarda me». Quindi, come abbiamo detto, essa

14 II Verbo e le altre due persone della SS. Trinità abitano In noi :

« 8e alcuno mi ama, osserverà i miei comandamenti, e mio Padre ra­merà, e noi verremo in luì, e vi porremo la nostra dimora ». L'umanità di Gesù, come dimostra S. Tommaso, III, q. 48, a. 6, e causa fisica stru­mentale di tutte le grazie che riceviamo, dopo avercele meritate quaggiù.


232    PEEBEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

è veramente il riposo dell'anima in Dio o la respira-zio,ne dell'anima, che aspira la verità e la> bellezza. di Dio mediante la fede e respira l'amore; quello che riceve da Dio sotto forma di grazia; essa glielo rende sotto forma d'adorazione.

Quest'orazione, come vedremo, è una disposizione alta contemplazione. Basta per' ora citare queste parole di S. Teresa: «Le persone che potranno rin­chiudersi così nel piccolo cielo dell'anima loro, ove abita Colui che la creò..., devono credere che sono sopra una strada eccellente, e ' che riusciranno a dissetarsi alla fonte. Realmente esse fanno molto cammino in breve tempo. Eassomigliano a colui che è salito sopra una nave 15: per poco cfie il vento gli sia favorevole le, arriva in pochi giorni < al termine del suo viaggio... Queste anime vanno a vele gonfie, come si dice » 17.

*   *   *

Questo metodo o meglio questo modo semplicissimo di far orazione, ricordando la necessità degli atti delle tré virtù teologali, permette di conciliare la semplicità dell'orazione descritta .dagli antichi au-

15 Quest'espressione dimostra ohe quest'orazione è in nostro potere, almeno nel suo principio, come il contesto fa vedere.

11 È simbolo del soffio dello Spirilo Santo, e allora l'orazione diventa infusa, come vedremo in appresso.                   .    .

17 Cammino della Perfezione, o. xxvm. Più avanti, parlando della contemplazione acquisita, o. iv, a. 2, faremo lunghe citazioni di questo' capitolo di S. Teresa, ove tratta dell'oraziorae (acquisita) di raccoglimento ^ che dispone al n raccoglimento soprannaturale » e alla quiete, di cui si parla nella IV Mansione, e. i e ni.

Il passaggio dall'orazione acquisita alla . contemplazione infusa si trova ben descritto nell'opuscolo dove bossuet tratta dell'orazione che si chiama « di semplicità o di semplice 'presenza di Dio » ; la prima fase di quest'orazione è acquisita, la seconda infusa, come vedremo' meglio appresso.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       233?

tori con quello che vi è di utile negl'insegnamenti dei maestri più'recenti. È agevole fare questi atti/ di fede, di speranza e di carità a proposito di tutti i soggetti.                  '        -                 

Ma se nessun soggetto ci attrae, e se d'altra parte-non ci sentiamo abbastanza uniti a Dio da evitare-la perdita di tempo e fuggire le distrazioni, seguiamo il consiglio di S. Teresa: meditiamo quanto più len­tamente è possibile il 'Poter. -È la più grande delle preghiere; composta da nostro Signore, essa contiene tutte le domande possibili in un ordine perfetto:;

spesso noi la recitiamo nel giorno, ma troppo in fretta. da gustarne quello che racchiude. Essa è la vera;

conversazione dell'anima, oratio,. Diciamola con Cristo che ce l'insegnò. Le tré prime domande corrispon­dono appunto, dice S. Tommaso, ai tré atti di fede,. di speranza e di carità che abbiamo distinti:

Padre nostro che sei ne' deli: tu sei anche in noi,. l'anima nostra è come un cielo ancora oscuro;

Sia santificato il tuo nome: glorificato, cioè, rico­nosciuto e adorato («gloria est darà notitia cum. laude»), la tua parola sia accolta con una fede viva, inconcussa. Credo.

Venga il tuo regno: è l'oggetto della nostra spe­ranza che s'appoggia prima di tutto sulla tua Bontà, infinitamente soccorrevole.

Venga questo regno in me e attorno a me si di­lati sempre più. Sitio, spero.

Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra, La nostra volontà, come quella dei santi del cielo, sia. conforme alla tua. È il maggior desiderio della carità affettiva ed effettiva, che domanda anche il Pane-quotidiano dell^Eucaristia, il perdono delle colpe. È. • dessa pure che perdona le offese del prossimo e che ci fa domandare d'essere preservati dal peccato per l'avvenire. .È l'elevazione delFanima a Dio: al mat­tino prima del lavoro, alla sera prima del sonno, il


'234    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

più spesso possibile nell'intervallo almeno con qualche breve invocazione.                     '

Se, in certi giorni, non possiamo nemmeno medi­tare in modo così semplice il Poter, se non arriviamo

•a liberarci dalle distrazioni e non troviamo altro che aridità, facciamo l'orazione di cuore, che consiste

•semplicemente nel voler essere lì per amare nostro Signore più di noi stessi, nel voler rimanervi abban­donati alla sua divina volontà, accettando la nostra impotenza, nell'unirci a Cristo negli abbandoni ch'egli conobbe quaggiù, nel Getsemani, sulla Croce, in quelli <he conosce ancora nell'Eucaristia. Quest'orazione,

•che alle volte rassomiglia a un purgatorio, non è inerzia, dalla quale essa distinguesi per la • vigilanza

•dell'amore, ed è fruttuosissima, poiché il merito viene dalla carità, e lo scopo .dell "orazione è meno.

•quello di fare alte considerazioni che d'unirci a Dio, in Gesù Cristo,. nelle nostre pene come nelle nostre .gioie. Molti amici intimi di nostro Signore sono così per lunghi anni associati alle sofferenze del suo

•Cuore. Egli li fa partecipare alla vita dolorosa che menò quaggiù, prima di comunicar loro la sua vita

•gloriosa per l'eternità. Il cristiano è in tal modo condotto all'« amore di Dio fino al disprezzo di sé », o per lo meno fino all'oblio di sé, per non pensare se'non alla gloria di Dio è alla salute delle anime.

Come pervenire alla vita d'adorazione e perseverarvi.

;Da ciò che abbiam detto si vede ciò che dev'essere l'orazione comune che tende a semplificarsi sempre più. Come vi si può arrivare e perseverarvi?

Bisogna confessare che l'orazione, anche comune, dipende soprattutto dalla grazia di Dio, e per conse­guenza uno vi si prepara molto meno con processi


IiA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI        235

meccanici che con l'umiltà; è agli umili che Dio da la grazia. «Se voi non diventate simili a bambini, non entrerete nel regno de' cieli», sono i piccoli che Dio si compiace d'istruire interiormente ; anime umili come il contadino d'Ars. Insieme coll'umiltà, quello che ci prepara alla vita d'orazione, è la mor­tificazione, il distacco dalle cose. sensibili e da se stesso. È chiaro che se-abbiamo la mente preoccupata dalle faccende del mondo, l'anima agitata da un af­fetto troppo umano, dalla gelosia, dal giudizio, te­merario, dalla memoria dei torti del prossimo, noi non potremo trattenerci a conversare con nostro Si­gnore. Se oggi abbiamo criticato i nostri superiori, questa sera sarà impossibile sentirci uniti con Dio. È chiaro che tutte le inclinazioni devono essere mor­tificate perché la carità prenda il primo posto nel­l'anima nostra e si sollevi spontaneamente a Dio. A propòsito di tutto, delle pene o delle consolazioni, bisogna prendere l'abitudine di sollevare costante­mente il proprio cuore a Dio, benedire l'ora che scocca» bisogna far silenzio nell'anima propria, far tacere le passioni, per udire il Maestro intcriore che parla a bassa voce come l'amico al suo amico. Se siamo abitualmente preoccupati di noi stessi, come gusteremo le sublimi armonie della Trinità, dell'In­carnazione, della Redenzione, dell'Eucaristia?

Tutto questo lavoro della vita può essere chiamato:

preparazione remota all'orazione, ma è assai più importante della preparazione immediata e della scelta d'un soggetto; perche quest'ultima prepara­zione ha solo per scopo d'eccitare quel fuoco della carità che mai non deve spegnersi i,n noi e che deve alimentare una generosità di tutti gl'istanti. Cosi certe anime ferventi semplicissime ridurranno a quasi nulla la preparazione immediata, e spesso faranno anche durante un lavoro manuale una buona ora­zione di conformità abituale alla volontà di Dio.


236    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Ma non basta pervenire alla vita d'orazione, bisogna perseverarvi. Colla perseveranza non si può mancare di guadagnar molto, e senza di essa si può perdere tutto. Questa perseveranza non è cosa facile, vi è una lotta da impegnare contro se stesso, contro la pigrizia spirituale, contro il demonio che c'induce allo scoraggiamento. Quante anime private delle prime consolazioni che avevano ricevute sono ritornate in­dietro 1 perfino anime assai avanzate indietreggia­rono. ;.S. Caterina da G-enova, che s'era data all'o­razione dall'età di tredici anni e vi aveva • fatto grandi progressi, dopo cinque anni di pene, abban­donò la vita intcriore, e menò per cinque anni una vita tutta d'opere esteriori; ma un giorno ella sentì con ambascia il vuoto spaventoso dell'anima sua, e il 'desiderio si ridestò in lei. Ella fu ripresa da Dio, ripresa istantaneamente in modo quasi fulmineo, e . dòpo quattordici anni d'una terribile penitenza rice­vette l'assicurazione d'aver pienamente soddisfatto alla giustizia divina: «S'io ritornassi sopra i miei passi, diceva ella, vorrei che mi si strappassero gli occhi e non crederei che ciò bastasse».

Altre anime che hanno lottato per un pezzo si sco­raggiano, dice S. Teresa, quando sono a due passi ^ dalla sorgente d'acqua viva. Esse ricadono, senza. l'orazione non hanno più la forza di portar la croce,.;

trascorrono ad una vita superficiale, ih cui altre forse ;

si salverebbero, dovechè esse corrono rischio di per- ,-, dersi, perché le loro facoltà le porteranno agli eccessi. & L'eccesso, se si può dir così, sarebbe loro permesso .' ed anche domandato dal lato . dell'amor di Dio, la cui misura è di essere senza, misura, ma in ogni altro caso esso le condurrà alla rovina. Per certe anime naturalmente elevate, la mediocrità non è possibile; se non sono tutte di Dio, saranno tutte di se stesse contro Dio; vorranno godere del loro io, delle, loro facoltà e corrono rischio di collocarsi como


LA CONTEMPLAZIONE E 1 SUOI GRADI       237

fine assoluto, al posto di Dio. Gli Angeli non pos­sono conoscere se non la carità ardente o il peccato mortale irremissibile; il peccato veniale, secondo San Tommaso, per loro è impossibile, essi vedono troppo lontano e impegnano a fondo la loro volontà 18. An­geli o demonii, santissimi o estremamente perversi, ecco la sola alternativa per loro. Vi sono anime che hanno qualcosa d'angelico, e per loro è cosa peri­colosissima il non perseverare nell'orazione e il non osservi più presenti se non col corpo, senz'alcun 'atto d'amor vero :. ; è-l'abbandono della vita inferiore, forse la rovina.   .

> Per perseverare, dicono i santi, bisogna primiera­mente sperare in nostro Signore che chiama tutte le anime pie alle acque vive dell'orazione, e vedremo specialmente su questo punto la testimonianza di S. Teresa 19. In secondo luogo bisogna umilmente lasciarsi condurre per la via che nostro Signore stesso ha scelta per noi.

1° Sperare, aver fiducia nella nostra Guida. È un mancarvi il dire dopo le prime aridità: l'orazione .non è fatta per me. Si potrebbe anche dire come i Giansenisti: la comunione non è fatta per me, ma solo per alcuni grandi santi. Nostro Signore chiama tutte le anime a siffatto scambio d'amicizia con lui. Egli è il Buon Pastore che conduce le sue pecorelle agli eterni pascoli, affinchè noi ci nutriamo non solo di pane, ma di ogni parola di Dio. Nel centro di questi pascoli vi è la fonte d'acqua viva, di cui Gesù parlava alla Samaritana che pure era una peccatrice:

« Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice:'Dammi da bere! tu stessa avresti chiesto a. lui da bere ed egli ti avrebbe dato dell'acqua viva...

18 Ct. I-II, q. 89,,a. 4.    -,   ,         .

-1' Ct. infra, o. IV, a. 2 e 3; vedremo che per «il bere alla sorgente d'acqua viva » ella intende la contemplazione infusa, che ci è data dallo Spirito Santo : la sorgente è lui stesso, fons vivua,


.238    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Ohi berrà dell'acqua ch'io gli darò non avrà più sete, e l'acqua che gli darò diventerà in lui una sorgente d'acqua che zampillerà fino alla vita eterna» (Joan., iv). A Gerusalemme, un giorno di festa. Gesù, stando nel tempio, gridava a tutti: «Se alcuno ha sete, venga a me e beva, e fiumi d'acqua viva scorre­ranno dal suo petto» (Joan., vii, 38). Questa sor­gente d'acqua viva, fons vivus, come nostro Signore spiega più tardi, è lo Spirito Santo consolatorc, che. Egli ci deve mandare, che ci farà penetrare e gu­stare il senso intimo del Vangelo.

Ora lo Spirito Santo è in noi, dice S. Paolo, per mezzo della carità, e quindi è in ogni anima in stato di grazia, ed egli vi abita non per restarvi ozioso, ma per farsi nostro Maestro inferiore me­diante i suoi sette doni, che si sviluppano di mano in mano che la carità cresce in noi, ^e questa fino alla nostra morte deve crescere senza che mai non le assegniamo limiti. Se non udiamo meglio le sante ispirazioni del Maestro • interiore, è perché ascol­tiamo troppo noi stessi, e non 'siamo abbastanza umili, abbastanza desiderosi del. régno di Dio in noi.

2° Bisogna lasciarsi condurre per la via che nostro Signore ha scelto per noi. Vi è la grande strada .comune, quella dell'umiltà e della conformità alla vo­lontà divina. Tutti devono pregare come il pubbli­cano. Ma in questa strada vi sono luoghi sassosi,, altri, lisci, taluni coperti di folta erbetta, una parte è arsa dal sole, e l'altra ombreggiata. Il Buon Pa­store conduce le sue pecorelle come giudica bene, le une per il sentiero delle parabole, le altre per quello del ragionamento, prima di condurle all'in­tuizione semplice nell'oscurità della fede. Lascia cer-tune per un tempo abbastanza lungo in passi dif­ficili per agguerrirle. Nostro Signore solleva alla contemplazione più presto le Marie che le Marte, ma le prime vi trovano pene intime ignorate dalle


LA CONTEMPIAZIONE E I SUOI GRADI        239'

seconde, e queste, se sono fedeli, arriveranno alle acque vive e saranno dissetate secondo il loro de­siderio.

Dobbiamo vedere adesso che cosa sono .queste? acque vive, simbolo della contemplazione.


240                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

articolo II.

Varii sensi delle parole « contemplazione > « ordinario » e « straordinario ».

Ì I.

Contemplazione detta acquisita e contemplazione infusa.

La contemplazione in generale così come può esi­stere già nel filosofo non credente, quella di cui parlarono Plafone e Aristotile, è una semplice veduta intellettuale della verità, -superiore al ragionamento

•e accompagnata da ammirazione, simplex intuitus veritatis, dice S. Tommaso 1. — Per esempio, la

•cognizione ammirativa di questa verità suprema della filosofia : alla cima di tutti gli esseri composti . e .mutevoli, esiste l'Essere stesso assolutamente sem­plice e immutabile, principio e fine di tutto; egli non ricevette l'esistenza, ma è per sé l'Esistenza stessa, la Verità, la Sapienza, la Bontà, l'Amore, come nell'ordine fisico la luce, per sé, è luce e non ha bisogno d'essere illuminata, come il calore, per sé,, è calore. La ragione, mediante le sole sue forze, in-.sieme al concorso di Dio, può sollevarsi a siffatta contemplazione.

Se invece si tratta della contemplazione dei fedeli,

•questa è fondata sulla Rivelazione divina ricevuta mediante la 'fede. Benché la fede sia un dono di Dio, infuso, ricevuto nel battesimo, non pochi teologi

* II-II, q.. 180, a. 1 e 6.


LA CONTEMEIAZIONE E I SUOI GRADI       241

ammettono nei fedeli una contemplazione « acquisita ». Essi la definiscono generalmente: wwa cognizione sem­plice e affettuosa di Dio e delle sue opere, che è il frutto della nostra attività personale, aiutata dalla grazia. Comunemente si ammette che questa contem­plazione detta « acquisita » esista nel teologo al ter­mine della sua ricerca, nella visione sintetica a cui fa capo, o anche nel predicatore che vede tutto il .suo discorso in un'idea madre, come pure nei fedeli , che ascoltano attentamente questo discorso, ne affer­rano l'ordine, ne ammirano l'unità e gustano per conseguenza la grande verità di fede di cui essi ve­dono l'irradiamento.                              . •"-

Vi è qui una certa contemplazione, che è, col soccorso della grazia, il frutto dell'attività umana, .della nostra riflessione o della meditazione dell'au-•tore che leggiamo, del' predicatore che udiamo. La grazia, le virtù teologali v'intervengono certamente, vi è perfino un influsso latente dei doni dello Spirito Santo; ma se l'attività umana ben ordinata mancasse, l'anima non arriverebbe a questa contemplazione, che per questa ragione è detta «acquisita». Un discorso mal preparato, senz'ordine, senza vigore, senza unzione, produrrà piuttosto l'effetto contrario, vale a dire la .noia, nella maggioranza degli uditori. Parimente la lettura d'una pagina di Nicole non produrrà il medesimo effetto di quella delle Eleva­zioni sui Misteri di Bossuet. Così in un ordine di gran lunga superiore alla speculazione filosofica, molti fedeli colla lettura e colla meditazione possono .giungere a gustare queste parole di Dio : « Io sono Colui che sono... Dio è spirito, e quelli che l'ado­rano devono .adorarlo in spirito e verità... Dio è amore, e colui che rimane nella carità rimane in Dio, e Dio in lui»,

Se poi la contemplazione amante di Dio non è più il frutto dell'attività umana, aiutata dalla grazia, 16 — Per festone e Contemplazione. - I.


242    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

non si potrebbe chiamarla acquisita, ma infusa. Per • esempio, se m una predica mal ordinata, senza vita, che produce solo la stanchezza nella maggioranza dell'uditorio, viene tuttavia citata una parola di nostro Signore che colpisce profondamente un'anima, l'avvince e l'assorbe per un'ora 2, allora si tratta d'una contemplazione che non è il frutto dell'attività umana del predicatore, ne della riflessione perso­nale, ma che promene da un'ispirazione divina abba­stanza manifesta. Essa dicesi infusa. Perché? Non solo perché deriva dalle virtù infuse, come già av­viene della contemplazione detta «acquisita». Neppure in questo senso che l'atto stesso della contemplazione sia infuso o immediatamente prodotto solo da Dio in noi, il che non sarebbe più un atto vitale, libero e meritorio. Ma si dice infusa ed anche passiva, in questo senso che non è in nostro potere il produrre quest'atto a piacimento, come un atto di fede ordi­nario. Solo è in nostro potere il ricevere docilmente. l'ispirazione divina e il disporvici con un pio rac­coglimento. « Haec contemplatio infusa seu passiva est in nobis, sine nobis deliberantibus, non vero sine nobis consentientibus». (Vedasi quello che dice Sari Tommaso della grazia operante, I-II, q. Ili, a. 2.)

Questa contemplazione infusa dicesi anche sopran­naturale, perché essa è tale doppiamente {reduplica­tive}: non solo in quanto alla sostanza dell'atto, come l'atto di fede infusa, ma anche in quanto al modo, che è qui il modo sopra umano dei doni dello Spirita Santo, modo non più latente, ma manifesto.

Questa contemplazione propriamente infusa co- ;

mincia con quello che S. Teresa chiama orazione di:

raccoglimento passivo (IV Mansione, e. 3), e San^

' Noi supponiamo ohe quest'assorbimento non provenga dal fatto: ' che Quest'anima abbia già spesso meditata questa parola. Nondimeii.o Y la contemplazione infusa non è sempre ricevuta all'improvviso, ma uno--' può disporsi a riceverla.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       243

Giovanni della Croce, notte passiva dei sensi, cioè, al principio della vita mistica propriamente detta. D'onde segue che la contemplazione propriamente mi­stica a quella che è manifestamente passiva, nel senso che abbiamo ora indicato 3, e se essa dura e diventa frequente, è lo stato mistico.

*   *   *

Tutto quello che abbiamo detto intorno al senso delle parole « contemplazione acquisita » e « contem­plazione infusa» è abbastanza generalmente ammesso.

Tuttavia . l'espressione « contemplazione acquisita » non si trova nei grandi maestri; e per loro la con­templazione propriamente detta è infusa, e la chia­mano -senz'altro contemplazione. «La contemplazione, dice S. Giovanni della Croce, è una scienza d'amore, una cognizione amorosa di Dio, infusa» i. Santa Teresa parla nello stesso modo 5, similmente San Francesco di Sales 6, S. Francesca di Guantai.

Il canonico Saudreau 7 nota che Tommaso di Gesù (1564-1627), nel suo libro de Contemplatione divina (Anversa, 1620), fu il primo carmelitano a parlare d'una contemplazione acquisita come d'un grado d'orazione intermedio fra la meditazione af­fettiva ,e la contemplazione infusa. E aggiunge:

«II medesimo autore nel prologo della sua 'prima opera, Grados de Oracion, pubblicato nel 1609, di­videva l'orazione in due classi: l'orazione acqui-

" Ct. Dom vitale lehodet, Le Vie, dell'Orazione, mentale, Ma-rietti, 1932.                                     .     ,

4 Notte oscura. Ti, o. xvin (ed. critica, t. II, p. 111). È della contettipla-zione infusa che si tratta al principio della Notte oscura, 1.1, o. i, ed anche nella Salita del Garmelo, 1. II, e. xm.                             ,

6 C'astello, Mansione V, e. i; Mans. VII, e. iv. —Cammino, e. xvu.

6 Trattato dell'anwr di Dio, 1. VI, e. vii.

' Etat mystigue. II ediz., pag. 109 et 367.


244    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sita, che è la meditazione, e l'orazione infusa, che è la contemplazione; questa divisione è giustissima e pienamente conforme alla dottrina di S. Teresa. Questo prologo che si trova nelle edizioni del 1610, 1613, 1616 e 1623, fu soppresso nelle edizioni poste­riori del 1665 e del 1725, senza dubbio perché la dot­trina che vi si espone non combina con quella che riconosceva una contemplazione non mistica ».

Infatti al principio del secolo xvii, per difendere le opere di S. Giovanni della Croce contro le ingiuste accuse d'illuminismo, vi s'introdussero delle chiose che spesso attenuavano il senso dei termini 8, e certi autori sostennero che il santo non avesse " trattato se non della contemplazione acquisita, inferiore all'in­fusa di cui parla S. Teresa; ma il senso di questi, termini non era ancora ben fissato 9. Alcuni pretesero perfino che la contemplazione acquisita sia la som­mità o il termine dello sviluppo normale della vita in-teriore, che la contemplazione infusa sia assolutamente straordinaria, come le grazie gratis datae, e che non si potrebbe desiderarla senza presunzione: tal fu in particolare l'insegnamento di Antonio dell'Annun­ciazione, C. D., Disceptatio mystica, tr. 2, q. 4, a. 8, n. 34; ma su questo punto non fu seguito dai teo­logi del Oannelo, come si vede chiaro da ciò che dice di lui un altro carmelitano scalzo ben noto, Giuseppe dello Spirito Santo, Cursus Theol. schol. mysticae, ed. 1721, t. II, II Praed., p. 224 e 236.

• II P. Andrea dell'Incarnazione, O. D., s'accinse nel 1751 a ristabi­lire il vero testo del Santo, ma non potè pubblicare il suo lavoro. Recen­temente il compianto P. Gerard, C. D., ci diede un'edizione critica che conta nel libro I 55 correzioni, nel libro II 207 e nel libro III 71. Molti problemi di critica testuale si presentano ancora, d. Vie Spirituelle, marzo 1923, p. (154).

° In quel tempo l'espressione contemplazione infusa o soprannaturale non era ancor chiaramente intesa da tutti; pare che con ciò alcuni desi­gnassero la contemplazione unita a certe grazie gratis datae che S. Te­resa ricevette abbondantemente e di cui ella parlò soventi volte.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI       245

Davanti a queste difficoltà e a queste divergenze si spiegano le riserve di certi autori. Solleciti di conservare la dottrina di S. Teresa,, essi non vogliono ammettere un grado d'orazione di cui ella non abbia parlato. E infatti, se per contemplazione acquisita s'intende un'orazione distinta dall'orazione affettiva anche semplificata, in cui l'intelletto sia assorbito totalmente dal suo oggetto e in cui uno si metta me­diante la soppressione d'ogni attività razionale, questo è un creare non solo un grado d'orazione ignorato da S. Teresa, ma è ancora un andar contro il suo inse­gnamento formale. Infatti la Santa s'oppone ripetute volte al fatto che si sopprima totalmente il discorso e il movimento del pensiero, finché non siasi rice­vuta la contemplazione infusa 10.

Tale però non è il concetto che i teologi carme­litani si fecero della contemplazione acquisita. Le descrizioni particolareggiate che ne danno nelle loro opere .ci fanno vedere che l'orazione ch'essi hanno di mira corrisponde a quella che S. Teresa, Cam­mino, e. 28, chiama «orazione (acquisita) di racco­glimento», in cui l'attività intellettuale è semplifi­cata, ma non soppressa. Quest'orazione è dai teologi chiamata contemplazione, perché l'atto di semplice veduta intellettuale in essa è frequente e predomi­nante, e la meditazione piuttosto ridotta. Allora il fondo della difficoltà sparisce, e non abbiamo più che una questione di terminologia 11.

Di più, generalmente i teologi del Oarmelo, che ammisero l'esistenza della contemplazione acquisita, rifiutarono a buon diritto di vedere in essa il ter­mine normale del progresso spirituale quaggiù; essa è per loro una nigposiziONB prossima a ricevere

" Vita, e. xill, p. 172; Castello, Mansione IV, e. m. " Ot. infra, alla fine di quest'opera l'ultimo articolo avIV Accordo dei Maestri.


246     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPIAZIONE

normalmente la contemplazione infusa, nelle anime generose, veramente fedeli allo Spirito Santo 12.

', Si verificarono, delle divergenze circa il momento in cui comincia la contemplazione infusa, volendo certi autori annettere alla contemplazione infusa la .quiete e perfino l'ebbrezza spirituale ls. Ma, se si legge attentamente la IV Mansione, e. ni, di S. Teresa, apparisce certo ch'essa comincia coll'ora-zione di « raccoglimento soprannaturale », che noi non ci possiamo procurare colla nostra propria atti­vità, aiutata dalla grazia, e che precede quasi sempre l'orazione soprannaturale di quiete. Questo « raccogli­mento soprannaturale» è diverso affatto dall'orazione acquisita di raccoglimento, frutto della nostra at­tività, di cui si parla nel Cammino della perfezione,

G. XXVIII.

Dichiarare che la contemplazione acquisita è quella in cui noi possiamo mett&rci couia nostra propria industria e includervi il raccoglimento soprannaturale, , la quiete, l'ebbrezza spirituale e il sonno mistico, è una dottrina assolutamente insostenibile.

Se invece si vuole chiamare contemplazione ac­quisita quella che S. Teresa, trattando dell'orazione acquisita, chiama orazione di raccoglimento nel Cam­mino della perfezione, e. xxvm, si conserva la sua dottrina, senza conservarne i termini, perché la parola « contemplazione » presso di. lei, come vedremo meglio in appresso, designa la contemplazione infusa.

" È l'insegnamento di Tommaso di Gesù, di Filippo della S. Tri­nità, d'Antonio dello Spirito Santo, di Domenico di Gesù, di Giuseppe dello Spirito Santo, ed essi trovaronsi d'accordo su questo punto col domenicano Giovanni di S. Tommaao (of. il suo Catechismo) e Vallgor-nera.

" Studes Oarmélttaines, genn.-apr. 1920, genn.-apr. 1921, p. 90 ss., articoli sulla Contemplazione acquisita.


I.A CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI           247

*     *     *

«

Non si potrebbe meglio dimostrare ch'ella non la prese come la differenza essenziale che separa l'ul­tima orazione acquisita e la prima orazione infusa, e il passaggio dall'una all'altra.

Nel Cammino della perfezione, e. xxvni, parlando ,dell''« orazione (acquisita) di raccoglimento », che fu poi spesso chiamata « orazione affettiva », ella dice :

« È un'orazione che presenta numerosi vantaggi. Si chiama orazione di raccoglimento, perché l'anima m raccoglie tutte le potenze e si ritira dentro se stessa col suo Dio 1A. Per questa via più prontamente che per nessun'altra, il suo divin Maestro la istruirà e le concederà l'orazione di quiete... Le persone che potranno rinchiudersi così nel piccolo cielo dell'a­nima loro, ove abita Colui che creò lei così come la terra, che s'abitueranno a custodire la loro vista, •a pregare in un luogo dove nulla possa distrarre i loro sensi esterni, devono credere di essere sopra una via eccellente, e che riusciranno a 'bere alla fonte 16. Realmente esse fanno molto cammino in breve tempo. Rassomigliano a colui che è salito in una barca: per poco che il vento sia favorevole le, egli arriva in pochi giorni al termine del suo viaggio,

14 Tutti questi termini: «l'anima vi raccoglie tutte le sue potenze, tì si ritira dentro se atessa », denotano manifestamente un'orazione acquisita. Del resto tutti l'ammettono.

11 S. Teresa non vuoi dire ohe l'anima senza oltrepassare quest'ora­zione acquisita di raccoglimento, berrà alla tonte d'acqua viva, ch'ella propone sempre alle sue flglie come il termine della loro corsa. Perché ella l'ha già dichiarato espressamente (Cammino, xix) : « Nel senso in cui la prendo, io non chiamo acqua viva quell'orazione che si fa col discorso dell'intelletto », e da ciò ohe si dice nel Cammino, xix, si vede che l'acqua viva è l'immagine della contemplazione che ci è data dallo Spirito Santo.

" Questo è il simbolo dello Spirito Santo che soffia dove vuole.


248    PERFEZIONE CRISTIANA È CONTEMPLAZIONE

laddove quelli che vanno per terra 17 impiegano un tempo molto maggiore.:. Queste anime vanno a gonfie vele, come si dice. È vero che non hanno intera­mente abbandonata la terra, ma almeno, nel tempo della preghiera, fanno, per mezzo di questo racco­glimento dei loro sensi, quello che è m loro potere 'per liberarsene ».   ;           .   

Nel capitolo seguente S. Teresa precisa bene la" natura di quest'ultima orazione, acquisita e mostra. in essa una disposizione a ricevere la contemplazione infusa : « C,olei che vorrà acquistare quest'abitu­dine, perché lo ripeto, la cosa a'' in nostro potere, non deve stancarsi di adoperarvisi... Se quest'appli­cazione è reale, vi riuscirete in un anno, e forse in sei.mesi. È ben poca cosa, non è vero? per un profitto tanto considerevole 1 Inoltre voi ponete qui un saldo fondamento, e se piace al Signore di sol­levarvi a grandi cose, egli vi troverà disposte, per ciò stesso, che voi vi terrete vicine a Lui 1 Si degni sua maestà di non permettere mai che noi ci allon­taniamo dalla sua presenza. Amen ». Nel medesimo capitolo xxix del Cammino, di questa orazione ac­quisita di raccoglimento si dice: « Intendetelo bene^

QUESTO NON E' QUALCOSA Dt SOPRANNATURALE, MA .DIPENDE DALLA NOSTRA VOLONTÀ' 18. 'noì possiamo-.

.arrivarci colla grafia di Dio senza la quale eviden­temente nulla è possibile, poiché da noi stessi non possiamo neppure formare un buon pensiero. Non si tratta qui del silenzio delle potenze, ma sempli­cemente del loro ritiro dentro dell'anima ».

Tutt'all'opposto, « il raccoglimento soprannaturale » descritto nel Castèllo, IV Mans., e. ni, non è 'in. nostro potere insieme col soccorso di Dio, e non

" Simbolo dell'orazione che resta discorsiva.

" II P. Baimez notò sull'originale : e Per soprannaturale ella intende quello che non è lasciato alla nostra scelta colla grazia ordinaria, di Dio «.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI       249'

dipende dalla nostra volontà. È un'orazione che, come-dice la Santa, precede quasi sempre l'orazione so­prannaturale di quiete: « È un raccoglimento che mi sembra anche soprannaturale. Esso non consiste nel mettersi nell'oscurità, ,nè nel chiudere gli occhi; non. dipende in alcun modo dalle cose esteriori. Eppure,. senza volerlo, si chiudono gli occhi e si desidera la. solitudine. Pare che allora si costruisca, ma sema il lavoro dell'arte, il palazzo dell'orazione di cui ora, ho parlato... Il monarca che abita la regia residenza del castello, vedendo la loro buona volontà, nella sua grande misericordia vuole veramente chiamarli a Sé-(i sensi e le potenze).. Come un buon pastore, egli fa.. loro udire la sua voce, e con un fischio così dolce ch'essi appena lo afferrano, li invita a cessar' di vagare qua e là e a ritornare alla loro antica di­mora. Questo fischio del pastore ha sopra di essi •tanto impero, che abbandonando le cose esterne che= li rendevano schiavi, essi rientrano nel castello. Mi sembra di non aver mai spiegato questo" così ben» come al presente.             .

« Quando Iddio la concede, questa grazia aiuta singolarmente a cercar Dio in se stesso... Ma noni pensate ohe questo raccoglimento s'ottenga col la­voro dell'intelletto, sforzandosi di pensare a Dìo> dentro di sé, ne con quello dell'immaginazione rap­presentandoselo in sé. Questo è cosa ottima, è un modo. di meditare veramente eccellente, perché s'ap­poggia su questa verità indiscutibile che Dio è in noi. Ma non si tratta di quel modo di fare che è in potere di ciascuno, sempre-col soccorso di Dio, ben inteso. quello di cui paelo b' dipfhbentb. Qualche volta, anche prima che si sia cominciato a parlare a Dio, le persone di cui parlavamo si trovano-già nell'interno del castello... Qui la cosa non di­pende dalla nostea volontà'; essa non avviene se non quando Iddio vuole veramente farci questa


'350    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

•grazia. È mia opinione ch'egli scelga, per accordarla ad esse, delle persone che rinunziarono alle cose del mondo. Egli allora le invita ad attendere in modo speciale alle cose inferiori. Quindi sono persuasa che, se si lascia a Dio la sua libertà d'azione, egli non limiterà lì la sua liberalità verso le anime che

•chiama evidentemente a salire più in alto ». La Santa aggiunge che se Dio non ha ancora fatto questa grazia, ella non capisce bene « come si possa inca­tenare il movimento del pensiero, senza che ne ri­sulti più danno che vantaggio ». Item, Vita, e. xm.

Il « raccoglimento soprannaturale » è manifestamente un'orazione mistica, il principio della contemplazione infusa; e non si potrebbe meglio dimostrare in che

• cosa esso differisca dall'orazione acquisita di rac­coglimento spesso chiamata orazione affettiva sem­plificata. S. Teresa ancora indica benissimo come si fa il passaggio dall'una all'altra 19.

Questo passaggio è descritto anche da Bossuet, ma egli non mostra così chiaramente la distinzione del­l'ultima orazione acquisita e della prima orazione infusa 20.

1B Vedasi su questo punto un eccellente articolo comparso in un numero della Vie spirititene, oot. 1922, dedicato a S. Teresa: La doctrine 'de sainte TJiérèse. Les oraisons communes, di una carmelitana. All'op­posto, nel periodico Etudes Carmélitaines 1920, 1981, 1922, l'autore di , parecchi articoli sulla Oontemylasione acquisita chiama con questo nome le orazioni di raccoglimento soprannaturale, di quiete, di sonno mistico, d'ebbrezza spirituale. Senza volerlo, egli s'allontana certamente dal ;

pensiero di 8. Teresa, e dimentica ch'ella dichiarò espressamente ohe ' sinatte orazioni soprannaturali non sono in nostro potere; non si pos­sono dunque chiamare acquisite. Il testo della Santa è chiarissimo. Se ":

si vuole chiamare acquisite queste orazioni, perché sono spesso prece-' dute da una preparazione che ci dispone a riceverle, bisognerebbe altresì ammettere un rapimento acquisito, perché spesso questa grazia è data -dopo una lunga orazione mentale» (Vie de sainte Thérèse, e. svilì, pag. 223). Per evitare qui ogni contusione, basta notare la differenza ohe fa S. Teresa tra il raccoglimento soprannaturale (IV Mans., e. ni) e l'ora- ;

zione acquisita di raccoglimento (Cammino, o. xxviu).

20 L^orasionG di semplicità, descritta da Bossuet nel suo opuscolo su, questo soggetto, sembra essere acquisita nella sua prima fase e infusa


•LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       261

Se si vuole nominare contemplazione acquisita l'ul­tima delle orazioni acquisite chiamata da S. Teresa « orazione di raccoglimento » 21, si conserva, come abbiam detto, la dottrina della Santa, ma non se ne conservano i termini, perché ella, come tutti i grandi mistici, colla parola « contemplazione » intende la contemplazione infusa. È facile il convincersene leg­gendo le sue opere, là dove ella comincia a usare questó parola: Cammino, e. 18, 19, 20, 21, 25, 27, 31, e IV e V Mansione 23. È altresì manifesto che è della contemplazione infusa, che parla S. Giovanni della Croce nella Notte oscura, ove descrive special­mente l'azione di Dio e la nostra passività 2S. Nella Salita del Carmelo egli non trattò prima d'una con­templazione specificamente differente, descrivendo la parte che noi vi possiamo prendere; se infatti non possiamo procurarci col nostro lavoro questa contem­plazione infusa, possiamo però mettervi ostacolo op­pure, all'opposto, disporvici e favorirne l'esercizio.

Il carmelitano scalzo, Nicola di Gesù Maria 24 aveva

nella seconda; è il passaggio dall'una all'altra: «L'anima pertanto la­sciando il ragionamento si serve d'una dolce contemplazione, che la tiene pacifica, attenta e suscettibile delle operazioni e impressioni divine ohe lo Spirito Santo le comunica (Qui, con questa comunicazione, l'ora­zione diventa infusa). Ella fa poco e riceve molto; il suo lavoro è dolce e nondimeno più fruttuoso, e siccome s'accosta sempre più alla sorgente di ogni luce, d'ogni grazia e d'ogni virtù, cosi gliene viene anche elargita di più... Iddio diventali solo Padrone del suo interno, e vi opera in modo più particolare che per solito; quanto meno la creatura lavora, tanto più

•potentemente opera Iddio, e poiché l'operazione di Dio è un riposo, l'a­nima gli diventa in qualche modo simile in quest'orazione e vi riceve altresì effetti maravigliosi... i divini influssi che l'arricchiscono d'ogni sorta di virtù. Questa medesima luce di tede che ci tiene attenti a Dio ci tara scoprire le nostre minime imperfezioni e concepirne un gran dispiacere e pentimento. » Manière eourte et facile pour faire l'oraison en foi et de simple présence de Dieu. Ct. infra, pag. 260. 21 Cammino, o, xxvin.

" Citeremo questi testi nel presente capitolo, articolo 2. " Notte, II, o. xvm ; « La contemplazione è una scienza d'amore, è

•una cognizione amorosa di Dio, infusa ». Item, Notte, 1. I, e. i.   «

" Elucidano phrasium mysticarum operum Joannis a Cruce, P. II, o. iv.


252    PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Certamente ragione di dire che si tratta della con­templazione infusa fin dalla Salita del Carmelo, 1. il, e. 13; non se ne potrebbe dubitare, perché ciò è espresso in termini proprii 25.

S. Francesco di Sales 26, i carmelitani Giovanni dì Gesù Maria, O. D. 27 e Michele de la Fuente 28 parlano nello stesso modo, subito dopo la meditazione, della contemplazione infusa, senza far menzione del­l'acquisita come d'un grado speciale d'orazione.

Vedremo più avanti 29 che gli altri autori del Medio Evo non si esprimevano diversamente e che in particolare è veramente la contemplazione infusa che S. Bonaventura 30, il Taulero, il Blosio 31, vo­gliono indicare colle parole, contemplano divina, o contemplatio senz'altro.

Quindi, da diverse partì, gli autori solleciti di ri­tornare alla terminologia tradizionale stimano che la contemplazione propriamente detta è infusa sz.

. Se coll'espressione « contemplazione acquisita » si volesse intendere altro che l'orazione affettiva sem­plificata chiamata da S. Teresa « orazione (acquisita) di raccoglimento » 3S, se si volesse farvi entrare

26 Salita del Garritelo, 1. II, e. xni: « Dio si comunica all'alluna ohe resta passiva, come la luce ad. uno ohe tiene gli occhi aperti e non fa:

nulla per riceverla. E per l'anima, ricevere cosi la luce infusa sopranna--turalmente, è un comprendere pur restando passiva ».

" Trattato dell'amar di Dio, 1. VI, e. vii. Subito dopo aver trattato .della meditazione, senza aver parlato della contemplazione acquisita. S. B'rancesco di Sales descrive i varii gradi della contemplazione infusa, :

come S. Teresa, cominciando dal raccoglimento soprannaturale, che non è in nostro potere, E considera questa transizione come nonnaie :

«La santa oontemplazioue è il fine e lo scopo a cui tutti questi esercizi -tendono e si riducono ad essa » (1. VI, e. vi).

27 Theologia mystica (Herder), e. xil. as Las tres Vidas, Introd., e III, i. " Ct. infra e. VI, a. 4.

" Or. La théol. myst. de. S. Bonaventure, di P. E. lompké, O. F. M., 1921, Quaracchi (Firenze).

31 Institutio spirituaUs, e. xit.

" Ot. saudbeau, Etat mystiaue, II ediz., pag. 103... et 357...

" Cammino, o, xxvm.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GKADI       26S

le orazioni soprannaturali superiori al nostro potere, ch'ella descrive nella IV e V Mansione, si farebbe violenza alle sue parole, si urterebbe colle .autorità che abbiamo citate, e con difficoltà molteplici, di cui. accenneremo le principali: 1° Si spiega come vi sia una certa contemplazione acquisita al termine d'uno studio o d'una lettura affascinante, quando l'anima è sospesa nell'ammirazione delle verità divine che scopre o che le sono proposte: così essa esiste nel filosofo, nel teologo; ed è il frutto delle loro indagini. Può anche esistere nel semplice cristiano, udendo un buon discorso, alla: fine della meditazione, oppure durante la salmodia, l'assistenza alla santa messa, durante il canto liturgico, nelle anime abituate alla meditazione delle cose divine, e che tuttavia non hanno ancor ricevuta la grazia della contemplazione infusa. La varietà dell'ufficio divino favorisce una certa attività delle facoltà superiori e inferiori, che c'induce a gustare la parola di Dio. Ma nell'orazione di semplice presenza di Dio; in cui l'oggetto cono­sciuto è press'a -poco sempre lo stesso, se l'anima viene ad esser realmente cattivata nelle sue facoltà superiori, non è più, sembra, il frutto dell'attività umana, perché non si è in tal modo cattivati a pia­cimento; ciò è il risultato d'una grazia speciale di lume e di attrattiva, che è il germe della contem­plazione infusa.              .

2° igi potrebbe dire, è vero, che l'anima resta cattivata, per l'intensità del suo amore, senza che vi sia nulla di nuovo nella considerazione dell'oggetto che l'attrae." Ma quest'amore intenso suppone normal­mente una cognizione viva e penetrante della bontà di Dio, ed è, come vedremo, una disposizione pros­sima e immediata a ricevere la grazia della contem­plazione infusa. Quindi il P. Arintero pensa che la contemplazione detta acquisita è rara nell'orazione o che per lo meno essa duri poco nelle persone ge-


254    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

nerose, perché, quando l'anima vi arriva, Iddio, tro­vandola disposta a ricevere l'azione dello Spirito Santo, le dona un principio di contemplazione infusa 34.

3° L.a contemplazione acquisita esclude le distra­zioni, oppure cessa quando queste cominciano; è quello che avviene nel filosofo o nel teologo. Ora, come .insegnano comunemente i grandi autori mi­stici, la contemplazione iniziale e spesso accompa­gnata da distrazioni dell'immaginazione e dura nono­stante siffatte divagazioni; S. Teresa ciò spiega a lungo parlando della quiete (IV Mansione). Questa contemplazione iniziale adunque non .è il frutto del­l'attività del nostro intelletto, che diriga l'immagi­nazione, ma l'effetto di un'ispirazione- speciale dello Spirito Santo, che fissa il nostro spirito, nonostante la mobilità delle facoltà inferiori.

4° Coloro che ammettono la contemplazione acqui­sita come stato speciale d'orazione tra l'orazione affet­tiva semplificata e la contemplazione infusa dicono che -vi è in essa un influsso dei doni dello Spirito Santo, latente ancora, ma più spiccato che nella medita­zione discorsiva. Ora sembra assai difficile distinguere quest'influsso da quello che produce la contemplazione. infusa iniziale o l'orazione incompletamente passiva, chiamata da S. Teresa, nella IV Mansione, raccogli­mento soprannaturale e quiete. E questa, non essendo in nostro potere, non può dirsi acquisita.

5° Finalmente S. Teresa nel medesimo luogo, par­lando del raccoglimento soprannaturale, ohe è il prin­cipio della contemplazione infusa, osserva con molta insistenza che, finché non si è ricevuto questo" dono, bisogna « guardarsi dall'incatenare il movimento del pensiero... dal restar lì come degli stupidi» 36. Se ammettesse la contemplazione acquisita come stato

" Ouestiones mystieas, t ed..,pag. 291-311. " Castello. IV Mans., o. in.


tl.a. CONTEMPLAZIONE E I SUOI GBADI       25S

d'orazione intermedio fra la meditazione affettiva semplificata 36 e la contemplazione infusa iniziale,. ella concederebbe che -l'anima può « fermare il mo­vimento del pensiero » prima d'aver ricevuto « il raccoglimento soprannaturale » o passivo. Ora questo per lei è un "ingerirsi nelle vie mistiche, come fanno i quietisti, che in. realtà restano lì « come degli stu­pidi ».

.Notiamo finalmente che fu appunto uno dei prin­cipali errori dei quietisti l'applicare alla contempla­zione. acquisita, ch'essi raccomandavano sempre e a, tutti, quello che i santi dicono della contemplazione in­fusa. Così s'ingerivano presuntuosamente nelle vie mi­stiche o passive, e « restavano lì come degli stupidi »» secondo l'espressione di S. Teresa. Cf. Denzinger, n. 1243, 23» proposizione di Molinos. Si vede, da questa proposizione condannata, che Molinos chia­mava contemplano, acquisita quella ch'egli raccoman­dava senza posa e che secondo lui precedeva la con­templazione infusa, favore specialissimo agli occhi suoi. Ad ogni modo egli simulava lo stato passivo prima dell'ora voluta da Dio.

Come giustamente fu osservato 37, Molinos ere-. de va che S. Giovanni della Croce nella Salita del Carmelo non avesse parlato che di contemplazione-acquisita. Da questa contemplazione falsamente chia­mata acquisita, come fu detto, egli prende la regola di passività e ne fa una passività acquisita essa pure»

" Quella da lei chiamata orazione (acquisita) di raccoglimento. " dudon, S. J., Le suiétisme espugnai. Michel de Moliifos, 1921,. pag. 280; «.Non vi è contemplazione degna di questo nome salvo la contemplazione passiva... E Dio nella sua provvidenza comune, ne-tavorisce quelli ohe, per la generosità eroica della loro virtù, si mostrano degni d'essere trattati da amici privilegiati... 11 — p. 265: «Certi dot­tori del secolo xx, vantano, come Molinos, una contemplazione inter­media fra la meditazione e la contemplazione passiva... Si può e si de-v-e accertare questo tatto, senza istituire, contro gli scrittori in causa, il menomo processo di tendenza ».


256    PEKPEZIOICE oaiSTIANA E CONTEMPLAZIONE

E applicando questa passività ad un'orazione ch'era in realtà ascetica, egli la introduceva in tutta l'ascesi,

•che da quel momento si trovava per dir così sop­pressa.

Per tutte queste ragioni noi non crediamo che la contemplazione detta acquisita sia uno stato

•d'orazione speciale, distinto dall'orazione affettiva sem­plificata, chiamata da S. Teresa « orazione (acqui­sita) di raccoglimento » (Cammino, xxvin). — Ma «quello che i grandi mistici intendono per « contem­plazione;,» senz'altro, è indubbiamente, come vedremo anche meglio appresso, la contemplazione infusa. E questo basta per fissare i vari sensi di questa parola.

§11.

L'ordinario e lo straordinario nella vita soprannaturale.

Si tratta ora di sapere se la contemplazione infusa o propriamente mistica sia straordinaria, o invece ordinariamente concessa ai perfetti e conviene ben definire i sensi di questi ultimi termini 38.

Nella vita soprannaturale, propriamente è straor­dinario, per se o per natura, quello ohe è fuori della

•via normale della santità e che non è in alcun modo necessario per giungervi s9. Per esempio le grazie gratis datae, come il dono della profezia, il dono delle lingue, quello dei miracoli, il dono di esporre i mi­steri più elevati della religione (sermo sapientiae) w,

" Converrebbe definire prima l'ordinario, se le difficoltà attuali non

•convergessero precisamente verso questa parola.

" Si tratta almeno della santità generalmente richiesta per entrare in ciclo subito dopo la morte, perché nessuno ta il purgatorio se non ~Ser colpa sua, a cagione di negligenze che si sarebbero potute evitare.

*° In questo senso S. Tommaso attribuisce alla grazia, gratis data

•chiamata sermo sapientiae, il grado elevato del dono della sapienza,

•che non solo ta contemplare i più alti misteri, ma ci rende capaci di


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI        287

non sono affatto necessari alla santificazione perso­nale; ' e sono concessi soprattutto (per se primo) per l'utilità del prossimo, benché possano secondaria­mente servire alla santificazione di colui che li ri­ceve, s'egli ne usa con carità.

Tanto più è per sé straordinaria la visione bea­tifica ricevuta in modo transitorio prima della morte, come sembra l'abbia ricevuta S, Paolo, secondo l'o­pinione di S. Agostino e di S. Tommaso. È ancora per sé straordinaria una conversione miracolosa, che, senza previa preparazione, purifica, l'anima in un' istante e la introduce subito nella vita mistica, come la conversione di S. Paolo. Così è manifestamente straordinaria la grazia di un'unione trasformante o dello sposalizio spirituale concessa fin dall'infanzia a certi santi, all'età di sei o sette anni. In un grado minore, sono straordinarie certe grazie mistiche meno elevate concesse ' ad anime ancora imperfettissime, prima ch'esse abbiano le disposizioni ordinariamente richieste t1.      .        .      '

Per opposizione,, nella vita soprannaturale è ordi­nario per sé o per natwa quello che è nella vìa normale della santità, quello che è assolutamente ne­cessario o moralmente necessario nella maggioranza dei casi per arrivarci ì2. In altre parole, resta an­cora ordinario per sé nella vita soprannaturale quello

manifestarli agli altri e di dirigere il prossimo. Of. II-II, q. 45, a 5 :

« Quidam autem altieri gradii percipiunt saplentiae donum, et quantum ad oontemplationem divinorum, in quantiun scilicefc altiora quaedam mysteria et oognoscunt et aliis manifestare possunt, et etiam quantum ad directionem... possunt alios ordinare ».

41 Possono essere collocate fra le grazie straordinarie le parole intc­riori, le visioni, anche se siano ordinate direttamente alla santificazione dell'anima ohe le riceve. Allora non sono grazie gratis datae, ma feno­meni concomitanti della vita mistica, fenomeni accessori e passeggeri ohe non sono moralmente necessari nella maggior parte dei oasi per arrivare alla santità.

" Questa definizione è data dal P. Arintero, nelle Cuestiones mysticas, 2 ed., p. 45.                                              '

17 — Perfezione e Contemplazione. - I.


258,    PERFEZIONE CRISTIANA E CONtEMPIAZIONE

che si compie secondo le stesse leggi superiori del suo pieno sviluppo, leggi infinitamente più elevate di quelle della nostra natura.

In tal modo la 'visione beatifica, dopo la morte, quantunque sia del tutto soprannaturale, non è un dono straordinario, ma il coronamento normale della ; vita della grazia, tal quale Dio gratuitamente la volle '

per noi tutti. Non ne segue tuttavia che la maggio-;;ranza degli uomini giungerà a questo fine così alto:

•' « Vi sono molti chiamati, ma pochi eletti ». Gli eletti in cielo sono evidentemente una classe eletta, come significa lo stesso nome, ma una classe scelta in tutte le condizioni, e tutti noi dobbiamo vivamente desiderare di farne parte ì3.

Parimenti, quaggiù, la sommità dello sviluppo nor­male della vita della grazia, per alta che sia, non deve ' dirsi straordinaria per sé, benché possa essere rara o straordinaria di fatto, come la perfetta gene-' rosità' ch'esso suppone. Questa .sommità si chiama santità ed anche alta santità, che abbraccia l'eroismo delle virtù. Prima d'essere giunti a tal punto, si può avere una certa perfezione, ma non vi è ancora la piena perfezione a cui la vita della grazia è essen­zialmente ordinata. In quel modo che si distinguono i principianti, i proficienti e i perfetti, fra questi ul­timi, come abbiamo detto i1, bisogna distinguere. , quelli che nella perfezione cominciano, quelli che sono più avanzati e finalmente quelli che sono giunti

*3 S. Tòmmaso a questo proposito osserva. I, q. 23, a. 7 ad 3: « Cum beatitudo aeterna in visione Dei congistens excedat com.mune'm. statum naturae, et praeolpue gecundum quod est gratia destituta per corru-ptionem originalis peccati, •pawiores sunt vai salvantur. Et in hoc etiam maxime misericordia Dei apparet, quod aliquos in illam saluterà erigit a qua plurimi deficiunt seeundum oommunem cursum et Inclinatìonem naturae ».

" Tal è in particolare la dottrina di S. Giovanni della Croce, come osserva Giuseppe dello Spirito Santo in parecchi luoghi del suo grande Gwsus theologiae mvstwo-scholastwae. Ved. sopra e. Ili, a. 4:.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       259

alla pienezza della perfezione, all'alta santità, la quale sola merita d'essere chiamata il punto culminante dello sviluppo della vita della grazia.

Per conseguenza tutto quello che è o assolutamente necessario, o moralmente necessario nella maggior parte dei casi, per raggiungere questa vetta, non è straordinario per sé, anzi è la pienezza dell'ordine morale voluto da Dio. A questo proposito, 'non bi­sogna confondere quello che è grandemente ' utile nella maggioranza dei casi per giungere alla santità e quello che si riscontra nella maggior parte delle anime pie, quello che è comune fra loro, perché molte di esse sono ancor lungi dalla meta. Per conseguenza, senza ammettere che le orazioni mistiche siano per sé straordinarie, si può distinguerle .dalle orazioni comuni: infatti esse suppongono . una grazia emi­nente o superiore 15.

Se dunque le purificazioni passive non solo dei sensi, ma anche dello spirito, che sono uno stato mistico, e la contemplazione infusa, anche in grado superiore, che si trova attuato nell'unione trasfor-. mante, come insegna, S. Giovanni della Croce ie, sono generalmente necessario alla perfetta purificazione e santificazione dell'anima, èsse non si devono dire straordinarie per sé o di diritto, benché siano ab­bastanza rare di fatto, a cagione della comune me­diocrità. Queste purificazioni passive ci appariscono .straordinarie, perché sono dolorosissime e sorpren­dono la nostra, natura; sono infatti un purgatorio anticipato ; ma . normalmente le anime generosissime devono fare il loro purgatorio sopra la terra meri­tando, in vece di farlo dopo la morte, senza meritare.

" Qt. Dom vitale lehodey, Le vie dell'orazione mentale: I. Dell'ora­zione in generale; II. Delle orazioni comuni; III. Delle orazioni mi­stiche. — Vedasi anche l'eccellente Trattato dell'amor di Dio, del Padre subin, S. J.

" Notte oscura. 1.1, o. in; 1. II, e. i.


260     PERFEZIONE CBISTIA-KlA E CONTEMPLAZIONE

Se noi lo facciamo dopo la morte, sarà per colpa nostra, perché abbiamo trascurato grazie che ci erano concesse oppure offerte durante la vita. Questo pur­gatorio dopo la morte, per quanto sia frequente, non è nell'ordine voluto da Dio per lo sviluppo plenario della vita soprannaturale, poiché, subito dopo la morte, l'ordine radicale vuole che l'anima possegga Iddio mediante la visione beatifica, ed è per questo motivo appunto che in purgatorio ella soffre di non vederlo. Consideriamo. adunque negli scritti dei santi qual sia secondo essi la via normale che conduce alla santità ".

" Bossuet, alla fine del suo ammirabile opuscolo sul Modo facile e breve di fare l'orazione di fede... disse: n Dopo la purgazione dell'anima 'nel purgatorio delle sofferenze, per cui bisogna necessariamente passare, verrà l'illuininazione, il riposo, la gioia, per l'unione intima con Dio, ohe le renderà questo mondo, pur essendo un esilio, come un paradiso. » Quelli che spesso meditarono quest'aureo opuscolo di Bossuet possono rendersi ragione ch'esso differisce sensibilmente da ciò ch'egli aveva detto nelle Istruzioni sugli stati d'orazione (Articoli dell'introduzione, n. 22) dov'egli chiamava n straordinaria » l'orazione di semplice pre­senza di Dio, di abbandono o di quiete, e da ciò ch'egli aveva detto anche nell'opera Mystici in tufo, n. 41 : « S. Francesco di Sales era giunto all'apice della perfezione, senza aver oltrepassata la meditazione discor­siva ». — La Chantal dice il contrario nelle sue Béponses, II ed., Pa­rigi 1665, pag. 508 e seg. — Nel presente opuscolo, Bossuet dice del­l'orazione semplificata, che « l'anima per la sua fedeltà nel mortificarsi e nel raccogliersi di solito la riceve ». Ora la seconda fase di quest'ora­zione, come abbiamo veduto, pag. 250, è infusa.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI           261

articolo III.

Descrizione della contemplazione infusa e de' suoi gradi secondo S. Teresa.

Noi potremmo togliere la descrizione della contem­plazione mistica e de* suoi gradi, non da S. Teresa, ma da altri autori, per esempio da Dionigi, da Ric-cardo di S. Vittore, da S. Bonaventura, dal Taulero, dal Euysbroeck, dal Blosio, da S. G-iovanni della Croce o da S. Francesco di Sales. Se noi scegliamo S. Te­resa, è perché in parecchi punti ella parlò con maggior precisione, perché la sua descrizione diventò classica, ed anche perché specialmente sopra di lei pretendono appoggiarsi coloro che considerano la contemplazione infusa o mistica come un favore propriamente straor­dinario.                 .

Quando apriamo la Vita di S. Teresa, scritta da lei stessa, o il suo Castello inferiore, . a tutta prima ci appare come un mondo spirituale inaccessibile, af­fatto superiore a quello che ogni anima inferiore può legittimamente desiderare. Spesso infatti si tratta di fenomeni straordinari, di visioni, che fanno pre­sentire fin di quaggiù la vita del cielo, di rivelazioni o di parole inferiori che la maggior parte delle anime pie non udirono mai. Questo complesso di fenomeni straordinari, che colpiscono assai alla prima lettura, . se noi vi ci fermiamo, può nasconderei, anziché ma­nifestarci, quello che vi è di più profondo e di più elevato in questa Vita: voglio dire: il pieno sviluppo ch'ebbero in lei le virtù cristiane che tutti dobbiamo avere, e che in molti restano meschine, senza vi­gore, e come intristite.


262     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Quando invece si leggono le opere di S. Teresa, cercando di vedere in esse soprattutto lo sviluppo perfetto di- quell'organismo spirituale chei è in ogni anima giusta, non è possibile non riconoscere che è così veramente che deve espandersi, quando gli ostacoli sono caduti, la grazia delle virtù e dei doni, che ricevemmo nel battesimo. Allora le manifesta­zioni esteriori più o meno straordinarie della vita soprannaturale passano in seconda linea.

Non conosciamo abbastanza il pregio del tesoro che ogni vero cristiano porta in un fragile vaso. I nostri occhi di carne vedono solo il vaso, e dimen­tichiamo che la grazia santificante, che è in noi, è la vita eterna cominciata, semen gloriae, . inchoatio vitae aeternae 1. Dimentichiamo praticamente ch'essa è una 'partecipazione reale e formale della vita intima di Dio, e che un giorno essa deve assoluta­mente o morire per sempre in noi o espanderai nella gloria, facendoci vedere e amare Iddio come 'Egli vede e ama-se stesso. Tal è il nostro destino, e finalmente per ciascuno di noi non vi è se non un'alternativa inevitabile: vita eterna o morte eterna.

È questa la nostra ricchezza e la nostra nobiltà:

per la grazia noi siamo di Dio,' nati da Dio 2, e fin di quaggiù la nostra vita soprannaturale in tondo è la medesima che quella del cielo, come la vita vegetale nascosta nella ghianda è identica a quella della quercia vigorosa che da essa proviene, come la vita intellettuale che sonnecchia ancora nel bambino è identica a quella dell'uomo adulto perve­nuto al pieno sviluppo della sua ragione.

Questa grazia santificante deifica l'anima nostra e da essa derivano nelle nostre facoltà, per sopra­elevarle, le virtù soprannaturali, soprattutto le virtù

1 Ct. S. tommaso, II-II, q. 24, a. 3, ad 2. 8 ii Ex Deo nati », joann., I, 13.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GPADI       263

teologali, la fede, la speranza e la carità, di cui l'ultima deve durare eternamente. Questa vita total­mente soprannaturale è incomparabilmente superiore al miracolo sensibile, che è solo un segno 3, assai superiore anche alla vita naturale degli angeli creati e creabili, poiché essa- è una partecipazione della vita stessa di Dio i.

Con questo tesoro soprannaturale che divinizza tutte le nostre energie, noi ricevemmo lo stesso 'A.u.-_ tore della grazia, lo Spirito Santo, che fu mandato agli apostoli il giorno della Pentecoste, e che ci fu dato mediante la Confermazione, insieme coi sette doni che ci dispongono a ricevere le sue ispirazioni divine. Per noi disse Gesù: «Lo Spirito Santo che il Padre manderà in mio nome, v'insegnerà ogni cosa, e. vi richiamerà alla mente tutto quello che vi ho detto... egli vi guiderà in ogni verità» 5. «La sua unzione, dice S. Giovanni, v'insegna ogni cosa» 6.,

Questa vita soprannaturale in molti cristiani resta come anemica, senza forza, senza, irradiamento, perche essi, troppo assorbiti dalle cose terrene, appena sol­levano a lunghi intervalli il loro intelletto e il loro cuore a Dio, in vece di vivere con Lui, come col-l'ospite inferiore, col Padre ed amico più intimo a noi che noi stessi. Invece nell'anima dei 'santi questa vita soprannaturale apparisce in tutta la sua

' L'effetto miracoloso, per esempio, la vita resa al cadavere è natu­rale nella sua essenza, e soprannaturale solo per il modo della sua pro­duzione; nel ohe esso è assai inferiore alla grazia che è essenzialmente soprannaturale. Lo stesso bisogna dire dell'annunzio profetico d'un avvenimento futuro e libero d'ordine naturale. È quello che esprimono i teologi dicendo che la vita della grazia è soprannaturale quoad sub-stantmm ossia essenzialmente, laddove il miracolo e la profezia sodo soprannaturali solo guoad modum, per il modo della loro produzione o preternaturali.

* Gli angeli stessi dovettero ricevere la vita della grazia per poter meritare la visione beatifica, che supera infinitamente le forze e le esi­genze della loro natura. Ct. I, a. 62, a. 2.

° joann., xiv, 26; xvi, 13.

'' I joann., li, 27.


264     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

energia, ed è questa soprattutto che noi dobbiamo considerare in loro, molto più che i doni straordi^ nari, miracolosi e inimitabili per i quali la loro .santità è manifesta all'esterno.

Vediamo dunque in che consiste quaggiù nell'anima dei santi l'unione con Dio che costituisce il fondo della loro vita, e quali sono i suoi gradi. Seguiamo a passo a passo su questo punto la dottrina di Santa Teresa e usando le sue proprie parole. Il migliore dei- commenti non consiste forse nel raffrontare su un medesimo soggetto i varii testi della Santa, che s'illuminano gli uni cogli altri ?

§ I. Lo stato mistico in generale.

1. Preparasione. — 2. Chiamata generale e chiamata indi­viduale. — 3. Natura dello stato mistico.

1. La Santa ci mostra che prima di tutto l'anima, che cerca d'unirsi a Dio presente in lei, deve per -solito sollevarsi col suo proprio sforzò, aiutato dalla grazia, al di sopra delle cose sensibili, facendo atti spesso ripetuti d'umiltà, di fede, di speranza, di carità, che le suggerisce l'orazione domenicale, il Poter 7. Per penetrare le verità rivelate, essa le medita, aiu­tandosi, all'uopo, con un libro, le raffronta le une colle altre .e ne deduce le conseguenze pratiche che c'inducono a volgere sempre più il nostro cuore a Dio. È questo il lavoro umano dell'intelletto che si semplifica abbastanza presto, come la lettura nel bambino che non ha più bisogno di compitare. La meditazione' diventa così un'orazione affettiva sem-

' Cammino, da e. xxi a xxyii, e CasieUtì, II e III Mansione.


LA CONTEMPLAZIONE È I SUOI GEADI        265

plicissima, un raccoglimento attivo che è una pre­parazione o disposizione a ricevere la grazia della contemplazione 8. Fin qui l'anima non arriva a bere se non un'«acqua, che scorre sopra la terra e dove s'incontra ancora con un po' di fango» 9, essa non raggiunge la verità divina • se non mista alle consi­derazioni umane.           .     .       .

2. Ma vi è una fonte d'acqua viva, di cui Gesù parlava alla Samaritana; e «quanto è vantaggioso il bere ad essa!» 10. È l'immagine della contempla­zione che ci è data dallo Spirito Santo. Qualsisiano gli ostacoli che presenta la via che conduce a questa sorgente, bisogna « camminare coraggiosamente senza stancarsi... Pensate che il Signore invita tutti («Ve­nite ad me omnes... » Matth., xi, 28). Egli è la ve­rità stessa, dunque la cosa è fuor di dubbio. Se il festino non fosse generale, egli non ci chiamerebbe tutti, oppure, chiamandoci, non direbbe: Io vi darò da bere, ma direbbe: Venite tutti, non ci perderete nulla, ed io darò da bere a chi crederò bene. Ma poiché egli dice senza restrizione : « Venite tutti », io con­sidero come certo che tutti quelli che non resteranno per istrada riceveranno quest'acqua viva. Si degni

' Cammino, e. xxvin: (ricordiamo questo testo capitale che ab­biamo già citato sopra) <i È un'orazione che presenta molti vantaggi. Si chiama orazione di raccoglimento (attivo), perché l'anima vi raccoglie tutte le sue potenze e si ritira dentro di sé col suo Dio. Per questa via, più prontamente ohe per nessun'altra, il suo divin Maestro la istruirà e le concederà l'orazione di quiete... Le persone che potranno rinchiu­dersi così nel piccolo cielo dell'anima loro, ove abita Colui che la creò,... devono credere ch'esse sono sopra una via eccellente e che riusciranno a dissetarsi alla tonte... Queste anime vanno a vele gonfie, come si dice ». Nel capitolo ~s.-s.i~s., S. Teresa determina bene la natura di questo racco­glimento attivo: 11 Questo non è qualcosa di soprannaturale, ma dipende dalla nostra volontà n. E il P. bannez notò nell'originale: 11 Per sopran­naturale ella intende quello che non è lasciato a nostra scelta colla grazia ordinaria di Dio ». — Citeremo sempre secondo la traduzione dei Carmelitani di Parigi.

Ibid., e. xix, 150.

10 Cammino, e. xix, p. 156.


266    PEKFEtaONE OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Colui che ee la promette di darci la sua grazia per. cercarla come si deve 1 Io gliela domando a nome di lui stesso» 11. Tal è la. chiamata generale e remota, ma non .è ancora la chiamata individuale e pros­sima 12.           . . ,

In altre parole, se siamo umili, generosi e fedeli nella pratica delle virtù e dell'orazione comune, verrà un momento in cui lo Spirito Santo, che abita in noi per illuminarci e santificarci, prenderà sempre più la direziono della nostra vita e ci domanderà di es­sere interamente docili alle sue divine ispirazioni. Allora comincerà per noi un'unione con Dio più .intima, chiamata da S. Teresa orazione soprannatu­rale ls ed oggi abbastanza generalmente «stato, mi­stico».        .                             ,   ,'•

3. Quello che, caratterizza essenzialmente questa vita mistica, è una cognizione infusa e amorosa di Dio; in altre parole è un lume infuso e un amore

11 Cammino, o. xix, p. 156.

" Su questa chiamata generale e remota di tutte le anime Intcriori alle acque vive della contemplazione infusa, vedasi anche nel Cammino, e. xx: « Sembra che vi sia contraddizione tra quello che ho detto nel capitolo precedente e quello che avevo detto più avanti, per consolare le anime che non arrivano alla contemplazione... Eppure mantengo quello che ho detto. Il nostro Dio intatti, conoscendo la nostra debo­lezza, ordinò ogni cosa in modo degno di lui. Ma non disse: Gli uni ' vengano per una via e gli altri per un'altra. No, nella sua gran miseri­cordia, a nessuno egli impedisce di dirìgersi verso questa fonte di. vita per dissetarvisi. Sia egli benedetto!... che dico! Pubblicamente e a gran voce ci chiama («Stabat Jesus et clamabat dicens: 8i q.uìs sitit, veniat ad me et bibat ». joa.nn., vii. 37)... Così, Sorelle mie, non ore- ;

diate di morire di sete su questa via... Ciò posto, seguite 11 mio con-, sigilo, e non restate per istrada, ma combattete da persone coraggiose,., pronte a morire nella pena. » — Parimenti, Castello, e. xxi : « Lo ripeto, quello che maggiormente importa è avere una risoluzione ferma, una determinazione assoluta, incrollabile, di non fermarsi fino a che non/ siasi raggiunta la tonte, qualunque cosa avvenga, qualsislano le eri-. tiche di cui siasi l'oggetto... quando pure dovesse crollare il mondo! »y

13 Questa vita superiore è infatti soprannaturale doppiamente (redu- . lalicative'), non più solo nella sua essenza, come la vita cristiana comune,,. ma per il modo divino di conoscere e di amare, che è ispirato dallo Spi­rito Santo.                                           ''             .


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       267

infuso, che ci vengono dallo Spirito Santo e da' suoi doni, per farci crescere sempre più nella carità 11. In certuni è l'amore che domina, in altri il lume. Ma siccome non si ama se non quello che si conosce, e non si può amare ardentemente quello che si co­nosce male, ogni anima per essere, accesa d'amore dev'essere anche molto illuminata. Qui l'anima non è più portata a meditare da se stessa, a ragionare sopra le grandi verità della fede, per eccitarsi ad atti d'amor di Dio, ma riceve « un raccoglimento spiri­tuale», ch'ella non potrebbe mai acquistare co' suoi proprii sforzi, e «che non dipende dalla nòstra vo­lontà» 15. Non è più l'anima che si raccoglie, ma è Dio che la raccoglie e l'attrae verso il santuario interno. È il principio della contemplazione propria­mente detta, la quale è infusa, poiché non possiamo procurarcela colla nostra attività aiutata dalla grazia. E se non abbiamo ancora ricevuto questo dono, os­serva espressamente S. Teresa, contro i quietisti, guardiamoci dall'incatenare il movimento del nostro pensiero... e di restar lì come degli stupidi» 16.

" Dai testi che seguiranno si vedrà perché noi non potremmo am­mettere che la contemplazione mistica sia, secondo S. Teresa, una -per­cezione immediata di Dio in se e non nei suoi effetti, ne una cognizione-•per idee infuse simili a quelle degli angeli e che escludano completamente la possibilità del ragionamento. La contemplazione mistica diventerebbe^ così una grazia miracolosa, e non solo eminente : sarebbe, propriamente parlando, straordinaria, e, contrariamente a ciò che dice S. Teresa, non tutte le anime interiori potrebbero aspirarvi come alla fonte d'acqua viva. Sopra questo punto vedasi l'articolo ohe segue;.. I testi di S. Te­resa che riuniamo qui sono già una risposta alle obiezioni che ci fa a questo proposito Mons. Farges nella Revue d'Ascétigue et de STystigue, luglio 1922, pag. 272. Ci ritorneremo sopra.

15 Castello, IV Mansione, e. in, p. 114, Ilo, 116.

11 Ibid., p. 117, 119. Quest'osservazione della Santa riguarda la chia­mata individuale prossima alla contemplazione infusa. Ella mostra chiaro di non ammettere, dopo, l'orazione acquisita di raccoglimento, descritta nel Cammino, e. xxvin (quella chiamata poi sovente orazione affettiva semplificata), e prima dell'inìzio della contemplazione infusa di cui si tratta qui, uno stato intermedio che meriti il nome di con­templazione acquisita. Se l'ammettesse, concederebbe che l'anima


268    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Questo raccoglimento e la quiete che lo segue sono « qualcosa di soprannaturale, e che noi non possiamo procurarci coi nostri sforzi, quali si siano » 17. « In quanto al disporvici, sì, questo si può ed è senza dubbio un gran punto» 18. La salmodia, per esempio, dispone all'orazione contemplativa : e la fa\ desiderare.

Sotto questo, raccoglimento passivo « Iddio ferma l'intelletto, gli fornisce di che ammirare, di che occuparsi ; allora nello spazio d'un Credo, noi, senza

«può fermare il movimento del pensiero i prima d'aver ricevuta! la grazia del raccoglimento soprannaturale.

Se si vuole chiamare contemplazione acquisita l'ultima delle orazioni acquisite che è l'orazione affettiva semplificata, chiamata da S. Teresa orazione eli raccoaUmento (acquisito) nel Cammino, e. xxvni, si conserva in tal modo la dottrina della Santa, ma non se ne conservano i termini, perché ;come tutti i grandi mistici, quello ch'ella intende per contem­plazione senz'àltro, è la contemplazione infusa, che non possiamo pro­curarci col nostro alorzo. Ct. Cammino, e. xvm, xix, xx, xxi, xxv, xxvn, xxxi e IV e V Mansione.

Se invece si vuoi chiamare contemplazione acquisita altra cosa che non sia l'orazione acquisita di raccoglimento e se vuoisi farvi entrare le orazioni soprannaturali descritte nella IV e V Mansione, si fa vio-. lenza alle parole di S. Teresa e alla sua dottrina, poiché ella dichiara . espressamente che noi colla nostra propria industria aiutata dalla grazia non possiamo metterci in oneste orazioni soprannaturali di raccoglimento (passivo), di quiete, d'ebbrezza spirituale e di sonno mistico. Qui non e' necessario interpretare la Santa, ma basta leggere. Se si dovessero chiamare acquisite queste orazioni soprannaturali, che non sono in nostro potere, perché possiamo disporci a riceverle, se bisognasse rl-fiutar loro il qualificativo d'infuse o di mistiche, perché vi si reca una preparazione qualunque, bisognerebbe anche rifiutarlo al rapimento di cui ella parla nella sua Vita, e. xvm, p. 223; al principio, dice ella, esso avviene 11 quasi sempre dopo una lunga orazione mentale ». Per essere logici, bisognerebbe dunque parlare d'un rapimento acquisito e perfino di un'unione trasformante acquisita.

Tutto all'opposto sono nella vera tradizione di S. Teresa i carmeli­tani Giovanni di Gesù Maria, Theot. mystica (Herder), e. ni, e Michele de la Fuente, Las tres vidas, Introd., i quali subito dopo l'orazione af­fettiva semplificata ossia orazione acquisita di raccoglimento collocano ]a contemplazione infusa. Lo stesso dice S. Francesco di Sales, A'mor di Dio, vi, 7.

" Cammino, e. xxxi, p. 223 e e. xxxn, p. 241.

11 Relation liv, al P. Bodriguez Alvarez, p. 295. Vedasi quello che si dice anche del lavoro dello spirito, analogo a quello della noria, che dispone all'orazione soprannaturale di quiete che noi non possiamo procu­rarci col nostro sforzo naturale (Ct. Viti, o. xiv, p. 177).


"LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI       269

discorrere, riceviamo più lume che non ne potremmo acquistare in molti anni con tutte le nostre industrie terrene» 19. «Nella contemplazione, l'anima rinonosce che il Maestro divino la istruisce senza rumore di pa­role» 20. «Non è questa una visione, ma sì quello che si chiama, credo, teologia mistica... L'intelletto resta come stupefatto delle grandi cose ch'esso con­cepisce. Infatti Iddio vuole ch'esso allora comprenda di non comprender nulla di ciò che gli viene mo­strato» 21. «Non appena ci -mettiamo in oraziane, noi troviamo a chi parlare: dagli effetti, dai ..'senti­menti d'ardente amore, di fede viva, di generosità mista a tenerezza, che nascono nell'anima. nostra, noi comprendiamo ch'egli ci ascolta. Dio ci largisce al­lora una grandissima grazia, e, chi la riceve deve stimarla molto, • perché è un'orazione elevatissima, ma insomma non, è una visione. D,agli effetti 32 che Dio produce nell'anima, si capisce ch'egli è lì; è una via per la quale sua Maestà vuole farsi sentire a noi» 23. !' '           .i  -      ''

Sotto questo lume infuso, « l'anima s'accende d'a­more, ma non sa com'ella ami » si. Questo soavissimo amore del nostro .Dio entra nell'anima con una somma dolcezza, la riempie di piacere e di gioia 25, senza ch'essa possa capire come e per dove questo bene siasi introdotto in lei» 26. È dunque veramente un amore infuso, come il lume ch'esso suppone; è, di-

" Vita, e. XII, p. 160. " Cammino, e. xxv, 187.

21 Vita, o. X, p. 134.

22 Dunque non st percepisce Dio in se stesso O immediatamente, come pretesero certi interpreti di S. Teresa. Essa parla come fa S. Tommaso, 1,0. 94,a. 1, ad 3 ; II-II, a. 5, a. 1; i. 97, a. 2, ad 2.

23 Vita, e. xxvn, p. 338, in cui S. Teresa distingue l'orazione mistica dalle visioni che a volte possono accompagnarla.

" Cammino, o. xxv, p. 187.

25 Nondimeno sussiste nell'aridità della notte oscura, come ve--dremo.                              '                            

28 Pensieri sul Cantico, e. iv, p. 437.


270    PERPEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

cono i tornisti, il frutto d'una grazia operante per la quale l'anima è mossa vitalmente e liberamente da Dio, senza ch'ella sì muova da sé deliberatamente 27. « Quando Iddio ci farà bere quest'acqua (della con­templazione)... voi capirete che il vero amor di Dio, quando trovasi nella sua forza, cioè interamente liberò dalle cose della terra e aleggiante sopra esse, è pa­drone di tutti gli elementi e del mondo stesso» ss. Quest'orazione è una piccola scintilla del vero amor divino che il Signore comincia ad accendere nell'a­nima» 29, e questo fuoco «purifica l'anima dal fango e dalla, miseria ove le sue colpe l'avevano im­mersa » 30. .

Tale è il fondo essenziale della vita mìstica: quel conoscimento infuso e quell'amore infuso, che sono l'esercizio superiore delle virtù teologali,.. sotto -l'in.-fLusso dei doni dello Spirito Santo. Egli solo può co­municare questo conoscimento di Dio e quest'amore, il cui modo sovrumano supera ogni sforzo personale aiutato dalla grazia 31.                         :

S. Giovanni della Croce. esprime la medesima dot­trina dicendo: «Là contemplazione è una scienza d'a­more, una cognizione infusa e amorosa di Dio» 32.

' S. tommabo, I-II, q. Ili, a. 2.

8 Cammino, e. xix, p. 118.

Vita, e. xv, p. 130.

° Cammino, e. xix, p. 150.

' Intatti S. Teresa dice. Vita, e. xrv, che per far intendere che cosa sia un'orazione soprannaturale, avrebbe bisogno di parlare del soccorso yarticolare, che l'anima vede in qualche modo col proprii occhi in quest'orazione. Ella non parla d'idee infuse.

32 Notte oscura, 1. II, e. xvm, ediz. orlt. spagnola, p. Ili: i. La con-templacióìi es ciencia de amor, la cuoi es noticia infusa de Dios amorosa. » Definendo così la contemplazione S. Giovanni della Croce dimostra che perlai la contemplazione propriamente detta è infusa, e di essa appunto tratta egli costantemente. Quindi il carmelitano Nicola dì Gesù Maria nella sua Elucidati» phrasium myst. operum Joannis a Cruce, P. II, e. iv, ha ragione di dire che si tratta della contemplazione infusa non solo nella Notte oscura, ma anche nella Salita, 1. II, e. xm. Cf. Etudes Garmelitaines, luglio 1912, pag. 263, 270.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI        271

« Questa contemplazione tenebrosa... è là teologia mistica che i Dottori chiamano sapienza segreta, comunicata, secondo la dottrina di San Tommaso, mediante ..l'infusione dell'amore nell'anima; cf. II-II, ,q. 180, a. 1 33. Questa comunicazione si fa segre­tamente... le nostre facoltà sono incapaci di acqui­starla, ed è lo Spirito Santo che la versa nell'a­nima» 3i. Sotto il suo influsso, è il più alto eser­cizio delle tré virtù teologali s5. Questa contempla­zione infusa e amante, se dura un certo tempo, .si chiama uno stato di orazione, stato passivo, o per lo meno più passivo che attivo, in questo senso che noi non possiamo produrlo, ma solo disporvici.

§ II.

I gradi dello stato mistico. Dalla IV alla VII Mansione.

Si tratta qui soprattutto dell'intensità crescente della carità, della fede viva e dei doni corrispóndenti. S. Tommaso la studiò da un punto di vista astratto e teorico 36; essa è descritta da S. Teresa'secondo, l'esperienza e sotto le sue forme più alte. Per di­mostrare questa intensità crescente dello stato mi­stico, la Santa insiste sulla sua estensione progressiva alle diverse facoltà dell'anima, a poco a poco sospese o soggiogate da Dio. Prima solo la volontà è presa, fissata, poi l'intelletto, l'immaginazione; finalmente nell'estasi è sospeso l'esercizio dei sensi esterni. Tut-

" Da questa citazione di S. Tommaso fatta da S. Giovanni della Croce si vede quanto s'ingannino coloro che pretendono oggi che 11 Dottore angelico non abbia parlato, nella Somma Teologica, della con­templazione mistica propriamente detta.

" Notte, 1. II, e. xvni.— Vedasi anche Notte. 1. II, o. v.

" Salita, 1. II, e. v e vi.

" II-II, q. 24.


272    PEBFEZIOSB CEISTIANA E CO'NTEMPI.AZIONB

tavia S. Teresa sa che la legatura dell'immagina­zione e dei sensi è solamente un fenomeno conco­mitante e accidentale della contemplazione infusa 37, e che l'estasi non è un segno certo d'una mag­giore intensità del conoscimento e dell'amore di Bio,' poiché cessa generalmente nello stato,, mistico più per­fetto, che è l'unione trasformante 88., Lo stato mistico completo quanto alla sua estensione, non è dunque necessariamente il più intenso o il più elevato 89.

" Castello, V Mansione, o. i, p. 128. Cominciando a trattare dell'ora-sione d'unione, che segue la quiete, e che alle volte è accompagnata da un principio d'estasi, ella elice alle sue figlle : n Le più entrano in onesta V mansione. Certe yartwolarità che vi s'incontrano sono, credo, la por­zione del piccolo n'amerò, ma se le altre arrivano solo fino alla porta, è già da parte di Dio un'immensa misericordia; perché vi sono molti chia­mati e pochi eletti ».

Più avanti, V Mans., e. in, p. 152, ella dice: e II Signore ha il potere d'arricchire le anime per diverse vie e di farle pervenire a queste Man­sioni (cioè: all'orazione soprannaturale d'unione) senza -passare per il Sentiero traverso che ilo indicato, a Vedremo più avanti che cosa ella in­tenda per i questo sentiero traverso»: non lo stato mistico, come a volte ru creduto, ma lo stato estatico, o un principio d'estasi.

Di più, V Mansione, e. in, S. Teresa parla anche d'unione di confor­mità alla volontà divina, che non è un grado d'orazione, ma una dispo­sizione eccellente a non avere volontà propria, disposizione che si può avere senza ricevere un principio d'estasi.

" Castello, VII Mans., e. m, p. 300.

" Ciò fu tiene spiegato dal Can. saudbeau, Etat mystigue, II ediz. p. 89. Ma appunto per questo noi deploriamo dì vedere nella medesima opera, p. 4:6, ch'egli chiama straordinarie le orazioni della V e VI Man­sione, accompagnate da estasi. Esse non sono straordinarie nel loro tondo, per la loro stessa essenza, ma solo per alcuni fenomeni concomi-. tanti e accidentali. Il can. Saudreau lo riconosce altrove, p. 51, dt-' cendo come noi: i Dio può condurre l'anima fino all'unione trastor-, mante, senza concederle rapimenti «.

Certo vi sono ragioni per distinguere lo stato mistico da ciò ch'egli chiama fenomeni straordinari d'ordine angelico (p. 180), e le obiezioni che a questo proposito gli turono fatte ultimamente (BeCTte Apologé-tigue, lo giugno 1922), non sono certamente fondate. Lo stesso Padre Poulain distingueva chiaramente lo stato mistico dalle visioni ohe pos­sono accompagnarlo.

Il P. lallemast, 8. J., l'aveva già osservato giustamente nella Dot-trina spirituale, VII Principio, o. vi, a. 7 : « I gradi della contemplazione, dice egli, secondo alcuni, sono primo il raccoglimento delle potenze, secondo il mezzo rapimento, terzo il perfetto rapimento, quarto l'estasi. Ma questa divisione non esprime tanto l'essenza della contemplasione


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       27S

8. Teresa non lo ignora; ma questa estensione,, prima progressiva, poi ristretta, è abbastanza facile ad ac­certarsi, a descriversi, e può gettare un po' di luce sull'elevazione ' .crescente dello stato mistico, se là si unisce a un altro segno più profondo sul' quale insistette molto S. Giovanni della Croce. Questo segno più profondo si trova .nelle purificazioni pas­sive dei sensi da prima, e poi dello spirito, che alla loro volta denotano un progresso nell'intensità del conoscimento e dell'amor di Dio. S. Teresa, come vedremo, non trascurò questo secondo segno.

Un terzo segno anche più decisivo viene dal fatto che la virtù sale normalmente coli'orazione. È da questo soprattutto che bisogna giudicare dell'azione sempre più intima di Dio, più ancora che dalle purifi­cazioni passive. Queste infatti dipendono molto dagli ostacoli che la grazia incontra, ed anche dai generi di temperamento, dalle disposizioni morbose. Benché siano inseparabili dallo sviluppo della vita mistica, queste purificazioni passive non possono darne una misura così certa come il progresso della virtù. Quello che corrisponde all'intensità crescente della contemplazione infusa e dell'amor di Dio, è il pro­gresso della virtù, non sempre come ne giudica l'uomo,, ma come esso si fa veramente davanti a Dio,

quanto i suoi decidenti; perché un'anima avrà a volte sensa rapimento un lume più sublime, una cognizione più chiara, un'operazione di Dio più eccellente, che un'altra con rapimenti straordinari e con estasi. La S. Vergine nella contemplazione era più elevata di tutti gli Angeli e di tutti i Santi insieme, eppure non aveva rapimenti a. Certi santi ne

•ebbero da fanciulli, come Bernadetta alla grotta di Loùrdes, e molto meno in appresso.

In quest'osservazione vi è qualcosa d'analogo a quella fatta di solito

•a proposito della scienza: 11 suo progresso in estensione (augmentum ex-tenslvum) non è un segno certo del suo progresso in penetrazione (au-tìmentum infensivum). Molti hanno •una cognizione abbastanza completa ed estesa d'una scienza, senza averne un conoscimento profondo o elevato, che solo permetterebbe loro di afferrare, come con uno sguardo, tutta questa scienza nei suoi principii primi; et. S. Tommaso, I-II, q. 52.

18 — Perfezione e Contemplazione. - I.


274    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

solo giudice-delie anime. Questo, come vedremo, fu maravigliosamente osservato da S. Teresa ì0. Sua Santità Pio X la lodò in: modo particolare di questo, dicendo che « i gradi d'orazione da lei enumerati sono altrettante ascensioni superiori verso la vetta della. perfezione » 41.

*   *   *

Anzitutto, nell'orazione di quiete « solo la volontà è soggiogata » 42 dal misterioso lume ricevuto, che le manifesta la bontà di Dio presente in lei; così come un bambino assapora il latte che gli si da is. O meglio, è come lo scaturire dell'acqua viva di cui parlava Gesù alla Samaritana : « l'acqua procede dalla stessa sorgente che è Dio... viene dal nostro fondo più intimo con una pace, con una tranquillità, con una. •soavità suprema... Appena quest'acqua celeste ha cominciato a sgorgare dalla sua sorgente,... subito-si direbbe che tutto il. nostro interno si dilati e s'allarghi. Allora sono .beni spirituali che non sì possono dire, e l'anima stessa è incapace' di com­prendere quello ch'ella riceve in quell'istante » Ì1A. /

" Oltre i testi che citeremo, vedasi su questo punto quello ohe, nella,. sua Vita, ai dice del progresso della -virtù corrispondente alle orazioni simboleggiate dai quattro modi d'inaffiare;acoua: i fiori (della virtù} sono sul punto di comparire (e. xv, p. 198, 199) ; — 3° acqua; fiori s'boe-oiano, le virtù traggono da quest'orazione molto maggior vigore che. dalla precedente, che è quella di quiete (e. xvi, pag. 209 e o. xvil, pa­gine 210, 211) ; — '1° acqua: 11 Da quest'orazione l'anima ricava beni molto più abbondanti e più elevati elle dalle orazioni precedenti; la sua umiltà aumenta. È qui che nascono le promesse e le risoluzioni eroiche, i de­sideri infiammati, l'orrore del mondo, la visione chiara della vanità... r (e. xix, p. 229).

41 i Dooet enim gradus oratlonis quot numerantur, veluti totìdems superiores in christiana perfectione ascens-us esse ». Lettera del 7 marzo 1911 sulla dottrina di S. Teresa.

*2 Cammino, o. xxi, p. 224.

" Iì)id., p. 228.

14 Castello, IV Mansione, e. il, p. 109, 110.


LA CONTEMPLAZIONE ~E I SUOI GRADI        275

Nondimeno, in tale stato, l'intelletto, la memoria, l'immaginazione non sono affatto schiave dell'azione divina. Alle .volte sono le ausiliari della volontà e s'occupano al suo servizio, altre volte il loro con­corso serve solamente a turbarla. «Spesso, dice la Santa, durante quest'orazione, voi non saprete che fare del vostro intelletto e della vostra memoria (che non cessano di agitarsi)... Ma quando la volontà si troverà in siffatta quiete, essa non deve occuparsi dell'intelletto (o del movimento del pensiero o della , immaginazione...) più di quello ch'essa si occupe­rebbe d'un pazzo » ÌB.

Siffatta quiete del resto . è spesso interrotta dalle aridità e dalle prove della notte passiva dei sensi ie, dalle tentazioni contro la pazienza, contro la castità, che obbligano ad una salutare reazione; la qual cosa fortifica assai quelle virtù morali che hanno la loro sede nella sensibilità. Gli effetti dell'orazione di quiete sono una più grande virtù, soprattutto un maggior amore di Dio, e una pace ineffabile almeno nella parte superiore dell'anima .

*   *   *

Se l'anima è umile e generosa is, sarà elevata ad un grado superiore. 'Seìl'wione semplice, l'azione di Dio è abbastanza forte da assorbire totalmente l'attività delle facoltà ulteriori dell'anima; tutta questa^i

15 Oammiw), o. xxxi, p. 227, 228, e Castello, IV Mans., o. i, p. 103.

" Gommino, o. xxxrv, p. 254, e o. xxnr, p. 178,c.xxxvin.C'as(eZto, III Mans., e. i, p. 81; IV Mans., o. i, p. 98, 102, 105. Da confrontare con S. Giovanni della Croce, Notte, I. I.

" Cf. Vita, o. xv.

48 Castello, V Mans., o. i, p. 128. La Santa osserva ohe qui non basta seguire attentamente la propria regola, ma bisogna anche essere dooi-lissìmi alle ispirazioni dello Spirito Santo, il quale diventa tanto più esigente quanto maggiormente egli da e vuoi dare,


276    PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

attività va a Lui, e non si espande più all'esterno. Non solo la volontà è presa, soggiogata da Dio, ma anche il pensiero, la memoria, l'immaginazione. Onde l'anima generalmente non è più turbata dalle distra­zioni. Dio sospende l'azione naturale dell'intelligenza «per meglio imprimere in lei la vera sapienza» 49. Anche la memoria e l'immaginazione sono fermate nelle loro operazioni naturali e intimamente unite a Dio a loro modo. L'anima non cerca più con sforzo di far venire l'acqua salutare che rinfresca e purifica^ ma riceve semplicemente quest'acqua, che, come la pioggia, cade dal cielo °0. «Dio non ci lascia qui altro soccorso che quello d'una volontà interamente sottomessa » 61. « Che stato è quello di un'anima im­mersa nella grandezza di Dio, e così strettamente a Lui unita durante un breve spazio di tempo, perché, secondo me, quest'unione non arriva mai ad una mezz'ora! » 52. Quest'anima ha, per dir così, cam­biato forma, morendo interamente al mondo, come il baco da seta-che si cambia in una bianca farfalla °3.

S. Teresa osserva che quest'orazione d'unione è molto spesso incompleta, senza sospensione dell'imma­ginazione e della memoria, che a volte fanno una vera guerra all'intelletto e alla volontà M. Allora, come fu detto a proposito dell'orazione di quiète, non bisogna

" Castello, V Mans., e. i, p. 134.      .     ,

'•° La prima maniera d'irrigare, traendo l'acqua dal pozzo a forza di braccio, è l'immagine della meditazione (Vita, e. xi, p. 118) ; il secondo <^,modo con la noria, simboleggia l'orazione di quiete, in cui vi è ancora qualche attività, benché sia un'orazione soprannaturale (V'ita, e. xrv, p. 177); il terzo modo d'irrigare, mediante l'acqua corrente d'un fiume o d'una fonte, corrisponde al sonno delle potenze ( Vita,, e. xvi, p. 201) ; la quarta acqua che è quella della pioggia, simboleggia l'orazione d'unione (Vita, o. xvin, p. 217, 223).

1 Castello, V Mans., e. i, p; 136.

" Ihia,., o. il, p. 142.

" Itlid.; bisogna osservare che è per siffatta trasformazione che quest'insetto giunge all'età adulta, e mediante una trasformazione ana­loga l'anima arriva all'etó adulta della vita soprannaturale.

51 Vita, o. svii, p. 212, 215.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       277

far caso dell'immaginazione, più'che d'una pazza56. È di quest'unione mistica incompleta che parla S. Te­resa nel Castello, V Mans., e. m, p. 152, dicendo;

« Per l'unione della quale qui si tratta, è forse ne­cessario che vi sia sospensione delle potenze ? No, il Signore ha il potere d'arricchire le anime per diverse vie e di farle arrivare a queste Mansioni senza passare per la via traversa che ho indicato » 56.

Gli effetti dell'orazione d'unione sono dei più san­tificanti; l'anima sente una gran contrizione de' suoi peccati, un ardente desiderio di lodare Iddio, una fortezza a tutta prova nel suo servizio, sente un vivo dolore alla vista della perdizione dei peccatori, e intravede così quello che dovettero essere i pati­menti di Cristo durante la sua vita terrestre. Allora comincia veramente la pratica eroica delle virtù 57..

"• Vita, o. xvn, p. 215.

53 Si credette qualche volta ohe questa via traversa e le delizie ohe vi si trovano fosse la contemplazione infusa o mistica, ma è solo la so­spensione dell'immaginazione e della memoria, o un principio d'estasi, ohe a volte accompagna l'unione mistica e la facilita assai. Ct. abintbbo, O. P., Evolucion mistica, p. 639, et Ouestiones misticas, p. 325 ss. ; P. ga­sate, S. J., Rasson y Fé, luglio 1908, p. 325. Il Saudreau, Les Degrés Se la Vie spirituelle, V ediz., t. II, p. 101, n. 2: » In occasione di questo passo, V Mans., e. in, p. 151, le nuove traduttrici di S. Teresa dicono ohe, secondo lei, vi sono due vie per condnrre allo stato d'unione, la via mistica e la via non mistica. S. Teresa non, dice nulla di simile;

se lo dicesse, contradirebbe alla sua dottrina costante (Ct. Cammino, o. xvin, xix, xx, xxi). Dice solamente, e la nuova traduzione lo attesta come il testo originale, ohe si entra in questa V Mansione o per l'unione, che è il principio d'estasi, o senza di essa; ora è possibile che non slasi ricevuta quest'unione estatica e siansi ricevute grazie mistiche assai preziose 11. Come già abbiamo notato, bisogna aggiungere: l'orazione d'unione passiva adunque non è straordinaria nel suo tondo e nella sua stessa essenza, benché certi suoi fenomeni aceldentall, concomitanti, possano esser tali. Vedasi, su queste parole di S. Teresa « via traversa «, Filippo della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, abintebo, Evo­lucion, mistica, II ediz., p. 667 ss.

" Castello, V Mans., o. il.


278                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMP1A2IONE

*     *     *

A questo punto viene generalmente un periodo di prova, descritto da S. Teresa al principio della VI Mansione, e. i, e che da S. Giovanni della Croce è chiamato notte passiva dello spirito. «Sono le mor­morazioni delle persone con cui s'hanno relazioni... Ecco che costei fa la santa, vanno esse dicendo, essa cade negli estremi... Quelli ch'ella considerava suoi amici l'abbandonano. Anzi sono i più ardenti nel di­laniarla colle loro critiche maligne... Sono motteggi senza fine, maldicenze d'ogni genere... e siffatte di­cerie a volte durano per tutta la vita » 58. Ma l'a­nima illuminata da Dio è «fortificata anziché abbat­tuta da queste prove, perché l'esperienza le ha dimostrato tutti i vantaggi ch'ella ne ricava... Onde ella arriva a concepire per le persone che la fanno soffrire una tenerezza particolare» 69. «Allora il Si­gnore per solito manda grandissime malattie» w...

« Ma che dire delle pene inferiori ? Se fosse pos­sibile darne un'idea, oh! quanto leggere apparireb­bero le prime 1... Biasimo del confessore che teme tutto, dubita di tutto... Ambascia inferiore dell'a­nima alla vista della sua propria miseria... Ella si figura che a cagione de'' suoi peccati, Dio permetta che sia ingannata: pena che diventa quasi intollerabile, soprattutto in quelle aridità in cui sembra che non si sia mai avuto e che mai non si avrà il minimo pensiero di Dio, e in cui, udendo parlare di lui, è come se ti si nominasse una persona di cui non si è più udito parlare da un pezzo... L'intelletto è tanto oscurato che e incapace di capire la verità;

esso crede tutto ciò che l'immaginazione gli rappre-

" Castello, VI Mans., e. i, 169. " IM., VI Mans., e. i, p. 171.              " Ibid.


LA CONTEMPEAZIONE E I SUOI GBAM       278

senta e tutte le pazzie che il demonio gli suggerisce. Certo nostro Signore permette a costui di tentar l'a­nima, ed anche di darle ad intendere ch'ella è ripro­vata da Dio... Durante questa tempesta ella è in­capace di ricevere alcuna consolazione... Non vi è . altro rimedio che sperare nella misericordia di Dio. E Dio, quando meno uno se l'aspetta, con una sola parola ch'egli rivolge all'anima o con avvenimento che si presenta, la libera da tutti i suoi mali. Si direbbe che mai vi siano state nubi... e l'anima benedice nostro Signore, perché è lui che combattè per lei e la rese vittoriosa. Ella vede fino all'evi­denza che non è lei che vinse la battaglia... Allora riconosce chiaramente la sua miseria e 'il poco di cui noi siamo capaci da noi stessi quando il Si­gnore ci sottrae il suo soccorso. Non ha più bisogno di riflettere per capire questa verità» ff1.

«Poiché queste pene vengono dall'alto, gli oggetti terreni non vi posson nulla. Questo gran Dio vuole che noi riconosciamo la sua sovranità e la nostra miseria... Il miglior mezzo... per arrivare a soppor­tare queste ambasce, è. quello di attendere ad opere esterne di carità e di aspettarsi tutto dalla mise­ricordia di Dio. Egli non viene mai meno a quelli che sperano in Lui... Le sofferenze esteriori cagio­nate dai demoni! sono più rare-... e tutte le pene che possono cagionare sono poca cosa in confrontò di quelle che ora ho indicate » 62. Più avanti, Santa Teresa parla d'una purificazione d'amore ancor più -dolorosa, che avviene all'entrata della settima Man-

" Castello, VI Mans., e. 1, p. 172-175. S. Teresa capiva in tal modo per esperienza la grande dottrina di S. Agostino e di S. Tommaso sulla. •grazia efficace per se stessa, così come la esponeva Domenico Bannez. Generalmente le anime ohe passano per la notte dello spirito non pos­sono più ammettere altra dottrina, quand'anche prima inclinassero verso l'opinione opposta, secondo la quale la grazia è resa efficace dal' nostro consenso.

" Castello, VI Mang., e. i, p. 176, 177.


280    PERFEZIONE CEISTIÀNA I, CONTEMPLAZIONE

sione, «come la purificazione del purgatorio intro­duce nel cielo » es; ma allora l'anima sopportando questa sofferenza ha coscienza che è un eminente favore.

All'uscire da queste pene intcriori l'anima riceve una tale cognizione della grandezza divina, che ab­bastanza sovente ne segue l'estasi parziale o to­tale et. L'unione con Dio è così perfetta che sospende le operazioni dei sensi esterni; tutta l'attività dell'a-.nima è rapita verso Dio, e cessa per conseguenza, di esercitarsi riguardo al mondo esterno 65. Se alle volte il sapiente, come Archimede,, è talmente assorbito dalla speculazione, che non ode più le parole che. gli si rivolgono, ciò si verifica tanto più dell'anima contemplativa, nel momento in cui una grazia tor­tissima, facendole presentire l'infinita grandezza di Dio, l'assorte in questa beata contemplazione 66.

Alle volte l'anima esulta e non può trattenersi dal cantare le lodi di Dio. Ed è questa una grazia de­siderabilissima: «Si degni la divina Maestà di con­cederci frequentemente una tale orazione, così sicura. e. così vantaggiosa ad un tempo 1 Acquistarla è im-

•» Castello, VI Mana., o. xi, p. 270.

'* Ibid., o. v. — II P. Joret, O. P., dimostrò bene (Vie Sptrit., maggio 1922, p. 90), ohe restasi, ohe è una conseguenza della contemplazione infusa, non è propriamente parlando straordinaria ; è caso diverso se essa-'precede la contemplazione e dispone ad essa.

e8 Ciò è in virtù d'un principio sovente formulato da S. Tommaso:

« cum totalìter anima intenda! ad actum unius potentiae, abstrahitur homo ab aotn alterius potentiae » (de Veritate, a. 13, a. 3). Ot. II-II, (1. 173, a. 3; q. 175, a. 2 (Caletan.).

" Dio allora apparisce sempre più come la Verità suprema, e si capi­scono queste parole del Salmista; n Ogni uomo è mentitore «. Si vede. altresì perché l'Altissimo ami tanto l'umiltà: « perché egli è la suprema. , Verità, e l'umiltà non è altro che il camminare nella verità. Sì, è una grande verità che noi non abbiamo nulla di buono da noi stessi, e che la mi­seria, il nulla, sono il nostro retaggio » (V Mans., e. x, p. 265), — Sa-•rebbe dunque un errore il credere che il giusto si discema dal peccatore;

solo per la sua libertà, e ohe questa differenza non venga dalla grazia, Quis enim tè discernif! dice S. Paolo.


I.A CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       281

possibile,, perché è cosa interamente soprannaturale, Ciò alle volte dura una giornata intera... Questo giu­bilo immerge l'anima in una tale dimenticanza di sé-. e di tutte le cose, che diventa incapace di pensare e di. parlare, se non per dare a Dio quelle lodi, che sono come il frutto naturale della sua gioia» 87.

Invece, a proposito delle visioni immaginarie, Santa Teresa dice: «Non conviene in modo alcuno deside­rarle » 68; sono favori straordinari totalmente distinti dal pieno' sviluppo della vita della grazia in noi-« Per il ricevere molti favori di questo genere, un'a­nima non merita maggior gloria... Vi è un gran numero d'anime sante che non sanno che cosa sia. ricevere queste grazie, ed altre, che non sono sante, le ricevono... e| spesso, per uno solo di questi fa­vori, il Signore manda uh gran numero di tribo­lazioni» 69.

*   *   *

Finalmente l'anima viene introdotta nella settima Mansione: l'unione trasformante con .Dio, che è im­mediatamente- preceduta da un'ultima purificazione;

dolorosissima, quella dell'amore, «in cui l'anima muore del desiderio di morire» 70. In questa mansione certe persone hanno una visione intellettuale della SS. Tri­nità presente in noi; ma questa veduta, la cui chia­rezza varia e che è come intermittente, non è di essenza dell'unione trasformante, e non sembra nep -

" Castello, VI Mans., o. vi, p. 226.

" Ihid., o. ix, p. 257. Nel medesimo senso 11 carmelitano scalzo Giu­seppe dello Spirito Santo, correggendo Antonio dell'Annunciazione,. del medesimo ordine, dice molto giustamente e prova che « noi pos­siamo vivamente desiderare e umilmente domandare a Dio la contem-plazione infusa, ma non l'estasi ed altri simili favori che a volte l'accom­pagnano ». Cursus theol. mystico-scholasticae, ed. 1791, t. II, p. 222 et 224..

" Castello, VI Mans., e. IX, p. 259.

" IWd., VII Mans., e. xi, p. 272.


282    PEBrÉZÌONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

pure che le aia necessariam.en.te legata 71. Di più le estasi sono generalmente cessate 72, e ciò che co­stituisce il fondo di questo stato eminentissimo non è per nulla miracoloso: le facoltà superiori sono pas­sivamente attratte al centro ove abita la SS. Trinità. Sotto questa grazia l'anima non può dubitare della presenza in lei delle divine persone, e non è quasi mai priva della loro compagnia. «Da certe aspira­zioni segrete si riconosce essere Dio che da la vita all'anima nostra », ch'egli è la vita della nostra vita 73. Il cristiano giunto a quest'età perfetta forma moralmente una sola cosa con lui, nel senso in cui S. Paolo ci dice: «Chi aderisce a Dio, diventa un medesimo spirito con lui » r!i. È la prima attuazione, per quanto è possibile quaggiù, della preghiera di nostro Signore : « Che siano una sola cosa, come una sola siamo noi, io in essi, e tu in me... onde conosca il mondo che tu mi hai mandato e hai amato essi come hai amato me» 76. Così l'acqua che cade dal ciclo in un fiume si confonde talmente con esso che non è più possibile distinguerli. ^Oppure, secondo l'immagine di S. Giovanni della Croce, è come quando

71 S. Teresa ne parla VII Mans., e. i e il e la descrive oom'essa le tu concessa a per una via straordinaria» (p. 279). S. Giovanni della Croce ohe tratta più ampiamente dello sposalizio spirituale in relazione colle virtù teologali, non dice affatto che una tal visione sia strettamente legata a questo stato. Egli si contenta (.Cantico, III P., e Viva fiamma)

-di segnalare nell'unione trasformante una contemplazione elevatissima

-delle perfezioni divine. Lo stesso P. Poulain Io riconosce: OrSces d'oraison, e. xix, n. 15, IX ediz.

" Castello, VII Mans., e. in, p. 300, 301. n Dal momento in cui il Si­gnore le discopre le meraviglie di questa Mansione e gliene apre l'en­trata, l'anima perde quella gran debolezza (dell'estasi) che le era così penosa, e da cui nulla aveva potuto liberarla. Forse questa viene dal fatto ohe il Signore l'ha fortificata, dilatata e resa capace delle sue operazioni. « Così l'unione con Dio, potendo tarsi senza intralciare l'eser­cizio delle facoltà, diventa presso a poco costante.

- " Castello, VII Mans., e. li, p. 288. " I Cor., vi, 17. •" joann., xvn, 22.   .               '


LA. CONTEMPLAZIONI; E I SUOI GRADI'      283

il fuoco, dopo aver intaccato il' legno colla sua fiamma e averlo disseccato, finalmente lo penetra e lo tras­forma in sé 76. È ancora legno, ma legno incande­scente, che ha preso le proprietà del fuoco. Così dal cuore purificato una fiamma si solleva quasi costan­temente verso Dio.

G-li effetti di questa unione trasformante sono quelli delle virtù teologali e dei doni pervenuti al loro pieno sviluppo. L'anima è pressoché liberata dal turbamento delle passioni; finché è sotto la grazia attuale dell'unione trasformante, ella non pecca ve­nialmente di proposito deliberato 77. Fuori di questi momenti le accade di commettere ancora qualche colpa veniale, presto riparata. Quello che si osserva in lei è una gran dimenticanza di sé, un grandis­simo desiderio di soffrire ad esempio, di nostro Si­gnore, una vera gioia della persecuzione. Le aridità e le pene interne sono cessate, come pure il desi­derio di morire. Quante anime arse dello zelo 'della gloria di Dio e della salute del prossimo «deside­rano di vivere lunghi anni in mezzo alle più sen­sibili prove, affinchè il Signore ne sia anche solo un tantino di più glorificato» 78. È veramente questa la vita apostolica (manifesta o nascosta), che trabocca dalla pienezza della contemplazione, secondo l'espres­sione di S. Tommaso 79. È la piena perfezione della vita cristiana di cui nostro Signore, la S. Vergine e gli Apostoli ci diedero il più alto esempio. «Dio non può concederci nulla di più prezioso d'una vita con­forme a quella del suo diletto Figliuolo. Perciò... queste grazie sono destinate a fortificare la nostra debolezza e a renderci capaci di sopportare, ad esempio di questo divin Figliuolo, grandi soffe-

" Viva fiamma, strof. 1, v. i. " Castello, VII Mans., e. il. " Ihid., o. m, p. 295. " II-II, q. 188, a. 6.


284    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

renzè 80. Così l'anima è veramente spiritualizzata e partecipa della stessa forza di Cristo e del suo immenso amore per Dio e per il prossimo. Tal è quaggiù l'età perfetta della vita della grazia, il pieno compimento del primo precetto: «Amerai it Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutto il tuo spirito » (Lue., x, 27).

*   *   *

A quest'alta perfezione, a quest'unione trasformante, preludio normale della vita del cielo, tutte le anime giuste sono chiamate, almeno in modo generale e re­moto; e se fossero fedeli a questa chiamata, umili e generose,: esse ne udirebbero un'altra, individuale, più prossima e più incalzante81. S. Teresa lo ripete nell'E­pilogo del Castello: « Veramente colle tue proprie forze, per quanto. grandi ti appariscano, non puoi penetrare in tutte, le Mansioni: al padrone del castello spetta introdurti. Se dunque tu incontri da parte sua qualche resistenza, io ti consiglio di non tentare di passar oltre. Lo offenderesti, talché egli tè ne chiuderebbe l'ingresso per sempre. Egli ama sommamente l'umiltà. Se ti credi indegna di penetrare anche nella terza Mansione, otterrai ben presto l'ingresso nella quinta. Potrai anche frequentarla così assiduamente e servire lui stesso così bene che ti ammetterà in quella che egli si. è, riservata» 82. La stessa cosa dice ella nella sua Vita ss,

" Castello, VII Mans., o. iv, p. 306

81 Vedasi il testo del Cammino, o. svilì, xix, xx, xxi, citati nella prima parte di quest'articolo.

82 Castello, Epilogo, p. 316, 317. Vedasi pure S. Giovanni della Croce, Cantico spirituale, str. Si.

" Vita,c.~SL,-p. 142: i Mi fu detto: Ah! figlia mia, come sono 'pochi duelli che mi amino veramente! Se mi amassero, io non nasconderei loro i miei segreti «. Ella osserva ancora Vita, o. xl, p. 147, che i vi sono assai


LA -CONTÈMPlAZiOlSTÈ E I SUOI GEADI        285

Per concludere: nelle opere di S. Teresa, dobbiamo vedere soprattutto quello che è veramente la via nor­male della Santità: l'umiltà e l'abnegazione, che dis­pongono alla contemplazione infusa, altamente desi­derabile per tutti, e a un'unione divina sempre più intima, fino all'unione trasformante, punto culmi­nante dello svolgimento normale della vita sopran­naturale.             '                           .

In quanto ai fatti straordinari, come le visioni, le parole inferiori e rivelazioni private, per quanto utili possano essere alla santificazione dell'anima, non conviene desiderarle; sono fenomeni accidentali, che passano, laddove la contemplazione infusa continua;

essi ci uniscono meno a Dio che la' fede perfetta e il dono della sapienza, che in diversi gradi trovasi in tutti i giusti s4.

Quello che l'anima inferiore deve desiderare soprat­tutto è il regno di Dio ognora più profondo in lei, è il crescere sempre quaggiù nella carità, senza ter-' marsi nel viaggio, perché il precetto dell'amore è senza limiti, perché esso ci obbliga, se non ad essere santi, almeno a tendere alla santità ognuno secondo la sua condizione85, e perché a tutti è detto : « Siate

più donne ohe uomini favoriti di questo genere di grazie ». E per di­mostrare qual purezza d'anima si richiede per entrare in cielo, dice iòid., o. xxxvin, p. 121: « sopra 11 gran numero d'anime che mi furon mostrate (dopo la loro morte), io ne vidi tré sole che evitarono il purga­torio ». Ora evitarlo è la via normale della santità.

Da tutti questi testi di S. Teresa citati in quest'articolo 'si vede qual tondamente possano avere le obiezioni ohe ci fa Mons. fab&es, Revwe d'Ascétigue et de Mystigue, luglio 1922, p. 272-281: quando sostiene che secondo S. Teresa la contemplazione infusa, anzi la semplice orazione di quiete, è non solo eminente, ma propriamente straordinaria, come le rivelazioni protetiche, e che la generalità delle anime ulteriori, per generose che siano, non può legittimamente aspirarvi.

" Salita del darmelo, 1. II, e. vii e vili.

" Of. S. tomma.so, II-II, q. 184, a. 3. Non si medita mal abbastanza quest'articolo di S. Tommaso, la cui dottrina, come abbiamo notato, è dimenticata e disconosciuta da molti teologi moderni, e non dei minori.


286     PEBFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPI.AZIONE

perfetti com'è perfetto il vostro Padre celeste». Questo fine è quello che S. Teresa ci ha mostrato. Il più grande elogio che di lei si possa fare non è forse il dire ch'ella cantò maravigliosamente la gloria di Dio» facendoci vedere, co'' suoi scritti e colla sua vita, quanto l'Altissimo ami gli umili, e tutto quello che . Egli vuoi fare per « le anime risolute di seguire nostro-Signore e di camminar sempre, ad ogni costo, fino alla sorgente d'acqua viva ?... Questa è la via regia che conduce al cielo » 86.

" Gommino, o. 33:1, p. 164.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI           287

articolo  IV.

Quello che la contemplazione infusa non richiede essenzialmente.

Dalla descrizione che precede, alla luce dei prin­cipii teologici, noi dobbiamo trarre ' una definizione propriamente detta. Le diverse definizioni della con­templazione infusa, date dai teologi, convengono su un punto fondamentale: La contemplazione infusa, dicono essi, è, al disopra del ragionamento e nella oscurità della fede, una cognizione semplice e amante di Dio, che non si può ottenere colla nostra attività personale aiutata dalla grazia, ma che richiede una ispirazione e illuminazione speciale, abbastanza ma­nifesta dello Spirito Santo 1. Quando dura un certo» tempo, questa contemplazione è uno stato d'orazione passiva.

Questo punto fondamentale su cui i teologi gene­ralmente convengono, è, a nostro parere, la vera definizione, che ritiene l'essenziale delle descrizioni fatte dai più autorevoli mistici.

Per ben intendere questa definizione, mostriamo prima quello che la. contemplazione infusa non ri­chiede; sbarazzato il campo, vedremo meglio in ap­presso quello che la costituisce positivamente cer­cando qual è il principio da cui essa procede.

' Nella vita ascetica l'ispirazione dello Spirito Santo resta latente» ma nella vita mistica essa è generalmente abbastanza manifesta, se non per l'anima che la riceve, perché nel periodi di prova può restarle nascosta, almeno per il direttore il quale vede che la notte passiva dei sensi e quella dello spirito hanno per causa principale una luce purifl-;

catrioe d'ordine mistico.


S88     PERFEZIONE OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE *  *  *

Alcuni teologi credettero di dover aggiungere alla «definizione suddetta caratteri più precisi. Gli uni

•dissero: La contemplazione infusa ci è data subita­mente, d'improvviso, senza preparazione da parte nostra ed è accompagnata da un'impossibilità as­soluta'di discorrere e di ragionare 2. Altri cont'on-

•dendola con certi fenomeni accidentali e concomitanti, "vollero veder in essa una grazia gratis data, come la profezia, un dono straordinario 3; secondo alcuni,

•essa esigerebbe idee infuse, simili a quelle degli an­geli, e ci farebbe percepire Iddio immediatamente tal quale è 4. Certi perfino aggiunsero che la contem­plazione infusa non è un atto meritorio 5.

2 Così onorato di S. maria, C. D., nella sua opera sotto certi ri-

•apetti preziosissima, Tradition des Pères et des auteurs ecclésiastigues

•sur la coniemplation (Parigi 1708), III Part., diss. 3, a. 1, § 2, chiama

•acquisita ogni orazione contemplativa ohe fu preceduta da qualche la-

•voro di raccoglimento. Onde viene a sostenere che la contemplazione aacquisita, del pari che rinfusa, « è accompagnata... dall'orazione di «quiete, dal sonno delle potenze, dal silenzio spirituale, dall'estasi, dal rapimento ». Si vede tuttavia obbligato ad aggiungere : « Quantunque la contemplazione acquisita possa alle volte produrre l'estasi e il rapi­mento, sembra chiaro ohe ciò non possa avvenire senza gualche, incusso

•dei doni dello S'pirito Santo; e così la contemplazione acquisita passa in

•infusa 11. — Nel medesimo capitolo si legge: « In questa contemplazione requisita, non s'arriva mai a quello che si chiama pura contemplazione. » s È quello ohe insegnò, come abbiamo veduto, antonio dell'annun-

•ciazione, O. D., Disceptatio mystica. ti. 2, q. A, a. 8, n. 31, corretto poi su questo punto da giuseppe dello spirito santo, C. D., Cursus fheol. my st.-scfi.ol., t. II, q. 224.

4 Mons. fABGtES, Les Phénomènes mystiques, 1921, pag. 76, 86, 94, 198, 108, 114.

5 bossuet, Istruzione sugli stati d'orazione, llb. VII in fine: o Lo stato ^mistico è come la profezia o il dono delle lingue o del miracoli, rasso­miglia a quel genere di grazia che si chiama gratuitamente data,

•sgratia gratis data... Se vuoisi ancora andare più avanti, diremo che lo istato mistico consiste principalmente in qualche cosa che Dio fa in noi, .senza di noi, e in cui, per conseguenza non vi è ne vi può esser me­rito...» Confusione strana in una inente così grande, e che lo condusse a dire nella medesima opera, 1. IX, che S. Francesco di Sales, non aveva

•avuto l'esperienza della quiete! S. Giovanna di Chantal dice l'opposto


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI           289

Queste confusioni si dissipano facilmente col sem­plice esame delle descrizioni di S. Teresa riferite nel­l'articolo precedente, ed è agevole dimostrare che la definizione da noi data è pienamente sufficiente, senza aggiungere nuovi caratteri.

lo La contemplazione infusa non è sempre data subitamente, all'improvviso, come la pioggia cade dal eielo. Per lo più è concessa dopo una certa pre­parazione, quando l'anima è già raccolta. Così l'o­razione di quiete, secondo S. Teresa (VI Mansione), è un'orazione «soprannaturale», che noi siamo in­capaci di procurarci coi nostri proprii sforzi, e nondi­meno, dice ella, l'anima si dispone a riceverla con pii pensieri, con un lavoro dell'intelletto, come si gira una noria o un congegno per procurarsi dell'acqua (Vita, e. xiv. Vedasi anche S. Giovanni della Croce, Salita, I. II, e. xn).

. 2° La contemplazione infusa non è necessariamente accompagnata da 'an'impossibilità assoluta di discor­rere o di ragionare che deriverebbe dalla legatura dell'immaginazione. Questa legatura può non esistere, poiché, secondo i santi, nell'orazione soprannaturale di quiete vi sono distrazioni e certe persone, che sono in questo stato, hanno torto, dicono essi, d'u.-scirne volendo discorrere troppo,

3° Sarebbe certo un altro errore il sostenere che la contemplazione infusa.è un atto non meritorio. Senza dubbio, noi non possiamo averlo a piacimento, come si fa un atto di fede, ma possiamo consentire libera­mente ad essere mossi dallo Spirito Santo. In tal modo l'atto è vitate e libero, senza essere propria­mente deliberato e senza essere il frutto del nostro

nelle sue Réponses, II ediz., Paris 1665, p. 508 e ses. — Vero è ohe più tardi nei suoi ultimi scritti, nelle sue lettere di dirczione ed opuscoli di pietà, Bossuet, come abbiamo veduto, avendo approfondito siffatte questioni, parlò della contemplazione e dell'orazione di semplice pre­senza di Dio come S. Giovanni della Croce e S. Teresa. Vedasi a pa­gina 2SO e 260, nota.

19Perfezione e Contemviaswne..- I.


290    PERFEZIONE CSISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sforzo personale. Così l'allievo studioso, che afferra attentamente la dottrina proposta dal maestro, è pas­sivo ricevendola, e non avrebbe potuto scoprirla da sé; ma la riceve volontariamente e docilmente, ed è tutto occhi e tutto orecchi. Nella contemplazione in­fusa questa docilità si esercita riguardo a Dio, ed è libera ed anche meritoria, poiché procede dalla carità, principio d'ogni merito.

La coscienza dello stato'di grazia non è ne­ccessaria alla contemplazione infusa più che i dolci godimenti, perché, ne questa coscienza, ne queste gioie si trovano nei periodi chiamati notti passive dei sensi e dello spirito, periodi che pure sono ve­ramente uno stato mistico. Come vedremo più avanti, nella notte dei sensi è il dono della scienza che do­mina, manifestando specialmente la vanità delle cose create (II-II, q. 9, a. 4), e nella notte dello spi­rito è il dono dell'intelletto (II-II, q. 8, a. 7) che qui ci mostra meno la bontà di Dio che la sua in­finita, maestà e per contrasto la nostra miseria. La dolcezza e la pace frutto del dono della sapienza si fa sentire specialmente fra le due notti e assai più. dopo la seconda. Se in fatti nella 'vita mistica vi;

sono grandi consolazioni, vi sono anche terribili prove intime che durano mesi ed anni.

lì sentimento della presenza di Dio per' la me­desima ragione non è essenziale allo stato mistico;

questo sentimento non esiste nella notte dello spirito, durante la quale l'anima si crede respinta da Dio e sembra quasi che disperi della sua salute. L'anima ha bensì sempre la cognizione amante e profondissima dell'infinita grandezza di Dio, ma è come schiacciata da essa: «allora, dice S. Giovanni della Croce, la con­templazione (purificatrice) consiste nel sentirsi privi. di Dio, castigati, respinti da lui» 6. Se volessimo

6 Notte oscura. I. II, e, vi.


IiA. CONTEMPI.AZIOME E I SUOI GRADI       291

ammettere che l'essenza dello stato mistico sia il sen­timento della presenza di Dio, saremmo condotti a sostenere, con un autore recente, che nei periodi di desolazione, per i quali passano i contemplativi, lo stato mistico non esiste più. Nulla è più opposto alla dottrina esposta da S. Giovanni della Croce nella Notte oscura sul lume infuso purificatore che fa l'im­pressione d'una grande tenebra all'anima ancora troppo debole da sopportarla. Tutto ciò è fondato sulla stessa descrizione dei mistici più autorevoli; e pas­siamo a considerazioni d'ordine più astratto.

*   *   *

60 La contemplazióne infusa non è certamente una grazia gratis data, concessa soprattutto in vista della santificazione del prossimo, come la profezia, o il dono delle lingue, poiché essa è direttamente ordi­nata alla santificazione personale,. e per lo più è conosciuta solo dall'anima che la riceve e dal suo confessore. Onde Giuseppe dello Spirito Santo, G. D., dice a buon diritto ch'egli non può capire per qual .motivo Antonio dell'Annunciazione, C. D., contra­riamente alla tradizione, abbia collocata la contem­plazione infusa tra le grazie gratis datae, e abbia sostenuto ch'essa non si debba domandare a Dio, se non con le riserve secondo le quali si può doman­dare la grazia dei miracoli e il dono della profezia 7.

7° La contemplazione infusa non esige parimenti idee infuse simili a quelle degli angeli. Queste possono ben trovarsi in certi stati mistici, come fenomeno con­comitante, per esempio nelle visioni intellettuali e in certe rivelazioni. Ma la stessa profezia, secondo San

' giuseppe DEL'Lo spirito santo, Owsustheol.myst.-scìwl.,eSlz. 1721, t. II, PraedicaMle II, disp. xi, o. n, p. 224 et 236.


292    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Tommaso 8, non richiede generalmente queste idee infuse, bastando un lume infuso, cosa affatto diversa, e una nuova coordinazione delle idee acquisite. Sa­rebbe un. grosso errore il confondere l'impressio spe-clerum e ì'impressio luminis; sarebbe un non distin­guere più il materiale della cognizione (le specie o idee) dal formale (il lume che eleva l'intelletto e gli da la forza di percepire e di giudicare) 9.

Di più, se la contemplazione mistica esigesse specie infuse d'ordine angelico, essa dovrebbe ordinariamente farsi senza alcun concorso dell'immaginazione, e tutti quelli che sono nello stato mistico, anche semplice­mente nella quiete, opererebbero senza il concorso del cervello, e il sonno non vi opporrebbe alcun ostacolo. Essi farebbero orazione dormendo. Ora l'es­perienza dimostra che non è così se non per stati specialissimi e veramente straordinari 10.

Secondo S. Tommaso che segue in ciò Dionigi e Alberto Magno, nella contemplazione infusa (a parte certe visioni intellettuali assai superiori) vi è un certo concorso quasi impercettibile dell'immagina­zione; benché non si ponga mente alle immagini, non sono però escluse 11. Così nel corso ordinario della vita ci serviamo d'una penna per scrivere, senza

8 II-II, q. 173, a. 2.

' Ct. S. tommaso, ibid.

" saudbeau, Btat mystigue, II ediz., p. 356.

" S. tommaso, II-II, q. 180, a. 5, ad 2; de Variiate, q. 18, a. 5. In quest'articolo, 11 santo Dottore dimostra che, nello stato d'innocenza, Adamo, a cui attribuisce tuttavia una contemplazione mistica altis­sima, non conosceva gli angeli per la loro stessa essenza, in modo pu­ramente spirituale; perche in lui la cognizione naturale e quella so­prannaturale non si tacevano senza immagini sensibili, salvo forse in rapimenti straordinari : « Nec naturali cognitione nec gratuita Adam angelos per essentiam oognovit; nisi forte ponamus eum per gratiam ' in altiorem statuin elevatum, sicut fult Paulus in raptu ». Nello stato attuale l'uomo non conosco infatti senza un certo concorso dell'immagi­nazione, e la grazia perfeziona l'intelletto senza cambiare questo modo di cognizione. S. Tommaso cita in conferma questo testo di Dionigi che pure aveva la più alta idea della contemplazione infusa, de Ocelesti


LA COKTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI        293

notare quale sia la sua forma; per leggere, vediamo le lettere, ma non badiamo che al senso.

lì. teologo che specula sulla Deità, superiore al­l'essere, all'uno, al. bene, non ha più se non una immagine verbale, la parola Deità, e non vi bada. Altre volte ci serviamo dell'immagine respingendola, come di quella d'un corpo, per pensare all'incorpo­rale. La contemplazione infusa è tanto più perfetta quanto è più sciolta dalle immagmi sensibili, • come S. Tommaso dice chiaro, II-II, q. 15, a. 3, e spesso basta avere nell'immaginazione l'impressione d'un lume, o all'opposto, nel periodo detto notte oscura, quella delle tenebre, o ancora quella confusissima che fa pensare alla vita. In ogni caso idee infuse simili a quelle degli angeli non sono in modo alcuno ne-' cessane, benché siano alle volte concesse in favori straordinari 12.

8° A più forte ragione, ad onta di ciò che se ne disse recentemente 13, la contemplazione infusa non richiede una perceafio'fie immediata di Dw che ce lo faccia conoscere tal quale è. Questa percezione im­mediata di Dio non esiste infatti" nelle grandi an­sietà delle notti passive .dei sensi e dello spirito, che pure sono stati mistici e che comportano la con­templazione infusa. Esisterebbe essa nelle altre fasi dell'ascensione mistica? Nulla permette di affermarlo;

anzi tutto induce a pensare che è impossibile.

I testi di S. Tommaso su cui pretende di appoggiarsi

Bierarch., e. i: « quod Impossibile est nobis aliter Incero diylnum radium, nisi varietate sacrorum velaminum ciroumvelatum ». Vedasi anche-de Veritate, q. 13, a. 1.

12 È l'insegnamento comune; et. vallgobnbba, Theol. myst.S. Thó-mae,t. I,p. 450, e filippo'della SS. trinità, antonio bbllo spirito santo.            .

" Mons. FABCtES, Les Phénomèftes mystigues, p. 97: iln due parole:

Dio, agente soprannaturale, e immediatamente percepito hella sua azione ricemtta nell'anima (specie impressa) come l'agente materiale è diretta-/mente percepito nella sua azione sui sensi esterni, quasi species (impressa) rei visae n.


294    PEEfEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

' .    .           '                       *

questa teoria non potrebbero avere il senso ch'essa da loro 1•S

«Basta, ci si dice, (nella contemplazione mistica) conoscere Dio tal quale egli si mostra, parzialmente, per conoscerlo tal quale egli16. Ma Dio non avendo parli, non può mostrarsi parzialmente, per tal modo da farsi vedere tal quale'è. Gli attributi di­vini esistono in Lui formaliter èmfnenter, e sono solo virtualmente distinti, e s'identificano, realmente nella eminenza della Deità; quindi non si può vedere uno di essi tal quale esso è senza vedere gli altri, e senza vedere la Deità stessa, che, come dice Dionigi, è super ens et super unum. S. Tommaso dice espres­samente e prova che nessuna visione inferiore alla visione beatifica può farci conoscere Dio tal quale è in se; nessuna specie impressa creata può mani­festare tal quale è l'Essere stesso, l'Intellezione stessa eternamente sussistente (I, q. 12, a. 2). L'espres­sione siculi est in teologia ha un senso formale, che non si verifica se non nella visione beatifica l6. Ne l'angelo prima d'aver ricevuto il lume della gloria, ne Adamo prima tiel peccato, conobbero Dio tal quale è; S. Tommaso è formale su questo punto: Cf. I, q. 56, a. 3; q. 94, a. 1; II-II, q. 5, a. 1; de Verit., q. 18, a; 1. In questo ultimo articolo egli dice chiaro quanto è possibile : « La visione dei beati in ciclo differisce da quella della creatura ancora in stato di via, non come il vedere più perfettamente e il vedere meno perfettamente, ma come il vedere

14 S'invoca (op. 'cit. p. 98,n. 2) un testo del CowfraCfentes,l.lTI, o. Si, ad 2 et 3 senza badare che S. Tommaso parla ivi del lume Setla gloria necessario alla visione beatifica, e non d'una specie impressa cittì renda possibile una percezione immediata di Dio Inferiore a. questa 'visione. La differenza è molta.

«5 Op. cit., p. 98.

11 II Concilio di Vienna condannò quest'errore dei Begardi « ohe l'a­nima non ha bisogno del lume della gloria per vedere Iddio e per go­derlo ».


•LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI         295

e il non vedere. Quindi ne Adamo, ne gli angeli in stato di'via videro l'essenza divina».

Se S. Paolo ricevette quaggiù la, visione beatifica in modo transitorio, quando fu rapito ,al terzo cielo, come pensarono S. Agostino e S. Tommaso, fu eerto una grazia assolutamente straordinaria, molto supe­riore agli stati mistici più alti .descritti da S. Te­resa 1!..

Fu creduto potersi sostenere 18 che la percezione immediata di Dio, che sarebbe essenziale alla con­templazione mistica, non sia altro che quella che posseggono naturalmente gli angeli secondo S. Tom­maso. — Ora, .secondo il santo Dottore, questa co­gnizione naturale che .l'angelo ha di Dio non è im­mediata. Egli non dice (I, q. 56, a. 3), come. gli si attribuisce, ch'essa escluda la specie espressa o yerbum mentis, ma ch'essa non si fa mediante lo specchio delle creature esteriori all'angelo. La diffe­renza è considerevole. «L'angelo, dice S. Tommaso, conosce naturalmente Iddio, in quanto egli stesso (per la sua natura angelica) è una similitudine di Dio. Ma non vede l'essenza divina, perché nessuna somi­glianzà creata può rappresentarla. Perciò questa co­gnizione angelica s'avvicina piuttosto alla cognizione speculare; poiché la natura dell'angelo è come uno specchio che rappresenta, l'immagine di Dio».

17 Anche In (piclle grazie straordinarie che sono le visioni'intellettuali della SS. Trini'tà, di cui parla S. Teresa, l'intuizione riinane negativa, per viam negatzonzs, come insegna S. tommaso, de peritate, ci. 10, a. 11, ad 14: «...de visione intellectuall, qua Sancti divinam veritatem in conteinpiatione intuentur: non quidem sciendo de ea quid est sed magis quid non est ». — Mediante ima visione intellettuale della SS. Trinità, visione d'ordine angelico o per idee infuse si vede soprattutto dell'es­senza divina del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo, quello che non sono, anziché quello che sono ; questa visione è senza dubbio assai superiore alla speculazione teologica, ma lascia sussistere la fede; essa non da l'evidenza intrinseca del mistero, evidenza che non è data se non dal lume della gloria.

Mons. fabgks, oy. cit., p. 99 e 108.


296    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Se, come fu detto 19, l'intuizione immediata di Dio, essenziale alla contemplazione mistica, «è in pari tempo il dono naturale degli angeli e il dono sopran­naturale dei mistici contemplativi », ne seguirebbe che la contemplazione mistica sia d'un ordine immensa­mente inferiore a quello della grazia santificante e. delle virtù teologali; non sarebbe una partecipazione -della natura e della vita divina, ma solo una parteci­pazione della vita angelica; tra i due vi è un abisso. Anzi essa non oltrepasserebbe la cognizione naturale che il demonio conserva di Dio, perché l'angelo ca­duto conserva l'integrità della sua cognizione natu­rale (I, q. 64, a. 1). — Invece è assolutamente certo che la contemplazione infusa, come la grazia santifi­cante o .grazia delle virtù e dei don^, è soprannaturale essenzialmente (quoad substantiam}, tanto nell'an­gelo nello stato di via come nell'uomo. Essa è per ciò infinitamente superiore non solo alla cognizione naturale dei più grandi genii .umani, ma anche alla cognizione naturale dell'angelo più elevato, e per­fino degli angeli creabili 20.

Da ciò si vede che questa teoria della contempla­zione mistica, che sembra elevarla assai, facendone una cosa straordinaria, angelica, generalmente, inac­cessibile alle anime inferiori, la abbassa non poco identificandola alla cognizione naturale che conserva il demonio 21.

" Mons. FABCtBS, vp. cit., p. 99 e 108.                  ' .. . " Abbiamo svolto questo punto nella Vie Spirituelle, marzo-1923 Suppl. p. [112].

21 Recherà meraviglia che sotto quest'aspetto, Mong. Farges di­chiari che la via unitiva si M/orca in due direzioni diverse, via ordinaria o attiva, e via straordinaria o passiva (op. cit., p. 18). Egli invoca in oonierina un testo isolato di S. Teresa il cui senso dovrebb'essere de­terminato mediante un contronto con vari altri testi importantissimi comunemente citati in favore della tesi opposta.

La principale ragione, ci si dice (op. cit., p. 275) per la quale, se­condo S. Teresa molte anime non oltrepassano la quiete, è che Dio non le chiama ad uno stato più alto. — Invece S. Teresa a questo proposito


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI. GEADI        297

Questo modo di vedere proviene dalla confusione a cui abbiamo parecchie volte accennato, tra il so­prannaturale essenziale (quoad substantiam) della grazia delle virtù e dei doni, e il soprannaturale mo­dale (quoad modum) del miracolo, della profezia ed altri fatti straordinari del medesimo genere. La dif­ferenza è tuttavia considerevole: la risurrezione di un morto gli rende soprannaturalmente la vita na­turale, infinitamente inferiore a quella della grazia;

la vita restituita non è soprannaturale essenzialmente, ma solo per il modo della sua produzione (quoad mo­dum). Parimenti, se la cognizione naturale dell'an­gelo per idee infuse è comunicata all'uomo, essa è per lui soprannaturale per il modo della sua pro­duzione (quoad modum), ma non essenzialmente. .Quindi resta infinitamente inferiore all'ordine della grazia, e potrebbe diventare sempre più perfetta nel suo ordine proprio, senza mai arrivare alla dignità della f&de infusa per la quale noi crediamo alla Tri-

• nità e all'Incarnazione 22. Così si possono moltipli-

dice (Mans. V, e. i) : « Vi sono molti chiamati, e pochi eletti... Suppli­chiamo il Signore che ci conceda questa grazia, affinchè noi non ne siamo privati per colpa nostra: preghiamo che ci mostri il cammino e dia all'anima nostra la forza di scavare senza posa, finché essa abbia trovato questo tesoro nascosto 11. Ct. S .Francesco di Sales, Amar di Dio, 1. XII, e. xi.

Mons. Farges invoca pure, pag. 127, l'autorità del Vallgornera, O. P., ma sembra dimenticare che questo tomista fedele alla sua scuola, in­segna, come i teologi carmelitani, che tutte le anime devono aspirare alla contemplazione infusa e che questa è per solito concessa ai perfetti ;

non è dunque straordinaria di natura sua. 0(. vallo ornerà, Theol. myst. S. TTwmae, t. I, 128... item Philippus a SS. Trinitate, C. D., et Antonlug a Spiritu Sancto, O. D.

Per altro si riconosce (op. eit., p. 243, 257), ohe le purifica3ion,i passive, purgatorio prima della morte, sono necessarie per liberare l'anima da tutte le sue scorie. Se a ciò si aggiunge che queste purificazioni passive sono, come dice S. Giovanni della Croce, uno stato mistico, non bisogna torse concludere che lo stato mistico è nella via normale che conduce alla piena perfezione della vita cristiana, alla perfetta purificazione dell'anima immutabilmente unita con Dio?

ss Così la nostra fede infusa, che si esercita per mezzo delle idee acqui­site. differisce materialmente dalla fede infusa degli angeli, ohe si eser-


29.8   , PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

care indefinitamente i lati d'un poligono inscritto in una circonferenza, e il poligono mai non coinciderà con essa, perché il lato, per piccolo che sia, non sarà mai .un punto. .       '              ,

La teoria della percezione immediata' di Dio ' è ancora in contradizione con, l'insegnamento comune dei mistici. S.. Giovanni della Croce ci dice che anche nello sposalizio spirituale la contemplazione si fa nella fede. E per lui, come per S. Tommaso 23, fede .e percezione immediata s'escludono a vicenda: l'atto di visione non può essere un atto di fede. Qui non si potrebbe dunque ammettere se non un'intuizione oscura negativa (per vicini negationis) 24. Secondo S.. Tom­maso questa intuizione ci mostra sempre meglio, quello che Dio non è, ch'egli supera ogni concetto, e l'amore infuso ci unisce appunto a questo Dio quasi •ignoto.                ,

Da per tutto i mistici ci dicono ch'essi percepi­scono, non Dio stesso, qual egli è, ma l'effetto della sua azione sull'anima loro, specialmente nelle dol­cezze d'amore ch'egli fa loro provare. S. Teresa, parlando di ciò che spesso accade a quelli che hanno l'orazione soprannaturale d'unione o quella di quiete, scrive, come abbiamo già notato:, «Appena ci met­tiamo in orazione, noi troviamo a chi parlare: dagli .affetti, dai sentimenti d'ardente amore, di fede viva, di generosità mista a tenerezza, che nascono nell'a­nima nostra, noi comprendiamo di essere 'ascoltati. Dio allora ci concede una grazia segnalata, e chi la riceve deve stimarla molto, perché è un'orazione altissima, ma infine non è una visione. Dagli effetti

citava per mezzo delle idee infuse, ma non ne d-iflerisce formalmente per II motivo formale, ne per 11 lume infuso, ugualmente sopranna­turale.

'» II-II, a. 1, a. 4.

24 Essa è stata recentemente ben descritta dal P. Joret, O. P., nella Vie spirituelle. ottobre 1921, p. 25-27. Ne parleremo più avanti, p. 336 e segg.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI        299

che Dio produce nell'anima si capisce ch'egli è lì presente; è una via per la quale la divina maestà vuole veramente -farsi sentire da noi 25. Dai più grandi maestri della vita mistica 2e si potrebbero citare* molti testi simili. È quello che diceva S. Tommaso spiegando il detto restato classico di Dionigi: «non. solum discens sed et patìens divina»: «Duplex est cognitio divinae bonitatis vel voluntatis. Una quidem speculativa... Alia autem est cognitio divinae volun­tatis sive bonitatis affectiva sive experimentalis, dum quis experìtur in seipso gustum divinae dulcedinis, et complacentiam divinae voluntatis; sicut de Hierotheo dicit Dionysius e. 2 de div. noni. quod' didicit di­vina ex compassione ad ipsa. Et hoc modo monemur ut probemus Dei voluntatem et gustemus ejus suavi-tatem » 27. È un conoscere Dio, non immediatamente, tal quale è, ma dagli effetti che produce in noi.

, " Vita, o. xxvn.

" Ot. saudbeau, Etat mvstigue, II ediz., p. 320-348, dov'è dimostrato ' ohe i testi invocati in favore della percezione immediata di Dio sono incompleti, e non hanno il senso ohe loro si vuoi dare.

" II-II, q. 97, a. 2, ad 2. Nel commento sui Nomi divini, o. n, san Tommaso spiega cosi questo passo ; «Non solum discens sed et patiens divina, id est, non solum divinorum seientiam in intelleotu accipiens, sed etiam diligendo, et unitus per affectum 11. Item de Veritate, q. 26, a. 3, ad 18. — Si vedano, a pag. 310, altri testi di 8. Tommaso e di Giovanni di S. Tommaso.


300                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

articolo V.

Rapporto essenziale della contemplazione infusa e della vita mistica coi doni dello Spirito Santo.

Abbiamo veduto quello che la contemplazione in­fusa non esige essenzialmente, ed ora bisogna vedere quello che la costituisce formalmente e da quale principio proceda. Spiegheremo così la definizione che abbiamo dato, al principio dell'articolo precedente, p. 287.

Secondo l'insegnamento comune dei teologi, come

•abbiamo detto,Ma contemplazione infusa è, al disopra del ragionamento e nell'oscurità della fede, una co-

/ gnizione semplice e amante di Dio, che non può ottenersi" colla nostra attività personale aiutata dalla grazia, ina che richiede un'ispirazione e illumuiazione speciale, abbastanza manifesta, dello Spirito Santo 1.

In altre parole, mentre la vita ascetica è carat­terizzata dal predominio del modo umano delle virtù cristiane, che noi esercitiamo a piacimento, la vita mistica ha per carattere distintivo il predominio del modo sovrumano o divino dei doni dello Spirito Santo, vale a dire" una cognizione infusa e un /imor infuso, che non possono essere il frutto del nostro sforzo personale 2.

1 Quest'Ispirazione e ilinminazione è abbastanza manifesta, se non per la persona ohe la riceve, almeno per 11 direttore sperimentato al quale si la conoscere, come spiegheremo. Intatti si può essere nello stato mi­stico senza saperlo; è il caso di certe anime purissime e semplicissime ohe non udirono mai parlare di stato passivo, ma che ci si trovano, come notò parecchie volte S. Teresa.

2 S. Teresa, nella sua Vita, o. siv, dice : « Per molte cose la scienza mi sarebbe necessaria. Qui, per esempio, converrebbe esporre la natura del soccorso generate e del soccorso particolare ecc., che molti non cono-


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       301

Per ben intendere questa dottrina, bisogna ricor­dare quali sono nella nostra vita soprannaturale t'uf­ficio e la necessità dei doni dello Spirito Santo, spe­cialmente del dono della sapienza, che i teologi con­siderano comunemente come il principio superiore della contemplazione infusa. Non ^ sarebbe possibile conoscer meglio su questo punto l'insegnamento tra­dizionale che vedendo quello che ne dice S. Tom-maso, il quale fu generalmente seguito.

§ I.

Ufficio dei doni dello Spirito Santo. Sono essi specificamente distinti dalle virtù acquisite e dalle virtù infuse?

Abbiamo già spiegato, e. II, a. 2, la distinzione specifica delle virtù infuse e delle virtù acquisite mediante il loro oggetto formale. È di fede che sopra le virtù naturali che s'acquistano e si sviluppano mediante la ripetizione frequente dei medesimi atti, noi abbiamo ricevuto,^ colla grazia santificante, le virtù infuse della fede, della speranza e della ca­rità (Concilio di Trento, sess. VI, e. 7). In quanto alle virtù morali infuse, come la prudenza cristiana, la giustizia, la fortezza, la temperanza, differiscono dalle virtù morali acquisite corrispondenti, perché hanno una regola superiore, non più la ragione na­turale, ma la ragione illuminata dalla fede, e sono ispirate da'vedute assai più alte 3. Così la tempe­ranza cristiana implica una mortificazione che la mo­rale semplicemente naturale non conoscerebbe, e si

scono, e spiegare come, durante quest'orazione, l'anima vede co' suoi occhi, in qualche modo, questo soccorso particolare ». Ella non poteva esprimere meglio l'ispirazione speciale a cui, come vedremo, i doni dello Spirito Santo ci rendono docili. 3 I-II, q. 63, a. i.


302    PERFEZIÓNE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

fonda sulle dottrine rivelate del peccato originale, della gravita dei nostri peccati personali, delle loro conseguenze, dell'altezza del nostro fine soprannatu­rale, dell'imitazione di Gesù crocifisso. Che distanza fra ,1'a temperanza descritta da un Aristotile e quella di .cui parla un S. Agostino!

I doni dello Spirito Santo sono ancora superiori alle virtù morali infuse, e, benché siano meno ele­vati delle virtù teologali, recano ad esse con il loro, .concorso una perfezione di più i, come vedremo.

«Per distinguere i doni dalle virtù, dice S. Tom-maso 5, bisogna seguire il modo di parlare della Scrittura, che li chiama non precisamente doni, ma spiriti. Così sta scritto in Isaia, xi: «sopra' di lui -riposerà lo spirito di sapienza e d'intelletto ecc. » 6. Queste parole danno chiaramente ad intendere che i sette spiriti ivi enumerati sono in noi per un'ispi­razione divina, ossia per una mozione esterna dello Spirito .Santo. Infatti bisogna considerare che l'uomo è mosso da un doppio principio motore (o direttore) :

l'uno è interno, ed è la ragione, l'altro è a lui esterno, ed è Iddio,, come abbiamo dimostrato sopra^7, e come disse lo stesso Aristotile nella sua Morale a Eudemo, 1. VII, e. 14, della buona fortuna.

.«Del resto è manifesto che tutto ciò che è .mosso dev'essere proporzionato al suo motore; e la perfe-.:

zione del mobile come tale è la disposizione che'' gli -permette .appunto d'essere bene mosso dal suo

4 I-II, q, 63, a. 8.

• I-II, q. 68, a. 1.

8 Intatti si legge in Isaia, xi, 2-3: «Sopra di lui riposerà lo Spirito del Signore, spirito di sapienza e d'intelletto, spirito di consiglio e di-lortezza, spirito di scienza e di pietà, e lo riempirà lo spirito del timore del Signore ». Questo testo s'applica al Messia annnnziato, e dopo la Pentecoste ai applica anche ai mèmbri vivi del corpo mistico di nostro Signore. Così l'intesero i .Padri; et. Dici. de Théol. Catìwl. art. Dons du Saint-Es'prit, per 11 P. gardeii,, O. P., Fondamento scritturale di questa dottrina, e insegnamento dei Padri, col. 1728-1781.

' I-II, q. 9, a. 4 e 6.  ;


•LA. CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI        §03

motore. Onde quanto più il motore è elevato, tanto più perfette devono essere le disposizioni che pre­parano il mobile a ricevere la sua azione. Per se^ guire le lezioni d'un professore d'insegnamento su­periore, ci vuole una lunga preparazione, che non è alla portata di tutti.              ' ,

«Finalmente è chiaro che le virtù umane perfe­zionano l'uomo in quanto egli si dirige colla ra­gione 8, nella vita interna ed esterna. Bisogna; dunque;

che vi siano in lui delle perfezioni superiori, che lo dispongano ad essere mosso divinamente, e queste perfezioni sonò chiamate doni, non solo perché esse sono infuse da Dio, ma perché per esse l'uomo di­venta capace di ricevere prontamente l'ispirazione divina 9, secondo il detto d'Isaia, l, 5: «II Signore m'aprì l'orecchio, per farmi udire la sua voce; qua­lunque cosa egli mi dica, io non resisto, e -non torno indietro». E lo stesso Aristotile dice, loc. cit., che quelli che sono mossi da un istinto divino non hanno bisogno di deliberare come fa l'umana ragione, ma devono seguire l'ispirazione interna, che è un prin­cipio superiore. E perciò; alcuni dicono che i doni perfezionano l'uomo disponendolo ad atti superiori a quelli delle virtù ».   "

Da ciò si vede che i doni dello Spirito Santo non sono atti, ne. mozioni attuali o soccorsi passeggeri della grazia, ma sì qualità o abitudini permanenti conferite all'anima in vista di certe operazioni sopran­naturali.

La Scrittura, nel testo classico d'Isaia,' xi, 2, li rappresenta come esistenti in modo stabile nel giusto, e dello Spirito Santo sta scritto : « Egli dimorerà

' Si tratta nell'ordine soprannaturale della ragione Illuminata dalla, fede ; è così in particolare che la prudenza infusa dirige le virtù morali infuse.

' « Secundum ea homo disponitur, ut efficiatur prompte mobiUs bì> inspiratlone divina. »


304    PEBKEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

in mezzo a voi, e sarà in voi» (Joan., xiv, 17). La Chiesa nella sua liturgia considera il «sacro sette­nario»,, sacrutn septenarium, come quello che forma una .sola cosa colla grazia abituale o santificante, chiamata sovente «grazia delle virtù e dei doni».10. S. Gregorio Magno insiste su questa permanenza di­cendo: «Mediante i doni, senza cui non si può giun­gere alla vita, lo Spirito Santo risiede in modo sta­bile negli eletti, laddove per la profezia, per il dono dei miracoli ed altre grazie gratuite, egli non stabi­lisce la sua dimora in quelli a cui si comunica» 11.

Come S. Tommaso li definisce, «i doni dello. Spi­rito Santo sono abitudini (o qualità permanenti es­senzialmente soprannaturali) che perfezionano l'uomo e lo dispongono ad ubbidire con prontezza alle ispi­razioni dello Spirito Santo» 12.

La parola ubbidire usata da S. Tommaso non esprime una pura passività; come le virtù morali assoggettano le nostre facoltà appetitive' all'impero della ragione e in. tal modo le dispongono a ben ope­rare, così i doni ci rendono docili allo Spirito Santo, per farci produrre quelle opere eccellenti conosciute sotto il nome di. beatitudini ls. In questo senso si potè dire dei doni: « Sono essi ad un tempo pieghe­volezze ed energie, docilità e forze, che rendono l'a­nima più passiva sotto la mano di Dio e nel medesimo tempo più attiva a servirlo e a fare le .opere sue » lt.

1B Cf. S. tommaso, III, q. 62, a. 2 : <i Utrum gratta sacramentalls allauid addat super gratiam virtutum et donorum ».

" S. gkeg. M., Moral, 1. II, e. lvi: n In hls igitur donig, sine qutbus ad vitam. perveniri non potest, Spiritus Sanotus In eleotis omnibus semper manet; sed in aliis non semper maneti).

12 I-II, q.. 68, a. 3 : « Dona Spiritus Sancti sunt quidam habitus quibus homo perflcitur ad prompte obediendum Spiritui Sancto»; ibid. a. 2, ad 1, et III Se.nt., d. xxxiv, q. 1, a. 1.

" I-II, q. 70, a. 2: n Beatitudines dicuntur solum perfecta opera, quae etiam rattone suae pertectionis magis attribuuntur donis q.uam virtutibus ».

11 Mons. gay, La vita e le virttt cristiane, trattato I.                ,


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI       305

Secondo questi principii, la gran maggioranza dei teologi ritiene con S. Tommaso che i doni sono real­mente e specificamente distìnti dalle virtù infuse, come distinti sono i principii che li dirigono: lo Spi­rito Santo e la ragione illuminata dalla fede. Abbiamo qui due direzioni regolatrici, due regole diverse, che costituiscono motivi formali diversi. Ora è un prin­cipio fondamentale che le abitudini (habitus) sono specificate dal loro oggetto e dal loro motivo for­male, come la vista dal colore e dalla luce, e l'udito dal suono 15. La virtù è un'abitudine che c'in­clina a seguire la regola della retta ragione, qua recte vivitur secundum regulam rationis le', i doni sono perfezioni più alte, che hanno per regola l'ispi-ramione divina 17. Una data virtù e il dono corrispon­dente, per esempio la fortezza e il dono della for­tezza, hanno una medesima materia, ma differiscono per la regola che serve di misura ai loro atti, poi per il loro modo di agire; perciò il loro oggetto for­male non è il medesimo. La ragione, anche illumi­nata dalla fede e dalla prudenza infusa, dirige : i nostri atti secondo un modo umano, invece lo. Spi­rito Santo secondo un modo sovrumano ls.

" Del resto non si potrebbe confondere le virtù e i doni senza urtare in gravi inconvenienti. Non si spiegherebbe perché certi doni come il timore non figurano nel numero delle virtù, e perché Cristo possedette i sette doni, come c'insegna Isaia, xi, 2, senz'avere certe virtù, come la fede, la speranza e la penitenza.

" I-II, o. 68, a. 1, ad 3.

"Ibid. et III Seilt.d. xxxiv, q. l,a. 3: « Cum dona sint ad operandum supra humanum modum, oportet anod donorum operati ones men-surentur ex altera regula humanae virtutis, quae est ipsa Divinitas ab homine partioipata suo modo, ut jam non humanitus, sed quasi Deus factus participatione, operetur 11.

" I-II, d. 68, a. 2, ad 1 : <i Dona excedunt communem pertectionem virtutum, non quantum ad gemis operum, eo modo ano constila prae-cedunt praecepta, sed quantum ad modum operandi, secundum qnod movetur homo ab altieri principio ».

Item III d. xxxiv, q. 1, a. 1 : « Dona a virtutibus distinguuntur in hoc quod virtutes perfleiunt ad actus modo hwmano, sed dona ultra humanum.

20 — Perfezione e Contemplazione. - I.


306    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Parimenti, mentre la fede aderisce semplicemente alle verità rivelate, il dono dell'intelletto ne fa scrutare la profondità. Il teologo dimostra quello che è di fede e risponde ai sofismi dell'eresia, con­frontando gli uni cogli altri i testi della Scrittura e dei Concilii secondo un procedimento umano spesso assai complicato; persone semplici, sotto un'ispira­zione speciale dello Spirito Santo, rispondono .in un altro modo, alle volte con una perspicacia maravi-gliosa e senza replica, che fa dire al teologo: «Mi-rabilis Deus in sanctis auisi ».                  ''. '.

La medesima differenza passa tra la prudenza e il dono del consiglio. In vista d'una grave decisione, la prudenza, sia acquisita sia infusa, deve consul­tare, esaminare tutte le circostanze e le conseguenze-dell'atto da compire, essa delibera a lungo senza mai giungere ad una certezza su quello che convenga scegliere. Invece, se abbiamo pregato con umiltà e con fiducia, un'ispirazione del dono del consiglio viene alle volte in un istante ad illuminare ogni cosa 19., In una situazione difficile, in cui bisogna conciliare due doveri in apparenza opposti, la prudenza è come perplessa, per esempio, esita su una risposta da darsi per evitare la bugia e per serbare un segreto. In.

modum-'; III, i. xxxv, q. 2, a. 3: i Donum In hoc transoendit virtutens quod supra hunwnum modum operetur ».

-Questa dottrina di S. Tommaso nel suo Commento sulle Sentenze.. non differisce, checché se ne dica, da quella della Somma, come si può-vedere dal testo della I-II citato al principio di questa nota, e da quello indicato nella nota seguente. Di più, è chiaro che quando, I-II, q. 68, a. 1, egli distingue le virtù dai doni mediante i loro rispettivi motori, sì •tratta di motori che dirigono e regolano (lo Spirito Santo e la ragione) o non pure cause efficienti che darebbero un impulso, più o meno torte, senza direziono e senza regolazione formale. Ed è manifesto ohe lo Spi­rito Santo dirige secondo un modo sovrumano. La dottrina della Somma teologica mantiene veramente su questo punto quello ohe si trovava già nel Commento sulle Sentenze.

, Item qu. disp. de cìiaritate, q. unic. a. 2, ad 17 : i Dona perflciunt vir-tutes, elevando eas supra modum: humanum ». " II-II, q. 52, a. 2, ad 1.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       307

certi casi, solo un'ispirazione del dono del consiglio ' ci farà trovare la risposta conveniente, senza man­care in nulla alla verità, senza ricorrere a restri­zioni mentali d'una dubbia moralità 20.

§ II.

I doni dello Spirito Santo sono necessari. alla salute?

La necessità dei doni dello Spirito Santo, come abbiamo già veduto, proviene dal modo imperfetto che conservano in noi le virtù cristiane, anche elevate, e si prevede che quanto più l'anima s'avanza verso la perfezione,, tanto più i doni devono intervenire, talché il loro modo sovrumano deve finire con preva­lere, in un ordine superiore non solo ai procedimenti della casistica, ma anche a quelli dell'ascetica e ai metodi d'orazione. È il fondamento stesso della nostra dottrina.

Qui, come dice S. Tommaso, bisogna procedere con misura. Senza dubbio il trascurar di esaminare da se stesso, quando si può, quello che conviene pen­sare, dire e fare, col pretesto di abbandono alla Prov­videnza, sarebbe un tentare Dio -21; ma bisogna ren-

B" S. Tommaso dice espressamente, II-ÌI, q. 52, a. 1, ad. 1 ; « Prudentia vel eubulia sive sit acquisita, sire sit infusa, dirigit hommem in inqui-sttlone consilii secundum ea quae ratio comprehendere potest. Unde homo per prudentlam Tei eubuliam fit bene consilians vel sibi vel alii. Sed quia humana ratio non potest comprehendere singularia oontin-gentia quae occnrrere possunt, flt quod cogitationes mortalium sint ti-midcte et incerine, providentiae nostrae, ut dicitur Sap. ix. Et ideo indiget homo la inquisitione consilu dirigi a Deo qui omnia comprehendit. Quod flt per donum consilii, per quod homo dirigitur, quasi consilio a Deo aocepto «. Item III Seni., d. xxxiv, q. 1, a. 2. — Per l'applicazione di questa dottrina, et. II-II, q. 110.

21 II-II, q. 53, a. 4, ad 1: « Si homo praetennittat tacere qnod potest, solum divinum auxilium expectans, videtur. tentare Detim ».


308    PEEFEZIONE CEISTIAMA E CONTEMPLAZIONE

dersi ragione della nostra insufficienza di fronte al fine soprannaturale a cui dobbiamo tendere.

S. Tommaso insegna che i doni dello Spirito Santo son necessari alla salute 22.

« II più elevato fra i doni, dice egli, è quello della sapienza, e l'ultimo quello del timore ». Ora il libro della Sapienza, vii, 28, ci dice: «Dio non ama se non colui che abita colla sapienza», e nell'Ecclesia­stico, i, 28, si legge: «Chi non ha il timor (di Dio) non potrà. diventar 'giusto». — Nostro Signore ci promise lo Spirito Santo, da cui abbiamo ricevuto il sacro settenario, appunto perché conosceva i bi­sogni profondi delle anime nostre.

Per spiegare questa necessità dei doni, S. Tom­maso ricorre ad una ragione profondissima: «I doni, dice egli 23, sono, come abbiamo veduto, perfezioni che dispongono l'uomo a ben seguire le ispirazioni divine. E là dove, -non bastando l'istinto della ragione, è necessaria l'ispirazione dello Spirito Santo, sono altresì necessari i doni. La ragione umana è per­fezionata in due modi; primieramente da una perfe­zione naturale (come, la virtù acquisita della sa­pienza), ' e in secondo luogo da una perfezione so­prannaturale, cioè da quella delle virtù teologali. Benché questa seconda perfezione sia superiore alla prima, noi la possediamo secondo un modo meno per­fetto; -l'uomo infatti possiede, per così dire, piena­mente la sua ragione naturale, mentre ha solo in modo imperfetto il conoscimento e l'amor di Dio.

« Ora chiunque possiede perfettamente una natura, una forma, una virtù, insomma un principio qualun­que d'operazione, con la mozione ordinaria di Dio, che opera internamente in ogni agente naturale o li­bero, può agire da se stesso in quest'ordine d'opera-

t' I-II, a. 68, a. 2. 28 IbU,:


•LA COMTEMPLA.ZIONE E I SUOI GEADI       309

zione. Ma chi possiede solo imperfettamente un prin­cipio d'attività non basta a se stesso per agire, ed ha bisogno d'un soccorso estraneo, d'una mozione speciale. Nell'ordine fisico il sole illumina per se stesso, ma: la luna non illumina se non colla luce che riceve dal sole. Nell'ordine intellettuale, il me-.dico che conosce perfettamente la sua arte, opera per se stesso; ma lo studente di medicina, che non è ancora pienamente istruito, ha bisogno della dirc­zione e dell'assistenza del suo maestro.

«Sicché adunque, per le cose che sono del dominio della " ragione, e relative al suo fine connaturale, l'uomo può. .operare colle sue energie native . (in­sieme col soccorso ordinario che la Provvidenza da alle cause seconde); e se in quest'ordine l'uomo è aiutato da .un'ispirazione .speciale (instìnctum spe-cialem) di Dio, ciò sarà effetto d'una bontà vera­mente sovrabbondante, che va volentieri oltre il ne­cessario (7ioc erit superabandantìs bonitatis). Onde, secondo i filosofi, non tutti quelli che hanno le virtù morali acquisite hanno le virtù eroiche o divine. .

« Ma perché piacque a Dio di chiamarci ad un fine ultimo soprannaturale (che supera assolutamente le forze e le esigenze della nostra natura ragionevole), la ragione, essendo solo imperfettamente perfezionata dalle virtù teologali, è incapace di condurci a questo beato termine del nostro viaggio; ci occorre la di-rezione, la mozione dello Spirito Santo, secondo queste parole di S. Paolo 21: «Quelli che sono condotti dallo Spirito di Dio, sono suoi figli». Di salmo cxlii, 10, dice inóltre: « È il tuo Spirito che mi condurrà nella terra dei santi ». Quindi per giungere a questa meta suprema soprannaturale, l'uomo ha bisogno dei doni dello Spirito Santo » 25. In questo senso essi sono

24 -roto., vili, 14.                        :

" I-II, q. 68, a. 2. Vedasi 11 commento del Gaetano su questa questione 68 e quello di Giovanni di S. Tommaso. '


310 ' PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

necessari ^alla salute a titolo di disposizioni abituali per ricevere le ispirazioni celesti, come le vele sono necessarie sopra la barca perché essa sia docile al soffio dei venti.

Non già che il cristiano sia sempre incapace di fare un atto soprannaturale senza l'intervento dei doni dello Spirito Santo; certo, s'egli ha perduto questi doni insieme colla carità, per un peccato mortale, può ancora con una grazia attuale ordinaria fare nn atto soprannaturale di fede; e ben sovente ancora il giusto agisce soprannaturalmente senza un'ispirazione speciale dello Spirito Santo. Ma, come dice S. Tom-maso, non è in potere della ragione, anche illuminata dalla fede e dalla prudenza infusa, «il conoscere tutto quello che importerebbe sapere, e il preservarsi da ogni sviamento (stultitia). Solo Colui che è onni­sciente e onnipotente può darci un rimedio contro l'ignoranza, la stupidità o stoltezza spirituale, la durezza del cuore, e contro le altre miserie di questo genere. È per liberarci da questi difetti che ci sono largiti i doni, che ci rendono docili alle ispirazioni. divine » 26.

«Per le/virtù teologali e morali l'uomo non è talmente perfezionato in vista del fine ultimo so­prannaturale, ch'egli non abbia sempre bisogno di essere mosso da un'ispirazione superiore dello Spi­grito Santo » 27.

"I-II, a. 68, a. 2, aO 3.

" IWd., a. 2, ad 2. Certuni interpretarono male questo testo Sì S. Tom-maao e pensarono ohe volesse dire: l'uomo ha bisogno d'essere sempre mosso per clascun atto salutare da un'ispirazione speciale dello Spirito Santo, anche negli atti remissi. Era un confondere la grazia attuale or­dinaria ooll'ispirazione speciale di cui si tratta qui. S. Tonunaso non scrisse : « ouin indigeat semper moveri », ina, « quia semper indigeni mo­ver! ». Il che vuoi dire: L'uomo non è talmente perfezionato dalle virtù teologali, ch'egli non aolia sempre bisogno d'essere ispirato dal maestro intcriore, come si dice: Quello studente di medicina non è talmente istruito che non abbia sempre bisogno dell'assistenza del suo maestro per certe operazioni. Ot. appresso.

È ben certo che si può fare un atto soprannaturale di fede, con una,


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI           311

§ ni.

Necessità d'una docilità sèmpre più perfetta al Maestro inferiore.

L'assistenza speciale di cui abbiamo parlato è t anto più necessaria in quanto l'anima, progredendo, deve operare opere più perfette, e in quanto lo Spirito Santo vuole condurci ad una cognizione più profonda e più amante dei misteri soprannaturali 28.

Anche giunte ad un alto grado, le virtù infuse, teologali e morali, senza un soccorso speciale dello Spirito Santo operano ancora secondo il modo umano delle facoltà nelle 'quali sono ricevute 29.

La fede ci fa conoscere Dio in modo ancora troppo astratto, troppo esteriore, « in speculo et in Benigniate », mediante formule troppo ristrette che devono essere moltipllcate ; noi vorremmo poterle condensare in una sola, che ci faccia prendere meglio contatto col Dio vivo, che ci esprima il lume di vita ch'egli dev'essere sempre più per noi. A quest'imperfezione della fede partecipano la speranza e la carità, che sono dirette da essa. Queste due virtù della volontà mancano di slancio e conservano, un modo troppo umano, finché sono dirette solamente dalla ragione illuminat'a dalla, fede.

Per accorta che sia, la prudenza cristiana che

grazia attuale, senz'alò™ concorso dei doni dello Spirito .Santo; è vera­mente 11 caso di quel fedele che, essendo in stato di peccato mortale, ha perduto colla carità i doni dello Spirito Santo e che pure fa ancora abbastanza sovente atti di lede soprannaturale. Ot. gabdeil, Dici. Théol., art. Dona, fine, col. 1779.

II P. B. projet, O. P., L'Abitazione dello Spirito Santo nelle anime aiuste (Marletti, Torino-Roma), P. IV, o. vi, da manifestamente su •questo punto il vero pensiero di S. Tommaso.

13 Rom., vili, 14: « Quioumque Spiritu Dei agnntur, 11 sunt filli Del ».

2" I-II, q. 68, a. 2.


312    PERFEZIONE CRISTIANA E ÓOMTEMP.LAZIONB /

regola le altre, virtù, morali, pur essendo assai su­periore alla prudenza puramente naturale, descritta. dai filosofi, resta sovente tìmida, incerta ; nelle sue previsioni, troppo misurata da rispondere a tutte le ' esigenze dell'amor divino, come la nostra fortezza. e la nostra pazienza sono insufficienti in certe prove, e la nostra castità davanti a certe tentazioni 80.

,Le nostre virtù soprannaturali, per il fatto che devono adattarsi al modo umano delle nostre facoltà, ci lasciano dunque in uno stato d'inferiorità di fronte al fine soprannaturale, verso il quale bisognerebbe, correre con maggiore slancio.

Con -le sole virtù anche soprannaturali, l'uomo è come un apprendista, che conosce press'a poco quello che bisogna fare, ma che non ha la maniera di farlo come conviene. Bisogna dunque che il maestro che lo forma di quando in quando gli prenda la mano e gliela diriga perché l'opera sia presentabile. Così la nostra.. -orazione resta troppo umana da poter gustare vera­mente la parola di Dio, fino a tanto che essa, è sempli­cemente il frutto d'una meditazione assidua. Nella me­ditazione beviamo solo un'acqua che è passata sulla. terra, mista a fango, dice S:: Teresa; affinchè noi be­viamo alla sorgente, bisogna che lo Spirito Santo, come il maestro dell'apprendista,. intervenga direttamente egli stesso, s'impadronisca della nostra intelligenza e della nostra volontà e loro comunichi la sua ma­niera propria di pensare e di amare, maniera divina sola degna di Dio, che vuoi essere conosciuto come una verità vivente e amato divinamente. E come noi ,di fronte a Dio rimaniamo sempre apprendisti, af­finchè la nostra, orazione e le nostre opere siano-'perfette, bisogna che lo Spirito Santo intervenga abi­tualmente. Perciò, a differenza delle grazie puramente gratuite (gratis datae) come la profezia, i doni, che

" S. tommaso, III Seni., d. xxxiv, q. 1, a. 2.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADi        313:

ci rendono docili alle ispirazioni divine, come le virtù alle direzioni della ragione, devono essere i.Q, noi permanenti 81; sono essi veramente nell'anima nostra quello che sono le vele sopra la barca. La. barca può avanzare in due modi: a forza di remi» e ciò è penoso e lento, oppure perché il vento gonfia. le vele; l'anima può avanzarsi mediante l'esercizio" delle virtù, e in ciò essa è attiva, oppure mediante l'ispirazione dello Spirito Santo che soffia dove vuole e quando vuole, e qui l'anima è docile, movendosi meno che non sia essa mossa: « dona Spiritus Sancii perficiunt hominem secundum quod agitar a Spiritu-Dei... sed sic agitur homo a Spiritu San'cto quod etiam agit, in quantum est liberi arbitrii unde in-diget habitu» 32. Da ciò si vede che l'anima non s'accosta alla perfezione sé non mediante una gran docilità allo Spirito Santo, secondo la quale il modo-sovrumano dei doni deve prevalere normalmente, per rimediare sempre meglio a ciò che vi è di essemial-.mente imperfetto, nel modo umano delle virtù; e questo sarà l'ufficio dei doni.

§ IV.

L'ispirazione speciale dello Spirito Santo e il progresso della carità.

Nessuno dubita che la teologia mistica di S. Tom-maso si trovi soprattutto in ciò ch'egli c'insegnò circa i doni dello Spirito Santo, sul loro rapporto colla carità da una parte, e colla contemplazione in­fusa dall'altra. Ma spesso ci si contenta di leggere abbastanza rapidamente nella Somma Teologica gli articoli della I-II, q. 68, dedicati ài doni dello Spi-

" I-II, q. 68, a. 3: i Utp.mi dona sint haMt-ns ». 32 Ibid.. ad 2.            .


314    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

rito Santo in generale, e quelli della II-II, q. 8, 9, 45, relativi ai doni dell'intelletto, della scienza e della sapienza, senza considerare abbastanza il loro rapporto con ciò che si dice, II-II, q. 24, a. 9, dei tré gradi della carità, nei principianti, .nei pro-ficienti e nei perfetti, 'e senza ricordare ciò che insegna S. Tommaso, I-II, q. Ili, a. 2, circa la grazia operante, a cui si annette l'ispirazione spe­ciale dello Spirito Santo. Quindi non si vede abba­stanza ciò che vi è di originale e di elevatissimo nella dottrina tomista dei doni.

Questo punto invece fu brevemente ma chiara­mente indicato nel lavoro più completo che attual­mente abbiamo sui doni, il grande articolo del Padre G-ardeil, O. P., nel Dictionnaire de Théologie ca-tholique, t. IV, 1911, col. 1728-1781. Nella parte storica di questo lavoro, dopo aver posto in vista le fonti della dottrina dèi doni nella Scrittura, nei Padri greci e latini, e ricordato i saggi dei primi teologi scolastici, il P. Gardeil analizza gli scritti dei fondatori della teologia sistemata dei doni, Ales­sandro di Halès, S. Bonaventura, S. Alberto Magno •e S. Tommaso d'Aquino. È interessantissimo il ve­dere come questi quattro grandi scolastici reagirono contro Guglielmo d'Auxerre e Guglielmo di Parigi, che negavano il carattere specifico dei doni e li ri­ducevano alle virtù, preparando così la dottrina mi­nimista dei nominalisti decadenti del secolo xiv. «Questi quattro grandi teologi, dice il P. Gardeil, toc. oit., col. 1776, consacrarono a fondo la dottrina antica, che distingueva i doni dalle virtù consideran­doli come dei primi motus in corde... ma, in vece d'identificare doni e grazie attuali, essi videro nel dono, almeno S. Tommaso, la disposizione sogget­tiva a ricevere le più sublimi fra queste ultime. Inoltre S. Tommaso, con una magnificenza di sin­tesi incomparabile, ricollegò quest'angolo di dottrina.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GBADI       315

a ciò che la filosofia d'Aristotile e la sua propria teologia hanno di più elevato, di più profondamente vero, rispetto al primato dell'agire divino. Così egli la ricondusse ai primissimi principii, che tanto in filosofia come in teologia reggono le questioni dell'a­zione divina come tale, cioè in quanto si svolge con­forme alla legge intima dell'Essere divino, e, me­diante questa sistemazione, egli le assicurò la solidità indistruttibile di ogni dottrina collegata coi primi principii, evidenti per se stessi o primieramente, rivelati» 8S.

Qui noi vorremmo 1° dimostrare come, secondo S. Tommaso, l'ispirazione speciale dello Spirito Santo, alla quale i doni ci rendono docili, differisca dalla grazia attuale comune necessaria all'esercizio delle virtù infuse, e 2° seguire l'elevazione crescente di quest'ispirazione speciale, nei principianti, nei prò" fidenti e nei perfetti, considerando specialmente i •doni della sapienza, dell'intelletto e della scienza.

L'ispirazione speciale dello Spirito Santo e la grazia attuale comune.

Per ben intendere questa dottrina, come osservò profondamente il P. del Prado, O. P. st, bisogna distinguere con S. Tommaso le diverse maniere se­condo le quali Dio muove il nostro intelletto e la-nostra volontà, sia nell'ordine naturale, sia nell'or­dine soprannaturale. Il santo Dottore distinse tré modi principali della mozione divina nell'ordine della

33 Ot.P. GABDEi'L,-&e Donne révéléetlathéologie, Parigi, Gabalda, 1910:

• III. Les systèmeg theologIqTies oomparés entre enx, p. 266-286. Circa la questione di cui ci occupiamo, vedasi anche l'introduzione dell'eccel­lente opera del medesimo autore. I doni dello Spirito Santo nei Santi Domenicani, makietti, Torino.

" De gratta et Libero arbìtrio, E'dburgo (Svizzera), 1907, t. II, p. 201..., 225..., W...


316    PEBEEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

natura, e tré altri proporzionalmente simili in quello della grazia. Essi possono esprimersi nella divisione seguente che stiamo per spiegare:

j5.2

o 'o fl

a volere la beatitudine in generale.

§ '"3      ,     .    .   ( un dato bene vero. ^i " B   <* aetermznarsz ai        , ® r^ ^                     f o a un bene apparente. fl " -^                                                . . ;_ g   mediante una ispirazione speciale, per es. d'ordine

;,-filo8onco, poetico, eco. § , <d i a couvertirsi a Dio, fine ultimo soprannaturale.

'S § S i a determinarsi alla pratica delle virtù infuse, o ^ ^ < '-> §' ~s i mediante un'ispirazione speciale a cui i dom ci ren-

1j °1 a f   dono docili.

Il primo modo 'di mozione è prima della delibera­zione umana 86, il secondo è dopo di essa o con essa, il terzo al di sopra di essa, e ciò tanto nell'or­dine della natura quanto in quello della grazia. San Tommaso li ha enumerati I-II, q. 9, a. 6, ad 3;

q. 68, a. 2 e 3; q. 109, a. 1, 2, 6, 9; q. Ili, a.. 2; de• •'V'svitate, q. 24, a. 15. Qui basta tradurre il primo di questi testi, che — parecchi sembrano ignorarlo — si spiega coi seguenti, come vedremo:

«Dio, dice S. Tommaso, muove la volontà; dell'uomo, come primo motore universale, verso l'oggetto uni­versale della volontà che è il bene; e sènza questa mozione universale l'uomo non può voler nulla. Ma l'uomo per la ragione si determina a voler questo o quello, un bene vero, o un bene apparente. Alle •volte tuttavia Iddio muove specialmente certi a vo­lere in un modo determinato un dato bene, come quelli ch'egli muove colla sua grazia, nel modo che spiegheremo appresso» (q. 109, a. 2 e 6; q. Ili, a. 2) se.    ,

"• Non vi ha, propriamente parlando, deliberazione ed. elezione sul fine ultimo, cf. I-II, q. 13, a. 3, et II-II, q. 24, a. 1, ad 3; noi lo spieghe­remo in seguito.

" I-II, q. 9, a. 6, ad 3: Deua mOYet voluntatem hominis, siout uni-versalls motor, ad universale objeotum voluntatis, quod est bomim;


LA. CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI        317

Per il primo modo di mozione divina, nell'ordine naturale, la nostra volontà è dunque mossa, in, quanto all'esercizio, a volere il bene in generale ossia la beatitudine, e quest'atto, per il quale ognuno di noi vuole essere felice o desidera la felicità, è senza dubbio un atto vitale, posto, emesso dalla volontà, ma non è libero, in questo senso che noi non pos­siamo odiare la beatitudine ne preferirle altra cosa 37;

è sempre ad essa che noi aspiriamo, e quest'aspira­zione si porta così confusamente verso Dio, quan­tunque noi non giudichiamo sempre che sia in. Lui •che si trova la nostra beatitudine vera 38. Ogni uomo desidera naturalmente d'essere felice, «il col­locare la felicità dove bisogna, è la fonte d'ogni bene, e la fonte d'ogni male è il collocarla dove non bisogna» 39. Per questo Gesù cominciò la sua pre--dicazione colle beatitudini evangeliche, le quali ci dicono, contro le massime del mondo, dove sta la vera felicità.

In questo primo atto di volontà, in questo desi­derio naturale della felicità, se si considera in sé

•et sine hac universali motione homo non potest aliquid velie ; sed homo per ratlonem determinat se ad volendum hoc vel illud, quod est vere bonum, vel apparens boriimi. Sed tamen Interdum specialiter, Deug movet aliquos ad aliquid determinate volendum quod est bonum, siout in hls

•quos movet per gratiam, ut infra dicetnr » (q. 109, a. 2,. et 6, et q. Ili, a. 2).

Circa questo testo e la sua relazione cogli altri che abbiamo citato, vedasi del pbado, de Ch'atta et Libero arbitrio, t. I, p. 236; t. II, pa­gine 228, 256.

" I-II, q. 10, a. 1 et 2.

" I, ci. 2, a. 1, ad 1: i Oognoseere Deum esse in aliquo communt, «uh quadam contusione, est nobis naturaliter insertum. In quantum soilicet Deus est hominig beatitudo; homo enim naturaliter desiderat beatitudinero ; et quod naturaliter desideratur ab nomine, naturaliter cognoscitur ab eodem. Sed hoc non est simpliciter cognoscere Deum. esse, sicut oognoscere venientem, non est oognoscere Petrum, quamvis eit Petrus venlens; multi enim perfectum hominis bonum, quod est leatitudo, existimant divitias, quidam vero voluptates, quidam autem aliquid aliud ».

" bossuet, Meditazioni sul Vangelo, 1" meditazione.


318      PERFEZIONE OEI8TIANA E CONTEMPLAZIONE

indipendentemente dagli atti che possono seguirlo, non vi può essere peccato. Non si dice che la volontà muove se stessa a questo primo atto, perché essa propriamente non si muove ad un atto se non in virtù d'un atto anteriore; così essa si muove a sce­gliere i mezzi in virtù dell'atto per il quale essa vuole il fine t0. Ora si tratta qui del primissimo atto, e per questo la volontà qui non può peccare;

essa è mossa da Dio senza muovere se stessa, benché essa produca vitalmente quest'atto A1.

Il secondo modo di mozione divina è quello in virtù del quale, già nell'ordine naturale, il nostro-libero arbitrio si determina a questo o a quello, a. un dato bene vero, o ad uno apparente. Questo mo­vimento della nostra volontà non è solo vitale ma Ubero, e la volontà muove se stessa in virtù d'un atto anteriore a produrlo, e perciò qui essa può peccare ts. Ma siccome Dio non può essere per la sua mozione ugualmente causa del male e del bene, bisogna dire che la mozione per la quale egli porta il libero arbitrio a determinarsi a un atto buono na­turale non è la medesima che quella per cui egli è causa dell'atto fisico del peccato e non della sua malizia is. L'atto buono è tutto quanto di Dio, come

" I-II, q. 9, a. 3: i Intellectus per hoc, quod cognoscit prinoipium, reducit seipsum de potentia In actum, quantum ad cognitlonem con-clusionum. Et hoc modo movet seipsum. Et slmlllter volimtas, per hoc qnod vult flnem, movet s&vpsam ad volendum ea quae sunt ad flnem » ;

etibid., ad 1, et 1, q. 63, a. 5.

41 I-II, o.. 9, a. 6, tertia oblectio et responsio ad ipsam. " Ot. I, q. 63, a. 1, ad 4; a. S; a. 6; et I-II, q. 69, a. 1 et 2. " Altrimenti ne seguirebbe che Dio colla sua mozione non sia causa dell'atto buono più che del peccato ; il che sarebbe contro la definizione del Concilio Tridentlno, sess. VI, can. 6 : « Si quis dixerit mala opera ita ut bona Denm operar!, non permissive solum, sed proprie et per se anathema sit ». Se 11 concorso divino tosse solo simultaneo, o se fosse •nna premozione indifferente. Dio, con siffatto concorso, non sarebbe causa dell'atto buono più che del peccato. La ragione per cui non sa­rebbe causa del peccato è che 11 suo concorso sarebbe simultaneo e in-


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI    .   319'

della sua causa prima, e tutto quanto nostro, come della sua causa seconda : « Ghe cosa hai tu che non - abbi ricevuto ?» it. Invece F'atto cattivo, considerato in ciò che esso ha di disordinato e di cattivo, non viene da Dio, ma solo dal nostro libero arbitrio de­fettibile e mal disposto . Così il camminare delio-zoppo, in quanto azione, viene dalla sua energia vi­tale, ma in quanto difettoso viene solo dalla mala. conformazione della gamba t6. All'opposto della mo­zione divina che porta al bene, quella richiesta per l'atto fisico del peccato è accompagnata dalla per­missione divina del disordine contenuto nel peccato. Dio lascia che accada questo disordine, per ragioni altissime di cui egli è giudice, ma non può esserne la causa in modo alcuno. Principio indefettibile d'ogni-bene e d'ogni ordine, egli non può causare il male nell'atto del peccato più di quello che l'occhio ve­dendo il colore d'un frutto possa percepirne il sa­pore. Il male morale non cade sotto l'oggetto della onnipotenza più che i suoni sotto l'oggetto della vista. Iddio, seiiza essere obbligato, spesso rimedia ai man­camenti del nostro libero arbitrio; ma non lo fa. sempre, ed è questo un mistero.

Il terzo modo ,di mozione divina nell'ordine na­turale è quello di cui parla S. Tommaso A7, citando

differente; dunque, per la medesima ragione egli non sarebbe propria' mente causa dell'atto buono. Cf. I-II, q. 79, a. 2. et thomistas in hunc at-tioulum.    ,                                        .

41 I Oor., IV, 7. Coinè dimostra S. Tommaso nel commento di questa epistola, tutti i beni sono di Dio, anche la buona determinazione del nostro libero arbitrio, in quanto essa si distingue dalla cattiva. Of. I, q. 23, a. S; et I-II, q. 109, a. 2.

*' I-II, q. 79, a. 1 et 2.

" IWd.

" I-II, a. 68, q. 1 : « Et Philosophus etiam dicit in cap. de bona for­tuna (Maga. Moral., 1. VII, e. xiv) quod bis qui moventur per instin-otum divinum, non exyedit consiliari secundum ratiónem hwinaftam, sed quod sequantur interiorem instinetum, quia •moventur a meliori principio quam sit ratio humana ».


320    PERFEZIONE OEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

la Morale a Eudemo, 1. VII, e. 14. In quest'opera

•attribuita ad Aristotile, ma composta sotto il suo influsso da uno de' suoi discepoli platoneggiante, si dice: « Si domanderà forse se è la buona fortuna di « qualcuno che gli fa desiderare quello che bisogna e « quando bisogna... Senza riflettere, senza delibe-« rare o prendere consiglio, gli accade di pensare e « di volere quello che conviene meglio... Quale ne è «la causa, se non la .buona fortuna? Ma che cosa

•v. è essa medesima e. come può dare così felici ìspi­de razioni? È lo stesso-che domandare qual è il prin-

•«cipio superiore dei movimenti dell'anima. Ora è

•« manifesto che Dio, il quale è il principio déll'uni-

•« verso, è anche quello dell'anima. Ogni cosa è mossa

•« da lui, che è presente in noi stessi. Il principio « della ragione non è la ragione, ma qualcosa di «superiore. Ora che cosa è superiore alla ragione « e all'intelletto, se non Dio ?... Perciò gli antichi di-«cevano: "Beati sono coloro che, senza deliberare, «sono portati a ben agire,,; ciò non viene portato « dalla loro volontà, ma da un principio presente in

•« essi,' che è superiore' al loro intelletto e alla loro

•«volontà... Anzi certuni sotto un'ispirazione divina

•n prevedono l'avvenire ». '

'Neìì'Etioa a Nicomaco, 1. VII, e. 1, Aristotile stesso parla degli eroi come Ettore òhe «per l'eccellenza del loro coraggio sono chiamati divini..., perché in essi vi è alcun che di superiore alla virtù umana »

•o alla scienza umana. Così si diceva: «il divino Fia­tone », a cagione dell'ispirazione superiore che sposso .animava il suo discorso. Quest'ispirazione è d'or­dine naturale e piglia diverse forme, filosoficà, poe-. tica, musicale, strategica; e sono le forme svariate del genio.

S. Tommaso osservò bene che quest'ispirazione speciale non è necessaria, all'uomo perché raggiunga 'il suo fine ultimo naturale, ma egli ritiene che la


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       321

cosa è diversa nell'ordine della grazia, in cui i doni dello Spirito Santo e le ispirazioni corrispondenti sono necessari alla salute is.

*   *   *                       .;

Nell'ordine della grazia si trovano trasportati questi tré modi nella mozione divina, e i tré sono qui qualche cosa di normale.

lo — Nell'istante della giustificazione dell'empio, Dio, come autore ' della grazia, muove il libero ar­bitrio. dell'uomo a convertirsi al fine ultimo sopran­naturale. Sotto questa mozione divina e per essa, il peccatore vien. fatto giusto o giustificato, e co­mincia ad agire non più solo in vista della felicità naturalmente desiderata, ma per Dio, soprannatural­mente amato sopra ogni cosa.

Questa mozione soprannaturale prepara anzitutto il peccatore a ricevere la grazia santificante e lo giustifica coll'infusione di questa grazia e della ca­rità, portandolo ad un atto libero di fede, di carità e a un atto di pentimento i9.

Qui, propriamente parlando, il libero arbitrio non muove se stesso a quest'atto di fede viva e di carità;

" I-II, cl. 68, a. 2, e.: « Quantum ad ea, quae subsunt humanae rationi, In ordine scilicet ad finem connaturalem homini homo potest opepari per judicium rationis; si tamen efciam in hoc homo adjuvetur a Deo •per specialem instinctum, hoc erit superabundantis tionitatis. Unde seoundum Philosophos, non quicumque nabebat virtutes morales ac-<iuisitas, nabebat virtutes heroicas vel divinas. Sed in ordine ad finem ultimum supernafuralem, ad quem ratio movet, secundiim quod est aliqualiter et imperfecte informata per virtutes theologicas, non suf­ficit ipsa motto rationis, nisi desuper adsit instinctus et motio Spiritus Sancii, secundum illud ad Hom., vili, 14: Quicumoue Spiritu Dei {iguniur, 7ii sunt filii Dei. »                                  -,

" I-II, q. 113, a. 1, 2, 3,1, ad i, 5,6, 7, 8.—Cf. de hac rè del pbà.do, de Oratia et Libero arbitrio, t. II, p. 240.                    '

21 — Perfezione e Contemplazione. - I.


322    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

ma vi è mosso dalla grazia operante50. In quest'atto non vi può essere peccato, anzi vi è detestazione del peccato. Ed esso si produce liberamente sotto la grazia efficace 51.

Benché sia liberissimo, questo movimento sopran­naturale di volontà rassomiglia al primo movimento naturale per il quale noi vogliamo la felicità. Nei due casi, l'uomo, propriamente parlando, non può muovere se stesso; ciò supporrebbe un atto anteriore efficace del medesimo ordine. Ora quest'atto anteriore non esiste, poiché si tratta qui del primo atto effi­cace d'amore del fine soprannaturale 52. Anziché es­sere preceduto da un merito personale, è desso che';

apre la via al merito; esso è come la soglia dell'or-* dine della grazia, o come il primo passo nell'esecu­zione della predestinazione divina.

" I-II, g. Ili: a. 2: <i Quantum ad actum interiorem voluntes se habet ut mota, Deug ut movens, praesertim cum voluntas incipit bonum velie, yuae prius malum volebat. Et ideo, secundum quod Deus move! humanam mentem ad. huno actum, dioitur gratia operans. Alias autem aotus est exterior, qui oum a voluntate imperetur, ut snpra habitum est (q. 17, a, lo), consequens est, quod ad huno actum operatio attribnatur voluntati. Et quia etiam ad buno actum Deus nos adjuvat et interius oonflmiando voluntatem, ut ad aetum pervenlat, et exteriug facultatem operandi praebendo respectu hujusmodi actus gratia dicitur cooperane ». —Ibid. ad 2, S. Tommaso mostra come sotto la grazia operante benché Ìa volontà non muova se stessa in virtù d'un atto interiore, essa tuttavia consente liberamente a essere mossa: « Deus non ginenobis nos'justiflcat:

quia per motum liberi arbitrii, dumjustificat. Dei justitiae conseutinms. lile tamen motus non est causa gratiae, sed eflectus, nude tota operatio pertinet ad gratiam r.

51 I-II, q. 113, a. 5, et q. 112, a. 3: 11 Si ex intentione Dei moventig est, quod homo, oujus cor movet, gratiam consequatur, infalllbiliter eam eonsequitur ».

" II-II, a. 24, a. 1, ad 3. — Ot. del p.rado, op. cit.. t. II, p. 220:

« Hic motus voluntatis (sub gratia operante in instanti justiflcationis), 'quamvis liberrimus, est etiam ad instar motus naturalis per modum sim-pliois volitionis ; et homo non valet per rationem se primo determinare ad hujusmodi velie, quod excedit omnem naturalem facultatem, tam ratìonis, quam voluntatis... Est tundamentum oinnium sanotarum ele-otionum in ordine gratiae ». — Of. ibid., p. 223, et 1.1, p. 226-228, 236, dove si dimostra che Lemos su questo punto è più fedele a S. Tommaso ohe Diego Alvarez, Gonet e Goudin, ohe riducono la grazia operante ad una grazia eccitante ohe non conduce fino al buon consentimento.


I.A CONTEMPLAZIONE E I SUOI GKADI        323

2° — II secondo modo di mozione in quest'ordine e quello per il quale Dio muove l'uomo giusto a ben agire soprannaturalmente facendo uso come si con­viene delle gerita infuse. In questo movimento del lìbero arbitrio, la volontà è mossa e muove se stessa, in virtù d'un atto soprannaturale anteriore. Vi è qui deliberazione propriamente detta circa i mezzi in vista del fine, e modo umano di agire,, sotto la dirczione della ragione illuminata dalla fede 63. Perciò la grazia è qui chiamata cooperante ai. Sotto questa grazia, qùand'è efficace, il libero arbitrio ..può an­cora resistere, se vuole, ma non lo vuole m,ai. Non può avvenire infatti che il peccato si produca nell'uso stesso della grazia, quando l'uomo è mosso dalla grazia attuale efficace 55. Così, colui che è seduto, può ben levarsi, ma non può essere nel medesimo tempo seduto e in piedi. La libertà sussiste, perché Dio,, infinitamente potente e più intimo a noi che noi stessi, muove la nostra, volontà, secondo la sua inclinazione naturale a volere liberamente questo o quello 56.

" In tal modo per la prudenza infusa l'uomo delibera per agire come conviene secondo la virtù della religione, della giustizia, della tortezza, della temperanza, ed ancue per fare, quando occorre, degli atti di fede, di speranza, di carità. La prudenza impera così per accidens gli atti delle virtù teologali, benché non li misuri, Ot. II-II, q. 81, a. i, comment. P. Billuart.

" I-II, q. Ili,a.2: « In ilio autem eflectu, in quo mens nostra et movet et movetur, operatio non solum attribultur Deo, sed etiam animae, et secundun hoc (licitar gratia cooperans «. La volontà volendo già il flne ultimo soprannaturale muove se stessa, sotto la grazia cooperante, a volere i mezzi ordinati a questo flne, et. I-II, q. 109, a. 9, e hugon, de Qratia, p. 281-283.

15 I-II, q. 10, a. i, ad 3: « 81 Deus movet voluntatem ad aliquid, •ineompossibile est nule posttloni, quod vomntas ad illud non moveatur. Non tamen est impossibile simpliciter. TJnde non sequitur quod vo-luntas ex necessitate moveatur. »

" Ibid. ad 1: « Voluntas divina non solum se extendit ut aliqmd fiat per rem quam movet, sed ut etiam eo modo fiat quo congruit naturae ipsius. Et ideo magia repugnaret divinae motioni, si voluntas ex neces­sitate moveretur, quod suae naturae non competit; guani si moveretur


324    PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPIAZIONE

3°— Finalmente il terzo modo di mozione divina, nell'ordine della grazia, è quello per cui Dio muove •specialmente il libero arbitrio dell'uomo spirituale, disposto alle divine ispirazioni dai doni dello Spirito Santo. Qui il giusto è guidato direttamente, non dalla sua ragione illuminata dalla fede, ma dallo Spirito Santo stesso, in modo sovrumano 57. Questa mozione non solo è data per l'esercizio dell'atto, ma per la sua direziono e per la sua specificazione, perciò si chiama illuminazione e ispirazione 58. È. un modo eminente della grazia operante, che induce. così agli atti più elevati delle virtù e dei doni: la fede, illu­minata dal dono dell'intelletto, diventa assai più pe­netrante e contemplativa; la speranza, illuminata dal dono della scienza sopra la vanità di tutto ciò, che passa, diventa confidenza perfetta e filiale ab­bandono alla Provvidenza, mentre le illumuiazioni del dono della sapienza invitano la carità all'in­timità dell'unione divina. Come l'àpe o, l'uccello viag-"giatore, spinti dall'istinto, agiscono con una sicurezza ammirabile che rivela l'Intelligenza che li dirige, così, dice S. Tommaso, «l'uomo spirituale è inclinato ad « agire, non principalmente per il movimento della «sua propria volontà, ma per l'istinto dello Spirito «Santo, secondo il detto d'Isaia, lix, 19: «Perché «egli verrà come un fiume rinchiuso, cui il soffio «del Signore precipita». Così sta scritto: «Gesù fu «spinto dallo Spirito nel deserto», Lue., iv, 1. Non « ne segue affatto che l'uomo spirituale non operi «di sua volontà e di suo libero arbitrio, ma è lo

Ubere, prout competit suae naturae 11. — Item I, q. 19, a. 8; q. 83, a. 1, ad. 3 ; de Malo, q. 6, a. 1, ad 3 : « Deus movet quidem voluntatem imvtvu-tabiliter propter effloaolam virtutis moventis, quae deflcere non potest, sed propter naturara voluntatis nostrae, quae indifierenter se habet ad diversa, non inducitur necessitas, sed manet libertas '.

" I-II, q. 68, a. 1, 2 et 3.

" IWd.                    .                       '       '


LA CONTEMEIAZIONE E I SUOI GRADI       325

« Spirito Santo che pausa in lui quel movimento, di «volontà e di libero arbitrio, secondo la ; sentenza d-i «S. Paolo: «È Dio che opera in noi il volere e il «fare» Phil., n, 13» 59.— Queste parole di San Tommaso sono il miglior commento di ciò ch'egli ha scritto sopra la grazia operante, I-II, , q. Ili, a. 2. — «Così, dice egli ancora, i figli di Dio sono « condotti dallo Spirito Santo, perché attraversino, «.questa _vita piena di tentazioni (Job, vii, 1) e ri-«.portino la vittoria mediante la forza di Cristo» 60,

Se l'illumuiazione dello Spirito Santo ci dispensa dal deliberare, l'atto resta però Ubero e meritorio, perché noi consentiamo ad essere mossi in tal modo, come il buon allievo vuole ricevere nel miglior modo la lezione del maestro, come l'ubbidiente è perfettamente e liberamente docile all'ordine che gli è dato. Questo terzo modo di mozione divina adunque tutela ancor la libertà e la concilia maravigliosa-mente con l'infallibilità della prescienza e dei de­creti divini: «Lo Spirito Santo opera infallibilmente « ciò che vuole, perciò, quando lo Spirito Santo vuoi «muovere qualcuno a un atto di carità, è impossibile

" S. tommaso in Epist. ad Rom. vili, lì : « Quioumque enirn Spi-ritu Dei aguntur, li sunt flili Dei. » — « lila enim agi dicuntur, quae quodam superiori instinciu moventur; linde de brutis dicimus, quod non agunt, sed aguntur. quia a natura moventur et non ex proprio motu ad suas actiones agendas. Similiter autem homo spiritualis, non quasi ex motu propriae voluntatis principaliter, sed ex insiinctw SpirUus Sancii inolinatur ad aliquid agendum, seoundum illud Isaiae lix, 19:

Cum venerit quasi fluvius violentus, guem Spiritus Domini cogit, et Lue. iv, 1: Jesus... ayehatur a Spiritu in desertum. Non tamen per hoc excluditur, quin viri spirituales per voluntatem et liberum arbitrium operentur; quia ipsum motum voluntatis et liberi arbitrii Spiritus Sanctns in eis oausat, seoundum illud Philipp, n, 13: Deus est enim, qui operatur in vobis et velie et perfwere ». Itera in Comm. in Oantic. Cantic. o. i...

" In Matihaeum iv, 4, supra haeo verba: « Jesus ductus est in de­sertum a Spiritu Sanoto », dioit: « Sic filii Dei aguntur a Spiritu Sancto, ut tempus hujus vitae, quae piena est tentatlonibus... transeant cum viatoria per Christi virtutem ».


826      PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

«che questi nel" medesimo istante pecchi e perda la «•carità » 61.

; Si vede che questi tré modi • di mozione, tanto nell'ordine naturale quanto in quello della grazia, si, distinguono benissimo, secondo che sono, sia prima .della deliberazione umana 62, sia dopo di essa (o con essa), sia- al di sopra di essa es. Ma, il terzo di questi modi si trova solo di rado nell'ordine naturale, nei genii e negli eroi, laddove nell'ordine della, grazia esso e normale, perché la ragione, anche il­luminata dalla •fede, ha una maniera ancora troppo umana, perché basti a dirigerei all'ultimo fine so­prannaturale 6t.          

Questa dottrina di S. Tommaso, che conferma quello ch'egli insegna circa «le,, virtù dell'anima purifi­cata» 66, si ritrova esattamente in S. Giovanni della Croce 66 là dove parla di queste anime purificate:

" II-II, q. 24,, a. 11: 11 Spiritus Sanotus.liifallibiliter operatur quod-oumque voluerit. Unde impossibile, est haeo duo simili esse vera, quod Spiritila Sanotus velit aliquem movere ad aotum charltatis, et quod ipse charitatem amittat peccando)'.

i2 Infatti non si delibera per; desiderare la. felicità, e se si delibera per mettere il proprio fine ultimo in- Dio e non nella creatura (I-II, q.89,a.6), ciò non è la deliberazione propriamente detta la quale rig-narda i mezzi: et. I-II, q. 13, a. 3, et II-II, q. 24, a. 1, ad 3: i Oharitas, oujus objeotum est finis ultimus, magis debet dici esse in voluntate, quam in libero arbitrio. »

" I-II, q. 9, a. 6, ad 3 ; così si spiega questo famoso ad 3, ohe tu l'og­getto di tante controversie, of. del pbado, de Gratia et Ub. arb., t. I, p. 236, t. II, p. 228, 256.                 .                   -

" I-II, q. 68, a. 2, ad 3: i Katlo (etiam ut perteota theologiois vir-tutibus) non potest quautum ad omnia repellere stultitìam et aiia hujùsmodi... ignorantiam, hebetudinem et duritiam ».

" I-II, q. 61, a. 5: « Qnaedam vero sunt virtutes jam assequentium divinain similitudinem, quae vooantur virtutea jam purgati animi; ita ecilicet quod prudentia sola divina ìntueatur, temperantia terrenaa cupiditates nesciat; fortitudo passiones ignoret; justitia cum divina mente perpetuo foedere sooietur, eam soillcet Imitando; quas quideitt virtutes dioimus esse beatorum, vel allquorum in hac vita perteotissi-morum n.

'•' Salita del darmelo, 1. Ili, e. i, trad. Hoornaert II ediz., p. 7 et 8. Abbiamo alquanto modificata questa traduzione per seguire più da vicino lo spagnolo.                                       ' '     ,


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GBADI        327

« Così ordinariamente i primi movimenti delle po-«tenze in tali anime sono come divini, e non bisogna «farne le maraviglie, poiché queste potenze sono in «certo modo trasformate nell'Essere divino 67... Dio «muove specialmente (con particularidad) le potenze «di queste anime... perciò le loro opere e le loro «preghiere sono sempre efficaci. Tali furono quelle «della gloriosa Madre di Dio. Fin dal principio della «sua esistenza ella si trovò elevata a quest'alto grado «d'unione; nell'anima sua non vi fu mai l'impronta «d'una forma di creatura qualunque, capace di dis-« trarla da Dio, e di farla deviare, perché fu sempre « docile alla mozione dello Spirito Santo » es.

Dunque in ogni uomo giusto, insieme colla grazia e colle virtù infuse, vi sono i sette doni dello "Spirito Santo, che sono connessi colla carità; essi perfezio^ nano le diverse virtù e costituiscono con esse un organismo soprannaturale perfetto, pronto a muo­versi deliberatamente e anche ad essere mosso dallo Spirito Santo al disopra d'ogni deliberazione umana. E perciò la grazia abituale o santificante è chiamata «grazia delle virtù e dei doni », dal nome-.degli habitus infusi, che derivano da essa, come le facoltà derivano dall'essenza dell'anima 69.

Quest'organismo soprannaturale secondo la dottrina di S. Agostino e di S. Tominaso può figurarsi come segue, notando la corrispondenza delle virtù, dei

" Questa trasformazione è l'effetto della grazia giunta ad un alto grado; poiché la grazia, essendo una partecipazione della natura di­vina, in qualche modo ci deifica. Ct. I-II, q. 112, a. 1: « Necesse est quod solus Deus deificet... sicut impossibile est quod aliquid igniat, nisi solus ignis »,                '

" Sulla santità di Maria, S. Tommaso parla nello stesso modo. Ili, <1. 27, a. 4 in corp.           '

" Cf. Ili, q. 62, a. 2, ad 1 ; « Gratta virtutum et donorum sufflcienter perfloit essentiam et potentias animae, quantum ad generatemi ordina-tionem aotuum animae, sed quantum ad quosdam elìectus speciales qm reqniruntnr in via ohristiana, requiritur sacramentalis gratia ».  , ,,


328

PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPI.AZIOME

doni e delle beatitudini indicata dottori :

virtù

doni

da questi due grandi

frutti dello Sp. 'beatitudini     Santo

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carità-

 

d. della sapienza

 

b. i pacifici

 

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fede

 

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b. i cuori puri

 

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b. quei che pian­gono

 

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In questo riassunto, in cui si riuniscono i dati della Scrittura e della Tradizione su questo argomento, le virtù sono scritte secondo l'ordine della loro ge­rarchla, come i doni corrispondenti 70. Il dono della scienza è ivi indicato accanto alla speranza, in quanto ci fa conoscere la vanità dei beni terreni e dei soc­corsi umani71 e ci induce così a desiderare il possesso di Dio e a sperare in Lui. Si vede meglio la cor­rispondenza delle beatitudini, se si richiamano alla mente le ricompense promesse in ciascuna 72; l'ul­tima : « Beati quelli che soffrono, persecuzione », non è indicata, quantunque sia la più perfetta, perché contiene tutte le altre in mezzo alle più grandi dif­ficoltà ".

"' Quest'enumerazione dei doni corrisponde a quella d'Isola, XI, 2, salvo in quanto al dono del consiglio e della fortezza, che, in ragione della loro materia difficile, sono collocati da Isala prima di quella della scienza e della pietà, pur essendo loro simpliciier inferiori. Of. I-II, <r. 68, art. 7.

" II-II, q. 9, a. 1.

" I-II, q. 69, a. 3, ad 3, et II-II, q. 8, a. 7 ; q. 9, a. 4 ; q. 45, a. 6 ; q. 19, a. 12; q. 121, a. 2; q. 139, a. 2.

" II-II, q. 69, a. 3, ad S, e circa i trotti dello Spirito Santo cf. I-II, q. 70. S. Tommaso dimostra ch'essi procedono dallo Spirito Santo se­condo ch'egli dispone l'anima nostra rispetto a Dio, riapetto al pros­simo e rispetto alle cose inferiori.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI

329

L'ordine dei doni dello Spirito Santo apparisce chiaro mettendo così a riscontro quello che dice San Tommaso, I-II, q. 68, a. 4, e II-II, q. 8, a. 6:

 

 

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Così si vede che i doni dell'intelligenza, dirigendo gli altri, sono loro superiori . Essi perfezionano l'intelligenza nelle sue due prime operazioni: 1° sem­plice apprensione e penetrazione della verità, 2" giu­dizio. Non si tratta della terza, cioè del ragionamento ossia discorso, perché gli atti che dipendono dai doni sono precisamente non discorsivi, superiori al modo umano del ragionamento. Il dono della sapienza è su­periore a quello dell'intelletto, perché la sapienza giudica degli stessi primi principii per la più alta Causa 75. Qui si tratta del giudizio non solo secondo 11 perfetto uso della ragione speculativa, come nella sapienza acquisita, ma per connaturalità o simpatia verso le cose divine, connaturalità fondata sulla ca­rità, ossia sull'amore soprannaturale di Dio 76.

.'« I-II, q. 68, a. 7.

" I-II, q. 66, a. 5. Nello schema precedente, per la semplicità della figura, la sapienza tu posta dopo l'intelletto ; ma dovrebbe esser prima.

" II-II, q. 45, a. 2 : « Rectitudo judioil (circa rea divmas) potest contìngere dupliciter: Uno modo secundum perfectum usum rationis;


330                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Elevazione crescente dell'ispirazione spirituale dello Spirito Santo nei principianti, nei prò fidenti e nei perfetti.

Tutti i doni, essendo connessi con la carità ", come abiti infusi crescono con essa, la quale, quaggiù, deve sempre svilupparsi fino alla morte 78. Per con­seguenza, come si distinguono, tré gradi della ca­rità: quella dei principianti, dei proficienti e dei perfetti 79, così si fa la medesima distinzione per i doni dello Spirito Santo. Questo punto fu svolto in modo particolare da Dionigi Certosino nel suo trat­tato dei Doni 80, dov'egli fa vedere che il loro primo •grado corrisponde all'obbligo stretto, il secondo alla pratica dei consigli, il terzo agli atti eroici.

, Noi mostreremo brevemente questi tré gradi, prima nel dono della scienza e in quelli che gli sono subor­dinati, poi in quelli più alti dell'intelletto e della sapienza.                                             ,

II dono della scienza ci fa giudicare santamente delle cose create, sia che ci mostri il loro nulla 8i, sia che ci riveli il simbolismo divino in esse na­scosto. Nel primo grado ci fa conoscere che le creature non son nulla per sé, e che noi non dob­biamo attaccarvici come a nostro fine ultimo; ma dob­biamo servircene unicamente per andare a Dio. Nel

allo modo propter connaturaUtatem suamSam ad. ea d'eqnibusju.dioaiidum est... sicut Dionys. dioifc in e. il de div. Nom. quod Hierotheus est per-tectus in divinis, non solum disoens, sed et patlens divina. »

" I-II, il. 68, a. 5.                         ,•

" II-II, ci. 181, a. 3.                        "

" II-II, q. 24, a. 9, et q. 183, a. 4.

"" Opera omnia. Tornaci 1908, t. XXXV, p. 157-2,60 : De Dowts Sfi-ritws Sancii.                                 • . . • ' • . :   .

11 II-II, q. 9, a. 2 et i. Questo dono ha ima gran funzione nella notte passiva dei sensi, da esso procede la santa, tristezza di Qui parla, Gesù nella beatitudine delle lacrime.'•     -    •- - ;.. .  :.:...,., •y -.•:, ,:


•LA CONTEMPLAZIOÌIE E I SUOI GRADI        331

secondo grado c'induce ad usare moderatamente delle creature, con un vero distacco inferiore, e nel me­desimo tempo ci solleva a Dio collo spettacolo della natura 82. Nel terzo grado esso da lo Spirito di rinunzia spinto fino alla pratica eroica dei consigli, ci fa vedere il pregio delle umiliazioni e dei pati­menti, che ci configurano a Cristo crocifisso, e che ci associano al gran mistero della redenzione. Non è più un conoscimento superficiale, reminiscenza, di pie. letture, ma un profondo convincimento e una vera par­tecipazione alla scienza divina delle cose create 83;

in modo particolare è la scienza della gravita del peccato, ed ha per frutto le lacrime della contrizione.

Sotto la dirczione-del dono della scienza si eserci­tano quelli del consiglio, del timore, della pietà,' della tortezza.                        .

. Mentre il dono della scienza ci dirige da un punto di vista generale (distacco dal creato), quello del consiglio, perfezionando la prudenza» ci fa. conoscere in particolare i migliori mezzi per conseguire il fine.;

anche là dove la prudenza resterebbe titubante, ci mostra quello che bisogna fare ed evitare, quello che bisogna dire e tacere, .quello che bisogna intra­prendere e abbandonare si. — Nel primo grado ci dirige nelle cose di stretto obbligo; nel secondo ci inclina alla pratica generosa dei consigli evangelici;

nel terzo ci fa intraprendere opere sante con. una perfezione veramente eroica 85, Esso corrisponde alla

." Per questo dono.S. Francesco d'Assisi calpesta tutte le cose ter­rene, e riceve una tale intuizione del simbolismo della natura, ch'egli chiama suoi fratelli e sue sorelle tutte le creature e per esse risale fino a Dio. .

. " Su questi tré gradi del dono della scienza et. diontsium oa.rt., op. cit., tr. 3, a. 25.                  .                           '

84 I-II, o.. S2, a. 1 e1. Esso ci fa evitare più sicuramente la precipi­tazione, la. temerità, l'inconsideratezza, • la negligenza, l'incostanza, cr. II-II, q. 53, 54, 55,           •.

•' Ct. dion. cabt., Olì. cit., tr. 3, a. 7.                   : .


332    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

beatitudine dei misericordiosi, perché ci consiglia le opere di misericordia, e solo i misericordiosi sanno dare, come si conviene, agli afflitti il buon consiglio che li solleva 8e.                   .

Sotto la direziono del dono della scienza, quello del timore viene a rassodare'la temperanza,, la ca­stità, facendoci evitare, in vista di- Dio, gli errori della nostra natura corrotta 87; esso corrisponde anche alla speranza, portandoci al rispetto filiale verso Dio 88. Nel primo grado ispira l'orrore del peccato, premunisce contro la tentazione 89. Nel secondo, da un rispetto filiale più profondo della, maestà divina, preserva dall'irriverenza rispetto alle cose sante, ed anche dalla presunzione. Nel terzo,, induce alla pra­tica della rinunzia perfetta, e della mortificazione, secondo il detto di S. Paolo: «portando sempre con noi nel nostro corpo la morte di Gesù, affinchè la vita di Gtesù sia altresì manifestata nel nostro corpo» (II Cor., iv, 10). Da ciò si vede come questo timore, che ha per frutto la beatitudine dei poveri di spirito, sia «il principio della sapienza» 90 e di un'altissima sapienza.       . .      .                          , -.

Ma questo santo timore dev'essere accompagnato dal dono della pietà, che. ci riempie d'un affetto ve­ramente filiale verso Dio, nostro Padre, e ci fa compiere con una religiosa premura e con gran co­raggio tutto quello che si riferisce al culto divino. È il dono della pietà che ci fa gridare : « Padre, Padre», dice S. Paolo, Eom., vili, 15. Esso risponde alla beatitudine dei mansueti, perché da una soavità tutta celeste e induce così a sollevare il prossimo af­flitto mostrandoci in esso un fratello, o un membro

" ii-n, a. 52, a. 4.

" II-II, q. 19, a. 9, e.; q. 141, a. 1, ad 3.

•< II-I'I, q. 19, a. 9, ad 1.

•• Ps. cxviii, 120: «Conflge timore tuo earnes meas >.

•« Ps. ex. 10.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GKADI       333

aofferente di Cristo 91. Nel suo grado più elevato, il dono della pietà c'inclina fortemente a dedicarci tutti quanti al servizio di Dio, a offrirgli tutti i nostri atti e tutti i nostri patimenti come un sacrificio per­fetto; questo dono fa capire che la santa comunione è una partecipazione al sacrificio 'della Croce perpe­tuato sopra l'altare, partecipazione mediante la quale nostro Signore vuoi rendere i nostri cuori simili al suo saero Cuore di Sacerdote e di Vittima, ed as­sociarci ai sentimenti più profondi ch'egli aveva isti­tuendo l'Eucaristia, nel momento ch'era per morire per noi 92. Su quest'unione a Cristo sacerdote, cf. I Petr., n, 5 a».

Il dono della fortezza, sotto la medesima direzione dei doni della scienza e del consiglio, ci comunica il coraggio d'intraprendere (aggredì) per Dio grandi cose, e di sopportare (sustinere) per lui pene op­primenti; viene anche- in aiuto alla virtù della for­tezza nelle più difficili circostanze. E corrisponde alla quarta beatitudine: « Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia» e che, ad onta di tutti gli ostacoli, conservano una fiducia incrollabile nel soc­corso di Dio. Nei perfetti questo dono comunica al­l'anima uno slancio sovrumano, induce a soffrire con gioia, per Dio, per la fede e per la giustizia, i peggiori supplizi, è questo dono della fortezza che fa riportare ad umili verginelle, a deboli bambini

" II-II, q. 121, a, 1, ad 3, et a. 2.

'2 III, q. 79, a. 2, ad 1 : « Oportet ut prìus simul compatiamur ut postea simul glorifloemur » ut dicitur Bom.., vili, 17. Ci. Offlcium SS. Sa-crameitti. — Vedasi anche sul tré gradi della pietà Dionigl Certosino :

op- cit-, tr. 3, a. 40; egli applica al terzo grado di questo dono riguardo .al prossimo il detto di S. Paolo: « Volentierissimo spenderò il mio, e apenderò di più me stesso per le anime vostre, quantunque amandovi yiù dovessi essere amato di meno ».

" n Accostatevi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini... e-vòl pure come pietre vive siete edificati sopra di lui... per offerire vittime spiri­tuali, gradite a Dio per Gesù Cristo». I Petr., ir, 5.     :


334    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

la corona del martirio 9t. . È questo ancora che sostiene quelli che passano senza piegare per il duro crogiolo delle purificazioni passive dello spi­rito e che sperimentano il detto della Scrittura:

«multae tribulationes jusfcorum... liberabit eos Do-.minus».(Ps, xxxin, 20). È questo che faceva dire a San Paolo: «Io sovrabbondo di gioia in mezzo a tutte le nostre tribolazioni» (II Cor.,. vii, 4;

«Godo di quello che patisco per voi, e do nella mia carne compimento a quello che. rimane dei patimenti di Cristo, a prò del corpo di lui, che è la Ohiasa» (Coi.,, i, 24) 95.

Tali sono i doni inferiori ordinati alla vittoria sul peccato e all'azione. L'anima che vive abitual­mente sotto il dominio di questi doni è già nella vita mistica, sovrumana, quand'anche non discernesse ancora chiaramente i,n sé la contemplazione mistica, che procede dai doni superiori. Questo è importantis­simo in pratica, e dev'essere ben notato per mante­nere, senza esagerazione, il senso esatto della dot­trina che noi difendiamo sul carattere normale, setór bene eminente, della contemplazione infusa. Benché sia normalmente concessa ai perfetti, essa non è sempre nettamente caratterizzata in loro; ma sono già nella vita mistica se vivono abitualmente sotto l'impero dei doni che corrispondono alle beatitudini della, fuga del peccato e .a quelle della vita- attiva. Chiunque può facilmente rendersene ragione da ciò

•* II-II, q. 139, a. 1, et dion. caet., op. di., tr. 3, a. 18, »" Cf. S. Thomam in Ep. ad Col. i, 24. Alla passione di Cristo in sé stessa non manca nulla, essa ha un valore sovrabbondante e infinito ;

manca solo qualche cosa al suo irradiamento in noi, perciò S. Paolo dice:

« Do nella mia carne compimento a ciucilo che inanca ai patimenti di Cristo », per essere associato alla grand'opera della redenzione in Cristo e per continuare per mezzo di Lui l'opera sua redentrtee, mediante l'applicazione dei suoi meriti: « Noi siamo .eredi di Dio e coeredi di Cristo, se però soffriamo con lui, per essere glorificati con lui «(.Rom., e. vili, 17).


I-A COM.EMPLAZIONE E I SUOI GRADI        338

che S.. Tommaso dice di queste prime cinque beati­tudini 96. Gon ciò l'anima è immediatamente disposta . alla contemplazione infusa, che è soprattutto il frutto dei doni dell'intelletto e della, sapienza.

Il dono dell''intelletto ci fa penetrare (intus legere, leggere dentro), il senso delle verità rivelate, sco­prire lo spirito sotto la lettera. Mentre la fede è un semplice assenso alla parola di Dio, assenso che esiste anche nel fedele in stato di peccato mortale, questo dono invece, il quale, come gli altri, si trova solo nei giusti, implica un'intelligenza penetrante e progressiva dei misteri della fede, dei precetti e dei consigli. Non toglie alla fede ne la sua oscurità, ne il suo merito; non ci da mai quaggiù l'evidenza dei misteri propriamente detti, di quelli per esempio della SS. Trinità, dell'Incarnazione, della Redenzione, della Predestinazione, ma ci fa sempre meglio per­cepire che l'oscurità di questi misteri è diametral­mente opposta a quella : .dell'incoerenza e dell'assur­dità, e che proviene da una luce troppo grande per i nostri deboli occhi. Con ciò esso ci mostra l'ina­nità delle obiezioni che si fanno contro la fede, e conferma, grandemente i motivi di credibilità ossia segni della Rivelazione 97,

Nel primo grado, esso consolida la fede d'ogni buon cristiano, a tal segno che certi illetterati, che non possono fare uno studio dei motivi di credibilità, aderiscono alla parola di Dio con una fermezza che può superare quella della fede dei dotti. Nel secondo grado, questo dono ci svela le principali convenienze e la sublimità dei misteri rivelati; contribuisce inoltre grandemente alla purificazione passiva dello spiritó,-

" I-II, q. 69, a. 3 e 4. Vedasi pure ciò che si dice della vita attiva;

e delle sue relazioni colla vita contemplativa e colla vita mista o aposto­lica, II-II, q. 179, 181, 182, 188, a. t e 6.

" II-II, (fc 8, a. 1, 2, 4.


336    PERFEZIONE CEISTIAt.TA E CONTEMPLAZIONE

facendoci intravedere l'infinita grandezza di Dio, le sue perfezioni imperscrutabili, gli annientamenti del Verbo fatto carne, e d'altra parte il fondo di miseria che sussiste in noi; quindi corrisponde alla beatitudine dei cuori mondi 98. Nel terzo grado fa penetrare nelle profondità dei misteri divini, svela ' sempre più il senso delle profezie, delle parole di nostro Signore, e, in certo modo, ci fa vedere Iddio, « per donum intellectus Deus quoclammodo videri .potest» ", non già per un'intuizione positiva imme­diata dell'essenza divina, ma mostrandoci sempre meglio quello che Di,o non è,, e come la sua vita intima oltrepassa infinitamente .la cognizione naturale d'ogni intelletto creato o creabile 100. .

È chiaro che il terzo grado del dono dell'intelletto, quello che normalmente conviene ai perfetti, ap­partiene alla vita mistica propriamente detta, come principio della contemplazione infusa. Chiunque se ne renderà facilmente ragione leggendo in Dionigi Certosino la descrizione di questo terzo grado 101.

" II-II, a. 8, a. 7 : « Munditia cordis (ab inordinatts affiectionibus) flt per virtutes et dona quae pertinent ad vim appetitivam... Alia vero est... munditia mentis depuratae a pliantagmatibus et erroribus... et - hanc munditiam tacit donum intellectus ».

" I-II, q. 69, a. 2, ad 3 : «i In hac etiam vita, purgato oculo per donum intellectus, Deus guodammodo videri •potestn. Così le ricompense di cia­scuna delle otto beatitudini esistono già in certo modo, mchoative, nella vita cristiana di quaggiù, che è la vita eterna cominciata, «semen gloriae ».

100- ii-n, q, 8, a. 7 : « Duplex est Dei visio. Una quidem perfecta, per quam videtur Dei essentia. Alia vero imperfecta, per quam etsi non videamus de Deo quid est, videmus tamen quid non est, et tanto in hac vita Deum perfectzus cognoscimus, quanto magis infelligimus eum exce-dere (luidquìd intellectu comprehenditur. Et utraque visto pertinet ad 'donum intellectug. Prima quidem ad donum intellectus consummatum, secundum auod erit in patria; secunda vero ad donum intellectus in-choatum, secundum quod habetur in via ».

"'1 dion, oabt., De donis, tr. 2, a. 35: «Ad tertium gradum (doni Intelleotus) id attlnet ut singulorum fldei articulorum proprias rationes ae fundamenta quis pnrgatissima acie valeat considerare... atque cer­tissimo mentis oculo queat delectabiliter speculari... i


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI;        33T

Finalmente, mentre il dono dell'intelletto concepisce e penetra, quello della sapienza ci fa giudicare di tutte le cose create con il gusto, con la cognizione .affettiva e saporosa di Dio, loro principio e loro fine 102. "Pur restando quaggiù nell'oscurità della fede, la sapienza, senza vedere Iddio tal quale è (siculi est), contempla Lui stesso nella sua vita in­tima, nella misura in cui Egli si fa sentire a noi •come l'anima dell'anima nostra, la vita .della nostra vita. Come noi ci rendiamo consci, dell'anima nostra per via delle nostre azioni los, così in certo modo abbiamo una cognizione quasi sperimentale di Dio mediante l'azione ch'egli esercita in noi e mediante la gioia spirituale e la pace che ne proviamo lot. Così dice S. Paolo: «Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio » 105. Tal è veramente, come dimostrano S. Tommaso e Gio­vanni di S. Tommaso, l'effetto del dono della sa­pienza. Gome meglio, vedremo appresso, fa d'uopo ritornare a queste formule del Maestro che citiamo in nota 106.

•"' II-II, q. 45, a. 1, 2.

"" I, q. 87, a. 1: « Socrates vel Piato percipit se habere ammamin-telleetivam ex hoc quod percipit se intelligere i>.                :

"* Ot. II-II, q. 45, a. 2 et 5, et q. 97, a. 2, ad 3, oyé si dice: «Ùuplex est oognitio divinae bonitatis vel voluntatis. Una quidem speculativa... Alia affectiva, sive experimentalis, dum quis experitur in seipso gustum divinae dnicedtnig et complacentiam divinae voluntatis. Sicut de-Hierotheo dicit Dionysius de div. Nom., o. il, lect. 4, quod didicit divina ex compassione ad ipsa «. Questo non esige punto delle idee infuse. —" S. Tommaso dice anche in I, diat. li, q. 2, art. 2 ad 3; « cognitio iste est quasi experintentalis i.

1" Rom., vili, 16.

"" S. tommaso, in Ep. act Som., Vili, 16, dice: « Ipse ewim Spiritus testimonium reddit spiritui nostro quod sumus filvi Dei, reddit testimo'-nium per effectum amoris filialis, quem in nolls tacit ». — Iter/i in I-II, q. 112, a. 5: ii (Sine revelatione speciali) praesentia Del in nolis et ab-

•sentia per certitudinem cognosci non potest... Sed cognoscitur aliquid

•oonjeoturaliter per aliqua signa: et hoc modo aliquis cognoscere potest ae habere gratiam, in quantum scilicet percipit se delectari in Dea efc

22 — Perfezione e Contemplazione, I;


338    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

II dono della sapienza è così il più perfetto di tutti, ed esercita sugli altri il medesimo influsso

-che la carità. sulle virtù che le sono subordinate. Esso ,è ad un tempo eminentemente speculativo e pratico 107, e apparisce negli uni soprattutto sotto la. prima* forma, e negli'altri soprattutto sotto la se­conda. In tal modo vi sono dei santi chiamati alla

-•vita attiva, come S. Vincenzo de' Paoli, che pure, sotto. una forma pratica, hanno una profondissima unione,

.mistica con Dio, quella che fa loro vedere costante­mente nei poveri, nei malati, nei bambini abbando­nati i mèmbri sofferenti di Gesù Cristo. È assai importante notare, come abbiamo detto, queste forme pratiche della vita mistica, per ben intendere il senso

: della dottrina che noi teniamo come tradizionale, e per non volerla applicare materialmente nel modo me­desimo a tutte le anime.

A questo dono della sapienza pensa S. Paolo quando dice : « Vi è una sapienza che. noi predichiamo tra

contemnere res mundanas et in quantum homo non est conscius sibi alioujus peccati mortalis. Seoundum quem modum potest intelligi» quod habetur Apocal. n: Vincenti (lobo manna absconditum, quod nemo iiovit, ms"; gwi accipit, quia scilicet ille, qxii accipit (gratiam), per quam-dam experientiam dTilcedinis novit, quam non experitur ille, qui non aocipit". In tale senso appunto viene generalmente citato dai mistici. questo testo dell'Apocalisse.

giovanni di S. ToMMAao spiega bene questa dottrina dicendo;

« Sicut contaotus animae quo experimentaliter sentitur, etiamsi in sua, gnbstantla non videatur, est informatio et animatlo, qua corpus reddit viynm et animatum, ita contoctus Dei guo sentitur experimentaliter, et

-at objectuni oonjunotum, etiam aiitequam videatur intuitive in se, est oontactua operationis intimae, quo operatur intra cor, ita ut sentiatur» " et experimentaliter manifestetur, eo quod n unctio ejus docet nos de:

omnibus », ut dicitur I Joann., iv...

« Haeo cognitio experimentalig datar etiamsi res intuitive non vi­deatur in se, sufficit quod per proprws effectus, quasi per tactum et vivi-iìcatiouem sentiatur, sicut animam nostram experimentaliter cognoscì-iulus, etiamsi intuitive ejus substantiam non videamus ». Joannes & S. Thoma in I, q. 43, disp. 17, a. 3, n. 13 et 17. If.em valloobneea, Theoloaia mystica D. Thomae. t. II, n. 868..., p. 29-31, ed. Taurin., 1924, makietti..     .

"' II-II, q. 45, a. 3.


LA CONTEMPIAZIONE E I SUOI GRADI       339

i perfetti... sapienza di Dio, misteriosa e occulta... Nessuno conosce quello che è in Dio, fuorché lo Spirito di Dio... questo Spirito di Dio noi l'abbiamo ricevuto... L'uomo spirituale giudica di tutte le cose ed egli non è giudicato da alcuno... Noi abbiamo il senso di Cristo » 108. Questa esperienza delle cose divine da una certezza che riempie l'anima d'una ineffabile consolazione 109. Perciò il dono della sa­pienza corrisponde alla beatitudine dei pacifici 110, i quali in mezzo a tutto ciò che potrebbe turbarli, conservano profondamente la pace, la tranquillità del­l'ordine, tanto da comunicarla agli altri; essi sono abituati a contemplare in Dio tutte le cose, gli av­venimenti più imprevisti e ,,i più penosi come le cose più consolanti.       .

Questo dono ci è comunicato in proporzione .della nostra carità, in virtù della sua intima connessione con essa; onde, meglio ancora che negli altri, si ve­dono in esso tré gradi corrispondenti a quelli della. carità. Nel primo grado, ci mostra specialmente la grandezza dei comandamenti di Dio e ci comunica l'at­trattiva del bene. « Mihi autem adhaerere Deo bonum est» (Ps. lxxii, 28). Nel secondo grado, ci fa ve­dere il pregio dei consigli, come tutti i cristiani de­vono avere lo spirito di questi consigli, anche quando la loro condizione non permetta loro di praticarli. Rischiarata dal lume della contemplazione, l'anima che attraversa la notte dello spirito apprezza sempre meglio la Croce di Gesù, e in certi momenti vi trova perfino una soavità spirituale e una «pace che supera ogni sentimento ». Nel terzo grado l'anima è tras­formata dal dono della sapienza; alla sua luce «il

w8 I Cor., il, 6-16, e S. tommaso, I-II, 4S, i.

"• Ctt. S. tommaso in Ps. xxxin, 9 : « Gustate et ridete quoniam suavis est Dominus «. 11 Eflectus experientiae ponitur duplex. Unus est certitudo intellectus, alius securitas afiectus ».

1» II-II, d. IS, .a. 6.       


340    PERFEZIONE OE1STIANA E CONTEMPLAZIONE

perfetto, dice S. Tommaso, tende soprattutto ad ade­rire a Dio, a godere di Lui, e desidera di morire per essere con Cristo» 111. Intanto, come-dice S. Paolo, egli si compiace «nelle debolezze, negli obbrobrii, nelle necessità, nelle persecuzioni e. nelle angustie per Cristo » 112. È l'ottava beatitudine, la più alta di tutte lls.              "

È chiaro che questo terzo grado del dono della sapienza appartiene alla vita mistica propriamente detta, anche se si presenta soprattutto sotto una forma pratica, come nei santi chiamati alla vita attiva, Questo apparisce chiaro nella descrizione che Dio-nigi Certosino, secondo i principii di S. Tommaso, da di questo terzo grado : « Lo spirito non si ferma più in nessuna cosa creata per essa medesima, ma è totalmente fissato nella contemplazione delle cose divine, contemplazione quanto mai pura, facile e dolce, ora che le passioni sono calmate, e l'anima purificata... quanto lo permette la fragilità di questa vita. Questa sapienza appartiene a quelli che possono dire con S. Paolo (II Cor., m, 18):. Noi tutti col viso scoperto, riflettendo quasi in -uno specchio la gloria del Signore, ci trasformiamo nella stessa im­magine di gloria in gloria, come per opera dello Spirito del Signore » 114;. Non v'ha dubbio che noi dobbiamo desiderare questa divina sapienza il cui

111 II-II, q. 24, a. 9: « Diversi gradus caritatis distingunntur seound'am diversa studia (incipientium, proflcientlum et perfeetorum)... Terti'mn antera studium est, ut homo ad hoc principaliter Intendat, ut Deo inhaereat et eo truatur, et hoc pertinet ad perteetos, q'iri cupiunt dissolvi et esse cuw, Ohristo. » — Item in Ep. cui PMl., i, 23.

112 II Cor., xn, 10.

'" I-II, q, 69, a. 3, ad 5.

114 dion. oabt., de Donis, tr. 2, a. la: « Quod donum sapientiae et virtus oaritatis divinae proportionaliter orescunt sfamil...»— art. 16:

De triplici gradu doni sapientiae: 11 Tertius sapientìae gradns 'perfectis tantummodo congrult, et in eo oonsistit ut intellectTil nulliiis rei creatae cognitio saptat, delectet vel placeat, nisi in auantmn ad diTinormn no-titiam confort, sicque mena ipsa divinorum oontemplationi totaliter


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GUADI       341

progresso accompagna normalmente quello della ca­rità, che quaggiù deve sempre crescere 116.

Ciò che è straordinario è la contemplazione so­vreminente, che procede non solo dai doni dello Spi­rito Santo, ma anche da una grazia gratis data, come quella della profezia o quella chiamata da S. Paolo «sermo sapientiae ». Quindi, dopo aver detto che tutti i giusti ricevono il dono della sapienza, nella misura necessaria alla loro propria santificazione, S. Tommaso aggiunge: «Certi la ricevono in un più alto grado, quanto alla contemplazione, per cono­scere .certi .misteri altissimi e per manifestarli ad altri, e in quanto alla dirczione della; vita, non solo per loro, ma anche per altri. Questo'grado di sa­pienza no:n è comune a tutti quelli che hanno la grazia santificante (e vi progrediscono), ma appartiene piut­tosto alle grazie gratis datae» lle.

Bisogna ancora notare che queste grazie, come la profezia, non sono precisamente necessario per questo

Inflgatur, ut ea prompte, sincere, subtiliter, dulolter valeat contueri, passionibus iam sedatis, exteriorique homine penitus retormato, ordi­nato, ac rationis censurae ad nutum subjecto, quantum praesentis vita tragilltas capit vel sustinet. Haec saplentia competit his qui cum divino Apostolo (II Oor., in, 18) dicere possunt; Nos autem revelata facie glariam Domini specillante», in eamdem imaginem reformamur a claritate in claritatem, tanguam a Domini Spiritu... Vivo autem iam non ego, vivit vero in, me Qhristus (II Qalat., n, 20) ».

Dionigi osserva cluì ancora che questi tré gradi del dono della sa­pienza corrispondono ai tré gradi delle virtù morali spiegati da S. Tom­maso, I-II, (i. 61, a. 5, ove distingue le virtuies politicas, purgatorìas et purgati animi.

Ilem ci. Dicw. oa.bt., De fonte lucis, a. 12, 13, 15, et De coni., Uh. I, a. 4à; in queste opere si trova una simile descrizione al terzo grado del dono della Sapienza e si dice chiarissimamente, ae fonte lucis, a. 12 et 15, che è questa propriamente la s contemplano unitivae oc mysticae sapientiae » che ci unisce a Dio tanguam prorsus ignoto, nelle tenebre transluminose, per supersplendentem caliginem, di oui parlò Dionigi 11 mistico e dopo di lui S. Tommaso, in Ut>. de div. Nom., e. i, lect. 1;

e. vii, lect. i.

115 C£. henbi Suso, L'Bxemplaire, I P., o. IV, III P., e. i, e butsbboeok Le Royaume des Amante, o. xxxm.

"• II-II, q. 45, a. 5, et de gratiis gratis datis, I-II, q. Ili, a. 1.


342     PEKFSZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

atto di contemplazione, ma aiutano semplicemente a renderlo più completo e più perfetto 117.

Ciò che sarebbe ancor più straordinario, è la visione beatifica accordata quaggiù in modo transi­torio, come S. Agostino e S. Tommaso pensarono che fosse accordata a Mosè e a S. Paolo 118.

Tal è la dottrina del Dottor angelico sull'ispira­zione speciale dello Spiritò Santo nell'anima dei giusti e sul suo progresso, che accompagna abitualmente quello della carità. Se richiamiamo alla mente die, per lui, la perfezione della carità non è solo di con­siglio, ma cade sotto il primo precetto, come il fine, a cui tutti devono tendere, ognuno secondo la sua condizione 119, vedremo sempre meglio che la con­templazione infusa, che procede dal dono della sa­pienza, trovasi veramente nella via normale della .santità e che è generalmente concessa ai perfetti.

Ora dobbiamo fare uno studio più profondo del dono della sapienza in particolare, e della sua re­lazione colla fede da una parte, e colla contempla­zione infusa dall'altra.

117 q(_ tommaso di gesct', O. D., De Oontemplatione, 1. II, e. in, iv, v;

de Oratione, 1.1, e. i et iv. — sohbam, Theol. must., 1.1, P. II, e. iv, § 244 :

<i Solum probatnr conteraplationem secundum essentiam suam non consistere in bis gratiis, sed per illas juvari aceidentaliter et 'perfici dircele in ordine ad alias, indireote in ordine ad. se... Quia senno est de conterà -platione perieota, quae supponit vel faoit animam pertectam, baec neqnit a solia gratiis grafcis datis procedere, cuin sit cariiate formata, et elevata donis Sptritus Sancti ». — Ot. mbynabd, O. P. Trattato della Vita inferiore, t. II, n. 42-16, mabietti, Torino.

"• II-II, d. 17S, a. 3-6.

1» II-II, q. 184, a. 3.,


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI           343

akticolo VI.

Carattere essenziale della contemplazione infusa. In che modo procede dal dono della sapienza e della fede ?

Per le ragioni che abbiamo esposte, i teologi in­segnano comunemente che la contemplazione infusa procede formalmente dai doni dello Spirito Santo, in particolare dal dono della sapienza che ci fa gustare i misteri della salute, e vedere in qualche maniera tutte le cose in Dio, come la sapienza acquisita si sforza di giudicare di tutto per mezzo della causa suprema .e del fine ultimo 1. Vi contribuisce pure-il dono dell'intelletto facendoci penetrare (zntus legere) questi misteri 2. Il dono della scienza può averci anch'esso una parte manifestandoci il vuoto, la va­nità di tutte le cose create, in confronto di Dio, o rivelandoci l'infinita gravita del peccato mortale assai meglio che non potrebbero fare anni ed anni di meditazione 3.

Tutta la tradizione annette alle ispirazioni del dono della sapienza quella cognizione amorosa di Dio, •— ben diverga dalla cognizione speculativa, — che

1 Ot. II-II, q. 45, a. 1 et 2.

' Ot. II-II, q. 8. Con un'elevazione di questo genere nostro Signore aprì la niente del discepoli d'-Bmmaus per dar loro l'intelligenza delle Scritture.

' II-II, q.. 9. Così il dono della scienza secondo S. Agostino e S. Tom-

•maso, corrisponde alla beatitudine delle lacrime: « beati quelli che pian­gono « vedendo, sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, la gravita delle loro colpe, come male dell'anima e offesa di Dio. — Gli altri doni, come

•quelli del consiglio, della pietà, della fortezza, del timore, non concor­rono formalmente alla contemplazione infusa, ma dispongono ad essa.

•Questa può a volte essere accompagnata dal lume profetico, ma allora è un favore straordinario.


344    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

suppone, coll'illuminazione speciale dello Spirito Santo, una vivente « connaturalità alle cose divine » S fon­data sulla carità infusa, una simpatia tutta sopranna­turale dell'anima per Dio che si fa sentire a lei come la vita della sua vita. Cognizione affettiva che di­venta tanto più viva, penetrante, saporosa, quanta più cresce la carità e con essa il dono della sapienza, che le è connesso come le virtù infuse e gli altri doni.

§ I.

Lo Spirito della sapienza nella Scrittura.

Questa dottrina comunemente accolta nella Chiesa è manifestamente fondata su ciò che la 8. Scrittura ci dice dello spirito della sapienza. -Non è solo del futuro Messia che Isaia annunziava: «Lo Spirito di Dio riposerà sopra di lui, spirito di sapienza e d'in­telletto, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di scienza e di pietà, egli sarà ripieno del timor di Dio » 5. Di tutti parla l'Antico Testamento quando ci dice -queste parole che abbiamo citate : « Dio non «ama se non colui che abita colla sapienza» 6; «la. «sapienza non entrerà in un'anima cattiva, e non «abiterà in un corpo soggetto al peccato» 7. San Giovanni scrive ai fedeli: «L'unzione che riceveste da Dio rimane in voi... essa v'insegna ogni cosa, è vera e non è una menzogna» 8. S. Paolo, dopo averci detto: «L'amor di Dio è diffuso nei nostri cuori dallo Spirito Santo, che ei fu dato.» 9, ag­giunge: «Voi non avete ricevuto uno spirito di ser-

II-II, g. 45, a. 3, e Giovanni di 8. TommaBO, de Donis, a. 4.

la., xi, 2.                  ,                            .

Sap., vii, 28.

Sap., i, 4.

I joaiw., n, 27.

Rom., v, 5.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI       34S

vitù... -ma uno spirito d'adozione, per il quale noi gridiamo: Abbai Padre» 10. «È una sapienza ch& noi predichiamo tra i perfetti, sapienza che non è-di questo secolo, ne dei principi di questo mondo che saranno annientati; ma predichiamo la sapienza di Dio, misteriosa e occulta, che Dio, prima dei se­coli, aveva preordinata per la nostra gloria; sapienza. che nessuno dei principi di questo mondo aveva co­nosciuta; se infatti l'avessero conosciuta, non avreb­bero mai crocifisso il Signore della gloria. Ma, come sta scritto, sono cose che ne occhio vide, ne orecchio-udì, e che non sono punto salite al cuore dell'uomo, còse che Dio ha preparate per coloro che lo amano.. Dio ce le rivelò per mezzo del suo Spirito. Lo Spi­rito infatti penetra tutte le cose, anche le profondità. di Dio. Per certo chi tra gli uomini conosce le cose dell'uomo, fuorché lo spirito dell'uomo, che sta in-lui ? Così pure le cose di Dio niuno le conosce, fuorché-lo Spirito di Dio. Ora noi abbiamo ricevuto non lo" spirito di questo mondo, ma lo Spirito che è da Dio, affinchè conosciamo le cose che a noi furono donate-da Dio per la sua grazia. E noi ne parliamo, non con discorsi che l'umana sapienza insegna, ma con quelli che lo Spirito insegna, usando un linguaggio spiri­tuale per le cose spirituali. Ma l'uomo animale non. capisce le cose dello Spirito di Dio, giacché per lui sono una stoltezza, ne può intenderle, perché si. giu­dicano spiritualmente. L'uomo spirituale invece giu­dica di tutte le cose, ed egli non è giudicato da. alcuno. Poiché chi mai ha conosciuto la mente del Signore da poterla comprendere? Noi invece la mente-di Cristo la conosciamo» u.

Questa pagina ammirabile sulla sapienza predi­cata « fra i perfetti » non è pienamente vissuta se non dalle anime elevate alla contemplazione mistica;

" Som., vili, 16.                    " I Cor., il, 6.


34:6    PERFEZIONE CRISTIANA S CONTEMPLAZIONE

a queste soprattutto l'unzione dello Spirito Santo «insegna tutte le cose»; per mezzo di Lui esse gri­dano a Dio nella loro orazione, scrutano le sue pro­fondità, presagiscono tutto quello ch'egli ha prepa­rato per coloro che lo amano, conoscono sperimental­mente tutte le ricchezze già ricevute, e giudicano di tutto, degli avvenimenti più penosi come dei più prosperi, riferendo ogni cosa alla gloria di Dio. Ed

•è per tutti i cristiani che S. Paolo scrive ancora:

« Noi tutti con visp scoperto, riflettendo quasi in uno specchio la gloria del Signore, ci trasformiamo nella stessa immagine di gloria in gloria, come per opera' dello Spirito del Signore » 12. La qual cosa, per certo, non è pienamente effettuata quaggiù fuorché nella

•contemplazione infusa.                 .

Senza questa cognizione mistica di Dio, come si può possedere la piena perfezione della vita cristiana? «È con essa che vengono tutti i beni spirituali» ls.

•Come dice l'Apostolo S. G-iacomo: «La sapienza, che viene dall'alto primieramente è pura, poi pacifica,

•condiscendente, conciliativa, piena di misericordia e di buoni frutti, esente da doppiezza e da ipocrisia » 1A.

Dopo S. Agostino e S. Gregorio Magno, i Dottori della Chiesa in questi passi della Scrittura videro il dono della sapienza, principio della contemplazione .infusa. Ed è quello che dice anche la liturgia a tutti i fedeli nel canto del Veni Creator 16.

" II Oor., ni, 18.

" Sap., vii, 11.

14 jacob., in, 17.

" Ot. Dici. Théol. art. Dons del P. gabdbil, doctrine des Pères. I fondamenti scritturali della dottrina di S. Tommaso sul doni si tro­vano nei Commenti siill'Antloo e il Nuovo Testamento, nel passi che

•abbiamo citato ed. anche nel seguenti : ps.xli, 2;iS'tip.,vil, 7, 22; Eccli,, xv, 2; xxxix, 8; isaia, xn, 3; lv, 1; matth., v, 1; joann., in, 4;

•ìv, 11; vii, 38; xiv, 16-28; xvi, 13-14; Bom., vili, 26; Ephes., ni, 10;

:iv, 30; PMl., ìv; I joann,, ìv, 1-13.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GUADI           347

§ II.

Il dono della sapienza e la/contemplazione infusa secondo la teologia.

Conforme a questa tradizione, S. Tommaso insegna che la contemplazione e soprattutto ,il frutto del dono della sapienza. Questo è una disposizione infusa (habitus infusus) dell'intelletto, come la contempla­zione è un atto intellettuale 16, ohe suppone un'illu­muiazione dello Spirito Santo. Ma siccome il dono della sapienza presuppone la carità, anche la con­templazione dipende essenzialmente dalla carità, che ci fa desiderare di conoscere meglio Iddio, non per le gioie della cognizione, ma per Dio stesso, e per amarlo di più 17. Qui non solo la volontà applica, l'intelletto a considerare le cose divine preferibilmente a tutte le altre (ordine d'esercizio), ma (nell'ordine di specificazione), per il fatto che questa volontà è profondamente rettificata e sopraelevata, da una ca­rità eminente, queste cose divine. .ci- appariscono sempre più conformi alle nostre più alte aspirazioni, e sperimentiamo perfino ch'esse colmano queste aspi­razioni superandole e che non cessano di elevarle. Allora noi viviamo sempre più di Dio, della sua su­prema Bontà, che si fa sentire a noi come la Vita della nostra vita. Noi «gustiamo la soavità di Dio»:

«Gustate et videte quoniam suavis est Dominus» (Ps. xxxin, 9).

« La sapienza, dice S. Toinmaso 18, è una cognizione che implica la rettitudine del giudizio, fondata su ragioni divine (essa giudica di tutto per mezzo della

" II-II, q. 180, a. 1. " Ibid.                            " II-II, q. 45, a. 2.


348    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

causa più alta e del fine supremo). Ma questa ret­titudine di giudizio può essere di due specie. Essa proviene sia dal perfetto uso della ragione, sia da una certa connaturalità (rassomiglianza di natura e •simpatia) con le cose di cui bisogna giudicare. Così per ciò che spetta alla castità, se ne può giudicare con rettitudine, sia perché si conosce ciò che in­segna a questo riguardo la scienza morale, sia, se si possiede questa virtù, per una certa connaturalità o simpatia fondata su questa stessa virtù, che c'inclina a ben giudicare del suo oggetto. Slmilmente riguardo alle ..cose divine: la rettitudine del giudizio fondata sulle ricerche razionali appartiene alla sapienza ac­quisita (del filosofo o del teologo), ma la rettitudine dei. giudizio fondata sopra una certa connaturalità (o rassomiglianza di natura con Dio e sopra l'ispira­zione divina) 19 appartiene al dono della sapienza. Onde Dionigi, nei Nomi divini, 1. II, e. 2, dice:

Hierotheus est perfectus in divinis, non solum discens sed et patiens divina. Questa simpatia (compassio) o connaturalità colle cose divine è fondata sulla ca­rità, che ci unisce con Dio secondo queste parole di S. Paolo, I Cor., vi, 17: «Chi aderisce a Dio è un medesimo spirito con lui».

. Così l'amore fa meglio conoscere l'oggetto amato, « affectus transit in conditionem objecti, dice Gio­vanni di S. Tommaso 20, perché per sé e per Inespe­rienza affettiva quest'oggetto ci apparisce sempre più conforme alle nostre aspirazioni, e intimamente unito a noi; l'intelletto si porta così a Dio come"

" S. Tommaso nell'articolo precedente dice: « Hujwawdi jvdicium. consegiuitw homo per Spiritum Sanctum... (lili omnia scrutatur ». Intatti potrebbe esservi semplice cognizione affettiva per la fede unita alla ca­rità. Affinchè questa cognizione proceda dal dono della sapienza, ci vuole inoltre un'ispirazione dello Spirito Santo; e con ciò la contem­plazione infusa si distingue dalle consolazioni sensibili acquisite nella, meditazione, come indicheremo più avanti.

" Giovanni di San Tommaso, in I-II, q. 68, disp. 18, a. 4.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GBADI        349

se esso lo toccasse sperimentalmente. In tal modo l'amore muove l'intelletto, non solo applicandolo a considerare {in genere causae effectivae), via, in modo obiettivo (in genere causae objectivae), poiché per siffatta esperienza l'oggetto apparisce ben diver­samente da quello che apparirebbe senza di essa », e si manifesta come sommamente conveniente, come la Bontà stessa sperimentata. È ciò che fa dire a nostro Signore : « Se alcuno vuoi fare la volontà del Padre mio, conoscerà che la mia dottrina vien da Dio» (Joan., vii, 17).

[Quest'amore è più unitivo della cognizione as­tratta 21, e per l'esperienza che ci da ci fa deside­rare sempre più la cognizione intuitiva dell'altra vita, la visione beatifica. Tal è il vero pragmatismo, che si ride del pragmatismo; esso nasce dalla carità soprannaturale, che suppone la fede.

*   *   *

Potrebbe esservi cognizione affettiva per il sem­plice fatto che l'amore di carità s'unisce all'atto di fede, ed è ciò che già avviene nell'orazione discorsiva affettiva; ma, nella contemplazione infusa, vi è inoltre', un'ispirazione e un'illuminazione speciale dello Spi­rito Santo, di cui abbiamo parlato a lun-go più sopra, art. V.                    .

Allorquando, come spesso avviene nei Padri e nei teologi, si distinguono illuminasione e ispirazione,

21 I-II, q. 28, a. 1, ad 3 : » Oognitlo perfleltur per hoc duod cognitum TinitUT cognoscenti secundum auam similitudinem. Sed amar facil.iiimd ipsa res, Quae amatur, amanti (Aiguo 'modo uniatur; nude axaor est magis unitiTus quam cogniti o «.

Nondimeno se la cognizione è assolutamente immediata, se si'co­nosce Dio per la sua stessa essenza, e non più per una similitwKne, eom'è il caso della visione beatifica, allora è questa che ci (a prendere possesso di Dio, più ohe l'amore; et. I-II, q. 3, a. A.


360  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMELAZIONE

l'illuminazìone speciale è una grazia per l'intelletto, ,e l'ispirazione una grazia per la volontà. In questo senso si parla di cognizione infusa e d'amor infuso, che noi non possiamo produrre a piacimento. Ora nessuno può fissare un limite all'intensità crescente di questa illuminazione che il dono della sapienza ci rende atti a ricevere; essa può, come ora vedremo, crescere sempre quaggiù in intensità come la carità.

Questa contemplazione infusa è oscura, perché su­periore non solo ad ogni immagine sensibile, ma anche ad ogni idea distinta. Questo stato di oscurità transluminosa è anche, dal lato dell'intelletto, ciò che forma il fondo dello stato mistico, secondo Dio-nigi, S. Giovanni della Croce e i più grandi Maestri. È cosa molto difficile a descrivere, perché è tutto soprannaturale e ciò sorpassa ogni espressione; ab­biamo qui come una morte dell'intelletto, che è in realtà una vita nuova incomparabilmente superiore," il vero preludio di quella del cielo. Su questo punto bi­sogna leggere specialmente la Notte oscura, 1. II, e. xvi, str. II, v. i: «L'immaginazione non si rap­presenta più nulla di gradevole, la memoria non esiste più, l'intendimento, invaso dall'oscurità, abbandona ogni percezione ». Le facoltà sono come annientate se­condo il loro modo umano, ed è la comunicazione sempre più viva e .profonda del modo divino di co­noscere e di amare. S. Giovanni della Croce (Notte, 1. II, e. xvi.) cita qui S. Tommaso, II -II, q. 180, a. 1, e aggiunge: «Questa comunicazione si fa se­gretamente senza che. intervenga l'azione naturale del­l'intelletto, ne delle altre potenze. Siccome queste potenze sono incapaci di acquistarla e lo Spirito Santo la infonde nell'anima e ne fa il suo ornamento, la Sposa dei Cantici dichiara d'averne avuto il dono a sua insaputa e d'ignorare come l'infusione siasi compiuta, e perciò la comunicazione è veramente «segreta». E non è l'anima sola ad ignorare quello


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI       351

che succede, ma ogni altra creatura, perfino il de­monio. Perché il Maestro istruisce l'anima nell'in­terno, e in quanto egli vi si trova sostanzialmente niuno lo può scoprire, ne il demonio, ne l'intelletto, ne il senso naturale».

Perciò è difficilissimo descrivere psicologicamente quello che la teologia chiama il modo sovrumano dei doni dello Spirito Santo, soprattutto del dono della-sapienza. Una delle migliori descrizioni è quella che abbiamo ora citata, ed anche quella in cui S, Te­resa, IV Mansione, e. in, distingue la prima ora­zione infusa (il raccoglimento soprannaturale) dal­l'ultima delle orazioni acquisite che precedette. Noi abbiamo riferita più sopra questa descrizione, e. IV, a. II e III.

*       s|s       <s

Ma non bisognerebbe credere col protestantesimo-liberale e coll'agnosticismo .modernista che questa oscurità transluminosa della .contemplazione infusa^ che non reca alcuna cognizione distinta, possa far a meno d'un Credo determinato o che trovi in esso un ostacolo 22. Anzi essa è agli antipodi del «vago nell'anima» di cui si contenta il sentimentalismo o la teosofia, e si oppone ad esso, un po'' come Dio, suo oggetto, s'oppone alla materia prima suscettibile di tutte le forme. Infatti è la contemplazione infusa che. da sempre meglio lo spirito delle parole, dei concetti;, delle formule della fede. Essa ci fa così oltrepassare. incerto modo le formule dei dogmi, per andare fino

82 Ogni vero mistico cattolico è e deve essere pronto a dare la sua vita per il minimo iota del Credo. Ogni eresia l'ormale distrugge in noi la tede-infusa e perciò la carità, cioè i principii essenziali d'onde procede la. contemplazione di cui parliamo.


352    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

alle profondità di Dio, credendo ai misteri così come

•sono in. Lui, senza darci modo di vederli a3.

Così concepita, questa contemplazione ci fa pene­trare molto più profondamente di qualsivoglia stadio

•o meditazione, le parabole evangeliche, i varii mi­steri della salute, le perfezioni inarrivabili di Dio, il mistero supremo della Deità che le contiene tutte, <e le relazioni ineffabili delie Persone divine.-

Perciò S. Tommaso 24 distingue, dopo -Dionigi, tré principali gradi in questa contemplazione, secondo

•che l'illuminazione dello Spirito Santo, il cui pro­gresso intensivo non ha limiti, è ognora più viva.

Si contempla D'io nello specchio delle cose sen­sibili di cui egli è l'autore, o anche nello specchio delle parabole evangeliche, l'infinita misericordia nella

•storia del figliuoi prodigo. L'anima si eleva da un ' fatto sensibile a Dio, con un movimento retta come

•quello dell'uccello, dell'allodola ohe sale direttamente dalla terra verso il cielo. Nostro Signore predicando le parabole metteva il suo uditorio in quest'orazione.

2" Si contempla Dio nello specchio dei misteri della salute, misteri del Verbo fatto carne : Incarna­zione,- Redenzione, Eucaristia, vita della Chiesa, mi-' steri che il Rosario fa costantemente passare sotto i nostri occhi, per renderci familiari con essi. In. questo specchio spirituale l'anima contempla la Bontà

•di D,io, afferra sempre meglio l'armonia di questi misteri, va dall'uno all'altro con un movimento spez­iato analogo a quello dell'uccello che già sollevato in aria si porta da un punto all'altro perdendo il suo sguardo nell'azzurro del cielo.

Si contempla Dio in se stesso, non come i beati del cielo, ma nella penombra della fede. Qui l'anima

•;. " Of. Vie spirititene, die. 1922, p. 341-360; Une ccwfre/ai»» Se la ^Spiritwdtté catholigue: l'hérésie tfiéoso'phia'ue, SÌ L. lavato. " II-II, q. 180, a. 6.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       353

è elevata sopra la molteplicità delle immagini sensi­bili e delle idee. Ella intravede che D,io, nostro Padre, infinitamente buono, è sopra tutte le idee che pos­siamo farci di Lui, che la sua bontà oltrepassa tutto ciò ch'Egli stesso potè dirci in formule umane, come il cielo congloba tutti gli astri che ci manifestano le sue profondità. E non solo l'anima dice a se s fessa quelle cose, che ogni filosofo anche in stato di pec­cato mortale può pensare, ma sotto l'ispirazione dello Spirito Santo ella è santamente unita, mediante un conoscimento amante e quasi sperimentale, a questo Dio, sconosciuto; santa è saporosa ignoranza, supe­riore ad ogni scienza. È il puro movimento contem-^

•piativo che raccoglie l'anima in D'io solo al di sopra di tutto, come lo descrisse mirabilmente Dionigi nei S orni divini, e. iv, § 9. Quest'orazione fu paragonata al movimento circolare descritto dall'aquila nelle più alte regioni dell'aria, o al movimento dell'uccello che si libra e che pare completamente immobile. Immo­bilità. molto più perfetta dei varii movimenti che la precedevano. Come nel movimento circolare non vi è ne principio ne fine, così qui non vi è più metodo, non si parte da principii per far capo a conclusioni, ma è veramente sotto l'illuminazione dello Spirito 'Santo il simplex intuitus veritatis, l'intuizione sem­plice della verità divina, nell'oscurità della fede, e lo slancio deU'amore, che ci unisce misteriosamente con Dio 25. L'Orazione sacerdotale di Cristo, nel Vangelo

25 II-II, q. 180, a. 6. — Questa contemplazione, da Dionigi parago­nata al movimento circolare, com'egli dice, toc. cif., consiste per l'anima:

« nell'abbandonare le cose esterne, per rientrare in se stessa, nel ridurre-le sue facoltà intellettuali all'unità, affinchè essa, chiusa come in un cerchio, non possa sviare; poi in quest'affrancamento dalle distrazioni,

- in questo raccoglimento e in questa semplificazione di se stessa, nell'unirsi agli angeli meravigliosamente perduti nell'unità, e nel lasciarsi così condurre al Bello e al Bene, alla stessa Deità superiore al Bello e al Bene ».                               .          .•'•'..-

filippo della S. trinità, O- D., .seguito dal vallciobneba, O. P., nella sua teologia mistica, t..II, p.. 66,. dove tratta, della contemplazione

28 — Perfezione e Contemplazione. - I.


354    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

di .8. Giovanni, e. xvii, ci- da l'idea di questa contem­plazione circolare, e non bisogna cercarvi un ra­gionamento, con maggiore, minore e conclusione; sono

•come fasci di luce, o meglio come ondulazioni lumi­nose che scendono dal cielo per venire fino a noi. Questa contemplazione circolare non rassomiglia;

: alla meditazione o alle speculazioni astratte sopra, l'essenza divina più di quello che la . circonferenza. rassomigli al poligono inscritto in essa; tanto- essa,' è semplice, tanto è complessa. E quante volte i com­menti scritti ; sulle opere dei santi fanno la medesima impressione di questo poligono, di cui invano si moltipllcano i lati perché s'identifichi colla circon-" ferenza che', lo circondai

S. Tommaso, come si vede dal suo Commento sui

/Nomi divini oc. iv, vii, xi, segue D.ionigi 26. Sopra la teologia simbolica, che parla di D,io per meta­fore, e della teologia speculativa, che si esprime in termini meno improprii e ragiona sulle perfezioni

-divine e sui misteri, vi è «un perfetto conoscimento di Dio, che s'ottiene per ignoranza in virtù d'una incomprensibile unione; questo si verifica quando l'a­nima, abbandonando ogni cosa e dimenticando se

-stessa, s'unisce agli splendori della gloria divina e

•si rischiara tra questi fulgidi : abissi della sapienza, imperscrutabile» (Nomi divini, vii, 3). Solo quegli che ricevette questa grazia può intendere bene tutto quello che vogliono dire queste parole. S. Tommaso loc. cit., lect. 4, aggiunge: « Cognoscimus Deum per ignorantiam, per quamdam unitionem ad divina supra. àiaturani mentis... Et sic cognoscens Deum, in tali

•circolare, riconosce ch'essa è generalmente infusa. È il meno che si possa. dire. Questa contemplazione intatti differisce enormemente dalla spe-

-culazione acquisita del filosofo o dalla meditazione sull'inefla'btiltà dell'essenza divina.

" Nella Somma Teol., II-II, q. 180, a. 6: i Cessante discursu fiffitur ieju8 (animae) intwitus in contemplatlone Tmiiis simplicis Yeritatis 11.


LA CONTEMPI-AZIOUE E I SUOI GEADI       356

statu cognitionis, illuminatur ab ipsa profundilate divinae Sapientiae, quam perscrutari non possumus ».

Noi non raggiungiamo il misterioso oceano del­l'essere, superiore alla sostanza, alla vita, alla luce, se non col riposo delle facoltà superiori, e non con ragionamenti, ne con una visione di Dio, ma con un'unione piena d'amore e intimissiima, « con una ^specie d'iniziazione che nessun maestro può inse­gnare» (Ep. ix, 1). «Noi, dice Dionigi, desideriamo d'entrare in quest'oscurità transluminosa, e di vedere e di conoscere, per il fatto stesso di non vedere e di non conoscere, Colui che è sopra ogni vista e ogni cognizione. Perche il dichiarare ch'egli non è nulla di ciò che sono gli altri esseri è veramente un ve­dere e un conoscere, è un lodare soprassostanzial-mente il soprassostanziale » (Theol. myst., II). — «L'Essere buono... scaccia l'ignoranza e terrore da tutte le anime in cui egli regna. A loro tutte egli dispensa una luce santa... prima da loro una pic­cola chiarezza, poi quando, avendo gustata la luce, esse ne desiderano una più grande, egli la distribuisce loro con maggior abbondanza; perché esse hanno amato molto, egli le inonda di siffatta luce; e sempre le spinge più innanzi in proporzione dello zelo che esse mettono nel sollevare più in alto i loro sguardi» (Nomi divini, iv, 5).

Col suo proprio sforzo l'anima non può arrivare a questa contemplazione infusa, ma essa deve disporsi a riceverla: e come? colla preghiera e colla mortifica­zione (Nomi divini, in, 1), e lasciando da parte i sensi e il ragionamento: «Dal canto tuo, o dilettis­simo Timoteo, esercitati 'senza posa nelle contempla­zioni mistiche: lascia in disparte i sensi e le opera­zioni dell'intelletto, tutto quello che è materiale e intellettuale, tutte le cose che sono e quelle che non sono, e con uno slancio soprannaturale, va a unirti, intimamente quanto è possibile, a Colui che è


356    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sopra ogni essenza e ogni nozione. Perché è con questo sincero, spontaneo e totale abbandono di tè stesso e d'ogni cosa che tu, libero e sciolto da im-.pacci, ti precipiterai nello splendore misterioso della divina oscurità» {Theol. my-st., I, i). *• «Quest'unione intima, che supera la pontata delle .intelligenze volgari, è una fusione prodotta dall'ainor divino... perché l'amore è una forza unitiva» (Nomi divini, iv, 12). È la perfezione quaggiù della deifi­cazione dell'anima» (Hierarch. coel., I, 3).

« La cognizione mistica, dice S. Alberto Magno 27, non procede dai dati della ragione, ma piuttosto da una certa luce divina. L'oggetto afferrato dal­l'anima (Dio stesso) agisce così fortemente sulla intelligenza, che l'anima vuole ad ogni costo unirsi a lui. Quest'oggetto, essendo superiore alla portata dell'intelligenza, non si fa da essa conoscere, chiara­mente, onde l'intelligenza s'appoggia su qualcosa che non è determinato».                         . ;

Questa contemplazione ci fa intravedere come tutte le perfezioni divine s'identificano sema distruggersi nell'eminenza della Deità, come la Giustizia infinita armonizza con l'infinita Misericordia, senza cessare d'essere Giustizia, come la somma Misericordia non potrebbe esistere senza identificarsi con questa Giu­stizia in apparenza così opposta 28. Il conoscere in modo non solo speculativo, ma quasi sperimentale, che Dio nella sua vita intima, in ciò che lo costituisce propriamente, nella sua Deità, è un certo modo su-;

periore all'essere, alla verità, al bène, alla sapienza e all'amore, alla misericordia e alla giustizia, e che nondimeno queste divine perfezioni sono formalmente

" In libr. Se Myst. theol. Dionys., q. prooèm., ad. 1. " Noi abbiamo trattato altrove questa questione da liti punto di vista speculativo: Dìeu, so» encistence et sa natwre, p. S16-590: identifi­cazione delle perfezioni divine nella Deità/come vi sono formaliter emi-nenter.


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IA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADÌ       357

in lui in un modo 'eminente, senz'aldina distinzione reale, è un entrare in quelle divine tenebre di cui parla Dionigi, e che.S. Angela da Foligno cantò così maravigliosamente 29.

Come si può conoscere così questa Deità comune alle tré divine Persone, e da cui esse non si distin­guono realmente ? Solo la grazia ce lo permette, perché essa è appunto una partecipaizone reale e formale di questa Deità, della natura divina come tale. Mentre la pietra rassomiglia a Dio perché essa è, la pianta perché vive, l'uomo naturale perché è do­tato d'intelligenza, la grazia ci fa rassomigliare a' Dio, appunto in quanto egli è Dio, nella sua Deità, superiore all'essere, alla vita, al pensiero. Questo è d'un ordine affatto superiore al miracolo sensibile e alla profezia dei futuri contingenti 30.

Tal è siffatta connaturalità, siffatta rassomiglianza di natura con Dio: la grazia delle virtù e dei doni.-Essa fa dell'anima giusta come un'arpa eolia che-, sotto il soffio dello Spirito Santo da i suoni i più

" Le livre des visione et instrvctions de la B. Angele de Foligno, tra' dotto da E. Hello, e. xxvi : n Un giorno l'anima mia fu rapita e vidi Iddio in una chiarezza superiore ad ogni chiarezza conosciuta, in una pienezza superiore ad ogni pienezza. Nel luogo dov'ero, cercavo l'amore e non lo trovavo più... Allora vidi Iddio in una tenebria, e necessariamente in una tenebria, perché egli è posto troppo sopra lo spirito, e tutto quello che può divenire oggetto d'un pensiero è senza proporzione con lui... È una dilettazione ineffabile nel bene che contiene tutto, e nulla può ivi divenire oggetto ne d'una parola ne d'un concetto. Io non vedo nulla, e vedo tutto. Quanto più le tenebre sono protonde, tanto più il bene ec­cede tutto; è il mistero riservato... La divina potenza, sapienza e volontà, che vidi altrove maravigliosamente, apparisce meno di questo. Questo è un tutto; le altre si direbbero parti... Nell'immense tenebre, io vidi la Trinità santa... Ecco l'attrattiva suprema al cui confronto tutto non è

•niente, ecco l'incomparabile ». Sul medesimo argomento et. S. Tommaso, .in 1. De divinìs Nominitius, e. vn, lect. 4; et I Seni. d. 8, q. 1, a. 1, ad 5.

— Sarebbe un grosso errore conlondere questa contemplazione Infusa con la meditazione fliosofloa nella quale s-i pensa che l'essenza divina sor­passa tutti i nostri concetti. '0 I-II, q. Ili, a. 5.


358    PERFEZIONE CHISTIANA E CONTEMPLAZIONE

armoniosi, i più dolci come i più clamorosi, i più acuti e i più gravi.

Come un leitmotiv prima impercettibile e lontano a poco a poco si eleva, s'avvicina, ci avvolge e fi­nisce con dominar tutto, così la misteriosa armonia del dono della sapienza s'eleva nell'anima nostra. Il suo modo. sovrumano da prima apparisce appena, e piuttosto in modo negativo per la scomparsa del modo umano di pensare; come dice S. Giovanni della Croce 81, La meditazione diventa difficile o impratica-. bile, l'anima non ha alcun desiderio di fissare la sua immaginazione su qualche oggetto particolare, interno o esterno, nell'orazione ella gode di trovarsi sola con Dio fissando sopra di lui la sua attenzione con amore. Ecco l'inizio della divina intimità.

Come fu giustamente osservato, la teologia, con ciò ch'essa insegna circa il dono della sapienza, ci fa conoscere ontologicamente l'organismo spirituale della contemplazione, ma essa lascia ai mistici la descrizione dei segni psicologici che a questa cor­rispondono. Essa rimane così scienza, superiore, di­stinta dall'arte eminente della direziono delle anime, •che è la sua applicazione.

Da questo punto di vista si spiega , come San Tbmmaso, nella II-II, q. 180, abbia trattato della contemplazione in modo formale; egli ne determina l'essenza, che si ritrova analogicamente nella contem­plazione filosofica e nella contemplazione infusa 32, senza descrivere le varietà di quest'ultima secondo i segni psicologici e materiali che la manifestano. In­vece S. Teresa è essenzialmente descrittiva; S. Gio­vanni della Croce, mistico e teologo ad un tempo, è tra i due. Non pochi s'ingannano volendo discer-

" Salita, 1. II, o. xi e xin; Notte, 1. I, o. ix.

" Così egli tratta; dell'essenza stessa della prudenza che si trova analogicamente nella prudenza acquisita e nell'infusa, o dell'essenza dell'amicizia che ci permette di definire la carità.


LA. CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI '       359

nere quale di questi tré' punti di vista sia il più eie-' vato. Nella grandissima .sobrietà 'della sua lingua 'S. Tommaso esprime l'essenza delle cose; senza scri­vere una teologia mistica, egli ee ne da i principii.

§ III.

Predominio progressivo del modo divino del dono della sapienza nell'orazione.

Quando diciamo che il progresso spirituale esige normalmente il predominio progressivo del modo di­vino dei doni dello Spirito Santo, per rimediare al modo imperfetto delle virtù infuse, e quando aggiun­giamo che la vita mistica è appunto caratterizzata da questo predominio e dalla docilità perfetta al Maestro intcriore, noi non vogliamo in conto alcuno riservare agli stati mistici l'intervento dei doni dello Spirito Santo, ne certamente escludere da questo stato l'eser­cizio delle virtù.

All'opposto abbiamo sempre detto che, prima del­l'ingresso nello stato mistico, i doni intervengono in un modo sia latente ed abbastanza frequente, sia manifesto ma raro 33. Quando quest'intervento di­viene ad un tempo frequente e manifesto, allora co- . mincia, diciamo noi, la vita mistica caratterizzata, da questo predominio del modo divino dei doni st, mentre la vita ascetica è tale per il mpdo umano» delle virtù.                              . -

Quello che non ammettiamo è che i doni debbano-entrare in funzione tutte le .volte che Inanima riceve una grazia attuale, perché una grazia attuale è ri-

" È anello ohe insegnano generalmente 1 teologi, particólarmente I tornisti: et. giuseppe dello spirito santo, O. D., Cursus theol. •schol.-favsticae, t. II, disp. 7, <l. 1, n. 28.

'* Sn questo punto vedasi giuseppe dello spirito santo, iWd.


300     PEEFEZIONE CRISTIANA 'E .CONTEMPLAZIONE

chiesta anche per l'esercizio più imperfetto delle virtù cristiane, per gli atti remissi notevolmente inferiori ai gradi di carità che abbiamo, e in questi atti non si vede alcun influsso dei doni 35. Sarebbe un errore il confondere la grazia attuale prima eccitante, e poi cooperante, che ci muove a ben deliberare secondo .il modo umano, a volere e ad agire in conseguenza, con l'ispirazione dello Spirito Santo a cui i doni ci rendono docili, senza che noi abbiamo da deliberare secondo il modo umano 36. È bensì possibile che un'ispirazione latente accompagni abbastanza sovente la deliberazione e il lavoro umano, come la brezza agevola il lavoro del rematore; ma il modo divino di agire resta specificamente distinto dal modo umano^ e quand'esso predomina in un atto o in uno stato, a tal segno che quest'atto o questo stato non possono essere prodotti dalla nostra industria o attività, umana. aiutata dalla grazia attuale richiesta all'esercizio delle virtù, allora si dice che questo stato e passivo. Così quando il vento soffia tanto da fare avanzare la barca senza che sia necessario remare, non' dipende dalla ^attività del remafcoire ch'essa avanzi in tal modo.

" Cf. gardbil, Dici. Théol., art. Dons, fin.

" Dice bene S. Tommaso, II-II, q. 52, a. 2, ad 1: «In donis Spiritus. Sancti mens humana non se lidbet ut movens, sed magis ut •mota ». Egli parla slmilmente (Iella grazia operante per distinguerla dalla cooperante, I-II, q. Ili, a. 2: « In ilio efleotu in quo mens nostra est mota et non, movens, solus autem Deus movens, operatio Deo attribuitur, et se-oundum. hoc dicitur gratta operans. In lilo autem efiectu in quo mens. ;

nostra et movet et movetur operatio non solimi attribuitur Deo sed etiam animae, et secundum hoc dicitur gratta cooperane ». — L'ispirazione dello' Spirito Santo, di cui parliamo, è una grazia operante che noi riceviamo -con docilità e ohe ci ta compire atti che non giungeremmo a produrre col nostro sforzo personale aiutato dalla grazia. S. Teresa, parlando del­l'orazione d'unione (V Mans., o. i), dice: « Dio non ci lascia qui altro concorso che quello d'una volontà pienamente sottomessa. Così santa. felicita diceva ad uno dei suoi carcerieri, quand'ella provava i dolori del parto: Oggi sono io che soffro; ma allora (durante 11 martirio) vi sarà un altro in me che soffrirà per me, perché io pure soffrirò per lui ». Ecco la differenza della virtù e del dono.


LÀ CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI       361

Dunque tra il modo umano delle virtù e della grazia. attuale corrispondente, e il modo divino dei doni dello Spirito Santo, più che una differenza di grado,-vi è una differenza specifica. Questa differenza spe­cifica. no'n 'esisterebbe se la mozione divina fosse-Solamente più intensa; essa proviene dal fatto che la. regolazione obiettiva dell'atto 'è formalme-nte diffe­rente, secondo che procede dalla ragione, la quale,. illuminata dalla fede, delibera umanamente, o dalla-ispirazione dello Spirito Santo superiore ad ogni deliberazione umana, ad ogni procedimento discor­sivo, che sia intrinseco alla prudenza, o che disponga-a fare nel momento voluto atti di fede, di speranza. o di carità 37.                            ,

La cosa apparisce specialmente nella contempla­zione infusa ne' suoi inizi e ne' suoi progressi. Ri­cordiamo l'ascensione descritta da S. Teresa'e da, S. G-iovanni della Croce.

Nell'aridità della notte dei sensi è il dóno della. scienza che predomina, facendoci conoscere soprattutto-la vanità delle cose create (11-1,1, q. 9, a. 4), nella. nella notte dello spirito è lì dono dell'intelletto (II-II, q. 8, a. 7), il quale ci mostra qui meno la bontà di

" Ot. I-II, q.. 68, a. 1: iVIrtutes humanae perflolunt hominem se-cund.um quod homo natug est movevi per ratìonem in hls, quae interiu& ve! exterius agit. Oportet igitur inesse nomini altiores pertectiones, se-cundum quas sit dispositus ad. hoc, quod divinitTis moveatur... ut effl-ciatur prompte mobilis db ins'piratione divina... Et Philosophus etians dicit in o. de bona fortuna (Magn. Mor., 1. VII, e. xiv), quod bis qui:

moventur per instlnctum divinuin, non expelìit consiliari secundum ra-tionem hunianam, sed quod. sequantur interiorem instinctum; quia mo-ventur a meliori principio quam sit ratio Iraniana; et hoc est, quod qui-dam diount, quod dona perfieiunt honilnem ad altiores actus, quam sint aotus virtutum ». Vedasi Giovanni di S. Tommaso su quest'articolo^ È chiaro che ogni grazia attuale non dispensa dal deliberare.

S. Tommaso, in Bora., vili, 14, dice cosi sul testo: « Quicumque-Spiritu Dei aguntur, ii sunt fliii Dei a : « Homo spiritualis non quasi ex motu propriae voluntatis principallter, sed ex instinctu Spiritus' Sancti incllnatur ad aliquid ». Ct. Froget, O. P., L'aWtazwne dello Spi­rito Santo nelle anime giuste, P. IV, o. vi (trad. mabietti, Torino).


362      PERFEZIONE CEIStIA'N'A E COMTEMPI.AZIONE

Dio che la sua infinita maestà e per contrasto la nostra, miseria.

Fra le due notti e specialmente dopo la seconda, il modo sovrumano del dono della sapienza non è solo latente ma, per un direttore sperimentato, di­venta sempre più manifesto. Si ha così, sotto l'il­lumuiazione dello Spirito Santo, quella cognizione per connaturalità alle cose divine e quasi sperimentale

•che non si possiede certo a piacimento, mentre, anche in stato di peccato mortale, si può, a piacimento, eoa. una grazia attuale, fare un atto di fede.

In certe anime perfette questo predominio del modo

•sovrumano del dono della sapienza è chiaro lampante (e a volte anche accompagnato da grazie gratis datae, dal lume profetico). In altre è diffuso, ma pure rea-lissimo; in queste ultime anime appunto son più ma­nifesti i doni pratici del consiglio, della fortezza,.' del timore, o quelli della pietà o della scienza, ma sono veramente sotto la dirczione dello spirito della sa­pienza, e la sua luce, come quella diffusa nell'aria, .senz'attrarre lo sguardo, penetra tutto, e da a tutta i la vita un tono superiore, tanto riconoscibile quanto la differenza tra il giorno e la notte.

Questa grazia della contemplazione infusa, anche .allo stato diffuso, differisce certamente dalle conso­lazioni sensibili che a volte accompagnano la pre­ghiera vocale o la meditazione nei principianti. S. Teresa notò benissimo questa differenza (IV Mans.,

•e. n) facendo vedere quello che distingue «i gusti spirituali dalle consolazioni acquisite nella medita­zione»: «Noi ci procuriamo queste, dice ella, colle nostre riflessioni, a mezzo di considerazioni sulle cose

•create e con un penoso lavoro deU'intelletto. E sic-

•come, in fin dei fini, esse sono il frutto dei nostri «forzi, con rumore riempiono di qualche profìtto spi­rituale il bacino dell'anima nostra». Perciò la Santa paragona queste consolazioni acquisite ad un'acqua


LA. CONTEMPLAZIONE E I SUOI GEADI        363

che viene da lontano par condotti. Invece parlando simbolicamente dei gusti di D,io, che altrove, dice ella, nominò orazione di quiete, scrive: «Nell'altra fontana l'acqua procede dalla sorgente stessa, che è Dio. Onde, quando a sua Maestà piace accordarci un favore spirituale, quest'acqua sgorga dal nostro fondo più intimo, con una pace, con una tranquillità, con una soavità estrema. Ma d'onde scaturisca e in qual modo, è ciò che ignoto ».

Infatti si può avere una certa cognizione affettiva di Dio mediante il semplice esercizio della fède unita alla carità, ed è il caso delle consolazioni acquisite nella meditazione, ovvero la sensibilità può avere una larga parte s8. La contemplazione infusa richiede inoltre un'illuminazione speciale o ispirazione dello Spirito Santo, a cui appunto il dono della Sapienza ci rende docili, come abbiamo detto più sopra.

Questo dono come i sei altri e come le virtù infuse, essendo connesso coLla carità, cresce con essa cer­tamente, e in un'anima veramente docile la contem­plazione infusa deve dunque normalmente apparire, e poi svilupparsi. Deve pertanto esservi normalmente un predominio progressivo, smagliante o diffuso, del modo divino del dono della sapienza sopra il modo umano della meditazione o dell'orazione acquisita. È così che apparisce l'orazione soprctnnaturale di cui parla S. Teresa, orazione che deve divenire sempre più intima, e che alle volte è accompagnata da estasi, da parole inferiori, come può essere accompagnata da visioni. Ma questi sono soltanto fenomeni acciden­tali, e transitorii, e passano, mentre la contempla­zione infusa continua. Se il lume profetico (lumen prophetioum) concorre a volte a questa contempla-

" Ot. quanto dice S. Tommaso della passione o emozione conseguente per ridondanza, I-II, q. 24, a. 3, ad 1; della gioia sensiMIe, efletto della divozione della volontà, II-II, q. 82, a. i ; e degli effetti della santa comunione. III, q. 79, a. 1, ad 2.


364    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

zione, ciò è in, modo concomitante, e le grazie gratin datae sono d'ordine inferiore a quella, delle virtù e dei doni 39.                 '                 .

Con ciò si .possono facilmente, conciliare quattro opinioni sulla natura dello stato mistico, recente­mente proposte *°, la prima che lo fa consistere in una cognizione infusa di Dio e, delle cose divine, la seconda in un amor infuso, la terza in una passività speciale dell'anima, più mossa che semovente, la quarta in un'attenzione'semplice-ed amorosa a Dio;

quest'ultima non può infatti prolungarsi .senza un intervento abbastanza manifesto dei doni 41.

§ IV.

La contemplazione procede esclusivamente dal dono. della sapienza, o anche dalla fede unita alla carità?

Come abbiamo detto, sarebbe un errore il dire che l'intervento dei doni dello Spirito S.anto sia riserbato 'agli stati mistici; un altro errore sarebbe certissima­mente l'escludere dallo stato mistico l'esercizio delle

s' Ct. I-II, q. Ili, a. 5, dove della grazia santificante si dice ohe &•' « multo excellentior quam grafia gratis data ». Si rilegga l'ufficio dì S. Teresa, specialmente il capitolo : non vi ai parla se non del dono della sapienza: « Optavi et datns est mini sensus, et invocavi et venit in me-spiritus sapientiae. »

" Kevue d'Ascétigue et de Mystique, ott. 1920. A proposito della con­templazione mistica, p. 333-336.

*1 Le due prime opinioni si possono conciliare col principio della causalità reciproca della cognizione e itell'amore, a oausae ad invicem sunt causae in diverso genere a; e qui, secondo due aspetti diversi, vi è priorità sia della cognizione, sìa dell'amore, come al termine della de­liberazione, quando la volontà libera torma l'ultimo giudizio pratico ehe dirige la sua elezione. La terza opinione menziona la passività spe­ciale che conviene ad un tempo alla cognizione infusa e all'amore infuso ohe sono riuniti neO.'attenzione semplice ed amorosa di cui parla la quarta, opinione. Non è dunque molto difficile intendersi su questo punto, e le divergenze qui possono essere solamente verbali.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI CtÈADI        365,

virtù teologali. Esso invece, secondo, i grandi maestri, consiste nel più .perfetto esercizio di queste virtù più alte di tutte. Come Si può conciliare quest'as­serzione con ciò che abbiamo ora detto del predo­minio del modo divino dei doni in questo stato?

Alcuni autori sembrano dire che la contemplazione non è un atto di fede, ma che presuppone un atto di tede distinto da essa e simultaneo, come la deduzione d'una conclusione teologica presuppone la cognizione dei principii di fede.

Questa concezione sembra poco conforme alla sem-!' plicità perfetta dell'atto contemplativo, che non è af-,;

fatto discorsivo, e che, per di più,, riguarda imme-, diatamente i misteri di fede, ma penetrandoli e- gu­standoli.  

Inoltre i più grandi mistici, come S. Giovanni della Croce, dicono sempre che la contemplazione infusa è un atto eminente della Fede viva, ed è facile ve­dere che essi vogliono parlare della Fede unita al dono della sapienza, e in un grado superiore di questo dono 42.

Onde col Ga&tano A3, con Giuseppe dello Spirito Santo 4A, e con parecchi altri grandi commentatori' di S. Tommaso va noi pensiamo che non vi sono due atti simultanei, ma che la contemplazione infusa è un atto che, in quanto alla sostanza, procede dalla fede infusa, e m quanto al suo modo sovrumano dal, dono della sapienza. Il perfetto contemplativo è colui che va fino alla cima della sua fede, e che, credendo

" Salita del Carmelo, 1. II, e. il, v,' yin: La fede è il solo mezzo pros» rimo e proporzionato ohe permetta all'anima raggiungere la divina unione; e. ix; 1. Ili, e. iv, et vi.                               .

43 gabtano, in II-II, ci. 45, a. 1.

** Cursus theol. schol. -mysticae, t. II, dist. 13, p. 395. Item bannez in II-II, 45, 1.

" Ot. giovanni di S. tommaso, de Donis,,d. 18, a. 2, n. 57: «Dona ad excellentius perflclendmn et exeroendum virtutes theologicas de-serviunt... »                                        \        ^


366     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

i misteri soprannaturali, li penetra, .ne misura le profondità, li assapora, se li assimila o meglio si ;Iascia assimilare da essi; è colui che non si contenta. di credere, ma che vive pienamente della sua fede {justus ex fide vivit), e che giudica tutto secondo essa, cioè secondo lo stésso pensiero di Dio, come s'egli vedesse coll'occhio di Dio. La carità concorre-altresì alla contemplazione, poiché essa ci muove a. contemplare Iddio per amarlo meglio ie.

Tale sembra essere il senso delle parole di S'.,Tom-maso: «i doni perfezionano le virtù elevandole eopra il modo umano, così il dono dell'intelletto perfeziona. la virtù della fede » iri. « Le virtù teologali (che ci uniscono allo Spirito Santo) sono superiori ai doni ch'esse regolano » ts eppure ricevono da essi una nuova perfezione. «L'operazione che procede dalla virtù perfezionata dal dono si chiama beatitudine» 49.

" i joan. iv, 8.

" « Dona perflciunt virtutes elevando eas supra modum humanum, siout donum intellectus virtutem. fidel. » Quaest. dis'p. de Charitate,. q. 2, ad 17. Ilvm III, d. 34, q. 1, a. 1, — in Moifh., e. v, n. 2: «Ista inerita (beatitudiirum) vel sunt actus dononnn, vel aotus virtutum secundum quod perflcimitiir a donis », « s'apra modiim h'umanuin » è stato detto più sopra.

" I-II, q. 68, a. 8 : « Siout Tirtutes intelteotuales praeferuntur vir-tutibus moralibus et regulant eas; ita Tirtiites theòlogioae (per quas unimur Spiritui Sancto moventi) praetermitiir donts Spitìtzis Sancti» et regulant ea. » Così la fede è la regola remota dei doni intellettuali, che non si possono esercitare se non sulle verità della fede; la loro regola prossima, immediata è l'illuminazione dello Spirito Santo, che costituisce il motivo formale della contemplazione Infusa, penetrante, o-sapo­rosa.                                              :

19 « Operatio procedens a virtute perfeota. dono, dicitur beatitudo » S. tommaso, super Isaiam, o. xi.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI           367

§ V.

I frutti dello Spirito Santo e le 'beatitudini.

Per i doni dello Spirito Santo l'anima giusta di­venta come uno strumento musicale da cui il Maestro ulteriore può trarre mirabili accordi: « instrumentum musicum a Spirita pulsatum, divinamque gloriam et potentiam canens» 60. L'anima canta così la gloria di Dio; è quello che ci fa vedere ad ogni pagina la, vita dei santi.

Il giusto è anche paragonato dalla Scrittura ad. un albero piantato lungo le acque e che da i suo» frutti a suo tempo 61. « I frutti dello Spirito Santo, dice S. Paolo, sono la carità, la gioia, la pace, la pa­zienza, la benignità, la dolcezza, la fede, la modestia» la continenza e la castità» 52.

In che cosa questi frutti si distinguono dalle virtù e dai doni? Come spiega S. Tommaso 53, sono non abitudini, ma atti che procedono in noi dall'influsso dello Spirito Santo, e nei quali l'uomo si diletta;

e si oppongono così a quelli che si possono chiamare;

i frutti della ragione.

Superiori ancora sono le beatitudini. Con questo nome s'indicano certi atti della vita presente, che a cagione della loro perfezione specialissima sono il pegno, la causa meritoria e come le primizie della. beatitudine perfetta . «In ragione della loro per­fezione, s'attribuiscono piuttosto ai doni che alle virtù» s5.

« Beati i poveri di spirito, perché di questi è il

'"' S. QBEa. naz., Orat. ad popul., XLiir, n. 67.

" Ps. 1,3.

51 Galat., v, 22-23.                " I-II, g. 69, a. 1 ; q. 70, a. 2.

" I-II, q. 70, a. 1 et 2.         " I-II, a. 70, a. 2.


368    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

regno de' cieli » 56. La virtù della povertà, può ispi-.

-rare il distacco che fia usare con moderazione dei beni della terra, ma è il dono del timore che ne ispira il disprezzo, in confronto coi beni superiori.

« Beati quelli che piangono, perché saranno conso­lati».. È il dono della scienza che fa vedere la fragi­lità, la vanità dei beni che passano, la gravita del pec-

-cato, come male dell'anima e offesa di Dio.... Beato .•colui che versa le lacrime d'una santa contrizione.

« Beati i mansueti, perché possederanno la terra ». ,La virtù della mansuetudine . ci fa bensì superare

l'impeto della collera, ma è specialmente il dono

-della pietà che da la calma, la serenità, il perfetto possesso di sé, l'intera sottomissione alla volontà

-di Dio.

Queste tré beatitudini sono quelle della fuga e 'della liberazione dal peccato. Le. due. seguenti, dice S. Tommaso, sono quelle della vita attiva del cri-.stiano, che, liberato dal male, si dedica al .bene con .tutto lo slancio del suo cuore:

« Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno satollati». Desiderare la giustizia, l'ordine perfetto, è l'effetto delle virtù,. ma averne fame e .sete, essere stimolato da questa, fame è il .frutto di un'ispirazione superiore.

Questa sete della giustizia non deve diventare uno

-zelo amaro riguardo ai colpevoli, perciò sta scritto:

«Beati i misericordiosi, perché troveranno miseri­cordia»; lattenti alla sofferenza altrui, costoro possono

-dare il consiglio che rianima e che rialza. Quindi lo spirito di consiglio corrisponde a questa beatitudine.

Quest'unione della giustizia e della misericordia . è uno dei segni più evidenti della presenza di Dio in un'anima, perché egli solo può intimamente con­ciliare virtù apparentemente così opposte.

.«« matth., v, 3.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI        369

Vengono finalmente le beatitudini della vita con­templativa: «Beati i mondi di cuore, perché vedranno Dio ». Un cuore veramente puro è come una limpida fonte ove fin di quaggiù Iddio si riflette, e il dono dell'intelletto ci fa intravedere la bellezza divina tanto meglio quanto è più pura la nostra intenzione.

« Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio». Questa beatitudine, dicono S. Agostino e ;S. Tommaso, corrisponde al dono della sapienza, che ci fa vedere come sperimentalmente ogni cosa in Dio, perché ogni bene proviene da Lui,. e il male non avviene salvo che sia permesso in vista d'uà maggior bene. Il dono della sapienza ci rivela così l'ordine ammirabile del piano provvidenziale. Ora la

•pace è la tranquillità dell'ordine. L'anima contem­plativa non solo la possiede, ma può anche comuni­carla agli altri. Ella, nella sua parte superiore non si lascia turbare dagli avvenimenti penosi, inaspet­tati, ma tutto riceve dalla mano di Dio, come un mezzo o un'occasione d'andare a Lui. La Sapienza da una pace raggiante, e c'inclina ad amare i nostri nemici; essa è il segno dei veri figli di Dio, che non perdono, per così dire, un istante il pensiero del loro Padre celeste. L'anima, al principio della sua vita, imbrattata d'egoismo, era spesso preoccupata di se stessa, e forse riferiva tutto a sé; ora è il .pensiero di Dio che la possiede, ed essa riferisce tutto a Lui.

•Questa pace frutto del dono della sapienza, e che il mondo non può dare, quaggiù non si trova pienamente salvo che nella vita mistica contrassegnata appunto . dal predominio di questo dono, unito ad una carità perfetta e ad una fede vivissima. È ciò che a San-Paolo fece scrivere ai Filippesi, iv, 4: «State sempre allegri nel Signore; lo dico per la seconda volta, state allegri. La vostra 'modestia sia nota a tutti gli uomini. Il Signore è vicino. Non vi affannate per niente, ma in ogni cosa siano manifestate a Dio •

24 — Perfezione e Contemplazione.


870     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

le vostre richieste per mezzo dell'orazione e delle suppliche unite al rendimento di grazie. E la pace-di Dio, la quale sorpassa ogni intendimento, sia guardia .dei vostri cuori e delle vostre menti in. Cristo Gesù».

. Tal è il frutto di-questa sapienza di cui sta scritto:. «Io la preferii ai regni..., tutto l'oro in confronto di lei è come un poco di arena, e l'argento non è che fango. L'amai più che la sanità e la bellezza; risolai di prenderla per la mia luce, perché lo splendore di lei mai non si spegne. E vennero a me insieme con lei tutti i beni, e infinita ricchezza per man di lei» E. di tutto questo io mi godei, perché questa sapienza, era mia guida, ed io non sapevo come di tutte queste cose ella è madre. Ed io la ricercai sinceramente-per amore di lei sola, e la comunico senza invidia, e non tengo nascoste le sue ricchezze. Perciocché-ella è un tesoro infinito per gli uomini, e quelli che-ne fecero uso sono divenuti amici di Dio...» 57. «Se uno brama la profondità della scienza, ella è che sa le cose passate, e fa giudizio delle future, che pe­netra quello che vi è di più sottile nei discorsi e di più difficile a decifrare nelle parabole... Mi risolvei adunque di prenderla, meco per compagna della mia. vita...» 58. «Dio di misericordia,... datemi codesta sa­pienza, che assiste al vostro trono, e non mi riget­tate dal numero dei vostri figliuoli... Mandatemela dal cielo, affinchè ella sia meco, e fatichi con me, e affinchè io sappia quello che vi piace... Perché chi è degli uomini che possa sapere i consigli di Dio? o chi potrà intendere quel che Dio vuole?... Chi potrà conoscere il. vostro pensiero, o mio Dio, se voi stesso non date la sapienza e s& non mandate ..il vostro Santo .Spirito dall'alto de' cieli?» 69.

Qual preghiera più bella per chiedere a Dio con

" Sa»., vii, 8.          '" Ibid., vili, 8.            " IM., ix, 1.


LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI        371

umiltà e con fiducia questo spirito della sapienza, principio della contemplazione e sorgente della pace!

Alla, beatitudine dei pacifici s'aggiunge l'ultima che e la conferma e la manifestazione delle altre:

« Beati quelli che soffrono persecuzione per la giu­stizia, perché di essi è il regno de'' cieli». Quando l'uomo è rassodato nella povertà spirituale, nella mansuetudine, nell'amore della giustizia e nelle altre beatitudini, la persecuzione è impotente a distaccarlo da questi beni, e a togliergli la pace e la gioia in­feriore. Così l'anima è segnata coll'effigie di Cristo crocifisso, per le ultime prove ch'ella subisce per arrivare alla santità. Allora comprende praticamente le parole di Gesù: «Beati siete voi, quando vi ma­lediranno, e vi perseguiteranno, e mentendo diranno di voi ogni male per causa mia. Eallegratevi ed esul­tate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli» 60. Non sono forse queste parole che fecero nascere nel cuore dei santi la sete dei patimenti e quella del martirio?

Così i doni dello Spirito Santo che sono in ogni anima giusta, e che si svolgono normalmente, a ti­tolo d'abiti infusi, con la carità, ci dispongono pro­gressivamente agli atti più elevati e più eroici della vita spirituale. In questo grado d'intimità con Dio la vita spirituale merita il nome di vita mistica. In certe anime perfette, si manifestano specialmente i doni della contemplazione, in altre quelli dell'azione. Ma anche in questi ultimi, è lo spirito della sapienza che dirige la vita, e la sua luce diffusa illumina tutto. E adesso ' dobbiamo parlare della chiamata a questa vita mistica.

" MÀTTH., V, 11.


CAPITOLO V.

La chiamata alla contemplazione ossia alla vita mistica.

articolò I.

I vari sensi della parola « chiamata ».

Chiamata generale e remota, Chiamata individuale e prossima, Chiamata sufficiente,Chiamata efficace.

Quando si tratta della chiamata alla contemplazione mistica propriamente detta, se si domanda: Questa chiamata è generate'o particolare? conviene precisar bene il senso della parola chiamata o vocazione, che può essere presa in sensi diversissimi.

Anzitutto chiamato alla vita mistica non vuoi dire elevato, condotto o eletto, o predestinato alla vita mistica: «vi sono molti chiamati, e pochi eletti», come sta scritto nella parabola degl'invitati 1. E

' Tal è 11 senso delle parole chiamato ed. eletto, cioè alla gloria, in' san Matteo, xx, 16; xxn, 14; xxiv, 24 — Marco, xill, 20, 22, 27 — Luca, e. xvin, 7. — Questo è anche il senso corrente in teologia... Nondimeno in S. Paolo (I Cor., i, 26-27), chiamato ha il medesimo senso di eletto, perché egli parla della vocazione efficace alla tede e alla vita cristiana, e dell'elezione alla grazia, non alla gloria. Of. P. vosté, O. P., Comment. in Ep. I ad Thessal., i, i. S. Tommaso a questo proposito osserva ohe la vocazione efficace alla vita cristiana e l'elezione alla medesima vita s'identificano, ma vocazione si dice in ordine alla vita nuova, ed elezione per rapporto al mondo, d'onde uno fn tratto e scelto.


374    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

qualche volta i traduttori dei grandi maestri s'in­gannano traducendo : « non tutti sono chiamati alla vita mistica», là dove l'originale esigerebbe: «non tutti sono condotti per la via della contemplazione mistica» 2.                 ,

Inoltre i teologi 8 osservano che la vocazione può essere sia esteriore, per mezzo del Vangelo, della predicazione, della dirczione, della, lettura, sia in­feriore, "per •olezzo d'una grazia di luce e di'attrat-' tiva A.                                                 :

La chiamata esteriore è generale quando si ri­volge a tutti -indistintamente; poi diventa indivia-itale, quando giunge a questo o a quello in particolare. Così tutti i pagani sono in modo generale chiamati dal Vangelo alla vita cristiana, prima che questo o quello sia chiamato in modo individuale.

La vocazione invece può essere speciale, quando

2 Per esempio mi testo celebre e controverso di S. Giovanni della Croce (Notte oscura. I, e. ix, fine) è reso cobi dal Sig. Hoornaert, nella sua prima traduzione, p. 46: « Quelli poi che non sono chiamati alla via contemplativa, sono guidati in un altro modo » ; lo spagnuolo ha :

« porque log que no van por camino de oontemplacion, muy diferente modo llevan » : « per quelli che non vanno per la via della contemplazione la cosa è diversa ». L'ultima frase del medesimo capitolo comincia così nella medesima traduzione : « Coloro pertanto che non sono chiamati non finiscono mai di svezzare i sensi...»; il testo spagnuolo esigerebbe:

« questi ultimi (che Dio non, solleva alla contemplazione secondo la via dello spirito) non finiscono mai di svezzare i sensi ». Il Sig. Hoornaert nella sua seconda edizione segue più da vicino l'originale particolar-mente sul punto di cui ci occupiamo. Di più, questo testo di S. Giovanni della Croce è spiegato in Viva Fiamma, 2" str., v. 5.

' Cf. S. tom., I, d. 41, q. 1, a. 2, ad 3, et in, Epist. ad Itom. e. vili, lect. 6; e i saimantioesi, de Praedestinatione, disp. IV, dub. IH:

« Qnaenam vocationes electorum sunt effectus praedestinationis eorum? » Secondo questi teologi e molti altri tomisti, anche le vocazioni inefficaci, a cui gli eletti resistono, sono un effetto della predestinazione. Cf. billuabt, de Deo, diss. 9, a. 6, § 1.

' Generalmente la vocazione esterna e la vocazione intema sono unite, come la mozione obiettiva (quoad speciflcationem) e la mozione soggettiva (quoad exercitium), così come la predicazione e la grazia ohe induce ad aderirvi. Sono due cose che costituiscono una sola voca­zione.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        375

non. ,si rivolge se non ad un gruppo d'uomini, come la vocazione sacerdotale, i Può anch'essere specialis-

•sima ed unica, come la vocazione di Maria, Madre di Dio, o quella di S. Giuseppe. Può essere parti­colarissima, come quella d'un fondatore di Ordine, o anche come quella d'entrare in un Ordine determinato, per esempio nella Certosa.    ,

.La vocazione inferiore, come la grazia sufficiente, può esser remota o prossima. «Se la grazia abituale

•delle virtù e dei doni», che. tutti i giusti posseggono, non ha la pienezza del suo sviluppo normale se non nella vita mistica propriamente detta, tutti i giusti

•sono chiamati a questa in modo remoto. Ed è quello

•che vogliamo dire cogli autori che ammettono la chiamata generale alla vita mistica; S. Teresa lo trova espresso in parecchi passi del Vangelo, e ne cita due 5, nel Cammino della Perfezione, e. 19, 20.

Anzi per questi autori, non tutte le anime 'ricevet­tero individualmente la vocazione prossima alla vita-mistica; questa vocazione esiste solo quando si pos­sono riscontrare i tré segni menzionati da S. Gio­vanni della Croce e prima di lui dal Taulero: 1° la meditazione diventa impraticabile, 2° l'anima non ha alcun desiderio di fissare l'immaginazione sopra qualche oggetto particolare interno od esterno, 3° l'a­nima gode di trovarsi sola con Dio, fissando sopra di lui la sua attenzione affettuosa 6. Spiegheremo questi segni a p. 414 e segg.

8 matth., xi, 28 : i Venite a me, voi tutti... '; joann., vii, 37 : « Gesù stando in piedi disse ad. alta voce: Ohi ha sete, venga a me e beva... <lal seno di lui scaturiranno fiumi d'acqua vìva. »

' Ci. S. giovanni della croce, Salita, II, o. xi a xm, e Notte oscura, I, o. ix. — Vedasi pure nell'opera che si può considerare come 11 com-liendio della dottrina del Taulero, Les institutwns, e. xxxv.


376    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE *  * , *

Questa stessa vocazione prossima alla vita mistica, sia sufficiente sia efficace, può anch'essere come nella parabola degl'invitati. Ognuno di essi era indivi­dualmente chiamato: «II regno de' cieli è simile ad un rè che faceva le nozze del suo figliuolo. E mandò i suoi servi a chiamare gl'invitati alle nozze e non volevano andare... Essi recaro usi chi alla sua villa,. chi al suo negozio... Allora il rè disse a' suoi servir Le nozze sono all'ordine, ma quelli ch'erano stati in­vitati non furono degni. Andate dunque ai capi dell& strade, e '-quanti incontrerete, invitateli -tutti alle nozze » 7. • '          '      .      '

Qui efficace può intèndersi sia nel senso tomista, che è il nostro, sia nel senso molinista. Il senso to-mista suppone una maggiore gratuità' nel dono di Dio, perché, secondo S, Tommaso, la grazia è effi­cace per se stessa, e c'induce soavemente e fortemente al consenso salutare, ch'essa produce in noi e con noi, laddove per Molina la grazia è resa efficace dal nostro consenso, la cui determinazione libera, come determinazione, verrebbe esclusivamente da noi, e non da Dio 8.

7 matth., xxn, 1-14.

' 0(. S. tommaso, de Slalo, <l. 6, a. 1, ad 3: n Deus movet quidem voluntatem immutabiliter propter efflcaciam virtutis moventis, quae-deflcere non potest: sed propter naturam voluntatis motae, quae in-differenter se habet ad diversa, non induoitur necessitas, sed manet llbertas r. È così ohe S. Tommaso intende il detto di S. Paolo: n Di» opera in noi il volere e U fare, secondo il suo beneplacito » {Phil., il, 13). — Vedasi pure I-II, q. 112, a. 3: » Si ex intentìone Dei moventis est 'quod homo, cujus cor movet, gratiam consequatur, infallibiliter ipsam oonseqnitur, seoundnm illnd Joannis vi, Ì5 : Omnis qui audivit a Patre et didioit, venit ad me ». Item I, g. 105, a. 4, I-II, q. 10, a. i., e. et ad 3 ;

q. Ili, a. 2 ad 2; q. 113 passim; de Ventate, q. 22, a. 8 et 9. — Contraria­mente a quello che doveva poi dire Molina, S. Tommaso scrisse in Matth. xxv, lo : n Qui plus conatur, plus habet de grafia, sed quod plus conetur, indiget altiori causa ». Item in Bp. ad Bphes. iv, 7, et I, q. 112, a. 4.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       377

Allorché adunque i tornisti affermano abbastanza comunemente che la chiamata remota alla vita mi-

• stica è generale, non diminuiscono in conto alcuno» la gratuità della chiamata individuale prossima, e suppongono sempre il 'mistero della predestinazione,. nel senso in/cui l'intendono S. Agostino e S. Tom­maso, I, q. 23, a. .5 9.

Di più, la vocazione prossima alla vita mistica può essere tardiva, come quella degli operai dell'ul­tima ora, che ricevettero quanto quelli ch'erano stati chiamati più presto. È alla fine di questa parabola (Matth., xx, 1-16), come alla fine di quella degli invitati, che Gesù disse : « Molti sono chiamati, ma pochi eletti». Cf. infra, p. 421, e S. Teresa, V Man­sione, e. 1. , .         .,,,.             - .

Finalmente una vocazione prossima efficace alla vita mistica non è necessariamente una vocazione

•efficace ai più alti gradi della vita mistica ne ad un'alta perfezione; ciò dipende dalla predestinazione nell'ordine delle intenzioni divine e dalla fedeltà, dell'anima nell'ordine d'esecuzione. S. Giovanni della. Croce dice : « È vero che le anime, qualunque sia la loro capacità, possono aver raggiunta l'unione, ma non tutte la posseggono nel medesimo grado. Dio dispone liberamente di questo grado d'unione, come-dispone liberamente del grado della visione beatifica» (Salita, 1. II, e. 4). Lo stesso dice S. Tommaso trat­tando della predestinazione, I, q. 23, a. 5, ad 3.

8 Gli autori moderni che negano questa chiamata generale, come-per timore di ledere la gratuità della chiamata individuale prossima,. sono per lo più molinisti, e s'ispirano a principii che non sono quelli di S. Tommaso. Essi suppongono che per solito slamo noi che rendiamo efficace la grazia divina, e allora dichiarano propriamente straordinari gli stati passivi, in cui la grazia apparisce per sé efficace, e in cui la nostra determinazione libera viene da Dio, che la produce in noi e con noi, e-in cui per l'anima tutto consiste nel rimettersi nelle mani di Dio, e-nel non usare della propria attività, se non per rendersi più dipendente da Lui. — Vedasi molina, Concordici, ed. 1876, p. 230, 459, 56S.


378    PERFEZIONE CEI8TIANA E CONTEMPLAZIONE

Tali sono i varii sensi della parola chiamata. Si possono vedere con un'occhiata nella smossi se­guente, che dev'esser letta dal basso all'alto per se­guire il progresso ascensionale. Non vi facciamo menzione della vocazione speciale, com'è la vocazione sacerdotale, perché parliamo solo della chiamata alla vita mistica, la quale secondo noi .è prima generale,

•e poi individuale, prima remota, e poi prossima.

Il    „„ •    (ai gradi superiori a    prossima I  efficace \ .    ,..••. . (g      a              \           f ai gradi intenerì

*^ .2   -^           /  ( sufficiente, a cui molti non corrispondono

-2 S    •S  

a g       remota (per il iatto, dello stato di grazia)

t e       - ! '.                    ' ^ *^   o ( individuale (per e. per mezzo del direttore.)

"            fc4   ;     .                                       '                            . O)  \

"S ( generale (per e. per mezzo della,.Scrittura).

Questa divisione risolverebbe molte altre questioni10. Se dunque un autore che fa autorità nega la chia­mata di tutte le anime alla contemplazione, volendo .con ciò significare la chiamata prossima, come il lettore se ne può render ragione dai principii della sua dottrina e dal contesto, non bisogna per questo

•concludere ch'egli neghi la chiamata remota.

Dopo aver così precisato i diversi modi di pren­dere questa parola vocazione, si capisce meglio la dottrina della chiamata generale e remota delle anime alla vita mistica. E per ben intenderla, conviene distinguere, come sempre in morale, quello che di­pende dalla natura delle cose (per se) e quello che è eccezione accidentale - (per accidens). Il teologo che cerca di stabilire una legge, parla formalmente

" Così la vocazione sacerdotale non è solo esterna (per mezzo del Vescovo), ma anche interna (per via della grazia). Onde il Codice di •diritto canonico, e. 1353, dice che i pastori devono formare alla pietà '8 allo studio 1 fanciulli in cui si trovano « segni di vocazione ecclesia­stica » per « coltivare in essi questo germe di vocazione ».


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        3.79

della natura delle cose, e non delle circostanze ac­cidentali che fanno variare l'applicazione della legge. Per esempio un dato atto è moralmente buono di .sua natura perché esso produce per sé un dato ef­fetto voluto da Dio, ed esso resta moralmente buono, anche se accidentalmente non produce più quell'ef­fetto 11. Oppure ciò che è del tutto legittimo e sa­lutare per se, come la comunione quotidiana, può accidentalmente cessar d'essere tale, se il soggetto non adempie le condizioni volute. Nulla è per sé più santificante della comunione eucaristica, ma acciden­talmente essa diventa un sacrilegio. Oorruptio optimi pessima. Nulla di meglio della vera mistica, nulla di peggio della falsa.                 • . •••

Già nell'ordine della vita vegetale . ed animale, per difetto di certe condizioni, molte leggi s'appli­cano solo nella maggior parte dei casi, ut in pluribus, come dicono gli scolastici; sono leggi prossime o ap­prossimative, come dicono i dotti attuali. Per il fatto che molte ghiande non producono querce, non si può negare la legge: La ghianda è fatta naturalmente per produrre una quercia. Quand'anche sia messa in terra con questo scopo, possono mancare certe condizioni esterne, richieste allo sviluppo del germe ch'essa contiene.

Slmilmente per il fatto che i più degli uomini se­guono le loro passioni invece di dirigerle, comtì os-

11 Cf. gaetano In II-II, q. 183, a. 3 : « Praecepta, moralia attendunt ad Id quod secundum naturam est, et non ad id quod per accidens in hac ve! complexione, vel aetate InvenltTir. » II Gaetano fa cento volte quest'osservazione, contro quelli che si dimenticano che S. Tommaso parla formalmente della natura delle cose, facendo astrazione dalle cir­costanze accidentali : e Auctoris sermo et docfcriua est iormalis, et nihil detrimenti patitur ex his quae snnt per accidens 11.

Cosi S. Tommaso stesso, domandandosi se il giuramento sia lecito, risponde, sì, per sé, ma può divenire illecito, quando se ne faccia un cat­tivo uso, cioè quando si presti giuramento senza necessità e senza le precauzioni volute; come pure la comunione eucaristica può divenir sacrilega. II-II, q. 89, a. 2.


380    PERffEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

•serva S. Tommaso la, bisogna forse negare la legge:

L'uomo, per la sua natura di essere ragionevole, e chiamato a vivere ragionevolmente?

Per il fatto che molti uomini si .perdono, bisogna. forse negare che tutto quanto il genere umano fu da Dio ordinato al fine soprannaturale, che è la visione beatifica?                                   -     !.

Perché molti cristiani peccano mortalmente, bisogna' forse negare che la grazia ricevuta nel battesimo è, per la stessa natura sua, fatta per durar sempre e crescere incessantemente fino alla morte ? Non è essa forse la vita eterna cominciata?

.Normalmente il bambino, che fin dall'età di sette anni fa la comunione parecchie, volte alla settimana, non dovrebbe cessare di ricevere il pane di vita, e ogni giorno dovrebbe accostarsi alla sacra mensa con disposizioni migliori. Se persevera così e se è generalmente fedele alle grazie che riceve, non giungerà egli, normalmente, almeno al termine della sua esistenza, alla vita mistica propriamente detta? Questa non è altro che la pienezza della vita di fede, d'amor di Dio, la perfetta docilità allo Spirito Santo.

Dopo aver così determinato i varii sensi della pa­rola chiamata, generale o individuale, remota o pros­sima, sia essa sufficiente o efficace, noi esamineremo:

se veramente tutte le anime in stato di grazia siano chiamate in modo generale, remoto e sufficiente alla vita mistica, e come si fa la chiamata individuale e prossima, sia sufficiente o efficace.

12 I, a. 49, a. 3, ad. 5 : « In solis hominibns malum videtur esse ut in filuribus, q.uia bonum honunis secundum sensum oorporis, non est bomim hominis, in quantum est homo, sed. secondimi rationem. Plures autem segmintur sensum quam rationem ». Più numerosi sono coloro che seguono i sensi di quelli che seguono la ragione. Vedasi su questo punto l'indice generale delle opere di S. Tommaso, Tabula aurea, alla parola. Malum, n. 37.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       381

Queste distinzioni son necessario per risolvere questo problema di vita spirituale studiatissimo ai giorni nostri. Ma, praticamente, ricordiamolo, bisogna por mente alla pratica perfetta delle virtù: umiltà, abne­gazione, ubbidienza, pazienza nella prova, spirito di fede e confidenza in Dio nella preghiera nonostante le aridità ed oscurità interiori, carità fraterna, più che alla forma più o meno mistica delle orazioni, che possono ad essa condurre, visto che il grado di orazione non è facile a conoscersi specialmente nei periodi chiamati notte oscura, in cui l'anima è contemplativa senza saperlo. Questo spiega come nei processi di beatificazione si esamina molto più l'e­roismo delle virtù che la forma d'orazione; questa è difficilmente conoscibile dai documenti, e basta cono­scere l'eroismo delle virtù teologali • per sapere che un'anima fu intimamente unita a Dio 13. Di più, certe anime arrivano più rapidamente alle orazioni mistiche di altre già più avanzate. Se ne trovano di quelle che traggono maggior profitto da queste ora­zioni, ed altre meno. Vi sono anime più virtuose che mistiche e viceversa lt.

Tutto questo è assai importante di fatto e non dev'essere dimenticato, quando s'insiste, come fac­ciamo in questi articoli, sulla legge generale, dalle applicazioni svariatissime, di cui cerchiamo la for-

" Sarebbe facile far vedere quasi in tutte le vite dei santi le prove intcriori che corrispondono agli stati mistici chiamati da S. Giovanni della Croce notte passiva dei sensi e dello spirito.

14 Su questo punto si leggeranno con gran profitto le eccellenti opere di Dom vitale lehodey, Le vie dell'orazione mentale (ma.bietti, Torino). (Frequenza delle orazioni mistiche, passaggi dalle orazioni comuni alla contemplazione mistica. Preparazione attiva — Pericolo e illusioni. Desiderio della contemplazione). Le Saint Abandon, pa­gine 279-107: l'abbandono nelle varietà spirituali della via mistica. Nel secolo xvill, il P. pint, O. P., aveva trattato il medesimo argomento, conforme ai principii che sosteniamo, nel suo libro così profondo e così pratico l'Abbandono alla volontà di Dio, recentemente ristampato e la cui traduzione è d'imminente pubblicazione presso mabietti, Torino.


382    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

mula e il fondamento dottrinale, secondo l'insegna­mento tradizionale. Ma conformemente a questa legge, è anche utilissimo in pratica il sapere se le anime passarono, sì o no, per la notte dei sensi e per quella. dello spirito; senza questa doppia purificazione pas­siva non si potrebbe raggiungere la piena, perfezione della vita cristiana.

La via che vi conduce in mezzo alle prove è quella indicata nelle sentenze ben note di S. Teresa:

La Pace dell'anima

Nulla ti turbi,      La pazienza ottiene tutto. Nulla ti spaventi.   A chi ha Dio nulla manca. Tutto passa.        Dio solo basta 1B. Dio non cambia.

Colui che conlincia davvero a trovarsi con queste disposizioni e che fece questo passo e vuole sul seno. lasciarsi condurre nella sua orazione e in tutta la sua vita da Maria mediatrice, che conduce 'all'inti­mità di Cristo, e da Cristo che conduce al Padre, questi, nonostante le condizioni esterne sfavorevoli, per l'influsso profondissimo, potentissimo e dolcissimo dei due Mediatori concessi alla nostra debolezza, giungerà all'umiltà vera., che attirerà sopra di lui la grazia della contemplazione e dell'unione divina 16.

15                   La Pas del alma

Nada tè turbe.           La paciencia Nada tè espante.         TodoJoaIcanza. Todo sé pasa.      '     Qnien a Dios tiene Dioa no se muda.        Nada le falta.

Dios solo basta ".

" Ct. B. GBiaNioN de mowobt, Trattato della vera divozione a Maria, o. iv, a. 5. — S. tekesa, Castello inferiore, epilogo.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        38S

articolo II.

La chiamata generale e remota alla contemplazione mistica.

La questione di cui ' ci occupiamo può. formularsi esattamente, sia considerando in modo astratto la vita. della grazia, sia in concreto relativamente alleammo-che ricevettero questa vita. Nel primo caso, si con­sidera la legge intima dello sviluppo superiore del seme divino, semen gloriae; nel secondo caso, come;

nella parabola del seminatore, si bada alle condizioni variabilissime del terreno dov'esso deve germogliare,-Così sono distinte le due questioni seguenti : 1° La. grazia è dessa per la stessa sua essenza il germe della. vita del cielo? 2° Iddio da egli non solo a tutti gli uomini in generale, ma anche a ciascuno in partico­lare, la grazia sufficiente per operare la loro salute?

Parleremo adunque 1° della chiamata generale e-remota delle anime in stato di grazia alla vita mistica, 2° della chiamata individuale e prossima. In un altro ' articolo esamineremo le ' obiezioni che a questa dot­trina si possono fare.

Le tré principali ragioni su cui è fondata la chiamata gen.e'pale o remota.

Proporre questa questióne, è un domandare: la. vita della grazia può essa avere il suo pieno sviluppo-normale senza la vita mistica propriamente detta, caratterizzata, come abbiam veduto, dal predominio dei doni dello Spirito Santo e dal loro, modo sovru"


384

PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

•mano, specificamente distinto dal modo umano delle "virtù, che caratterizzano la vita ascetica? 1.

Dopo tutto quello che abbiam detto negli articoli precedenti, ci sembra, certo che la vita mistica così

-definita sia l'età adulta della vita cristiana.

Per ben capire questa dottrina, bisogna ricordare la divisione del soprannaturale che abbiamo data al capo II, a. I, pag. 41.

Dio nella sua vita intima, mistero della SS. Trinità. Persona increata del Verbo fatto carne.

ÌLume della gloria.,

Grazia abituale delle virtù e dei doni e grazia at­tuale.

ÌAtto naturale d'una virtù acquisita, soprannaturalmente ordinato dalla carità al fine soprannaturale.                  -

Miracolo yuoad substantiam (es...: glorificazione del

corpo e Profezia). Miracolo quoad subjectum (es...: risurrezione non

gloriosa) e cognizione dei segreti dei cuori. Miracolo quoad modum (es...: conversione subitanea

dell'acqua in vino), dono delle lingue e grazie

simili.

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In questa divisione si vede chiaro che la sopranna­turalità del miracolo, della profezia, del dono delle lingue, ecc., è inferiore a quella della grazia san­tificante, delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo.

Per discernere, tra queste forme del soprannaturale,

' Ot. S. TOMMAgo, I-II, q. 68. — Stato mistico s'identifica con via "passiva; per conseguenza è affatto distinto non solo dalle grazie gratis datae, come la profezia, ma anche da certi favori speciali e straordinari, oome dalle 'parole intcriori, che possono essere ordinate specialmente iaUa santificazione dell'anima ohe le riceve, e accompagnare qualche volta la contemplazione infusa e l'unione mistica, senza costituirne l'es­senza. Sono fenomeni concomitanti, accessori e passeggeri, che si pos­sono dichiarare straordinarz per sé, senza ledere la dottrina secondo la 'quale la contemplazione mistica non è straordinaria per sé, ossia di di--ritto, ma solamente di fatto.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       385

quelle che sono ordinarie benché eminenti e quelle che sono straordinarie, bisogna anche ricordare là divisione classica della Potenza divina diretta, dalla Sapienza.

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soprannaturali. 1; vita della grazia, santità, ordinaria                      vita eterna. secondo le

leggi      naturali.        2: es.: vita naturale dell'in­telligenza,   ,          •-

straordinaria ( soprannaturali. 8: es : visioni straordinarie, ri-fuwidelle )                   velaziom private.

leggi    { naturali.       4: es. miracolo d'ordine fisico.

Nella questione presente si ricerca se il tondo essenziale dello stato mistico appartenga alla la- ca" tegoria o alla 39-; questa, benché straordinaria, è inferiore alla la, la quale sola contiene la vita eterna .cominciata. La vita mistica è, sì o no, il pieno svi^ luppo normale della vita della grazia? E non si tratta solo della santità collettiva della Chiesa, la, quale richiede anche le grazie gratis datae, come quella del discernimento degli spiriti; ma si tratta

•anche di ciò che. è moralmente necessario nella

•maggior parte dei casi perché un'anima giunga alla santità. Vedasi pag. 256 il senso delle parole ordi­nario 'e straordinario.

Le ragioni della risposta affermativa devono essere fondate sopra la vita della grazia considerata nella sua essenza, e non solo sopra segni esterni o sta­tistiche materiali. Infatti non basta dire: questa chiamata è generale, poiché vi sono anime mistiche in tutte le condizioni umane, fra gl'ignoranti e fra i

•dotti, fra i sacerdoti e fra i laici, fra i religiosi e .fra i secolari, non solo negli ordini contemplativi, .ma anche negli ordini attivi. Questa ragione è pro­babile, ma resta insufficiente, perché si può benis­simo dire anche: vi sono artisti in tutte queste ca­tegorie di persone, eppure la vocazione artistica nel-. 25 — Perfezione e Contemplazione.


386    PEEFEZIÓBTE CRISTIANA E COKTEMP1AZIONE

l'ordine naturale non è generale" ma speciale; è un dono speciale che non a tutti è concesso, ne a tutti promesso.

Parimenti per stabilire che Dio vuole salvar tutti gli uomini, non basta dimostrare ch'egli vuole sal­vare uomini in tutte le condizioni, tra i giudei-e i pagani, tra i dotti, e gli illetterati, tra. i ricchi e i poveri.                       :           ;

Per stabilire che tutte le. anime in stato di grazia sono in. modo generale e remoto chiamate alla vita mistica, come a quella del cielo, bisogna che le ra­gioni di questa chiamata siano fondate/ sulla natura stessa della vita della grazia santificante o «grazia delle virtù e dei doni ». Ora questa vita si può con­siderare soprattutto in tré -modi: nel suo principio^ la grazia stessa; nel suo progresso: la perfetta pu­rificazione dal peccato e dalle imperfezioni; nel suo fine: la vita del cielo. 'Queste tré consideraziolìì sono, non accidentali, esterne o materiali, ma es­senziali e formali. .   ,

In altre parole, per far vedere che la vita inferiore non ha il suo pieno sviluppo normale quaggiù fuorché nella vita mistica propriamente 'detta, bisogna di­mostrare 1° che il loro principio è il medesimo, 2o che il progrèsso dell'uno non è completo se non nell'altro» 3° che il loro fine è il medesimo e che solo la vita mistica dispone.» ad esso .-immediatamente, in modo::

perfetto.                                 .    .       V

Tali sono, come vedremo, le ragioni principali che-stabiliscono il carattere normale per quanto eminente. della vita mistica» •


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        387

§ I.

Il principio 'radicale della vita mistica è il medesimo che quello della vita intcriore comune.

Questo principio è la grazia santificante, o « grazia delle virtù e dei: doni»; e si manifesta nella vita.. in­tcriore ascetica secondo il modo umano delle virtù, e nella vita mistica secondo il modo sovrumano dei doni che predomina in essa- —— Ora questi doni, in quanto disposizioni abituali, che ci rendono docili alle ispirazioni dello Spirito Santo, crescono, come le virtù infuse, insieme colla carità; e questa deve sempre svilupparsi quaggiù, mediante i nostri me­riti e: mediante la santa comunione, secondo le esi­genze- del primo precetto dell'amore, ohe non ha li­miti (II-II, q. 184, a. 3). —• Non si può adunque avere un'alta carità senza avere i doni, come dispo-, sizioni abituali, in un grado corrispondente 2. Per conseguenza, l'anima veramente generosa e fedele sarà sempre più sotto la direzione immediata dello Spirito Santo, e il modo umano della nostra attività si subor­dinerà sempre più al modo divino delle ispirazioni del Maestro intcriore, Quest'ultimo modo deve dunque finire con dominare, la qual cosa caratterizza la vita mistica.     

Si obiettò : Se il progresso è normale, le virtù e i

2 Ot. I-II, q. 66, a. 2: i Tutte le virtii come abiti, in ragione della loro connessione (e altrettanto bisogna dire dei doni che loro sono anche connessi nella carità, I-II, 68, a. 2 e 5) crescono insieme, pnr serbando, la loro differenza di perfezione, come le dita della mano. Ma nondimeno uno può avere un'inclinazione naturale più grande ad esercitare una virtù, anziché un'altra, o essere più portato dalla grazia di Dio a farne gli atti. — Parimenti S. Tommaso, parlando della connessione dei doni, dice : « uno di essi non può essere perfetto senza gli altri » (I-II, q. 68, a. S) ;

e nondimeno un'anima eccelle più negli atti di uno che negli atti d'un altro.


388    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

doni devono perfezionarsi parallelamente, senza che il modo di questi arrivi a prevalere sul modo di quelle.

Ma ciò è un dimenticare quello che stabilì &. Tom-maso {I-II, q. 68, a. le 2),.e quello che con lui abbiamo spiegato sopra 3, cioè che il modo umano delle virtù infuse è essenzialmente imperfetto rela­tivamente al nostro fine soprannaturale, perché è quello delle facoltà umane nelle quali queste virtù sono ricevute. I doni, come abbiam detto, hanno ap-punto lo scopo di rimediare a questa imperfezione, unendosi alle virtù, come accade soprattutto nella con­templazione infusa 4.

Ne segue che l'imperfezione del modo umano delle virtù dev'essere tanto più corretta quanto più s'av­vicina alla perfezione, tanto più che si tratta non. solo di credere i misteri, ma di penetrarli, di gustarli, di giudicar tutto per mezzo di essi, di viveri! pro­fondamente e ciò non in modo transitorio, ma abituale. L'influsso dei doni deve esercitarsi tanto più ancora in quanto l'anima ha bisogno di purificarsi .nelle sue ultime profondità, là dove Dio può penetrare, per estirpare dei germi di morte che noi stessi ignoriamo, e ch'egli solo può fare sparire usando il ferro e il fuoco. La qual cosa spiega come mediante il pro­gresso normale della vita della grazia, il modo so­vrumano dei doni deve finire con dominare, e preva­lere sul modo umano delle virtù. La docilità abituale allo Spirito Santo in tal modo ci soprannatur alizza sempre più, e le virtù finiscono col non esercitarsi. più senza il concorso dei doni,, senza una dirczione press'a poco costante del Maestro intcriore, che ci unisce sempre meglio alla. sua vita e alla sua azion'e, ed è il preludio dell'eternità. «Ogni essere è per-

. "CI. o.IV, a. V, § 8,p.311.

* Intatti essa, in quanto alla sostanza procede dalla fede, e, in quanto al suo modo, dal dono della sapienza.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       389

tetto in proporzione che raggiunge il suo principio » 6 e gli è unito; ciascuno dei nostri atti è tanto più perfetto quanto più D'io v'imprime il suo modo proprio, il suo stampo inimitabile. Non si dica che l'efficacia sovrana della sua azione in noi distrugga la nostra libertà; anzi è dessa che la fa, producendo in noi e con noi perfino il modo libero dei nostri atti 6. Egli solo può penetrare in noi, poiché egli è più intimo a noi di noi stessi, e lo stato mistico colla sua do­cilità costante non è altro che il frutto perfetto della gyazia efficace tal quale fu concepita da S. Paolo, da S. Agostino e da S, Tommaso.

Solo in tal modo 'perviene l'anima alla cognizione viva e profonda dell'infinita grandezza di D'io e della sua propria miseria, del pregio della grazia e della gravita del peccato.

« Ma che? dirà qualcuno, obietta a'se stessa Santa Teresa 7, se per molti giorni, anzi per molti anni, io mi sforzo di approfondire quale spaventosa sciagura sia l'offesa di Dio, se considero come quelli che si dannano sono suoi figli e miei fratelli, a quali pericoli siamo esposti sopra la terra, e quanto ci è vantag­gioso l'uscire da questa miserabile vita, non baste­rebbe questo ?                  .

. « No, figlie mie, risponde la santa, la pena che .queste riflessioni fanno nascere in noi sarà ben di­versa dal tormento di cui parlo io.. Colla grazia di Dio e coll'aiuto di molte considerazioni, noi possiamo arrivare a sentire questa pena, ma essa non rag­giunge come l'altra il fondo stesso delle nostre vi­scere. Quella sembra dilaniare e stritolare l'anima, senza ch'ella vi contribuisca in nulla e a volte per­fino senza ch'ella lo desideri. Ma che cosa è' dunque

" « In tantum Tinumquodaue pertectum est, in ciuantum ad suum prinolpium attingit » (I, q. 12, a. 1).

• I, q. 19, a. 8. — Vedasi capo II, a. Ili, pag. 77. ' Castello, V Mansione, e. n.


390    PEBFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPilLAZIONE

questo dolore e-d'onde viene? Ve lo dirò. Vi ricor­date dì quelle parole della sposa, che vi citai più sopra ad un altro proposito: II Signore m'introdusse nella sua cella vinaria, ordinò in me la carità (Oant., n, 4) ? Ebbene, ecco giusto la spiegazione di ciò che mi chiedete. L'abbandono che quest'anima ha fatto di se stessa nelle mani di Dio e il grande amore ch'ella gli porta, la rendono così sottomessa, ch'ella non sa e non vuole più che una cosa: ch'egli faccia di lei ciò che a lui piacerà. Ma, a mio parere, è una grazia che Dio non largisce se non ad un'anima che egli riguarda come tutta sua. È volontà sua ch'ella esca di lì segnata del suo suggello, senza ch'ella sappia come questo sia avvenuto... Oh! Dio di bontà! Anche qui, siete voi che fate tutte le spese. Una sola cosa ci domandate, ed è che noi vi abbandoniamo la nostra volontà, in altre parole, che la cera non opponga resistenza».

Si rileggano attentamente queste parole che espri­mono la sofferenza mistica dell'anima alla vista del maggiore dei mali che è il peccato, e non si vedrà se non il pieno sviluppo della grazia delle virtù e dei doni che ricevemmo nel battesimo, il perfetto abbandono, una carità purissima, una fede tanto più viva,;. e la docilità completa allo Spirito Santo che viene ad imprimere il suo suggello nell'anima fedele.

Da ciò si vede che il principio della vita inferiore comune contiene in germe la vita mistica. Esso è dunque chiamato a sbocciare sotto quella forma su­periore, che è quaggiù come il fiore della vita so­prannaturale 8.                     .

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' Alcuni .teologi insegnano ohe lo Spirito Santo muove le anime in due modi: 1° secondo il moilo comune, ohe s'accomoda In tutto al modo umano e non oltrepassa le leggi ordinarie della grazia, 2° secondo un modo straordinario e preternaturale, di cui parlano gli autori mistici.

Queste espressioni sembrano significare che per questi teologi la contemplazione mistica sia per essenza straordinaria e non solo emi­nente, ma allora noi non vediamo più com'essi restino fedeli alla dot-


LA CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE       391

In certe anime perfette si noteranno specialmente i doni dell'azione, e quello della sapienza avrà un in­flusso diffuso, ina però realissimo.

In virtù di questa comunanza di principio, bisogna aggiungere: col progresso della carità 9, noi possiamo giungere a meritare nel senso proprio della parola (de condigno) i gradi superiori dei doni dello Spi­rito Santo, considerati come disposizioni abituali, con­nesse. colla carità. Di più, con ciò noi meritiamo al­meno in senso largo (saltem de congrua) le ispira­zioni attuali corrispondenti a questi gradi superiori dei doni, perché generalmente (e se ne vede la con­venienza) lo Spirito Santo illumina e ispira le anime secondo il grado della loro. docilità abituale, ..della loro umiltà e del loro amor di Dio u.

trina di S. Tommaso circa 1 doni. È chiaro che ciascuno dei doni non può avere due modi distinti d'una distinzione non solo di grado ma anche di natura; vi sarebbero allora due abiti, specificamente distinti, e il primo avrebbe un bello svolgersi, ma non raggiungerebbe mal il secondo. Di più, non si capirebbe perché, al di sopra delle virtù acquisite e delle virtù infuse m modo umano, sia ancora necessario un esercizio dei doni in modo umano, distinto dal loro esercizio in modo divino. Il modo •limano dei doni si identificherebbe con quello delle virtù infuse.

Tuttavia le suddette espressioni si potrebbero spiegare in un senso ohe non è contrario alla dottrina che abbiamo esposta secondo i prin­cipii di S. Tommaso. Intatti abbiamo riconosciuto che le ispirazioni dello Spirito Santo si esercitano prima in modo latente, ohe s'accomoda al modo umano, e che poi il loro modo sovrumano diventa manifesto e frequente, e quest'ultimo può anche dirsi straordinario quand'è accom­pagnato da grazie gratis datae, per rutilila del prossimo, come la grazia chiamata sermo sapientiae. È quello che vuoi dire S. Tommaso, II-II, <1. 45, a. S, come spiega il Gtaetano, ibid., Giovanni di g. Tommaso, De Donis, d. 18, a. 2, n. 9 e Giuseppe dello Spirito Santo, Cursus Theol. must., t. II, p. 236 sq. Si confronti questo testo della II-II, q. 45, a. 5 con quello della I-II, q. Ili, a. 4, ad 4.

' Ot. I-II, q. 114, a. 8, dove S. Tommaso dimostra ohe noi possiamo meritare de condigno l'aumento della grazia e la gloria citando questo testo dei Proverbi, iv, 18: « II sentiero dei giusti è come la luce brillante d'el mattino, il cui splendore va crescendo fino al pien meriggio. » -— Quello che non possiamo meritare è lo stesso principio del merito, la grazia della giustificazione, e la grazia efficace che ci conserva in statu gratiae, specialmente quella della perseveranza finale. Ct. ibid., a. 5 e s.

11 II merito de condigno è rondato nella giustizia divina, ed è un di­ritto. a una ricompensa; il merito de congrua è fondato sull'amicizia


392    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Tal e, circa il inerito saltem de congrua, la dot­trina dei teologi mistici tornisti che seguono ad un tempo S. Tommaso, S. Giovanni della Croce e Santa Teresa: Filippo della S.. Trinità, O. O. u, T. di Vali-gornera, O. P. 12, Meynard, O. P. 13, eoe... Da ciò si vede che la grazia attuale della contemplazione può essere meritata più di quella della buona morte, che pure è necessaria alla salute u.

La prima ragione della chiamata generale e remota

divina, « in jure amioatiili », o almeno sulla liberalità di Dio. Il primo ci rende degni della ricompensa ; 11 secondo, come indica il nome, im­plica solo una convenienza.

11 Summa Theologiae mysticae (Bruxelles, 1874), t. II, p. 311.

12 Slystica Theologia D. Thomae (Torino, 1924), t. I, p. 445.

11 Traité de la vie intérieure (Parigi, 188S), t. II, p. 128.      '      ,

14 La grazia della buona morte o della perseveranza finale non si può meritare, nel senso proprio della parola, de condigno, e neppure ' strettamente de congrua; essa tuttavia è necessaria alla salute e noi dobbiamo certamente desiderarla, disporvici, chiederla incessantemente, e una preghiera perseverante ce l'otterrà. Altrettanto bisogna dire della. grazia di conversione o della giustificazione riguardo al peccatore: essa non si può meritare, poiché è il principio del merito, eppure colui ch& è in stato di peccato mortale, deve, colla grazia attuale che gli è offerta^ desiderarla e domandarla. Noi tocchiamo qui i profondi misteri dell'ef­ficacia della grazia e della predestinazione. Ct, I-II, <l. 114, a. 5, e 9.

La grazia della giustificazione e quella della perseveranza finale son necessarie alla salute e non possono tuttavia essere meritate de condigno. Parimenti la grazia efficace che ci conserva in statu gratiae.

La grazia della contemplazione infusa non è più gratuita, poiché si può meritare progressivamente de condigno un altissimo grado del dono della sapienza, considerato come abito, e lo Spirito Santo ispira gene­ralmente le anime secondo il grado della loro docilità abituale.

Di più, al merito s'aggiunge la forza impetratoria della preghiera, & se noi dobbiamo chiedere la grazia della buona morte che non potremmo meritare, un'anima fervente può ben domandare altresì con pari fiducia ed umiltà la grazia della contemplazione, per meglio vivere dei misteri della salute, per meglio conoscere la sua miseria ed umiliarsene, per esser meno indifferente alla gloria di Dio ed alla salute delle anime. In fondo è ciò ch'ella domanda dicendo dal profondo del cuore il Veni Oreator.

Per questo la grazia della contemplazione infusa è meno gratuita delle grazie dette gratis datele, come quella del miracolo o della profezia,. per nulla necessarie alla nostra santificazione personale. Resta che lo> Spirito Santo soffia dove vuole e quando vuole, perciocché noi non esercitiamo a piacimento gli atti ohe procedono dal doni dello Spirito. Sauto.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        393'

delle anime in stato di grazia alla vita mistica, poggia dunque sul principio radicale di siffatta vita, cioè sulla grazia delle virtù e dei doni.

Questa ragione fondamentale può esprimersi anche;

più concretamente e ricevere così una nuova con­ferma, come segue:

Non vi è santità senza l'eroismo delle virtù infuse,. connesse nella carità, cioè senza un alto grado di queste virtù, descritto da S. Tommaso quando parla delle virtutes purgatoriae e specialmente delle vir-tutes purgati animi 15,

Ora i doni dello Spirito Santo, come disposizioni. abituali, connesse colla carità, crescono con essa;' e lo Spirito Santo ci muove ordinariamente secondo» il grado della nostra docilità abituale e tanto più spesso quanto più siamo docili.

Dunque, per solito 16, non vi è santità senza che-l'anima sia spesso mossa dallo Spirito Santo secondo-i gradi superiori dei doni; ed è questa la vita mi­stica non solo in senso largo, ma anche in senso. ..stretto, lo stato passivo, in cui domina non più il modo umano della nostra attività, ma l'attività dello-Spirito Santo e la nostra passività pienamente do­cile ".

Vedasi a .questo proposito quello che dice Bene­detto XIV circa l'eroismo delle virtù e della loro connessione; è questa connessione, dice egli, che mancava negli eroi del paganesimo e che fa difetto-nei falsi martiri che muoiono ostinati nei loro errori;

essi non pregano pei loro carnefici 18. Perché la virtù eroica .sia provata, dice egli ancora, ci vogliono.

" I-II, q. 61, a. 5, e q. 68, a. 1,ad 1, e in Matth. e. v principio.

1> Noi non parliamo qui di questo o di quel caso ma d'una legge gene­rale.                                

" I-II, q. 68, a. 3, ad 2. S. giovanni dblla croce teneva che le virtù detl'anima purgata, di cui parla S. Tommaso, appartengono alla. vita mistica. Ot, CEuvres, trad. Hoom., II ediz., t. II, p. xlii.

18 De Servorum tenti ficatione, I. Ili, o. xxi, .de Virtute heroica.


394    PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

•quattro condizioni: lo che la materia si-a difficile, sopra, le forze comuni degli uomini, 2° che'gli atti siano compiuti prontamente, facilmente, 3° -con, gioia, 4° e non una volta o di rado ma sovente, quando se ne presenta l'occasione 19. Ciò suppone un alto .grado di carità e un grado proporzionato dei doni dello Spirito Santo.

Così si vede meglio il senso e la portata della prima ragione che abbiamo invocata, cioè il principio radicale della vita mistica- è il medesimo che quello della_ vita inferiore comune. Vedremo più innanzi.20 le obiezioni che si possono fare contro questa prima ragione. Consideriamo la seconda che riguarda ciò

•che esige il progresso della vita inferiore.

§ II,

Nel progresso della vita interzare, la purificazione del­l'anima non è completa se non mediante le purificazioni passive, che sono d'ordine mistico.

Questo progresso intatti deve farsi mediante la purificazione dal peccato, dalle sue conseguenze ed imperfezioni: purificazione attiva o mortificazione che noi imponiamo a noi stessi, e purificazione passiva che viene dall'azione divina in noi 21. Benché le pene

•esteriori soprannaturalmente sopportate contribuiscano grandemente a purificarci, questo lavoro di purifica­zione, secondo i grandi maestri, specie secondo San

•Giovanni della Croce, non è completo, normalmente, se non mediante le purificazioni passive dei sensi e

•dello spirito.

" De Serv. beatif., 1. Ili, o. xxi, de Virtute heroica.

20 01. infra, o. V, a. IV, ss., pag. 126, e e. VI, a. I, pag. 511.

21 Essa procede specialmente dal dono dell'intelletto ; .cf. S. Tomm^so, II-II, q. S, a. 7, e I-II, q.. 69, a. 2, ad 3 : « In hao vita, purgato oculo per damare •i»t<BÌtecfets, •Deus quodammodo videri potest ».


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        396

Ora, secondo i medesimi maestri, queste dolorose purificazioni, specie di purgatorio anticipato, sono d'ordine propriamente mistico. Lo Spirito Santo pu­rifica quaggiù le anime pienamente generose, per tal modo ch'esse, dopo la morte, non abbiano più a subire, per colpa loro, la purificazione senza merito del pur­gatorio. Ordinariamente, in un modo o in un altro bisogna passare per questo crogiolo sia meritando in questa vita, sia senza meritare oltre tomba 22. "

Questa ragione apparisce decisiva a chi conosce 'i motivi dati da S. Giovanni della Croce della neces­sità della doppia purificazione- passiva dei sensi e dello spirito (Notte oscura, .1. • I, e. 3; 1. II, e. 1);

noi li abbiamo brevemente esposti, e. Ili, a. Ili, pag. 151, e abbiamo fatto vedere, e. IV, a. Ili, pag. 278, come S. Teresa descrive la notte dello spirito al principio della VI Mansione.

Secondo S. Giovanni della Croce, Dio concede quasi sempre la grazia della purificazione passiva dei sensi alle persone abitualmente raccolte 2S. L'entrata in

22 Noi diciamo: ordinariamente bisogna passare per questo crogiolo-;

infatti vi sono eccezioni, non tosse che quella dei bambini ohe muoiono subito dopo il battesimo; ma nel medesimo tempo essi non hanno un grado di gloria così elevato come avrebbero meritato nella prova. In quanto al martiri che non passarono per il crogiolo di cui parliamo prima del loro supplizio, vi passarono nelle loro ultime sofferenze. Da ciò si capisce come S. Giovanni della Croce dica delle anime ohe attraversarono la dolorosissima notte dello spirito : <i Se esse non passa­rono per il purgatorio, lo devono alla loro perfetta purificazione per l'amore » (Notte, 1. II, e. xx).

Slmilmente il taui^ebo, nel suo discorso lv (p. 256, ed. tedesca di F. Vetter) a proposito dei principianti, che restano fedeli al coman­damenti: i È piuttosto un'eccezione, ch'essi vivano in una, purezza suffi­ciente da evitare il purgatorio, benché questo possa succedere qualche volta ». Ciò può succedere per esempio ad un giovane religioso che muore subito dopo la professione, ma s'egli tosse vissuto più a lungo sarebbe probabilmente ricaduto in colpe che avrebbero richiesto la purificazione di cui parliamo, prima o dopo la morte. In ogni caso nessuno fa il pur­gatorio dopo la morte, se non per colpa sua. S'egli tosse stato più fedele alla grazia, l'avrebbe potuto evitare.

21 Notte oscura, 1. I, e. vili.


396    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

questa purificazione è indicata dall'inerzia dell'imma­ginazione 2A, il modo umano o discorsivo dell'orazione sparisce, e l'anima deve contentarsi d'una attenzione affettuosa e pacifica a Dio 25. La sua grazia, che al­lora le è data, non si manifesta più sensibilmente ed è tutta spirituale, perciò la parte sensibile è fiacca per l'azione, ma lo spirito è generoso e forte 26. L'anima, alla luce del dono della scienza, vede in. sé una mi-.; seria e un'indegnità ch'ella ignorava nel tempo della sua prosperità, e a volte si crede abbandonata da Dio, ma soffrendo si purifica da numerose colpe, e si eser­cita nelle virtù che sottomettono perfettamente la sen­sibilità allo spirito 27. Così la libertà inferiore si accresce mediante i dodici frutti dello Spirito Santo, e l'amore di Dio cresce mediante un ardente desiderio di servirlo. S. Giovanni della Croce riassume benis­simo la sua dottrina dicendo: « La notte dei sensi è comune; essa producesi in una gran quantità di prin-: cip lanti... Siccome il modo come cominciano nella 'via divina è volgare, .e, come abbiamo dimostrato, essa s'intralcia nei gusti sensibili e nell'amor proprio, . Iddio s'intromette per farli progredire, liberandoli .dalla loro bassa concezione dell'amore. Egli vuole elevarli a Sé, far loro abbandonare l'esercizio infe­riore dei sensi: e del ragionamento, per il quale si cerca Dio in modo meschino in mezzo agli ostacoli che abbiamo indicato, e introdurli nell'esercizio più fecondo dello spirito, quello che permette di comuni­care meno imperfettamente con Dio » 28.

.Questa notte passiva dei sensi, che sembra essere specialmente la scomparsa delle grazie dette sensi­bili, è piuttosto l'apparizione delle grazie spirituali,' e il modo umano dell'orazione non cessa se non perché il, modo sovrumano dei doni contemplativi comincia

" Nòtte oscura, 1.1, o. ix.         " Ibtìl., e. si, xn, xill. " IW., o. x.                      2» IM., e. vili. " IM., o. ix.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       397

a divenire frequente e manifesto:.« Oorruptio unius, generatio alterius » : il grano di frumento messo in terra muore, affinchè il germe ch'esso porta in se si sviluppi; così l'anima deve morire al modo suo troppo umano di concepire Iddio e di amarlo, per vivere nel modo divino che il Signore vuole vedere in lei. È così che si entra nella via illuminativa 29.

' :•;''*    *    '.*1'1'

Se le purificazioni passive dei sensi hanno per scopo di sottomettere perfettamente la sensibilità alla parte superiore dell'anima, quelle dello spirito, che pro­cedono soprattutto dalle illuminazioni del dono del­l'intelletto, hanno per scopo di sottomettere lo spirito pienamente a Dio e di purificare da ogni lega, non solo le virtù morali, ma anche le virtù .teologali che . ci uniscono immediatamente a Dio. Questa purifica­zione concessa alle anime già avanzate ha dunque per scopo di togliere le imperfezioni abituali, ^per lo più incoscienti, che sono un ostacolo all'unione di­vina 30. Essa indica l'entrata nella via unitiva, se­condo S. Giovanni della' Croce. Vediamo che cosa egli ne dice 31.

«Questa notte oscura (dello spiritò) è un influsso di Dio per purificarla dalle sue ignoranze e imper­fezioni abituali, sia naturali, sia spirituali. I con­templativi la nominano contemplazione infusa... Come va che l'anima chiama qui Notte oscura la luce di­vina, giacché essa viene per illuminarla e per dissi-t .

21 Notte oscura, e. xiv: 11 L'anima è dunque uscita ed ha cominciato a penetrare nella via dello spirito seguita dai proficienti e dagli avanzati, e che si chiama anche via illuminativa o via di contemplazione infusa ». Questa concezione affatto tradizionale della via illuminativa, come si vede, è assai superiore a quella che ci vien data da parecchi autori non mistici del xvn secolo in poi.

'0 Notte oscura, 1. II, o. II.

" IW., 1. II, e. v.


398    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPIAZIONE

pare le sue ignoranze ?... La prima ragione è che la sapienza divina, eccedendo colia sua elevatezza la capacità dell'anima, è per ciò stesso oscura per lei. La seconda si trova nella bassezza e nell'impurità. dell'anima, la qual cosa fa sì che la luce sia per lei penosa, afflittiva, oscura... Ricordiamo questa mas­sima del Filosofo: Quanto più le cose divine sono intelligibili e luminose in se stesse, tanto più sono oscure e nascoste per noi; così quanto più la luce naturale è viva, tanto più acceca, l'uccello notturno... Così è della contemplazione prima della purificazione completa dell'anima; invadendola, essa la riempie, di tenebre spirituali, e ciò nel medesimo tempo per l'eccellenza della sua chiarezza e perché l'intelligenza naturale dell'anima ne è paralizzata. Perciò S. Dio-nigi ed altri teologi mistici, parlando dell'anima. non ancora illuminata e purificata, dicono che per lei siffatta contemplazione infusa è un « raggio di tenebre»; « ... Ntibes et caligo in cirouitu ejus: At­torno a D:ìo non vi sono che nubi ed. oscurità » (Ps. xoii, 13) 82, Egli abita in una « luce inacces­sibile»,

« L'anima, benché mantenuta nelle tenebre, vede nondimeno la sua impurità, ed è persuasa di non esser degna ne di D,io, ne d'alcuna creatura. Quello che la tormenta più ancora è ch'ella non ne sarà mai degna, e che tutta la sua felicità è annientata » 33, La sofferenza è tale che l'anima si crede schiacciata sotto un peso immenso, spezzata e stritolata allo spet­tacolo delle sue misene, sente sopra di sé un'ombra di morte, e « giudica la mano di Dio dura e pesante, quando essa è dolce e misericordiosa, quando non si tratta che d'un semplice tocco fatto per condiscen­denza, per colmarla di grazie e non per castigarla » st.

32 Notte oscura, 1. II, o. v. , " IM.                    '              " Itnd.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        399*

L'anima non può più, come un tempo, sollevarsi a Dio, ne colla mente ne col cuore; le pare che Dio abbia interposto una nube per tagliare la strada.-alla sua preghiera 35. La luce di questa purificazione non lascia vedere all'anima altro che i suoi peccati e le sue miserie 36. Ma anche in quest'oscurità ella.' distingue tra il più. e il meno perfetto molto meglio-di prima 37. Per godere quei beni che sono i frutti. di questa purificazione, l'anima deve soffrire l'impres­sione ch'ella non li possederà mai 3S. È necessario-che passi per questo crogiolo, perché « un solo af. fetto particolare, attuale o abituale, è sufficiente per-impedire il sentimento, il gusto, la comunicazione, di questo sottile sapore dello spirito d'amore, che. contiene eminentemente in sé tutti i sapori»3?. Questa notte di purificazione è anche una via sicu-rissima, «perché essa tiene addormentati, mortificati, spenti, gli appetiti, affetti e passioni che, se fossero restati desti e attivi, non avrebbero mancato di op' porsi alla partenza» dell'anima verso queste regioni superiori 40.                      ,

Questa purificazione passiva, questo affinamento. dello spirito, sono «indispensabili per l'unione con, Dio nella Gloria; dopo la morte gli spiriti impuri attraversano le pene del fuoco, e quaggiù non si perviene all'unione se non attraversando il fuoco delle prove, che sono più violente per gli uni che per gli altri e proporzionate, in quanto alla durata, al grado-d'unione ohe Dio ha in vista e alle impurità da. espiare » 4i.                                     .

Da ciò si può giudicare delle pene del purgatorio;

il suo fuoco non ha azione sopra di quelli che non. hanno colpe da espiare is, esso è tenebroso e mate-

" Notte oscurai 1. II, e, vili.      " Itiul., o. ix.

" IbiS., o. Sin.                   " Ibid., o. -sv.

" Ibid., o. vili.                   " Viva Fiamma, II str., vere. 5.

38 Ibid., o. ix.                    " Notte oscura, 1. II, o. x.


400    PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIÓNE

.riale; quello di questa vita invece è spirituale e oscuro is. Quaggiù l'anima si purifica meritando, in­vece dopo la morte si purifica ' senza inerito.

Queste purificazioni sono il -mezzo più efficace «che conduce all'unione divina, perché solo esse sgom-

•brano da ogni lega l'umiltà e le tré virtù teologali;

•solo. esse mettono in un potente rilievo il motivo for­male affatto soprannaturale di queste più alte virtù. 33ss'e obbligano a fare atti eroici, sommamente meri­torii, che aumentano così del decuplo gii abiti, ot­tenendoci subito un grande aumento della fede, della speranza e della carità. Ci obbligano a credere per

•questo solo ed unico motivo: Dio l'ha detto. Ci fanno aderire .più fermamente alla 'Verità prima riv elettrice, in un ordine infinitamente superiore al miracolo sensibile e ai ragionamenti umani che lo discer-

•nono tt. 0,i obbligano a sperare contro ogni speranza umana, per questo purissimo motivo che Dio onni­potente e buono è infinitamente soccorrevole, Deus

•auxilians, e non abbandona per il primo. C'inducono

•ad amarlo,, non per le consolazioni sensibili o spi­rituali che ci largisce, ma per lui stesso, a motivo della sua infinita Bontà, sopra ogni cosa e più di noi poiché egli è infinitamente migliore di noi.

Beate quelle anime che passano per queste dolo-

43 Nòtte oscura, I. II, e. xil.

14 Ad un'anima che passa per questa notte dello spirito, che soffre tentazioni contro la tede, e simultaneamente è in certo modo accecata

•dal lume divino che rischiara le profondità del misteri, sarebbe cosa singolarmente strana il consigliare come rimedio la lettura d'una buona apologetica, ben ragionata. Il lavoro divino ch'ella subisce ha appunto lo scopo di sollevarla sopra il ragionamento, e di tarla aderire in modo affatto soprannaturale alla Verità prima increata e rivelatrice (« Verità»

•prima in dicendo, auctoritas Dei revelantis 11). Ciò che allora deve tare è

•chiedere al Signore la grazia della tede, l'ispirazione e l'illuminazione dello Spirito Santo che solleva la nostra volontà e il nostro intelletto Ano alla Parola increata ed eterna di Dio, autore della grazia, per farli ad

•essa aderire nonostante l'oscurità, con una certezza superiore a quella

•dei principii razionali più evidenti. Ct. II-II, q. 1, a. 1, q. 4, a. 8. Ci.

•supra, p. 57-73.


LA. CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        401

rosissime purificazioni, le quali sole possono sopran-naturalizzarle pienamente e condurle alla cima della fede, della speranza e della carità. Conclusione: poiché queste purificazioni passive sono d'ordine mistico, bisogna concludere che la vita mistica non è straordi­naria nella stessa sua essenza, ma che è sulla via normale della santità.

Dopo i mezzi, consideriamo ora il fine della vita interiore.

§ m.

Il fine della vita intcriore è il medesimo che quello della vita mistica, ma questa dispone ad esso più immediatamente.

Questo fine è la vita del cielo; e la sommità nor­male, sebbene assai rara, dello sviluppo della vita della grazia quaggiù dev'essere una disposizione per­fettissima a ricevere il lume della gloria, subita dopo la morte, senza passare per il purgatorio. Miuno .infatti passerà se non per colpa sua, per aver trascu­rate grazie ricevute od offerte, in quel luogo di pa­timenti, in cui non si merita più. L'ordine radicale importa di vedere Iddio dopo la morte, e perciò le anime del purgatorio soffrono tanto di non vederlo.

Ora la disposizione perfetta a ricevere la visione beatifica subito dopo l'ultimo sospiro, non può essere altro che la carità intensa di un'anima pienamente purificata, cos'ardente desiderio di vedere Iddio, così come li riscontriamo nell'unione mistica, e più par-ticolarmente nell'unione trasformante. Questa adunque è veramente quaggiù la sommità dello sviluppo della vita della grazia e qui solo sboccia pienamente questa vita soprannaturale.              .           

Sarebbe facile dimostrare che questa terza ragione,

26 — Perfezione e Contemplazione.


402    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

come le due precedenti, fu formulata in modo più o meno esplicito da tutti i grandi maestri della mi­stica.. Basta ricordare quello che dice S. Tommaso circa la superiorità della vita contemplativa sopra la vita attiva.

La contemplazione di Dio, non lo dimentichiamo^ non è un mezzo riguardo alle virtù morali e alle opere della vita attiva, ma è invece il fine a cui queste sono subordinate come mezzi e disposizioni *5., Le virtù morali dispongono alla vita contemplativa producendo la pace, la calma delle passioni e la pu­rezza ie. La prudenza è al servizio della Sapienza. come il portiere al servizio del rè.

D'io è il fine e l'oggetto delle virtù teologali e dei doni corrispondenti, mentre egli non è se non il fine delle virtù morali, le quali hanno un oggetto creato.

'Nella vita contemplativa, che ha il suo principio-e il suo fine nell'amore, e che è l'esercizio eminente delle virtù teologali, l'anima arde di vedere la bellezza di Dio, «ex dilectionie Dei inardescit ad ejus pul-chritudinem conspiciendam » ". La contemplazione per se stessa non è la perfezione, perché questa trovasi essenzialmente nella carità, ma è il mezzo più eccel­lente e congiunto al fine is, perché « la vita contem­plativa è ordinata non ad una dilezione qualunque di Dio, ma alla perfetta dilezione » is118. Per essa l'uomo. « offre l'anima sua in sacrifizio a Dio » t9, ed è per

5 II-II, q. 180, a. 2, o. e ad 2. 3 I-II, a. 65, a. 5.

7 II-II, q. 180, a. 1 e 7.

8 II-II, q. 182, a. 2r «Vita contemplativa directe et immediate per-tinet ad dilectionem Del.-»

•bis II-II, q. 182, a. i, adi.            .        '        '     >

• II-II, q.. 182, a. 2, ad 3: 11 Si fa un sacriflzio a Dio quando gli si consacra un oggetto qualunque. Fra tutti i beni dell'uomo, quello che-Dio accetta più. volentieri in sacriflzio, è l'anima sua; ciò che noi dob­biamo prima offrire a Dio, è l'anima nostra... poi quella degli altri... Ora quanto più strettamente s'unisce a Dio l'anima propria o quella d'un altro, tanto più il sacriflzio è grato al Signore. Perciò chi si ap-


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        403

così dire un principio della beatitudine. perfetta, «per eam fit nobis quaedam inchoatio beatitudinis, quae hic incipit ut in futuro. continuetur » 50.

Così la vita contemplativa è migliore della vita attiva 51; essa : conviene all'uomo .secondo la ,parte più nobile dell'anima, e può essere più continua della vita attiva: così Maria resta ai piedi del Signore ad ascoltare la sua parola, mentre Marta s'inquieta. Quantunque contenga grandi prove, la vita contem­plativa è ad un tempo più dilettevole e più meritoria, perché l'amor di Dio è in sé più meritorio di quello del prossimo 52; basta maggiormente a se stessa, e non si preoccupa di molte cose, «non turbatur erga plurima » ; è .amata per se stessa, mentre la vita attiva è ordinata ad altro; e perciò sta scritto: «Una sola cosa ho domandato al Signore, questa io cer­cherò: ch'io possa abitare nella casa del Signore per tutti i giorni della mia vita» (Ps. xxvi, 4). — La vita contemplativa è una specie di santo riposo in Dio (otium sanctum) : « Eiposate. e vedete, son io il vostro Dio » (Ps. xlv, 10). — Essa si occupa. delle cose divine, e la vita attiva delle cose umane:

« In principio era il Verbo, ecco Colui che Maria ascoltava, nota S, Agostino, e il Verbo si fece carne, ecco Colui che Marta serviva» 5S. — Perciò nostro Signore disse: «Maria elesse la parte migliore, che

plico o induce un altro ad applicarsi alla contemplazione, si rende più gradito a Dio che dedicandosi all*azione. E quindi allorché si dice con S. Gregorio: i Nessun sacriflzio è a Dio più grato delio zelo delle anime ». non si preterisce il merito della vita attiva a quello della vita contem­plativa, ma si vuoi dire che offrire a Dio l'anima propria e quella del prossimo è più. meritorio che offrire tutti i beni esteriori. »

" II-II, q. 180, a. 4.

" II-II, q. 182, a. 1.

58 II-II, q. 182, a. 2: « Ciò che tocca più direttamente l'amore di Dio è in sé più meritorio di quello ohe è direttamente ordinato all'amor del prossimo «. •- '" De Verìns Domini, germ. 27.


40:1:    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

non le sarà tolta» 5i. «Non già, osserva^ S. Ago­stino 55, che la tua parte, o Marta, sia cattiva, ma quella di Maria è la migliore. Perché migliore? Perché non le sarà sottratta. Infatti un giorno ti sarà sot­tratto cedeste» peso che la necessità impone, ma eterna è la dolcezza della verità, aeterna est dulcedo ve-ritatis ».                                 ,

• Questa vita contemplativa esiste pienamente soltanto nella vita mistica, vero preludio di quella del cielo. E tutti, anche quelli che sono impegnati nella vita attiva, devono attendere ad essa in virtù del primo precetto; e non hanno men bisogno di far orazione. Se le condizioni della loro vita rendono loro meno ac­cessibili le forme più alte della contemplazione, la sostanza di questa non può essere loro rifiutata; che anzi il Signore c'invita tutti. «Quelli che sono più atti alla vita attiva possono cogli esercizi di questa vita prepararsi alla contemplazione» 66 compiendoli , per amor di Dio. Sarebbe un errore il pensare che -i sia d'uopo fare una buona orazione per compiere'-bene i doveri del proprio stato, per ben curare i ma­lati, o per ben insegnare, come se l'orazione e l'u­nione a Dio fossero ordinate, subordinate a questi atti che sono loro inferiori. Piuttosto l'anima attiva deve compiere per amor di Dio i doveri del suo stato per essere più unita al Signore e per farlo amare di più. Di modo che la sua attività deve diventare come l'irradiamento esterno, della sua orazione, della sua unione con Dio, che è il meglio di essa medesima. Così la vita mistica, anziché nuocere all'azione, ne è la viva sorgente.

« L'amore della verità, dice S. Agostino, cerca un santo riposo, e la carità ci obbliga ad accettare

" uro., x, 42.

" Loc. cit. " S. tokmabo, II-II, q. 182, a. 4, ad 3.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       405

una giusta fatica. Se .nessuna carica ci è imposta, attendiamo allo studio e alla contemplazione della ve­rità; se invece ci è imposta una carica, la carità ci obbliga a riceverla. Ma anche allora la dolce contemplazione della verità non si deve abbandonare. affinchè, scomparendo la soavità, noi non siamo op­pressi dalla necessità» 57. Perciò, aggiunge S. Tom-maso, quando uno è chiamato dalla vita contem­plativa alla vita attiva, non dev'essere per sottra­zione della prima, ma per addizione della seconda 58. Per la qual cosa l'apostolato, come dice altrove, deve derivare dalla «pienezza della contemplazione» 59. I fedeli, le anime ulteriori che .vengono ad ascoltare la parola di Dio, aspettano che questa loro si pro­ponga in modo non umano, ma divino, che non è 'altro che l'irradiamento della contemplazione.

La vita contemplativa adunque, la quale, per la sua intimità col Maestro inferiore e per la sua do­cilità perfetta alle sue ispirazioni, merita il nome di vita mistica o nascosta in Dio con Cristo, è vera­mente il preludio normale della vita del cielo.

*   *   *

Tali sono le tré ragioni principali della chiamata

-generale e remota delle anime giuste alla vita mi­stica. Esse sono fondamentali, perche poggiano 1° sul principio comune della vita intcriore e della vita mistica, e sulla legge del progresso dei doni, come abiti o disposizioni abituali connesse colla carità;

— 2° sulla necessità delle purificazioni passive, che sono d'ordine mistico, e sul mezzo più efficace per condurre quaggiù all'unione divina; — 3° sul fine

" S. Avo., De Civit. Dei, XIX, 19. ".ÌI-II, q. 182, a. 1, ad 3. " II-II, q. 188, a. 6.


406    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

comune della vita ulteriore e della vita mistica, e sulla perfezione normalmente richiesta per ricevere subito dopo la morte la visione beatifica, e non "solò un grado infimo di questa. ,             '          ;

Queste tré considerazioni del principio della vita;

soprannaturale, del suo mezzo più efficace e del suo fine, non sono accidentali ne materiali, ma essenziali e formali e permettono così di stabilire la legge dello sviluppo superiore del seme divino, della vita della grazia, sei/non gloriae.

*   *   *

Apparisce dunque certo che la vita mistica, carat­terizzata dal predominio dei doni dello Spirito Santo, è richiesta alla piena perfezione della vita cristiana.

Si può egli dire altrettanto della contemplazione mistica propriamente detta?        .

Certuni, dopo aver ammesso quello che' precede, esitano a rispondere a questa domanda. Perché ? Perché, dicono, vi sono anime in cui dominano so­prattutto i doni dello Spirito Santo relativi all'azione, e, nella preghiera, nella salmodia, il dono della pietà, senza che la loro orazione sia propriamente passiva, senza che vi sia intervento frequente e manifesto dei doni contemplativi dell'intelletto e della sapienza. In tal modo queste anime sarebbero nella vita mistica, superiori all'ascesi, senza però avere la contempla­zione mistica propriamente detta, l'orazione di rac­coglimento passivo o di quiete.

Abbiamo già detto essere possibile in fatto che in queste anime i doni della contemplazione non in­tervengano ancora se non in modo diffuso; vi è qui una vita mistica ancora imperfetta. Essa può essere accompagnata da una grande generosità, che merita già il nome di perfezione, senza essere tuttavia io,


I         LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIÓNE       407

piena perfezione della vita cristiana 60. Quest'ultima, per essere veramente una pienezza,, richiede il com­pleto sviluppo di tutto l'organismo spirituale, compresi i doni superiori dell'intelletto e della. sapienza 61. È l'annunzio della vita del cielo, la disposizione imme­diata e perfetta alla visione beatifica, la quale non è data se non alle anime del tutto purificate,, quando esse ne hanno il vivissimo desiderio.       

Tale ci sembr-a essere, in conformità con la tra­dizione, la dottrina di S. 'Tommaso sui rapporti dei doni dello Spirito Santo col progresso della carità 62. È altresì, nei diversi ordini religiosi, la dottrina di 8. Bonaventura, del Taulero, del Euysbroeck, del Blosio, di Dionigi Cartusiano, di S. Teresa, di San Giovanni della Croce, del P. Lallemant, S. I., e de'' suoi discepoli, del P. Surin, eco. 6S, come dimostrano a lungo il canonico Saudreau nella terza edizione

10 Quello che in nessun modo è richiesto alla perfezione, nemmeno ad un'altissima perfezione, sono le delizie della contemplazione, come dice ripetute volte S. Teresa; spessissimo intatti la contemplazione mi­stica è arida e dolorosa. Of. saudrbau, La Vie d'Union a Dieu, d'aprés •les grcvnds mattres de la spiritualité, III ed.., pag. 263..., confronto di parecchi testi ili S. Teresa.

61 In altre parole, la contemplazione mistica del mistero di Dio pre­sente in noi è richiesta alla piena perfezione della vita della grazia, se <l.uesta< parola perfezione si prende non solo in senso largo e dal punto di vista morale, ma in senso stretto e metafisico che esprime, qui la piena espansione dell'organismo soprannaturale.

'2 Vedasi specialmente I-II, q. 69, a. 2: Le ricompense di cui si parla nelle otto beatitudini evangeliche sono esse accordate fin da questa vita? Sono accordate ai perfetti, dice egli (« viris perfectis « e non solo ad alcuni di loro) come un preludio della vita del cielo, i per quamdam inohoationem impertectam beatrtndinis 11. Item II-II, q. 45. — n Ogni cristiano, dice S. Tommaso, deve partecipare alla contemplazione di Dio, perché il precetto è per tutti: Termatevi e vedete ch'io sono il vostro Dio » (Ps. xrv, 10). 11 Omnis christianus, qui in statu salutis est, oportet quod aliquid de oontemplatione partioipet, cum praeceptum sit omnibus : «Vacate et videte quoniam ego sum Deus », ad quod etiam est tertium praeceptum legis » (III, d. 36, q. 1, a. 3, ad 5). — Se ciò è vero d'ogni cristiano, che cosa bisogna dire del cristiano giunto alla. piena perfezione della vita intcriore!

" Ot. infra, ultimo capitolo, art. V: L'accordo dei Maestri, pag. 591»


408    PERFEZIONE CRISTIANA E-CONTEMPLAZIONE

del suo libro. La Vie d'Union a Dieu d'après les grands. mattres de la spiritualità- et, e il P. Lamballè nel La Contemplafion. Anche noi pensiamo, con questi ultimi e col P. Arintero, che la vita soprannaturale non ha tutto il suo sviluppo quaggiù se non nell'u­nione trasformante, tal quale è descritta da S. Gio­vanni della Croce e da S. Teresa (nell'ultima Man­sione). Basta ricordar qui alcuni testi caratteristici e quelli che sembrano loro opposti.

Parlando della purificazione passiva dei sensi che è d'ordine mistico, S. Giovanni della Croce dice, come abbiamo veduto: «Bisogna passare per questa notte oscura per divenire perfetti » 6a. — « L'anima è dunque uscita ed ha cominciato a penetrare nella via dello spirito, che seguono i proficienti e gli avan­zati, 'e che si chiama anche via illuminativa o via di contemplazione infusa» 66. — «A Dio solo spetta collocare l'anima in questo stato soprannaturale: in quanto alla natura, quello che le si domanda è di disporvisi in proporzione della sua capacità, e ciò e possibile naturalmente, specie tenendo conto del­l'aiuto divino ordinario che accompagna lo sforzo. In proporzione che l'anima progredisce nella nega-, zione e nel vuoto delle forme, Iddio la mette in pos-.sesso dell'unione, e quest'operazione è passiva per l'anima» 67. «Per le persone consacrate al ser­vizio di Dio, questo cambiamento si verifica spesso,:

, dopo un tempo relativamente breve, perché avendo rinunziato al mondo, il senso e lo spirito in esse si accomoda e si conforma più facilmente alla volontà di Dio » 68, — « Appena che l'anima perviene a pu-

" Questa III edizione è più completa delle due precedenti e contiene segnatamente, p. 290, il risultato delle indagini delP. E. Oolunga, O. P., sulla lotta tra gli spirituali e gl'intellettuali al tempo del Oano.

ls Notte oscura, 1. I, e. i.     .

''' Notte oscura, 1. I, e. xiv (secondo l'edizione critica spaglinola).

" Salita, 1. Ili, e. i, trad. Hoorn., p. 298 (I ed.). * 8a Viva Fiamma, 3» str., vera. 3, § V.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        409»

rificarsi accuratamente dalle forme e dalle, immagini tangibili, essa nuoterà in quella pura e semplice luce, che diventerà per lei lo stato di perfezione. In­fatti questo lume è sempre pronto a penetrare l'a­nima; quello che oppone ostacolo alla sua infusione, sono le forme, i veli delle creature» 69.  .

Più lontano, S. Giovanni della Croce, dòpo- aveT-dimostrata la necessità delle purificazioni passive dello spirito per arrivare alla prima perfezione 70, ci dice che questa non si trova se non nell'unione trasformante, nella quale «l'anima non è più in­quietata dal demonio, ne dalla carne, ne dal mondo, ne dagli appetiti; e può dire: l'inverno è finito, la pioggia è cessata, e i fiori compaiono nella nostra, terra» 71.

S. Teresa dice la stessa cosa' alle sue figlie, al principio della V Mansione : « Così,. noi che portiamo-questo santo abito del Canneto, siamo tutte chiamate-Sili'or azione e alla contemplazione. È questa la nostra. prima istituzione... eppure, ve lo confesso, ben poche tra noi si dispongono ;a vedere che il Signore loro discopre la perla preziosa di cui parliamo. In quanto all'esterno, lo riconosco, noi siamo sulla buona via.. Ma in quanto all'acquistare le virtù necessarie per arrivare dove ho detto, quante cose ci mancano .e qual bisogno abbiamo di bandire ogni negligenza! » 72.

Nel Cammino della Perfezione, e. 19, fine, par­lando della contemplazione infusa e delle acque vive dell'orazione, S. Teresa enunzia questo principio ge­nerale, che svolge poi nei capitoli 20, 21, 23, 25, 29, 33. Noi abbiamo già citati alcuni di questi testi. «Pensate che il Signore invita tutti (Venite a me,

ts Salita, 1. II, e. xill, trad. Hoorn., p. 1S8. '° Notte oscura, 1. II, o. i. 71 Cantico spirituale, p. Ili, str. 22, fine.

" Cast/elio inferiore, V Mansione, o. I, trad. dei Carmelitani, 1910, p. 128. — Nelle citazioni seguenti ci serviremo di questa traduzione.


410    PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

voi tutti... Matth., xi, 28). Egli è la stessa Verità, è indubitabile. Se il banchetto non fosse generale, egli non ci chiamerebbe tutti, oppure, chiamandoci, non direbbe: Io vi darò a bere (Se--alcuno 'ha sete, venga a me e 'beva, Joan., vii, 37). Direbbe: Ve­nite tutti, non ci perdete nulla, ed io darò da bere

•a* chi mi piacerà. Ma siccome egli disse senza^ restri­zione: 'Venite tutti, io considero come certo che tutti quelli che non si fermeranno per strada, riceveranno quest'acqua viva» '!s. La Santa nel capitolò 21 : ag­giunge: «Ciò , che è d'importanza maggiore, anzi di un'importanza capitale, è avere la risoluzione ferma, ima determinazione assoluta, incrollabile, di non fer­marsi punto finché non siasi raggiunta la sorgente, qualunque cosa capiti o possa sopravvenire, ad ogni costo, nonostante tutte le critiche a cui uno vada soggetto, si debba arrivare alla meta o morire per strada, oppressi sotto il peso degli ostacoli, quando pure dovesse crollare il mondo 1 ».   -

.Non -è possibile affermare in modo più chiaro la

•chiamata generale delle anime alla vita mistica.

Eppure S. Teresa, il Taulero, S. Giovanni della Croce fanno, qua e là, delle riserve. Per esempio, nel Cammino della Perfezione, e. 17, si legge: «Per il fatto che in questo monastero tutte si danno all'ora­zione, non ne segue che tutte debbano, essere contem­plative. Ciò è impossibile, e l'ignoranza di questa verità potrebbe gettare nella desolazione quelle che non sono contemplative 71... A volte il Signore tarda .assai, ma allora da ad un tratto e magnificaimente

" Cammino, o. 3XS, p. 156.

" Anche se tutte le anime, e più in particolare tutte le Carmelitane, sono cJliamafs alla contemplazione, non ne segue evidentemente che tutte debbano g-ià essere contemplative. Come dice S. Teresa in quel 1;esto ohe noi citiamo, a volte Iddio tarda a concedere QLuesto dono. Può anche darsi che un'anima assai generosa, ma molto inclinata per "natura ad esteriorizzarsi, non arrivi alla contemplazione infusa se non. dopo un tempo più lungo della durata ordinarla della vita Quaggiù.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       411

quello che diede ' ad altri a poco a poco in molti anni ».

D:'onde vengono queste riserve, che a tutta prima sembrano contradire al principio della chiamata ge­nerale delle anime alla contemplazione infusa? 75. « Sembra che vi sia contradizione, dice la stessa S. Teresa 76, fra quello che ho detto nel capitolo precedente (della chiamata generale) e quello che avevo detto più sopra (e. 17), quando, volendo con­solare le anime che non arrivano alla contemplazione, io dimostravo che. vi sono diverse strade per andare a Dio, come vi sono varie mansioni in cielo. Eppure io mantengo quello che ho detto ». — Ed ella man­tiene di fatto il principio della chiamata generale, che spiega di nuovo: «Nostro Signore, infatti, co­noscendo la nostra debolezza, ordinò tutto in modo degno di lui. Ma non disse: Gli uni. vengano per questa via, e gli altri per quell'altra. No, egli, nella sua gran misericordia, non impedisce a nessuno di dirigersi verso questa fonte di vita per dissetarvisi... Che dico? egli ci chiama pubblicamente e ad alte grida {Gesù stando in piedi disse ad alta voce: Chi ha sete venga a ine e beva. Joan., vii, 37). Tut­tavia, nella sua bontà, egli non ci fa violenza; ma affinchè nessuno 'se ne vada senza consolazione e muoia di sete, egli in varii modi da a bere a quelli che vogliono seguirlo davvero. Da una sorgente così copiosa nascono diversi ruscelli, gli uni grandi, e gii altri minori: vi sono anche pozze d'acqua per i fan­ciulli, cioè per coloro che cominciano... Così, sorelle

'5 Circa la conciliazione di questi testi di S. Teresa, vedasi P. abintero, Svolucion mistica, p. 639, nota 1, Ouestiones misticas, p. 325 ss., così anche il lavoro del P. garate, S. J., Razon, y Fé, luglio 1908, p. 325, lavoro che sarebbe conveniente tradurre in italiano e farlo conoscere per far cadere un'obiezione abbastanza diffusa contro il principio che noi difendiamo.

" Cammino della Perfezione, e. sx.


412    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

mie, non temete di morir di sete per questa via... Già posto, seguite il mio consiglio, e non restate, per strada; ma combattete da persone coraggiose, pronte ad esaurire tutte- le vostre forze nella lotta » 77.

Le restrizioni fatte più sopra da S. Teresa non ri­guardano adunque la chiamata generale remota, ma la chiamata individuale prossima di cui dovremo ora parlare.

" Cammino della Perfezione, e. xx".


LA CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE         413

articolo III.

La^ chiamata individuale e prossima '     alla contemplazione.

Le suddette riserve di S. Teresa, di S. Giovanni della Croce,' del Taulero, riguardano, diciamo noi, non la legge generale del pieno sviluppo della vita della grazia, considerata in. sé, ma il terreno dove il seme divino è ricevuto, come si dice nella para­bola del seminatore. « Mentre egli spargeva il seme, ne cadde una parte lungo la strada, e sopraggiunsero gli uccelli dell'aria, .e lo mangiarono. Parte cadde in luoghi sassosi, ove non era molta terra, e subito spuntò fuori, perché non vi era profondità di terreno. Ma, levatesi il sole, fu riarsa, e per non avere radice inaridì. Un'altra parte cadde tra le spine, e creb­bero le spine, e lo soffocarono. Un'altra-finalmente cadde nella buona terra, e fruttificò, dove il cento per uno, dove il sessanta, e dove il trenta. Ohi ha. orecchie da intendere, intenda 1 » (Matth., xm, 4). Così ancora, fra gli alberi, il cedro o la palma rag­giungono normalmente una grande altezza in un ter­reno e in un clima favorevole, ma non così in un altro clima. Parimenti la questione della chiamata .alla vita mistica si complica e in certo modo si ma­terializza, appena si considera la vita della grazia, non più in sé, ma nelle anime che la ricevono.

Le anime in stato di grazia sono esse per ciò stesso tutte e singole chiamate alla, vita mistica propriamente detta?

Anzitutto è chiaro che non tutte vi sono predesti­nate; perché la predestinazione produce infallibil­mente il suo effetto, senza, tuttavia violentare la li-


414    PERFEZIONE OSISTIANA E CONTEMPLAZIONE

berta; ed è un fatto che le anime in stato di grazia non arrivano tutte alla vita mistica.

È chiaro ancora che non *tutte vi sono individual­mente eliminate, in un modo prossimo, perché non in tutte certamente si trovano i.tré segni di questa chia­mata enumerati dal Taulero 1, poi da S. Giovanni della Croce e comunemente ammessi.

§ L

J tré segni principali della chiamata prossima.

La meditazione diventa difficile o anche impra­ticabile, «l'immaginazione resta inerte, il gusto di quest'esercizio è scomparso, e il sapore prodotto già dall'oggetto a cui s'applicava .l'immaginazione, si è cambiato in aridità. Per tutto quel tempo che il sa­pore persiste e che si può passare, meditando, da un pensiero ad un altro, non bisogna abbandonarlo, salvo nel momento in cui l'anima è nella pace e nella quiete, di cui si tratterà a proposito del terzo segno » 2. Questa dottrina si trova dichiarata press'a poco colle medesime parole, come abbiam veduto, in S. Teresa, IV Mansione, e. in, p. 117, là dov'olia dice che se non si ricevette ancora la grazia del « raccoglimento soprannaturale », bisogna" « guardarsi dall'incatenare il movimento del nostro pensiero..., e di restar lì come degli stupidi». Da ciò si vede che questi due grandi santi parlano qui del passaggio dalla meditazione alla contemplazione infusa, e non ad una contemplazione acquisita che sarebbe uno stato intermedio. Cf. sMpra, p. 243-256.

Un secondo segno è necessario, perché la dif-

1 L'insegnamento del Taulero su questo punto si trova riassunto' da' suoi discepoli nelle Institwtions, o. xxxv. '

" Salita del darmelo, 1. II, o. XI.                              ' ,   .


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE      . 416

fìcoltà o l'impossibilità di darsi alla meditazione po­trebbe provenire da un incomodo fisico, da una distra­zione, da un difetto di raccoglimento o da qualche altra causa simile, come succede anche a quelli che conservano il gusto per quest'esercizio. Il secondo. segno è questo appunto che « non si proverà più nes­suna voglia di fissare l'immaginazione.. ne i sensi su qualsisia oggetto particolare, interno od esterno. Non dico che l'immaginazione non si manifesterà più. col. viavai che le è proprio — e che avviene anche in un profondo raccoglimento — ma che l'anima non avrà alcun desiderio di fissarla intenzionalmente su tali oggetti » s. Per esempio se si legge, provasi il bi­sogno di chiudere il libro; se si prega vocalmente, si e spinti a interrompere questa preghiera per fermarsi nella contemplazione di Dio. È l'ispirazione infe­riore che a ciò induce. « Non fa dunque maraviglia che una tale anima provi pena e disgusto, quando» godendo già questa pace, sia sforzata a ripigliare la meditazione, e a ricominciare il lavoro delle consi­derazioni particolari. È come se si volesse strappare-un bambino dal seno materno che gli da il latte.., come se a qualcuno che, dopo aver tolta la buccia ad un frutto, ne gustasse la sostanza, s'imponesse d'interrompere per togliere di nuovo una buccia che-non c'è più. Egli non trova più codesta buccia, •& cessa di gustare la sostanza che aveva in mano; la, qual cosa lo rende simile a colui che lascia la preda per l'ombra» '•i. Queste spiegazioni di S. Giovanni della Croce dimostrano bene che per lui il passaggio. dalla .meditazióne alla contemplazione infusa è nor­male, benché noi non possiamo produrre quest'ul­tima col nostro proprio sforzo; dopo aver tolta la. buccia al frutto, se ne gusta la polpa.

SaUta, 1. II, e. xi. Ibìd., e. su.


416  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Un terzo segno e necessario, poiché i due primi non sono decisivi; infatti potrebbe darsi che la ma­linconia o un'altra indisposizione produca in noi come una sospensione di vita, nella quale, l'anima

•si compiace nel non pensare a nulla e nel restare inattiva. « II terzo segno, il più decisivo, è questo :

L'anima gode di trovarsi sola con Dio, fissando sopra dì lui la sua attenzione affettuosa; essa non s'abban­dona a nessuna considerazione speciale, gode una pace intcriore, un'impressione di riposo, di quiete, senza che le potenze, memoria, intelletto, volontà, si manifestino con esercizi ed atti. Voglio dire che

•ella non s'abbandona ad atti discorsivi, il che con­siste nel passare dall'uno all'altro, ma è assorta nel ;-conoscimento e nello sguardo sopra Dio, conoscimento confuso, generale e affettuoso, che non si ferma in

•nessun pensiero particolare » 6. Così un bambino .guarda con. amore sua madre senza pensare a nulla di distinto, 'ma solo a questo elvella è sua madre.

Nei suoi principii questo sguardo affettuoso dell'a­nima è così sottile e delicato che passa quasi inos-

' servato 6; qui infatti non vi è più, come nella medi­tazione, un concorso distintamente percettìbile della immaginazione; onde al principio l'anima non si trova calma in quest'amore che le è dato, ma ne cerca un altro più sensibile. «Tuttavia una volta ch'ella si lascia introdurre nella pace, non mancherà di pene­trarvi sempre più. Rischiarandosi il pensiero affettuoso

•di Dio, l'anima troverà in esso maggior attrattiva che in qualsiasi cosa del mondo, a cagione della pace,

•del riposo, del sapore e diletto che da esso attinge senza sforzi» 7.     :

Le ultime parole che abbiamo sottolineate in questa

" Salita, 1. II, e. XI.

- IM.

•' IbiS.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       417

frase contribuiscono a dimostrare che della contem­plazione infusa appunto parla S. Giovanni della Croce fin da questa prima opera della Salita, e la cosa appare chiarissima dal capitolo xm 8. Ma nella Salita il Santo descrive specialmente la parte che noi pos­siamo prendere a siffatta contemplazione, non per produrla, ma per : disporvici o per favorirne l'eser­cizio 9; laddove nell'opera seguente che è la Notte oscura, egli descrive specialmente l'azione di Dio e la nostra passività. .Non sono cose che si susse­guano cronologicamente, bensì due aspetti subordi­nati della vita inferiore, essendo qui l'anima «più passiva che attiva» 10, ma conservando la libertà di consentire all'ispirazione superiore che le da lo Spi­rito Santo per farla ag^re divinamente.

Perciò nella Notte oscura, 1. I, e. 9, ritroviamo là descrizione dei tré segni già menzionati nella Salita, ma qui sono formulati in modo più spiccato come segni del lavoro purificatore di Dio in noi, o della aridità puriificatrice:Non si trova ne gusto, ne con­solazione nelle cose divine (conosciute per la via dei sensi) ne in alcuna cosa creata (queste ultime parole indicano che questo stato non viene dalla tiepidezza, o dall'attacco alle creature) ; 2° ordinariamente, nel servizio di Dio, si conserva il timore di non servirlo, d'indietreggiare, a cagione del difetto di sapore nelle cose divine (questo timore è un nuovo segno che l'impotenza in cui uno si trova non viene dalla tie-

8 Salita, 1. II, o. xm: ii In tale stato. Iddio si comunica all'anima. che resta passiva... IB per l'anima il ricevere così la luce infusa sopranna­turalmente, è un comprendere ogni cosa restando passiva. »

" CI. Ibid., o. xn, dove è dimostrato ohe Dio a volte favorisce le anime accordando 11 suo amore contemplativo senza l'intermedio di atti -che dispongano ad esso, ma per lo più è dopo qualche preparazione; il che ricorda ciò che S. Teresa dice della noria a proposito dell'orazione soprannaturale di quiete, a cui uno si dispone abitualmente con un certo lavoro dello spirito (cf. Vita, e. xiv).

10 S. tommaso, I-II, q.. 68, a. 1 e 3; II-II, q. 52, a. 2, ad 1.

27 — Perfezione e Contemplazione.


418    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

pidezza) ;, 3° si trova una gran difficoltà nel meditare, come se.ne aveva l'abitudine ricorrendo all'immagina­zione. «La ragione è che Dio comincia a comunicarsi non più per mezzo del ragionamento, ma mediante l'atto semplice della contemplazione che c'ispira».

A questi tré segni classici e necessari, altri pos­sono aggiungersi che li confermano; a S. Teresa piace notare: il dono totale di se stesso a Dio, il disprezzo di tutte le cose della terra, una grande umiltà, il desiderio del cielo. Ma la contemplazione infusa può concedersi ad anime che non hanno ancora così alte virtù e spesso le da loro essa medesima:.« omnia bona mihi venerunt pariter cum illa», dice il libro della. Sapienza, ed è soprattutto la cognizione infusa della bontà di Dio che ce lo fa amare, e ci fa praticare le virtù per amore di Lui. Bastano, dunque i tré segni suddetti per accertare in un'anima la chiamata pros­sima alla contemplazione infusa.

§11.

Quello che si oppone a questa chiamata prossima e quali sono le sue varietà.

1 tré segni che abbiamo spiegato non si riscontrano certo in tutte le anime in stato di grazia. Ma noi crediamo che tutte e singole sono chiamate alla vita» mistica in modo remoto e sufficiente, poiché là grazia. delle virtù e dei doni, ch'esse ricevettero, per la, legge intima del suo sviluppo, contiene in germe la. vita mistica, preludio normale di quella del cielo 11,

11 L'espressione grazia sufficiente remota in teologia 9 frequenttssima. in un'altra questione, che rassomiglia a questa, e ohe riguarda non tutte le anime in stato di grazia, ma tutti gli uomini: è egli possibile per tutti e singoli il salvarsi' Dio non solo preparò in generale, ma offre e da a tutti gli uomini e a ciascuno in particolare, m vista della salute,


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       419

Che cosa vuoi dire chiamata remota e sufficiente? Ciò significa che se tutte le anime fossero fedeli ad evitare, come devono, il peccato non solo mor­tale ma anche veniale, se fossero, ciascuna nella sua condizione, generalmente docili allo Spirito Santo, e se vivessero abbastanza a lungo, verrebbe un giorno in cui esse riceverebbero la vocazione prossima ed efficace ad un'alta perfezione e alla vita mistica pro­priamente detta. Esse ne hanno infatti ricevuto il :

principio radicale. Prima di quel giorno si può dire

•puramente e semplicemente ch'esse non vi sono an­cora chiamate, come degl'infedeli, che non udirono mai la predicazione del Vangelo, si dice ch'essi non sono ancora individualmente chiamati alla vita cri­stiana, benché vi sia una vocazione generale dei pa­gani alla vita cristiana, come all'unica • via della salute voluta da Dio per tutti gli uomini 12.

Molte anime non si svilupperanno abbastanza spiri­tualmente da essere disposte come conviene alla vita mistica. Questo soprattutto per difetto d'umiltà, di purezza di cuore, di semplicità di sguardo, di rac­coglimento, di generosità; oppure perché troppo, in­clinate per natura ad esteriorizzarsi, o perché as­sorbite nello studio o nelle cure d'amministrazione,

.esse non hanno abbastanza l'amore dell'orazione si­lenziosa e profonda che conduce all'unione. Oom'è

soccorsi sufficienti, sufficienti almeno In modo remoto, secondo le con­dizioni di ciascuno. Così la grazia sufficiente 'prossima per pregare è una grazia sufficiente remota per far, l'opera salutare in vista della quale si prega; e se non si resiste a questa grazia sufficiente remota, gì riceverà la grazia sufficiente •prossima per ben agire; e se non si resiste a quest'ul­tima, si riceverà la grazia efficace, che ci farà compire l'opera salutare. Ct. billuabt, de Deo, diss. 7, a. 8. Questa dottrina si applica anche agli infedeli e ai peccatori induriti.

" S. tommaso, I Sent., q. 41, a. 2, ad 3: « Vocatio semper est tempo-ralis, quia ponit adductionem guamdam ad allquid... Est quaedam vo-catio temporalls ad gratiam, cui respondet et electio temporalis et aeterna ; naee autem vocatio est vel int.erior per inrusionem gratiae, vel exterior per vocem praedicationis. »


420    PERFEZIONE CB1STIANA E CONTEMPLAZIONE

facile indugiarsi per via e vivere solo alla superficie di se stesso! Spesso finalmente mancherà a queste .anime una buona direziono, o un ambiente propizio. Esse non saranno chiamate alla vita mistica in modo prossimo.

Può darsi che alcune fra loro, sebbene generose, per mancanza di certe condizioni che non dipendono dalla loro volontà, non arriverebbero alla vita mi­stica se. non dopo un tempo più lungo della durata ordinaria della nostra esistenza quaggiù 13.

Altre, generalmente più avanzate, vi saranno chia­mate in modo prossimo e sufficiente, ma non tutte risponderanno a questa chiamata; parecchie si sco-* raggiranno fin dai primi passi nella notte oscura;

queste ultime sono numerosissime, e spesso, dice San Giovanni della Croce, esse sono mal dirette dalla loro guida spirituale in questo passo difficile u.

Altre saranno chiamate in modo prossimo ed efficace alla vita mistica, ma non ne oltrepasseranno i gradi inferiori per mancanza di generosità o di dirczione. Come dice la parabola del seminatore, vi sono delle buone anime che danno il trenta per uno; ma questo non è il sommo dello sviluppo normale; altre danno il sessanta per uno.

Altre finalmente daranno il cento per uno;, queste

" Con ciò si spiegano parecchie restrizioni del Verniero, di S. Teresa, di S. Giovanni della Croce, al principio della chiamata generale; esse contemplano casi individuali, a motivo di ostacoli speciali.

14 Viva Fiamma, str. Ili, vers. 3, § i, .trad. Hoornaert, p. 291, secondo l'edizione critica : Questi direttori « ignorando le vie spirituali e ciò ohe le caratterizza, allontanano le anime dalle delicate mansioni onde lo Spirito Santo le prepara all'unione divina. Si contentano di prescriver loro delle ricette spregevoli, ch'essi inventarono o trovarono qua e là leggendo a casaccio, e che convengono appena ai principianti... e si ostinano — anche se il desiderio di Dio si manifesti formale — a non lasciar passare le anime oltre ai loro principii e metodi ohe non cono­scono se non il discorsivo e l'immaginario. Divieto alle anime di varcare i limiti della capacità naturale, e quanto è povero il frutto ch'essi ne ritraggono ! '


LA CHIAMATA .ALLA CONTEMPLAZIONE       421

saranno chiamate in modo prossimo ed efficace ai gradi superiori della vita mistica, all'unione trasfor­mante; e da ciò nói vedremo ch'esse vi erano prede­stinate.     • .

^Molti sono .chiamati, e pochi eletti», nota S. Te-• resa a proposito della V Mansione, e. i; e noi dob­biamo aspirare umilmente a far parte di questa classe scelta. Siccome è di fede, contro, i giansenisti, che colui che non opera la sua salute, può operarla me­diante la grazia sufficiente che gli è data, così bi­sogna dire altresì: l'adulto che, dopo aver trascurato molte grazie, non giunge se non ad un grado inferiore di gloria in cielo, poteva, senza esservi predestinato, arrivare più in alto, e vi 'sarebbe pervenuto, se fosse 'stato più fedele 16. Solò i santi, dopo avere genero­samente impiegato il tempo della prova, arrivano alla pienezza dell'età perfetta, senza però essere tutti dei grandissimi santi. Nell'unione trasformante, che è quaggiù l'età della santità, vi sono certo molti gradi inferiori a quello che conobbero S. Paolo e S. Gio­vanni. Così, in una foresta, molte querce -raggiungono tutta la loro grandezza normale, si sollevano sopra molte altre meno bene sviluppate, senza però giun­gere all'altezza di certe querce gigantesche, vera­mente eccezionali.

Con ciò si spiega un testo controverso di S. Oio-vanni della Croce: Notte oscura, 1. I, e. 9, fine. Ivi egli ricorda anzitutto il principio generale che spesso abbiamo veduto da lui espresso più sopra: «Una volta che l'anima è entrata nella purificazione (pas­siva dei sensi), l'impotenza di discorrere non fa che aumentare..., :e l'anima finirà con abbandonare (nell'orazione) ogni operazione sensitiva, sé élla deve veramente progredire (si es cjue han de ir addante) ».

ls Su questo punto vedasi' g. itbancesoo Di sales,, Amar di Dio,


422    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Poi aggiunge: «Per quelli che non vanno per la via della contemplazione (porque los que non van 'por camino de contemplacion), la cosa è diversa; per essi la notte dei sensi è spesso interrotta. Tratto tratto essa si fa sentire e scompare, in certi momenti la meditazione discorsiva è impossibile e in altri essa ' diventa facile. Dio allora non li tiene in questa via se. non per provarli e per umiliarli, per riformare il loro appetito, a fine di distoglierli da una ghiotto­neria viziosa in materia spirituale, e non con l'in­tenzione di condurli nella via dello spirito, che è quella della contemplazione propriamente detta. Dio, infatti, non solleva le a questa contemplazione tutti quelli che desiderano di raggiungerla seguendo la via dello spirito; non ne prende neppure la metà. Perché? Egli solo lo sa. Questi ultimi che Dio non solleva alla contemplazione propriamente detta non finiscono di svezzare il senso in modo da abbandonare le consi­derazioni:® i ragionamenti, e non hanno questa grazia se non ad intermittenza, come abbiamo detto ».

Questo testo non nega la chiamata generale remota delle anime in stato di grazia alla vita mistica, nega solo per parecchi la chiamata individuale prossima ed efficace alla perfezione di siffatta vita. Le buone anime di cui egli ha parlato in questo testo sono quelle che, secondo la parabola del seminatore, danno il trenta per uno. Non è il sommo dello sviluppo nor­male della vita della grazia; altri daranno il sessanta ed anche il cento per uno, dice la parabola.

S. Giovanni della Croce non dice che le anime di cui parla, senza essere chiamate in modo prossimo ai gradi superiori della vita mistica, siano chiamate ad un'alta .perfezione. Anzi insegna il contrario;

per lui, non si può raggiungere l'alta perfezione senza

" S. giovansi bèlla croce dice bene: «Dio non solleva i (.lleva), e non : « Dio non chiama r. Vt sono molti chiamati, e pochi eletti.


-LA CHIAMATA AI.LA CONTEMPIiAZIONE        423

attraversare la notte dei sensi ed anche quella dello spirito (Notte, I, e. 3, e. 14; II, e. 1).

E se gli si domanda: Perché Dio non eleva alla contemplazione propriamente detta tutti quelli che desiderano di raggiungerla seguendo la via dello spi­rito? Perché non ne prende nemmeno la metà? egli non risponde, come gli fanno dire certi commentatori:

La contemplazione propriamente detta è per sé straor­dinaria, e supera la sommità della vita normale. Ri­sponde tuffali'opposto : Dio solo lo sa. Così S. Ago­stino, a proposito del testo: «Vi sono molti chiamati, e pochi eletti», osserva: «Perché Dio trae questo, e non trae quello? non cercare di saperlo, se vuoi evi­tare l'errore » 17. È il mistero della predestinazione 18, di cui lo stesso S. Giovanni della Croce dice: « È vero che le anime, qualunque sia la loro capacità, possono aver raggiunta l'unione, ma non tutte la possiedono nel medesimo grado. Dio dispone liberamente di questo grado, come dispone liberamente del grado della visione beatifica» (Salita, II, e. 4). In questo San (xiovanni della Croce parla come il Taulero 19, il Blosio, il Euysbroeck e gli altri grandi mistici.

Finalmente San Giovanni della Croce in Viva Fiamma, 261 str., vers. 5, si espresse più chiaro, di-, cendo: « Qui bisogna spiegare perché siano così pochi quelli che pervengono a quest'alto stato di perfezione e unione con. Dio. Non è certo che Dio voglia limi­tare questa grazia a un piccolo gruppo d'anime supe­riori, anzi è suo desiderio che quest'alta perfezione sìa comune a tutti; quello ch'egli troppo sovente cerca invano sono vasi capaci di contenere una tale per-

" « Quare lume trahat, et illuni non trahat, noli Telle dijudicare, si non vis errare. » (Super Joann., tr. 26). S. Tommaso cita questo testo o dice la stessa cosa,I, q. 23, a. 5, ad. 3.

18 In questo modo il P. Lamballe spiega molto bene questo testo di S. Giovanni della Croce nel suo libro La Oontemplation, p. 70, 72. • " Ct. infra, o. VI, a. V: L'accordo dei Maestri, pag. 594.


424    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

tezione. Egli manda lievi prove ad un'anima, ed ella si mostra debole, sfuggendo tosto ogni soffe­renza... che. ha per scopo di dirozzarla e d'ingen­tilirla. Per cró Dio non continua a purificare tali anime, è a trarle dalla polvere" terrena mortifican­dole... O anime che sognate di camminare tran­quille e consolate nelle vie spirituali, se sapeste quanto è per voi importante l'esser provate per con­seguire siffatta sicurezza e consolazione!». Vedasi Cantico spirituale, IV, str. 39, v. 1 (trad. Hoorn., 2a ed., p. 2'33), dopo la descrizione dell'unione tras­formante: «O anime create per glorie tali... a che pensate voi?. Di che vi occupate? Che triste acce­camento- è il vostro 1 Voi chiudete gli occhi alla più fulgida luce e non 'udite le voci potenti che vi sol­lecitano 1 ».                          '

Già nell'ordine naturale, neppure la metà degli uomini arriva a disciplinare le proprie passioni, quantunque tutti siano a ciò chiamati per la loro stessa natura di esseri ragionevoli. Parimenti, fra. quelli che per lunghi anni studiano una scienza, le matematiche, il diritto, la medicina, neppure la metà arriva ad averne una cognizione profonda; non solo gl'inventori o i genii straordinari sono rari, ma nep­pure son numerosi quelli che, senza inventar nulla, s'assimilano in modo superiore l'acquisto d^una scienza. Così nell'ordine della vita della grazia nemmeno la metà delle anime interiori sono sollevate alla vetta dello sviluppo normale della vita soprannaturale: è un manip.o|k) eletto. «Vi sono molti chiamati, e pochi eletti»,; pOJBQ spesso dice a questo proposito S. Te-l..resa; ma noi dobbiamo umilmente desiderare di far parte di questo fior fiore, come dobbiamo desiderare ' di 'crescere nella carità, senza mettere un limite al suo progresso.

La dottrina secondo la quale tutte le anime in stato di grazia hanno i soccorsi sufficienti e remoti per ar-


_ LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       425-

rivare alla vita mistica, non offre difficoltà ' mag­giori di quell'altra che pure e certa, cioè che tutti' gli uomini, compresi gl'infedeli e i peccatori indu­riti, hanno non solo in generale, ma anche in par­ticolare, i soccorsi sufficienti, per operare la loro sa­lute .                    -       .     .

Esamineremo ora le principali obiezioni che si possono fare, parlando delle condizioni ordinariamente-richieste dalla contemplazione.


426                  PERFEZIONE .CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

articolo IV.

Condizioni ordinariamente richieste alla contemplazione infusa.

Esame delle principali difficoltà relative alla: chiamata generale.

Abbiamo esposte le ragioni che ci fanno ammettere una chiamata generale e remota alla vita mistica per tutte le anime in stato di grazia, benché questa

•chiamata non diventi individuale e prossima se non

•quando si possono risoontrare i tré segni classici dell'inizio della vita mistica, spiegati da S. Giovanni--

•della Croce. Questa chiamata individuale prossima, abbiamo aggiunto, resta sufficiente e inefficace in quelli che vi resistono; negli altri invece è efficace,

•e in due modi, sia che conduca solo ai gradi infe­riori della vita mistica, .sia che conduca più in alto

•e fino all'unione trasformante, sommità dello svi­luppo normale della vita inferiore.

Le tré ragioni principali che abbiamo invocato per affermare la chiamata generale e remota sono: 1° II principio radicale della vita misticai è il medesimo che quello della vita inferiore comune; cioè la grazia delle virtù e dei doni; 2° Nel progresso della vita inferiore, la purificazione dell'anima non può essere completa se non mediante le purificazioni passive, che sono

•d'ordine mistico; 3° La vita mistica è il preludio normale della visione beatifica, fine della vita della grazia.

Questa dottrina, non occorre dirlo, suppone quella

•che abbiamo spiegato più. sopra 1 intorno alla grazia

'O. II, art.III'e IV, pag. 77 e 91.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       427

sufficiente e alla grazia efficace, e che abbiamo rias­sunta con queste parole magistrali di Bossuet: «Im­pariamo a soggiogare la nostra intelligenza davanti all'oscurità divina di questo gran mistero per confes­sare due grazie, di cui l'una (la sufficiente) lascia la volontà senza scusa davanti a Dio, e l'altra (l'ef­ficace) non le permette di gloriarsi in se stessa » 2.

Deve forse recar maraviglia che la tesi tradizio­nale della chiamata generale e remota di tutte le anime giuste alla vita mistica incontri oscurità o difficoltà? Queste difficoltà non sono maggiori di quelle che furono sollevate contro la dottrina comu­nemente insegnata nella Chiesa circa la salute offerta e possibile a tutti gli uomini che hanno l'uso della ragione, anche a quelli che non poterono udire la predicazione del Vangelo; tutti ricevono la grazia sufficiente (almeno remota) ;per giungere alla vita eterna.                ,      .

Se è così, e se la vita mistica è il preludio di quella dell'eternità, perché non ammettere 'la chiamata ge­nerale e remota che difendiamo qui?

Vediamo le principali difficoltà che solleva.

Fu obiettato : 1° Anche ammettendo i principii di @. Tommaso relativi all'aumento della grazia delle virtù e dei doni, se si guardano le cose non in astratto,, ma in concreto, si vede che le condizioni della vita mistica mancano generalmente alle anime cristiane, e ciò senza colpa loro. 2° Non bisogna neppure .di­menticare che certe anime ricevettero solo uno o due talenti, e non cinque. 3° Finalmente la dottrina della chiamata generale, anche remota, sembra di natura tale da spingere gli uni alla presunzione e all'illu­sione, e gli altri allo scoraggiamento. Esaminiamo questi varii punti.

2 bossuet, QSuwes completes, Paria, 1815, t, I. p. 613 (opusc.), e in­dice generale delle opere di Bossuet, alla parola Ordce (resistenza alla grazia).


428     PERFEZIONE OBISTIANA E COBTTEMPLAZIONE

'  Riserviamo all'ultimo òapitolo di quest'opera l'e­same d'altre obiezioni di carattere più teorico, re­lative alla portata stessa dei principii di S. Tom-maso in materia mistica.

§ I.

Le principali condizioni, ordinariamente richieste alla vita mistica, mancano forse generaijnente atte anime inferiori generose ?

Per arrivare alla contemplazione mistica, vi sono, ci si dice, delle condizioni inattuabili per la maggior parte delle anime, per generose che siano. Ci vuole un ambiente speciale come la Certosa o il Oarmelo, dove regna abitualmente il silenzio, la solitudine, lunghe ore di preghiera. In mancanza di questo am­biente, ci vuole un temperamento speciale che in­clini al raccoglimento, all'orazione prolungata. Fi­nalmente ci vuole una direziono appropriata, che orienti sempre più l'anima verso la vita contempla­tiva. Ora queste condizioni mancano generalmente alla maggior parte delle anime inferiori generose, che sono trattenute nel mondo, o a quelle che entrate in religione si trovano in Ordini attivi o anche in Ordini misti. Le cure d'amministrazione, nei su­periori, le necessità del lavoro intellettuale, nel sa­cerdote dedito all'insegnamento, s'oppongono altresì allo sbocciare della vita mistica propriamente detta, anche nelle anime inferiori gelosissime dei loro do­veri.

A ciò risponderemo : 1° -anche se le condizioni sud­dette, difficilmente attuabili per molti, fossero ne-cessariè, non bisognerebbe concluderne: La vita mi­stica non è la vetta normale dello sviluppo della vita della grazia. Bisognerebbe dire soltanto: Per


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       429

raggiungere questa vetta ci vogliono delle condizioni molto difficili ad attuarsi nel mondo o anche in una vita religiosa che non sia ferventissima; come il cedro non raggiunge il sommo del suo sviluppo nor­male se. non in un certo clima e in un certo terreno.

2° Di più le. condizioni enumerate, pur essendo assai utili, non sono le principali. Certo noi ricono­sciamo che l'ambiente esterno ha la sua. importanza, e che vi sono pure dei temperamenti calmi molto .più disposti alla vita conteimplativa di certi tempe­ramenti inquieti e agitati 3. Può anche: darsi, come abbiamo detto, che fra questi ultimi,, anche con una generosità molto grande, certi non arriverebbero alla vita mistica se non dopo un tempo più lungo della durata ordinaria dell'esistenza .quaggiù. Final­mente è certo che spessissimo una cattiva dirczione lascia vegetare le anime o le distoglie dalla contem­plazione infusa, laddove un'altra le orienterebbe net­tamente in questo senso.

Ma queste condizioni, per quanto importanti, re­stano abbastanza esteriori in confronto d'altre che sono le principali. Qui ancora avviene come per la salute, possibile a tutti gli adulti di coscienza, anche a quelli che non nacquero in un ambiente cristiano, che hanno forti inclinazioni al male, e che non poterono udire la predicazione evangelica; se questi fanno generalmente quello che la coscienza loro detta, saranno misteriosamente condotti, di grazia in grazia e di fedeltà in fedeltà, alla vita eterna.

. Prima di tutto, per avanzare nella vita spirituale

' S. tommaso (II-II, a. 182, a. i, ad 3) osserva: «Certi per l'impetuo­sità delle loro passioni sono più atti alla vita attiva..., altri per natura stessa sono calmi e hanno una purezza di onore che li rende più atti alla contemplazione... I primi ooll'eseroizio della vita attiva possono dispersi alla contemplazione, e i secondi, accettando generosamente di dedicarsi a qualche esercizio della vita attiva, possono rendersi più atti alla con­templazione. » Cosicché tutti vi devono tendere come al preludio nor­male della vita del ciclo.


430    PEKFEZIOSE OEÌ8'riAHA E CONTEMPIiAZIONB

e disporsi alla grazia 'della contemplazione/bisogna fare il miglior uso che si può dei grandi mezzi che la CMesa da a tutti. La pratica assidua dei sacra­menti, l'assistenza quotidiana alla santa messa, la comunione frequente, l'amore dell'Eucaristia, la di? vozione allo Spirito Santo, il ricorso filiale e inces­sante al S. Cuore .di Gesù t e alla SS. Vergine, da cui ci viene ogni grazia, ci sono evidentemente ne­cessari.         ',

La contemplazione è uno dei frutti della vera divo­zione a Maria, come spiega il Beato Grignìon di Montfort 5. Senza un grand'amore per Maria, dice egli, non si giunge se non con grandissima difficoltà all'unione a D'io, «bisogna passare per notti oscure, per combattimenti, per agonie strane, per spine pun-gentissime e .attraverso a deserti spaventosi. Ma per la via di Maria si passa più dolcemente e più tran­quillamente. Vi si trovano bensì delle croci, delle grandi difficoltà da vincere, ma la nostra Madre s'accosta così da vicino a' suoi fedeli servitori,... che in verità questa via verginale è una via di rose, nonostante le spine». Essa ci conduce così più fa­cilmente e più sicuramente all'unione divina. Maria, cosa maravigliosal rende la Croce più facile, e più meritoria nel medesimo tempo: più facile, perché ci sostiene colla sua mansuetudine, più meritoria perché ci ottiene maggior carità, che è il principio del me-- rito, e perche offrendo i nostri atti a nostro Signore ne aumenta il valore. Ella stessa colla sua carità sovreminente .meritava più compiendo gli atti più fa­cili che tutti i martiri insieme nel loro supplizio.

Per disporsi alla grazia della contemplazione, un

* Conviene unire sempre più strettamente la divozione al SS. Sa­cramento e quella del S. Cuore in quella del Cuore eucaristico dt Gesù, per rendere grazie a nostro Signore dell'atto di dilezione suprema per cui ci diede l'Eucaristia: " In nnem dilexit eos. »

6 Trattato della vera divozione a Maria, o. IV, a. 5.


•LA. CHIAMATA AL-LA CONTEMPLAZIONE         431

altro gran mezzo alla portata di tutte le anime infe­riori si trova nella liturgia, in un'unione sempre più intima colla grande preghiera della Chiesa: «Le grazie-d'orazione e gli stati mistici hanno il loro tipo e la loro sorgente nella vita ieratica della Chiesa, sono» una rifrazione nelle membra dell'immagine di Cristo-' che è perfetta nel Corpo » 6. La preghiera liturgica. detta con raccoglimento, in unione con nostro Si­gnore e col suo corpo mistico, ci ottiene i santi lumi ed ispirazioni che rischiarano e infiammano il cuore^ Ond'è conveniente. far orazione dopo la salmodia che vi ci dispone, come dopo la santa messa e la comunione conviene prolungare il ringraziamento, e-dargli un'ora se è possibile.

Finalmente la lettura frequente della S. Scrittura.,. lo studio della Dottrina sacra fatto in modo veramente-soprannaturale, è ancora un mezzo'eccellente che dis­pone l'anima alla contemplazione.' Così dicevano co­munemente gli antichi 7, la lectio divina mediante-un pio studio {studium) conduce alla meditazione (me-ditatto), poi alla preghiera (oratio) e finalmente alla» contemplazione {oontemplatio) 8.

.        *   *   *

Ma, non occorre dirlo, per fare un buon uso dei grandi mezzi che la Chiesa propone a tutti, ci vo­gliono certe disposizioni inferiori. E. sono esse che? costituiscono le condizioni principali di solito ri­chieste per la vita mistica 9. .Esse accompagnano-generalmente la chiamata individuale prossima alla.

8 P. cl-ekissac, 0.~P.,Le Mvstèredel'EgUse,p:Ì02. , ' Cf. S. benedetto, Regola, o. xlviii. , 8 II-II, q. 180, a. 3.

' Base però non sono sempre richieste, pèrche a volte la contem­plazione mistica è concessa ad anime ancora assai imperfètte.


432    PERFEZIONE GBISTIANA E COSTEM.PIiA.ZIO'NE

•contemplazione di cui abbiamo parlato sopra; e nelle anime molto generose possono supplire alle condi-

• aloni esterne, se queste ultime sono inattuabili.

Quali sono ? Gli autori, spirituali le riducono molto sovente a cinque: 1° una gran purezza di cuore, 2o la semplicità dello spirito, 3° un'umiltà già pro­fonda, 4" l'amore del raccoglimento e la perseve­ranza nell'orazione, 5° una fervente carità 10.

. Chi può dire : Io non posso avere queste disposizioni interiori, esse sono superiori alle. mie forze e alle .grazie che mi: sono offerte? S. G-irolamo scrive:

«Qualcuno può ben dirmi: Non posso digiunare; ma può egli dire: Non posso amare? TJn altro può dire:

Non posso conservare la verginità, ne vendere tutta la mia roba per darne il prezzo ai poveri ; ma può «egli dire: Non posso amare i miei nemici?... Basta rientrare nel proprio cuore,... perche non è in lon­tane regioni che si trova quello che Dio domanda da .noi» (1. I Comm,. in Matth., e. 5).

All'opposto, per poco che uno s'abbandoni alla ne­gligenza, oh 1 • quanto è facile mancare -alle condi­zioni inferiori che abbiamo enumerate!

La purezza del cuore, di cui parla nostro Signore, quando dice: «Beati i puri di cuore, perche vedranno Dio», è il fr'utto della mortificazione esterna e interna.

•Questo costa assai, è vero; bisogna non avere alcuna affezione al peccato, non si devono più .risparmiare i proprii difetti, ne fare la pace con essi. Bisogna «entrare nella via stretta che conduce alla vera vita,

•e si comprendono più che mai quelle parole: «Molti ' sono chiamati, e pochi sono eletti». Bisogna anche ,'esser pronti a passare per il fuoco della sofferenza, perché la purezza del cuore deve crescere, insieme

•colla contemplazione, mediante le prove purifìcatrici

" filippo bella S. trinità., O, C. D., Swwma Theologiae mysHcae, ultima ecliz,, t. II, p. 305.                   .


LA CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE       433

ctie Dio non manca di mandare a quelli che' desi-, derano umilmente e ardentemente la sua divina in­timità. Egli è geloso, come dice la Scrittura, toglie le persone e le cose a cui l'anima s'attaccherebbe, e la. fa passare per un duro crogiolo per spogliarla di tutte le sue scorie. Quando, le inclinazioni disordi­nate, le turbolenze della sensualità, dell'egoismo, del-l'amor proprio, dell'orgoglio intellettuale e spirituale, sono scomparse, il, cuore purificato è come un limpido specchio in cui si riflette la bellezza di Dio. Ora chi può dire: Io non posso avere il cuor puro?

La semplicità dello spirito nasce da questa purezza del cuore, e, com'essa, dev'essere vivamente deside­rata da 'tutti. La Scrittura ne parla sovente: «II Signore parla colle anime semplici » 11 ; « Se il tuo occhio e, semplice, tutto il tuo corpo sarà, illumi­nato » la; « Siate prudenti come i serpenti, e sem­plici come le colombe» 13. Senza questa condizione, è impossibile avere in un alto grado la sapienza, •che s'impara da Dio senza secondi fini, «q.uam sine fìctione didici » 14'.

Questa semplicità di spirito non consiste eviden­temente nel dire a vanvera tutto ciò che ci passa per la mente e per il cuore, a rischio di contradi^ci da oggi a domani, quando fossero mutate le circo­stanze e le impressioni. Questo, nonostante certe ap­parenze, è tutto l'opposto della semplicità, è la con­fusione, il disordine, l'incoerenza e la divagazione.. La semplicità di cui parliamo, partecipazione di quella di Dio, consiste già nel vedere in Lui tutte le cose, tutti gli avvenimenti prosperi o avversi, tutte le per­sone, amiche o nemiche, tutto quello che noi abbiamo da fare di piacevole o di penoso. Da ciò nasce una grande unità di spirito, si vedono dall'alto tutte le

" Prov., m, 32.                    " matth., X, 16. " m;atth., iv, 22.                  " gap., VII, 13.

28 — Perfezione e Contemplasione.


434    PERFEZIONE CEISTIAIIA E CONTEMPLAZIONE

cose come volute o almeno permesse da Dio per la.' sua gloria e per quella de' suoi eletti. Ora è chiaro che noi tutti dobbiamo : aspirare a quest'unità e sem-' plicità superiore dello spirito.; essa suppone che il dono della sua sapienza sia già sviluppato in noi, e l'anima che la possiede non solo in certe ore, ma. abitualmente, sia assai vicina alla contemplazione mistica, se pure già non l'ha.      . '

Questa semplicità si manifesta mediante una gran rettitudine di vita; sotto questo aspetto S. Tommaso ne parla a proposito della virtù della verità ossia veracità opposta alla menzogna. «La semplicità, dice egli, è opposta alla doppiezza, per cui uno si mostra diverso da quello che è internamente ». È una perfetta. dirittura, ed anche un certo candore, nel senso buono della parola, che c'inclina a confessare assai facil­mente i nostri ^ difetti, perché non cessiamo di vedere l'unico .necessario al disopra di tutto. L'avere general­mente nelle nostre relazioni coi nostri simili la sem­plicità della colomba e, quello che è più, saperla conciliare, senza diminuirla, colla prudenza del ser­pente, è un essere già assai illuminato dalla luce. della divina sapienza, ed è una disposizione prossima, alla contemplazione mistica. Ora chi può dire che questa semplicità superiore non sia generalmente alla portata delle anime generose?

•L'umiltà del cuore, al pari delle precedenti dispo­sizioni, non è cosa inaccessibile, ed anch'essa nasce da loro, alla vista della distanza che separa l'infinita. perfezione di'Dio dal nulla della creatura, incapace per sé sola di esistere, di operare, di dirigersi come si deve. Colui che ha questa virtù in un grado già elevato, <;olui che è lieto di .riconoscere il suo nulla e la sua abiezione davanti a Dio, colui che brama d'essere nulla perche Dio sia tutto, colui che ama d'umiliarsi davanti a ciò che vi è di divino in ogni altra anima, questi è disposto alla grazia della.


•LA. CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        435

contemplazione. «O Padre, disse nostro Signore, ti ringrazio d'aver nascosto queste cose ai prudenti e ai sapienti e d'averle rivelate ai piccoli» 15. «Se non diventerete come bambini, non entrerete nel regno de' cieli» 16; ma se voi diventate bambini., vi entrerete, ed è per mezzo della contemplazione che vi si entra in modo quasi sperimentale fin di quaggiù. «Prendete il mio giogo e ricevete la .mia dottrina, perché io sono mansueto ed umile di .cuore, e trove-,;

rete il riposo delle anime vostre » 17 ; questo riposo dell'anima si trova soprattutto nella contemplazione amante. «Dio resiste ai superbi e da la grazia agli umili» 18, e li fa umili per ricolmarli. Quest'umiltà dispone alla contemplazione, perché essa canta già la gloria di Dio. Se vi sono pochi contemplativi, dice l'Imitazione, è specialmente perché vi sono poche anime profondamente umili. Per ricevere la grazia della contemplazione, bisogna generalmente aver fatto un atto profondo di vera umiltà, un atto che ha la sua ripercussione sopra tutta la vita. Quando un'a­nima ha riconosciuto spesso e praticamente che tutta la sua esistenza dipende assolutamente da Dio, ch'ella non sussiste se non per mezzo di Lui, che non agisce bene se non colla sua grazia, la quale opera in noi il volere e il fare, ch'ella non si dirige bene se non mediante là sua luce, ch'ella di per sé spessissimo non ha fatto altro che peccare, che è una serva inu­tile e spregevole, allora arriva generalmente a rice­vere la grazia di cui noi parliamo.

L'amore del raccoglimento, la fedeltà alla grazia del momento presente e la perseveranza nell'orazione sono ancora disposizioni che non potrebbero mancare alle anime veramente generose. Certo qui bisogna saper reagire contro l'agitazione di ciò che oggidì si chiama

" matte., xi, 25.                 " matth., XI, 29. " matth., xvin, 3.               " jac.. iv, 6.


436    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

spesso vita intensa. Non è, vita, ina una febbre, una

.malattia che dispone alla morte; è il materialismo in azione, • che, dopo essersi sviato da Dio e dalla vera

'vita dello spirito, ne cerca l'equivalente nell'ordine delle cose materiali, moltiplicandole quanto più è possibile, e rendendo sempre più intensa l'attività che vi si spende sovente in pura perdita. Si ha un bei moltipllcare il finito , e .voler percorrerlo tutto ciuanto in una corsa pazza, ma esso non sarà mai l'equivalente dell'Infinito. Agli occhi del vero contemplativo, questi partigiani della vita intensa devono apparire come cadaveri ambulanti, come morti i quali sembrano correre, secondo il ritor­nello della ballata: « urrà, urrà, i morti vanno all'im­pazzata... ».       ...      ,             •.,.',

«Bisogna forse maravigliarsi del .deperimento della fede, dice un recente traduttore del Taulero, quando non si ha più il tempo di pensarvi? Il materiale ha soffocato lo spirituale, Eppure, siccome vi è sempre nel cuore dell'uomo il desiderio di Dio e il suo de­stino non, è cambiato, regna oggi più che mai un malessere indefinibile, le anime muoiono e soffrono del desiderio incosciente e della sete dell'Infinito» 19. Questo disagio deve per reazione suscitare molte vocazioni contemplative. Ciò è importante per la. dottrina qui esposta, cioè che un cattivo ambiente provoca nei buoni una reazione' salutare. :

II materialismo in azione s'estende, purtroppo ! alle cose dello spirito e a molte anime impedisce di credere che sono chiamate alla contemplazione,;- le distoglie dal raccoglimento e dalla perseveranza .nel­l'orazione. Difatti, anche circa le cose sacre vi è una scienza materializzata, una scienza a peso, che, in vece d'un giudizio dottrinale fondato sui principii,

" Ot. (Euvres de Tauler, tradotte dal P. Noel, O. P.,t. IV, p. 215-216 (nota del Traduttore).


A CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        437

ci fornisce un cumulo d'informazioni materiali, spesso inutili, che non si arriva a ordinare e a classificare. Pare che quanto più ce n'entra tanto più la scienza cresca, e in realtà questa moltip licita del tutto ma-'teriale -ci allontana dall'unificazione del sapere, da quella veduta superiore d'insieme, che merita il nome di sapienza e quello di contemplazione, quando sia accompagnata dall'amor di Dio.             ,

• .È certo che se si vuole studiare il presente problema della chiamata generale 'delle anime alla vita mistica secondo isoli metodi di questa scienza materializzata, non. si verrà mai. a capo d'una solu­zione dottrinale, si dichiarerà che non si può con­cludere, e questo scetticismo non sarà certamente una superiorità. La cosa sarà affatto diversa se si studia questo problema alla luce della sapienza teologica, nelle opere dei Maestri, dei grandi, ed anche alla luce del dono della sapienza, poiché è di esso spe­cialmente che si tratta nella presente questione.

Qui circa i pericoli d'uno studio tutto materializzato, per un'anima religiosa che dovrebbe aspirare alla contemplazione, giova assai ricordare l'insegnamento del Taulero. Parlando anche dei religiosi, egli os­serva che certuni sono come cisterne, che ricevono soltanto l'acqua dei tetti, e non quella che viene dalla sorgente d'acqua viva. Nessuna vita inferiore, tutto e all'esterno, donde nasce l'orgoglio. Son cisterne, dice egli, cedesti intellettuali infatuati di sé, della loro intelligenza tutta nutrita dalle immagini delle creature; tutto questo non regge alle. prove e sarà 'confuso in punto di morte 20.

. Spiegando altrove la parabola degl'invitati che non vollero venire al banchetto del: padre di famiglia,

" Vedasi tacleeo, Primo Sermone sopra l'Ascensione, ed. Noel, t. II, p. 401.             '


438    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

egli dice: « Ohi chi potrebbe ai giorni nostri contare gli uomini che agiscono così?...: Non si vede che gente preoccupata de' suoi affari, e non parlo solo dei secolari, ma anche degli ecclesiastici e dei reli­giosi. Quanti negozi, e innumerevoli occupazioni dis­traggono e assorbono continuamente il mondo! Quando:

vi si pensa, vengono davvero le vertigini! Siamo cir­condati da tante cose diverse... Certamente basterebbe la decima parte di tutto questo, perché infine il tempo che passiamo quaggiù è così breve, così incerto .1 Do­vremmo rammentarci che questa vita è solo un pas­saggio alla eternità, e allora noi faremmo un uso moderato delle cose temporali e ci contenteremmo del necessario alla vita. Che dico? Sarebbe meglio morir di fame, in mezzo alla strada, piuttosto che lasciarci ingombrare e crocifiggere da così innumerevoli oc­cupazioni » 21.                      -,....

Il Taulero parla qui, non certamente del lavoro apostolico che è l'irradiamento della vita inferiore, ma d'innumerevoli occupazioni inutili o per lo meno non santificate. E se quello ch'egli; scrive era vero del suo tempo, che dire del nostro? .Non reca mara-viglia che in simili condizioni, sia scarso il numero delle anime che arrivano alla contemplazione. Ma queste condizioni sono il disordine stesso, che dis­toglie dal raccoglimento e dall'orazione necessaria ad ogni vita inferiore. Allora si capisce pur troppo perché nostro Signore, alla fine della parabola degli invitati, disse : « Molti sono chiamati, e pochi sono eletti».

All'opposto, in una vita cristiana normale, anche nel mondo, non succede così; le anime generose, senza troppe difficoltà, giungono, per mezzo della meditazione, a un'orazione affettiva semplicissima e

21 tauleko, Secondo Sermone aulla 20" Dom. dopo la SS. Trinità, trad. Noel, t. IV, p. 215.


LA CHIAMATA ALLA. CONTEMPLAZIONE       439

spontanea. Ora questa è un'eccellente disposizione alla, contemplazione mistica o infusa 22.

L'ultima di queste disposizioni è una fervente carità per Dio e per il prossimo. L'amor di Dio infatti ci unisce a Lui, e i doni dello Spirito Santo, principii della contemplazione infusa, essendo connessi colla carità, si sviluppano con essa, come abbiamo detto. « II dono della sapienza in particolare giudica delle cose divine, mediante una certa connaturalità con •esse, connaturalità fondata sulla carità che ci unisce a, Dio» 23. Non si concepisce adunque che un'anima arrivi ad un'alta carità, senza avere un grado pro­porzionato del dono della sapienza, come disposizione abituate; ora lo Spirito Santo, ripetiamolo, ispira e illumina generalmente le anime secondo il grado della loro docilità abituale. Non solo queste, anime desiderano ardentemente e domandano umilmente la grazia, della contemplazione, che farà crescere il loro amore e la loro adorazione, ma esse non possono. trattenersi dal dire: «Dio è così bello, tutto in Lui merita l'ammirazione fino a dimenticar tutto, per non compiacersi se non in Lui. Che pena al cuore il vedere quanto poco è Egli conosciuto, quanto poche anime ammirano la sua infinita grandezza 1 Quanti cristiani l'amerebbero, se conoscessero sperimental­mente la sua bontà e la sua tenerezza, così diversa da ciò che generalmente s'intende con questa parolai L'amerebbero fino a dimenticare totalmente sé stessi e il mondo, per ritrovare tutte le anime in Lui, come esse sono amate da Lui».

88 I teologi ohe seguono S. Tommaso e S. Giovanni della Croce non •ammisero mai che la contemplazione detta acquisita sia quaggiù il termine del progresso spirituale, ma vedono in essa una disposizione prossima alla contemplazione infusa. Essi si accordano nel dire con Filippo della S. Trinità, Summa theol. myst., t. II, p. 309 : « Contemplatio acquisita cum auxilio gratiae comparata, est optima dispositi» ad con-templationem supernaturalem «.

8' II-II, q, 45, a. 2.


440     PEBtFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Con ciò si spiega come la grazia della contempla­zione infusa è ordinariamente accordata ai perfetti, come insegnano molti teologi 2t. I perfetti infatti meritarono in senso stretto (de condigno) un grado elevato del dono della sapienza, considerato come dis­posizione abituale, e meritarono almeno in senso. largo (saltem de congrua) 25 le ispirazióni attuali superiori proporzionate a questo grado del dono della sapienza 26.

Si vede adunque che le principali condizioni di solito richieste alla vita mistica non mancano gene­ralmente alle anime inferiori veramente generose,. anche se sono trattenute nel mondo e non possono godere il silenzio e la solitudine del chiostro. Ad esempio di S. Caterina da Siena, esse possono farsi una cella ulterióre nel loro cuore, e trovarvi Iddio-

§ n.

Ostacoli speciali alla contemplazione.

Quelle anime che non ricevettero la grazia della contemplazione, dopo aver letto quello che precede, possono domandarsi: Non. vi è forse qualche impe­dimento da parte mia?

L'impedimento viene sempre, da un attacco disor-' dinato, da una proprietà. In molte anime esso è nella volontà, esse scelgono la' loro via, vogliono andare a Dio con dati mezzi ed esigono per così dire che D,io

24 Ct. filippo della S. trinità, O. D., Summa Theol. mvst., t. II, tr. 3, a. 6, p. 310, e antonujs a spirito sanoto, O. D., valloornera, O. P., ohe dicono esattamente lo stesso, nel medesimo luogo della loro Teologia Mistica, che segue la divisione di quella di Filippo.

" ÌS la medesima espressione dei teologi che abbiamo citato; cf. Fi­lippo, itiid., p. 311.                                           ,

" È la principal ragione per cui non possiamo ammettere la tesi re­centemente sostenuta da Mona. Farges e dal Sig. Pourrat, i quali consi­derano la contemplazione mistica come straordinaria eli sua natura.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        441

venga da loro in quel dato modo, fanno molto as­segnamento sopra la loro attività propria, non la­sciano operare Dio in loro, e vogliono edificare da sé stesse la loro perfezione. Un non minore impedi­mento è volere dirigere quello che non si ha mis­sione di dirigere, con rischio di opporsi più o meno' coscientemente alla dirczione superiore dello Spi­rito Santo. Il volere farsi centro, il volere che il bene­sta fatto, ma da noi, o per lo meno dalla nostra. religiosa famiglia, dal nostro convento a modo nostro,. ecco quello che dispone poco alla contemplazione che è appunto caratterizzata dalla maniera di Dio. «Ti ringrazio, o Padre, perché hai nascoste queste cose;

ai prudenti e ai sapienti e le hai rivelate ai pic­coli». Nei più poveri conventini, che non sembrano-avere alcuna influenza, si trovano alle volte le anime;

più contemplative e più sante.

In altri l'impedimento .è nello spirito; esse pre­tendono di analizzar- tutto psicologicamente, di re^ gistrar tutto, per valutare' ,i loro piccoli progressi.. Guardano così sé stesse, invece di guardare Iddio. Certo la cognizione di sé è sempre necessaria, .anche-negli stati più elevati ,27, ma questo sguardo sopra di sé non dev'essere separato dallo sguardo sopra Dio. Il miglior modo. di esaminarsi non è forse il dire a se stesso con tutta sincerità dal fondo del cuore: Di tutta questa giornata che cosa resta scritto» nel libro della vita? Allora sotto la luce divina si compie quello che chiedeva S. Agostino: «Ch'io co­nosca voi, o Signore, e conosca me stesso». — «A parer mio, dice S.. Teresa, noi, non arriveremo mai a. conoscerei bene se non ci .sforziamo di conoscere Dio, ed è col'contemplare le, sue grandezze che noi

87 S. teresa, Castello, 1 Mansione, o. n, p. 55: « Questo conoscimento» di gè è talmente necessario, anche alle anime ammesse da,Dio nella sua. propria dimora, che, per elevate che slano, non devono mai dipartirsene» Del resto, guand'anohe lo volessero, non lo potrebbero, n


442    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

scopriremo la nostra bassezza... Se invece mai non usciamo dal fango delle nostre miserie, ne risulte­ranno molti inconvenienti... Il conoscimento di noi «tessi devia, e se mai non usciamo dal nostro proprio fondo, io non ne faccio punto le maraviglie: questo male si ha da temere ed altri più grandi ancora. Per la qual oosa io dico, figlie mie, che noi dobbiamo fis­sare i nostri occhi su Gesù Cristo, nostro tesoro, e sui santi; è lì che noi impariamo l'umiltà vera. Per questa via, ripeto, il nostro intelletto si, nobiliterà,

•e il conoscimento di noi stessi cesserà di renderci timidi e striscianti» 28.    .       • .

Fra quelli che si analizzai troppo, certi lasciano la loro orazione per sapere se essa è ben conforme alle descrizioni degli autori, e. a qual grado sono pervenuti. Altri si figurano che basti conoscere ester­namente queste cose per viverne, e pretendono di fare da sé stessi .« lo spogliamente, il vuoto », e si espongono così ad ogni sorta d'illusioni; confondono una semplice speculazione intellettuale sulla Deità, superiore alle perfezioni divine che essa contiene nella sua eminenza, speculazione alla portata d'ogni filosofo, anche in stato di peccato mortale, colla con­templazione infusa descritta da Dionigi là dov'egli parla delle grandi tenebre 29. Dimenticano che il principio che porta alla contemplazione cristiana è l'amore di Dio per lui stesso; e si perdono in astratte

•speculazioni e non comprendono l'amore di Cristo, Così, con molto orgoglio incosciente, potrebbero fare una strada completamente falsa e far capo alla con­templazione teosofica o buddistica.

Certe anime finalmente sembrano sotto certi rispetti meglio preparate, perché esse lascierebbero volentieri

; " Castello, I Mansione, e. il, p. 55-57.

" Sarebbe appunto un dimenticare che la cognizione infusa è infusa, •ohe suppone un'ispirazione speciale dello Spirito Santo e che procede non dall'amore .delle gioie della cognizione, ma dall'amore di Dio.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        443

fare a Dio, e non si piccano di capir tutto, tna il loro cuore cerca in Dio il godimento più che Dio stesso;

allora esse provano una disillusione; perché è un Dio crocifisso che noi dobbiamo amare, e l'intimità con lui si trova sovente nella sofferenza. Certo la gioia viene dopo e una felicità senza pari, ma non è questo;

che bisogna cercare.                     -   .

Vi sono delle anime che opposero alla grazia di Dio tutti questi ostacoli e ch'ebbero la fortuna di ve­derli tutti da Lui rovesciati per mostrare una volta di più ch'egli venne per cercare i peccatori e salvare • ciò ch'era perduto. L'intimità dell'orazione era forse necessaria alla loro salute; se esse non l'avessero ot­tenuta, avrebbero forse voluto godere delle loro fa­coltà per sé stesse e trovare in un amore .vietato o nelle soddisfazioni dell'orgoglio quello che esiste solamente nell'amor divino. Il rinchiudersi in se stesso alle volte è uno; sprecare tesori inapprezzabili;

diciamo al Signore : « Signore, prendetemi a me stesso e datemi la forza di darmi pienamente a voi».

§ IIL

Che cosa pensare delle anime che non ricevettero se non uno o due talenti ?

J5 moralmente possibile a queste anime il pervenire all'intimità divina di cui parliamo ? Quand'anche non potessero pervenirvi se non molto difficilmente, non ne seguirebbe che questa divina intimità sia qualcosa di straordinario di sua natura. Non tutte le querce d'una foresta toccano il sommo del loro sviluppo normale, ve ne sono che s'arrestano a piccola altezza. Qualcosa d'analogo vi è nell'ordine spirituale. Dio getta nelle anime il seme divino più o meno bello, secondo il suo beneplacito, e questo seme trova a volte degli ostacoli


444    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

tali che è assai difficile ch'esso raggiunga' 'tutto il suo. ^sviluppo normale.,        .

Bisogna tuttavia ricordare quello che dice S.'- Toni-maso : « La minima grazia può resistere a qualsivoglia tentazione della concupiscenza». 30; vale a d-ire, la minima grazia sufficiente da • questo potere, e la mi­nima grazia efficace lo fa passare all'atto. Come osservano il Gaetano 31, il G-onet s2 e molti altri to­rnisti, ciò si verifica della minima grazia sufficiente presa in sé, ma forse non di questa grazia in quanto essa è in un soggetto ad un tempo debolissimo e tentatissimo. Così il calore dell'acqua bollente scaccia il freddo, ma non essendo t'acqua il suo soggetto na­turale, esso medesimo è scacciato dal freddo, se non si mantiene il fuoco.

Bisogna anche aggiungere che a questo anime meno .favorite è però offerto il sacramento dell'Eucaristia, ch'esse possono ricevere spesso e con un fervore di volontà che deve crescere. Perché non potrebbero così, colla fedeltà quotidiana, giungere al termine d'una lunga vita, almeno ai gradi inferiori della vita mistica? Forse, come. si dice nella parabola del se­minatore, daranno il trenta per uno, laddove altri daranno il sessanta e il cento per uno 33. Non bisogna neppure dimenticare la parabola degli operai dell'ul­tima ora, che per riconoscenza lavorarono tanto di buon animò' da meritare la medesima ricompensa di quelli che -avevano lavorato dal mattino. Ricordiamo ancora il buon ladrone e le, grazie che dovette rice­vere ascoltando queste parole di Cristo morente:

«In verità ti dico, oggi tu sarai, meco in Paradiso». Finalmente bisogna rammentare che la maggior parte

. "" III, a. 62, a. 6, ad 3: « Minima gratta potest resistere ouilibet fioncupisoentiae. ». "" oajbtanus, in I-II, q. 109, a. 9, n. iv.                 .

*2 gonet, Olypeus fheol. thom., de Orat'ia, disp. I, a. 6, § 2, n. 305.

»3 Or. supra, p. 382.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE      • 44o

degli eletti passano per il purgatorio dopo la loro morte, e ciò per colpa loro, cioè 'a cagione delle ne­gligenze che impedironola perfetta. purificazione, .a cui colla grazia potevano giungere in questa vita 84. Cf. infra, p. 455 ss.

" Su questo punto ci tu chiesta una spiegazione. Ecco quello che noi vogliamo dire : secondo la tradizione cristiana ci vuole una purezza asso­luta per entrare in oielo ; tutta la ruggine e la polvere incrostata nell'a-;

nima dev'esser tolta via perché questa sia elevata alla visione beatifica, cioè, a vedere Iddio com'egli vede se stesso! Questa purificazione deve dunque abbracciare non solo la sensibilità, ma anche lo spirito;

perciò, come dimostra S. Giovanni della Croce (Notte, 1. II, o. xx), l'anima non è perfetta se non è passata per quello ch'egli chiama la doppia notte passiva dei sensi e dello spirito. Non reca dunque maraviglia il vedere ch'egli, a proposito delle anime che attraversarono la dolorosa notte dello spirito, scrive : 11 Se, non 'passano per il purgatorio, lo devono alla loro 'perfetta 'purificazione per messo dell'amore » (Ibid.). Noi ab­biamo citato sopra, p. 395 nota, parole pressoché simili del Tauleró, ^ S. Tommaso dice (C. Gentes, 1. IV, e. 91) : « Ad visionem Dei creatura rationalis elevari non potest, nisi totaliter fuerit depurata... unde dicitur, de Sapientia quod nihil inquinatum, in ea incurrit. » II santo Dottore 'crede anche che le pene del purgatorio siano ben maggiori di quelle di

•questa vita. — Vedasi parimenti il Trattato del purgatorio di S. Cate- , rina da Genova.

Perciò abbiamo detto che ordinariamente ossia come 'principio, per evitare il purgatorio, in cui non si merita più, bisogna prima della morte essere passati meritando per le purificazioni passive dei sensi e dello spirito, le quali sole assicurano la 'perfetta e stabile purezza dell'anima, tanto nella sua parte superiore come nell'inferiore.

Si dirà forse: allora che cosa si deve pensare di tante anime cristiane a cui il mondo della vita spirituale non rappresenta che un'illusione, ;ó per le quali la vita d'orazione è una vana speranza? Che pensare della gente del popolo ohe non ha il tempo d'istruirsi su queste cose, ne lo spirito abbastanza aperto per intenderle, o di quelli meglio dotati a

•cui mancarono il tempo o le circostanze favorevoli? Finalmente Iddio non da a tutti un temperamento propenso all'eroismo necessario per subire le purificazioni passive dello spirito.                          , -A ciò bisogna rispondere:                                       ' 1" Quello che abbiamo detto con S. Giovanni della Croce, noi l'atEei;-miamo come vero ordinariamente o come 'principio. E questo è lo stesso che dire che vi sono eccezioni, ed eccezioni che confermano la regola. Le abbiamo già notate: per esempio, i bambini morti subito dopo 11 battesimo, o un religioso morto subito dopo la sua professione per­petua fatta con gran fervore. Ma se il bambino o questo religioso aves­sero continuato a vivere, sarebbero probabilmente caduti in colpe ed imperfezioni, che avrebbero resa necessaria la purificazione perfetta di cui abbiamo parlato; sono in un certo senso morti in buon punto


446                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

§ IV.

Questa dottrina sarebbe forse di natura tale da incli­nare gli uni alla presunzione, e gli altri allo scorag-giamento ?

Ammettere una chiamata generale e remota di tutte le anime giuste alla vita mistica, non è forse un indurne certune a simulare prima del tempo" l'ora­zione passiva, la qual cosa le condurrebbe al quie­tismo o al semiquietismo? e non è forse uno sco­raggiarne certe altre, le quali, nonostante la loro generosità, non trovando in se i segni dell'orazione passiva, crederanno di non. poter mai giungere alla piena perfezione della vita cristiana?

Quest'obiezione disconosce.. il vero senso della dot­trina da noi esposta, o riguarda solo le cattive ap­plicazioni che un direttore imprùdente ne potrebbe fare.                                           ,,-

Ciò apparisce dalla risposta data da 8. Tommaso

In modo accidentale, prima d'essere arrivati ad ima perfezione stabile, ,enon avranno in cielo un grado di gloria così elevato come se avessero continuato a vivere meritando.

Vi sono degli equivalenti delle purificazioni passive, per esempio 11 martirio, o una contrizione intensissima, come quella che dovette avere il buon ladrone così vicino a Gesù morente.

3° Di più, le pene del purgatorio possono essere sia intensissime e • ìirevi, sia più lunghe e meno violente, come le purificazioni passive In questa vita.

4° Molte anime abbastanza buone naturalmente, ma senza fervore di volontà e chiuse alle cose spirituali, quasi senza acoorgersene, hanno molti difetti, e se muoiono così senza avere avuto una contrizione sem­plicemente sufticiente, esse avranno certo molto da soffrire per arrivare alla perfetta purezza necessaria per entrare in clelo.

5° Finalmente le purificazioni passive sopra la terra possono essere per molti meno dolorose di quelle sopportate dai grandi santi, poiché in essi questi patimenti sono proporzionati non solo alle imperfezioni da fare scomparire, ma anche all'altissimo grado di carità, di vita ripara-trice e apostolica a cui Dio le vuole condurre.


LA'CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       447

ad un'obiezione sinule contro la convenienza dei voti, e cioè che chi fa un. voto si espone a peccare contro questo voto, dunque non conviene che lo faccia. —-«Se il pericolo, dice S. Tommaso 36, deriva dal fatto stesso, : allora non convien agire così, per esem­pio passare sopra un ponte che minaccia rovina;

ma se il pericolo proviene non dalla cosa stessa, ma. dal cattivo uso che possiamo farne accidentalmente, la cosa non resta meno conveniente in sé; così con­viene andare a cavallo, benché a volte vi sia pericolo di cadere; altrimenti bisognerebbe astenersi da tutte le cose buone, che possono accidentalmente divenire-pericolose. Onde sta scritto nell'Ecclesiaste, xi, 4:

Chi osserva il vento non seminerà, e chi interrogai le nuvole non mieterà ». — Bisogna forse rinun-ziare all'uso dei coltelli perché alle volte qualcuno-si ferisce? I voti sono forse un ostacolo alla per­fezione, perché facendoli uno 'si espone indirettamente-a violarli qualche volta? E bisogna forse temere di spingere le anime ferventi a desiderare umilmente la vera vita mistica, per il fatto che ve n'è un» falsa? Bisogna egli rinunziare ad un grandissimo-bene per timore di qualche inconveniente acciden­tale che può presentarsi?

Che cosa ci dice S. Teresa di. quelli che giudicano» pericolosa la via d'orazione e il desiderio di bere;

alla fonte, d'acqua viva? Ella risponde nel Cammino' della Perfezione, e. 21: «II pericolo è la mancanza d'umiltà e delle altre virtù; ma il cammino dell'ora­zione, un cammino pericoloso? Mai! Dio non voglia! È certo il demonio che inventò tutti questi terrori, ed egli fu così astuto- da far cadere alcune persone-che in apparenza erano anime d'orazione... Dunque» sorelle mie, smettete tutti codesti terrori, e, in si­mile materia, non fate conto alcuno dell'opinione del

" ii-n, ci. ss,, a. 4.


44:8    PERFEZIONE -CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

volgo... Ancora uria volta, lasciate i timori là dove non c'è nulla da. temere». E nella medesima opera, ,.c. 39, aggiunge: « Evitate anche, figliuole mie, una '•certa umiltà piena d'inquietudini che il demonio ci ispira a proposito della gravita delle nostre colpe. È un mezzo di cui egli si serve per cagionare ambasce

-d'ogni genere, per allontanare anche dalla comunione e da ogni orazione speciale, col pretesto di non,

-esserne degni» 36. Parlando altrove di quelli che ispirano questi vani timori, ella dice: «Io conosco pure questi mezzi dottori, sempre ombrosi. Essi mi

-costarono assai caro! » 31.

La dottrina da noi esposta non è per nulla peri­colosa in sé, ne nelle applicazioni che ne farà un prudente direttore. Essa si compendia in queste due proposizioni d'un Carmelitano assai rioto per il suo

-corso di Teologia mistica, Giuseppe dello Spirito Santo, proposizioni ch'egli da giustamente come l'es­pressione della dottrina tradizionale : « Se trattasi della

-contemplazione infusa, presa, nel, senso di rapimento, 4'estasi o di favori simili, noi non possiamo ne appli-carvici, ne chiederla a Dio; .ne desiderarla. Ma s'è trattasi della stessa contemplazione infusa, come atto di contemplazione, benché .non possiamo certo averla mediante la nostra propria attività aiutata dalla-.grazia, noi possiamo aspirare ad essa, desiderandola

-ardentemente e domandandola umilmente a Dio» ss.

'" Traduzione dei Carmelitani.

i" Castello, V mans., e. i.  ,

" iosbph a spibitu sancto, Cursus fheologiae mystwo-scholasticae, iìoid.us II, II Praed., disp. xi, q. 2, conci. 2 et 3, p. 224: « Ad contempla-iìonem infusam, sumptam •prò raptu, extasi slmilibusque favoribus non 'possum.us nos applicare, neo illam a Deo potere, nec illam desiderare <n. 18). — Non poasumus ad contemplationem infusam conari, quasi. nostra industria habendam, sumpta contemplatione infusa prò i'pso actu 'contem'platwnis, possumus tamen ad illam aspirare, ipsamque ardiinter desiderantes et humiUter a Deo petentes » (n. 23). — Giuseppe dello Spi-, rito Santo aggiunge che quest'ultima conclusione è ammessa da Alvarez de Paz, Filippo della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, Vallgor-


LA CHIAMATA ALLA OONTEMPLAZIÒS-E        449

L'unione di queste due .paròle ardenter e hutmiiter ricorda il fortiter et suaviter della S. Scrittura, ed è la soluzione del problema mediante la conciliazione così bene spiegata da S. Tommaso dell'umiltà, che ci ricorda la nostra miseria, inclinandoci profonda-. mente davanti a Dio, e della magnanimità, che ci fa. aspirare alle grandi cose, all'intimità divina, che Dio ci offre 39. Il cristiano deve aspirare vivamente a queste grandi .cose, e, disponendovisi mediante una fedeltà sempre, più perfetta, aspettarle umilmente dalla divina 'misericordia. Nel presente articolo ab­biamo particolarmente insistito sull'umiltà che 'cor­regge la presunzione, e sul desiderio di speranza: e di carità, che,, unito all'oblio di sé, corregge lo sco-raggiamento. Eicordiamo che,' a motivo della con­nessione delle virtù, non si può essere profondamente umili senza essere molto magnanimi, come lo dimostra la vita dei santi; noi portiamo infatti un tesoro prezio­sissimo, la grazia e la S. Trinità, in un vaso fra-^ilissimo, secondo l'espressione di S. Paolo; e quanto più si conosce la fragilità del vaso, tanto più ancora si stima il pregio del tesoro, e tanto più si aspira

nera e comunemente dai mietici, communiter mystici; e ch'egli non può» -capire perché Antonio dell'Annunciazione, altro Carmelitano, nella sua IHsceptaHo mystica, collochi la contemplazione infusa tra le grazie sratis datae. È una gran confusione, dice egli, zbid., p. 236, "magnani aequivocationem paasus est », e una falsa interpretazione del passo di san Tommaso, II-II, q. 45, a. 5. Ct. I-II, q. Ili, a. 4, ad 4, e in I Cor. xn, 8.

" Sulla conciliazione della pia protonda umiltà e della più alta ma­gnanimità, tal quale si trova nell'anima dei santi, vedasi S. Tommaso ^II-II, q,. 129, a. 3, ad 4): «La magnanimità porta l'uomo ad aspirare a grandi cose, tacendogli considerare i doni ch'egli ha già ricevuto da Dio... L'umiltà inclina l'uomo a deprezzarsi, tacendogli considerare i suoi proprii ditetti. La magnanimità disprezza negli altri il peccato che li avia da Dio, e non li apprezza fino al punto da far per essi più che non convenga. L'umiltà onora gli altri e li stima superiori, considerando in essi i doni di Dio », sempre sommamente superiori a quello ohe Bolliamo da noi stessi, vale a dire alla nostra indigenza e ai nostri difetti perso­nali. Queste due virtù adunque non sono contrarie se non In appa­renza, e non già in realtà come il vizio e la virtù.

29 — Perfezione e Contewiplaziffne.


450    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

a vivere intimamente di esso. Ecco ciò che fanno ve­dere le purificazioni passive, stato mistico, che, lungi dall'inorgoglire, umilia profondamente, e senza U quale si perviene difficilmente ad amare di essere nulla, perché Dio sia tutto : « ama nesciri et prò nihilo reputari».

, La dottrina che porterebbe alla presunzione è quella che sostenesse tutte le anime inferiori essere chia­mate alla vita mistica, non solo in modo generale e remoto, ma anche in modo individuale e prossimo. Allora il direttore dovrebibe consigliare alle anime il riposo dell'orazione passiva, anche prima d'aver in esse riscontrato i tré segni enumerati da S. Gio­vanni della Croce e di . cui abbiamo parlato sopra, p. 414 ss. Si finirebbe così nel quietismo.

La dottrina che porterebbe allo scoraggiamentoè. quella che sostenesse le anime inferiori non essere generalmente chiamate, anche in modo remoto, al­l'intimità divina della vita mistica. Allora si trat­terrebbero molte. anime nelle forme inferiori della. vita spirituale, e molte, nonostante la loro genero­sità, dispererebbero di arrivare quaggiù all'unione intima con Dio.                 .

Altre, prima d'aver conosciute le purificazioni pas­sive dei sensi e dello spirito, direbbero a sé stesse, non senza presunzione: Io sono arrivata alla vita unitiva ordinaria e basta ch'io mi ci mantenga; il resto è straordinario e l'umiltà non mi permette di aspirarvi.

Per combattere l'eccesso del quietismo o del semi­quietismo, non bisogna cadere nell'estremo opposto, specie di naturalismo pratico, che spezza lo slancio della vita inferiore. La verità, come sempre in questi grandi problemi, ~ si trova nel mezzo e sopra i due errori estremi, tra loro opposti; come una vetta, la verità domina le divagazioni e le contradizioni del­l'errore. Essa elevasi anche al disopra d'un eclettismo


•LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       451

inconsistente, che'resta sempre a metà còsta, ohe . nulla sa affermare di preciso e oscilla costantemente a destra e a sinistra, perché non vede i principii su­periori, i quali soli conciliano gli aspetti più diversi della realtà. Gli antagonismi apparenti si risolvono coll'equilibrio dei loro termini portati al più alto

- grado, è su questa sommità che si fa l'armonia, per esempio, tra l'umiltà e la magnanimità. Ogni anima inferiore deve tendere umilmente e ardentemente a grandi cose, ardenter et humilifer; l'umiltà in sé non dev'essere inferiore alla magnanimità; queste virtù apparentemente contrarie crescono insieme e si for­tificano a vicenda, e preservano l'anima ad un tempo dall'orgoglio e dallo scoraggiamento. La contradizione apparente si risolve colle parole di S. Paolo che abbiamo ricordate : « È Dio che fa splendere la sua chiarezza nei nostri cuori... ma noi portiamo questo tesoro in vasi d'argilla». Se consideriamo la fragi­lità del vaso, non possiamo.^umiliarci troppo, ma se consideriamo il pregio del tesoro, non possiamo ec-

-cedere nel desiderare il regno intimissimo di Dio in noi e l'adempimento sempre più perfetto del primo precetto, che non ha limite: «Amerai il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente.», per diventare veramente « un adoratore in ispirito e verità». Non potremmo eccedere nel desiderio di crescere nella carità e nella divina sapienza, la quale, come tutti i doni, si sviluppa con essa.

Questa dottrina adunque non spinge le anime buone ne allo scoraggiamento ne alla presunzione; ma come il dogma della predestinazione, le fa aspirare all'u­nione divina, ispirando loro un santo timore di non essere abbastanza generose, abbastanza docili allo Spirito Santo. E non spinge allo scoraggiamento più che le purificazioni passive, che hanno per scopo di purgare la virtù'della speranza, mediante la lotta


452    PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE.

contro le tentazioni della disperazione, quando, mo­strando Dio stesso sempre più l'altezza della meta da raggiungere, l'anima sente sempre più la sua mi­seria e, nonostante .le suggestioni del demonio, deve sperare contro ogni speranza. Ciò è necessario per essere totalmente e per sempre guarito dal vano con­tentamento di se stesso e perche le radici dell'or­goglio e della presunzione siano totalmente estirpate. Nonché portare all'orgoglio, la 'contemplazione mistica lo distrugge e insegna l'umiltà' come Dio solo può. insegnarcela.

« Ubi est hùmilitas, ibi est sapientia » *°, dove si trova una profonda umiltà, là vi è pure un'alta sa­pienza, quella che viene dal Padre dei lumi, e, come dice l'autore dell'Imitazione, se vi sono pochi con­templativi, è perché vi sono poche anime profonda­mente umili.             ..      '       '

La dottrina esposta permette adunque di rispondere, alle difficoltà proposte contro di essa; da ciò essa, riceve una nuova conferma, e apparisce sempre meglio come la vera espressione dell'insegnamento tradizionale. Ma per viverla, ci vuole quello che molti autori chiamarono « seconda conversione », e possiamo renderci ragione di ciò ch'essa dev'essere da quanto abbiamo detto delle condizioni inferiori ordinaria­mente richieste dalla contemplazione mistica o dalle virtù che dispongono ad essa. Se vi sono poche anime perfette, è perché ve ne sono poche che seguano la condotta dello Spirito Santo. I suoi sette doni hanno spesso poco effetto in molte anime, perché essi sono come legati da abitudini e da affetti contrarii. I peccati veniali più o meno deliberati, ancora fre­quenti, escludono le grazie necessario per produrre questi atti dei doni i1. Tuttavia non possiamo dubitare

" Proverb., xi, 2. 111 P. la.llemant, S. J., Doctrine spirititene, p. 113, 187... 203.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       453

della loro esistenza; la Scrittura, la tradizione e la liturgia ce ne parlano, e, se fossero eliminati gli ostacoli, noi -vedremmo .dì solito "verificarsi sempre meglio quello che la Chiesa ci fa ' domandare :

Veni, Creator Spirit.Tis,      Tu septiformis munere, Mentes tuorum visita,       Dexterae Dei tu. digitus, Imple superna grafia       Tu rite promissum Patris Quae tu creasti pectora.     Sermone ditans guttura.

Accende lùnien sensibus, Infonde amorem cordibus, Infirma nostri corporis Virtute flrmans perpeti.

Questa preghiera, che dovrebbe dirsi dall'anima fedele con un fervore di volontà ognora crescente, ci ricorda che la vita della grazia è la vita eterna cominciata, ed essa domanda, finendo, il frutto nor­male di questa « grazia delle virtù e dei doni », la contemplazione infusa della S. Trinità che abita in noi :            

Per tè seiamus da Patrem,

Noseamus atque Pilium,

Tè utriusque Spiritum

Oredamus omni tempore.

Così la vita mistica è veramente la pienezza della fede, della speranza, della carità e dei doni che le accompagnano, il preludio normale della vita del cielo.

Bisogna aver fiducia, nelle divine promesse; l'ari­dità non viene dalla tiepidezza, se, invece d'avere il gusto delle cose del mondo, si ha la cura del proprio avanzamento spirituale. Bisogna avere fiducia nello Spirito Santo, che abita in noi, e che vi opera tanto più quanto meglio noi compiamo il primo precetto:

«Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua, con tutte le tue forze, con tutta la tua mente», per diventare «degli adoratori in spi-


454    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMELAZIONE

rito e verità». Nostro Signóre non disse forse: «Io non vi chiamo miei servi ma miei amici » ? Crediamo nella forza tutta divina della grazia ricevuta nel bat­tesimo, dello Spirito Santo che ci fu dato. Questa forza noi non la vediamo, ma non vediamo neppure quella che è nascosta nella ghianda d'onde proviene una quercia vigorosa; si metta attorno a questa quercia un cerchio di ferro, e la corteccia non tarderà a sormontare questo cerchio. Chi può misurare l'e* nergia soprannaturale contenuta nella grazia dell^ virtù e dei doni, la quale non è altro che la vita eterna cominciata? Ohi può mettere un limite all'o­pera di santificazione che lo Spirito Santo ha comin­ciato in noi, e impedire .alle anime di arrivare fino al santuario intimo ove abita la S. Trinità? «Desi-, derai la sapienza e mi fu data; invocai il Signore, e venne in me lo spirito della sapienza» *2. « Ti be­nedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai prudenti, e le hai rivelate ai piccoli » is.

" « Optavi et datus est mihi sensus ; et invocavi et venit in me spi-ritus saplentlae » (Sap., vii, 7).

41 « Confiteor tibi, Pater, Domine coeli et terrae, quia abscondteti haeo a sapientibus et prudentibus, et revelasti ea parvulis « (matth., e. xi, 25).


ESAME DI ALCUNE DIFFICOLTA TEOEICHE     455

Esame di alcune difficoltà teoriche.

La grazia della contemplazione si può meritare ? Le coedizioni che essa richiede sono normali ?

Alla dottrina che .abbiamo, fin qui esposta si pos­sono fare alcune obiezioni d'ordine speculativo che importa esaminare, particolarmente sopra questo punto :

La grazia della contemplazione si può meritare saltem de congrua, almeno con un merito di convenienza.

Anzitutto fu obiettato: «La legge dello sviluppo della grazia nell'uomo non dev'essere presa solamente della grazia, astrattamente considerata, ma della grazia come partecipabile dalla natura umana. È così che S. Tommaso, Qu. Disp. de Cantate, a. 10, distingue 1" la carità assolutamente perfetta che Dio solo può avere, 2° la carità perfetta per l'uomo, quella che egli può avere solamente in oielo, e 3" la carità per­fetta, che si può avere quaggiù. Lo stesso egli dice in II-II, q. 24, a. 8; III, q. 7, a. IO».

È facile rispondere che nella questione della chia­mata generale e remota (p. 373, 378, 383), noi ab­biamo considerato la grazia delle virtù e dei doni, non in modo puramente astratto, indipendente dal modo se­condo il quale essa è nell'angelo o nell'uomo, ma come è nell'anima umana fin di quaggiù. E quest'anima quasi ideale è stata considerata essa stessa come priaci-piante, come proficiente e finalmente come perfetta. Anzi .abbiamo particolarmente insistito sopra questo punto, cioè che la contemplazione infusa non richiede idee infuse simili a quelle degli angeli, ma che le idee •acquisite bastano come per l'atto di fede. Si tratta dunque veramente della grazia in quanto partecipabile dall'uomo e dall'uomo fin. di quaggiù, non nel purga­torio o nel cielo.

Di più, nella questione della chiamata individuale


456    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

(p. 413), abbiamo considerato la vita della grazia partecipabile o partecipata da una data anima indi- ,1 viduale, secondo che si trovano o no in lei i tré segni ' ricordati dal Taulero e poi da S. Griovanni della Croce, e diventati i segni classici dell'inizio della contempla­zione infusa. Di più, in questa seconda questione, la. distinzione della chiamata semplicemente sufficiente e della chiamata efficace (efficace nel senso tomista, e sia nei gradi inferiori della vita mistica sia nei superiori) salvaguarda la gratuità del dono di Dio, come quando si tratta della grazia della conversione o di quella della perseveranza finale.

È dunque pienamente conforme alla dottrina di S. Tommaso esposta in Qu. Disp. de Cantate, a. 10;

poiché anche l'unione trasformante (VII Mansione, di S. Teresa) rientra in ciò che il S. Dottore chiama, « Caritas perfecta seczmdum tempus, scilicet quae potest haberi in hac vita». Vedasi anche II-II, q. 24, a. 8, e q. 184, a. 2, articoli che abbiamo a lungo spiegati sopra e. Ili, a. IV e V, p. 163 e 188.

Ciascun'anima in stato di via dovrebbe essere abba­stanza purificata nel momento della morte, per andare subito in cielo, senza passare per il purgatorio, dove non sarà trattenuta se non per colpa sua, per aver trascurato delle grazie che le erano concesse od of­ferte. Ed essa in purgatorio non soffrirà tanto della, privazione di Dio, se non perché è nell'ordine radicale di vedere Dio subito dopo la morte. Il fatto che vi è un numero grandissimo di anime attardate non deve farci dimenticare qual è la via normale della santità, ' alla quale ogni cristiano deve aspirare per essere nel­l'ordine radicale voluto da Dio.

*   *   *

Si insiste, dicendo: « Sembra che non si possa par­lare di una legge della grazia (del suo accrescimento e della sua perfezione) con tanto rigore come si fa, di una. legge della natura. Partecipazione della natura. divina e dono assolutamente gratuito, la grazia, da questo doppio capo e come forma, non ha nessuna mi­sura che possa regolare la sua perfezione e il' suo modo di accrescimento fuori del libero amore di Dio .per ciascun uomo in particolare ».


ESAME DI ALCUNE DIFPICOIJ'À TEOBICHE     467

Quest'obiezione interessante ci conduce a precisare un punto' importante. Certamente, per S. Tommaso. (I, q. 23, a. 5), e S. Giovanni della Croce parla. come lui (Salita, 1. II, e. 4), il grado di gloria di ciascun predestinato e il grado corrispondente di carità nel momento della morte dipendono dal bene­placito di Dio. Di più, ne la prima grazia, ne quella, della perseveranza finale possono- essere meritate (I-II, q. 114, a. 5 e 9), e, come vedremo, nessun soccorso efficace che ci conservi in statu gratiae può essere meritato de condigno o secondo lo stretto-senso della parola «merito» 1.                     :

Tuttavia, se uno è messo gratuitamente da Dio nell'ordine della grazia, e se vi si è conservato, allora. le leggi di quest'ordine si applicano a lui. Ora, tra queste leggi dell'ordine della grazia, ve ne sono di assolutamente rigorose e senza eccezione; per esempio,. per gli adulti vi sono verità di fede che bisogna cre­dere secondo una necessità, non solo di precetto, ma di mezzo indispensabile alla salute. Parimenti, è impos-' sibile avere l'amore soprannaturale di Dio senza la. fede; inoltre, le virtù infuse sono connesse con la, carità, e parimenti i doni 2. Questa connessione sup­pone numerosissime relazioni scambievoli tra le virtù. infuse e i doni, relazioni che sono le leggi dell'orga­nismo .soprannaturale. Di modo che quasi ogni arti­colo di S. Tommaso, che, nella I-II e II-II, tratta-delie relazioni delle virtù tra loro, o dei doni tra. loro, o di questi con le'virtù, contiene una legge del­l'ordine della grazia.

In tal modo ancora noi possiamo meritare de con­digno (o nel senso stretto, legge rigorosa) l'accresci­mento della carità, che si accompagna con quello-

' II merito de condigno o dì còndegnità è un atto soprannaturale e-libero il cui valore costituisce un diritto a una ricompensa soprannatu­rale, all'accrescimento della grazia e alla vita eterna. È dunque fon­dato in giustizia. Il merito de congrua o di convenienza non è merito nello stretto senso, ma in senso largo; è fondato non sulla giustizia, . ma sull'amicizia vel in ime amicabiU, vel solum in. liberalitate et 6e-nignitaie yraemiantis.

" Ct. II-II, q. 65; q. 68, a. 5. La fede e-la speranza possono ben sus­sistere nell'anima in stato di peccato mortale, ma allora esse non me­ritano, propriamente parlando, il nome di virtù; of. itiid., q. 68, a. 1, ad 1: « Pides et spes... sine cariiate esse possunf, licei non sint virtutes' sine cariiate, s


458    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

delle virtù infuse e dei doni (I-II, q. 114, a. 8). A tal punto che non si può avere la carità in un grado eroico, senza avere in un grado proporzionato le altre virtù infuse e i doni (come habitus) ; cfr. I-II, q. 66, a. 2. È una legge più rigorosa che quella in virtù della quale le cinque dita della mano si svi­luppano nello stesso tempo. Nell'ordine sensibile vi •sono eccezioni, in quanto la materia a volte sfugge alla dominazione della forma o idea direttrice che la organizza. Le virtù infuse connesse tra loro, chi le consideri formalmente, crescono insieme senza ec­cezione: « aequaliter crescunt in homine, sicut digiti manus... proportionaliter augentur » 3. Lo stesso av­viene per i doni che sono connessi nella carità *.

*               *               *

Si insiste ancora: « Ma se quest'aspetto fosse del tutto esatto, non bisognerebbe esitare a dire che lo stato mistico può, in un dato momento, essere meri­tato de condigno».

A questo noi abbiamo già risposto sopra (p. 391 ss.) notando più volte che bisogna distinguere gli stessi doni presi come disposizioni abituali e gli atti che procedono da essi.

Certo non possiamo meritare de condigno l'aumento della carità, delle virtù e dei doni, come habitus, senza che si possa assegnare limite quaggiù a questo aumento (II-II, q. 24, a. 7). E. lo Spirito Santo muove generalmente le anime secondo il grado dei loro abiti infusi, della loro docilità abituale (salvo che non vi sia qualche ostacolo, peccato veniale o imperfezione; in quest'ultimo caso, l'atto meritorio è debole, remissue,. inferiore al grado della carità).

''I-II, a. 66, a. 2, e Commento dei SAiaiANTicssi, n. 2. * CI. I-II, q. 68, a. 5. — L'organismo spirituale si deve sviluppare proporzionalmente secondo tutte le sue parti, purché sussista la loro armonia, proprio come il nostro organismo corporale. Ma siccome in quest'ultimo una parte si può ipertroflzzare a scapito delle altre, così nell'ordine spirituale l'armonia delle virtù, a cagione di certi di­fetti, può essere compromessa. In certe anime per esempio, la fede non è sviluppata in proporzione di altre virtù e della cultura scientifica o fliosoflea; questo stesso disordine può essere tale che chi ne soffre diventi cosi un nano spirituale.


ESAME BI ALCUNE DimCOI.TA TEOKICHE      459

Perciò i tornisti 5. dicono generalmente che il giusto che persevera nel fervore può meritare saltem de congrua (almeno nel largo senso della parola «' me­rito ») la grazia della contemplazione infusa. Perche dicono essi saltem, almeno de congnio? Perché, nella grazia della contemplazione infusa, vi è qualche cosa che si merita strettamente o de condigno; ed è un alto grado dei doni dell'intelletto e della sapienza considerati come habitus. Ma la stessa contemplazione infusa non è un habitus bensì un atto, e lo stato mistico è quest'atto che dura un certo tempo. Ora quest'atto suppone una grazia attuale efficace, e, secondo i tornisti, noi non possiamo meritare stretta­mente o de condigno il soccorso efficace che ci con­serva in statu gratiae. Perché? Perché il principio del merito non cade sotto il merito: così ne la prima grazia, ne il soccorso efficace che ci mantiene in stato di grazia, ne il dono della perseveranza finale, pur così necessario alla salute, non si possono meritare de condigno e.

Del resto, se il giusto potesse meritare strettamente' la grazia efficace a, per essa meriterebbe parimenti la grazia efficace 6, e così di seguito fino alla grazia della perseveranza finale, che sarebbe così meritata de condigno.

Dal che segue che molte grazie necessario alla sa­lute non possono essere oggetto di un merito stretto.;

non bisogna dunque stupirsi che la grazia attuale et-

5 Ct. vallgoeneba, Theol. myst. D. Thomae, q. 3, disp. 3, a. 6, il. 5, p. 445; e meynakd, Tratte de la Vie intérieme, ed. 1885, t. II, p. 128;

n. 73. Item philippus A S. tbinitatb, Theol. myst., ed. 1874, t. Il, p. 311, e antonius A spibitit sancto, Direclorium myst., tr. Ili, disp. Ili, seot. VI, n. 240.

• 0(. I-II, c(. 114, a. 9. Su questo articolo, giovanni DI S. tommaso os­serva, n. 1 : ii Principium meriti non potest cadere sub meritum: sed anxi-Imm et motio divina, qua aliguis movetur a Deo, ut non succumbat tentatioiUbua, neo gratiam interrumpat per pecoatum, tenet se ex parte principii ineriti, quia auxilium et motio est principhun operandi, et in., hoc solmn consistit quod moveat ad opus; igitur non potest caliere sub meritum. i> Item, n. 4: i Conservano est oonturuatio primae pro-duotìonis..., linde qui mereretur auxilia continuativa gratiae, seu per-severantiam, oonsequenter mereretur ipsam oontinuatlonem principii meriti, qnod est grafia secundum quod se tenet ex parte Dei moventis ad oonservandum... Quod probat non posse sub meritum cadere mo-lionem divinarli, non quamenaigue, sed guatenus est conservativa gratiae, guae est principium ineriti". Item ot. salmanticesi, ibid., n. 89-109.


460    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

ficace della contemplazione infusa ,non si possa me­ritare de condigno, benché essa sia nella via normale della santità. La si può meritare più che la grazia della perseveranza finale, perché sarebbe esagerato il dire che quest'ultima si può meritare saltem de con-, gruo 7. Ma in un certo senso la grazia attuale di contemplazione infusa è più gratuita che quella ne­cessaria all'esercizio obbligatorio delle virtù infuse, ;

perché noi facciamo uso delle virtù infuse quando vogliamo; ma non così per i doni, benché con la. nostra fedeltà possiamo disporci a ricevere l'ispira­zione dello Spirito Santo. Dobbiamo anzi disporvici, e se noi lo facciamo generosamente, verrà un giorno in cui la grazia della contemplazione ci sarà concessa abbastanza spesso. Di solito Dio la da ai perfetti, .salvo che non vi siano ostacoli accidentali, ma la da, sia nell'aridità e nella notte, sia nella luce e nella. consolazione 8.

*  *• *

Si obietta: «Quello che voi considerate come acci­dentale, e che tendete un po' a disprezzare teorica­mente perché materiale, fa forse parte- di quella cau­salità materiale tanto indispensabile all'essenza del composto (natura e grazia) quanto la causalità for­male, benché in un ordine inferiore».

A questo dobbiamo rispondere che le anime rice­vono la grazia secondo la potenza obedienziale che è la medesima in tutti 9. In quanto alla causalità ma-

' Cf. I-II, q. 114, a. 9; cf. commento del Billuart. Esso dimostra, che secondo i principii di S. Tommaso la perseveranza finale sembra che non si possa meritare con im merito de. congrua propriamente detto, ma solamente con un merito de congrua impropriamente detto. Mentre il merito de condigno è fondato in justitia (ius ad praemium), e il merito de congrua propriamente detto in ture amicabili, secundum leges amicitiae, il merito de congrua impropriamente detto è fondato in liberalitaie et benignitate Dei.

* Di più, con la preghiera noi possiamo ottenere la grazia della buona . morte che non si può meritare, qui parimenti l'anima intcriore deve umilmente chiedere la grazia della contemplazione; cf. supra, p. 392, nota 14.

' Anzi la potenza obedienztale o capacità di ricevere la, grazia non. è più grande nell'angelo che nell'uomo. E appunto secondo questa ca­pacità l'anima, è 11 soggetto della grazia.   . .           ...


ESAME DI ALCUNE DIPPIOOLTÀ TEO BICHE     461

feriale, che dispone alla recezione e all'aumento della grazia, essa stessa è l'effetto d'una grazia attuale d'ordine soprannaturale. Tal è, secondo S. Tommaso, il senso dell'assioma: « A colui che col soccorso di­vino fa tutto quello che sta in lui stesso, Dio non rifiuta la grazia » 10. L'infusione e l'aumento della grazia richiedono certamente una disposizione, perché nessuna forma o perfezione viene prodotta in un soggetto senza che questo vi sia disposto; ma è Dio stesso che dispone così le anime nostre, o che le muove soprannaturalmente a disporsi u. La grazia e la carità non ci son date in proporzione delle nostre capacità o disposizioni naturali, perché esse le sor­passano infinitamente 12. Perciò i tornisti insegnano che sono i nostri atti soprannaturali che, non solo meritano, ma dispongono tisicamente all'aumento della carità 13.

Ora noi abbiamo a lungo considerato (p. 431-440)

10 Cf. I-II, q. 112, a. 6. La conclusione di questo articolo è: «Unde patet quod homo non potest se praeparare ad lumen gratiae susci-piendum, nisi per auxilium gratuitnm Dei intertus moventis. » La ragione è che l'ordine degli agenti deve corrispondere all'ordine dei flni e solo un agente soprannaturale può muovere a "un fine soprannatu­rale. » —-T&z(?.,ad2: «Et ideo, cum dicitur homo facere Quod in se est, dicitur hoc esse in potestate hominis, secundum quod est motus a .Dea. » Dunque facienli quod in se est (cum ausilio gratiae actualis) Deus noti 'denegai gratiam (habitiialem).

11 Cf. I-II, i. 112, a. 2: « Praeexigitur ad gratiam (habitualenì) aligua firatiae firaeparatio. quia nulla torma potest esse nisi in materia dispo­sila. »—Ibid., ad 3: «Ad hoc (autem) quod Deus gratiam intundat animae, nulla praeparatio exigitur, guam ipse non faciat. » Lo stesso dicasi per l'aumento della carità, II-II, q. 24, a. 2 e seguenti.

12 II-II, q. 24, a. 3 : n Caritas, cum superexcedat proportionem na-turae humanae, non dependet ex aliqua naturali virtute, sed ex sola gratia Spiritus Sancti eam intundentis. Et ideo guantitas caritatis non. dependet ex conditione naturae, vel ex capacitate naturalis virtutis, sed solum ex voluntate Spiritus Sancti, distribuentis sua dona, prout vult. 11 — Itlid., ad 2 : « Forma non excedit materiae proportionem, sed sunt ejusdem generis. Similiter etiam gratia et gloria ad idem genus refe-runtur, quia gratia nihil est aliud, quam quaedam inohoatio glorlae in nobig. Sed caritas et natura non pertinent ad idem genus. Et ideo non est simllis ratio. » Le. grazie mistiche adunque sono gratuite non solo in questo senso che lo Spirito Santo le da quando vuole, ma è gratuito anche il grado di carità dato nel momento della giustificazione a un determinato adulto che si converte con più fervore ohe un altro, sotto una grazia attuale più forte. S. Thomas, iì)id., ad 1.

" Ot. billtjabt, De Cariiate, dissert. II, a. 2.


462 •   PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

queste disposizioni soprannaturali alla contemplazione infusa; è questo un insegnamento classico, e sarebbe una colpa imperdonabile trascurarlo. Queste dispo-'sizioni, come abbiamo veduto, sono principalmente 1° una gran purezza di cuore, « beati mundo corde », 2° una gran semplicità dello spirito che non cerca se non la verità, 3° una profonda umiltà, 4^> il rac­coglimento abituale, 5° la perseveranza nell'orazione, 6° una fervente carità. Quest'ultima disposizione è la principale con una profonda umiltà. Nell'ordine della, disposizione materiale, l'umiltà è primordiale, dice S. Tommaso, ut removens prohibens, in quanto allon­tana il principale ostacolo che è l'orgoglio, l'orgoglio intellettuale così frequente nello scientismo, o l'or­goglio spirituale li. Perciò S. Teresa insistette tanto su questa disposizione fondamentale, in tutte le sue opere e particolarmente nell'epilogo del Castello. E. quello che nostro Signore stesso c'insegnava dicendo :

« Ti rendo grazie, o Padre, creatore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai prudenti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli ». Qui, spesso, la disuguaglianza delle condizioni soprannaturali o delle grazie, per l'umiltà, compensa maravigliosamente la disuguaglianza delle condizioni o delle disposizioni naturali.

Dunque, nell'esposizione della dottrina tradizionale, non si potrebbe insistere troppo sulle disposizioni soprannaturali alla contemplazione. E chi può ri­spondere : « Io non posso avere questa purezza del cuore, questa semplicità dello spirito, questa pro­fonda umiltà, questo spirito di preghiera, questa ca­rità»? Si deve domandarli a Dio.

Di più, abbiamo considerato le condizioni esteriori che favoriscono la contemplazione e l'unione con Dio:

una certa solitudine, il silenzio, un tempo sufficiente dato all'orazione, non sovraccarico, non letture inutili, non preoccupazioni estranee alla nostra vocazione. A

14 II-II, q. 161, a. 5: i Ordinatipni faoit hominem 'bene subjectwm. humilitas in universali <iuantum ad ormila. » — Ihid., ad 2 : « Per modum removentis prohibens humilitas prirnum locum tenet, in (inantum soillcet;

expellit supertiiam, cui Deus resistit, et praebet hominem subditum et •patulum ad suscipiendum influxum divinae gratiae, in quantum evacuai inflationem superbiae. Unde dicitur Epist. Jaoolii IV gnod Deus su-'perbis resistit, humilibus autem dat gratiam. Et secundum hoe humi-Utas dicitur spiritualis aediflcii tundamentum. »


ESAME DI ALCUNE DIFFICOLTÀ TEOBICPE     46?

queste condizioni esterne si aggiungono le attitudini-naturali, e anche una direziono illuminata. Se molte di queste condizioni esterne mancano, è difficile ar­rivare alla contemplazione, che non ha più il suo-ambiente normale, come una palma piantata in Ir-landa. Tuttavia una profonda umiltà e un'ardente ca­rità possono supplirvi, specialmente se si ha una gran. divozione a Maria e al Cuore Eucaristico di Gesù 15.. Chi comincia abitualmente la sua orazione insieme coi due Mediatori sarà da loro condotto all'unione in­tima con Dio, poiché tutto l'influsso della Santa Ver­gine ha. per scopo di condurci al suo Figliuolo, e-quello di Cristo ci conduce al Padre.

In mancanza di condizioni esterne favorevoli, come abbiamo detto, è possibile che certe anime generose non arrivino alla contemplazione se non dopo un tempo-più lungo che la durata abituale della nostra esistenza quaggiù, ma tendono ad essa come al preludio nor­male della visione beatifica, e la stessa vita attiva,. dice S. Tommaso, è in tal modo ordinata alla vita con­templativa, alla quale essa deve disporre: cfr. II-II,. q. 181, a. 1, ad 3; q. 182, a. 4.

Per ritornare all'obiezione proposta, abbiamo di^ mostrato sopra (p.. 378-380) che noi intendiamo qui veramente l'accidentale o il per accidens, come San Tommaso.

Infatti, per il fatto che la grazia santificante è la. vita eterna cominciata {inchoatio vitae eternae, semen-gloriae), è per se stessa inamissibile e dovrebbe crescere tutti i giorni, principalmente per la comu­nione quotidiana. Ma noi abbiamo ricevuto questo tesoro in un vaso fragile, e, a cagione del soggetto o della defettibilità del nostro libero arbitrio, si può perdere la grazia o non accrescerla guari. Ora questa, perdita, o anche questo arresto sono contro la legge intrinseca della semenza divina fatta per svilupparsi sempre fino alla vita dell'eternità. Questa contrarietà. caratterizza il peccato ne' suoi varii gradi. Nella via,

" Ct. il trattato della vera divozione a Maria, e. iv, a. 5, del B. Gin-gmon di month'ort, e il riassunto che ne fece 11 beato; II segreto di.-Maria.

Si mediti anche sovente, in vista dell'orazione, .['Ufficio e la Messa del S. Cuore, e anche l'Ufficio e la Messa del Cuore; Eucaristico recen­temente approvati dalla Chiesa.     ,              .


464    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

f-   .          ,                                                     .•      ,,                           '

di Dio, non avanzarsi è andare indietro. Of. supra, p. 199.

Per conseguenza, in quanto alle tré ragioni fonda­mentali invocate sopra (p; 383-405), come principio o yer se loquendo la contemplazione infusa è nella via normale della santità, supposte le disposizioni intcriori sopraddette e una buona direzione, in un ambiente favorevole. Ma se accidentalmente questa buona dire­zione, che dovrebbe essere normale nella Chiesa, viene a mancare, e con essa il silenzio, il raccoglimento, se l'ambiente, invece di favorire la contemplazione, vi si oppone, allora è possibile che anime anche ge­nerose non arrivino quaggiù alla contemplazione in­fusa. Parimenti in un ambiente pieno di pregiudizi contro la dottrina di S. Tommaso, una buona intelli­genza arriverà solo con difficoltà a ben intenderla. Ma ciò è qualcosa di accidentale 16. Per conoscere qual è la via normale della santità e il pieno sviluppo della grazia delle virtù e dei doni, bisogna conside­rare come avviene normalmente (per se) l'accresci- v mento di questa grazia in condizioni inferiori ed este­riori convenienti e non contrarie, proprio come per vedere quello che può dare un determinato germe, per esempio quello del cedro, bisogna metterlo nel terreno •che gli conviene, altrimenti non arriverà al sommo del suo sviluppo normale. Noi parliamo dunque delle anime che si trovano in un ambiente cristiano, che risponde alle mire di Dio sopra di noi.

*   *   *

Altra difficoltà: « Dal sólo concetto di grazia, for-malmente preso, non si può dedurre a priori che lo stato mistico è normale, anche nel senso che ora abbiamo detto. Bisognerebbe, per lo meno, completare la prova con l'osservazione dei fatti o fare interve­nire l'autorità teologica, la tradizione per esempio ».

Facile è la risposta: le tré prove fondamentali che abbiamo proposto (p. 383-405) sono ciascuna, tanto per la maggiore come per la minore e la conclusione, fondate non solo. sopra il concetto della grazia delle

" Ct. supra, p. 37S-380.


ESAME DI ALCUNE DIFFICOLTÀ TEOBIGHE     465

virtù e dei doni, ma sopra la tradizione,' e sopra l'espe­rienza della vita perfetta, così come la espongono in particolar modo S. Teresa e S. Giovanni della Croce17. Del resto, bastano dieci o quindici anni di ministero negli ambienti contemplativi e anche in quelli di vita mista fervente, per vedere che l'esperienza della vita perfetta oggi ancora è conforme a quello che hanno detto i santi.

Dunque la contemplazione infusa è nella via nor­male della santità perché, 1° procede dalla grazia delle virtù e dei doni, data a ogni battezzato, e apparisce quando il modo sovrumano dei doni comincia a pre­valere, come conviene per la perfezione, sopra il modo umano e imperfetto delle virtù 18; il che ha luogo nella via illuminativa e specialmente nell'uni­tiva; 2° perché l'anima quaggiù non è perfettamente .purificata nel fondo delle sue facoltà, se non per le purificazioni passive dei sensi e dello spirito, che sono d'ordine mistico e che importano la contempla­zione infusa almeno iniziale o arida; 3° perché la contemplazione infusa e il vivissimo desiderio di ve­dere Dio, secondo la tradizione e l'esperienza della vita perfetta, sono il preludio normale della visione beatifica. Se dunque il cielo è accessibile a tutti, bi­sogna dire altrettanto di ciò che ne è il preludio or­dinario nei perfetti.

La grazia della contemplazione infusa, benché emi­nente, è dunque veramente nella via normale della santità, anzi della santità che dovrebbe avere ogni cristiano prima della morte, per evitare il purgatorio, per essere subito dopo la separazione dal corpo nel­l'ordine radicale voluto da Dio, e non essere doloro­sissimamente privato, per un tempo più o meno lungo, della visione beatifica.

" SI consulti l'ultimo capitolo sopra L'accordo dei Maestri della Spi­ritualità, dove si vedrà ohe la dottrina di S. Teresa e quella di S. Gio­vanni della Croce è veramente quella della tradizione.

18 Cf. supra, p. 330..., 359.

80 — Perfezione e Contemplazione.


466   , PEEFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

*     *     *

Si insiste ancora: « Nessuno può contestare che il progresso spirituale espresso sotto questi tré aspetti non sia nella linea normale dello sviluppo formale della grazia. Ma la natura umana quaggiù (w via) non presenta forse nel suo stato normale una resi­stenza tale a questo accrescimento che questo debba essere considerato come un favore straordinario? La visione beatifica è veramente nell'ordine dello svi­luppo formale della grazia, ma sarebbe per sé cosa straordinaria riceverla quaggiù. Tra le condizioni nor­mali della vita umana e le condizioni esteriori e in­feriori richieste per la vita mistica, passa tanta di­stanza, quanta tra la vita e la morte ».

Anche qui è facile rispondere con S. Tommaso, II-II, q. 175, a. 4, e q. 180, a. 5, che quaggiù la visione beatifica non può avere luogo senza rapi­mento, ed esclude il concorso dell'immaginazione. Ma, avviene affatto diversamente della contemplazione in­fusa della quale parliamo, essa resta dunque conforme allo stato normale in cui l'uomo vive quaggiù 19. Di più, non dimentichiamo che vi è meno distanza tra, •un giusto della terra, anche non mistico, e un santo del cielo, che tra questo giusto e un peccatore privo della grazia; perché la natura non è il germe della grazia, mentre questa è il germe della gloria, ossia la vita eterna incominciata, «inchoatio vitae aeternae». Non vi è dunque molta differenza tra le condizioni normali di una vita cristiana fervente, che persevera

" Of. II-II, q. 180, a. 5, ad 2 : « Contemplatio fiumana securidum statura-praesenlis vitae non potest esse absque phantasmatibns ; quia conna­turale est nomini, ut species intelligibiles in phantasmatibus videat. siout Philosophus dicit in III de Anima, o. vii. Sed tamen intellectualis. cognitio non oonsistit in ipsis phantasmatibus, sed in eis oontemplatur pnritatem intelligibilis veritatis, et hoc non solum in oognitlone natu­rali, sed etiam in eis quae per revelationem cognoscinius. Dicit enim Dionysius in cap. i de Cael. Hier., quod n angelorum hlerarohias mani­festai nobis divina claritas in qutbusdam symbolis flguratis »; ex quibns restituimur In simplum radium, id est in simplicein cognitionem intel­ligibilis veritatis. Et sle intelligendnm est quod Gregorius dicit, quod oontemplantes « corporalium rerum umbras non secum. trahunt » ; quia videlioet in eis non sistit eonim contemplatio, sed potlus in consicle-rafcione intelligibilis veritatis. »


ESAME DI ALCUNE DIFfICOLTÀ TEOEICHE     46.7

nel fervore, e le condizioni richieste dalla vita mi­stica; cfr. supra, p. 437-439.

Queste ultime si trovano non solo negli ordini con­templativi, e nelle comunità ferventi di vita mista di contemplazione e di azione, ma anche nel matrimonio cristiano che è veramente quello che deve essere; cfr. supra, p. 428. Non pochi direttori sperimentati hanno trovato in tutti i generi di vita molte anime arrivate allo stato mistico tra le persone generose abitualmente fedeli allo Spirito Santo. Uno di loro scriveva re­centemente: « Un buon numero di quelli che credono di avere qualità per parlare e scrivere della vita

•mistica, pare che non ne abbiano mai fatto l'espe­rienza... D'altra parte, molti cristiani sono piena­mente nella vita mistica e non se ne accorgono. Possono essere avanzatissimi nella perfezione senza rendersi conto che Dio fa in essi grandi cose e che è questa la vita mistica. Io ne ho trovati in tutte le condizioni, principalmente tra i poveri, tra i fanciulli e le persone senza lettere, e perfino tra i poveri sel­vaggi convertiti dell'America del Nord» 20. L'autore di queste righe ritiene perfino che di solito non si perseveri nel fervore, nell'umiltà, nell'oblio di sé, nella .generosità senza arrivare alla vita d'intima unione con Dio, vale a dire all'essenziale della vita mistica. Ciò non gl'impedisce di scrivere : « Eeca stupore il vedere quanto è enorme il numero di persone spirituali che re­stano tutta la loro vita a scalpitare nella via purga­tiva. Sono poco numerosi, anche tra i religiosi e i chierici... quei che oltrepassano la soglia della vita

-mistica e corrispondono al caldo invito di nostro Signore: Amico mio, sali più in alto (Lue. xiv, vers. IO)»21. In tal modo si spiega, come abbiamo detto sopra, p. 428 ss., che le condizioni necessario alla vita mistica non mancano generalmente alle anime intcriori veramente generose. Se noi siamo inclinati a pensare il contrario, badiamo di non cer­care in una teoria senza fondamento la giustificazione di una certa mediocrità spirituale; non dichiariamo straordinaria la vita mistica, per non avere da aspi­rarvi con lo spogliamento che la prepara.

Aggiungiamo che gli ambienti sfavorevoli provocano

20 dom lootsmet, La Vie mystigue, trad. dall'inglese. Manie, p. 46-47.

21 IM., p. 81.                                                 .


468    PEEfEZIOME CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

spesso una reazione salutare nei buoni, soprattutto nei migliori, e il Signore li .aiuta tanto più quanto maggiori sono le difficoltà da vincere. In tal modo appunto la pena che ci cagiona l'ingiustizia rivela il pregio della giustizia, la vanità e l'orgoglio che si rendono insop­portabili 'mostrano il pregio dell'umiltà. Contro uno scientismo pretensioso quanto vuoto, il cui spirito falso altera tutto, reagiscono di comune accordo e affatto spontaneamente l'amore della verità, il culto della pa­rola di Dio, e la sola pietà, che non si contentano delle apparenze. La mancanza di semplicità nella vita fa desiderare quella franca cordialità senza la quale non c'è vera unione in Dio degli spiriti e dei cuori. Una .nota discordante, che falsa l'ordine della carità collocando l'amore del prossimo al di sopra dell'amore di Dio, ci ridesta e per contrasto ci richiama alla mente tutta la grandezza del primo precetto. La men­zogna sotto le sue svariate forme ci fa vedere tutto il pregio della verità; la sua assenza in varii gradi è uno dei più grandi ostacoli alla vita di orazione;

un'anima non diventa contemplativa, se essa non è stabilita nella verità; perché la contemplazione non è altro clie l'effetto immediato dell'operazione diretta della Verità di Dio sopra l'anima nostra, per portarla a un più grande amore. Finalmente il principale osta­colo viene da certe sottigliezze d'orgoglio intellet­tuale o spirituale, il quale, soprattutto quando esse si trovano in quelli che dirigono, possono avere con­seguenze irrimediabili, almeno per un tempo; la ma­gniloquenza mistica qui non è meno da temere che un certo intellettualismo sterile. Tutto ciò fa com­prendere che per contrasto vi è talvolta più vera contemplazione e santità in ambienti poveri, poco ' noti, ma carissimi a nostro Signore Gesù Cristo. • Spesso la divina Misericordia compensa la disugua-:.. glianza delle condizioni naturali con grandi grazie, « beati i poveri di spirito » ; una profonda umiltà sup­plisce alle altre condizioni della vita d'unione con Dio. I due grandi Mediatori, Gesù e Maria, si pie­gano verso gli umili per condurli all'intimità del Padre. Noi non abbiamo che una vita, da essa dipende la nostra eternità; e, come dice il Taulero, se prima della maturità dell'età noi non siamo entrati nell'inti­mità divina, corriamo rischio di non entrarvi quaggiù, benché ciò sia il preludio normale del cielo.


ESAME DI ALCUNE DIFFICOLTA TEOEICHE     469

*     *     *      .

« Tuttavia, ci si dice ancora, le condizioni di solito richieste alla vita mistica, benché normali alla grazia, sono anormali alla natura umana. Questa natura .non è fatta normalmente per queste condizioni di vita:

nel modo di operare abituale che caratterizza lo stato mistico, e nelle terribili purificazioni passive, vi è un annientamento della natura al quale questa non' è da sé ordinata, annientamento che non è richiesto per la semplice giustificazione, ne per la vita della grazia secondo il modo umano delle virtù... Final-, mente quaggiù il preludio normale della visione bea­tifica è propriamente la carità, e non la contempla­zione infusa procedente dal dono della sapienza ».

Questa obiezione, più attenta alle esigenze della na­tura che a quelle della grazia, ricorda più lo spirito di un certo umanesimo cristiano che lo spirito della sapienza del quale si parla qui. Essa disconosce pa-'recchie cose essenziali che abbiamo esposto a lungo.

1" Essa perde di vista la portata della parola di nostro Signore circa il mistero della croce: « Rivol­gendosi a tutti, dice egli, come riferisce S. Luca, ix, vers. 23: Ohi vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso, porti ogni giorno la sua croce e mi segua. Perche chi vorrà salvare la sua vita la perderà, e chi perderà la sua vita a cagione di me la salverà ». Sotto questo aspetto le condizioni della vita mistica che paiono anormali alla natura, non sono tali alla natura rigenerata dalla grazia, non sono anormali alla vita cristiana considerata specialmente nella, sua piena perfezione accessibile quaggiù. Il cristiano deve imitare Gesù Cristo crocifisso. Le purificazioni pas--sive (più o meno dolorose del resto secondo le colpe da espiare e secondo il grado di vita soprannaturale al quale Dio vuole condurre) 22, anziché opporsi al­l'armonia della natura e della grazia, sono, come la croce, necessarie, secondo i santi, per arrivare a quella perfetta armonia, che non si trova bene rea­lizzata quaggiù se non nella vita unitiva sviluppata,

Cf. supra, p. 395 ss.


470    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

cioè nella vita mistica e nel suo modo sovrumano 23. Allora soltanto si armonizzano del tutto le virtù in apparenza contrarie: la sapienza più alta e la pru­denza più attenta ai minimi particolari, la fortezza e la dolcezza, la misericordia e la giustizia; è lì sol­tanto che la vita soprannaturale, senza perdere nulla della sua elevatezza, è diventata veramente conna­turale, così come una seconda natura, i cui atti sono spontanei, semplicissimi, perché l'anima purificata, in­vece di riferire tutto istintivamente a se stessa, ri­ferisce tutto a Dio.

Non dimentichiamo parimenti che la natura decaduta non risale al suo stato naturale normale se non per la grazia che la guarisce (grafia sanans), e che senza questa grazia noi non possiamo osservare tutta la legge naturale, ne amare sopra ogni cosa, anche natural­mente, Dio autore della nostra natura. S. Tommaso è formale su questo punto: «L'uomo con le sue sole forze naturali (tal quale sarebbe stato in uno stato puramente naturale) può amare Dio più di se stesso e al di sopra di tutto... Ma nello stato di natura cor­rotta (o decaduta) non lo può, perché, a cagione della corruzione della natura, la sua volontà si porta verso il bene proprio (per egoismo), salvo che non sia guarita dalla grazia di Dio » 2*.

" S. Tommaso dice parimenti delle virtù teologali, indtpendente-monte dai doni : « Virtutes Theologtoae sunt snpra hominem, ut dietimi est q. 58, a. 3, ad. 3. Unde non proprie dicuntnr virtutes humanae, sei superhumanae, vel divinae '>, I-II, ci- 61, a. 1, ad 2. Perciò tra le virtù •propriamente umane solamente le quattro virtù cardinali sono dette principali, nonostante la superiorità incomparabile delle virtù teolo­gali ohe riguardano il fine ultimo ; ci. iWd.

"I-II, q. 109, a. 3, sed contea: <i Homo ex sotis naturali'bus Deum potest diligere plusquam se et super omnia. » — l'bid. in corp. : n Sed in statu naturae corfuptae homo ab hoc deficit secundum appetitnm voluntatis ra.tionalis, quae propter corrn-ptionem naturae seauitur bonum pri-vatum, nisi sanetur per gratiam ». — Item, a. i, — Vedi anche nelle opere di S. Tommago dovunque si tratti del •fomtte del 'peccato e delle ferite; cf. Tabularli auream, a queste parole.

È quello ohe dimostra che 1 tornisti sono molto fedeli a S. Tommaso quando insegnano generalmente ohe l'uomo nello stato di natura de­caduta non anoor rigenerata, è più debole per il bene che non sarebbe stato nello stato di natura pura. Vedi sugli articoli citati i commenti di Lemos, Alvarez, Billuart, Giovanni di S. Tommaso, e specialmente ÌJ8ALMANTIOESI, de Gfratia, tr. XIV, g.. 29, disp. II, dub. 2. 3, 4, 5, n. 99.


ESAME DI ALCUNE DIFFICOLTÀ TEOBICHE     471

2° L'obiezione condurrebbe ancora a sostenere, con­trariamente a ciò che abbiamo dimostrato sopra sulla elevatezza del primo precetto, p. 203-211, che la maggior parte delle anime giuste non potrebbero con una fedeltà progressiva arrivare alla perfezione cri­stiana, al terzo grado della carità. Questo infatti, come abbiamo veduto, p. 330 ss., si accompagna col terzo grado dei doni, che è d'ordine mistico. D.io è pronto a dare la grazia a quei che vi sono disposti, ma l'uomo è lento a disporvisi come conviene con una perfetta umiltà e abnegazione.

3" Ne seguirebbe pure che per la maggior parte degli eletti il purgatorio sarebbe inevitabile, poiché non avrebbero potuto arrivare quaggiù ad essere perfettamente purificati. È un dimenticare che se­condo l'ordine voluto da Dio la purificazione si deve fare in questa vita e con meriti piuttosto che dopo la morte e senza meriti. Cf. p. 395, 445 ss.

4° Finalmente non è solo la carità che, nell'ordine' nelle anime perfette, è il preludio della visione del cielo, ma è una carità accompagnata dalle virtù purgali animi (I-II, q. 61, a. 5), dai doni del terzo grado, e dalle beatitudini, la cui ricompensa appartiene già in un certo senso alla vita presente (I-II, q. 69, a. 2, e. et ad 3, commento del «Beati mundo corde, quoniam ipsi Deum videbunt»). Vedi sopra quel che abbiamo detto del terzo grado dei doni della pietà, dell'intelletto e della sapienza, così •oom'è nei perfetti, p. 330 ss.

La soluzione di queste obiezioni conferma dunque la dottrina esposta sopra circa la chiamata generale e remota delle anime giuste alla vita mistica, che è sulla via normale della santità, sulla via normale del cielo, a cui, certamente, tutti i giusti sono chiamati. Si vede ora perché noi abbiamo riassunto questa dot­trina nella divisione seguente, dalla quale si può meglio

102, 116, 129, 135, eco. fi anche tra i moderni l'opinione di S. Alfonso de'Liguori; generalmente è la" dottrina degli autori spirituali, eco degli scritti dei santi. Cf. Imitazione di O. O; I. Ili, o. 5-t, 55. — Tale pare •ohe sia anche il senso naturale dei testi del Magistero ecclesiastico, là dove paria delle ferite della natura decaduta e del libero arbitrio non distrutto ma attenuato, indebolito, e del fomite del peccato; et. den-ZIN-6EB, IO" ed., n. 174, 181, 198, 788, 793, 1275, 1616, 1627, 1634 ss., 1643.


472    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

afferrare il senso e l'ampiezza. Leggendo dal basso all'alto si segue il movimento ascensionale della grazia in noi.

ai gradi superiori della vita. •prossima, i vmrnrp      mistica

8 segni   \ t•"tc(lfc••   ai gradi inferiori della vrtft di S. GKo- i              mistica

-§•§   ulteriore   vanni della \ sufficiente, chiamata .a. cui molti re-§ "                  Croce    ;    sistono. <; Molti chiamati, pochi g^                           f   . eletti.» ,^'P               remota: per il fatto dello stato di grazia: la grazia

— a                   è il germe della gloria.

^

-( individuate per es.: per mezzo del direttore 1 esteriore i       ,                     , „ „.„ ^           t generale per ea.: per mezzo della Scrittura*

Peccato veniale e imperfezione, ostacoli all'unione divina.

Non s'insiste mai abbastanza sui diversi ostacoli che impediscono in noi l'esercizio dei doni dello Spi­rito Santo. U P. Lallemant, S. J., li notò benissimo nel suo libro La Doctrine spirituelle, IV Pr., e. in, a. 3: «Si domanda perché i più dei religiosi e delle persone divote che conducono una vita tiepida, fanno così pochi atti dei doni dello Spirito Santo, dal mo­mento che, essendo essi in stato di grazia, li pos­seggono... Fa stupire il vedere tanti religiosi che, dopo aver vissuto in stato di grazia per quaranta e cinquant'anni, dicendo tutti i giorni la messa, e praticando tutti i santi esercizi della vita religiosa, e per conseguenza avendo i doni dello Spirito Santo in un grado fisico molto elevato e corrispondente a quel genere di perfezione della grazia, che i teologi chiamano graduale o di accrescimento fisico; fa stu­pire, dico, il vedere che questi religiosi non facciano apparir nulla dei doni dello Spirito Santo nelle loro azioni e nella loro condotta;, che la loro vita sia. tutta naturale; che quando sono biasimati, pagati d'ingratitudine, ne manifestino risentimento; che di­mostrino tanta premura per le lodi, per la stima e per l'applauso del mondo; che se ne compiacciano tanto e che amino e ricerchino tutti i loro comodi e tutto quello che lusinga il loro amor proprio.


ESAME DI ALCUNE DIFFICOLTÀ TEOEICHE     47$

« Non vi è ragione di stupirsene : i peccati veniali,, ch'essi commettono continuamente, tengono i doni dello Spirito Santo come legati 26; di modo che non. fa maraviglia che non se ne vedano in essi gli ef­fetti. È vero che questi doni crescono cos'i come la carità, abitualmente e nel loro essere fisico; ma noa attualmente e con quella perfezione che risponde al fervore della carità e che accresce in noi il merito, perché i peccati veniali essendo opposti al fervore- ' della carità, impediscono per conseguenza l'operazione? dei doni dello Spirito Santo... Non è concepibile, dice S. Lorenzo G-iustiniani, di quanti peccati si riempia il nostro cuore, se non abbiamo cura di pu­rificarlo incessantemente... Poche persone si danno» totalmente a Dio^e s'abbandonano alla condotta dello Spirito Santo, per tal modo ch'egli solo viva in esser e sia il principio di tutte le loro azioni ».

Di più, si trascura spesso di correggere una mol­titudine d'imperfezioni,. che non sono, almeno per sé,, peccati veniali. S. Giovanni della Croce ne notò parecchie nella Notte oscura, 1. I, o. 3; 1. II, e. 2y parlando delle imperfezioni dei principianti e di quella-dei proficienti 26.                               

28 II -medesimo autore dice più sopra nel medesimo capitolo: «I pec­cati veniali ch'essi commettono In gran quantità, escludono le grazie-necessarle per produrre gli atti dei doni dello Spirito Santo. Dio ri­fiuta loro il soccorso delle sue grazie, perché prevede che, s'egli. le desse loro nella disposizione in cui si trovano, esse non servirebbero" loro a nulla, essendo la loro volontà legata da mille vincoli che loro-impedirebbero di consentirvi. » Questi legami sono le abitudini e gli afletti oontrari.

28 S. Giovanni della Croce distingue le imperfezioni abituali e le im­perfezioni attuali. Tra le abituali nei principianti, egli nota la propen­sione alla sensualità spirituale e quella dell'orgoglio spirituale. Da ciò" derivano spesso peccati veniali ; ma vi sono anche del moti primi d'im­pazienza, di sensualità, d'orgoglio che precedono ogni avvertenza at­tuale ed anche alle volte l'avvertenza possibile ai principianti, in par^ tieolare nei momenti di stanchezza e di sonnolenza. Of. 8. tommaso, I-II, q. 71, a. 3: « Corruptio fomitis non impedit, qutn homo rationabili voluntate possit reprimere singulos motus inordinatos sensualitatis, tì'k prcwsenfiaf: pula divertendo cogitati onem ad alia. » Cf. zbifl.f salman-ticesi. Item I-II, q. 17, a. 7; q. 80, a. 3, ad 3; II-II, q. 164, a. 5;. de Malo, q. 7, a. 6, ad 6.


474    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

A questo proposito importa di vedere in che cosa, secondo i migliori Tornisti,. l'imperfezione differisca

•dal peccato veniale.       ,

Questa distinzione a tutta prima sembra essere op­posta a due principii di S. Tommaso.. Infatti egli insegna, I-II, q. 18, a. , 9, che non vi sono atti

•deliberati individuali o concreti, che restino indiffe­renti, cioè che non siano ne moralmente buoni, ne moralmente cattivi. Se sono indifferenti a cagione .del loro oggetto, come il fatto d'andare a passeggio, essi .sono o buoni, o cattivi, a motivo del fine per

•cui si fanno; perché l'uomo, operando deliberatamente, deve sempre agire per un fine onesto; se si agisce così, l'atto è buono moralmente, se no è cattivo. Non

•sembra dunque che, tra gli atti virtuosi e il peccato veniale, vi possa essere posto per quello che si

•chiama imperfezione.

D'altra parte, come abbiam veduto, S. Tommaso insegna, II-II, q. 184, a. 3, che la perfezione.

•della carità cade sotto il precetto dell'amor di Dio, ae non come materia o cosa da compiere, almeno

•come fine a cui ogni cristiano, ciascuno secondo la propria condizione, deve tendere. Sembra dunque

•che, quando non compie tutto ciò che può in tale istante, egli commetta un peccato veniale, minimo forse, ma reale. Dunque l'imperfezione non sembra distinta dal peccato veniale.

Nondimeno S. Tommaso parla spesso di atti 'buoni, che sono imperfetti; ed è il caso degli atti di ca­rità notevolmente inferiori al grado di carità che abbiamo (actus remissi), per esempio, quando avendo cinque talenti, noi ci adoperiamo come se ne aves-

•simo solo due 27. Di più, quando S. Tommaso defi­nisce, II-II, q. 19, a. 8, che cosa è il timore iniziale, che sta di mezzo tra il timore servile ossia della pena e il timore filiale ossia del peccato, dice ch'esso non differisce essenzialmente dal timor filiale (dunque non è un peccato veniale), ma che è qual­cosa d'imperfetto, perché è accompagnato da qualche

." Ot. II-II, q. 25, a. 8, ad Ì (e 1 commentatori tornisti). Item I-II,

•q. 114, a. 8, ad. 3.—Vedasi più sopra,?. 199-211; 11 progresso dell'anfana

•dovrebb'essere uniformemente accelerato, ed ogni comunione più fervente

•e più fruttuosa della precedente, poiché ciascuna. deve accrescere in noi la carità, e disporci cosi a meglio ricevere la S. Eucaristia li giorno dopo.


ESAME DI ALCUNE MITICOI/TÀ TEOEICHE     475

timore servile. Colui, egli dice, che non ha ancora se non il timor iniziale « si porta al bene non solo per amore della giustizia, ma anche per timore del castigo, ora questo timore cessa in colui che ha la carità perfetta ». Il timor servile infatti diminuisce col progresso della carità, laddove il timor filiale cresce.

La ragione su cui si basa la distinzione del pec­cato veniale e dell'imperfezione,-fu bene esposta nella scuola to mista dai Carmelitani di Salamanca 28. La loro dottrina è la seguente: II peccato veniale non può essere ordinato al fine della carità (est irre feribile ad finem caritatis), .perché è un atto disordinato, nell'ordine dei mezzi, come il peccato mortale è disordinato relativamente al fine ultimo, da cui ci allontana. (Cf. I-II, q. 88, a. 2.)

All'opposto, quello che si chiama « imperfezione » è un atto moralmente buono, ordinabile al fine della carità, ma gli manca una certa perfezione che con­viene al progresso spirituale.           '

Per ben intendere questa distinzione, come dicono i Carmelitani di Salamanca, loc. cit., bisogna no­tare che l'atto imperfetto (chiamato spesso un'im­perfezione) non si identifica assolutamente coll'ffls-sema di perfezione (ossia col-1'imperfezione formale) che si trova in esso. Quest'assenza di perfezione cer­tamente non è buona. Ma l'atto imperfetto, di cui parliamo, è moralmente buono, benché non abbia il grado di perfezione che conviene al progresso spiri­tuale. Dunque esso resta riferibile al fine della carità.

Non è un atto indifferente in individuo, poiché è buono. Non è neppure propriamente contro il pre­cetto dell'amore di Dio, perché la perfezione della ca­rità non cade sotto precetto come materia, ossia cosa da compirsi sub gravi o sub levi, ma solo come fine. E non vi è peccato se non quando vi è trasgressione d'un precetto in quanto alla materia di questo precetto, e questa sia obbligatoria sub gravi o sub levi. L'atto imperfetto s'oppone solamente ad un consiglio, che per sé non obbliga. Infatti bisogna ben conservare la

28 Cursus theol., — de Peccatis, ti. XIII, disp. 19, dub. I, n. 8 et 9, e de Incarnat'ione, in III P. S. Thomae, q. 15, a. 1, De impeccabiUtate Ohristi, dove si dimostra ohe in Cristo non vi potè essere nessun peccato veniale, ne Imperfezione di sorta.


476    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

distinzione tra il precetto e il consiglio, sia questo contenuto nel Vangelo, o immediatamente ispirato da Dio a questa o a quell'anima. Spesso lo Spirito Santo fa intendere ad un'anima che un dato atto è meglio per lei e che tuttavia ella non vi è obbligata, ee non fece il voto del più perfetto. ; Da questa definizione deriva la divisione delle . .imperfezioni analoga a quella dei peccati veniali.

Così vi sono imperfezioni 1° ex genere suo,ex parvitate materiae, 3° ex indeliberatione.

L'imperfezione ex genere suo, o di sua natura, e tale che, anche deliberata, non diventa peccato veniale. A questa categoria appartengono gli atti soprannatu­rali e meritorii imperfetti (reinissi) relativamente al nostro grado di carità: per esempio quando un'a­nima avanzata fa un atto di carità proporzionato alla virtù dei principianti. Così ancora, come abbiamo detto, il timore iniziale è imperfetto, a cagione del timor servile che l'accompagna, dovendo questo dimi­nuire col progresso della carità. — A questa cate­goria possono riallacciarsi certi atti naturali non proi­biti, ma che non convengono al progresso spirituale, e che recherebbero maraviglia in una persona mor­tificata e specialmente nei santi, salvochè una ragione speciale non intervenga a giustificarli; per esempio, l'uso di certe cose inutili, come il tabacco; certe maniere di divertirsi, di compiacersi nelle cose scien­tifiche o artistiche; nello studio un'attività detta « naturale » perché non è resa abbastanza soprannatu­rale dal motivo che la ispira. — Alla medesima ca­tegoria appartiene Y omissione d'una cosa che ci sem­bra essere meglio per noi, e a cui in quel momento noi preferiamo un'altra cosa meno buona, per un motivo legittimo ancora, ma meno perfetto; per esempio, quando potremmo recarci a fare una visita al SS. Sacramento, noi preferiamo dedicarci ad uno studio filoso fico utile, che avremmo potuto riman­dare. Quest'atto per sé non è cattivo, e non è cat­tivo neppure per noi, se non siamo obbligati al più perfetto per un voto speciale; esso è dunque buono, poiché in concreto non vi è atto deliberato indiffe­rente ; ma è meno buono dell'altro. Non dobbiamo chiamar cattivo quello che è solo meno buono, ma dobbiamo però notare quest'imperfezione nell'ordine del bene, pensando che se il peccato veniale dispone


ESAME DI ALCUNE DIFEICOLTÀ TEOBICHE     477

al mortale, l'imperfezione dispone al peccato ve­niale. Se noi vogliamo con Dia attenerci a ciò che. è strettamente obbligatorio, Egli, che dal canto .suo ci da spesso ben oltre allo stretto necessario, dimi­nuirà le sue grazie.

Di più, molto sovente, nei casi citati vi sarà di fatto accidentalmente peccato veniale, perché spesso il motivo per cui ometteremo di fare ciò che e meglio per noi Me et nunc, sarà la negligenza o. la pi-grizia 29.

2o Vi sono imperfezioni ex levissima materia, perché la materia o l'oggetto che riguardano e minima, e l'uomo non è tenuto a-deliberare su cose minime. Cf. I-II, q. 14, a. 4. Per esempio, certa piccola ne­gligenza nel contegno.

3° Finalmente vi sono imperfezioni ex imperfectione actus, cioè, per mancanza d'attenzione o di delibera­zione. In questa categoria si trovano degli atti buoni in ragione del loro oggetto, che sono compiuti in modo macchinale a cagione di distrazione involontaria. Non sono peccati, benché a questi atti manchi una perfezione, quella che viene dall'attenzione. (Ma, di fatto, qui vi è spesso negligenza e per conseguenza peccato veniale quando si potrebbe e si dovrebbe con­siderare e deliberare.) A questa categoria appar­tengono anche i primissimi moti disordinati della •sensibilità, che sì producono prima che noi possiamo avvedercene e reprimerli. Sono essi un'imperfezione, destinata a scomparire soprattutto in grazia delle purificazioni passive dei sensi e dello spirito, e di­ventano rare in un'anima perfetta. Altrettanto bi­sogna dire del modo ancora difettoso con cui un'a­nima perfetta compie un atto buono; per esempio, nella repressione necessaria del male si mescola a volte anche nei santi, contro la loro intenzione, qualche moto d'ira che oltrepassa un po' la mi­sura 30. Finalmente a questa categoria appartiene la

81 È già Illecito omettere una cosa migliore per noi, per questo solo motivo, che non vi siamo tenuti, e vogliamo usare della nostra libertà. ÌS questo, dicono a buon diritto parecchi tornisti, un volere senza giusto motivo, i volitio otiosa, carena pia Titilitate aut justa necessitate ». CI. biihjabt, de Actibus humanis, diss. IV, a. vi, solv. obl. 3.

30 Su quest'argomento, a proposito dell'ira, S. Tommaso nota (III, q. 15, a. 9, ad 3), che in Cristo, quando scacciò i venditori dal tempio, essa era perfettamente santa, e proporzionata al motivo che l'ispirava ;


478    PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

•trasgressione puramente materiale d'un precetto, per effetto d'ignoranza invincibile.

Vi sono certamente molte imperfezioni che, senza essere per sé peccati veniali, tolgono alla nostra vita l'armonia, la pace, il vigore, che converrebbero al progresso spirituale. "La qual cosa apparisce par-;. ticolarmente nella vita comune, soprattutto negli atti che richiedono una maggior perfezione: un dato modo di salmeggiare, troppo lento o troppo spedito» è un incomodo per il prossimo, senza che ce ne ac­corgiamo; un dato modo di suonar l'organo, invece d'aiutar a pregare, diventa un impedimento; e può darsi che in questi atti non vi sia peccato veniale propriamente detto, ma un'imperfezione che proviene, dal nostro temperamento, dalla stanchezza, da qualche mancanza di educazione, o da una certa piega di .mente, inclinata sia a trascurare i particolari, sia invece ad ingolf arvisi. Una carità più perfetta, più delicata riguardo a Dio e al prossimo, accompagnata dai doni dello Spirito Santo in un grado propor­zionato, farebbe a poco a poco scomparire queste .imperfezioni.

Ne abbiamo già notato (p. 440) parecchie di quelle che costituiscono altrettanti 'ostacoli alla contempla­zione. In modo particolare bisogna ritenere quelle indicate da S. Giovanni della Cróce, -Notte oscura, 1. I, e. 3..., e 1. II, e. 2: l'inclinazione a cercare in Dio il godimento più che Dio stesso, i primi moti d'orgoglio spirituale, le macchie del vecchio uomo, che sussistono nello spirito, anche dopo la purifica­zione passiva dei sensi, una certa ottusità dell'intel­ligenza, la durezza naturale, conseguenza del pec­cato eco. « Anche i proficienti sono soggetti alle distrazioni, ad espandere fuori lo spirito... Alcuni fanno un uso poco interiore dei loro beni spirituali... si espongono così a lasciarsi ingannare dalle sug­gestioni del demonio o della fantasia... Questa ma­teria è inesauribile... Per dimostrare la necessità

mentre rn noi l'ira, anche comandata e moderata dalla retta ragione, turba un poco lo sguardo della contemplazione, perché in noi l'opera­zione d'una facoltà, quand'è intensa, impedisce spesso l'atto di un'altra facoltà : « Ex hoc procedit, quod motus irae, etiamsi sii secundum ra-tionem nwderatus, utcumque impedii oculum animae contemplati onis. » Ciò sparisce a poco a poco nel santi.


ESAME DI ALCUNE DIFFICOI/rÀ TEOEICHE     47 9*

della notte dello spirito, dice il santo, bisogna ag­giungere che nessun proficiente, per quanto siasi adoperato, è—esente da numerosi affetti naturali .e da abitudini imperfette che esigono la loro purifi­cazione per raggiungere l'unione divina» 31. È quello che dimostra ancora una volta che queste purifica­zioni passive e la contemplazione infusa e oscura^ che ne è il principio, sono veramente nella via nor­male della santità: « Questa notte oscura è un in­flusso di Dio nell'anima per purificarla dalle sue igno­ranze ed imperfezioni abituali, naturali e spirituali. I contemplativi la chiamano contemplazione infusa e teo­logia mistica, in cui Dio istruisce l'anima in segreto-e in perfezione d'amore, senza ch'ella v'intervenga,. senza che neppure capisca in che consista siffatta con­templazione infusa... Come va che l'anima chiama qui notte oscura il lume divino ?... A ciò si danno due ragioni. La prima è che la sapienza divina,, eccedendo per la sua elevatezza la capacità dell'anima, è per ciò stesso oscura per l'anima. La seconda si trova nella bassezza e nell'impurità dell'anima, la qual cosa fa. sì che la luce le sia penosa, afflittiva e nel medesimo tempo oscura » 32. « L'anima, benché mantenuta nelle tenebre, non ne vede meno, mediante questa luce, la sua impurità; ed è persuasa di non essere degna. di Dio ne d'alcuna creatura... La divina ed oscura luce le mette sott'occhio tutte le sue infedeltà » 33', Così impara la vera umiltà, che la dispone a rice­vere con abbondanza la grazia divina, perche « Dio da la sua grazia agli umili », e li fa umili per ricol­marli di favori. Tal è la via della vera vita, il cam­mino sicurissimo dell'eterna, beatitudine. « Beati im­maculati in via, qui ambulant in lege Domini. Beati qui scrutantur testimonia ejus, m loto corde exqui-runt eum... Viam mandatorum tuorum cùcurri, cum dilatasti cor meum...» (Ps. cxvin) : «Beati quelli. che sono irreprensibili nella loro via, che cammi­nano secondo la legge del Signore. Beati quelli che osservano i suoi insegnamenti e lo cercano con tutta la loro anima... Io corro nella via de' tuoi comandamenti, perché tu dilati il mio cuore», me-

" Notte oscura, I. II, e. n. " Ibid., e. v. " IWd.


480    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

.diante la divina carità, alla luce di vita, che mi .rivela la tua grandezza, la tua onnipotenza e la tua infinita misericordia per noi. Questa voce dei salmi

•è quella della contemplazione, che anima la grande preghiera della Chiesa; a questa contemplazione ogni anima credente deve aspirare per giungere sino alla

•cima della sua fede. In quest'aspirazione, per la con­nessione delle virtù, Yumiltà e la magnanimità de­vono unirsi, ed esse non sono vere se non unen­dosi st; solo un'anima profondamente umile può aspi­rare come conviene alle grandi cose promesse da

•Cristo a quelli che vogliono seguirlo; e per il sem­plice fatto che è umile, ella sarà colmata: « De-posuit potentes de sede, et exaltavit. liumiles ».

•" II-II, a. 129, a. 3, ad. 4.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        481

articolo V.

Le grazie straordinarie che accompagnano qualche volta la contemplazione infusa.

§ I.

La dottrina da noi esposta riceve una nuova con­ferma dal confronto della contemplazione infusa colle grazie straordinarie che a volte l'accompagnano e / aono da esse ben distinte.                        ' ;

Queste grazie straordinarie appartengono general­mente ai carismi o grazie gratuitamente date (gratis datae) enumerate da S. Paolo, I Cor., xn, 7:, «Vi è diversità di doni, mai è il medesimo Spirito... A cia­scuno è data la manifestazione dello Spirito per l'utilità, comune. Infatti all'uno è dato per mezzo dello Spirito il linguaggio della sapienza; all'altro poi il linguaggio della scienza, secondo il medesimo Spirito; a un altro. la fede 1, per il medesimo Spirito; a un altro il dono delle guarigioni, per il medesimo Spirito; a un altro l'operazione dei prodigi; a un altro la profezia; a un altro la discrezione degli spiriti; a un altro ogni ge­nere di lingue; a un altro l'interpretazione delle fa­velle. Ma tutte queste cose le opera quell'uno e mede­simo Spirito, il quale distribuisce a ciascuno in partico­lare secondo che gli piace ». Vedasi pure Rom., xn, 6.

Molto al disopra di tutti questi doni, S. Paolo col­loca la carità : « Se non ho la carità, tutto questo non mi giova nulla» (I Oor., xm, 3).

' Non si tratta ivi della tede virtù teologale, poiché questa è comune a tutti 1 cristiani, ma d'una certezza e sicurezza speciale che Dio con­cede specialmente a teologi e a predicatori perché trasmettano la sua. divina parola con una convinzione che nulla può scuotere. Or. infra^ P. 487, nota 24.

31 — Perfezione e Contemplazione.


482     PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

E 'infatti, come San Tommaso, dimostra, 1-11, q. Ili, a. 5, la grazia santificante e la. carità sono molto più eccellenti di tutti questi carismi, perché esse ci uniscono immediatamente a Dio nostro ultimo fine, laddove questi carismi sono ordinati special­mente all'utilità del prossimo e lo dispongono solo a convertirsi, senza dargli la vita divina 2. General­mente essi non sono essenzialmente soprannaturali, come la grazia santificante, ma solo preternaturali» come il miracolo e la profezia 3.

S. 'Tommaso fa veder bene la natura di questi carismi mediante, la divisione che ne da, I-II, q. 111,. a. 4, e che si riduce al quadro seguente:

1/ede o certezza speciale circa i principii.

3,   I" esse danno la  linguaggio della sapiema circa le princi-g   piena cognizione      pali conclusioni conosciute mediante la. *^        delie            causa prima.

•§ | ''3            K cose divine

<U ^ CI           '

§^3          i

lo-" \   ousualvmB     linguaggio della scienza, circa gli esempi -' p^ S                          e gli effetti che manifestano le caiise-

•Stì ° ^             1. per mezzo ( dono delle guarigioni.

S SS \              2" confermano \ di opere i dono dei miracoli:

?s'3 ss i          la rivelazione / .

g,R o i             divina J per mezzo della ( prorezza.

w's ff I             . I cognizione ( discrezione degli spiriti^

S.                    

a!   a^cTre  ^ dono delle lingue.

^di'S'io11''      mterpretazione delle favelle.

2 I-I'I, c[. Ili, a. 5: « Semper flnia potior est his quae STmt ad flnein-Gràtia autem gratum. taelens ordinat hominem. immediate ad eonjuii-ctionem ultimi finis; gratiae antem. gratis datae ordinant hoimnein aa quaedam, praeparaforia finis ultimi; Bieut per prophetiam et rniracula, et alia hujusmocli homines inducnntTir ad hoc, c[Tiod ultimo flni con-jungantur. Et ideo grafia gratum faciens est multo excellentior guarn grafia gratis data. " — I-II, q. Ili, a. 1, ad 3: 11 Gràtia gratum faciens addit aliauid supra rationem gratiae gratis datae, ciuod etiam ad ra-tionem gratiae pertinet; quia scilioet hommem gratum tacit Deo, et ideo gratia gratis data, quae hoc non (acit, retinet siti nomen communi,. Bicut in pluribug allis contingit. » Coinè l'animale privo di ragione è chiamato « animale » senz'altro, così queste grazie d'ordine inferiore, ohe,. . per sé, non rendono l'uomo gradito a Dio, si dicono gratuitamente date.

3 Vedasi a pag. 52, la distinzione del soprannaturale quanto alla so­stanza (ouoad substantiam) e del soprannaturale quanto al modo (quowt modum).                                                  .


1A CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE      -'483

A questi carismisi annettono generalmente i fa­vori straordinari che accompagnano a volte la con­templazione infusa, cioè le .rivelazioni private, le visioni, le parole soprannaturali, di cui S. Giovanni della Croce trattò ampiamente nella: Salita del Carmelo, 1. Il, e. ix-xxx, distinguendoli con maggior cura dalla contemplazione infusa, che alla sua volta si collega colla grazia delle virtù e dei doni ossia grazia san­tificante.                   J

Quest'insegnamento di. S. Giovanni della Croce poggia teologicamente sul trattato della profezia che S. Tommaso ci lasciò nella II-II, q. 171-175, dove egli consacra sei articoli :(q. 175) al rapimento che .a volte accompagna la,, rivelazione profetica, come può anche accompagnare la contemplazione infusa.

La rivelazione profetica, dice S. Tommaso, può farsi in tré modi: per visione sensibile, o per visione immaginaria, o per visione intellettuale; e lo stesso profeta può essere o in stato di veglia, o ài sonno, o in estasi.    : '

Infatti alle volte'un segno sensibile, esternoy appa­risce agli occhi,'o si ode una voce esterna,6. Altre volte Iddio, per esprimere il suo pensiero, coordina certe immagini -che preesistono nella nòstra immagi­nazione o ne imprime delle nuove 6. Più di rado egli agisce immediatamente sull'intelletto coordinando le nostre idee' acquisite o. imprimendo idee nuove, dette infuse 7. Sempre vi è un lume infuso, profetico, e anche da solo basta, per esempio, per interpretare;

certi segni, come Giuseppe interpretò i sogni di Fa­raone 8.      '               '   '      ' '       .^

Se il profeta si trova in stato di veglia, là visióne e più perfetta che se essa gli fosse data durante il sonno, poiché egli ha il pieno uso delle sue facoltà 9.

1 CI. II-n, q. 174, a. 1, ad. 3.   ^'Ibid., o.

' II-II, q. 173, a. 2, ad 1.       •i •; II-II, q. 171, a. 3.

' -0>id.,ad 2.                       ,'


484    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Qualche volta la visione detta immaginaria o la vi­sione intellettuale sono accompagnate da estasi o da alienazione dei sensi 10. L'estasi parziale o totale può essere un effetto naturale dell'assorbimento delle fa­coltà superiori nell'oggetto manifestato, e l'anima non può più essere attenta alle cose esteriori ~11; se invece l'estasi precede in qualche modo la visione o la con- ' templazione e dispone ad essa, allora è straordinaria, come il rapimento propriamente detto, che comporta -una certa violenza, sottraendo l'anima alle còse infe­riori per fissarla in Dio 12.

Gesù e Maria avevano tutti questi carismi in un grado eminentissimo, senza perdere l'uso dei sensi;

e fin dal principio della loro vita, erano superiori all'estasi e al rapimento 13.

*   *   *

Secondo questi principii S. Giovanni della Croce distinse bene dalla contemplazione infusa, generale ed oscura u, diversi modi di cognizione soprannaturale particolare e distinta: lo le visioni, sia sensibili, sia immaginarie, sia intellettuali 16, 2° le rivelazioni le, 3° le parole inferiori 17. Dopo averle enumerate, San

10 II-II, q. 174, a. 1, ad 3.

11 Cf. S. tommaso, Se Ventate, q. 13, a. 3: «C'unì totaliter anima intendat ad actum unius potentiae, ahstrahitur homo ab actu alterius potentiae ». Gf. I-II, et. 173, a. 3, o., sull3estasi parziale o totale. Ne l'una ne l'altra, del resto, è necessaria alla profezia, ne alla contemplazione;

et. ilbid.                                                                         .

12 II-II, q. 175, a. 1 e a. 2, ad 1 : «Raptus addit aliquid supra ex-tasim... scil. violentiam qtmmdain. » " Ct. Ili, q. 10.

14 Salita del Carmelo, 1. II, o. i-vili. 11 IbW., e. vin-xxil.

lt Ibid., xxni-xxv.

17 Itlid., o. xxvi- xxix. Alle cognizioni soprannaturali distinte S. Gio­vanni della Croce riallaccia (e. ix e xxx) i tocchi divini ricevuti nella volontà che vi producono sentimenti spirituali e si « ripercuotono sul­l'intelletto «. Ne parleremo alla fine di quest'artìcolo.


LA CflIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       485

Giovanni della Croce 'aggiunge: «In quanto alla co­gnizione oscura e generale, non vi è divisione, è la contemplazione ricevuta nella Fede. Questa contem­plazione è la meta a cui dobbiamo condurre l'anima;

tutte le altre cognizioni devono concorrervi, comin­ciando dalle prime, e l'anima deve andare di pro­gresso in progresso spogliandosi di tutte» ls.

Per mettere in rilievo quello che vi è di formale nell'insegnamento tradizionale su questo punto, noi;

procederemo dal generale al particolare. Perciò, se­guendo l'esempio di S. Tommaso 19, parleremo prima, delle rivelazioni, per vedere poi i modi speciali onde, si manifestano, vale a dire sia mediante visione, sia mediante parole, la qual cosa è generalmente più ' espressiva. Notiamo tuttavia che'le visioni e le'pa­role non sono modi particolari di rivelazione se non quando scoprono cose nascoste, future, presenti o passate. ! .   . .     .            ' :.   -

Procederemo anche ^dall'inferiore al superiore con­siderando, in ciascuna di queste categorie, le ma­nifestazioni sensibili, immaginarie, e intellettuali, se­condo che svelano di bene in meglio le opere di Dio, e Dio stesso.     -,   .          .

Finalmente conviene pure andare dall'esterno al­l'interno considerando prima, tra questi favori, quelli che manifestamente mirano soprattutto all'utilità del prossimo e si riallacciano più direttamente ai ca­rismi o grazie gratis datae, particolarmente alla pro­fezia; è il caso soprattutto delle rivelazioni private. Altri fra questi favori s'accostano all'ordine della grazia santificante, perché sono direttamente ordinate alla santificazione della persona che le riceve, e dis­pongono tanto più all'unione divina quanto meglio fanno conoscere Dio stesso ed incitano ad amarlo,

" Salita, I. II, c. ix, fin. " II-II, q. 171, 173, 174.


486    PERFEZIONE CEISÌIANA E CO'NTEMPLAZIOME

sovente in mezzo a grandi prove. È il caso special­mente' di molte parole inferiori ed anche dei tocchi divini ricevuti nella volontà, di cui S. Giovanni della Croce parla in quest'ultimo luogo 20.

' Le rivelazioni divine sono la manifestazione sopran­naturale d'una verità nascosta, per mezzo d'una vi­sione, d'una parola o d'un istinto profetico; e sup­pongono il dono della profezia. Sono pubbliche, se furono fatte dai profeti, da Gesù Cristo e dagli Apo­stoli, e sono proposte a tutta la Chiesa, che ne con­serva il deposito nella Scrittura e nella Tradizione. Sono invece private quando sono ordinate solamente all'utilità particolare di quelli che ne sono favoriti;

.le rivelazioni private, qualunque sia la loro impor­tanza, no,n appartengono alla fede cattolica.

Quelli che ricevono rivelazioni divine, riconosciute .come tali, dopo un prudente giudizio, devono certa­mente inchinarsi con rispetto davanti a siffatta ma-

"nifestazione soprannaturale 21. Secondo certi teologi, essi devono perfino credervi per fede divina e teo­logale, perché, dicono essi, lì vi è il motivo formale della fede: l'autorità di Dio rivelatore 22. Secondo altri teologi 23, chi riceve una rivelazione privata

, " Salita, 1. II,. o. xxx.

81 benedetto XIV, -De sere. Dei beat., 1. Ili, e. Tilt., n. 12. O. de Luso, S. J., de Fide, disp. 1, sect. 11.       '                            >;

" oabd. gotti, O. P., Theol. scimi. dogm., t. I, tract. 9, q. 1, dub. 3,, § 2: «Verlus existimo, revelationem privatam, etiam ex parte rei reve-latae, esse credendam ab eo, cui flt, fide divina theologioa... Quia ubi-^ oumolue est eadem ratio formalis objecti, Vai est idem specie habitus. 11 S. Giovanna d'Arco, quando le si voleva far negare la sua divina mis­sione, (liceva ch'ella doveva crederci come al mistero della Redenzione)-:

e si appellò ripetute volte al Papa, giudice supremo di queste cose.   i?

23 sa.imantioesi, de Fide, disp. I, dub. IV, n. 104 et 111: essi ci-[ tano la favore di quest'opinione S. Tommaso e 1 suoi principali com-v


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIÓNE       487

certa, deve ad essa aderire sull'istante, non per fede divina, ma perii ].ume profetico 24:, e questa certezza soprannaturale può durare, o al contrario cedere il posto ad una certezza morale, se l'illuminazione pro­fetica scomparisce.           ,        .      • '    ^

La Chiesa, approvando le rivelazioni fatte ai santi, dichiara semplicemente ch'esse non hanno niente di contrario alla Scrittura e all'insegnamento cattolico, e che si possono proporre come probabili alla pia cre­denza dei fedeli 25. Le rivelazioni private non si pos­sono pubblicare senza l'approvazione dell'autorità ec­clesiastica 26. Finalmente anche in quelle approvate come probabili dalla Chiesa, può insinuarsi qualche errore, perché anche i santi possono attribuire allo Spirito di Dio quello che procede dal loro proprio fondo, o interpretar male il senso d'una rivelazione veramente divina. Ciò si spiega tanto meglio in quanto vi sono molti gradi nel lume profetico, dal semplice istinto soprannaturale fino alla. rivelazione perfetta;

quando vi è solo istinto profetico, il senso delle cose rivelate può restare ignorato, e; perfino l'origine di­vina della rivelazione 27: così Gaifa profetizzò senza averne coscienza, dicendo: « È vantaggioso che un sol uomo muoia per il popolo» (Joan., xvm, 14).

L'anima che riceve una rivelazione veramente. divina la comunica in poche p'arole, con umiltà e semplicità al suo direttore, ma non vi si attacca e

mentatori ; e notano in particolare .che parecchie di queste rivelazioni, riguardanti cose temporali, non danno un legame sufficiente con l'og­getto primo della fede teologale.

" Essa può procedere anche dalla fede, ohe è menzionata'tra le grazie eratis datde: I Cor., •sii. — Secondo i salma.ntioesi, toc. ctt., n. 113:

« Praedtcta fldes confertur ut in plurlmum Doetorioua Eooleslae circa articuloa fide! catholicae. «                              ;   ,

" benedetto XIV, op. cit., 1. II, e. xxxn, n. 11.       ;

'"' Ot. Decreto d'Urtiano Vili, del 13 marzo 1625, confermato da •Clemente IX, il 23 maggio 1668.

" CI. S. tommaso, II-II, d. 173, a. 4, e.


488    PEEKÉZIONÈ CRISTIANA E CONTEMPIAZIONE

ubbidisce perfettamente al ministro, di G-esù Cristo 28. Il dono della profezia può, è vero, trovarsi in coloro che non hanno queste qualità, ma e una rarissima eccezione.           ;                       • .

Un'anima veramente illuminata-da Dio, prima di regolare la sua condotta secondo una rivelazione pri­vata, consulterà sempre il suo direttore o un'altra persona dotta e discreta; S. Teresa insiste particolar-mente su, questo punto, VI Mansione, e- 3. E ciò è tanto più necessario in quanto si erra più facilmente nell'interpretazione delle rivelazioni, sia perché si' prendono troppo materialmente, sia perché qualche volta sono condizionali 29. Nondimeno, un confessore dotto, prudente e virtuoso ha grazie di stato, che gli fanno evitar l'errore, soprattutto quando le implora con una fervente preghiera.

S. Giovanni della Croce, che c'invita così spesso a desiderare con ardore ed umiltà la contemplazione in­fusa dei misteri della fede e l'unione divina, riprova il desiderio delle rivelazioni con parole altrettanto energiche ed anche più energiche degli altri santi. Su questo punto egli parla come S. Vincenzo Ferreri 30, e ci mette sott'occhio che l'anima, la quale desidera rivelazioni, da al demonio con siffatta curiosità l'oc­casione d'ingannarla, 31, che simile tendenza toglie la purezza della fede 32, produce un impedimento per lo spirito s3, denota certamente una mancanza d'u­miltà st, espone a molti errori 35. Il domandarle poi è anche una mancanza di rispetto a Gesù Cristo, perché la pienezza della rivelazione fu data nel Van-

28 CI. cakd. bona, De discretione spirituum, o. Ss..

" Cf. S. Giov. della cboob, Salila, 1. II, o. xvli-xvm.

" Trattato della vita spirituale, o. xm.

" Salita, 1. II, e. x.                           .

" IWd.

33 IWd., o. xv.

34 Ibid., e. xv e xvi.

35 IWd., o. xix, xxv.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       489

gelo s6. Dio concede a' volte queste cose straordi­narie alle anime che sono deboli 37; ma il pretendervi è per lo meno un peccato veniale, anche quando si ha un fine buono 88. Esse non hanno valore se non per l'umiltà e per l'amor di D,io che destano nell'a­nima 39. Da ciò si vede l'errore dei direttori impru­denti che s'occupano con curiosità delle anime fa­vorite di visioni e di rivelazioni w; questo ingenera. il turbamento, l'illusione, e allontana dalla via del­l'umiltà, per una vana compiacenza nelle vie straor­dinarie. Finalmente, non ci si bada mai abbastanza, questo desiderio delle rivelazioni distoglie dalla con­templazione infusa: « Taluno s'immagina d'essere di­ventato qualcosa di grande, che Dio stesso gli ha par­lato, e in fondo vi è poco o nulla, o men che nulla. Infatti a che può giovare ciò che è vuoto d'umiltà, di carità, di mortificazione, di santa semplicità, di si­lenzio, ecc.? Perciò io affermo che queste illusioni oppongono un grande ostacolo all'unione divina, perché-se l'anima ne fa stima, questo solo fatto la respinge assai lontano dall'abisso della Fede... Lo Spirito Santo» illumina l'intelletto raccolto in proporzione di questo raccoglimento. Ora il più perfetto raccoglimento è quello che ha luogo nella Fede... La carità infusa è, in proporzione della purezza dell'anima in una Fede-perfetta: quanto più una tal carità è intensa, tanto-più lo Spirito Santo la illumina e le comunica i suoi doni-» i1. Nulla di più efficace per' condannare il de­siderio delle rivelazioni e nel medesimo tempo per far desiderare, quel perfetto spirito di fede, che si

18 Salita, 1. II, e. svii, xx. Sotto la legge antica era lecito chiederle». ma non sotto la legge nuova del Vangelo, perché ogni rivelazione è in:

Cristo.

" MO... e. xix.

" lìnd.

" IM., 1. Ili, o. ix e xn.

" IM., 1. II, e. xx.

41 Ibid., e. xxvil,


490    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPIiAZIOME

trova nella contemplazione infusa e che conduce al­l'unione divina.                            , , È dunque un grosso errore, che si commette non

•di rado, .il, confondere il desiderio delle rivelazioni

•con quello 'della contemplazione infusa,; non solo il primo è condannevole, ma ci distoglie anche dalla contemplazione infusa che .è altamente desiderabile. .8. Giovanni della Croce ci diede così il miglior com­mento della' sentenza di S. Tommaso: «grafia, gratum faciens est multo excellentior quam: gratta gratis data» A2, la grazia santificante (colla carità e coi doni che le sono connessi) è di gran lunga supe­riore ai carismi, anche al più elevato di tutti, che è la profezia. JSToi ritorniamo così all'insegnamento (li S. Paolo, I Oor., xii, sull'eminenza della carità.

•: Nondimeno conviene distinguere due specie di ri­velazioni private: 1° le rivelazioni propriamente dette ci svelano dei segreti, sia circa Dio, sia circa le opere sue; . 2° le rivelazioni impropriamente dette danno una maggiore intelligenza delle ^verità soprannaturali

•già conosciute per la fede i3.         .   -

' ip Quelle che ci manifestano dei segreti sono molto più soggette ad illusioni. A volte Iddio rivela a persone viventi il tempo che loro resta a vivere, le prove che subiranno, quello che accadrà ad un po­polo, ad una persona determinata it. Il demonio'è .assai esperto nel contraffare tali cose, e per accre­ditare le sue menzogne, egli comincia con nutrire la mente di verità e di cose verosimili 45. « È quasi im­possibile, dice S. Giovanni della Croce, lo sfuggire .alle sue astuzie, se uno non se ne libera, subito, tanto lo spirito del male sa prendere l'apparenza della ve -

« I-II, q. IH, a. 4. « Salita, 1. II, e. XXIII. " J6td., o. xxv. * IWd.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       491

rità e darle forza » ie. « Per essere perfetti non, vi è ragione alcuna di desiderare queste cose sopranna­turali straordinarie... Bisogna, che l'anima si guardi prudentemente da tutte queste comunicazioni, se vuole arrivare pura e senza illusioni, per la Notte della Fede, alla divina unione » ". È impossibile distin­guere meglio da .queste cose' soprannaturali straor­dinarie la contemplazione infusa e meglio dimostrare ch'essa è qualche cosa di normale nei perfetti.

2° Le rivelazioni unpropri amente dette, che ci danno una maggiore intelligenza delle verità rivelate, s'accostano alla contemplazione infusa, specialmente se riguardano Dio stesso, e non si fermano a nulla di particolare, ma penetrano profondamente la sua onnipotenza, la sua sapienza o la sua infinita bontà. « Del resto queste alte nozioni d'amore non sono ac­cessibili se non all'anima in stato d'unione con Dio; , sono anzi quest'unione stessa, perché provengono ap­punto da un certo tocco dell'anima nella divinità. Così è Dio stesso che si sente e si gusta. Senza dubbio Dio non è percepito manifestamente in piena chia­rezza, come nella Gloria, ma il tocco è così vivo e così alto, in ragione del conoscimento e dell'attrat­tiva, ch'esso penetra la sostanza dell'anima. Al de­monio è impossibile intromettersi in questo e ingan^ nare per imitazione; non vi è nulla di paragonabile, e nulla s'avvicina a godimenti e a delizie simili. Esse hanno un^, gusto di essenza divina, di vita eterna, e il demonio non potrebbe contraffare cose così alte»18. Ci ritorneremo sopra alla fine di quest'articolo par­lando dei tocchi divini. «In quanto alle altre perce­zioni, aggiunge S. Giovanni della Croce, abbiamo detto che l'anima deve far da esse astrazione, ma

•" Salita, 1. II, e. xxv.

'" Itlid., c. xxv fine.                                     

48 Wd., o. xxiv.


492    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

questo dovere cessa davanti -a queste, poiché esse sono manifestazioni di quell'unione a cui noi ci sfor­ziamo di condurre l'anima. Tutto quello che abbiamo-precedentemente insegnato a proposito dello spoglia­mente e del distacco completo, ha quest'unione per scopo, e i favori divini che ne risultano sono il frutto dell'umiltà, del desiderio di soffrire per amor di Dio, con rassegnazione e con disinteressamento da ogni ricompensa» 49.

*   *   *

Le visioni sono rivelazioni quando svelano cose oc­culte, .altrimenti si distinguono dalle rivelazioni; e sonò, come abbiam detto, sia sensibili, sia immagi­narie, sia intellettuali.

Le visioni sensibili o corporali rappresentano ge­neralmente il Salvatore, la S. Vergine, i Santi. Esse non sono segni d'una gran virtù, perché sono a volte concesse ai principianti per distaccarli dalle cose terrene. Sono soggette alle illusioni dell'immagina­zione e del demonio. Se la visione è comune ad un gran numero di persone, è un segno che l'apparizione è esterna, senza che per questo sia certo che sia d'origine divina 50. Se è individuale, si devono esa­minare attentamente le disposizioni del testimonio che dichiara • d'averla, e procedere con grande, circospe-zione.

Quelli che sono favoriti di queste apparizioni di nostro Signore, della S. Vergine, dei Santi, devono rendere alle persone, rappresentate gli onori che sono loro dovuti, anche quando l'apparizione fosse il ri­sultato di un'illusione dell'immaginazione o del de­monio: « quantunque un pittore sia un malvagio, bi-

" Salita, 1. II, e. xxiv. 50 Cf. S. tommaso, I, q.. 51, a. 2, o.


LA CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE       493

sogna nondimeno onorare il ritratto di Cristo da lui fatto» 61. Si deve pure in questo caso consultare il proprio direttore, che potrà riconoscere se queste apparizioni sono grazie di Dio, dalla loro conformità alla dottrina della Chiesa e dalle buone disposizioni che ne risultano nell'anima per la pratica della virtù. L'anima stessa dovrà mostrarsi fedelissima a rica­vare i frutti di santità che Dio si propone concedendo tali favori s2.

Non bisogna, mai ne desiderare ne domandare a Dio siffatte apparizioni 63.

Le visioni immaginarie, così chiamate perché sono prodotte nell'immaginazione .da Dio o dagli angeli, sono concesse sia nello stato di veglia, sia nel sonno. Parecchie volte, secondo il Vangelo, S. Giuseppe fu soprannaturalmente istruito in sogno, e la vita dei Santi contiene molti fatti simili. Perché un sogno sia soprannaturale, bisogna ch'esso non si possa spie­gare colle leggi della memoria e dell'immaginazione;

perché sia divino, non deve' contener nulla di con­trario alla dottrina rivelata e .ai buoni costumi 6i. E, benché questa origine divina sia difficile a discernere, Iddio per solito, quando lo si cerchi sinceramente, sa ben farsi sentire, sia con un profondo sentimento •di pace, sia con avvenimenti che recano una conferma;

così un peccatore può essere avvertito in sogno della necessità urgente .di convertirs'i, o .un giusto d'una grave decisione da: prendere.

Le visioni immaginarie sono soggette alle illusioni dell'immaginazione e del demonio 55. Tuttavia quelle

51 S. teresa, VI Mansione, e. ix.

12 Or. vallgokneka, Theol. myst. D. Thomae, q. 3, disp. 5, a. 1, •n. 13.

" Ct. S. giovanni della cbooe, Salita, 1. II, e. xi. " Of. S. tommaso, II-II, q. 95, a. 6, e., e q. 173, a. 2, e. °6 Salita, 1. II, e. xvi.


494    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

che sono d'origine divina si possono discernere, da .tré segni: 1° quando èsse non. si possono produrre ne allontanare a piacimento, ma vengono d'improv­viso 'e durano poco; 2° quando lasciano l'anima in una gran pace; 3" quando producono frutti di virtù, una umiltà più grande e la perseveranza nel bene 56.

La visione immaginaria divina accordata nello stato di veglia, è quasi sempre accompagnata da estasi al­meno parziale, affinchè si possa distinguere l'appari­zione interiore dalle impressioni esterne 67, e perché l'anima rapita e unita al suo Dio perde contatto colle .cose esterne 58. Non vi è visione immaginaria per­fetta- senza una visione intellettuale che ne faccia ve­dere e penetrare il senso mistico 69: per esempio l'una ha' per oggetto la santa umanità di Cristo,'e l'altra la sua divinità 60.

Non si devono desiderare o domandare a Dio le visioni immaginarie più che le visioni sensibili; esse non sono in conto alcuno necessario alla santità 61;

il perfetto spirito di fede e .la contemplazione oscura sono d'ordine superiore e dispongono più immedia­tamente all'unione divina 62.

La visione intellettuale è la manifestazione certa d'un oggetto all'intelligenza, senz'alcuna dipendenza attuale ; dalle immagini sensibili; e si fa sia con idee acquisite, .sia con idee infuse, che sono a volte d'or­dine angelico 63. Inoltre richiede, un lume infuso, quello del dono della sapienza o della profezia. Può

' valmornera, op. cit., ibid. n. 11, e S. teresa, VI Mans., o. ix. ' S. tommaso, II-II, q.. 173, a. 3. ' S. teresa, VI Mans., o. ix. • S. tommaso, de Ventate, q. 12, a. 12, e.        ' ; '•••' ' S. teresa, V'ita, o. xxix.

' Salita, 1. II, o. xvi e xvn; -itevi S. tebbsa, Castello. VI Mans., ix, p. 257, e sopra a p. 281.          ' 3 Salita, I. II, o. 8. ' II-II, q. 173, a. 2, ad 2, e de Veriiate, q. 12, a. 12.


-Là. CHIAMATA A1LA CONTEMPLAZIONE        495

avere per oggetto Iddio, gli spiriti o i corpi, come' la cognizione puramente intellettuale degli angeli.

La visione intellettuale è alle volte oscura e indi­stinta, cioè, essa manifesta con certezza la presenza:

dell'oggetto, ma senza alcun particolare sulla sua natura intima. Così. S. Teresa sentiva spesso .vicino a sé nostro Signor Gesù Cristo durante parecchi giorni 64.    . • •

Altre volte, la -visione intellettuale è chiara è di­stinta; allora è più rapida; è una specie d'intuizione' delle verità divine, o delle cose .create in Dio es; e-non si può tradurre in linguaggio umano 66.

Le visioni intellettuali, specialmente quelle che si fanno per idee infuse, sono esenti dalle illusioni della immaginazione e. del demonio; ma alle volte si può prendere per una visione intellettuale' quello che è solo una sovreccitazione dell'immaginazione o una suggestione del demonio CT.              

Si riconosce che questi favori vengono da Dio dagli effetti che producono: pace intima, santa gioia, pro­fonda umiltà, attaccamento incrollabile alla virtù 68-

Per ciò stesso che queste cognizioni vengono d'im­provviso, fuori della nostra volontà, l'anima non ha, bisogno di desiderarle ;... lasci fare a Dio come . e quando a lui piace... Questi favori non sono dati -all'anima attaccata: a-qualche bene, ma sono l'effetto. d'un amor particolare che Dio porta a quella che tende a Lui nel distacco per amore gratuito » 69.

Le più alte visioni intellettuali, finché sono infe­riori alla visione beatifica, non possono raggiungere:

l'Essenza divina sicuti est, tal quale iè, ma solo per un certo modo di rappresentazione, dovuta alle idee infuse,

" Vita, e. xxvn.                ^

" VI Mansione, e. x, e Salita, 1. II, e. xxil, xxiv.

'" VI Mansione, e. x.

7 Salita, I. II, o. xxiv.'

"' l'bid.                                   .

" Wcl.


496    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

«por cierta manera de representacion » (VIIMans., e. 1).                 ./ \        .        .

Se trattasi di quelle ohe molto sovènte: accompa-..gnano l'unione trasformante 70, per parecchi autori .sono l'equivalente d'una rivelazione speciale che da .all'anima la certezza del suo stato di grazia e della sua predestinazione. S. Giovanni della Croce dice perfino: «A mio giudizio, l'anima non può mai es­sere messa in possesso di questo stato (d'unione tras­formante) senza trovarsi nel medesimo tempo confer­mata in grazia» n.     

Le parole soprannaturali sono manifestazioni del pensiero di Dio che si fanno intendere sia ai sensi esterni, sia ai sensi interni, sia immediatamente al­l'intelletto. Esse hanno dunque un'analogia con le visioni e a volte l'accompagnano.

La parola soprannaturale auricolare è una vibra­zione formata nell'aria per il ministero degli angeli;

•«così, come riferisce S. Luca (i, 19), Zaccaria udì JL'angelo Gabriele che gli parlava. Il medesimo angelo

'0 Vedasi sopra a p. 281.

71 Cantico spirituale, str. 22, trad. Hoorn., II ediz., p. 111. — filippo della S. trinità (Theol. must. Prooem., a. 8), scabamelli (Dir. myst., tr. II, e. xxil, n. 258), e parecchi altri stimano ohe uno stato così su­blime richiede che Dio riveli all'anima sua sposa l'amicizia indissolu-fcile che esiste tra loro. Vedasi su questo punto metnakd, O. P., Vie

•iniérieure, t. II, n. 270. — Cosi si conciliano certi passi dei grandi mi­stici ortodossi con ciò che dice il Concilio Tridentino: senza rivelazione

•speciale ninno quaggiù può avere la certezza assoluta del suo stato di grazia e tanto meno di perseverarvi fino alla morte. Ci. Oonciliuln Tri-dentinum, sess. 6, capo 9 e 13; canoni 13, 14, 16.

Sulla conferma in grazia e sulla differenza che passa tra questa e al dono della perseveranza finale) cf. salmanticesi, de Gratta, (i. 110, dtep. Ili, duo. XI, n. 259. Questo dono di conferma in grazia, dicono essi, \^ una certa partecipazione dell'impeccabilità dei beati, e richiede di «sser resa completa da una protezione speciale di Dio; per questa ra­gione esso è inferiore al dono della perseveranza finale che ricevono tutti 1 predestinati.


LA CHIAMATA ALEA CONTEMPLAZIONE       497

Gabriele disse a Maria: «Ave, piena di grazia» (Lue., I, 28). — Queste parole, come le visioni cor­porali, sono soggette alle illusioni; e bisogna applicar loro le medesime regole per discernere quelle che sono d'origine divina.

Le parole soprannaturali immaginarie si fanno in­tendere all'immaginazione, sia nello stato di veglia, sia durante il sonno; alle volte sembrano venire dal cielo, altre volte si direbbe che vengano dal più intimo del cuore. Sono esse perfettamente distinte, benché non si odano colle orecchie del corpo 72; non si dimenticano facilmente; specialmente quelle che contengono una profezia restano impresse nella memoria 7S. Si pos­sono distinguere da quelle del nostro spirito in questo che non si odono a piacimento e in questo che sono nel medesimo tempo parole ed opere; per esempio, quando ci rimproverano delle nostre colpe, esse cam­biano subito le nostre disposizioni inferiori e ci ren­dono capaci d'intraprendere ogni cosa per il servizio di Dio 7ft. Perciò sovente è facile discernerle 76.

Quand'è il demonio che fa udire parole immagi­narie, non solo esse non producono buoni effetti, ma ne producono dei funesti, l'anima rimane nell'inquie­tudine, nel turbamento, nello spavento, nel disgusto, e, se vi è qualche piacere sensibile, esso è assai. differente dalla pace divina 76.

Le parole. intellettuali si fanno intendere diretta­mente all'intelletto, senza l'intermedio dei sensi o dell'immaginazione, nel modo onde gli angeli si co­municano i loro pensieri; e suppongono un lume di­vino e la coordinazione d'idee acquisite preesistenti,

72 S. tekbsa, Vita, o. xxv.

'? lUd.   '. -

'• Ihid.

" Ibid.

" Itnd., e S. tommaso, I, q. 111, a. 1, 3, e q. 114; I-II, q.. 80, a. 1, 2,3.

32 — Perfezione e Contemplazione.


498    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

a volte idee infuse77. «È un parlare senza parole, che. è il linguaggio della patria» -ra.

S. Giovanni della Croce insegna che quéste parole intellettuali possono essere o successive, o formali, o sostanziali 79.            ,                         ,

Le parole intellettuali successive si producono solo nello stato di raccoglimento; esse provengono dal nostro spirito illuminato dallo Spirito Santo, e ciò con tanta facilità e con vedute così nuove che la .mente non può figurarsi che ciò venga dal suo proprio fondo 80. Queste parole successive sono soggette alla illusione, perché lo spirito, ^che al principio seguiva unicamente la verità, può deviare, ingannarsi e ca­dere anche in mille stravaganze, giacché il demonio s'insinua spesso in siffatte parole successive, spe­cialmente nelle persone che vi sono attaccate. Tanto più agisce esso così con quelli che sono a lui. legati con un atto tacito o formale, con. gli eretici e prin­cipalmente con gli eresiarchi 81.  .

Le parole successive vengono da Dio quando pro-. ducono nell'anima simultaneamente un aumento di .carità e d'umiltà; ma è spesso difficile discernere bene l'amor soprannaturale da un certo amore na­turale, e la vera umiltà dalla pusillanimità. Quindi è malagevole il riconoscere l'origine divina di tali parole successive 82. Non bisogna desiderarle, giacché la Fede oscura è molto superiore ad esse 83.

" Ot. S. tommaso, I, q. 107, a. 1, Commento del Gaetano.

" S. teresa, Vita, o. xx'vii.

" Salita, 1. II, e. xxvi-xxix Incluso.

" IWd., o. xxvil.

81 IWd.                   .             '

82 Ct. Ibid. Parimenti 'bisogna usar circospczione e riserva riguardo a ciò ohe S. Tommaso chiama (II-II, q. 171, a. 5, e (i. 173, a. 4) instinctus propheticiis. QTiesVistinto o attraimento sopmTOicitMrate è un'illumuiazione ..interiore, che non da la certezza della sua origine divina; non bisogna disprezzare onesti movimenti intcriori, ma prima di termarcisi e di seguirli bisogna farne un giusto discernimento.

81 Salita, 1. II, e. xxvn.


LA" CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       499

£e parole intellettuali formali sonò così chiamate « perché lo spirito" conosce formalmente ch'esse sono proferite da un altro, senza ch'esso vi contribuisca in nulla... e può intenderle ' fuori d'ogni raccogli­mento, essendo perfino assai lontano ' dal pensare a quanto vien .detto» si. Sono dunque molto diverse dalle precedenti, e alle volte molto precise; in tali modo Daniele ci-dice che «un Angelo parlava in lui»' (Dan., ix, 22). Per solito, il loro scopo è di precisare un insegnamento, di lumeggiare qualche punto, e quest'effetto è sempre prodotto, quantunque vi possa esser ripugnanza nel compire l'ordine divino (Exod., e. ni, 4). Dio lascia sussistere questa ripugnanza per preservare l'anima dalla fretta naturale verso le grandi cose; se invece il Signore ispira cose umilianti, da maggior facilità per compirle 85.

Queste parole intellettuali formali,, in sé stesse, sono esenti da illusione, poiché la mente non vi mette • nulla del suo fondo, e il demonio non può agire di­rettamente sull'intelligenza86. « Nondimeno, dice San Giovanni della Croce 87, l'anima non deve fare più grande stima delle parole formali che delle parole successive; se ella ,se ne occupa, s'allontana dal mezzo proprio e immediato dell'unione divina, che è la Fede, e ciò l'espone ad essere facilmente ingan­nata dal demonio, tanto più che in molti casi le buone comunicazioni si distinguono appena dalle cat­tive ss... Non bisogna adunque tradurre subito in

" Salita.,1. I, c. xxvin, ;

" IM., o. xxvni.     ,

"• Ci. S. TOMMASO, I, q. Ili, a. 1 e 3; q. Ili, a. 1, 2, 3, 4; I-II, q. 80<. a. 1, 2, 3; Hem Gaetano, Ouriel, Suarez; cf. oakd. bona, De DiscreHone Spirituum, e. xvil, e nicola di gesù maria, O. D., ElweiSatio phrasium mystic. operum Joannis a Oruce, e. v, § 4.   ,

" Salita, 1. II, e. xxvin.

" Benché 11 demonio non possa agire direttamente sull'Intelligenza e sulla volontà dell'uomo, sovente si possono prendere i siiol artiflzi per parole di Dio, confondendo ciò che tocca immediatamente l'intelli­genza con quello che avviene nell'immaginazione.


500    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

atto ciò ch'esse dicono, ne tenerle in stima, qualun­que sia la loro origine. Ciò che è indispensabile è farle conoscere a un confessore sperimentato o a una persona discreta e istruita... Se manca la per­sona esperta, di 'queste parole si conservi quanto esse possono avere di sostanziale e di sicuro, trascurando il resto e non parlandone con nessuno, per non in­contrare un consigliere che facesse all'anima più male che bene. Non bisogna che un'anima si metta in balia di uno qualsiasi, perché il tatto di agire giudiziosamente O d'ingannarsi in simile materia è della massima importanza» 89.

Le parole, intellettuali sostanziali sono parole for­mali che operano subito • quello che enunziano: «Per esempio, come leggiamo nella Salita del Carmelo, Dio ' dice formalmente ad un'anima: Sii buona! e all'istante ella diventa buona. Oppure dice: Amami! e tosto ella possiede e prova in sé il vero amor di Dio. O ancora egli dice: -Non temer nulla, e nel momento stesso ; la forza e la pace scendono nell'anima... Così Dio disse ad Abramo: Cammina alla 'mia presema e sii perfetto! (G-en., xvn, 1) e fin da quel momento gli fu data la perfezione, ed egli camminò sempre nel cospetto di. Dio... Una sola di queste parole opera maggior bene in una volta che non ne produca lo sforzo d'una vita intera. Quando l'anima riceve tali parole non ha che da abbandonarsi; è inutile desi­derarle o non desiderarle, perché nulla vi è da re­spingere, e nulla da temere. L'anima non deve nem­meno cercare di eseguire quanto vien detto, perché Dio non pronunzia mai parole sostanziali perché si traducano in atti; ne opera l'effetto egli stesso, ciò che le distingue dalle successive e dalle formali... Qui l'illusione, non è a temersi; ne la mente, ne il demonio potrebbero intromettersi in questo... salvochè

" Salita, 1. II, o. xxvin.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        501

l'alluna non siasi data al demonio .con patto volon­tario, ma allora l'effetto è tutt'altro;... qualsisia pa­rola è oo ine un puro nulla di fronte a quella di Dio... Le parole sostanziali sono adunque un potente mezzo. d'unione con Dio... Beate quelle anime a cui Dio le rivolge I » 90. Le parole di Dio sono come fiamme nelle anime purificate 91.

*   *   *

Resta un quarto genere di favori, che accompa­gnano « frequentemente » 92 la contemplazione infusa ;

e sono i tocchi divini impressi nella volontà e che hanno « la loro ripercussione sopra l'intelligenza... ;

essi danno così una penetrazione intellettuale altis­sima e saporosissima di Dio» 93. Per questo siffatti tocchi si riallacciano alla «contemplazione partico­lare e distinta» 9*; e non dipendono dall'attività del­l'anima, ne dalle sue meditazioni, benché ella si metta così in buone disposizioni.

Alle volte questi tocchi divini sono così profondi e così intensi che sembrano impressi «nella stessa sostanza dell'anima». Infatti Iddio che conserva la sostanza stessa dell'anima nell'esistenza con un con­tatto virtuale che è la creazione continuata95, vi pro­duce, vi conserva, vi aumenta la grazia santificante, donde derivano le" virtù infuse nelle facoltà 96. Muove altresì queste facoltà, sia proponendo loro un oggetto, sia applicandole all'esercizio dei loro atti, e ciò ab

"> Salita, 1. II, e. xxix.

01 Viva Fiamma, 1 str., vera. 1.

12 Salita, 1. II, o. xxx.

i" Ibid.

" Ibid.

"• Cf. 8. tommabo, I, <l. 8, a. 1, 2, 3; q. tS, a. 3; q. 104, a. 1 e 2;

q. 10S, a. 3è 4.          ;

" I-II, q.. 110, a. 3 e 4.


502    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

ìntus, dal di dentro 97. Il tocco divino di cui parliamo è una mozione soprannaturale di questo genere, ma delle più profonde; e si esercita sul fondo stesso della volontà e dell'intelletto, là dove queste facoltà si radicano nella sostanza dell'anima, d'onde esse dimanano 98. Infatti la nostra volontà è d'una pro­fondità in qualche modo infinita; per questa ragione, i beni creati non possono esercitare sopra di essa-un'attrattiva invincibile; ed .essa è libera di amarli , o no; Dio solo veduto faccia a faccia l'attrae infal­libilmente e l'avvince fino nella sorgente delle sue energie ".È su questo fondo della volontà e del- ;

l'intelligenza, che si esercitano i divini tocchi detti sostanziali 100. La sostanza stessa dell'anima sente qualche cosa solo mediante queste facoltà 101; ma Dio, più intimo all'anima che lei 'stessa in quanto egli le

" I-II, <1. 9, a. 4-; q. 10, a. 1, 2:4.

' I-II, i. 113, a. 8, e de Ventate, q. 28,.a. 3: » Ipse Deus, qui justi-ficat impium, tangit animam, gratiam in ea causando... Mens antera Iraniana aliquo modo tangit Deum, eum cognosoendo et amando.» Nell'istante della giustificazione vi è un'azione divina che fa passar dalla morte spirituale alla vita la stessa essenza dell'anima, producen-, dovi la grazia santificante, la vita eterna cominciata; il favore mistico di cui parliamo ci rende in qualche modo coscienti di quest'influsso. divino nel più intimo di noi stessi. Esso è spesso preceduto dalla puri­ficazione passiva dello spirito, ohe approfondisce considerevolmente^ in noi il lavoro tatto da Dio in noi nel momento della nostra conversione (I-II, q. 113, a. 8, de ordine eorum quae ad justiflcationem ooncurrunt).^ È come se l'Autore della grazia scavasse di nuovo, ma molto più pro­fondamente, il solco ove deve crescere la divina semenza. " I-II, q. 10, a. 2.

iob of^ valigorneba, Theot. Myst. d. Thomae, q. 3, oisp. 5, a. 9, n. 1,3, i.

101 Per S. Tommaso nessuna sostanza creata può operare, sentire, percepire, amare, per se stessa, ma solo per le sue facoltà; per questo le ha essa ricevute. Ct. I, q. Sì, a. 1 : Utrum intelligere angeli sit sua sub--, stantia; a. 2 : Utrum esse angeli sit suum intelligere; a. 3 : Utrum essentia angeli sit sua virtus intellectiva; q, 77, a. 1: Utrum essentia animae sii ejus potentia; a. 2 : Utrum sii tantum una potentia mi plures. Per evitare ogni errore, è alla luce di questi principii che bisogna intendere quello che il Taulero, il Blosio, S. Giovanni della Croce dicono del fondo del­l'anima; et. il blosio, Institutio spiritualis, o. xil, dove si dice che 11 tondo dell'anima è l'origine delle facoltà superiori, « virium illarum est origo. » — Vedasi più avanti, p. 505-506.


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       503

conserva l'esistenza, può toccare e muovere di dentro il fondo stesso delle facoltà, mediante un contatto spirituale che si rivela come divino. Questo fondo dell'anima è chiamato anche cima dello spirito per rapporto alle cose sensibili, secondo che queste si considerano sia come esterióri, sia come inferiori a noi. .

Quindi si capisce quello che a questo proposito dice S. Giovanni della Croce: «Nulla è più acconcio a dissipare queste cognizioni delicate che l'intervento dello spirito naturale. Poiché si tratta d'una sapo­rosa intelligenza soprannaturale, è inutile cercare di comprenderla attivamente; ciò è impossibile. L'intel­letto non ha che da accettarla. Se invece esso cerca di provocarla o se ne ha il desiderio, accade che ciò che concepisce viene da esso, e con ciò da al demonio l'occasione . di presentargli delle contraffa­zioni... L'accettazione passiva nell'umiltà è dunque ciò che s'impone all'anima; Dio dispensa questi fa­vori secondo il suo beneplacito, ed è l'anima umile e distaccata da tutto' che ha le sue preferenze. Rego­landosi così, nessuna interruzione si produce nel progresso dell'anima, e tali cognizioni sono delle più efficaci per accentuarlo. Sono già tocchi d'unione, che servono ad unire passivamente l'anima a Dio »102.

S. Giovanni della Croce descrisse più a lungo questi favori nella Notte oscura, 1. II, e. 23, e nella Viva fiamma, 2 str., vers. 3. Questi favori, dic'egli, non si ottengono se non praticando lò spogliamente e il vuoto di tutto il creato; con un. solo di questi tócchi d'amore l'anima è ricompensata di tutte le sue opere e di tutte le sue tribolazioni. La sostanza di Dio che s'identifica con la sua azione creatrice, Gonservatrice, santificatrice, tocca la sostanza dell'a­nima e si fa sentire come divina e sovrana.

102 Salita, 1. II, o. xxx.


504    PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Così si vede sempre più la verità della dottrina secondo la quale lo stato mistico è il compimento nor;-male della perfezione cristiana, a condizione che si distingua da certi fatti accessori che talvolta l'ac­compagnano.

Ma per stabilire la verità di questa dottrina bisogna guardarsi da non poche confusioni, che certi 'autori contemporanei, bramosissimi di ritornare alla tra-dizione.Jaon sempre evitarono abbastanza, a quanto sembra.

§ n.

Confusioni da evitare nell'esposizione della dottrina tradizionale.

lo Per dimostrare che la .contemplazione .infusa non è una grazia straordinaria, come le rivelazioni e le visioni, e che dev'essere desiderata e domandata dalle anime inferiori generose, non bisogna diminuire

10 stato mistico, ne accostarlo troppo a ciò che ve­ramente non è tale. Non confondiamo l'orazione af­fettiva od orazione acquisita di raccoglimento de­scritta da S. Teresa nel Cammino, e. 28, con il rac­coglimento soprannaturale di cui ella parla nella IV Mansione, e. 3.

2° Non bisogna neppure mettere un abisso fra lo stato mistico iniziale (IV Mansione) e 'ciò che costi­tuisce essenzialmente l'unione semplice, l'unione com­pleta, l'unione trasformante, descritte nella V, VI e VII Mansione. Il sommo dello sviluppo normale della grazia delle virtù e dei doni non si trova, quaggiù, se non nell'unione trasformante; essa è

11 termine normale dello stato mistico iniziale (cf. -"pra, p. 281 ss.).                              

-Non bisogna confondere l'essenza di questi stati


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE        505

mistici superiori coi fatti straordinari che a volte li accompagnano. Bisogna anche osservare che questi fatti accessori, descritti da S. Teresa specialmente nella V e VI Mansione, scompaiono spesso nella VII (cf. supra, p. 275-281). Infatti questi fenomeni ac­compagnano specialmente l'influsso dello Spirito Santo « sulle facoltà », anziché quello che « tocca la sostanza dell'anima», come dicono i mistici; ora quest'olone intimissima di Dio sul fondo dell'anima si trova princi­palmente nell'unione trasformante, in cui le estasi sono generalmente scomparse (cf. supra,, p. 281-284).

A ciò tutto fa capo, e in. un certo senso da ciò tutto è cominciato, senza che noi ne avessimo avuto coscienza. Quest'influsso dello Spirito Santo «sul fondo dell'anima » infatti precede, senza che vi badiamo, quello ch'egli esercita più manifestamente « sulle facoltà », è finalmente l'anima del tutto purificata lo sente nel più intimo di sé, quando ha finito con entrare in questo santuario ove Iddio abita ed opera fin. dall'istante della giustificazione o della conversione 103. Per il Taulero, il Blosio 104:, S. Gió-

103 Ct. S. tommaso: « Hiall menti convemt soli Deo ». Ili, q. 8, a. 8, ad 1; q. 61, I, e.; I-II, q. 112, a. 1; in, Joann. xm, lect. 4 fin.; in I Oor. il, leot. 2 fin. — SI legge In de Veritate, q. 10, a. 1, e. : « Mena in anima nostra dicit illud qnod est altissimum in virtute ipsius : linde cum secundum id quod est altìssimmn in nobis divina imago inveniatur in nobis, imago non pertinebit ad. essentiam animae nisi secundum mentem pront nominat altissimam potentìam ejus; et sic mena, prout in ea est Imago, nominat potentìam animae et non essentiam, ve! si nominat essentiam, hoc non est nisi in quantum ab ea fluit talis potentia. » — Per questo punto di dottrina bisogna leggere i tredici articoli di questa questione del de Veritate, che ha per titolo de Mente.

101 lodovico blosio, Institutio spiritualis, o. xn, § 2 : « L'anima diventa capace di contemplare con calma, con semplicità, con delizia senza immagini grossolane e senz'alcuna illusione dell'intelletto, l'abisso della Divinità. È allora, che rivolta tutta quanta a Dio mediante il puro amore, e mediante un lume incomprensibile che viene a spandersi, per così dire, in tondo alla sua essenza, l'occhio della ragione e dell'in­telletto ne è come abbagliato... Allora conosce per esperienza che Dio è ' infinitamente al disopra d'ogni immagine... e di tutto quello che l'in­telligenza può capire... Ella si perde nell'immensità solitària e tene-


506    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

vanni della Croce 105, S. Teresa 106, che parlarono tanto di questo fondo dell'anima, al termine delle purificazioni passive dello spirito -si sperimenta senza vederla quest'azione « sostanziale » di Dio, da cui tutto parte, a cui tutto fa capo, e fuori della quale para non vi sia nulla. E perciò quello che si dice fonda dell'anima, per rapporto alle cose sensibili considerate come esteriori, si dice cima dello spirito per rap­porto a queste medesime cose considerate 'come in­feriori (cf. supra, p. 281 e 502).

4o Parimenti non bisogna confondere le tré. vie tra­dizionali con ciò che ne sarebbe solamente una forma imperfetta. Da ciò che precede si vede perché, se­condo la tradizione conservata da S. Giovanni della Croce, la via purgativa perfetta richiede le purifica­zioni passive d'ordine mistico, perché la via illumi­nativa è da lui chiamata via di contemplazione in­fusa 107, perché finalmente la via unitiva non si compie normalmente se non nell'unione trasformante, preludio del cielo. Queste tré vie spesso sono smi­nuite, perché gli scrittori si contentano di descriverle dal di fuori. S. Giovanni della Croce le vedeva dal-

brosa della Divinità; ma perdersi cosi è un ritrovarsi, r — Tutto questo ammirabile capitolo è come un compendio della dottrina del Taulero, di cui il Blosio prese le difese.

105 Ct. Viva fiamma, I str., vers. 3: II centro più profondo dell'anima:

» È nella sostanza dell'anima. Inaccessibile al senso e al demonio, che ~si espande questa gioia dello Spirito Santo... Nel centro dell'anima enei .suo fondo intimo. Egli solo è capace di farla agire e operare senza l'intromissione dei sensi. " L'attività dell'anima tende verso questo centro, come la .pietra verso il centro della terra, e gli si avvicina tanto più quanto la sua carità è più intensa.

Ct. Cantico spirituale, 1 p., str. 1, vers. 1: n II Verbo Figlio di Dio, insieme col Padre e collo Spirito Santo, si trova essenzialmente nascosto nell'essere intimo dell'anima. D'onde bisogna concludere che se l'anima vuoi trovare lo Sposo, deve vivere distaccata di affetto e di volontà da tutto il creato, entrare in un profondo raccoglimento e comportarsi col mondo come se esso non esistesse. »

10" Ct. Castello, edizione dei Carmelitani, p. 43, 49, 51, 54, 109,136, 137, 279, 281, 286, 289, 292, 297; specialmente VII Mansione,..c. II.

"' Notte oscura, 1. I, o. xiv.                          ^


LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE       507

l'alto, e perciò egli andava a fondo. Per parlare di queste cose soprannaturali così intime, con una tale maestria, bisognava che avesse ricevuto il dono della sapienza in un grado dei più elevati; il lume della vita rischiara tutte le pagine delle sue opere.

5° Non bisogna assimilare i tocchi divini ai fatti propriamente straordinari e come esteriori che sono le rivelazioni e le visioni. Senza dubbio S. Giovanni della Croce distingue la contemplazione infusa ge­nerale ed oscura, dalle cognizioni soprannaturali di-, stinte 108, e a queste ultime egli riallaccia i tocchi. divini impressi nella volontà, che hanno la loro ri­percussione sull'intelligenza; ma questi tocchi di­vini, senza essere essenziali alla contemplazione infusa, col loro influsso sulla volontà contribuiscono a costi­tuire l'unione con Dio 109, e non sono da temere 110 ;

per questo differiscono notevolmente dai fatti propria­mente straordinari e in qualche modo esteriori, come 'le rivelazioni e le visioni, che il santo dichiara es­sere sovente pericolose 111.

Sarebbe ancora un grosso errore confondere quei tocchi divini, quel contatto che fu chiamato sostan­ziale, colle emozioni della parte sensitiva, oppure con­fondere «i gusti» di cui parla S. Teresa (IV Mans., e. 2) colle consolazioni acquisite mediante la me­ditazione.       .       '   -

6° Notiamo. finalmente che se l'analisi è necessaria a cagione della nostra infermità, in queste materie soprattutto essa ha un inconveniente che bisogna cor­reggere colla sintesi; d'onde la necessità del capitolo seguente. Volere qui troppo precisare è uno sboc­concellare e per conseguenza un rendere materiale quello che è uno : nella realtà della vita spirituale.

10» Salita, 1. II, e. ix.

"' Ibid., o. XXX.

1» lUd.

111 IM., o. x, xi, xvi, xvii, xvin, xxv, xxvii.


508    PERFEZIONE CSISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Quindi,, in queste questioni, non è possibile mante­nersi della verità se non considerandole dall'alto, ad esempio dei grandi teologi come S. Tommaso e dei grandi mistici come S. Giovanni della Croce. In .se­guito si volle spesso portare in queste cose spirituali una precisione materiale e meccanica ch'esse non comportano. Onde molti commenti scritti sopra le opere spirituali dei grandi Dottori, loro rassomigliano 'solo come il poligono tracciato nella circonferenza rassomiglia a questa; quanto essa è semplice, altret­tanto esso è complicato. Allora si perde la sicurezza forte colla quale questi grandi Maestri ad un tempo speculativi e mistici si movevano in queste alte que­stioni. Trattandole così mediante i più alti principii, sapevano dare alle controversie sui . punti secondari soltanto l'importanza che loro conviene. Solo questo .contegno, notevolmente differente da quello di molti moderni, li metteva sulla via della verità e loro per­mise di formularla con una perfezione che da allora non fu più raggiunta. Nessuno potrà perfezionare ve­ramente l'opera loro senza aver ricevuto le loro me­desime grazie; noi adunque dobbiamo metterci alla loro scuola senza pretendere di completarli immedia­tamente; sarebbe già , assai se arrivassimo a ben capirli; e per capirli pienamente bisognerebbe ugua­gliarli.                ' '         i '   !     ; I '9 !

Alcuni critici recenti pretesero che la vita mistica .propriamente detta non possa essere spiegata coi principii formulati da S. Tommaso, il quale, formu­landoli, non avrebbe avuto di mira questa forma spe' -ciale della vita inferiore. Esamineremo quest'obie­zione nelle pagine seguenti. Qui basti ritorcere l'ar­gomento e dire con Dom Louismet: « Se uno scrittore così universale come S. Tommaso d'Aquino non men­ziona mistici che formino una classe ' a parte, non bisogna forse concluderne che, per lui almeno,. come per l'Areopagita, tutti i cristiani sono de jure mi-


LA CHIAMATA ALIA CONTEMPLAZIONE       609

stici?... Finalmente, se in nessun luogo egli fa men­zione d'un corpo separato di dottrina mistica, non è forse perché a' suoi occhi, la dottrina mistica non si distingue in nulla dal comune deposito della' fede?» 112. Essa infatti è la fede pienamente vis­suta nella generosità perseverante dell'amor di Dio. «La mistica tradizionale della Chiesa cattolica, dice il medesimo autore, è una dottrina sulle nostre re­lazioni intime e segrete con Dio, che sgorga abbon­dantemente dai divini Evangeli!, dalle Epistole di S. Paolo e di S. Giovanni e da tutto il resto delle sante Scritture,... una dottrina che si connette col sacrifizio dell'Agnello sulla croce e sui nostri altari e colla santa liturgia che irradia tutt'intorno ; una •• dottrina che trova la sua più alta espressione nel Messale, nel Rituale, nel Pontificale, nel Ceremoniale dei Vescovi, nel Breviario, nel Martirologio...» 113. Noi non crediamo che quest'asserzione sia. contra­detta dai veri mistici, .che hanno l'esperienza di questa vita superiore, a cui ogni cristiano deve aspirare.

112 La Vie mvstigwe, Marne, 1921, p. 12.

"' Tbid., p. 8. Sarebbe tuttavia desiderabile negli scritti di Dorn Louismet una distinzione più netta fra la vita mistica propriamente detta e la vita cristiana fervente. Si vorrebbe vederlo accentjuare e svolgere ciò ch'egli dice a questo proposito, iWd., p. 30 e 81.


CAPITOLO VI.

Sintesi e coniermazione.

Per terminar quest'opera, esamineremo alcune obie­zioni relative principalmente al metodo che abbiamo seguito. Saremo così condotti a sintetizzare la dot­trina esposta e ad aggiungerle alcune nuove con­ferme. Tratteremo 1° dell'autorità di S. Tommaso in teologia mistica, 2° della teologia di S. Tommaso e della spiritualità, 3° dell'unione della vita interiore e- della vita intellettuale, 4° della contemplazione e dell'Eucaristia alla scuola della B. Vergine, Madre di Dio, 5° dall'accordo dei Maestri sul carattere nor­male benché eminente della vita mistica.

articolo I.

L'autorità di S. Tommaso in teologia mistica e le questioni di metodo.

Esamineremo qui due categorie di obiezioni molto simili: le une riguardano specialmente, la natura della contemplazione mistica, le altre si riferiscono piut­tosto al metodo che conviene adottare in queste que­stioni; da7 una parte e dall'altra si tratta dell'auto­rità di S. Tommaso e dell'uso che si ha da fare da' suoi principii in queste materie.


512                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

§ I.

8. Tommaso volle egli trattare . della contemplazione mistica propriamente detta ?

La prima delle tré ragioni che abbiamo invocato più sopra in favore della chiamata generale e remota alla vita mistica è che il principio radicale di sif­fatta vita è la grazia delle virtù e dei doni. confe­riti a tutti, i giusti: i doni, come c'insegna 8. Tom­maso, sono il principio della contemplazione infusa;

ora essendo connessi colla carità, essi si sviluppano con essa, ed essa quaggiù deve crescere sempre.

Fu messo in dubbio il valore di questa prova pre­tendendo che S. Tommaso non avesse conosciuti gli stati mistici, descritti solo più tardi da S. Teresa;

come se non vi fossero stati dei mistici, e dei grandi mistici, prima del secolo xvi.     "       -

Fu aggiunto che negli articoli della Somma Teolò­gica, 11-11, q. 180, sulla contemplazione, non si tratta di contemplazione mistica propriamente detta, ma d'una semplice trasposizione nell'ordine sopran­naturale della contemplazione aristotelica. La dot­trina tomista dei doni dello Spirito Santo, si dice finalmente, non può spiegare se non la contemplazione nel senso largo, così come la mettevano gli: antichi ed anche S. Giovanni della Croce, ma essa è insuf­ficiente a spiegare i diversi gradi dell'orazione mi­stica propriamente detta, accompagnati da legatura, e da estasi, come ce li descrive nel Castello dell'anima. S. Teresa 1.

1 Ct. a questo proposito nella rivista tedesca VhwloQW und Glawbe., 1 hett 1931, un articolo di Dom A. Magar, O. S. B., che studia la con­templazione mistica specialmente dall'estrinseco e, per questa ragione, non perviene a distinguerla bene dai fenomeni concomitanti, acoiden-


SINTESI E CONFERMAZIONE             513

Qui vi è manifestamente un grave errore storico e una grandissima ignoranza della dottrina di S. Tom­maso studiata in un modo materiale e superficiale.

Il grande Dottore, come dimostra la sua vita 2, conosceva, e non solo dai libri ma per esperienza personale, anche i più alti stati mistici; non vi è dubbio alcuno in particolare per l'estasi e per il ra­pimento, di cui egli parlò spesso altrove. E se ci si concede ch'egli conobbe i gradi superiori della con­templazione di cui, cogli antichi, dopo il Taulero è il Ruysbroeck, parla S. Giovanni della Croce, noi non domandiamo di più; perché S. Giovanni della Croce, come Dionigi, parla senz'alcun dubbio della contemplazione mistica propriamente detta e della più elevata. Per nulla inferiore a S. Teresa, egli anzi la oltrepassa per il fatto che è ad un tempo un grandissimo mistico e un teologo. A questo titolo, egli è innegabilmente una delle maggiori autorità della teologia mistica 3. Già S. Gregorio Magno, che

tali, o non necessari, come la legatura e l'estasi. Egli crede che la dottrina dei doni dello Spirito Santo di S. Tommaso non spieghi se non il prin­cipale dei due fattori ohe devono essenzialmente contribuire alla con­templazione infusa; un secondo fattore, non ignorato, ma trascurato <la S. Tommaso, sarebbe l'indipendenza dal corpo e dall'immaginazione-nel modo come si opera la contemplazione mistica. Dom Mager ritiene tuttavia come noi ohe quest'ultima non è straordinaria (come 11 mira­colo e le grazie gratis datae), ma ch'essa è accessibile a tutte le anime interiori. — Vedasi p. 514.                   .

2 Acta Sanctorum, 7 marzo.

3 Al principio del secolo xvn, a cagione d'un sospetto contro le dot­trine mistiche, le opere di S. Giovanni della Croce furono oggetto di ardenti critiche. Allora, per difenderlo, certi autori immaginarono di sostenere che gli stati contemplativi, di cui parla, sono stati inferiori a quelli descritti da S. Teresa e di un'altra specie. S. Teresa che godeva. già un'autorità indubitata, trattò, si diceva, della contemplazione straordinaria, invece S. Giovanni della Croce è il grande maestro di un'altra contemplazione che noi possiamo acquistare eolla nostra in­dustria, col soccorso ordinario della grazia, cioè della contemplazione acquisita. S. Giovanni della Croce dunque non sarebbe un autore mi­stico, ma avrebbe trattato solamente dell'ascetismo. Oggi però nessuno sostiene più questa strana teoria. Essa non rappresenta la tradizione pri-

88Perfezione e Contemplaaione.


614    PEBTEZIONE CRISTIANA E COUTEMPIAZIONE .

era classico, aveva parlato assai della contemplazione infusa-4.     ,       .

Di più, .negli articoli della Somma °Teoi., II-II, qu. 180, San Tommaso tratta certamente della con­templazione mistica propriamente detta. Infatti .ivi cita non solo Aristotile, ma soprattutto i dottori propriamente mistici, come Dionigi e Biccardo da S. Vittore. Nell'articolo 5, si domanda se questa con­templazione può arrivare quaggiù fino alla visione beatifica transitoria (per modum transeuntìs) di cui parlò a lungo trattando del rapimento (II-II, q. 175, e de 'Ventate, q. 13).    ',:

Ma, per S. Tommaso come, per tutti i maestri, l'estasi o l'alienazione dai sensi non è sicuramente di essenza della contemplazione mistica anche eleva-tissima; ma è un fenomeno in qualche modo esterno, che accompagna qualche volta, ma assai di rado, sia la profezia, che è una grazia gratuitamente data. (gratis data), sia la contemplazione che, per i doni dello Spirito Santo, si riallaccia alla grazia santifi­cante 5. Secondo, S. Tommaso e secondo l'insegna-

mitiva del Carmelo ritormato, perché imo dei primi carmelitani scalzi, il Padre Nicola di Gesù Maria, dimostrò, come abblam detto, nella sua Elu­cidati» fihrasiwm must. operum Joannis a Cruce, P. II, e. iv, che non solo nella Notte oscura, ma anche nella Salita, II, o. xm, xiv, xv, si tratta già della contemplazione infusa o passiva; et. Btudes Carmélitaines, giugno 1912, p. 263, 270, trad. di questo capitolo. — Vedasi p. S17, nota 11.

4 Cf. infra, ari. V, L'accordo dei Maestri, numerosissime testimonìanze-dei predecessori di S. Tommaso sulla contemplazione infusa.

6 Per 11 tatto che il rapimento non è di essenza della contemplazione mistica, non bisognerebbe tuttavia collocarlo ira le grazie gratis datae. lasso non è citato nell'enumerazione di queste grazie, data da S. Paolo (I Oor., xil, 8), e spiegata da S. Tommaso (I-II, <l. Ili, a. 4). Esso, come testé abbiamo detto, è solo un fenomeno ohe accompagna a volte sia la. profezia, sia la contemplazione. Vedasi cap. precedente, p. 183 ss.

Altrettanto bisogna dire di certe 'parole inferiori, che, come le grazie-gratis datae, non sono ordinate primieramente alla santificazione del prossimo, ma a quella dell'anima che le riceve; per es.: « Vuoi tu. essere Buriflcata^ » — i Bene, stai in pace, è questo il puro amore. » — « Vieni, entra, rimani. » Queste parole ohe santificano specialmente l'anima


SINTESI E CONFERMAZIONE             515

mento comune, ' è certo che un'anima a volte avrà senza rapimento un lume più sublime di un'altra con rapimenti straordinari 6. La S. Vergine non aveva estasi, S; Giuseppe da Copertino ne aveva frequeh-. tissimamente, certi santi ne ebbero fin dalla loro in­fanzia, e più tardi molto meno; generalmente l'estasi non esiste più nell'unione trasformante. Of. supra, p. 281, 287-292.

Al pari dell'estasi, la legatura dell'immaginazione, che rende il ragionamento assolutamente impossibile, secondo S. Tommaso non è di essenza della contem­plazione infusa. Tal è pure l'insegnamento di Santa Teresa e di S. G-iovanni della Croce, secondo i quali ci possono essere delle distrazioni nello stato mistico, da cui certe persone, dicono essi, fanno male ad uscire volendo discorrere troppo. Parimenti le idee infuse, simili a quelle degli angeli, non sono .richieste per la contemplazione mistica più che per la rivelazione profetica: cf. supra, p. 292 ss.

Tal è manifestamente la dottrina di S. Tommaso. 'Onde la ^ contemplazione di cui parla nella ..que­stione 180 della II-II, senza aver nulla di mira­coloso, o. di propriamente straordinario, non è infe­riore a quella descritta da Dionigi. Egli distingue perfino (art. 6) i tré gradi, chiamati da Dionigi: il movimento rotto, che si solleva direttamente a Dio, partendo dallo spettacolo delle cose sensibili o dalla conoscenza delle parabole evangeliche; il movimento

che le ascolta, e sovente sono note a lei sola, non sono grazie gratis datae; tuttavia non costituiscono l'unione mistica o la contemplazione;

ma sono solamente un fenomeno concomitante, transitorio. Possono essere rarissime e cessare del tutto senza che cessi la contemplazione. Vi sono anime che si trovano certamente nello stato mistico da un pezzo, e che non udirono se non una o due parole intcriori o anche nes­suna. Ot. p. 498.

' II-II, q.. 173, a. 3. È quanto disse 11 P. laliemant, S. J., Doctr. spirit., VII P., e iv, a. 7. — Vedasi A. saudreatt, l'Etat myst'ique, II ediz., 1921, p.80,89, Ì90.


616    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

spezzato, che si solleva mediante il ragionamento partendo dalle verità intelligibili o dai misteri della salute; il movimento circolare, al disopra d'ogni cognizione sensibile e d'ogni ragionamento: contem­plazione intuitiva e amante di Dio considerato, nella oscurità della fede, come superiore a tutte le idee che possiamo avere di Lui. Cf. supra, :p. 352-354.

Ora questo movimento circolare si trova special­mente nella contemplazione infusa, propriamente mi­stica, per confessione anche degli autori che am­mettono una contemplazione, acquisita elevatissima 7.

Anche S. Tommaso, commentando Dionigi, parla delle grandi tenebre, espressione che indica la più alta contemplazione mistica 8, come dice sovente San Giovanni della Croce trattando della. Notte oscura dello spirito (Sotte, 1. II).

Il santo Dottore finalmente dimostrò, contro Ugo di S. Vittore, che questa contemplazione mistica su­periore non può essere un'intuizione immediata e posi­tiva di Dio, ma solo una cognizione analogica e per negazione, che .resta nell'ordine della fede oscura 9. Nessuna idea creata (acquisita o infusa) può rap­presentare tal quale è m sé l'Essere stesso, il Pen­siero infinito, l'Amore senza misura 10. Solo ,la vi­sione beatifica, perché essa esclude ogni idea inter­media, può essere un^tuizione immediata e positiva dell'essenza divina, della Deità come tale, o della vita intima di Dio.

Per la qual cosa, i teologi mistici che studiarono

7 Ct. per es. filippo della S. tbinità, Summa Theologme mystteae, "fc. II, de contemplati one circularì.                          ' ;'. •' .

8 S, thomas, in I De Divinis Nominibus, o. vii, lect. 4, : « Cognoscinms Deum per ìgnorantiam, per (luamdam unitionem ad. drvina supra na-turam mentis... Et sic cognoscens Deum, in tali statuì cognitionis, illli-minatur ab ipsa protunditate divinae Sapientiae, qaaxa perscrutar! noti possumus. » — Ite-m I Seni., d. 8, q. 1, a. 1, ad. 5.

9 Cf. II-II, q.. S, a. 1. — De Veritate, q. 18, a. 1.

10 I, d. 12, a. 2.


SINTESI E COMFEEMAZIONE            517

di più S. Tommaso e S. Giovanni della Croce, come Filippo della S. Trinità, Antonio dello Spirito Santo, Vallgornera, Giuseppe dello Spirito Santo, pensano che vi sia perfetta armonia tra i principii di questi due grandi maestri. S. Giovanni della Croce, come prima di lui il TaulerO e il Ruysbroeck, aggiunge certamente molte precisioni, ma queste erano virtual­mente contenute nei principii del Dottore Angelico, e sono questi principii che permettono di ben inten­derle e di camminare con sicurezza in queste diffi­cili questioni.

In quanto a S. Teresa, non volendo essa fare uno studio teologico, ma solo una descrizione delle ora­zioni mistiche, le considera come fatti riconoscibili a certi segni, senza cercar di determinare precisa-fluente la loro natura, ne a collegarle ai loro prin­cipii prossimi. Quindi ella non si sforza di discer-nere in ciascuno il carattere veramente essenziale e i fenomeni concomitanti e accidentali, benché faccia utili osservazioni a tale proposito. S. Giovanni della Croce poi, essendo teologo, considera di più quello che vi è di essenziale in queste orazioni e qual è il loro rapporto colla grazia delle virtù e dei doni. Il teologo infatti non può contentarsi di descrivere i fatti, ma deve allacciarli ai loro principii o spiegarli mediante la loro causa 11.

Se, contro l'insegnamento comune, si vuole soste­nere che i doni dello Spirito Santo non sono i prin­cipii della contemplazione mistica propriamente detta, se essi non bastano neppure a spiegare l'orazione di quiete, se d'altra parte la vita mistica non s'allaccia

11 Di più, come notarono 1 primi carmelitani scalzi, S. Teresa rice­vette a profusione grazie gratis datae, ed ella ne parlò molto nelle sue opere, laddove S. Giovanni della Croce s'accinse a dimostrare come la divina contemplazione si distingue da queste grazie straordinarie. Ma è veramente della medesima contemplazione ch'egli parlò.


518    PERFEZIONE CKISTIA'NA E CONTEMPLAZIONE

alle grazie gràtis: Satae, ' come si.'è d'accordo 12, di grazia, ci si dica quale ne è il principio finora igno­rato dai teologi.. Sopra le virtù acquisite, sopra Le" virtù infuse, sopra i doni, bisogna forse ammettere an­cora come una facoltà superiore? Oppure bisogna rinunziare a spiegare i fatti mistici, che allora non potrebbero più essere oggetto della scienza teologica? Coloro che si contentano della psicologia sperimen­tale e descrittiva ammetteranno quest'ultima supposi-. zione: attenersi ai fatti, senza cercar di renderli in­telligibili; ed è lo stesso che •rinunziare al pensiero 13. Per ritornare all'autorità , di S. Tommaso in mà-

12 Doni A. Mager lo ammette senza difficoltà, anzi crede ohe nessun teologo abbia annessa la contemplazione infusa alle grazie gratta datae, e ohe è dunque imitile confutare questa teoria che non esisterebbe. Nel che egli s'inganna; pur recentemente les Etvde.s CannéUtalnes, gennaio -aprile 1920 e gennaio-aprile 1921, riassumevano la Dìsceptatio mystica del P. antonio dell'annunciazione, O. D., dov'è insegnata Questa teoria, mentre i principali teologi del Carmelo, come Tommaso di Gesù, Giuseppe dello Spirito Santo, Filippo della S. Trinità, col nostro Vallgornera, la rigettano. Vedasi giuseppe dello spirito santo, C. D., Cursus Theol. scholasiico-mysticae, t. II, p. 224 e 236.

Questa teoria esiste per modo che il P. Poulain e Mons. Farges mettono comunemente la contemplazione infusa nella'medesima categoria del tatti straordinari che le grazie gratis lìatae, • " Alcuni diranno che la contemplazione infusa o mistica è, di na­tura sua, assolu.tam.ente straordinaria, perché sorpassa talmente il modo umano di conoscere da escludere ogni concorso dell'immaginazione. Noi riconosciamo che è così in certe grazie straordinarie, in certe/ visioni intellettuali, in quella specialmente di cui fu favorito S. Paiolo elevato al terzo cielo. Ma ciò, come abbiamo detto sopra, p. 289 ss., non è certo di essenza della contemplazione infusa, secondo l'insegnamento stesso del più elevato torse dei mistici, Dionigi (De Coel. Hierarch., e. i), che S. Tommaso cita e segue. De Veritate, q. 18, a. 5, et. II-II, a. 180, a. 5, ad 2. Nella contemplazione infusa è possibile non por mente in conto alcuno alle immagini, senza che per questo giano totalmente escluse. Già nel corso ordinario della vita, colui che per mangiare si serve d'una. forchetta, non vi fa generalmente attenzione. Il filosofo o 11 teologo Speculando sulla sostanza, superiore ai fenomeni accessibili all'immagi--nazione, o speculando sulla Deità, superiore all'essere, all'uno, al bene, non ha più che un'immagine verbale, una parola, e non vi bada. ' Nella contemplazione infusa, che fa l'effetto di grandi tenebre, si può ' avere nell'immaginazione l'impressione della notte, e in altri momenti. quella d'una luce o quella che fa pensare alla vita.                    '


SINTESI E CONFERMAZIONE             519

teria mistica, bisogna concludere che: Dato l'altis­simo concetto, che aveva della teologia dogmatica e morale, come abbiamo già spiegato 11, S. Tommaso, nelle questioni .'della grazia, delle virtù teologali, dei doni, della contemplazione," del rapimento, era con­dotto a dare, nel modo più sicuro e più elevato, quan­tunque molto sobrio, i principii della teologia mistica. E per questo S. Tommaso è un'autorità incontrasta­bile in questa parte della teologia come nelle altre. per convincercene basta ricordare l'idea altissima ch'egli si fa della «grazia delle virtù e dei doni», partecipazione reale e, formale della natura divina, e quindi infinitamente superiore alla natura angelica, e ad ogni natura creata e creabile. Cf. capit. II, &. I e II, pag. ..41 e 55.

§ IL

II problema mistico attuale e le questioni di metodo.     ^

La Kevue Apologétique pubblicava nei due numeri di dicembre 1921 una parte dell'Introduzione che il R. P. Bainvei, S. J.,. scrisse per la IO3- edizione delle Grazie d'orazione del P. Poulain. L'autore, indaga qual è lo stato attuale degli studi mistici e distingue pa­recchi gruppi: 1° Gruppo teresiano: P. Poulain, Lejeune, Mons. Farges, eco.; 2° Gruppo ascetico-mi-stico: Saudreau, ecc.; 3° Gruppo domenicano; 4° Sin­tesi del P. Maréohai; 5° Sintesi del P. de la Taille.

— È interessante paragonare le diverse opinioni sopra un soggetto così importante: il fondo dello stato mistico è in sé ordinario o straordinario? Ma

•in vista d'un raffronto metodico e' protondo la de­nominazione dei diversi gruppi può apparire un po'

" Vedasi sopra, o. I, a. I: Oggetto e metodo della teol. mistica, p. 1.


620   -PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPtAZIONE

arbitraria: il gruppo domenicano è altresì ascetico -mistico, e, pur pretendendo di seguire veramente Santa.. Teresa e S. Giovanni della Croce, esso condivide, in somma, le idee del Saudreau, del P. Lamballe, eudista, della maggior patte degli autori benedettini, idee sempre più accettate e veramente conformi per il fondo a quanto insegnano in Spagna il P. Vincenzo-de Peralta, O. M. C., d'accordo col P. Arintero, O. P., in Inghilterra Doro. Louismet, O. S. B., in Germania i PP. Weiss e Wilms, O. P., Dimmler e Grabmann, in Austria il P. Lercher, i quali tutti, contrariamente al P. Poulain, al P. Maumigny, a Mons. Farges, considerano la vita mistica propria­mente detta, in ciò ch'essa ha di essenziale, come lo sviluppo normale della vita ulteriore. Tale è ancora l'insegnamento del P. de la Taille, S. J., professore all'università Gregoriana, e di parecchi altri teologi-delia Compagnia di Gesù.

Così si sono costituiti due gruppi principali. Che-cosà è che li differenzia secondo l'aspetto del metodo ?• Secondo il E. P. Bainvei, che paragona la dottrina. del Gan. Saudreau a quella del P. Poulain, «la diffe­renza è in- buona parte quella dell'impreciso al pre­ciso», in questo senso che il P. Poulain non si con­tenta « delle asserzioni un po' vaghe degli antichi », ;

ma « s'appoggia sulle spiegazioni più precise di S. Te­resa, di 8. Giovanni della Croce, dei grandi teologi mistici del secolo xvii ».

Non è forse un confondere la precisione nella descrizione dei fatti relativamente esteriori alla vita, mistica, come la legatura e l'estasi, con la precisione dottrinale dei principii, i quali soli permettono di distinguere l'essenza dello stato mistico e i fenomeni accidentali. che possono accompagnarlo? 15. Nel Can.

" 0(. sa.cdkba.u, État mystique, II ediz., p. 79-83, lOO-^OS^L'Insieme dell'opera del Saudreau presenta certamente una dottrina piti precisa e più torte ohe 11 litro del P. Poulain.  ,_       . ,


SINTESI E CONFERMAZIONE             521

Saudreau noi troviamo molto maggior precisione dot­trinale che nel P. Poulain, il quale, pur riconoscendo che la contemplazione infusa procede da certi doni dello Spirito Santo 16, dichiarava : « Questa dottrina. dell'ufficio dei doni dello Spirito Santo ha solo un interesse poco più che storico » 17. All'opposto si am­mette generalmente ch'essa -è come il cuore stesso» della teologia mistica.

In questi articoli, il P. Bainvei, evita di pronun.-ziarsi sulla tesi capitale del libro del P. poulatn, che considera lo stato mistico come uno stato pro­priamente straordinario, 'fuori del pieno sviluppo nor­male della vita interiore, come una grazia per nulla, necessaria alla santità, neppure, all'alta santità 18. Questa esitazione a pronunziarsi è già un segno che la tesi in questione non può veramente provarsi e che' il suo valore è sempre meno riconosciuto. L'intro­duttore si limita, insomma, a tentare di dimostrare-1 che la tesi avversa, a cui egli concede molti punti, non fu finora sufficientemente dimostrata e ch'essa. lascia sussistere delle obiezioni.

Noi vorremmo qui lo notare le concessioni e le obie­zioni che ci sono .fatte, 2° esaminare alcune que­stioni di metodo d'un interesse più generale e di gran conseguenza.

" Grtìces S'oraison, IX ediz., p. 161. " Ibid., p. 102, nota 2.

18 II P. Ponlain concedeva tuttavia ohe la contemplazione mistica., è un mezzo efficacissimo di santificazione e che 1 più dei santi l'ebbero.


-522    PERFEZIONE OSISTIANA E CONTEMPLAZIONE

A) Concessioni e obiezioni.

Anzitutto notiamo l'importante concessione che ci è fatta: «che negli ambienti favorevoli, le grazie mi­stiche. sboccino come naturalmente, sia» 19. Dunque non sono straordinarie per natura come il miracolo, la profezia, le visioni. Se fossero veramente fuori della via normale della santità, come mai sbocce­rebbero esse « come naturalmente » negli ambienti ' favorevoli? Un buon ambiente è ordinariamente ri-i chiesto per la, piena evoluzione d'un germe, che resta normale, pur esigendo siffatte condizioni.

Ci si concede altresì 20 che la vita mistica cominci normalmente con le purificazioni passive dei sensi e con l'orazione di raccoglimento passivo, che,, se­condo S. Teresa, precede la quiete. Ciò concesso, noi,

•aggiungeremo: ora le purificazioni passive dei sensi ed anche quelle dello spirito son necessario per la perfetta purezza e santità dell'anima, come lo dimostrò ampiamente S. Giovanni della Croce 21. Dunque la vita mistica non è fuori della via normale che con­duce alla santità^.                .

Le obiezioni che ci sono fatte son notevolmente . meno forti di quella che ci facevamo noi stessi più \. sopra, e. V, a. IV. Non è forse anche questo un segno che la dottrina che difendiamo col Oan/. Sau-dreau, col P. Arintero, O. P., col P. de là Taille,, S. J., guadagna veramente terreno?

Il R. P. Bainvei riassume le nostre conclusioni, trascurando-alcuni dei principii su cui sono basate,

1"                     Revue Apologétisws, 1 die. 1921, p. 288.

"                      IbvH.

i1                      Notte oscura, 1.1, e. Ili; 1. II, o. i.


SINTESI E' CONFERMAZIONE             523

la qual cosa lo conduce a" chiederci delle precisioni che già gli avevamo date. .. -"

Noi non abbiamo mai sostenuto, come pare ci si attribuisca 22, «che le anime mistiche siano sempre le più perfette»; anzi abbiamo detto sovente che le grazie mistiche sono a volte accordate ad anime assai imperfette, mentre altre anime notevolmente più avanzate non le hanno ancor ricevute 2S; ma non è questo l'ordinario: per solito la contemplazione mi­stica è concessa ai perfetti. Anche i teologi dei se­coli xvii e xviii, che ammisero l'esistenza della con­templazione acquisita e a volte le assegnarono un posto certamente eccessivo, riconoscevano general­mente, come dice Giuseppe dello Spirito Santo, che li segue, che Dio eleva generalmente {solet elevare) alla contemplazione infusa le anime che si applicano con fervore alla contemplazione acquisita 2t.

Di più, quando diciamo che la vita ascetica e ca-

'"' Bevue Apologétigue, 1 die. 1921, p. 288.

" Noi dicemmo (Vie Sp-lrit., aprile 1921, p. 2 e 3) seguendo S. Gio­vanni della Croce olle le vìe illuminativa e unitiva nella loro pienezza non si trovano se non nella vita mistica, e che, se appariscono nel corso della vita ascetica, è sotto una forma ancora assai imperfetta. O. supra, p. 163 ss.

21 giuseppe dbllo spirito santo, O. D., Cursus theologiae scholastico-wystzcae, t. II, praed. 2, dìsp. 8, q. 4, p. 71, n. 90: « Diximus, quod omnes docent, videlicet quod animam, contemplationem activam fervide exercentem, solet Deus elevare ad contemplationem infusam. » Non si può dunque sostenere, come si disse recentemente, che, per Giuseppe dello Spirito Santo, la contemplazione infusa è straordinaria e che è presun­zione 11 desiderarla; è un dimenticare la distinzione chiarissima fatta da questo teologo tra la contemplazione infusa e i favori straordinari come.l'estasi che possono accompagnarla. Ct. itiid., disp. 11, q. 2, n. 18 è 23, p. 225.

Quest'affermazione di Giuseppe dello Spirito Santo e dei teologi che segue, cioè che Dio solleva generalmente alla contemplazione infusa le anime ohe s'applicano con fervore alla contemplazione acquisita, è tanto più notevole, in quanto sembra talvolta annettere alla contemplazione detta acquisita l'orazione di quiete. In altri testi egli dice, come quasi tutti gli autori, ohe l'orazione di quiete è infusa. Questo è veramente il pensiero di S. Teresa, la quale dichiara nettamente. Vita, o. xiv, che l'orazione di quiete è soprannaturale e che noi non possiamo averla colla nostra propria industria.              |


524    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

ratterizzata dal predominio, del modo umano delle virtù cristiane, e la vita .mistica da quello del modo sovrumano o divino dei doni dello Spirito Santo., ossia da una cognizione infusa e da un amore infuso-, che non possono essere il frutto della nostra attività personale, aiutata dalla grazia, non vogliamo in conto alcuno riservare agli stati mistici l'intervento dei doni dello Spirito Santo. Noi invece 25 abbiamo sempre , detto che prima dello stato mistico essi intervengono in un modo sia latente e abbastanza frequente, sia manifesto ma raro. Quando quest'intervento è ad un tempo frequente e manifesto, allora comincia, di­ciamo noi, la vita mistica propriamente detta, carat­terizzata dal predominio del modo divino dei doni 26. Allora si può dire che l'anima vive sotto il /regime dei doni, diretto dallo Spirito Santo più ch'ella non diriga se stessa colla sua ragione illuminata dalla fede. Questo del resto ci è concesso dal P. BainveI, come vedremo.

Quando poi diciamo che la vita mistica comincia , normalmente ' colle purificazioni passive dei sensi e coll'orazione di raccoglimento passivo, ci si domanda per qual ragione si distinguono queste purificazioni è • questo raccoglimento passivo. Ma, appunto perché è uno stato che l'anima non può .procurarsi colla sua propria industria, come dimostrano a lungo Santa Teresa e S. Giovanni della Croce. E affermando^ questo noi non definiamo idem per idem, ma fac- f clamo vedere nell'ordine dei fatti dove comincia a veriticarsi la definizione precedentemente stabilita..

Ci si dice altresì che vi sono dei testi formali^

28 Ot. sopra, c. IV, a. VI, § 3, p. 359, 363.

" Tale è pure l'insegnamento generale dei tornisti, of. giuseppe dbllo spirito santo, O. D., Cursus Tìleol. scìlol.-mvst., t. Il, disp. 7, q.. 1, n. 28, p. 11. Aoblam pTire notato, p. 362, che il predominio de] modo sovrumano del dono della sapienza è smagliante In certe anime, dif­fuso In altre, ma ancora assai manifesto, se non per l'anima stessa, al­meno per un direttore sperimentato.


SINTESI E CONFERMAZIONE             525

di S. Francesco di galea, di S. Alfonso de' Liguori, del P. Baldassarre Alvarez, di S. Teresa, di Bene­detto XIV, il cui senso sembra direttamente contrario a quanto noi affermiamo, cioè alla chiamata generale e remota di tutte le anime in stato di grazia alla vita mistica. Tuttavia non si può evitare di mettere in vista queste parole: « È vero, il pensiero di S. Teresa e quello di S. Francesco di Sales restano discutibili » 27. Allora si deve forse dire che questi grandi santi non videro chiaro o non seppero esprimersi sulla questione più fondamentale di tutta la teologia mistica? Sarebbe un diminuire singolarmente i meriti dei maestri a cui si fa costantemente appello. Parlando così si di­mostra di dimenticare gli studi recenti in cui furono comparati e classificati i varii testi di S. Teresa, per discernere quelli m cui ella afferma chiara­mente la chiamata generale e remota, e quelli in cui ella vede delle eccezioni relative alla chiamata in­dividuale prossima 28. I lavori del Can. Saudreau, del P. Arinfcero, O. P., del P. Garate, S. J., del P. Lamballe, non mancarono di darci alcuni risultati certi. Si cita sempre un testo di S. Teresa: «Dio può condurre le anime alle mansioni superiori senza farle passare per questa scorciatoia» 29, e per questa ultima parola s'intende: la scorciatoia della contem­plazione mistica, mentre essa, come ha dimostrato il Saudreau30, vuoi dire la scorciatoia dello stato e'sta-tico e delle dolcezze che vi si trovano. ,

La Santa parimenti (IV Mans., e. .2, fine) non in­segna a non desiderare la contemplazione infusa, cosa che sarebbe contraria a ciò che disse sovente altrove;

ma dice solo che non si deve fare sforzo per averla, perché essa è infusa, e il mezzo di prepararsi a ri-

" Revue Apologétiaue, 1 die., p. 288.

" Ct. supra. p. 261-286 e Ì09-412.

" Castello intcriore, V Mans., o. m.

Btat mystigue, II ediz., p. SO-.'Vte d'Union, III ediz., p. 263.


526    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE'

(ìeverla. non è il desiderio delle consolazioni, ma l'u-, •miltà e l'amore disinteressato di Dio.          .     '.

Il R. P. Bainvei raccomanda con ragione di prQ-':, cedere metodicamente quanto è possibile e di non prendere le ipotesi per realtà, ma non ammette egli stesso troppo presto come un fatto innegabile che per certe anime gli stati mistici non cominciano se non « da altissime cime di grazia e di santità »? E

.aggiunge: «La santità non è dunque funzione degli : stati mistici » 31. Egli ci perdonerà se noi alla nostra volta guardiamo colla lente codesta asserzione, e ci

.mostriamo tardi ad credendum. Come mai si è sa­puto che queste anime fossero su altissime vette di

' santità senza pure essere passate per la purificazione passiva dei sensi « che è comune ai principianti » ? come dice S. Giovanni della Croce, Notte oscura, 1. I, o. 8.        ,                            ...   ,

Si vede che queste obiezioni e domande di precisione non toccano i tré principii fondamentali della nostra dottrina, che qui abbiamo esposta32: la vita inferiore non ha il suo pieno sviluppo normale se non .nella vita mistica propriamente detta, perché 1° il • loro principio è il' medesimo, cioè la grazia delle virtù e dei doni; 2° il progresso della prima non è tutto-ciò che dev'essere se non per le purificazioni passive che appartengono alla seconda; 3° il loro fine è il medesimo, cioè la vita del cielo, e solo la vita mistica vi dispone immediatamente in modo perfetto. Finché sussistono questi principii, la dottrina rimane stabilita in ciò ch'essa ha di essenziale.

In quanto a S. Alfonso de" Liguori, il P. Q. Schry-vers, redentorista, seguendo i suoi principii, fa capo alle medesime conclusioni nòstre,33. Del resto, in un

" Revue Apologétigue, 15 die. 1921, p. 348.                 .

88 Ot. sopra, e. V, a. II, p. 383-41.2.

" sohbyvbks, I principii della vita spvrtìvale, mabietii, Torino.


SINTESI E CONFERMAZIONE,            527

ultimo articolo dimostreremo che vi è -accordo fra i Maestri.

Ma ci s'invita pure ad esaminare questioni di metodo, che sono della maggiore importanza; e noi lo faremo ben volentieri, e saremmo anzi lietissimi di ritornare a lungo sopra quest'argomento, se è neces­sario, perché si tratta dello spirito stesso della teo­logia, particolarmente della teologia mistica, e del­l'autorità in questa materia dei più grandi Dottori della Chiesa, specialmente di S. Tommaso.

£)

Questioni di metodo nello Studio del problema mistico fondamentale.

lo La questione di sapere se il fondo dello stato-mistico è per natura ordinario o straordinario non è anoor matura, ci si dice 3t, e nello stato attuale delle indagini non può ancora esser risolta; bisogna guar­darsi dalle generalizzazioni affrettate, dalle idee pre­concette. « Si vede che restano molte .questioni da risolvere prima che la scienza mistica sia una scienza» fatta, come, per molti punti, è la teologia. Da ciò si può concludere che non è ancora venuto il tempo-di una sintesi definitiva» 35.

Certo vi è ancora molto da fare; ma si può egli dire che il problema iniziale e fondamentale della teologia mistica non fu ancora risolto ? Infatti si tratta veramente di questo problema, quando si do­manda se il fondo dello sfato mistico è, sì o no, di natura sua ordinario o straordinario, se è non solo» qualcosa di eminente, e perciò relativamente raro, ma anche una grazia per sé eccezionale, fuori della. via normale della santità. Molte regole di direziono

" Kevued'ascétigue et de mystiaue, ott. 1920, p. S29-351. " Bevve Apologétiyue, 1 dio. 1921, p. 289.


528    PBKEBZIOSB OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

nella vita spirituale dipendono manifestamente dalla soluzione -data a questo problema, che non può esser rilegato alla fine d'un trattato di mistica come una questione insolubile o non ancora sciolta e senza im­portanza pratica.

Bisogna forse dire che i più grandi ; Dottori della Chiesa non abbiano chiaramente posta questa questione capitale di dottrina spirituale, o che siano rimasti in­decisi davanti ad essa; che per lo meno non si siano

•espressi in termini chiari e che il loro insegnamento su questo punto dei più importanti resti discutibile? <3iò .vorrebbe dire che, dopo diciannove secoli di Cri­stianesimo, la scienza mistica è ancora da costituire, poiché questo problema fondamentale resta ancora senza soluzione. Dopo le opere d'un S. Agostino, d'un S. Gregorio, d'un Dionigi, d'un Eiccardo di 8. Vittore, d'un S. Bonaventura, d'un S. Tommaso, d'un Taulero, d'un Euysbroeck, d'un Blosio, d'una .8. Teresa, d'un S. Giovanni della Croce, d'un San Francesco di Sales, noi saremmo ancora fissi su ciò

•che si può chiamare elementi della teologia mistica :

a che piano, normale o eccezionale, appartiene ciò

•che .forma il fondo dello stato mistico ? Se i più grandi .genii, che avevano l'esperienza di questo stato, non ci videro chiaro, saremo noi più fortunati e giunge­remo mai ad una soluzione là dov'essi fallirono? In realtà questa questione doveva essere semplicissima per questi grandi santi, siamo noi che la compii- ' chiamo perché non vediamo dall'alto, ma dal basso:

quello che è diviso nell'ordine inferiore è uno e sem­plice in un ordine più elevato, come ripete sovente Dionigi 36.

81 Per la medesima ragione, un g. Domenico, che portava sempre seco le Epistole Ai S. Paolo, doveva comprenderne 11 senso protendo incompara'bilmente meglio eli molti critici moderni, elle spesso coi loro procedimenti complicano quello che deve apparire semplicissimo in una luce, superiore.


[SINTESI E CONFERMAZIONE             529

Alcuni anni, fa, quando si fondavano riviste apo-logetiche, parecchi lavoratori pieni di buona volontà consideravano l'apologetica come una scienza nuova,:

da costituire metodicamente. Sembrava si dimenticasse che nostro Signore, gli Apostoli,, i Padri, tutti i grandi teologi avevano fatto dell'apologetica, e in modo molto più 'elevato, profondo e vivace di noi, senza tanto:

preoccuparsi del lato materiale e meccanico d'un metodo, come un pittore di genio domina presto i pro­cedimenti tecnici che altri non oltrepasseranno mai. Alcuni di questi onesti lavoratori^ non avendo veduto, l'America, credevano che ancora fosse da scoprire e che l'onore di questa scoperta fosse loro riservato. Per il fatto ch'essi non erano, giunti a farsi una con­vinzione su ciò che è in noi il punto d'inserzione del soprannaturale, credevano che la questione della po­tenza obbedienziale non fosse mai stata risolta o forse nemmeno posta bene. Essi dimenticavano le ce­lebri controversie del tempo di Baio.

Per il fatto che ora noi vediamo la necessità di studiare e' di approfondire le questioni ascetiche e mistiche, penseremo forse che spetti a,noi di costituire una scienza nuova o di risolvere finalmente i suoi problemi fondamentali? Sarebbe un ignorare non sola il valore delle opere dei grandi maestri che, ora abbiamo citato, ma anche quello dei. libri dei Padri Lallemant, Surin, de Caussade, G-rou, che nei se­coli xvii e xviii sono, nella Compagnia di Gesù, i rappresentanti della tradizione 37.

Sotto quest'aspetto si potrebbe dire altresì che S. Tommaso, nonostante il suo genio, non giunse mai a vedere se la grazia efficace è efficace per sé stessa oppure per il nostro consenso, per modo che, dopo di lui, quasi tutto il trattato della grazia attual&

" Vedasi in seguito, ultimo articolo (P. 591), anello ch'essi pensano della presente questione.

84Perfezione e Contemplazione.


530    PERFEZIONE CBISTIAISTA, E COtITEMPlAZIONE

sarebbe ancora da costituire; o ancora ch'egli non seppe mai determinare se it nostro desiderio naturale di vedere Dio è inefficace o efficace come doveva .dire Bàio. Sarebbero stati teologi di terzo o di'sesto ordine a risolvere questi grandi problemi, da cui dipendono molti altri?

*   *   *

2° Se tuttavia stessero così le cose, potremmo' noi per lo meno sperare di trovar la soluzione del problema mistico principale mediante . l'applicazione dei principii di Maestri come S. Agostino e S. Tom-maso ai tatti descritti dai santi che ne fecero l'espe­rimento? D, E. P. Bainvei ci dice: «Ammettiamo che dal confronto fra questi due ordini d'informa­zione... possa scaturire la luce, essa tuttavia non ne scaturirà 'riavvìcinando come che si'a i fatti della^ vita e dell'attività mistica a principii e a sintesi teo­logiche ammirabili, ma che sono il risultato dell'a­nalisi e dell'osservazione esercitata sui fatti e sul movimento della vita ordinaria, normale, e non su quelli di questa vita e di quest'attività sui generis che gli antichi non avevano di mira quando stabili­vano .i loro principii e costruivano le loro sintesi »38.

Se è così, S. Agostino, S. Gregorio, D'ionigi, San Bonaventura, S. Tommaso, trattando delle virtù in­fuse, del progresso della carità e dei doni dello Spi­rito Santo connessi con essa, trattando della più alta perfezione cristiana, delle virtù dell'anima purificata-(virtutes purgati animi), della contemplazione infusa, perfino del rapimento, e delle grazie gratis datae,. non avevano di mira la vita mistica, che. era il meglio di loro stessil Essi non parlavano se non « della vita ordinaria,, normale f 1 Non è forse un sup-

s" Bevue Apologitique. 15 die. 1921, p. 351-352.


SINTESI E CONFERMAZIONE             631

porre che, per questi grandi dottori, la vita mistica fosse certamente al disopra del normale più elevato ? Non è egli un prestar loro a priori la dottrina stessa del P. Poulain? E noi alla nostra volta non potremmo parlare « d'un difetto di metodo più grave che non apparisca a tutta prima e tanto più grave quanto è più incosciente»?39. Vedasi più sopra, p. 508-509.

Secondo eccellenti testimonianze, per chi si è com­penetrato a lungo della dottrina di S. Tommaso sopra le virtù teologali e i doni corrispondenti e nel me­desimo tempo ha da dirigere anime che si trovano nella notte passiva dello spirito nettamente caratte­rizzata, si vede che questa dottrina, anziché essere d'ordine inferiore a ciò che sperimentano queste anime già avanzate nella vita mistica, da molta luce per la loro dirczione. Si vede specialmente l'utilità di quelle prove che hanno per scopo di purificare da ogni lega le più alte virtù e di mettere in un po­tente rilievo il loro motivo formale d'ordine affatto soprannaturale, inaccessibile senza la grazia. Allora si capisce veramente che le virtù teologali sono so­prannaturali non solo per un modo, guoad modum, ma anche per la stessa loro essenza, quoad substan-tiam, a motivo dell'oggetto formale che le spe­cifica <10. Allora apparisce tutto il senso e tutta la portata del grande principio della specificazione degli abiti e delle virtù mediante il loro oggetto formale, principio che rischiara tutto il trattato delle virtù infuse. Certe anime contemplative molto provate nella fede, che mai non avevano inteso se non la teoria della fede discorsiva, fondata sul ragionamento umano o sull'esame razionale dei miracoli, trovarono una gran luce nella dottrina tomistica della fede non discorsivà;-essenzialmente soprannaturale a cagione del suo motivo

" Revue Apologétiyue, 15 die. 1921, p. 354.

'0 Vedasi e. II, a. II : La dottrina di S. Tommaso nella sopranna­turalità essenziale della tede infusa, p. 55-76.


532    PEK-FEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

formale, che oltrepassa ogni ragionamento umano i1. Questa dottrina adunque non è, d'ordine inferiore alla vita mistica propriamente detta. Se non è ancora am­messa da tutti i teologi, non è forse a cagione della sua elevatezza? E si dovrebbe dichiararla dubbia, perché non ottenne ancora tutti i suffragi?

*   *   *

3° Gli studi attuali ci conducono così a riproporre la questione dei rapporti della teologia e della scienza mistica. — II E. P. Bainvei ci dice: «Bisogna trattar la mistica come una scienza speciale... e mettersi in guardia contro le applicazioni ad una scienza speciale in fieri dei principii d'una scienza affatto diversa» t2. La teologia mistica dottrinale o specu­lativa adunque 'non sarebbe più una parte della Teologia, poiché- questa è detta « una scienza tutta diversa » ? Allora noi domandiamo qual è l'oggetto formale della scienza mistica e la luce sotto la quale essa procede, quali sono i principii che la illuminano. Le scienze sono specificate dal loro oggetto e dal punto di vista formale secondo il quale esse lo con­siderano ; perché vi siano più scienze bisogna che vi sia pluralità d'oggetti formali. Se la scienza mi­stica non fosse più una parte della teologia, biso­gnerebbe annetterla alla psicologia, e allora biso­gnerebbe 'giudicare i fatti soprannaturali della vita

11 Quando l'anima contemplativa passa per queste prove, non è intatti il momento di rileggere un'apologetica e di accumular 1 ragiona­menti, ma di domandare con umiltà e fiducia la grazia d'una maggior tede. In questa purificazione passiva dello spirito, il lume infuso del dono dell'intelletto solleva sempre più l'anima sopra 11 ragionamento, per tarla aderire in un modo superiore al motivo formale affatto sopranna­turale della tede, alla Verità prima rivelatrice. Così la fede oltrepassa ognora più le formule, per aderire al misteri tali quali sono in Dio, e, al disopra delle più penose fluttuazioni, « ella trova asilo nell'immutabile ». '  <3 IM., p. ,352.


SINTESI E COSPEEKAZIONE             533

mistica dal solo punto di vista dei principii na­turali della psicologia. Tale non è evidentemente il pensiero del E,. P. Bainvei, ma le sue espressioni non sono forse almeno eccessive, quand'egli parla di « scienza affatto diversa » ? Ricordiamoci come i teo­logi dei diversi ordini religiosi concepirono la mi­stica dottrinale e i suoi rapporti colla teologia. Su quest'argomento si può leggere il carmelitano Giu­seppe dello Spirito Santo, Cursus Theologiae mystico-scholasticae, specialmente 'la sua lunga introduzione sulla natura della teologia mistica, e-.si vedrà perché è una parte della teologia, e come non è più nel suo stato embrionale ts. Vedasi sopra, p. 1-35.

4° Finalmente come, possiam noi in teologia mistica far uso dei principii enunziati da un gran Dottore come S. Tommaso, quand'essi sono formalmente con­tradetti, non precisamente da un altro, Dottore della Chiesa o da un altro santo canonizzato, ma sempli­cemente da un teologo come Scoto o Molina? — Leggiamo .nella Revue Apologétique: « Su molte di queste questioni, non solo non ci s'intende, ma si ha l'impressione del vag'o nelle idee, di malintesi nelle discussioni, di colpi menati a fianco. D'onde viene questa confusione? In parte dal fatto che alcuni tras-

4' 01. ibid., tom. I, disp. prima prooemialig, q. vili, n. 168: « Tiptologia mystica acquisita est idem habitus cum theologia scholastica. Conclusio est omnium mysticorum, quorum concors animug hoc ad minus probat ". — n. 177: «Theologia mystica et scholastica eamdem rationem forinalem sub qua, habent. » — S. Tommaso aveva già dimostrato ohe per questa ragione vi sono più scienze fliosofiche, ma non più scienze teologiche (I, 1. 1, a. 3). Quindi i tornisti rifiutarono sempre di vedere nella teo­logia dogmatica e nella teologia morale due scienze distinte. La Teologia morale ha applicazioni diverse, secondo ohe considera, sotto un mede­simo oggetto formale, oggetti materiali diversi, e così si distingue la teologia casistica e la teologia ascetico-mystica.


634    PERFEZIONE CBISTÌANA E CONTEMPLAZIONE

feriscono su questo terreno le divergenze di scuole e di sistemi teologici. E vi .è qui un difetto di metodo più grave che non apparisca a tutta prima, tanto .più grave in quanto è incosciente: si crede di parlare della grazia, .così come la intendono la Scrit­tura e la Chiesa,, e si parla della grazia efficace nel s'enso " tomista „ della parola» 4:ì.

Pare veramente che queste ultime parole ci pren­dano di mira. E noi non possiamo serbare il silenzio. Grave difetto di metodo e difetto incosciente 1 Su quest'argomento vi sarebbe non poco da dire; ci duole d'essere qui costretti a sfiorarlo appena.

Anzitutto, in una serie d'articoli sulla « mistica e le dottrine fondamentali di S. Tommaso» va, abbiamo esplicitamente dichiarato che noi intendevamo di seguire integralmente i principii del S. Dottore, 'pro­fondamente persuasi che l'opinione personale, che noi potremmo farci fuori di essi, non meriterebbe la pena d'essere enunziata. Per conseguenza, quando, i-n questi studi, esponendo il pensiero di S. Tommaso, noi citiamo un dato testo della S. Scrittura o dei Padri sulla grazia efficace, noi lo prendiamo, dichiaran­dolo esplicitamente, nel senso in cui l'intese S. Tom-maso stesso, certamente, e non nel senso opposto di Molina 46. Dovremmo noi attenerci ad un senso in­deciso, suscettibile delle due interpretazioni contra-• dittorie, senso equivoco, che ci obbligherebbe a restar sempre a mezza costa, fra le divagazioni delle, eresie 'tra loro opposto, e la vetta a cui i veri,maestri, vogliono condurci? Ci si rimproverava poco fa di

" Sevw, Avologétiqw, 1S die. 1921, p. 354,                       '.,?. 41 Vie sfiiritwTle, 1920, articoli riprodotti sopra nel capit. II, p. 41. " Oi siamo perfino preso cura di mettere in nota (Vie Spirititene, aprile 1920, p. 2-11) parecchi testi di S. Tommaso sulla grazia efficace e alcuni estratti di Molina, per tar vedere la differenza e le divergenze che possono seguirne in fatto di dottrina spirituale. È difficile in realtà* non toccare una volta o l'altra q.uesta questione. Vedasi sopra, p. 78, nota 1 ss.


SINTESI E CONFERMAZIONE              535

non essere abbastanza precisi, ed ora di esserlo 'troppo. Se trattasi del testo di S. Paolo: «D.io-opera in noi il volere e il fare, secondo il suo beneplacito » (PhiL, n, 13), possiamo noi tacere il senso esatto in cui intendiamo queste parole? Diciamo anzi con, S., Tom-maso (0. Gentes, III,-e. 89) che è un resistere manifestamente al senso della Scrittura l'intendere:

« Noi abbiamo da Dio la virtù, il potere di fare, ma non l'operazione stessa». Si è veramente sicuri di conservare tutto il senso delle parole: grazia ef­ficace, tali quali le intendono la Scrittura e la Chiesa, quando si vuole aderire al senso di Molina? È un minimo sotto il quale non si può discendere senza cadere nel semipelagianismo; ma bisogna forse ridurre a questo minimo il senso pieno della parola ,di Dio? e in mistica più che altrove, si cerca questa pienezza di senso. Nonché ridurre al minimo la vita della grazia la mistica aspira anzi a vederla in tutta la sua elevatezza e in tutta la sua profondità. Per questo qual via si ha da prendere? Per amore della imparzialità, per dominare le divergenze di scuole ed evitare lo spirito di parte, certi giovani seminaristi, preparando una tesi sulla grazia, cercano a volte di sollevarsi sopra S. Tommaso d'Aquino e sopra Molina. Buona volontà commovente! Ma è questa la strada da seguire?

Come si può fare quaggiù, prima d'aver ricevuto il lume della gloria, per non trasportare nel campo degli studi mistici le divergenze di scuole? Biso­gnerebbe forse fare i neutrali, i teologi incolori, e, con rischio di diventare insipidi, parlare fuori d'ogni sistema e d'ogni proprio pensiero personale? Colui ,'che fa i primi passi in teologia o che dopo .lunghi anni non arrivò a farsi una convinzione, sarebb'egli l'ideale del maestro? L'imparzialità sarebb'essa la neutralità? Ci sarebbe tuttavia un mezzo per atte­nuare grandemente le divergenze, per fare l'unità;


636    PERFEZIONE CRISTIANAE CONTEMPI.AZIOKE

e sarebbe, come raccomanda la Chiesa, " di mettersi totalmente alla scuota di S..Tomma.so e di preferirlo, come merita, a D;uns Scoto e a Molina. Ma ci si rimprovera appunto di essere troppo tornisti. E. questo rimprovero ci è rivolto in nome del metodo, laddove secondo noi è lo stesso molinismo che proviene da vai difetto di metodo, quando disconosce l'universale causalità di Dio, autore della salute, e pone una passività, in Lui per non averla voluto riconoscere là dov'essa è veramente: nella creatura libera'47.

" Abbiamo dimostrato altrove: Dieu, son existence et sa nature, p. 473,... 672,... che è un difetto di metodo 11 sacrificare l'universalità dei principii più. certi ad una difficoltà particolare, invece di subordi­nare a questi principii la soluzione di questo problema speciale. Così il teologo è condotto a sostenere che vi è una passività nell'intelletto divino, che esplorerebbe le nostre volontà per prevedere quello ohe noi faremo. Per tal modo, nella conversione, nella fedeltà al dovere cri­stiano, nella perseveranza finale, ciò che distingue 11 giusto dal pecca­tore ohe si suppone ugualmente aiutato dalla grazia, verrebbe unica-mente dall'uomo, e non da Dio: <i Quod ex duobus simillter vooatis alter oblatam gratiam acceptet, alter respuat, recte dicitur ex sola liber-tate •provenire, non quod is, qui aceeptat, sola libertate sua aoceptet, sed quia ex sola liberiate illud discrimen oriatur, ita ut non ex diversitate-auxilii praevenientis " (Lessius, de Gratta efficaci, e. xvin, n. 7). — Noi con tutta la scuola tomista dichiariamo ohe questa conclusione ci appa­risce inconciliabile con il testo di S Paolo, I Cor. iv, 7 : n Chi è cheti dif-fereusia? JS che hai che tu non abbia ricevuto? Jff se lo fiat ricevuto, 'perche tè ne glorii, come se non lo avessi ricevuto? » — Of. sa.lmanticesi,-de Qratia, tr. XIV, disp. VII, dub. 1.

E secondo che si ammette la dottrina tomista o la dottrina moli-nista, uno è condotto, diciamo noi, a vedute abbastanza diverse ciroa-l'umiltà cristiana, circa la necessità d'una preghiera incessante, circa l'abbandono alla divina Provvidenza, circa il carattere normale delle-vie passive, e circa altre parecchie questioni connesse. Quest'osserva­zione non ha evidentemente nulla di originale e tu fatta spesso, ma oggi è un poco dimenticata, come notava recentemente l'Ami du Clerge in un eccellente studio, 8 die. 1921, p. 692. Vedasi sopra p. 77 ss.

Del resto il molinismo come lo scotismo tu la felice occasione d'uno studio più protondo della dottrina della Scrittura, dei Padri, di S. Tom-maso sopra la grazia, sopra la sua elevazione, la sua forza e la sua soavità. Se, nel mondo, ogni cosa concorre al bene di quelli che amano Dio, come-dice 8. Paolo, ciò dev'essere partioolarmente vero della storia della teo­logia, perché Dio veglia sopra la sua scienza, e non permette in essa le divergenze e le deviazioni se non perché esse contribuiscono a modo loro a mettere più in rilievo la verità.


SINTESI E CONFEBMAZIONE             537

In queste condizioni come si possono evitare le di­vergenze di scuole? Possiamo noi, affrontando la mi­stica, far tabula rasa dei trattati teologici ch'essa» suppone necessariamente, quelli della grazia, delle-virtù infuse e dei doni? Dobbiam. noi ridurre questi trattati a quanto è definito infallibilmente dalla. Chiesa ? Ci si dice : Non bisogna ' far uso se non di ciò che è acquisito in teologia. Ma per l'appunto, chi determinerà quello che è acquisito? Per sapere-il valore d'una tesi teologica, bisognerà forse contar® materialmente il numero dei teologi che la sosten­gono, e ricorrere al suffragio universale, in cui tutti i voti, qualunque sia il loro valore, sono uguali T Bisognerebbe forse che un tomista, per rispettare le regole del metodo, non ammettesse tra i principii di •S. Tommaso altroché quelli che sono accettati dalle-scuole avverse? E allora che cosa resterebbe di questi principii? Diventano essi dubbii o semplicemente pro­babili per gli stessi discepoli del Maestro, per il sem­plice fatto ch'essi furono negati da un teologo di valore;

molto discutibile, seguito da più altri?

Duns Scoto, aprendo la via ai nominalisti, antenati dei nostri positivisti attuali, non si peritò di porre" alla base della sua morale questa proposizione: «Nes­sun atto è cattivo in sé a cagione del suo oggetto,,, salvo l'odio di Dio; dunque se Dio rivocasse il pre--cetto: Non ucciderai, l'assassinar uno non sarebbe un. peccato » is. Ne segue forse che la dottrina di San

18 Opera Scoti, ed. Vl-vès, voi. 19, p. 118: « Nullus actus est periecte" bonus ex genere tantum, sive ex solo objeoto, nisi amare Deum; nec-malus ex genere, sive ex solo ohjecto, nisi odire Deum. » Itevi voi. 24, P. 377. — E voi. 21, p. 537: «Non videtur, quod circa creaturam sii aliquod peccafcum mortale ex genere, sed tantum ex praecepto divino^ ut coguoscere alienam, et occidere hominem, quia illa ex se, si Deu& revocare! praeceptum, non essent peccata. 11 Qui si tratta di uccidere-un innocente ed anche d'inflìggergli le peggiori torture prima dì farlo-morire; non è questione dell'atto del giustiziere, ohe eseguisce una ^utenza di giustizia, poiché costui, anche posto e non revocato il pre-


S38    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Tommaso sulla necessità e sulfìmmutabilità della legge naturale non sia una dottrina acquisita? Bisogna forse, nonostante una dichiarazione di Pio IX i9, dubitare

•che i prioiissimi precetti della legge naturale siano « da Dio scolpiti nel cuore di tutti gli uomini », per il fatto che un teologo inclina a pensare che i più 'degli uomini li ignorino invincibilmente, se essi non l'impararono in famiglia o alla scuola? Non sarebbe

•ciò la distruzione del senso comune, anzi della sin­deresi e del più naturale rimorso?   \

•Per il fatto che Duns Scoto, seguito da Molina e da parecchi altri, considera che la fede infusa non è soprannaturale essenzialmente, quoad substantiam,

•a, motivo del suo oggetto formale, ma solo in quanto .al modo, quoad modum, che la riduce a' non essere se non un soprannaturale impiallacciato, ne segue forse che la dottrina della soprannaturalità, essenziale della fede, che tutta la tradizione tomista, domeni­cana e carmelitana 50 difese sempre come la pupilla

"cotto divino, non pecca. — È nn confondere la legge naturale con la 'positiva; i delitti contro natura allora non sono più proibiti perché

•cattivi, ma cattivi perché proibiti. — Occamo su questo punto va più avanti ancora di Scoto, e distrugge il fondamento d'ogni morale, non

•temendo di affermare ohe nulla è male in, sé e che la prima distinzione

•del bene morale e del male dipende dal libero arbitrio di Dio, che avrebbe

•dunque potuto ordinarci di odiarlo e non di amarlo. S. Tommaso aveva detto: questa è una bestemmia (de Veritate, q. 23, a, 4). — Cosa sba-lorditiva. Ciccamo tu seguito su questo punto da Pietro d'Allly e da tìersone (Gersan-ii Opera, t. I, col. 147). Questo sarebbe lo stesso olìe dire: Dio, se volesse, potrebbe essere non 11 sommo bene, ma il principio del male, sommamente detestabile, come notò più tardi Leibnitz, Théod. II, § 176 sq.

" Denzinger, n. 1677: 11 Notum Nobis Vobisque est, eos, qui invin-

•ciWi circa sanetissimam nostram religionem ignorantia laborant, quique naturale-m legem ejusgue praecepta in omnium cordibus a Deo inseuipta

•seduto servantes ao Deo obedire parati, honestam rectamque vitani agunt, posse, divtnae luoig et gratiae operante virtute, aetemam con-sequi vitam... a

10 sa.lma.ntioesi, de Oratia, tr. XIV, disp. Ili, dub. in, 5 1-6, n. 60,

•e gius'eppe dello spirito santo, Cursus Theol. scìwl.-mvstwae, t. II, disp. 8, q. i: Utrum divina contemplatio sit entitattve supernaturalls.


SINTESI E CONFERMAZIONE             539

degli occhi, e che fu ammessa dal Suarez 01, non possa essere invocata in un trattato di mistica, dove, sotto la scorta dei santi, si tratta appunto, non già di ridurre al minimo la vita soprannaturale della fede, ma di mostrarla in tutta la sua grandezza ? E che cosa diventerebbe la sintesi teologica sulle virtù infuse, se si righettasse il gran principio della spe­cificazione degli abiti mediante il loro oggetto for­male, per il fatto ch'esso fu inconsideratamente messo ' in dubbio da qualche teologo inconseguente? 62.

Il metodo che volesse fare astrazione dai principii'. della sintesi tomista, invece di giudicare i fatti alla loro luce, correrebbe grave rischio di restar strana­mente materiale. La sua precisione rassomiglierebbe più a quella di un contagocce o d'un cronometro che a quella di un'idea distinta. Allora si potrebbe dichiarare perfettamente metodica, nonostante i suoi errori di dottrina, ogni opera che parli costantemente delle regole della critica mancando alle primissime, e che enumeri materialmente e minuziosamente i fatti, senza cercare di renderli intelligibili. Così si finirebbe con fare una teologia meccanica, come vi è una letteratura meccanica, quella di certi can­didati perpetui all'Accademia, letteratura artificiale, fiottile, complicata, che si vanta di correttezza gram­maticale, ma che è priva del solo dono che abbia valore, quello della vita.

Prima :di prendere un pasto, per conoscere il sa­pore delle vivande, occorre torse farne l'analisi chi­mica? .Per giudicare della rassomiglianza d'un ri-

" svassi, de Gratta, 1. II, e. xi, n. 17.

" Alcuni intatti ammettono questo principio riguardo alla carità, che sussisterà in oielo, o lo negano riguardo alla fede e alla speranza, Perché ritengono che queste due virtù sono soprannaturali quoad swb-stantiam o essenzialmente, senza esserio però a cagione del loro oggetto l'ormale. Il trattato delle virtù intuse è così smembrato e diventa irri­conoscibile, come dicono i Salmanticesi e il Suarez, loc. cit.


640    PEBPEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

tratto, bisogna forse confrontarne i minimi particolari coll'originale ? ITno sguardo generale basta. Sovente ancora, se esso è intelligente e penetrante, ci darà il 'senso d'un libro spirituale, più che la paziente analisi di ciascuno de' suoi capitoli. Gli alberi, ve­duti troppo da vicino, impediscono di vedere la fo-' resta; chi s'ingolfa -nei particolari non vede più l'insieme; le miserie e il male che riscontra lo fanno dubitare della Provvidenza; il progresso della scienza:

così concepito lo distoglie da Dio. Parimenti un tutto dottrinale si giudica, 'non solo dalle parti che lo compongono materialmente, ma dall'anima, che le vivifica. E per giudicare di quest'anima, è neces­saria, in un ordine molto superiore ai procedimenti critici meccanicamente applicati, la luce dei prin­cipii che furono formulati dai Maestri, :e che soli permettono di vedere, non dal basso, ma dall'alto, dal punto di vista secondo il quale queste opere spiri­tuali furono scritte. Allora i particolari e le menome sfumature prendono il loro valore e si -scoprono ab­bastanza facilmente le molteplici inesattezze degli studi più minuziosi fatti da un punto di vista inferiore.

Nell'opera dei Maestri, principalmente di S. Tom-maso, vi sono certe parti accessibili a tutti, che fu­rono volgarizzate immediatamente, ma alcune delle sue dottrine più alte, più raggianti e più belle fu­rono ignorate, dimenticate o anche disdegnate. Bi­sognerebbe forse tacerle ? Bisogna . far silenzio su quello che, a motivo della stessa sua elevatezza, è ancora ignorato da un certo numero di teologi? "E allora, come progredire, non in estensione e mate­rialmente, ciò che importa poco, ma in elevazione e in profondità?        ^,                 ... . •

Secondo noi adunque, non. è difetto di metodo lo studiare le questioni mistiche secondo i principii del Dottar Angelico tali quali li intese sempre la scuola tomista, rappresentata non solo dai teologi


SINTESI E CONFERMAZIONE             541

domenicani, ma anche da quelli del Carmelo e da molti maestri d'altri ordini e del clero secolare.

In ciò non facciamo altro che conformarci a quello che recentemente ..ci diceva Benedetto XV: «In vero, quando si tratta di mettere in luce quello che tocca lo spirito nella sua vita ascetica e mistica, nessuno ignora il grande valore della dottrina di S. Tommaso. Noi stessi, a più riprese, ogni volta che se ne pre­sentava l'occasione, l'abbiamo proclamato... Ai giorni nostri, molti trascurano la vita soprannaturale, o in suo luogo coltivano un inconsistente e vago senti­mentalismo. Perciò è assolutamente necessario ricor­dare più sovente ciò che, colla S. Scrittura, i Padri della Chiesa c'insegnarono a questo proposito, e fare ciò prendendo per guida specialmente S. Tommaso d'Aquino, che con tanta chiarezza espose la loro dot­trina sulla sublimità della vita soprannaturale..., sulle condizioni richieste per il progresso della grazia delle virtù e dei doni, la cui espansione perfetta, si trova nella vita mistica» 63.

Perché questo studio, sia: fruttuoso, non basta leg­gere attentamente e meditare le opere del grande Dottore, ma bisogna pregarlo, perché, dandoci la sua serenità abituale, ci ottenga la grazia di capire quanto vi è di più elevato e di più vivente nella sua dottrina, il che è di tal natura da portare le anime, a Dio e ad aprire al maggior numero di per­sone le vie dell'intimità divina.

Noi ci proveremo a sintetizzare i principii fonda­mentali di questa dottrina applicandoli alla vita spi­rituale.

" Gt.Tie Spirititene, die. 1921, p. 161. Lettera di S. S. Benedetto XV al direttore della « Vie Spirituelle », 15 sett. 1921, riprodotta negli Acta Apostolicae Sedis.


542    PEErEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE articolo II.

La Teologia di S. Tommaso e la dottrina spirituale.

Quando si cerca di determinare il, carattere della dottrina spirituale di S. Tommaso, si resta colpiti, dalla moltiplicità degli elementi ch'essa comporta e da una semplicità superiore che non si lascia facil­mente definire. I varii principii che la costituiscono,' quando si considerano separatamente, non sembrano facilmente conciliabili, la loro unione resta misteriosa e non si rivela se non progressivamente alle anime che seguono questa via,                 .         '

Infatti da un lato questa .dottrina spirituale ricorda spesso che la grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona; anzi da un tale posto allo sviluppo na-' turale delle nostre facoltà superiori, che S. Tommaso. d'Aquino fu accusato di naturalismo da avversar!, che vollero vedere in lui più un filosofo che un teologo:

Alcuni pretesero che la sua « Somma Teologica » ri­cordi più la sapienza aristotelica che quella del Van­gelo e di S. Paolo, e che in ciò essa differisca no- :

tevolmente dalle opere classiche dei grandi autori spirituali, per esempio dall''« Imitazione di G-esù Cristo ».

D'altra parte questa dottrina spirituale da un posto notevolissimo alla mortificazione. Chiunque può con­vincersene dalle questioni della « Somma » dedicate alla temperanza, alla pazienza, alla penitenza e alle virtù annesse, al dono del timore. Ciò si vede pure dalla regola dell'Ordine domenicano che formò San Tommaso e che non cessò di vivere della sua dottrina:

ufficio di notte, magro perpetuo, digiuni ed altre osservanze monastiche, che le congregazioni moderne


SINTESI E CONFERMAZIONE          . 543:

credettero troppo difficilmente conciliabili con l'at­tività apostolica. La medesima nota caratteristica trovasi nella regola del Terz'Ordine detto della Peni­tenza. Essa apparisce-soprattutto nella vita austeris-sima dei santi e beati domenicani, nella loro grande devozione ai misteri della Passione, . di cui molti ricevettero le stimate.                   .

Parimenti non vi è nella Chiesa dottrina teologica. più opposta di quella di S. Tómmaso al naturalismo pelagiano o semipelagiano, non vi è dottrina che-insista di più sull'impossibilità di meritare la vita soprannaturale con buone opere naturali, o anche di dispersi alla grazia santificante senza il soccorso^ gratuito della grazia attuale 1; non dottrina che mostri meglio l'altezza infinita della vita soprannaturale sopra ogni vita naturale per ricca che sia, compresa. . quella degli angeli; in tal modo che la più perfetta natura non sembra più nulla in confronto col minimo-grado di grazia santificante. Non è egli un distrug­gere eccessivamente la natura che or ora pareva si stimasse troppo? Come queste due cose possono con­ciliarsi e unirsi praticamente ?

Nell'ordine stesso della grazia, la dottrina spiri­tuale tomista afferma ancora due principii ' che a tutta prima sembrano in opposizione. D;a una parte-essa tiene che la grazia non è resa efficace mediante il consenso della nostra volontà, ma che è efficace per se stessa, intrinsecamente, e che produce in noi e con noi il buon volere salutare. Sembra quindi che si rasenti il quietismo, e che l'uomo abbia solamente a lasciarsi salvare e santificare da Dio, senza che agisca egli stesso; sembra che basti un puro amore, passivo, disinteressato della salute, che si rimette alla. predestinazione gratuita, senza mirare alla pratica delle virtù. — Dall'altra parte però la dottrina spi- •

' Of. S. tómmaso, I-II, a. 109, a. 5, 6, 7; q. 112, a. 3; q. 113, a. 5»


•64:4:    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEtìPLAZIONE

rituale tomista insiste motto su questa •pratica delle mrtù; e questo si vede dal numero di quelle distinte

•da S. Tommaso: sono più di quaranta, delle quali egli

•tratta direttamente, opponendo a ciascuna due vizi,

•uno per eccesso, e l'altro per difetto 2.

Finalmente se .trattasi della forma di vita sopran­naturale, quando certi ordini si dedicano esclusiva­mente alla vita contemplativa ed altri alla vita attiva, la dottrina di S. Tommaso invita a unirle tutte e due. Sembra tuttavia che la contemplazione sia im­pedita dall'attività d'una vita di studio e d'apostolato, e che quest'attività non disponga gran fatto alla .contemplazione propriamente detta che è d'ordine mi< .stico e suppone il silenzio, la solitudine, il raccogli­mento abituale. Come si possono unire queste due vite? 3.

Potremmo notare molte altre opposizioni apparenti .nella dottrina spirituale tomista. Essa per esempio

•considera l'intelletto come la più alta facoltà, che

•dirige tutte le altre; nondimeno riconosce chiarissi' mamente la superiorità della carità sopra ogni co'-;gnizione che possiamo avere di Dio quaggiù.

Come possono conciliarsi in un medesimo ideale

•elementi in apparenza così opposti? Qual è il carat­tere dominante che li unisce?

' Quest'ascesi è presentata in modo pratico da S. Vincenzo Perreri nel suo Trattato della Vita Spirituale, ed è la medesima Ispirazione che

•si trova nel Dialogo di S. Caterina da Siena,                       y

' A questo proposito si volle qualche volta vedere nell'Ordine di "S. Domenico un dualismo, l'opposizione di due correnti, da una parte ciuella della vita di studio e di apostolato, che verrebbe da S. Tommaso, 'e d'altra parte quella della vita di pietà e d'osservanze, che verrebbe da S. Caterina da Siena mediante il B. Kaimondo da Capua; quasi che S. Domenico non avesse potuto dare al suo Ordine l'unità superiore

•che si richiede in ogni organismo vivente. In realtà questi tré grandi

•santi: Domenico, Tommaso e Caterina da Siena, sono nel medesimo Ordine come un riflesso delle tré Persone divine: il Padre, il Figliuolo

•e lo Spirito d'amore. La loro unione non resta, misteriosa per noi se non perché è quanto mal intima ed elevata.


SINTESI E CONFERMAZIONE   645

Carattere dominante della dottrina spirituale tomista.

Da ciò che abbiamo detto si vede anzitutto che questa dottrina spirituale si studia di non sopprimere nulla di quanto può veramente concorrere alla nostra perfetta santificazione e a quella del prossimo. Essa non esita ad affermare principii in apparenza con­trarii, purché ciascuno preso a parte apparisca as­solutamente certo. Non si contenta di porli vicini meccanicamente, mediante un eclettismo opportunista, che limiti bene o male le loro esigenze. Essa capisce che per unirli in modo organico, in una subordina­zione perfetta, bisogna sollevarsi più in alto, e che in siffatta ascensione non bisogna arrestarsi sul pendio. Le contradizioni apparenti si risolvono me­diante l'equilibrio dei loro termini spinti al più alto grado. È alla sommità che si fa l'armonia. Perciò la spiritualità tomista tende ad una veduta d'in­sieme quanto mai superiore, che possa abbracciare con uno sguardo gli aspetti più varii della vita cri­stiana, e vedere così com'essi si uniscano nel loro principio comune e nel loro fine supremo. Questa visione d'insieme superiore non è altro che la Sa­pienza, o la Contemplazione della Verità divina e del suo irradiamento universale. Contemplari et con­templata aUis tradere, contemplare e prodigare agli altri la propria contemplazione .per salvarli.

Tal è per S. Tommaso l'ideale degli Ordini apo­stolici che si sforzano di continuare nella Chiesa la vita stessa degli Apostoli, mandati da nostro Signore.

S. Paolo ci dice (I Cor., xn, 4):. «Vi sono distin­zioni di doni, ma è il medesimo Spirito; e vi sono distinzioni di ministeri, ma è un medesimo Signore; e vi sono distinzioni di operazioni, ma lo stesso D;io è

35 — Perfezione e Contemplazione.


546    PERFEZIONE cristiana E CONTEMPLAZIONE

quello che fa in tutti tutte le cose. A ciascuno poi è data la manifestazione dello Spirito per l'utilità comune. All'uno è dato per mezzo dello Spirito il linguaggio della Sapienza (il dono di far conoscere i misteri più alti della rivelazione), all'altro poi il linguaggio della scienza secondo il medesimo Spirito (il dono di proporre le verità della religione che tutti devono^sapere e di metterle alla loro portata), a un altro la fede (in quel grado che ottiene e fa dei miracoli), eco.-.. Tutte queste cose le opera quel­l'uno e medesimo Spirito, il quale distribuisce a cia­scuno secondo che gli piace». Questa distinzione ap-'parisce tra gli stessi Evangelisti, e la sublimità di S. Giovanni viene specialmente dal fatto ch'egli aveva ricevuto in un grado superiore quel linguaggio della sapienza, sermo sdentine, di cui S. Paolo ci dice (I Oor., n, 6): «Vi è una sapienza che noi predi» chiamo tra i perfetti... sapienza di Dio, misteriosa e occulta, che Dio, prima dei secoli, aveva preordinata per la nostra glorificazione. Questa sapienza da niuno dei principi di questo secolo fu conosciuta... A noi però Dio l'ha rivelata per mezzo del suo Spirito; lo Spirito infatti penetra- tutte le cose, anche le profon­dità di Dio ».

Non è forse "la stessa missione che ricevette San Domenico e dopo di lui S. Tommaso d'Aquino? ,4.

4 S. Domenico passava abitualmente le sue notti in preghiera, (lan­dosi ad una penitenza eroica, e durante il giorno predicava, « non sa­pendo parlare se non a Dio o di Dio ». Anima di preghiera incessante, s'incontrava per le vie della Linguadoea talmente immerso nell'unione divina, che una luce usciva dalla sua fronte. Questa luce fermò il braccio d'un assassino assoldato dagli eretici. Cosi Domenico e l'Ordine che bisognava fondare, tu detto, furono salvi dalla morte per la sua con­templazione.

Egli aveva la missione di dare la luce alle anime, come disse lo stesso nostro Signore a S. Caterina da Slena (Dialogo, o. clviii), paragonando l'Ordine di S. Domenico e quello di S. Francesco : « Considera Quale perfezione, quale profumo di povertà... sulla navicella di S. Francesco... Ogni Ordine spicca in una virtù particolare,... benché tutti posseggano


SINTESI E CONFERMAZIONE            547

«Vedi il glorioso S'. Tommasol disse il Signore a S. Caterina da Siena, che nobile intelligenza, intera­mente applicata alla contemplazione delle mie Ve­rità, dove acquistò lume soprannaturale e scienza in­fusa; onde questa grazia l'ottenne più col. mezzo del­l'orazione, che per studio umano » 5.

Queste ultime righe dimostrano che ' la scienza di cui si parla qui, è la scienza suprema o sapienza, che conosce le cose per mezzo della loro • causa prima e del loro fine ultimo. E non si tratta solamente della sapienza ' acquisita mediante lo sforzo della ragione naturale, o mediante l'indagine teologica illuminata dalla fede,, ma della sapienza infusa, ossia scienza saporosa dei santi, principio di quella cognizione amante che e la contemplazione : sguardo tutto per­vaso d'amor soprannaturale e che ci porta ad amar Dio maggiormente e a farlo amare. È la perfetta subordinazione, della'sapienza naturale alla sapienza divina 6.

In una simile vita non vi è affatto dualismo Od opposizione tra la pietà liturgica e le osservanze

la carità che è il principio di tutte le virtù. A Francesco poverello fu propria la vera povertà; a cagione dell'amore ch'egli aveva per essa ne lece il pezzo principale della sua navicella... I] tuo Padre Do­menico, diletto mio figliuolo, volle che 1 suoi frati attendessero solo all'onore di me, e alla salute delle anime col lume della scienza; e questo lume egli volle fare oggetto principale del suo Ordine... per estirpar gli errori che a quel tempo si erano sollevati. Egli prese l'ufficio del Verbo unigenito mio Figliuolo... Fu egli stesso un lume ch'io porsi al mondo col mezzo di Maria... A qual mensa invitò egli i suoi figli per cibarsi di questo lume della scienza» Alla mensa della Croce... Oggi... si cambia in tenebre lo stesso lume della scienza, avviluppandolo nei turni dell'orgoglio... Io non accuso l'Ordine, perché, come ti ho detto, esso ha in sé ogni diletto; ma non è più quello ch'era nel prin­cipio suo. Esso era un flore. Contava dei religiosi di gran perfezione, ohe ricordavano un S. Paolo, per Io splendore della loro luce... »

" Dialogo, o. civili.

' Per ima singolare coincidenza la chiesa dei domenicani a Roma si chiama S. Maria sopra Minerva, come per dirci: in questa subordina­zione, la sapienza naturale, nonché essere fatta schiava, è glorificata e trasfigurata.


548    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

da una .parte, e lo studio e l'apostolato^ dall'altra. Tutto si armonizza, purché si veda bene che il culto e l'austerità delle osservanze sono, come lo studio, ordinate a questa divina contemplazione, essa pure ordinata ad una maggior carità, che deve riversarsi sopra le anime dando loro la luce della vita, per condurle a Dio. Tutto questo è ben compendiato nel. motto « Contemplari et contemplata aliis tradere » :

La verità divina contemplata e predicata. Quaggiù la contemplazione, pur dirigendo l'amor di Dio, gli resta inferiore ; sopra la terra l'amare Dio è più perfetto che il conoscerlo, perché la cognizione attrae in certo modo Iddio verso di noi e gl'impone il limite delle nostre piccole idee, mentre l'amore ci attrae e ci eleva a Lui. Ma in .cielo, e per l'eternità, la contemplazione di Dio veduto a faccia a faccia non avrà più limiti e sarà superiore all'amore, che essa produrrà necessariamente in noi. (Cf. S. Tómmaso, L q. 82, a. 3.)

Questa divina contemplazione prende varie forme nei diversi .ordini religiosi, ma in fondo è sempre la medesima. S. Benedetto consacra specialmente i suoi figli alla celebrazione dell'ufficio divino ; è l'Ordine patriarcale della lode'e .della pace. Il Carmelo e la Certosa ricordano la solitudine e l'austerità care alla vita eremitica, e devono mantenere altissimo nella Chiesa lo spirito d'orazione. I figli di S. Fran­cesco trovano nella povertà del loro padre il segreto degli slanci d'amore tutto serafico, che mai non si cesserà di ammirare nell'umile fraticello d'Assisi. S. Ignazio costituisce una milizia, che allo zelo della gloria di Dio sa unire la prudenza e l'abilità; lo sforzo della volontà è la sua nota caratteristica. E lo stesso dicasi di tutti i fondatori d'Ordini. . Ciascuno ha una risposta luminosa, amante, forte e pacificante .per le anime predestinate a seguirlo; e queste risposte conducono finalmente alla stessa meta quelli che non


SINTESI E CONFERMAZIONE             849

si fermano per la strada, cioè alla divina contempla­zione e alla perfezione dell'amor di Dio e del pros­simo.

Alle anime che soprattutto hanno sete di Verità, Dio propone come guida S. Domenico e il grande luminare'/del suo Ordine S. Tommaso: Verità immu­tabile, infinitamente superiore alle fluttuazioni dell'o­pinione: Verità superiore altresì alla libertà ch'essa regola e che preserva dal traviamento e dal peccato. Verità divina della fede che i predicatori difesero con pericolo della loro vita, contro l'accanimento dell'eresia, distruggitrice della società. Verità affer­mata dal sangue del santo inquisitore Pietro martire e di tanti altri eroici difensori della, fede. Verità non solo dell'intelligenza ma della vita: vita infe­riore ed esteriore .all'altezza del pensiero, perché questa, col pretesto di moderazione, non cada al li­vello della mediocrità, e perché Dio sia glorificato. Veracità assoluta, odio della menzogna sotto tutte le sue forme e dell'ipocrisia, lealtà perfetta, .magnani­mità e franchezza, che senza l'umiltà e la carità de­genererebbero in durezza, che ferisce, ma che danno una gran semplicità a questa fisonomia spirituale dagli aspetti tuttavia così varii. Per restar nel vero, essa deve tendere umilmente a grandi cose, «magna-nimiter in rè, humiliter autem in modo, fortiter et suaviter ». Umiltà e magnanimità sono figlie della Verità e si conciliano nella Sapienza 7.

7 Ct. II-II, q. 129, a. 3, e commento del Gaetano: della magnanimità e dell'umiltà, del loro intimo rapporto nonostante la loro apparente oppo­sizione. — Vedasi pure II-II, q. 162, a. 3, ad 1, come l'orgoglio impe­disca indirettamente la cognizione speculativa della verità, e diretta­mente la cognizione affettiva: i finche l'orgoglioso si diletta della sua propria ecsellensa, egli si stanca e si disgusta dell'eccellenza della verità. »


550                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Principii direttori della dottrina spirituale tomistà.

Da questo carattere della dottrina 'spirituale di S. Tommaso derivano i principii direttori che la co­stituiscono. È facile enunciarli nel loro ordine natu­rale, dopo li svilupperemo.

1° Questa dottrina spirituale consiglia il pieno .svi­luppo della natura sotto la grazia, ma senza il me­nomo naturalismo, perché essa considera questo svi­luppo dal punto di vista della sapienza, nella sua causa prima e nel Suo fine ultimo, e .vede in esso un frutto della grazia. 2° Quand'essa ha ben dimo­strato tutto quello che'può la natura meglio for­nita e più geniale, aggiunge che tutto ciò non è assolutamente nulla in confronto della vita sopran­naturale, la cui elevatezza infinita risalta per ciò assai più. Nel medesimo tempo fa vedere l'armonia sublime di questi due ordini infinitamente distanti l'uno dall'altro. 3° Da questo punto di vista superiore, più divino che umano, essa insiste sull'efficacia della grazia, sulla passività della creatura; e per conse­guenza considera la vita mistica, come il coronamento normale dell'ascesi, e vuole che l'azione apostolica derivi dalla pienezza della contemplazione.

La- natura non dev'essere distrutta ma perfezio­nata dalla grazia. — Questo principio, spesso enun­ciato da S..'Tommaso, dev'essere inteso con un grande spirito di fede e dal punto di vista superiore della sapienza; altrimenti diventa falso, nulla di più facile;

si rende pericolosissimo, diventando fonte di tenta­zioni. La parola natura nell'enunciato di questo prin­cipio dev'essere presa non nel senso ascetico, ma nel senso astratto, metafisico. In altre parole, essa non


SINTESI E CONFERMAZIONE             651

significa la natura umana decaduta come tale, nem­meno la natura tal quale è concretamente, di fatte, dopo il battesimo, con le conseguenze del peccato originale che questo sacramento non.. soppresse, con le ferite, in via di cicatrizzazione, che per tanto tempo ci lasciano deboli ,per il bene e inclinati al­l'egoismo sotto tutte le sue forme. Questa parola. « natura » designa qui la natura umana in ciò ch'essa ha di essenziale, di buono, secondo l'idea divina che ne è l'archetipo-ossia l'esemplare eterno.

Sotto quest'aspetto è certo che la grazia non deve. distruggere la natura, ma perfezionarla elevandola. Perciò S. Tommaso consiglia il pieno sviluppo dei doni naturali che ricevemmo da Dio, lo studio .della sapienza umana, che è il perfetto uso della ragione naturale, in unione colla sapienza; divina che, si attinge dall'orazione. Seguendo il medesimo, criterio, egli ci dice: Siate soprannaturalmente vqì stessi,. meno i vostri difetti,, secondo l'idea divina che pre­siede al vostro destino. È quello che fa dire a Santa Caterina da. Siena : « Onde la religione domenicana è tutta larga, tutta gioconda, tutta odorifera; è in sé un giardino di delizie » 8. Ma per essere veramente questo, essa richiede l'austerità della penitenza e la pratica, delle virtù eroiche, alla luce della contempla­zione.          .       -                     ...

In ciò non vi è dunque alcun disaccordo .tra San;

Tommaso e l'autore dell'Imitazione o gli altri grandi mistici. Anzi, avendo un'idea astratta precisissima dell'essenza, delle proprietà immutabili, delle forze e del fine ultimo della natura umana, S. Tommaso:

colpisce meglio tutto quello che la deforma, tutto-quello che in essa è sregolato, conseguenza del pec­cato, e inclinazione al peccato, ciò che dev'essere non solo moderato, ma mortificato ed estirpato dalla

' Dialogo, e. clviii.


652    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

penitenza, la quale è veramente di essenza del cri­stianesimo, come il sacramento del medesimo nome. Questo lavoro di risanamento o di guarigione da S. Tommaso è sempre considerato in vista della causa' prima e del fine ultimo, quindi lo dichiara assolu­tamente impossibile nello stato attuale, -senza la grazia, le cui due funzioni principali sono guarire la natura ed elevarla soprannaturalmente (gratia sanans et ele-vans). Il Dottor Angelico si spinge anzi assai lon­tano circa la necessità di questa grazia di. guari­gione; senza di essa, l'equilibrio della nostra vita morale anche naturale, turbato dal peccato originale, non può ristabilirsi. La rivelazione soprannaturale è moralmente necessaria perché tutti gli uomini possano conoscere rapidamente, con una ferma certezza e senza mescolanza d'errore, l'insieme delle verità natu­rali della religione 9. Queste verità quanto mai in­feriori all'ordine dei misteri soprannaturali, sono per sé accessibili alla ragione, ma questa senza la grazia non le raggiunge se non imperfettissimamente. «Pa-rimenti per amar Dio naturalmente sopra ogni cosa, l'uomo nello stato di decadenza,, ha bisogno del soc­corso della grazia che guarisce» ì0. «Senza questo soccorso egli può certamente fare qualche bene par­ticolare, costrurre case, piantar vigne, e cose simili, ma, come un infermo, egli non può fare tutto il bene naturale, osservare tutti i precetti della legge natu­rale» u. E quindi, allorché S. Tommaso nella sua Somma Teologica parla della perfezione naturale e delle virtù acquisite che la costituiscono, trattasi già tormalmente dell'effetto della grazia che guarisce, e ne parla non solo da filosofo, ma anche da cristiano e da teologo. In ciò non vi è dunque alcun pericolo di naturalismo.

• II-II, i. 2, a. 4.

10 I-II, q. 109, a. 3. — Vedasi sopra, p. 170. " I-II, q. 109, a. 2, -t.


SINTESI E OONOTaÉMAZIONE   .          553

2" Anzi, quest'alto concetto della perfezione na­turale dell'uomo, nonché condurre al naturalismo, dimostra, meglio d'ogni altro, l'elevazione infinita dell'ordine soprannaturale, che oltrepassa assoluta­mente le forze e le esigenze non solo della natura umana più ricca, ma di ogni natura creata e crea­bile. Quanto più si fa vedere H perfezione dell'ordine naturale, tanto più s'impone l'elevazione della vita soprannaturale che la oltrepassa infinitamente. Qua­lunque sia l'evoluzione naturale delle nostre facoltà e delle nostre virtù, per un supposto progresso inde­finito della scienza e della moralità, quest'evoluzione non raggiungerebbe mai il valore del minimo grado di grazia santificante. Dio potrebbe perfino creare angeli sempre più perfetti l'uno dell'altro, e la loro perfezione naturale non potrebbe mai raggiungere il minimo grado di carità. Non vi è confronto possibile tra la natura creata, per quanto perfetta si con­cepisca, e la natura divina, di cui ,la grazia è una partecipazione reale .e formale. «La grazia d'una sola anima (quella per esempio d'un bambino dopo il battesimo) vai più del bene naturale di tutto l'u­niverso » 12, più di tutte le nature angeliche create e creabili riunite, come il minimo atto di pensiero vai più di tutto il mondo dei corpi, più dei miliardi di stelle7 contenute nelle nebulose.

Non è possibile farsi un'idea più alta dell'ordine della grazia. Impossibile, ad onta di quello che disse qualche teologo, ammettere che, nella nostra natura o in quella dell'angelo più perfetto, vi sia il minimo germe di questa vita soprannaturale, che è d'un or­dine infinitamente più alto: una partecipazione reale e formale della vita intima di Dio. ;,

Nella nostra natura, e in quella dell'angelo non vi

" I-II, q. 113, a. 9, ad 2: <i Bonum gratlae unius maina est, quam bonum naturae totius universi, r                   '


564    PERFEZIONE CRISTIANA . E CONTEMPLAZIONE

è se non la capacità d'essere elevate a questa vita tutta divina; quest'attitudine totalmente passiva non è maggiore nella più vigorosa intelligenza angelica, ette nell'anima d'una povera cristiana sprovvista di ogni cultura; e se quest'umile donnetta muore con . un grado di carità uguale a quello di questo spirito puro, questi con un uguale grado di gloria non vedrà meglio di lei l'essenza divina; il vigore naturale della sua intelligenza non gli darà un'intuizione più pene­trante di quest'oggetto infinito affatto soprannaturale.

— Non vi è nessuna proporzione positiva tra i due ordini, e perciò le buone opere naturali non possono assolutamente meritarci la grazia divina, ne dispor-vici positivamente. È questo uno dei punti fonda­mentali della dottrina di S. Tommaso-,. contro ogni traccia del naturalismo pelagiano. (GÌ. de. Vergate, q. 14, a.' 2.)

Da ciò apparisce altresì la superiorità ìnfini': a delle tré virtù teologali sopra la cognizione naturale e sopra l'amor naturale di Dio, ed anche sopra la cognizione naturale dei miracoli ed altri segni della Rivelazione. Il nostro atto di fede infusa non è un atto naturale' rivestito d'una modalità soprannaturale, come il rame è rivestito d'uno strato d'oro, per formare l'orpello. Esso è essenzialmente soprannaturale nel suo fondo, e il suo motivo formale immediato non è altro che la Verità divina rivelatrice; per conseguenza è infini -

•tamente superiore all'atto di fede del demonio, fon­dato sull''evidenza naturale dei .miracoli, benché il demonio abbia idee infuse molto più perfette delle nostre idee acquisite. Da questo punto di vista si concepisce anche il valore inapprezzabile, del minimo atto di carità, l'elevatezza delle virtù morali infuse sopra le virtù morali acquisite, descritte dai mora­listi pagani, e tutta la grandezza dei doni dello Spi­rito Santo, che ci rendono docili alle sue ispirazioni, e ci fanno partecipare al suo modo affatto divino di


SINTESI E CONFERMAZIONE             555

conoscere e di amare. Questo soprannaturale essen­ziale della « grazia delle virtù e dei doni » è incompa­rabilmente più elevato di quello dei miracoli e delle manifestazioni esteriori della vita mistica.   . '

Non vi è autore spirituale che siasi fatta una più alta idea della vita soprannaturale, e che abbia dato dei principii più sicuri, per ben intendere quello che dev'essere nella sua intimità l'unione con Dio.

La dottrina spirituale di S. Tommaso, per il fatto che insiste sulla distanza infinita che separa la na­tura e la grazia, con ciò dimostra ancora la sublimità della loro armonia nella perfezione cristiana. Che cosa è il sublime, se non qualcosa d'infinitamente superiore nell'ordine del bello, soprattutto del -bello intellettuale e morale? Ora il bello non è altro che l'armonia splendida di elementi varii, lo splendore dell'unità nella varietà. Se gli elementi da riunire sono infinitamente distanti l'uno dall'altro, Dio solo può armonizzarli, e la loro unione non solo è bel­lissima, ma sublime. Dio solo può così riunire natura e grazia, e, ne' suoi doni soprannaturali, la perfetta Conformità alla natura e l'assoluta gratuità. È questa sublimità che esprime semplicemente S. Tommaso, parlando della comunione eucaristica, pegno della vita del cielo :                   ,    .

-O res mirabilis, manducai Dominum Pauper, servus et humilis.

Senonchè, col pretesto che la grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona, sarebbe una singolare illusione il credere che la perfetta armonia delle due sia facilmente attuabile. L'oggetto proprio della spe­ranza, dice S. Tommaso, è difficile, arduum.

•Quest'armonia esisteva certo nello stato di giu­stizia originale; essa trovasi incomparabilmente su­periore in Gesù Cristo e in Maria, e la contempliamo nella vita unitiva dei santi; per giungervi la via pur-


656    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

gativa è indispensabile, comprese le purificazioni pas­sive, che ci associano alla vita dolorosa di Cristo, per disporci a partecipare alla sua vita gloriosa in ciclo: «Lo Spirito stesso rende testimonianza al nostro spirito che noi siamo figli di Dio,.., coeredi di Cristo, se tuttavia noi soffriamo con lui, per essere glorifi­cati con lui» (Rom., vili, 16).

3° Finalmente in quest'ordine soprannaturale, San Tommaso dal punto di vista superiore della sapienza, che giudica tutte le cose relativamente a Dio, insiste più sull'efficacia della grazia divina da ottenersi colla preghiera, che sullo sforzo umano della nostra vo-•lontà. A'' suoi occhi la grazia è efficace per se stessa e non per il consenso che la segue. Così intende egli le parole di S. Paolo: «È Dio che opera in noi il volere e il fare, secondo il suo beneplacito »~(PhiL, n, 13); «Che cosa è che ti differenzia da altri? Che hai che tu non abbia ricevuto? » (I Cor., iv, 7). Dio solo è l'autore della salute; quello che vi è di meglio nella nostra vita cristiana, la determinazione libera del buon consenso, non può essere esclusivamente opera nostra, ma deve venire da Dio, come causa prima, e da noi, come causa seconda, dalla grazia e dalla nostra volontà mossa dalla grazia, ma in nessun modo da essa violentata. Che cosa vi è di più forte e di più soave nel medesimo tempo, che la grazia intrinsecamente efficace, che non distrugge ma mette in atto la nostra libertà? Fortiter et sua-viter, ecco il modo come Dio muove la nostra volontà verso il bene. La dottrina spirituale di S. Tommaao non separa mai queste due note dell'azione divina:

forza somma e soavità; il diminuire la prima sarebbe un ledere la seconda, ma la loro intima unione resta un profondo mistero, che ci orienta verso la più alta mistica ortodossa. Ci vuole un'intera fiducia nell'effi­cacia assoluta della grazia divina, che ci guadagnarono


SINTESI E CONFERMAZIONE             657

i meriti infiniti di Cristo. Dubitare di quest'efficacia sarebbe un dubitare della bontà e della potenza di­vina.                               .    .          '

Questa dottrina, appunto perché non è Solamente scienza psicologica o morale, ma sapienza divina, considera specialmente la causa prima e il fine ul­timo dell'attività umana. Tutto nei nostri atti liberi salutari viene ad un tèmpo da Dio e da noi, da-Dio prima, e poi da noi. Lo stesso avviene, nell'or­dine ascetico, dell'esercizio più ordinario delle virtù;

per conseguenza la vita mistica apparisce come il coronamento normale della vita spirituale; essa è ,caratterizzata dal predominio dei doni dello Spirito Santo, delle sue ispirazioni soprannaturali e da una maggiore passività dell'anima totalmente abbandonata all'azione divina purificatrice, santificante, sempre più profonda e unitiva.

Se invece nei nostri atti liberi salutari non tutto viene da Dio, se la nostra libera determinazione e la nostra cooperazione s'aggiunge, come alcun che di esclusivamente nostro, all'attrattiva che il Signore esercita sopra di noi; allora noi riguardiamo soprat­tutto noi stessi, e la vita mistica con l'attività -speciale che la caratterizza non apparisce più come il coro­namento normale della vita ulteriore, ma sì come una cosa affatto straordinaria, fuori dell'ordine normale della santificazione perfetta.

Di queste due concezioni la prima è più divina, più soprannaturale, più semplice, ed anche, comunque apparisca a tutta prima, più esigente. Essa racco­manda maggiormente la preghiera, che è la respira­zione dell'anima, l'abbandono alla divina Provvidenza;

da un'idea più profonda dell'umiltà e rischiara, di più nelle grandi prove purificatrici, mostrandoci in­cessantemente ch'esse vengono da Dio e conducono .a Lui. Ci dice specialmente: «Ascolta il Signore, stai attento alla sua azione in tè, bada di non resistere


568    PERFEZIONE CSISTIANA E CONTEMPLAZIONE

i   '

a' suoi premurosi inviti, prega per avere la forza di corrispondervì, ed Egli ti darà la sua grazia for-tissima e dolcissima/che ti porterà infallibilmente al bene, ,a sacrifìzi più generosi, ad una carità sempre più perfetta e ad 'un'unione sempre più intima».

La seconda concezione, che s'ispira meno alla sa­pienza divina, ma -ad una psicologia e ad una mo­rale più umana, è per ciò stesso più complicata, più esteriore, un po' meccanica; essa porterà Inanima più ad esaminare se stessa che a vedere l'azione di Dio in sé. D.irà soprattutto: «Gol tuo sforzo rendi ef­ficace la grazia sufficiente: che D:io da a tutti; a tè spetta salvarti e santificarti mettendo in opera i doni che Dio largisce ad ogni cristiano »'. Eiponendo minor fiducia nel soccorso del Signore, essa per conseguenza sarà» meno esigente; perché non si può domandare molto all'uomo che non può fare assegnamento sopra il soccorso intrinsecamente efficace di Dio per ar­rivare al buon consenso e a mantener visi. Per ciò stesso, questa seconda concezione ci condurrà meno in alto,. e riguarderà generalmente l'unione mistica come un dono straordinario, che ..sarebbe presunzione desiderare 13.                        

La prima concezione, a nostro avviso, considera specialmente gli uomini come dovrebbero essere, e la.', seconda li considera soprattutto come sono. Il fatto . deve forse farci dimenticare il diritto, e là comune , mediocrità l'ordine perfetto che noi ammiriamo nei santi? Ancora una volta non confondiamo quello che è straordinario di '.fatto solamente, come la vita mi­stica, con ciò che è straordinario per sé o di diritto, come il miracolo. Dal fatto che assai poche anime

18 Se, In seno alla medesima scuola, si vede produrre delle divergenze su questo punto, questo prova solamente che vi sono delle telici incon­gruenze in certi teologi, che dimenticano i loro 'principii, quando ve­dono in certe anime l'azione di Dio partioolarmente efficace e mani­festa.


SINTESI E CONBEBMAZIONE             559

sono elette ossia elevate alla vita mistica, non bi­sogna concludere che poche siano ad essa chiamate. Alle volte, come abbiamo veduto, i traduttori dei grandi Maestri Iscrivono chiamati alla vita mistica, là dove il testo originale esige elevati alla vita mi­stica. È una grave confusione. «Vi sono molti chia­mati, e pochi eletti», come sta scritto nella parabola degl'invitati, che non vollero venire. E questo è vero non solo nell'ordine generale della salute, ma -anche in quello della santificazione perfetta u.

' Se la fedeltà allo Spirito Santo deve normalmente condurre alle acque vive dell'orazione, che cosa bi­sogna dire dei rapporti della contemplazione e del-V azione apostolica? L'intensità della prima richiede forse il sacrifizio della seconda, e non può questa sperare di alimentarsi alla calda e viva luce di quella ?

S. Tòmmaso risponde: L'insegnamento della dot­trina sacra e la predicazione devono derivare dalla pienezza della contemplazione, ex plenitudine, con-templationis 15; queste due parole riunite hanno un senso elevatissimo nella lingua di S. Tòmmaso, sempre posi perfettamente sobria.

La .contemplazione non è ordinata all'azione apo­stolica, come un mezzo subordinato ad un fine, come uno studio fatto in fretta e furia in vista d'una pre­dica; ma essa la produce come una causa eminente e sovrabbondante. Il punto culminante della vita dell'apostolo è l'ora d'unione a Dio nell'orazione. Da quest'unione divina egli deve discendere verso gli uomini, coll'anima piena di carità e di luce di vita, per parlar loro di Dio e per volgerli a Lui.

Onde S. Tòmmaso considera la vita attiva e la vita

" Di più, come abbiamo veduto, e. V, a. I, bisogna distinguere tra vocazione inferiore ed esteriore, tra vocazione remota e vocazione 'pros­sima, quest'ultima stessa può essere sia sufficiente sia efficace. Ct. sopra, B. 373.

" II-II, q. 188, a. 6.


660    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTÉflPLAZIONE

puramente contemplativa come meno perfette della vita apostolica che le unisce tutte e due, e che ha per fine la contemplazione che fruttifica per mezzo del­l'apostolato. Come Gesù Cristo e i dodici, l'apostolo dev'essere un contemplativo, che da agli altri la sua contemplazione per salvarli e, per santificarli. Con-:

templari et contemplata aliis tradere, sono le parole di S. Tommaso, divenute la divisa del suo Ordine 16.:

Con le ore di raccoglimento ch'essa esige, la con-' templazìone, anziché intralciare l'attività apostolica, ne è la fonte. Dove s'arresta la nostra contempla­zione, là s'arresta il nostro apostolato. Senza di essa, senza il desiderio di prepararvisi, l'apostolo, gonfiò d'una vana scienza, non irradia più. Il naturalismo pratico l'invade e può distruggere tutto; egli diventa preda dell'orgoglio intellettuale e non ha più alcuna rassomiglianza coll'anima dei santi che si nutrivano incessantemente « alla mensa della Croce del Salva­tore ».                       '                      ;

La contemplazione divina ci fa dimenticare quello che lusinga o quello che spezza la nostra .povera per­sonalità, per farci sempre pensare a D'io e alle anime,

16 II-II, q.. 188, a. 6. — Nel commento di quest'articolo il Passerini nota profondamente, dopo non pochi altri teologi tornisti, che l'azione apostolica non è, nel senso proprio della parola, il fine (finis cujus gratin) della contemplazione, ma che ne è l'efletto (finis effectus). Così l'Incar­nazione non è ordinata alla redenzione dell'umanità, come mi mezzo a un fine superiore, ma come una causa a un effetto inferiore. Gesù Cristo, dice S. Tommaso (I, q. 20, a. 4, ad. 1), è da Dio più amato di fatto 11 genere umano e di tutte le creature insieme... Egli non perde nulla della sua eccellenza, per il latto che Dio lo diede alla morte per la nostra salute; che anzi egli divenne cosi 11 glorioso vincitore del peccato e della morte. — Quello che Dio volle da tutta l'eternità, non è l'Incarnazione subordinata alla Redenzione, come un mezzo ad un flne superiore, ma è l'Incarnazione redentrice. Così 'il fine d'un ordine di vita mista o apostolica, non è l'apostolato a cui la contemplazione sarebbe subordinata come ad un flne superiore, ma sì la contemplazione ehe fruttifica mediante l'apostolato. « Rellgio mista respicit principaliter contemplationem ut truetlficantem ad extra ad animarum salufem. > i passerini, O. P., In II-II, q.. 188, a. 6. Item sa.lmanticbsi, Cursus Theol., de Statu religioso in communi, disp. II, duo. III.


SINTESI E CONTEBMAZIONE             561

\

e per darci la forza di superare tutte le contradi­zioni. Sopprime la febbre dell'agitazione superficiale preoccupata delle inezie d'una/vita e d'una scienza affatto materializzate. Essa ^spiritualizza, da modo di agire in altezza e in profondità, fa dir mQÌto in poche parole che noa-^si dimenticano più. Solo la, contemplazione amantissima del lume della vita, del­l'amore infinito di D.io per noi, della sovrabbondante Redenzione, della vita eterna cominciata nelle anime, può far predicare con uno zelo infaticabile, non solo la lettera, ma lo spirito tutto soprannaturale del Van­gelo. Solo allora l'apostolo comunica qualcosa di quella parola di fuoco di cui parla : il Salmista, ignitum eloquium tuum vehementer 17: «parola viva di D.io, più affilata di qualunque spada a due tagli, così penetrante che s'interna fino a separare l'anima .dallo spirito,... a discernere i pensieri segreti e le intenzioni del cuore » 18 per strapparli al male e con-vertirli a Dio.

Questa vita contemplativa ed apostolica non è im­possibile. G-li annali degli Ordini .religiosi ci mo­strano con quale generosità sia essa stata vissuta. Le anime che muoiono per mancanza di nutrimento ne hanno bisogno adesso non .meno che per il passato".

Per completare queste vedute sopra la Teologia di S. Tommaso e la dottrina spirituale, considere­remo nell'articolo seguente quello ch'era in lui l'u­nione dello 'studio e della pietà. Sarà il mezzo per •dimostrare quello che dev'essere, specialmente nelle anime sacerdotali e religiose, l'unione della vita ul­teriore e della vita intellettuale, e per richiamare al pensiero come quest'unione si fa principalmente m grazia della contemplazione divina.

" Ps. cxv, 140.                  " Hebr.,iv, 12.

SSPerfezione e Contemplaaione.


562                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

articolo III.

L'unione della vita interiore e della vita intellettuale.

Separare la vita inferiore e la vita intellettuale che il Signore volle vedere unite, per renderne ciascuna più intensa, è un lavorare incoscientemente a distrug­gere l'una e l'altra. Quest'unione, richiesta dalla natura stessa delle cose, tal quale è nota alla sa­pienza di Dio, è ognora più necessaria per rimediare ai difetti che per lo più si 'mescolano allo studio da una parte e alla pietà dall'altra.. Ricordiamo qui i principali, così come si presentano specialmente ai giorni nostri.,

§ I.

La materialiszazione della vita intellettuale e quella della vita intcriore.

I difetti che compromettono la vita di studio, San Tommaso li'notò trattando, nella II-II, q. 166, a. 2, della virtù della studiosità o' dell'applicazione' allo studio. Questa virtù, dice egli, è una virtù morale che si oppone a due vizi contrari: alla c'uriosità ossia desiderio, smoderato di sapere, e alla pigrizia intel-. lettuale ossia paura dello sforzo intellettuale..

La curiosità ci porta a darci smoderatamente ad uno studio mutile per noi o poco utile, a scapito d'un altro che ci sarebbe indispensabile; in tal modo certi umanisti giunsero a preferire al Vangelo i più leggeri poeti greci e latini. C'induce ancora a studiare .avidamente tutto ciò che ci si presenta nel mondo


SINTESI E CONEEEMAZIOME            563

sensibile, nelle creature, facendoci mettere in disparte la cognizione di Dio. C'inclina a voler risolvere pro­blemi che superano le forze della nostra mente, altiera tè ne quaesieris; qualche ; volta conduce perfino a cercare la cognizione delle cose occulte con mezzi illeciti e superstiziosi.

Spesso questa curiosità giunge fino ad uno stra­pazzo che inaridisce il cuore e rovina la pietà. È .accompagnata da vanagloria, da orgoglio intellettuale, e richiama alla mente il detto di S. Bernardo:

sciunt ut sciantur: cercano la scienza non per amore della verità, ma per esser conosciuti e applauditi.

Quand'essa è soddisfatta o quando le delusioni si fanno sentire, si produce una certa stanchezza, d'onde nasce la pigrizia intellettuale, che invita a seguire la corrente, mentre bisognerebbe forse risalirla, e a contentarsi di vegetare nella mediocrità dove non c'è più veramente vita intellettuale. È la -storia di molte persone intelligenti, sedotte prima da una falsa elevazione presto seguita da decadenza; alcuni anni di strapazzo in vista d'una licenza e d'un dot­torato, poi a poco a poco l'andazzo e l'inerzia. La virtù da S. Tommaso chiamata studiositas, ha ap­punto per iscopo di rimediare a questi due difetti opposti che generalmente si susseguono.

Questi difetti, gotto certi riguardi, sono più rile­vanti ai giorni nostri. U,na stupida curiosità, pre­ferendo il secondario .al principale, la creatura al Creatore, il corpo .all'anima, condusse molte persone intelligenti ad una specializzazione totalmente ma­teriale; e spesso la pigrizia fa sì, che poi uno si. isoli nella sua specialità, contentandosi circa il • resto 'di vaghe generalità .che oltrepassano di poco la menta­lità dei maestri elementari.

Ai giorni nostri sovente si è separato- ciò che solo doveva essere distinto, pur restando unito, coordinato o subordinato in un'armonia feconda. Non solo si se-


564    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

parò la Chiesa dallo Stato, ma nella maggior parte degl'intellettuali, in Europa, la vita di studio fu se­parata da ogni vita interior'e. Anzi, come Descartes aveva separato, la filosofia dalla teologia, si separò la scienza .dalla filosofia, poi le scienze le une dalle altre, e perfino spesso i rami di ciascuna scienza dalle loro vicine. La specializzazione, per certi ri­guardi: utilissima ed anche indispensabile, si fece spesso in modo così materiale, che condusse ad una vera materializzazione della scienza, a tal segno che l'unificazione del sapere apparisce impossibile.

In quello stesso modo che, in una fabbrica di cal­zature, quasi non si trovano più operai che sappiano fare uno stivaletto intero, ma soltanto una suola o un gambale, così si trovano dei fisici che sanno poco più d'una minima parte della loro scienza e non possono più lumeggiarla mediante i suoi rapporti colle altre; vi sono dei sedicenti filosofi così bene specializzati in psicologia che non hanno più alcuna idea della filosofia prima o metafisica. Si trovano dei biblisti versatìssimi nell'assiriologia, che sem­brano avere dimenticate certe tesi più fondamentali della dogmatica. Vi sono dei casisti che sembrano avere appena sfogliate le questioni della Somma Teo­logica relative agli atti umani; specialisti della mi­stica che studiano nei particolari le grazie d'orazione, senza mai avere approfondito il trattato della grazia, la distinzione della grazia santificante e, delle grazie:

gratìs datae, o quella delle virtù infuse e dei doni dello Spirito Santo. Davanti a questa specializzazione, esagerata divenuta una materializzazione, il teologo a volte si fa relatore di ciò che si dice nelle diverse scienze che toccano la sua, e nella sua stessa pare alle volte che abbia perduto la facoltà di giudicare. Così si arriva a poco a poco alla scienza a un tanto al chilo, in cui i materiali accumulati senz'ordine hanno soffocato la vita dello spirito. .


SINTESI E. CONFERMAZIONE             565

Questa materializzazione della scienza può spin­gersi molto avanti, e siccome nonostante tutto si ri­chiede una certa unità del sapere, se questa non si cerca più in alto, si cerca in basso. Invece di spie­gare i fenomeni mediante la subordinazione delle cause, .sotto la dipendenza dalla Causa prima, si tenta di spiegarli mediante una pretesa subordina­zione delle leggi sperimentali particolari alle leggi più generali, cioè a quelle comuni all'uomo, all'ani­male, alla pianta, alla pietra, a quelle della materia e dell'energia fisica, e al posto di Dio ci si contenta del principio della conservazione dell'energia, come se da esso potessero progressivamente uscire la vita vegetativa, sensitiva, intellettuale, morale e religiosa;

è il mistero assurdo del più che esce dal meno.

Una tale materializzazione della scienza è mani­festamente la morte dell'intelligenza, l'arresto di ogni vita intellettuale. Ed è tanto più pericolosa in quanto s'appiglia alle più alte forme delia vita dello spirito:

corruptio optimi pessima.

A questo proposito, bisogna evitare una materia­lizzazione del tomismo che sarebbe la sua rovina. Mon basta parlare con grande entusiasmo di S. Tommaso e non vedere nella sua dottrina quasi altro. che quello che è immediatamente assimilabile per tutti alla prima lettura. Essa ridurrebbesi così ad una vaga fi­losofia di senso comune, che farebbe pensare a quella degli Scozzesi, incapace di difendere se stessa, di sollevarsi fino ai veri principii che sono la luce stessa del tomismo, e che, sotto la lettera, costituiscono il suo spirito sempre vivo. Non è così che il pensiero di S. Tommaso fu inteso da' suoi più autorevoli in­terpreti, come un Capreolo, un G-aetano, un Bannez, un Giovanni di S. Tommaso.         .

Conclusione troppo evidente: Una certa 'curiosità morbosa, che preferisce il -secondario al principale, ed è generalmente seguita da inerzia, materializza


666    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

sempre più la vita intellettuale e finisce col tarla morire.

*   *   *

Difetti analoghi si notano nella vita interiore ap­pena ch'essa devia dal suo vero fine e dalla sua re­gola. Questi difetti sono quelli dello spirito di na­tura opposto allo spirito di Dio. La natura nel senso ascetico della parola, in quanto essa porta in sé le conseguenze del peccato originale e dei nostri peccati personali, è nemica della mortificazione, della croce, delle umiliazioni, e non vuoi morire. Essa cerca il piacere nella vita di pietà, come trascorre alla cu­riosità nel lavoro intellettuale; e cade così in un vano sentimentalismo, senz'alcuno, spirito d'abnega­zione, di morte al peccato; sentimentalismo che è ac­compagnato da gola spirituale e da orgoglio spiri­tuale. È l'opposto dello spirito di fede e dell'amo r di Dio.

Poi, fin dalle prime difficoltà o aridità, la natura s'arresta, cade nella pigrizia spirituale, altra torma, dell'inerzia, e così si abbandona la vita interiore.:? Spesso, -col pretesto dell'apostolato, l'uomo si com-:

piace nella sua attività naturale, in cui si esteriorizza, sempre più; confonde la carità e la filantropia, l'amore delle anime e il liberalismo, o forse l'amor di Dio. e lo zelo amaro.    ,                          ••'•'-

Se insorge la contradizione e viene la : prova, al­lora la natura si, lagna della croce, s'irrita e si sco­raggia. Il suo primo fervore non era che un fuoco di paglia. Essa è Indifferente per la gloria di Dio, per il suo regno, per la salute delle anime. Questo spirito di natura ben descritto wll'Imitasiione, 1. Ili, e. 54, si compendia in una parola: .egoismo, spesso incosciente,, che si mescola in tutti i nostri atti.

Questo naturalismo pratico, dopo aver cercato in-


SINTESI E CONFERMAZIONE             567

vano il piacere nella vita -intcriore, dichiara che bi­sogna evitare prudentemente ogni esagerazione nella austerità o nella preghiera, ogni misticismo; per molti cristiani il leggere ogni giorno qualche versetto del Vangelo, equivale ad essere un mistico. Si dichiara ohe ogni orazione mistica è essenzialmente straordi­naria, come le visioni e le rivelazioni, e che sarebbe presunzione l'aspirarvi. Bisogna seguire, la via co­mune, e quasi senza dubitarne, quello che s'intende per queste parole è la via comune della tiepidezza. Col pretesto di moderazione, inconsciamente si colloca la prudenza sopra tutto, sopra le virtù teologali e sopra la sapienza, e si falsifica completamente la stessa prudenza confondendo il giusto mezzo della virtù con la mediocrità, che non ne è più se non il simulacro materiale. Non vi è quasi confusione peg­giore, ed essa a poco a poco finirebbe col ridurre la morale cristiana, tal quale è spiegata da S. Tom-maso, all'aurea mediocritas degli epicurei.

Per ben intendere ciò, basta definire il mediocre. Si vede che cosa esso è dalle -note date per solito ai fanciulli: benissimo, bene, discretamente bene, pas­sabile, mediocre, male, malissimo. Il mediocre è ciò che si trova fra il buono e il cattivo, e più vicino al cattivo che al buono; è quello che è di poco valore, di poca capacità. Nessuno s'inganna circa il senso di questa parola quando si dice: uomo mediocre, poeta mediocre, mediocre oratore. Il mediocre, come il tie­pido, è perfino insopportabile, dice la Scrittura; meglio sarebbe essere caldo o freddo, perché se uno fosse freddo s'accorgerebbe della sua freddezza, laddove il mediocre non ha coscienza della sua mediocrità, il tiepido della sua tiepidezza, e perciò a volte è più difficile a convertirsi che un gran peccatore.

La mediocrità vantata da Epicuro è una, specie di mezzo assai instabile e affatto materiale, non tra due vizi contrari, ma tra il bene e il male. Alle


568    PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

volte essa ha l'apparenza del giusto mezzo della virtù, perché evita i vizi estremi tra loro opposti, come la, temerità e la codardia; ma li evita per fuggire: i loro inconvenienti, e non per' amore del bene onesto,. del coraggio, della virtù. Mentre il giusto mezzo­vero è nel medesimo tempo una sommità, il punto,:

culminante della vita virtuosa, rischiarata dalla retta' ragione e dalla fede, al di sopra delle forme opposte :

dell'irragionevole e del male, la mediocrità di cui parliamo non ha più se non una certa misura ma­teriale, è un corpo senz'anima, e il cadavere della virtù 1.

È la materializzazione completa della vita morale, E col pretesto di moderazione e di prudenza, questa virtù cosi necessaria è completamente falsata, perche si finisce col preferirla, non in, teoria, ma in pra­tica, alle virtù teologali, che pure riguardano il fine ultimo, laddove la prudenza riguarda solo i mezzi.

Appunto perché esse riguardano immediatamente il nostro fine ultimo, D:io stesso, che noi non potremmo mai conoscere, ne desiderare, ne amare troppo, le virtù teologali, dice S. Tommaso, non possono con­sistere essenzialmente in un giusto mezzo; per ciò» esse sorpassano immensamente le virtù morali, ed è ciò che la mediocrità rifiuta di vedere 2. L'oggetto

1 Ot. S. tommaso, I-II, q. 64, de Medio virt-utum, a. 1, ad 1: 11 Si com-paretur virtus moralis ad ratlonem, sic secundum id quod rationis est, hctbet rationem estremi uftius, quod est oontormitas, excessus vero et defectus habent rationeia alterius extremi, quoti est deformitas. Si vero' consideretur virtus moraUs secundum suam materiam, sic hobet rationem •medii. 11 II mediocre non conserva del giusto mezzo razionale se non ciò che vi è in lui di materiale, una certa moderazione delle passioni, ma l'idea o la torma ohe animava questa materia è scomparsa. — Ct. I-II,. q. 55, a. 3, ad 3: « Virtus importat 'perfectionem potentiae. Unde virtufr eujuslibet rei determinatur ad ultimum in quod res potest. Ultimum autem, in quod unaquaeque potentia potest, oportet quod sit bonum, nam omne' inalum delectum quemdam importat. Unde Dionysius dicit in e. IV de Div, Nom. quod omne malum est infirmum. »

2 I-II, q. 64, a. i; rBonum virtutis theologicae non confistitin medio;

sed tanto est melius, quanto magis acceditur ad summum. Per accidens


SINTESI E CONFEKIiIAZIONE             560

primo e il motivo formale della fede, della speranza e. della carità è Dio stesso, nella sua infinita verità. e bontà. Noi adunque non potremmo esagerare nel credere in Dio, nello sperare .in lui e nell'amarlo. Dal canto nostro senza dubbio, e rispetto a questo" o a quell'oggetto materiale e secondario, la fede si trova fra l'incredulità e la credulità, come, la speranza tra la disperazione e la presunzione; ma questi vizi non provengono certo da un limite nell'oggetto primo-o nel motivo delle' virtù teologali, limite che possa essere oltrepassato, ina dal fatto che si applica male-il loro motivo ad una materia secondaria che non gli. conviene, ad esempio per il fatto che si tiene per rivelato da Dio quello che non è rivelato, o che si spera la grazia d'una buona morte senza volere adem­pirne la condizione, mediante una vita migliore.

La materializzazione completa della vita spirituale conduce così a chiamare credulità o anche settarismo-quello che è in realtà la santa intransigenza della fede, a chiamare presunzione quello che è lo slancio-vero della speranza e della confidenza in- Dio, a chia­mare sentimentalismo mistico quello che è la perfe­zione della carità./ Così per la materiaKzzazione della. vita ulteriore si fa capo alla sua negazione, come. con la materializzazione della scienza si giunge alla. distruzione della vita intellettuale.

(tamen) potest in virtute theologica considérari medium et extrema. ex parte nostra; in quantum scilicet aliquis praesumere dicìtur ex eo. quod sperai a Deo bonum, quod exoedit suam oonditionem, vel despe­rare, quia non sperat quod secundum suam conditionem sperare poteste non autem potest esse superabundantia spei ex parte Dei, cujus bonitaa-est infinita. »


S70                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

§ II.

Come rimediare \,ct questa doppia materialiszazione.

Essa proviene in gran parte dalla separazione della vita intellettuale e della vita intcriore. Senza con­fonderle, importa unirle, distinguendole, secondo l'e­sempio dato dai grandi Dottori della Chiesa, specie da S. Tommaso. Ricordiamoci che nessuno dei grandi teologi può ricevere il titolo di Dottore della Chiesa senza essere canonizzato, e non basta la semplice beatificazione. Quest'unione d'una santità eminentis-sima e d'una scienza eccezionale rende S. Tommaso assai superiore a Pietro Lombardo, S. Alberto Magno a, Ugo di S. Vittore, S. Bonaventura a Duns Scoto, S. Francesco di Sales.a Eodriguez, S. Alfonso de'' Liguori ai migliori casisti del suo tempo.

Per far ben intendere tutto quello che dev'essere quest'unione della vita intellettuale e .della vita in-teriore, bisognerebbe avere profondamente meditato la vita d'un S. Agostino o d'un S. Tommaso.

Quest'unione, notiamolo, era per certi riguardi molto più difficile per S. Tommaso d'Aquino che per la maggior parte dei religiosi degli antichi Ordini. Da lui si richiedeva una vita intellettuale più intensa e più assorbente, dunque egli doveva avere una vita inferiore più profonda, affinchè l'equilibrio non;:» tosse compromesso e l'armonia dell'anima distrutta. ';?

Generalmente, prima del secolo xm, i religiosi nons si dedicavano gran fatto allo studio se non in vista':;, .della pietà e della contemplazione. Per meglio in-.\ tendere l'ufficio divino, essi nutrivansi della Scrit-^ tura, dei commenti dei Padri, in particolare di ; .' S. Agostino, sull'Antico e sul Nuovo Testamento.;?


SINTESI E CONFERMAZIONE             571

S. Tommaso certamente conservò tutto ciò che vi era di eccellente in questo studio fatto nel racco­glimento e che si converte in orazione e contempla­zione secondo la gradazione tradizionale, assai nota:

lectio, cogitatió, studium, meditatio, oratìo, eontem-platio 3.

Ma il discepolo d'Alberto Magno, che doveva, -di­fendere contro Sigerò di Brabante e contro gli aver-roisti le verità naturali della religione, come la Creazione, la Provvidenza, l'immortalità dell'anima e i misteri soprannaturali, e che d'altra parte doveva mantenere ,le legittime esigenze della ragione contro un fideismo che si spacciava per la tradizione, era obbligato a dedicarsi ad uno studio assiduo e pro­priamente scientifico della filosofia, del senso lette­rale della Scrittura, della dottrina dei Padri e dei teologi. Dice egli stesso al principio della sua Somma che a' suoi tempi lo studente di teologia si trovava sconcertato di fronte alla quantità di materiali e d'o­pinioni di cui doveva acquistare cognizione. Di questi materiali S. Tommaso fece un edificio dottrinale di cui non si cessò di ammirare l'ordine, l'unità, l'altezza e la profondità, talché Leone XIII nella sua Enci­clica Aeterni Patris dice che sembra quasi impossi­bile che l'umana ragione illuminata dalla fede poggi più in alto.                           -;

Per fare questa unità,,.non si trattava^ precisamente-di trovare idee nuove. La perfezione della cognizione non viene formalmente dal numero, delle idee, gli an­geli inferiori ne hanno molto più di quelli delle ge­rarchle superiori; Dio ne ha una sola: il suo Verbo eterno. Ma si trattava di discernere nella dottrina dei filosofi e in quella dei teologi le idee madri che bi­sogna mettere in vigoroso rilievo, perché esse subor­dinino a sé tutte le altre. Ciò non è possibile se non

' Ci. II-II, q. 180, a. S.


872    PERFEZIONE OKISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Biediante una luce, luce intellettuale che viene ad il­luminare e mettere la vita la dove non vi sono an­cora se non materiali posti accanto gli uni agli altri i.                              ,  ,

iQual è questa luce ed e possibile mantenerla in sé e farla irradiare senza una vita inferiore intensa, senza un'umiltà profonda, senza una. preghiera con­tinua?  .

, Questa luce è triplice: quella della retta ragione, quella della fede infusa, quella dei doni dello .Spirito Santo che perfezionano l'intelletto.

Il lume naturale dell'intelletto, "S. Tommaso lo ricevette certamente in un grado altissimo. Senza dubbio le anime umane sono specificamente uguali, ma individualmente sono ineguali,' come gli orga­nismi ch'esse informano. In quella guisa che l'anima sensitiva del leone, che informa un corpo più per­fetto d'un verme della terra, è superiore all'anima sensitiva di questo verme, così, conservata ogni pro­porzione nei limiti della medesima specie, l'anima d'un uomo di genio, servita da un organismo più de­licato, meglio adatto alla vita intellettuale, è indivi­dualmente superiore in se stessa e nelle sue facoltà a quella d'un uomo volgare. Dunque S. Tommaso ricevette questo lume naturale dell'intelligenza in un grado altissimo.         ,

Quest'intelligenza naturale dell'uomo è specifica­mente l'ultima di tutte, di gran lunga inferiore a quella degli angeli, e, anche in un battezzato, le conseguenze del peccato originale e dei nostri peccati personali l'inclinano all'errore. Quanti traviamenti intellettuali provenienti dall'amor proprio, dall'or­goglio, dalla vanità, dall'ambizione, dalle segrete ge­losie più o meno coscienti 1 Una vita inferiore pro­fonda, che disciplini le passioni e i minimi moti della

* Ci. I; q. 106, a. 1, ad 2; q. 12, a. 13; II-II, q.173, a. 2.


SINTESI E OONFEEMAZIONE             673

volontà, è una grandissima protezione, ci preserva almeno indirettamente da molti errori, e contribuisce assai a conservare puro in noi il lume della retta ragione. È una delle grandi cause dell'equilibrio per­fetto che noi ammiriamo in S. Tommaso; in partico­lare la sua profonda umiltà deve avergli procurato molta luce anche nell'ordine naturale.

Il lume infuso della fede, lumen infusum fidei, nonostante la sua oscurità, è superiore alla, forza naturale non solo dei più grandi genii, ma ancora delle più alte .intelligenze angeliche. È un tesoro soprannaturale a cui noi non pensiamo abbastanza. Questo lume infuso si trova, in gradi svariatissimi nelle anime cristiane. Non solo un cristiano crede esplicitamente più verità rivelate .d'un altro meno istruito, ma la fede può essere molto più intensa in questo che in quello. Nostro Signore disse ,un giorno a Pietro: « Uomo di poca fede, perché hai dubitato?» (Matth., xiv), laddove egli disse alla Cananea: «.Donna, la tua fede è grande» (Matth., xv). E lo stesso S. Tommaso spiega 5 che sotto quest'aspetto, non, dell'estensione, ma dell'intensità, « la fede è maggiore, sia in ragione d'una più per­fetta certezza dal lato dell'intelligenza, sia, dal lato della volontà, in ragione d'una maggior prontezza, devozione e fiducia». In tal modo la comunione quo­tidiana, aumentando in noi la grazia santificante e le virtù infuse, aumenta la nostra fede. Quale do­veva essere la fede di S. Tommaso, che aveva udito queste parole di nostro Signore: «Hai scritto bene di me, o Tommaso», e queste di Maria: «Non te­mere, la tua dottrina è sicura, la tua vita senza macchia, e certa la tua salute»? Dopo aver dato nella teologia un larghissimo posto alla ragione, egli rifiutò sempre di sminuire in qualunque cosa i mi-

" II-II, q. 5, a. i.


574    PEErEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

steri soprannaturali, per esempio quello della prede­stinazione e della grazia, e di lui si può dire quello che S. Teresa disse di se stessa, ch'egli credeva con una devozione e con un'adorazione più profonda ai misteri più oscuri, sapendo benissimo che siffatta Oscurità non veniva se :non da una troppo grande luce.

Vi è finalmente la- luce dei doni-delio Sparito Santo, che perfezionano, l'intelletto, specialmente quella del dono della sapienza che ci permette fin di quaggiù di contemplare ogni cosa in Dio, causa prima e fine ultimo, e di presentire l'armonia delle divine perfe­zioni della Deità. Ma quanti ostacoli in noi a questa piena espansione dei doni, quando giamo preoccu­pati delle cose del mondo o di noi stessi! Che umiltà, purezza di cuore e semplicità ci vorrebbe per essere abitualmente e ognora più docili alle divine ispi­razioni 1 L'unione a Cristo deve condurvici. Quando' S. Bonaventura chiedeva al suo amico: «D'onde attingi codesta scienza sovrumana?» S. Tommaso poteva i-ispondergli mostrandogli il crocifisso : « Io ho imparato più studiando in questo libro che in tutti. gli altri ». Gesù Cristo gli aveva dato quel grado eminentissimo di sapienza, che gli svelava le armonie .'dei misteri e della vita delle anime nostre.

Egli vedeva così bene la necessità di questo lume superno che per ottenerlo digiunava, passava le notti in orazione, e andava con semplicità a mettere la testa vicino alla porta del Tabernacolo, domandando a nostro Signore la soluzione delle sue difficoltà. Alla fine, la sua contemplazione era così alta che tutto quello, ch'egli aveva scritto gli pareva paglia e non poteva più dettare. Il suo desiderio di veder Dio era tale che quasi più non pensava se non a quella visione, immediata in cui non vi sarebbe più alcuna idea creata fra l'essenza divina e il suo intelletto.

A queste grazie eminenti se n'aggiungevano altre


SINTESI E CONFEEMAZIONE             57 5-

veramente straordinarie, dell'ordine delle grazie, grafia datae, p articolarmente quella chiamata da S. Paolo. sermo sapientiae; e più volte S. Paolo stesso venne-a spiegargli le parole più profonde delle sue Epi­stole, perché ne sia conservata l'intelligenza sicura.

Così, dalla vita di S. Tommaso, vediamo come Bio-veglia sulla sua scienza, la teologia, che è il. com­mento della sua sacra Parola.

È questa triplice luce, tesoro dell'intelletto, che a. S. Tommaso diede modo di veder chiaro nei mate­riali accumulati prima di lui. Egli vide che l'idea. di essere deve divenire sempre più il sole della fi­losofia, perché la filosofia prima ha per oggetto l'es­sere in quanto essere, in cui noi participiamo i primi principii. Egli capì che tutta la teologia deve ri­schiararsi all'idea di D'io, Primo Essere, Autore' della salute, e che, il nostro libero arbitrio non po­tendo e non facendo nulla di bene senza Dio, il giusto non può gloriarsi in se stesso, ma deve al Si­gnore ogni gloria. S. Tommaso si perde talmente nella, Verità, che la sua personalità scomparisce in certo modo per dar luogo alla luce ch'egli ha per missione-di darci. Egli compì a suo modo quello che diceva S. Giovanni Battista: «Bisogna ch'egli cresca e ch'io-diminuisca» (Jo.an., in, 30).

Noi abbiamo ricevuto, questa triplice luce in un grado minore, ma essa è veramente in noi. Come dob-biam mantenerla, preservarla da quello che l'oscu­rerebbe, come dobbiamo renderla più intensa, perche-Dio sia glorificato, e le anime illuminate? Per questo. bisogna unire intimissimamente lo studio e la pietà.

La vera pietà orientata verso la contemplazione:

non è indispensabile per lo studio della fisica, della. matematica, della filologia, ma è sommamente utile;


576     PERFEZIONE CBISTIAISTA E CONTEMPLAZIONE

per lo studio della sapienza. Essa distruggerà in noi la- curiosità, ci solleverà sopra l'attività naturale fa­cendoci lavorare non per noi stessi, ma per Dio. Distruggerà in noi la vanagloria, l'orgoglio intellet­tuale, facendoci aspettare da Dio la luce, rendendoci più docili alle autorità da Lui costituite per guidarci. JSToi ricorderemo che, come dice Leone XIII, « perché

-venerò profondamente» i Padri e i santi Dottori che lo precedettero, San Tommaso «ereditò in qualche .modo l'intelligenza di essi tutti». '

La vita d'orazione c'impedirà di seguire le .cor­renti contro cui bisogna reagire. C'ispirerà perfino Avversione ed orrore per tutto quello che tende ad impoverire e a falsare la parola di Dio. Nello studio

•ci premunirà contro i pericoli d'una specializzazione

•che diventasse affatto materiale. Ci rimetterà per­petuamente davanti agli occhi i più grandi misteri della fede, la luce di Dio che illumina tutto e ci fa partecipare alla sua sapienza. Ci preserverà dalla .stanchezza e dalla pigrizia intellettuale, e metterà Ve­ramente la nostra intelligenza al servizio di 'DioY .Servire la Verità che è .Cristo, è particolarmente .necessario oggidì per la salute dell'intelligenza, e per riparare l'offesa fatta a Dio dall'ateismo o dall'a­gnosticismo di tanti spiriti responsabili in gradi sva-riatissimi del velo che hanno sugli occhi.

Viceversa siffatto studio è d'un grande aiuto per la vita spirituale. Esso preserva la pietà dal senti­mentalismo, perché insegna a meglio distinguere l'in­telletto e l'immaginazione, là volontà e la sensibilità;

'•e può anche in una certa misura supplire a certe purificazioni passive dei sensi di cui parla 8. Gio­vanni della Croce. Col lavoro penoso che esige, ci insegna altresì che anche per la vita inferiore ci vuole abnegazione e pazienza nella prova.

Lo studio della dottrina sacra ci rimette costante-

-mente in faccia al gran precetto della carità, ci


SINTESI E CONFERMAZIONE             577

mostra che l'amor di Dio è il principio dell'amor del prossimo, e • che l'ordine della carità non dev'es­sere invertito. Finalmente ci dispone alla contem­plazione facendoci apprezzare sempre meglio quella divina sapienza di cui sta scritto: «Essa è un te­soro infinito per' gli uomini, e quelli che ne fecero uso divennero amici di Dio... Con essa mi vennero tutti i beni ed io non sapevo ch'essa fosse la loro madre... Siccome io la cercai per amore di lei sola e ne feci acquisto senza secondi fini, io ne faccio parte agli altri senza invidia, e non nascondo affatto le ricchezze che racchiude: quam sine fictione didici et sine invidia communico, et honestatem illius non abscondo » (Sapienza, vi).

Ci resta a dimostrare, per modo di confermazione, come questa divina contemplazione per solito s'ot­tiene molto più facilmente mediante una gran divo­zione a Maria mediatrice, che conduce gli umili alla intimità di Cristo, com'egli stesso, presente nell'Eu­caristia, li conduce al Padre.

S7 — Perfezione e Contemplazione.


578                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

articolo IV.

La contemplazione e l'Eucaristia alla scuola della B. Vergine Maria, Madre di Dio.

Siccome vi sono tré gradi nella carità e nel dono della sapienza, secondo che il cristiano è principiante, proficiente o perfetto, così vi sono tré gradi nella divozione a Maria. Sono essi assai ben descritti dal B. Grignion di Montfort nel suo bei libro, La 'Vera Divozione alla S. Vergine, in cui il santo ci mostra i rapporti intimi di questa divozione con la contem­plazione e con l'unione divina.

Molti si fanno illusione pretendendo di pervenire all'unione con Dio senza ricorrere costantemente a nostro Signore Gesù Cristo; essi pervengono poco più che ad una cognizione filosofica, astratta di Dio, e non alla cognizione saporosa e vivente del dono della sapienza; a volte s'addormentano nella-^ sonnolenza dei quietisti, che volevano anche raggiùn­gere l'unione divina . senza la mediazion« di Gesù Cristo.                     "    .       '

Un altro errore, che fu quello dei protestanti, è voler andare a nostro Signore senza ricorrere a Maria. Il B. Grignion di Montfort dice a questo proposito:

« Anche fra i 'cattolici vi sono Dottori, che, facendo professione d'insegnare agli altri le verità, non co­noscono voi, ne la vostra santa Madre, fuorché in un modo speculativo,' arido, sterile e indifferente. , Questi signori parlano solo d4 rado della vostra santa Madre e della divozione che verso di lei si deve avere, perché, come essi dicono, temono che se ne abusi, e che si faccia a voi ingiuria onorando troppo la vostra santa Madre. Se odono parlare... di questa,


SINTESI E CONFERMAZIONE             579

divozione a Maria, in un modo tenero, forte e per­suasivo, come d'un mezzo sicuro senza illusione, d'un cammino breve senza pericolo, d'una via immacolata senza imperfezione, e d'un segreto maraviglioso, per trovare voi ed, amarvi perfettamente, essi strepitano... e danno mille false ragioni per provare che non bi­sogna parlar tanto della S. Vergine... Se essi me­desimi parlano della divozione che le è dovuta... è meno per stabilire che per distruggere gli abusi che se ne fa... » 1. Sembrano credere, com'egli dice al­trove, che « Maria sia un impedimento per arrivare all'unione divina» 2.

Invece il Beato dimostra che tutto l'influsso di Maria mediatrice consiste nel condurci all'intimità di Cristo, come l'influsso di Cristo ci conduce all'in­timità del Padre.'Vi è un grande orgoglio nel voler fare a meno del ricorso costante ai due grandi me­diatori ohe Dio ci diede a cagione della nostra de­bolezza.

Maria, Madre di Dio, mediante questa maternità raggiunge le . frontiere della divinità e tocca l'or­dine d'Unione ipostatica; quindi le dobbiamo un culto d'iperdulia, superiore a quello dovuto ai santi, e im­mediatamente sotto al culto di latria dato a Dio e al Verbo fatto carne. La pienezza iniziale di grazia ohe la Madre di Dio ricevette fin dall'istante del suo immacolato concepimento, era superiore alla grazia di tutti i santi e di tutti gli angeli insieme, come il diamante vale da solo più di tutte le altre pietre preziose. E da questo primo istante fino alla morte della Vergine, questo tesoro iniziale di grazia non cessò di crescere in lei, secondo un progresso unifor-, memente accelerato; perché ciascuri atto di carità, più fervente del pr-ecedente, raddoppiava in qualche

' Trattato della Vera Divosione alla S. Vergine, o. il, a. 1, § 1. ' Uria., o. iv, a. 5.


580    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

modo quel tesoro, secondo la celerità analoga a quella della caduta dei corpi. I corpi cadono tanto, più ce-lermente quanto più s'avvicinano al centro che li attrae: così le anime si portano a Dio tanto più ce-lermente quanto più sono vicine a Lui o da Lui più attratte.

Maria è pure nostra madre per la sua unione al^ sacrifizio della Croce; ella ci meritò con un merito di convenienza, de congrua, tutte le grazie che Cristo ci meritò nel senso stretto de condigno; ed ora ella non cessa, di distribuircele. Siccome è così la me-diatrice voluta da Dio per tutte le anime, così si spiega come senza una grande unione a Maria non si può arrivare a un'unione intima con nostro Si­gnore e a una perfetta fedeltà allo Spirito Santo s. '

Nel primo grado, ossia nei principianti, la divo­zione alla S. Vergine consiste nel pregarla di quando in quando, onorandola come Madre di Dio, nel dire con divozione 1''Angelus per esempio, e nel ricorrere a lei, per trionfare delle tentazioni. Così fanno molti cristiani che compiono i loro doveri, evitando il pec­cato mortale, e operando più per amore che per fi^, more.                                     .

Un secondo grado consiste nell'avere per la Santa Vergine sentimenti più perfetti di stima, d'amore, di confidenza, di venerazione; si prende, per esempio, l'abitudine di recitare ogni giorno una terza parte o anche il rosario intero, meditando i cinque misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi, la qual cosa ci rende sempre più familiari colla vita del nostro divin Mo­dello e della sua santa Madre.

Un terzo grado consiste nel darsi interamente a Maria, consacrandosi a lei, per essere per mezzo suo pienamente di Cristo. I suoi fedeli servitori le danno i loro beni esterni, perché ella li preservi da ogni

3 Trattato della Vera Divosione alla S. Vergine, e. i, a. 3 fine.


SINTESI E CONFERMAZIONE             581

affetto disordinato alle cose terrene e loro ispiri di farne il miglior uso. Le danno il loro corpo e i loro sensi, perché ella li conservi in una perfetta purità. Le consacrano la loro anima, le loro facoltà, le loro virtù, i loro meriti, e tutti i loro beni spirituali pre­senti e futuri.

Quello che nelle nostre buone opere è incomuni­cabile ad altri, cioè i meriti propriamente detti, con­viene offrirlo a Maria, perché ce lo conservi, lo faccia fruttificare, e lo faccia pienamente rivivere, se venis­simo a perderlo, ottenendoci la grazia d'una fervente contrizione.

Quello che nelle nostre buone opere -è comunicabile ad altre anime, si offre a lei perché secondo il suo beneplacito ne faccia partecipi le anime meno il­luminate, o le più afflitte e abbandonate. Quello che nelle nostre buone opere è comunicabile è il me­rito di convenienza (de congrua), è la preghiera, è la soddisfazione, sono le indulgenze che si possono guadagnare. Offrire tutto questo a nostro Signore, per mezzo di Maria, è un entrare più profondamente nel gran mistero della comunione dei Santi, è un partecipare sempre meglio alla vita del corpo mi­stico di cui Gesù Cristo è il capo.

È anche una via facile, breve, perfetta e sicura per arrivare all'unione intima con nostro Signore, presente nell'Eucaristia 4. È una via più facile, perché, dice il nostro Beato 5, «si può, in vero, giun­gere all'unione divina per altre vie, ma sarà at­traverso ad un molto maggior numero di croci e di morti strane, e con molto maggiori difficoltà che non vinceremo se non difficilmente. Bisognerà passare per notti 'oscure, per combattimenti e per agonie strane... ma per la via di Maria si passa più dol'

* Ot. B. geignion Di montfobt, of). cit., c. iv, a. 5.

Ihid.


582    PERFEZIONE OBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

cernente e più tranquillamente... È ben vero che i più fedeli servi della S. Vergine, essendo i più grandi favoriti, ricevono da lei le più grandi grazie. e favori del cielo, che sono le croci; ma... essi le portano con maggior facilità, con maggior merito e gloria... perché questa buona Madre... cosparge del­l'unzione del puro amore tutte quelle croci che loro prepara » 6.      :         .

Cosa strana 1 Maria rèndè la croce più facile a portare e più meritoria la prova. È cosa più facile, perché ella ci sostiene colla sua mansuetudine, è cosa più. meritoria, perché ci ottiene la grazia di operare con più amore, ora è la carità il principio del merito. La Madre di Dio meritava più cogli atti più facili che non tutti i martiri insieme in mezzo ai loro tor­menti, perché ella metteva in questi atti semplicissimi una carità superiore alla loro.

Questa via essendo più agevole, vi si cammina più prontamente. In poco tempo di sottomissione perfetta a Maria, ci si avanza più che in anni interi d'ap­poggio sopra se stesso 7; sotto la direzione di colei a cui il Verbo di Dio fatto carne ubbidì, si cammina-^ a passo di gigante 8. Finalmente è una via sicura, in cui più che in qualunque altro luogo uno è pre­servato dalle illusioni dell'immaginazione, del senti­mentalismo, e da quelle del demonio. Nella subor­dinazione delle cause che ci trasmettono la grazia, la S. Vergine ha il suo influsso proprio, ella calma la nostra sensibilità, per disporre la parto superiore dell'anima a ricevere con maggior frutto l'azione dell'umanità di Cristo e quella stessa di Dio.

'                       B. GBI&NION DI MONTFOKT, Op. dt., C. IV, a. S.

'                       Ibid.

"                      Ibid.


SINTESI E CONFERMAZIONE  583

'• *                   'ili'                   *

Perciò alla scuola della B. Vergine, Madre di Dio, ci si avanzerà assai più rapidamente nella contempla­zione dei misteri di Cristo, mediatore. Ella ci ot­terrà, se gliela domandiamo, un'intelligenza sempre più profonda delle sette parole pronunziate da Gesù morente, e ci farà penetrare il mistero della Croce, che si perpetua sopra l'altare durante la S. Messa. Ci rivelerà tutta la grandezza del mistero di Cristo, e tutti i tesori nascosti per noi nell'Eucaristia.

Infatti senza aver mai ricevuto il carattere sacer-' dotale, - ella ricevette la pienezza dello spirito del sacerdozio, che è lo spirito di Cristo che si offre per noi sulla Croce, e continua sempre a intercedere per noi dal cielo, specialmente durante la celebrazione in­cessante delle messe che si dicono sopra la super­ficie della terra. Pensiamo a ciò che doveva essere la Messa celebrata da S. Giovanni davanti a Maria, che allora riviveva il sacrificio della Croce, sempre scolpito nel fondo del suo cuore. Pensiamo ciò che doveva essere la comunione della S. Vergine, la cui anima si portava a Dio con uno slancio d'amor so­prannaturale, che non fu mai ritardato da nessuna. colpa veniale, e che ad ogn'istante diveniva più in­tenso e più generoso. L'anima della Vergine è come un diamante purissimo che riceve tutti i raggi e tutti i fuochi della grazia per farli arrivare fino a noi.

Domandiamole di ottenerci l'intelligenza profonda del mistero dell'Eucaristia, dell'atto di dilezione su­prema per cui Gesù Cristo mediatore si rese sostan­zialmente presente sotto queste apparenze per restar sempre con noi, per rendere perpetuo il suo sacrifiziò sino alla fine dei tempi e per applicarcene incessante-


584    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

mente i frutti. Allora questa mediazione di Cristo così intesa ci condurrà veramente all'intimità;- delle Persone divine che abitano in noi.

In particolare alla scuola della E. Vergine noi comprenderemo il grandissimo insegnamento dell'Eu­caristia come sacramento e come sacrifizio: nostro Signore, dandosi a noi in cibo, vuole soprattutto ac­crescere la nostra carità, rendendo i nostri cuori sempre più simili al suo. E siccome la santa co­munione è una paetboipaziom'b al sacrificio della Croce perpetuato sopra l'altare, per essa nostro Si­gnore vuole farci partecipare sempre più ai senti­menti più profondi del suo Cuore di Sacerdote e di 'Vittima. È l'incorporazione intima e progressiva a Cristo, capo della Chiesa. Maria, comunicò dolorosa- ' mente col sacrificio della Croce sopra il Calvario, e questo dolore sussisteva ancora, unito ad una gioia purissima e altissima, quando riceveva la santa co­munione dalle mani di S. Giovanni. Così si spiegano certe comunioni dolorose, che uniscono profondamente certe anime al Cuore di Cristo, Sacerdote ed Ostiate è la preghiera e la grande sofferenza di Cristo chè-7 passa per queste anime come nelle membra carissime del suo corpo mistico. Il sovrano Mediatore le associa al gran mistero della Redenzione, ossia alla sua vita dolorosa, prima di farle partecipare alla sua vita gloriosa in cielo.                            ,

Per avere quest'intelligenza saporosa della Me­diazione di Cristo, del. valore infinito de' suoi meriti, conviene meditare spesso la Messa del S. Cuore, e quella recentemente approvata del Cuore Eucari­stico di Gesù, che ha appunto per scopo di rendere grazie per l'atto di dilezione suprema con cui Gesù ci diede l'Eucaristia. Le più belle fra le invocazioni contenute nelle Litanie del Cuore Eucaristico ci fanno vedere quello che per noi dev'essere la con­templazione di questo mistero, che, con un'ascen-


SINTESI E CONFERMAZIONE             585

sione incessante, deve condurci alla contemplazione del mistero supremo, quello della S. Trinità 9.

Pier far intendere ciò che do vrebb'essere questa con­templazione nel cristiano veramente fedele allo Spi­rito Santo, pubblicheremo qui un frammento d'un bel­lissimo commento delle Litanie del Cuore Eucaristico, scritto da un pezzo, quando questa preghiera co­minciò a divulgarsi, da una sant'anima cui una per- \ fetta abnegazione conduceva ad una grande intimità col Cuore del divin Maestro.

Elevazioni sopra il Cuore Eucaristico di Gesù

(PRAMMHNTi)

« Cuor sollecito di esaudirci. »

Gesù nostro Mediatore presso il Padre suo.

I.

Saper volere e saper aspettare sono il segno d'una grande forza e d'una grande sapienza. La misura d'un desiderio è in rapporto con l'ardore del cuore che lo prova; e se questo desiderio è nell'ordine, cresce per la sua eccellenza. Dopo ciò, si può intendere qual è la forza dei desideri di Gesù riguardo a noi, e che inqualificabile violenza si fa al suo Cuore, quando la nostra forza d'inerzia annulla il suo volere di concederci quello che sa esserci necessario; egli potrebbe obbligarci a volerlo, ma è allora ch'egli s'impone di aspet­tare ohe noi abbiamo voluto. Si ha a dire ohe la nostra inerzia abbia un potere superiore alla volontà di Dio per opporgli ostacolo? No cerio, nulla resiste alla volontà divina quando essa è assoluta, ma quella ch'egli si degna di esprimere come un desiderio è solo una volontà relativa alla libertà ch'egli

• Cf. P. bbbnadot, O. P., Dall'Éuearistia alla Trinità, Marietti, Torino.


686    PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

stesso ci lasciò. Questo sovrano desiderio è nondimeno un ordine per il suddito docile; ricusare di conformarvisi sa­rebbe una ribellione.

II.

Oesìt. — II mio desiderio è di essere il tuo Mediatore. « Tutto quello che domanderete al Padre mio in mio nome, egli ve lo darà » 10. « Domandate e riceverete » u. Tu non domandi abbastanza. La freccia lanciata verso il bersaglio, la folgore che solca la nube non sono tanto rapide quanto lo slancio del mio Cuore ohe offre al Padre mio la supplica pura. Ieri volevo aspettare, oggi voglio affrettarmi, « perché si fa tardi, il giorno è sul declinare » 12. I tuoi giorni sono contati e il tempo urge, perché passa; tu l'hai perduto nel farmi aspettare: adesso ricuperalo e avanzati. I bisogni sono grandi: le anime si perdono, la Chiesa soffre, io resto scono­sciuto e il Padre mio è offeso : la carità mi stimola, bisogna che la carità della terra invochi la carità del cielo, bisogna che la miseria implori la misericordia. Non mi do pace ne tregua, come uno ohe è nell'ambascia del cuore davanti al pericolo imminente di quelli che si amano : rivolgi dunque a me le tue suppliche più stringenti. Io sono il solo inter­cessore presso il Padre mio, non lo dimenticare, il solo essere tra voi capace di offrirgli una preghiera degna di lui, perché

10 sono « l'Uomo-Dio », « l'uomo senza macchia, sollecito d'in­tercedere per il popolo, che presenta lo scudo del suo mi­nistero insieme colle vostre suppliche per allontanare l'ira del Signore » 13. Per questo mi sono collocato tra la terra e

11 cielo nei tabernacoli dell'Eucaristia, adoratore in nome vostro e mediatore presso il Padre mio; la vostra supplica sia insistente, fiduciosa, perseverante 9 disinteressata.

III.

L'anima. — II Cuore Eucaristico di Gesù vorrebbe span­dere sopra di noi tesori di grazia, ma vuole che noi li desi­deriamo, vuole che li domandiamo, vuole che noi vogliamo

10 joann., xiv, 23.             " Lue., xxiv, 29. " matte., vii, 7.               » Sap., xvin, 21.


SINTESI E CONFERMAZIONE             587

riceverli e cooperarvi. Il suo amore arde di comunicarsi. G-esù ha le mani piene e non sa dove lasciar cadere i tesori ch'esse contengono, perché le anime nostre sono chiuse e i nostri cuori ripieni di affetti estranei o di attaccamento a noi stessi; a volte noi arriviamo fino a temere di ricevere grazie ohe richiedano da noi maggior fedeltà! Tuttavia la vostra carità, o Gesù, si mostra sempre più incalzante;

dopo averci supplicati di venire, dopo essere stato paziente nell'aspettarci, voi ci dite ancora una parola più commo­vente : « Io sono stimolato ad esaudirvi ». Ohimè ! che cosa si deve dire quando, anziché rivolgervi ardenti suppliche, noi forse non siamo nemmeno « uomini di desiderio » 14. Ah! Signore, vedete ohe miseria è la nostra! non abbiamo neppure coscienza dei nostri veri bisogni! Signore, insegna­teci a domandare! o Spirito di Luce, venite a gemere in noi quel « gemito inenarrabile » 15 che è la preghiera che il Figliuolo ascolta e che il Padre esaudisce. O Padre, « trae­temi », o Figliuolo, mio mediatore, mio protettore, mia forza, mia vita vivente, traetemi anche voi, traetemi da me stesso, perché in me sono i miei più pericolosi nemici;

scendete nelle profondità ignote di quest'abisso in cui si trovano quei nemici troppo amati con cui io patteggio contro di voi, e liberatemi, fosse pure mio malgrado. Fatemi del vostro sacro corpo un riparo, e del vostro Cuore Eucaristico uno scudo. Il vostro ministero d'amore non è forse qui appunto nelle attribuzioni della divina Eucaristia? Io m'abbandono finalmente a voi, eccomi, o Signore, che volete ch'io faccia? Lasciarvi fare, forse? Ebbene, prendete la spada a due tagli, e poiché bisogna che anzitutto io vinca me stesso, se­parate l'anima mia carnale dall'anima mia spirituale, la mia volontà buona dalla mia volontà cattiva. Codesta spada è il vostro amore « forte come la morte », il quale solo può immolare la natura alla grazia e colmare i vostri desideri nel medesimo tempo che i miei; ma fate, o Signore, ch'io comprenda codesto amore stesso, ch'io Io desideri e sappia domandarlo con una volontà così vera ch'io finalmente l'ottenga. Dunque esaudite, o Dio onnipotente, la voce con cui io grido a voi, la voce del vostro Figliuolo diletto nell'Eucaristia, e « abbiate pietà di noi ».

14 dan., ix, 23.                » .Raro., vin, 26.


588                  PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

« Cuoi silenzioso che vuoi parlare alle anime. »

Gesù desidera d'essere ascoltato e che si aderisca a lui.

I.

Qual è quest'apparente contradizione? un silenzio che , vuoi parlare? — II silenzio, per solito, dice una sola cosa, ed è che non si vuoi dir nulla; alle volte è 'bensì la più elo­quente espressione d'un sentimento profondo dell'anima, ma quest'eloquenza è solo transitoria e non costituisce una conversazione atta ad istruire ed a commuovere anime. Questo prodigio può appartenere solamente alla potenza divina. Infatti qual altra lingua potrebb'essere la lingua di Dio?... È nel silenzio che gli Angeli s'intendono con sua divina Maestà; ed anche i Santi quaggiù trattano così con Essa: (i La mia bocca è senza parole davanti a voi e il mio silenzio vi parla ». Ma se vi è quaggiù un luogo dove il Cuore di Dio si espande senza strepito di parole è veramente nel Sacramento del suo amore; quindi, per iniziarci a questo maraviglioso linguaggio, il Cuore Eucaristico di Gesù invita ad esso le anime: perché questa lingua, al pari delle altre, s'impara solamente coll'uso.

II.

Oesù. — « Io condurrò l'anima nella solitudine, ed ivi le parlerò al cuore » 16. — Io non sono nello strepito. Taccio quando l'empio mi sfida, quando labbra o mani sacrileghe profanano il mio sacro corpo, perché la mia parola sarebbe allora « una saetta acuta » 1', laddove i miei anatemi sono contenuti dalla mia « pazienza eterna ». Ma io parlo a quelli che mi cercano, e questi mi trovano, « essi ascoltano la mia voce»18. O pecorella fedele, tu che sai rispondermi quando dico: «Vieni»; e a tè che ascolti ma non vieni sempre, io

" Os., xi, 14.

" Ps. oxix, 4.                   » joa.nn., x, 27.


SINTESI E CONFEEMAZIONE            589

mi rivolgo oggi ; impara ad. ascoltare. Ma qual è questa soli­tudine a cui ti conduco per udire il dolce mormorio del linguaggio del oielo? è il tabernacolo del Salvatore, l'allon­tanamento dal mondo, l'oblio delle creature, la calma delle passioni, l'assenza d'ogni mezzo tra le anime vostre e il mio spirito d'amore. Raccoglietevi e fate silenzio almeno «una mezz'ora » 19, e poi anche dopo, perché se venissi a parlarvi io, vostro Signore Iddio, e voi non mi udiste! ! ! Dunque state coll'orecchio teso al mio Cuore silensioso nell'Eucaristia ohe vuoi parlare alle anime vostre. — Ma non basta ascoltare, bisogna aderire: la mia parola è penetrante, e scende soave­mente in fondo all'essere per vivificarlo ; è un atto, ed opera ciò ch'essa dice: aderite a quest'atto, corrispondete alla grazia. Il Padre mio nel suo eterno silenzio pronunziò in ae stesso un'eterna parola, il suo Verbo, splendore della sua, sostanza: Jesus splender Patris, e voi avete aderito al Verbo credendo in me. Ed io concepii nel mio Cuore una parola che dissi nello spezzare il pane: « Hoc est corpus mewm, hic est sanguis meus : Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue » 20. Queste sacre parole, oh! non sono esse l'irradiamento velato della mia propria sostanza? Ade­rite al mio Sacramento, o miei dilettissimi, cibandovi di questo pane e adorando con trasporto il Cuore di Colui che ve lo diede. Ah ! possano le più riposte fibre del vostro cuore aderire a questo Cuore stesso ! Allora soddisfereste il mio più ardente desiderio e quello del Padre mio : « siate una sola cosa con me e per mezzo mio in Lui », per eumdem Christum Dominum nostrum.

III.

L'anima. — G-esù Cristo è la parola intima del Padre, e quand'egli si rivestì della nostra natura per esercitar fuori il ministero della sua parola esterna, non perdette per questo quella qualità di parola intima che rimane nel seno del Padre, ma che s'insinua nei cuori illuminando ogni uomo che viene in questo mondo 21. Voi, o Signore, non fate

A-pqc., Vili, 1.

mabc., XIV, 24.

Ct. bossubt, Elevazioni,, 61° giorno.


590    PEBrEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

più udire la parola esterna che risonò nella Giudea ove passaste facendo del bene, ma i vostri discorsi furono rac­colti e noi ne possediamo i tesori.

Ora voi siete rientrato nel silenzio della maestà divina, voi non parlate più ohe al vostro Padre, e nel suo augusto linguaggio. Eppure, o Gesù, nella vostra dimora eucaristica, posta fra il cielo e la terra come la tenda d'un viaggiatore ad un tempo divino ed umano, voi ci dite che lì ancora volete parlarci: o mio Signore, che cosa direte adunque, quando avete detto tutto ? Ah ! la parola che qui dite è l'intelligenza e l'amore di tutti questi insegnamenti dati nel passato, è la parola « spirito e vita », la parola intima del vostro Cuore. O Gesù! quanto devo stare attento, dentro e fuori, alla pre­dicazione come alla lettura del Vangelo, e quanto devo aprire l'orecchio del mio cuore a questa dolce insinuazione della verità che si fa udire senza articolar parole, ma che d'un sol tratto entra nell'anima! O Gesù, io ascolto: «Par­late, splendete, illuminate, tonate, scaldate, liquefate i cuori! » 22.

« Cuore maestro dei segreti dell'unione divina. »

Gesù desidera che le anime gli siano intimamente unite.

I.

È un Maestro, magister: egli insegna; è un Maestro an­cora, possessor: possiede, ha grandi beni; e finalmente è Maestro, dominator: comanda a tutti. Questo Maestro è egli gonfio della sua scienza? è egli possessore egoista? è egli autoritario e despota? No, perché questo Maestro è lo stesso amore, ad un tempo scienza, dono e comando. Come dev'esser dolce l'ascoltare le sue lezioni, ricevere della sua abbondanza, ubbidire a' suoi ordini, e ottenere ciò che si brama, sapendo che il-suo desiderio è di dare!

" BosspET, Elevazioni, 61° giorno.


SINTESI E CONFERMAZIONE   691

II.

Gesù. — Siete voi, o Padre santo, che diceste queste pa­role : « Ecco il mio Figliuolo diletto nel quale ho riposte le mie compiacenze, ascoltatelo » 23. Dunque ascoltatemi qui, non più sul Tabor, ma su quest'altare dove, dal mio tabernacolo, io posseggo, insegno e do il segreto di questa dolce unione. Che dirò a voi, care anime, che mi chiedete questi segreti ch'io desidero di rivelarvi e che voi stesse a vostra insaputa cercate quando istintivamente cercate la felicità, perché la felicità perfetta è tutto il bene e questa pienezza si trova solo nell'unione intima con colui che la possiede e vuoi veramente darla. Dunque, voi che deside­rate di conoscere quello che passa tra il Padre mio e me, siate una sola cosa in noi « come il Padre mio è in me ed io in Lui » 24. Ma prima venite a me, perché io sono la via; venite al Santo Tabernacolo dove faccio la mia resi­denza, dove sono stabilito dottore, maestro o dispensatore delle ricchezze del Padre mio col quale io formo una sola cosa. Ma come dirvi in un altro linguaggio diverso da quello degli angeli i serafici misteri di quella felicità suprema di cui fin da questo mondo voi potete avere un pregusta­mento? e questo linguaggio lo capite voi? Esso pare dolce, perché è tutto amore; ma è duro a udirsi, perché esclude lo spirito ragionatore e confonde il superbo; l'amore non ragiona, insegna senza discorrere, poiché il suo insegnamento è amare. « Amare con tutta la mente » è ridurla al silenzio per amor di Dio. Qui l'amore da l'intelligenza, è la scienza del cuore. Se dunque volete entrare in questi ineffabili se­greti, inabissate i vostri ragionamenti nella fede, e la carità vi otterrà la luce. Ecco in che consiste il segreto della santa unione sopra la terra come in cielo; abbiate soltanto un cuor semplice o desideroso di essere tale, serbate il silenzio dell'umiltà con la perseveranza del desiderio, e ben presto voi saprete tutto per una felice esperienza. La scienza che cerca altrimenti i segreti di Dio può arrecare godimenti al­l'intelligenza, ma poiché la scienza umana ha limiti, il pia-

" matth., XVII, 5.                  " JOANN., XVII, SI.


592    PEEPEZIONE ' CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

cere ch'essa da resta incompleto, e ne risulta ch'essa renda vuota la vita o « gonfi il cuore », e un cuor vuoto o un cuor gonfio è un cuor malato che non potrebbe guatare la pace. « Pregate dunque l'Altissimo, affinchè vi conduca per i retti sentieri della verità » 25.

Arrivare, guardare il Tabernacolo, mettersi in ginocchio e restarvi. Far silenzio, ascoltare e udire la parola di Cristo :

« Vieni ! ». La corrente si stabilisce e si vede. È come se tutti gli ostacoli fossero tolti, dall'anima alle sante specie, dal cuore al Cuore dell'Ostia. È un dolce momento, ma non può durare a lungo. Le distrazioni s'incalzano e sviano cento volte il pensiero che incessantemente ritorna. Ma la volontà è fìssa, e nonostante queste evoluzioni continue, il Cuore Eucaristico è soddisfatto; poco importa del resto ch'io sia soddisfatto. L'infedeltà consiste nello stancarsi di siffatta persecuzione e nell'abbandonare prima del tempo o nel cercar un altro mezzo più facile d'unirsi al buon Dio, come sarebbe una lettura o aspirazione. Bisogna restar lì, a guardare nostro Signore. Che cosa vedo? niente veramente; eppure è un fatto ch'io guardo qualche cosa e che è Dio quello ch'io guardo. — E se persevero nel guardare, nel mirare, nel­l'amare, nel respingere dolcemente l'ostacolo, nel tollerare con pazienza, nel lasciar che il demonio si stanchi senza dargli appiglio, allora l'anima mia sente di entrare in un'altra vita senza essere per nulla sottratta alla vita presente. Qualche volta è una pienezza infinita — altre volte un vuoto anche più pieno di Dio — un bagno di silenzio e d'infinito. — Per solito nessuna veduta chiara e distinta. È sempre un deserto in cui non si vede il focolare di luce, ma una bianca chiarezza in quell'immensa chiarezza che sembra essere la capacità d'un tutto in mezzo a cui io nuoto e che mi riempie.

Quello che Gesù vuoi essere per noi nel suo Cuore Euca­ristico, è la via, oom'Egli è la vita quando si riceve, com'è la verità quando si guarda. Via per condurre a Dio suo Padre nelle sue infinite perfeaioni.

" Bccl., xxxvn, 19.


SINTESI E CONFERMAZIONE             593

Lo stato d'abbandono ohe ci porta a perderci in Dio non deve farci dimenticare la S. Umanità di Cristo, a cui dob­biamo tutto. G-esù è restato lì, apposta, per essere il veicolo delle anime nostre fra la terra e il cielo. Egli è come il Dio del tempo, tra l'uomo e l'eternità, la via diretta, unica per andare al Padre...

... Quindi, dice egli: Vieni! io sono in tè, ma tu esci da tè insieme con me e andiamo al Padre. — Dove? più in alto, ma senza sforzo, perché tu sei con me; là, senza salire, senza approfondire, senza cercare; là in quell'oceano ove tu on­deggi, impregnato di Lui come la spugna caduta dallo scoglio nel mare.

Quando la spugna ancora attaccata alla roccia è bagnata dall'onda, essa è nell'Oceano, e l'Oceano è in essa. Se avesse la parola, potrebbe dire : -E'sso è lì. Ma strappata e lanciata al largo, è la medesima cosa ed è ancora di più. /

Quello che la trascina è l'onda, perché l'onda conduce all'oceano col quale è una sola cosa e nel quale va a confon­derai, strascinando la piccola spugna a cui dice: Vieni? ed essa, saturata dall'onda, va a gettarsi ancor più nell'o­ceano, dove c'è maggiore spazio e più acqua..., perdendosi e disperdendosi in esso per diventare come una medesima cosa con esso a forza d'essere diminuita, ridotta in atomo e finisce con scomparire!...

Un giorno raccolsi sulla spiaggia una spugna secca che era ancora attraversata dal suo pozzetto di spina dorsale. Pensai che quello era l'ostacolo che l'aveva fermata tra i ciottoli della riva e che le aveva impedito di seguire l'onda;

vidi in essa la mia immagine.

S8 — Perfezione^ Contemplazione.


594                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

articolo V.

L'accordo dei Maestri sul carattere normale, benché eminente, della contemplazione infusa.

La dottrina da noi esposta, specialmente secondo S. Tommaso e S. G-io vanni della Croce, è pienamente conforme alla Tradizione. Già il carattere di queste due grandi Maestri ne è per noi una prova, poiché il primo ha cura di darci una sintesi speculativa. dei dati della Scrittura e della Tradizione, e il secondo applica questi principii per mostrare tutto quel che dev'essere, in una vita veramente fedele, il progresso delle virtù teologali e dei doni corrispondenti.

È facile stabilire che l'insegnamento degli altri grandi Maestri tradizionali segue le medesime norme.. Nei secoli xvn e xvm si verificò qualche deviazione, è vero, in autori secondari 1, ma da ogni parte si ritorna ognora più alla dottrina che prima era comu­nemente accolta e che sempre conservò per sé. le più grandi autorità.

Nella storia della teologia mistica che presto pub­blicherà, Mons. Martino Grabmann, dell'Università,. di Monaco, fa capo alle medesime conclusioni nostre e conferma su molti punti quello che già dimostrò il canonico Saudreau nel suo compendio della storia della. mistica cattolica, che ha per titolo: La Vie d'union a THeu d'après les grands Uaitres de la spiritualité,. 33- edizione, 1921. Noi rimandiamo a quest'opera che-espone la dottrina mistica dei Padri greci e latini, e quella dei principali maestri che scrissero dal se­colo xin al secolo xix.

Noi seguiremo un ordine meno cronologico, e, dopo aver notato i punti essenziali della dottrina dei Padri, considereremo la questione di cui ci occupiamo, nella.

1 Ct. p. 18-20.


SINTESI E CONnSBMAZIONB            693

dottrina spirituale degli Ordini antichi, nella mistica domenicana, nella mistica francescana, in quella del Carmelo, continuata da S. Francesco di Sales, e fi­nalmente negli spirituali della Compagnia di Gesù.

L'insegnamento dei Padri Greci.

Dopo il salmista, il Vangelo, S. G-iovanni e San Paolo 2, i Padri Greci parlarono sovente della cogni­zione superiore di Dio ch'Egli stesso comunica ai l'aondi di cuore e che i ragionamenti umani sono impotenti a procurare. Lo Spirito Santo, secondo loro, la concede generalmente ai perfetti, e questo dolce lume di vita santifica l'anima rischiarandola in­torno all'infinita grandezza di Dio. Colui che rice­vette questa grazia eminente è diventato un contem­plativo, santamente indifferente alle cose della terra, quasi sempre unito a Dio colla preghiera e coll'a-more.

Tal è m particolare la dottrina di clemente aibs-sAN'DBnsro che già distingue tré gradi nella vita spirituale, i principianti, i proficienti e i perfetti;

secondo lui, questi ultimi ricevono generalmente il dono della contemplazione, unito ad un'alta carità 3. Del resto Clemente si considera come l'eco della Tra­dizione apostolica A. Il medesimo insegnamento si ha in oeigbne s, in S. atanasio 6, in S. macabio 7.

S. basilio, alla sua volta, nella prefazione del suo libro sulle Costituzioni monastiche, dice: « L'oc­chio dell'anima, quando è divenuto puro e senza ombra, contempla le cose divine, in grazia della luce celeste che lo riempie abbondantemente senza saziarlo... Dopo aver sostenute penose battaglie ed esser riuscito a liberare lo spirito, nonostante la stretta unione di questo colla materia, dalla mesco­lanza delle passioni sensibili, esso diventa capace di

2 Of. supra. Introduzione, fine.

3 Sfromates, VI, 8, 9, 12; V, 11, 12; VII, 7; IV, 3, 23.

4 Stmmates, I, 60.                 .

e Cantra Celsum, VI, 19; w Oant. Prolog. e 1. IV.

' Oratio, cantra Oentes, principio.

Lettera ai suoi discepoli. Of. Rev-ue d'Aseétiilueetde Slystigue, sea-naio 1920, art. di Dom Wilmart.


596    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

conversare con Dio... Ohi è giunto a tale stato non deve più permettere ai vapori delle vili passioni di turbare e coprire d'un fitto velo lo sguardo del­l'anima sua e di farle perdere così la spirituale e divina contemplazione ». S. Basilio dice la stessa - cosa nella sua spiegazione dei Salmi XXXII e XLIV, e nella sua omelia sulla fede (n. 1).

. S. gbegobio nisseno non parla diversamente nella vita di Mosè, là ove descrive come il profeta fu elevato alla contemplazione di Colui che. è, e come a suo esempio dobbiamo distaccarci dalle creature e vivere di Cristo, per essere « ammessi alla contem­plazione della natura divina ». Questa, dice egli, è una vittoria sul nemico, che s'ottiene solo colla croce,, e purificando la propria intelligenza da ciò che è ,.;.-sensibile e materiale. Spesso egli chiama questa contemplazione teologia, nel senso di « teologia mi­stica infusa o sperimentale », come si dirà più tardi.

S. efrhm vede altresì nella contemplazione il pri- ' vilegio della vita perfetta: « Quando avremo su­perate le nostre passioni, distrutto in noi ogni af­fetto naturale e sgombrata la nostra niente da ogni.:;;

preoccupazione, allora lo Spirito Santo, trovando l'a-r nima nostra nel riposo e comunicando al nostro intel-" letto una potenza nuova, infonderà il lume nei nostri cuori, come s'accende una lampada già fornita di stoppino e d'olio... Dunque, prima d'ogni cosa, dis­poniamo le anime nostre a ricevere la luce divina; e rendiamoci in tal maniera degni- dei doni di Dio »' (C'è virtute, e. x).

S. g-bbgobio nazianzbno dice parimenti: « Anzi­tutto purifichiamoci... rendiamoci simili a Bio; al­lora noi riceveremo la luce del Verbo,, la conserve­remo dentro di noi, e la faremo brillare agli occhi altrui» (Oratio xxxix, n. 9, 10).

Nel v secolo, S. diadoco, ch'era vescovo di Fotico, y nell'Epìro, compose un Trattato della Perfezione s, che ha per scopo di condurre l'anima alla contempla­zione ed all'amore mistico. Al principio, e. I, egli fa veder bene il rapporto della contemplazione colle virtù teologali e coll'isp trazione dello Spirito Santo: « Ogni

':: Pubblicato da Weis-Liebersdorf, Lipsia, Teubner, 1912. — Ct. sau-dbba.v, Vie d'wion a Dieu d'apres les grands maUres, III ed. 1921, p. 52.


SINTESI E CONFERMAZIONE             597

contemplazione spirituale suppone e richiede la fede, la speranza e la carità, soprattutto la carità; queste virtù conducono ad essa. Infatti la fede e la speranza in­segnano a disprezzare le cose sensibili, ma la carità unisce a Dio; essa mediante un certo senso spiri­tuale cerca di conoscere Colui, che è l'Essere invisi­bile ». — « e.sso è, dice egli (ibid., e. 25), un senso spirituale che l'anima riceve dallo Spirito Santo, e che conoscono solo quelli che rinunziano ai pia­ceri di questa vita ». — « Questo senso spirituale è un gusto perfetto, che da il discernimento delle cose... Quando l'anima ha rinunziato alla prudenza della carne, può sentire, senza ingannarsi, le consolazioni dello Spirito Santo, secondo queste parole divine:

Gustate e vedete quanto è dolce il Signore » {ibid., g. 30). — « Noi diciamo che, quando un'anima si è ben purificata, può sentire Dio mediante un gusto di consolazioni divine, che non si può spiegare; non però in questo senso che Dio si renda visibile, poiché, come dice S. Paolo, noi camminiamo qui per la fede e non per la visione, II Cor., v, 7 » (ibid., e. 36.;

item, e. 75). — « Tutti i doni divini sono prestasi, ma nessuno infiamma i nostri cuori e ci spinge ad amar il Dio d'ogni bontà come il dono della teologia (mistica, ossia contemplazione)... Questo dono fa sì che noi rinunziamo volentieri a tutte le amicizie del secolo e che, combattendo le malnate passioni, noi stimiamo, più di quel che possiamo dire, i tesori delle parole divine. Esso rischiara la nostra mente e cambia per così dire la natura delle anime nostre, comunicando loro proprietà angeliche. Fratelli miei dilettissimi, è questo il dono che noi dobbiamo viva­mente desiderare, e a cui dobbiamo. disporci. È un dono mirabile: per esso noi ci solleviamo alla con­templazione universale, siamo liberati da ogni solle­citudine, riempiti d'ineffabili lumi, nutriti della pa­rola divina; per esso, per dir tutto, l'anima è votata ad un'unione inseparabile col Verbo di Dio » (ibid., e. 67). — « Bisogna conoscere quest'amore ardente che lo Spirito Santo mette nel cuore, ed arrivare a possederlo » (e. 74).   ,

S. Diadoco nota, e. 13, che l'amore unito alla con­templazione può ignorar se stesso: « Io conobbi qual­cuno che piangeva di non potere amar D,io come avrebbe voluto; e l'amava talmente che aspirava co-


598    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

•stantemente a Lui, desiderando solo la gloria divina ed essendo come un nulla ai proprii occhi ». — « Chi ama Dio col senso del cuore... arriva a perdere di vista se stesso, essendo tutto trasformato dall'amore ch'egli ha per il suo Dio » (e. 14).

Nei e. 16, 69, 85, 90, di questo medesimo Trat-

. tato, S. Diadoco notò bene le consolazioni sensibili del principio della vita spirituale, seguite dal pe­riodo di aridità, chiamato più tardi, da S. Giovanni della Croce notte dei sensi. Egli indica le fasi se­guenti, dicendo : « Quelli che s'avanzano nella per­fezione possono frequentemente gustar Dio; ma il gustarlo pienamente è cosa riservata a quelli in cui tutto ciò che è mortale ha lasciato il luogo a ciò che è la stessa vita» (e. 90). Queste ultime parole significano l'effetto di ciò che più tardi si chiamerà purificazione passiva dello spirito. Nel e. 85 di questo Trattato sì parla appunto di questa purifica­zione : « II Signore permette al demonio di lanciare i suoi strali sino nel fondo di quest'anima, a fine di condurla a cercar Dio con maggior fervore e con più umile sottomissione... Quando colui che sostiene la buona battaglia pratica a dovere tutte le virtù e si distacca da tutto, non volendo più posseder nulla, allora la grazia penetra più avanti, accende tutta quanta " l'anima d'un fuoco d'amore ardentissimo ». Così rendesi completa la dottrina delle tré fasi della vita spirituale già distinte da Clemente Alessan­drino .

Queste fasi appariscono anche più chiaramente in dionigi, che parla incessantemente della purificazione, de\l'illummazione e della vita unitiva ossia perfetta-. Com'egli dimostra nella Gerarchla celeste, e. ni, 2, 3, la subordinazione delle creature ha per scopo di assimilarle a Dio e di unirle a Lui: « L'ordine gerarchico richiede che gli uni purifichino, e gli altri siano purificati, che gli uni illuminino e gli altri siano illuminati, che gli uni perfezionino e gli altri siano perfezionati; così ciascuno avrà la sua maniera d'imitare Iddio. Sembra necessario che quelli i quali vengono purificati giungano a non aver più nulla che abbia bisogno d'espiazione, che coloro che ven­gono illuminati risplendano della divina chiarezza per elevarsi con i casti occhi dell'intelletto alla po-


SINTESI E CONFERMAZIONE             699

tenza e all'abitudine della, contemplazione; final­mente che coloro che vengono perfezionati, una volta esenti da imperfezioni, partecipino (sempre più) alla scienza santificante delle sacre verità manifestate ai contemplativi» (ibid.). In questi ultimi l'amor di Dio che li afferra li rapisce fuori di sé stessi, ed è il preludio della visione del cielo (Nomi divini, iv, 12, 13). E siccome Dio è infinitamente superiore a tutte le idee che noi possiamo farci di Lui, « vi è un conoscimento di Lui, che risulta da una sublime ignoranza, e ci è dato in una incomprensibile unione;

ed è quando l'anima, abbandonando tutte le cose e dimenticando se stessa, è immersa nelle onde della gloria divina e s'illumina tra gli splendidi abissi della sapienza imperscrutabile » (.Nomi divini, vii, 3).

Secondo Dionigi, D'io è solito di concedere questa grazia della contemplazione alle anime ben disposte che la domandano con una •preghiera ad un tempo umilissima e piena di fiducia; e dimostra mirabil­mente come qui si debbano conciliare l'umiltà e la. magnanimità: « Dio solleva quanto è possibile alla contemplazione, alla sua comunione, alla sua ras-somiglianza le pie intelligenze che, precipitandosi verso di Lui con un rispettoso ardore, non ambiscono in un moto di stolto orgoglio maggior luce che loro non sia stata largita e più non soccombono alla ten­tazione d'un vergognoso rilassamento, ma che, senza esitazione e senza incostanza, s'appigliano alla chia­rezza illuminatrice, e con un amore proporzionato ai loro lumi, piene di religioso rispetto, prendono pru­dentemente e santamente il loro volo verso la subli­mità » (Nomi divini, i, 2). Così appunto comincia Dionigi la sua Teologia mistica, e. n, con una pre­ghiera per ottenere la grazia della contemplazione:. « Trinità sopraessenziale, divinissima, sommamente buona, guida dei cristiani nella sacra sapienza, con­duceteci a quell'altezza sublime che sfugge ad ogni dimostrazione e oltrepassa ogni lume ». Ma per ot­tenere questa .grazia, bisogna vivere nel distacco, nell'umiltà e nell'amore di Dio (ibid., i, 3).

Da ciò si vede che la via unitiva di cui parla Dio­nigi, è d'ordine mistico, e che è quaggiù il preludio normale della vita eterna. Questa medesima conclusione apparisce non meno chiara dai testi del medesimo au­tore che abbiamo citato più sopra, pp. 180, 352-356.


600    PERFEZIONE CRISTIANA ECONTEMPLAZIONE

Nel secolo 'vii, S. massimo, che soffri eroica­mente per la fede, compose parecchi scritti in cui di­mostra che il termine della vita spirituale è il pieno distacco e il perfetto amore, che si esercita nella contemplazione. Il timore è il principio della sa­pienza, che viene da Dio; dal dono della sapienza procede la contemplazione, che conduce alla carità perfetta e all'unione divina 9. « Chi è purificato è illuminato e merita di penetrare nel santuario più' intimo e di godervi gli amplessi del Verbo » 10. — « La contemplazione procede da un'illuminazione dello Spirito Santo », ed è assai superiore al ragiona­mento n. « Essa esige un'anima libera da ogni at­tacco..., suppone non solo la rinunzia ai peccati e. ai sentimenti naturali, ma anche l'eliminazione delle immagmi sensibili » 12. « II pieno distacco (apatheia) fa dell'anima un puro specchio in cui si riflette Dio stesso» 13; in tal modo si giunge alla perfezione dell'amor di Dio. — II lume della contemplazione ci è dato in proporzione delle nostre disposizioni: « A ciascuno Iddio si fa conoscere secondo l'idea ch'egli si fa di Lui; a quelli che coi loro santi desideri si elevano sopra tutto quello che è materia e di cui tutte le facoltà con un medesimo slancio si sono ri­volte a Dio, Egli si mostra come D,io uno e trino, e loro fa conoscere in modo mistico ch'Egli è e quello che è » u.

S. Massimo dimostra a lungo la superiorità della vita contemplativa sulla vita attiva, che le è subor­dinata come un mezzo a un fine'16. Egli distingue tré gradi d'orazione, corrispondenti ai tré gradi della vita spirituale o della carità: « La semplice orazione e come. il pane: essa conforta i principianti; quando all'orazione s'aggiunge un po' di contemplazione, è come l'olio onde si rinfresca; finalmente quand'è la pura contemplazione, è come un vino di squisito

' Ct. Patrol. greca, t. XC, col. 1217, Oisnt., I, 94, e col. 1276, n. 38 (sopra il dono della sapienza).

" IWd., col. 1089 ; Cent. 1, n. 16. Item, col. 1417, n. 80.

» IWd., col. 1209, n. 73; 1217, 1424; 1377, n., 69; 1384, n. 82; 1356, n. 18.

" IWd., col. 1245 e 1421.

" IWd., col. 1S56, n. 17.

» IM.. col. 1220, n. 95.

15 IWd., col. 1433, 1436 bs., 1440, 1445, 1419.


SINTESI E CONPEEMAZIONE            601

sapore che fa andare fuori di sé quelli che lo be­vono » 16.

Ma prima di questa contemplazione « paragonabile alla terra promessa», vi è un'aerazione semplifi­cata, che è come la manna del deserto », orazione-oscura e calma, che dispone a ricevere più abbondan­temente il lume divino 17.

S. Massimo finalmente notò bene le dure prove che devono subire i contemplativi, il crogiolo per cui devono passare per essere pienamente purificati, e la lotta ch'essi hanno da impegnare contro il de­monio per essere definitivamente confermati nell'amor di Dio 18. Poi, preparata dal distacco, la contempla­zione lo favorisce, e ci conserva nel ricordo di Dio:

« Preghiamo dunque sempre il Signore affinchè il suo salutare ricordo ci rimanga sempre presente alla mente » 19. L'amico di S. Massimo Talassio, abate iin Libia, insegnava la medesima dottrina 20.

Nel secolo vili S. giovanni damasceno dice al­tresì che la contemplazione infusa è generalmente concessa ai perfetti: « Chi è pervenuto al più alto grado dell'amore, uscendo in qualche modo da sé, discopre Colui che non può essere veduto; prendendo il suo slancio al disopra di quella nube dei sensi che arresta lo sguardo della mente, e stabilendosi nella pace, egli fissa il suo sguardo sopra il Solo-di giustizia e gode quello spettacolo di cui non può stancarsi » 21. — « L'essere pervenuto, colla pra­tica generosa delle virtù, alla contemplazione del Creatore, è un tesoro che non sarà rapito » 22.

Questa contemplazione soprannaturale, che procede dal dono della sapienza adunque, secondo i Padri Greci, è veramente nella via normale della santità, e accompagna per solito la carità perfetta, principio dell'unione divina, e dev'essere come essa l'oggetto delle nostre aspirazioni e delle nostre preghiere.

" rbid., col. 1441, n. 176.

" Ibid.,.ool. 1421, n. 92, 1437, 1441.

" Ibid., col. 1215, n. 88. , -

" IWd., col. 1245,

" Of. savdbeau, Op. cit., P. 77.

21 De, fransfigur. Dom., 10.

22 De viri. et vit. — Vedasi la dottrina di S. Giovanni Damasceno» sullo Spirito Santo, sulla sua presenza in noi e sul suoi doni.


<02                  PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

L'insegnamento dei Padri Latini.

I Padri della Chiesa latina non son meno chiari, in particolare S. Agostino e S. Gregorio Magno.

S. ambrosio., nel passo del Cantico i, 1: « Oscu-letur me osculo oris sui », vede l'espressione del le­gittimo desiderio della contemplazione : « l'anima sol­levandosi sopra il suo corpo, rinunziando a tutti i piaceri dei sensi... e spogliandosi di tutte le vane sollecitudini del secolo, domanda istantemente d'essere favorita del dono della presenza divina.... del lume soprannaturale... pegno d'amore... che colma di .gioia » 23. Questa contemplazione soprannaturale è .generalmente concessa ai perfetti, perché, come dice S. Ambrogio: « Nel terzo grado (della vita spiri­tuale) l'anima è divenuta perfetta, il Verbo può vol­gersi, a lei, piegare sopra di lei il suo capo e ri­posare nella sua diletta » 2i. — « Benché non lo veda, ella riconosce, mediante i suoi sensi intimi, l'odore della divinità; ecco quello che di solito ac­cade all'anima veramente fedele: Quod patiuntur ple-rumque qui bene. credunf. Ella è subito ripiena dei dolci profumi della grazia e capisce che Colui ch'ella desidera le fa sentire la sua presenza: Eccolo, dice, Colui ch'io invoco e sospiro » 26.        "

S. agostino sviluppò questa dottrina, come ab-Mamo esposto più sopra, p. 181-183;, in particolare .nel suo libro De quantitate animae, e. 33, egli de-

•scrive tré gradi della vita spirituale già enumerati da demente Alessandrino: 1° la lotta contro il peccato, l'opera difficilissima della purificazione...;l'entrata nella luce, che non è possibile se non a coloro che

•sono purificati...; 3° la contemplazione e l'unione di-

• •vma, che ci permette di godere del Sommo Bene. — Item Soliloqui!, I, e. 1, 12, 13.

Nel suo Commento sopra il Discorso del monte 26,

*' De Isaac et anima, o. ni, n. 8. " Ibid., o. 8. 2t In Ps. cxvin, sermo VI.

" De Sermone Domini in monte, 1. I, e. in e iv. P. L., t. XXXIV, •col. 1253-1255.


SINTESI E CONFERMAZIONE             603

egli spiega. quest'ascensione.. verso la vetta della perfezione cristiana seguendo le sette beatitudini e i sette doni dello Spirito Santo: il timore conviene agli umili, la pietà ai mansueti, la scienza a quelli che piangono, la fortezza a quelli che hanno fame e sete di giustizia, il consiglio ai misericordiosi, l'intel­letto ai cuori mondi, la sapienza ai pacifici. Così le fatiche della vita attiva preparano alla contempla­zione 27, in cui l'anima purificata gode il lume di­vino, pegno della vita eterna 28. Questa contempla­zione, che procede dal dono della sapienza, è vera­mente la contemplazione infusa.

Nel secolo v, cassiano scrisse nelle sue Conferenze le lezioni spirituali ch'egli aveva avute dai Padri . del deserto. Queste Conferenze furono per molto tempo il libro corrente di lettura spirituale. Nella IX e nella X, egli dimostra che il termine della vita spi­rituale quaggiù è la contemplazione divina in cui egli vede l'esercizio perfetto dell'amar di Dio. L'a­nima vi si prepara colla pratica delle virtù : « Bisogna gettare i fondamenti di un'umiltà profonda... stabilire poi tutte le altre virtù e impedire al proprio spirito di dissiparsi coi pensieri leggeri, affinchè a poco a poco esso si elevi alla contemplazione di Dio, ita ut paulatim ad contemplationem Dei ac spiritualis in-tuitus incipiat sublimati » 29. Questi termini dimo­strano che si tratta della contemplazione infusa, che procede dal dono della sapienza, e si ottiene dicendo spesso dal fondo del cuore: « Deus in adjutorium meum intende, Domine, ad adjuvandum me festina », è la pratica delle orazioni giaculatorie che conservano l'anima unita a D;io 30. Dopo la preghiera che do­manda il perdono dei peccati commessi, vien quella che supplica per ottenere una maggior carità per noi e per il prossimo, e dopo quella di ringrazia­mento 31, l'orazione finisce con divenire « quell'ora­zione tutta di fuoco, che l'uomo non può capire col

" De Oonseitsu EvangeUstarum,!. I, e. v. P. L., t. XXXIV, col. 1045. " Enarr. in, ps. SS, v. S, e Confessioni,.IX, 10, X, 40. " Coni., IX, o. il. Item C'ora/., X, e. v.    . " Goni., IX, 6. vi, vii, vxn, ix. 11 Coni., IX, e. viri ss.


604    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

suo pensiero, ile esprimere- colle sue parole » 33. « Essa formasi colla contemplazione di Dio solo e ooll'ardore d'una carità così infocata, che l'anima, essendo come fusa e inabissata nell'amore che ha per Dio e gettandosi nel suo séno per tuffarvisi e perdervisi, Gli parla con una familiarità tutta divina e si trattiene liberamente con Lui come col Padre suo. L'orazione che Gesù Cristo ci prescrisse, il Fater, ci fa osservare fin dalla prima parola che noi dob­biamo tendere a questo stato... Quando saremo ele­vati e stabiliti in questo grado così sublime di fi­gliuoli di Dio,... noi cercheremo unicamente la gloria e l'onore del nostro Padre » ss. A volte quest'ora­zione è accompagnata da rapimento 3i; ed ha per effetto di unire strettissimamente l'anima a Dio, cosa che soddisfa il desiderio del Salvatore: « Ch'essi siano una cosa sola in noi, come tu, Padre mio, ed-io siamo una sola cosa » 3S. È lo scopo di tutta la vita spirituale, « così l'anima comincia a gustare in un vaso d'argilla le primizie della gloria ch'ella spera nel cielo » 36. S. Tommaso leggeva spessissimo Cas-siano, ed è la medesima dottrina sulla contemplazione infusa ch'egli conservò dovunque parli del dono della sapienza, il cui progresso accompagna quello della carità.               .              ,

S. gebgobio magno nel secolo vi/gloria del­l'Ordine benedettino, continua la medesima tradi­zione di Oassiano, dovunque parli della perfezione cristiana e della contemplazione. S. Tommaso e i Dottori del Medio Evo invocano spesso in questa questione la sua autorità, e S. Teresa annotò le sue opere che erano ancora assai lette nel secolo xvi.

Egli ammette la divisione dei tré gradi della vita spirituale, classica presso i Padri Greci, dal tempo di Clemente Alessandrino; il terzo grado, quello dei perfetti, è la vita contemplativa, che è simboli­camente descritta nel Cantico dei cantici 37. La con-

2 Coni., IX, o. XIY. ' Conf., IX, o.'xvill.

Conf., IX, o. xxvi, xxx.

Conf., X, e. vi.

• IM.

" Morales, 1. XXIV, o. XI; 1. XXII, o. XX, n. 50; e In Cant. Prooe-miTim n. 9 e o. i, n. 5.


SINTESI E CONFERMAZIONE             605

templazione dì cui parla egli, è infusa ; non il frutto dei nostri sforzi, ma un dono gratuito dipendente dal beneplacito divino, però si può e si deve disporre se stesso a ricevere questo dono altamente deside­rabile. « A volte il Signore c'introduce in questa lu­minosa contemplazione inferiore, e a volte ci lascia nelle tenebre... Che noi godiamo de' suoi lumi di­pende dal suo beneplacito e non dai nostri sforzi » 38. « Nondimeno, se coi nostri sforzi non possiamo pro­curarci questi favori della grazia, essi non ci sa­ranno mai accordati, se noi non ci applichiamo colla maggior cura alle meditazioni, alle letture quotidiane, alla preghiera, e se non approfondiamo le verità che sono .alla nostra portata » 39.

Di solito Dio non rifiuta la grazia della contem­plazione infusa alle anime inferiori generose : « Se noi conserviamo queste virtù della fede, della spe­ranza e della carità in tutta la loro purezza, noi saliremo, in grazia di esse, le alte montagne della contemplazione » i0. « Percepta namque perfectione operis, ad contemplationem venitur » 4;1. È il termine della vita spirituale.

Perciò si deve vivamente desiderare questo favore della contemplazione e domandarlo con fiducia, per essere più uniti a Dio: « II Signore disse: Chi os­serva le mie parole e vi si conforma, questi mi ama, e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, ed io lo amerò e mi manifesterò a lui. Il Signore adunque promette di manifestarsi, ma solo a quelli che l'amano, ed aggiunge ch'Egli ama quelli che osservano i suoi comandamenti, mostrando chiaro con ciò ch'Egli non concede i suoi lumi della segreta contemplazione se

" In I Reg., o. il, n. 4. Qualche erudito mise in dubbio l'autenticità di questo commento e dì quello sul Cantico dei Cantici, ma la dottrina che vi si trova è in perfetta armonia con le opere incontestate di S. Gre-gorio. Vedasi in particolare sul punto che ci occupa Hom. Ili in Ez. n. 10, in cui si dice che la vita contemplativa è una pura grazia, come quella fatta allo schiavo che servì sei anni, quando vien dichiarato libero o affrancato. Item Morales, 1. V, e. xxxil, n. 57 ; e. xxxm, n. 58. Cf. Saint Orégoire le Grande et l'Ordre bénédictin, di Dom L. leveque, 1900, p. 56.

" In I Reg., o. il, n. 8.

" In Gant., a. il, n. 8.

" Morales, In Job, XXXI, v, 34, 1. XXII, e. xvi, n. SO; 1. Vili,

C. XXX.


606    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

non in ricompensa d'una vita virtuosa » *2. « Chiunque ha come dilatata l'anima sua mediante le opere sante deve ancora dilatarla coll'esercizio intimo della con­templazione » is.

« Agli umili ed agli ubbidienti sono comunicati i segreti divini: l'umiltà ottiene loro la grazia della contemplazione, che certi predicatori, pieni di sé stessi, perdono .per il loro orgoglio » tt. La solitudine del cuore 45 e l'oblio delle cose sensibili 46 dispongono ad essa.

È appunto perché la contemplazione esige di so­lito queste virtù perfette, che i contemplativi non sono più numerosi: « Poiché, nell'uman genere, sono molto rari quelli, che, purificati da • ogni sozzura degli appetiti disordinati, divennero capaci, in grazia di siffatta purificazione, di udire questa voce dello Spi­rito Santo, questa parola si chiama parola nascosta (Job, iv, 12); conosciuta da alcuni, essa è in fatto ignorata dalla maggior parte degli uomini » 47.

La contemplazione, come la perfezione cristiana, non è incompatibile con alcuno stato di vita: « La grazia, della contemplazione non è un dono concesso ai grandi e rifiutato ai piccoli, ma spesso è accordata agli uni come agli altri. Più spesso ne sono favorite le persone ritirate dal mondo, ma avviene alle volte che la ri­cevano anche persone coniugate. Per le anime fedeli non vi è alcuna funzione che sia incompatibile con la grazia della contemplazione; ogni uomo veramente inferiore può essere favorito de' suoi lumi, e nes­suno può gloriarsene come d'un privilegio straordi­nario » is. Tutte le anime sono ad essa chiamate come alla perfezione che le dispone alla vita eterna19. Questa contemplazione a volte da una santa tri­stezza alla vista del peccato, ma per lo più la gioia,

42 In I Beg., 1. Ili, e. iv, n. 18; item 1. V, e. iv, n. 67, e Hom. Ili in Esech., n. 9.                . - " Murales, 1. VI, e. xxxvn.

" In I Beg., 1. II, o. iv, n. 6; item 1. Ili, o. iv, n. 19; in I Reg., o. il, a. 6. , ;41 Morales, 1. XXX, o. xvi.

46 IWd., 1. XXIII, o. xx, n. 42; e in Esech., I. II, Hom. II, n. 12 ;

in I Reg., o. il, n. 16.

*' Murales, 1. V, o. xxvin, n. 50..

" In Ezech., 1. II, Hom. V, n. 19 è 20.

" Ci. Morales, I. XXII, e. XVI, n. 36.


SINTESI E CONFERMAZIONE             607

facendoci gustare l'infinita bontà di Dio: « l'anima. ottiene di quando in quando gusti intcriori d'una gran­dissima soavità, e si sente totalmente rinnovata quando-ad un tratto è passato il soffio ardente della gra­zia » 50; sono i gusti di cui parlerà S. Teresa nella. IV Mansione.

Anche S. Gregorio notò le dolorose purificazioni passive descritte più tardi da S. Giovanni della Croce:

« L'anima nostra, anzitutto illuminata circa il proprio-accecamento, ne 'concepisce una tristezza che la con­suma e che, come un fuoco divoratore, distrugge in lei ogni ruggine 'di peccato... Bisogna che il dolore la. purifichi e dissipi le tenebre del male, perché ella. possa essere poi tutta rischiarata dai raggi dell'in­finita luce... 'Quanto più si accosta alla verità di"

•vina, tanto più ella se ne crede lontana» 51. — Spesso avviene che l'anima sia sollevata dallo Spig­rito divino fino alle maggiori altezze, e che nondi­meno la .carne le dia penosi assalti... e rappresenta­zioni d'azioni illecite s'affaccino a lei... Pare che il cielo e l'inferno siano lì stretti insieme, poiché la medesima '.anima si trova ad un tempo rischiarata dai lumi della contemplazione e ottenebrata da im­portune tentazioni » 52. Ciò accade specialmente a quelli che 'sono maggiormente favoriti dei doni della. contemplazione. « Affinchè questa non li gonfi, la. .tentazione li umilia, e la contemplazione li rialza, affinchè la tentazione non li abbatta... Vedi Elia, egli aveva fatto scendere il fuoco dal cielo,... eppure

^basta una donna per farlo fuggire nel deserto. Nella sua fuga un angelo gli appare e gli annunzio che gli resta a percorrere un lungo cammino, ma non-gli strappa dal cuore il terrore, perché questa de-'' bolezza è per il profeta la protezione della sua-forza » 5S.       

Queste tentazioni 'accompagnano l'azione divina pu-rificatrice che pare inaridisca i sensi e lo spirito:

« È da 'osservare che l'angelo vinto toccò Giacobbe-nel nervo della coscia, che subito si atrofizzò, e, da quel momento, G-iacobbe fu zoppo; il Signore on-

'0 Mar., 1. XXIII, o. xx, n. 41 ss.; 1. XXIV, e. vi, n. 11.

" Mor.. 1. XXIV, e. vi, n. 11.

2 Mar:, 1. X, o. x, n. 17.

" In Esecìt., 1. II, Hom. II, n. 2 e 3.


'608    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Jiipotente, quando, in grazia dei nostri desideri e degli

•sforzi della nostra intelligenza, giungiamo a cono-

•scerlO, inaridisce in noi ogni affetto sensuale; e se prima noi -camminavamo coi due piedi, cercando Iddio

•e non rinunziando al secolo, appena abbiamo com­preso quanto Iddio è amabile, noi non abbiamo più

•che un piede valido, restando zoppo l'altro; bisogna che l'amore del mondo s'indebolisca perché l'amor

•divino regni da solo nelle anime nostre » £)i.

La contemplazione della suprema verità, a cui lo Spirito Santo solleva per solito i perfetti 55, non può prolungarsi molto, perché il corpo aggrava l'anima66. Allora bisogna 'discendere alla contemplazione delle

•creature superiori 57, e ritornare alle opere della vita attiva °8.

Cosicché in S. Gregorio si trova un trattato molto completo della perfezione e della contemplazione.

• Egli parlò a lungo anche dei rapporti detta vita

•contemplativa, figurata da Rachele, e della vita at-. tiva, figurata da Lia 59.

« Quanto più un'anima, dice egli, è favorita di sublimi contemplazioni, tanto più è ardente e ze­lante nell'azione. Solo nei principianti e negl'imper­fetti l'una può nuocere all'altra. Nei perfetti questa 'lotta non esiste » 60. Conviene unire queste due forme

•di vita, attiva e contemplativa. Ma troppo sovente « la contemplazione è intralciata, quando chi aspira ad essa si da senza misura ai lavori della vita at­tiva » 61. Perciò egli deve guardarsi da un'eccessiva sollecitudine, per non essere biasimato, come fu Marta la cui sollecitudine giungeva fino al turbamento 62.

•Non bisogna perdere di vista Colui per il .quale lavoriamo. « Ecco perché il Maestro e il Giudice delle opere nostre ci dice: una sola cosa ci è neces­saria, perché Egli vuole che il nostro spirito, an-

•zichè dissipare i suoi sforzi sopra un gran numero

* In Ezecfi.,1. II, Hom. II, n. 13. 1 Mar., 1. Vili, e. xxx. i IWd. e Mar., 1. V, e. xxxil, ri. 57, 58. i Ini 'Resi., e. il, n. 16. 8 In Bsech., 1. I, Hom. V, n. 12. ' In I Reg., o. il, n. 10. " IM. :" IM., n. 11.

•" In I Reg., 1. V, o. IV, n. 69.


SINTESI E CONFERMAZIONE             609

di oggetti, si raccolga nel silenzio e nel riposo e al­lora si sollevi con tutte le sue forze, alla contempla­zione del Sommo Bene » 63.          \

« II Salvatore passava i suoi giorni nelle città, operando miracoli, e le notti sul monte occupato nella preghiera... Con ciò Egli fa comprendere ai veri predicatori... ch'essi devono attingere dalla contem­plazione quello che riverseranno poi nell'anima dei loro fratelli colla predicazione » st. È questa vera­mente la dottrina conservata da S. Tommaso, ed è chiaro che qui si tratta della contemplazione infusa, a cui lo Spirito Santo solleva l'anima fedele.

I frutti di questa contemplazione, ordinariamente concessa ai perfetti, sono una profonda umiltà, una gran fortezza nella prova per sventare le insidie del demonio, un perfetto distacco e un'ardente ca­rità, che anima tutte le altre virtù 65.

Questa dottrina mistica di S. Gregorio Magno non è meno elevata e profonda di quello che sia chiara e pratica; e si vede così .la ragione'per cui egli fu uno degli autori preferiti nel Medio Evo, che con lui si fece un'altissima idea della contem­plazione e dell'unione con Dio.             ,

Nel secolo vili, il venerabile S. bb'da, spie­gando, in Lue. x, il detto di nostro Signore: « Una sola cosa è necessaria », scrive : « Questa sola cosa necessaria all'uomo è il rimaner sempre .unito a Dio... La teologia, cioè la contemplazione di Dio, è dunque la grazia unica e insigne, che sia prefe­ribile a tutti i meriti, a tutte le virtù ». Infatti è l'esercizio eminente dell'amo r di Dio.

Nel secolo xi, S. ' pibb damiani, che meritò •il titolo di Oottor 'della Chiesa, nel suo trattato Della perfezione dei monaci, e. Vili, insegna che la con­templazione è 'come 'la terra promessa a cui si ar­riva dopo molte lotte : e fatiche : «Quando cessano

" In I Reg., 1. V, o.'iv, n. 69 e in. Cantic., e. i, n. 8. " In. Job, 1. V, o. xxvi; Mor., 1. VI, e. xxxvil, ri. 56. Item in I Reg., 1. Ili, e. v, n. 30; 1. IV, o. v, n. 30.

" Hom. Vili in Ezech., n. 17 ; e Mor., 1. VI, o. xxxvil, n. 5 ; in I Reg;

1. II, e. i, n. i. — Ct. Dom A. menasse, .La contemplation d'aprés sai/ut Orégoire le Grand (rie Spirititene, die. 1923, p. 242-283).

69 — Perfezione'e Contemplazione.


610    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

tutte queste faccende e battaglie che turbano, allora

10 spirito riceve ,la grazia della contemplazione », ed è come la .messe dopo le fatiche che la prepararono. « Giacobbe non faticò neppure un sol giorno coll'm-tenzione di ottenere Lia... Egli la tollerò in vista di Kachele », figura della vita contemplativa. «Così

11 cristiano accetta 'la vita laboriosa per ottenere un giorno la grazia della contemplazione e dell'unione divina cui non cessa di sospirare »  (ibid.). — « Ohimè 1 noi ne vediamo molti, nella casa di La-bano, che vivono in un così gran torpore e pigrizia spirituale che non desiderano Eachele, pur così bella, e che non 's'abbandonano in conto alcuno alla vita laboriosa di :Lia. Sono coloro che, pur abitando nei monasteri, non cercano, 'con una vita più ritirata e con costanti preghiere, di ottenere la grazia della contemplazione e che 'non castigano il loro corpo colle fatiche e 'coi digiuni... Essi non hanno in vista i frutti della vita attiva e contemplativa, ma cercano solo di soddisfare ,i loro capricci e di seguire la loro propria volontà » (ibid., e. x).

La dottrina spirituale negli Ordini antichi.

Per Ordini antichi noi intendiamo quelli istituiti prima del secolo xm, i Benedettini, i Cistercensi, i Canonici regolari come quelli di S. Vittore, i Cer­tosini.                         ,           ;..>'•

Quello che abbiamo detto della dottrina di';S. Gre-gorio Magno, uno dei più gloriosi figli di S. Bene­detto, ci ;dà già l'idea della dottrina spirituale be­nedettina, e del posto che in essa è dato alla contem­plazione. Come dice Dom Delatte, quello che gli antichi con S. bhnbohtto (Regola, e. 48) chiama­vano lectio -divina, « non è ne la speculazione astratta e fredda, ne la semplice curiosità umana, ne una lettura superficiale, ma è una ricerca seria, pro­fonda e perseverante .della verità stessa. È preghiera e tenerezza. Si chiamava lectio ed è solo il primo gradino della serie ascendente: lectio, cogitatio, stu-dium, meditatio, oratio, contemplatio ; ma S. Be­nedetto sapeva 'bene che per un'anima leale e co­raggiosa, tutti gli altri gradini verrebbero a sovrag­giungersi a questo... Il metodo d'orazione è sem-


SINTESI E CONFEEMAZIONE             OT 1

plice e facile: dimenticar se stesso e vivere nel raccoglimento abituale, tuffare assiduamente l'anima propria nella bellezza stessa dei misteri, occuparsi premurosamente di tutti gli aspetti dell'economia soprannaturale, secondo l'ispirazione di quello Spi­rito di Dio, che solo può insegnarci a pregare. Per sedici secoli, i chierici, i religiosi e i semplici fe­deli non conobbero altro procedimento per comunicare con Dio fuorché questa libera effusione dell'anima loro davanti a Lui, e questa lectio divina che ali­menta la preghiera, la suppone, e quasi si confonde con essa » 66.

S. Tommaso, che ricevette la sua prima formazione dai Benedettini, conservò questa gradazione .che cul­mina nella contemplazione: lectio, cogitatio, studium, meditatio, oratio, contemplano erì. I gradi superiori dell'umiltà enumerati da S. Benedetto e quelli de­scritti più tardi da S. Anselmo (voler essere trat-' tato come persona spregevole) suppongono quella con­templazione della grandezza di Dio, che ci da una giusta idea della nostra miseria 6S.

Dora gvt.gves certosino 69 dice parimenti: « Tutti . i gradini della nostra scala sono legati insieme e dipendono l'uno dall'altro. La lettura è il fondamento, ci fornisce la materia e c'insegna a meditare. La meditazione ricerca diligentemente ciò che bisogna desiderare, 'scava e mette alla luce il tesoro bramato;

ma, incapace di afferrarlo, essa ci eccita a pregare. La preghiera (oratio), rivolgendosi con tutte le sue forze al Signore, domanda il desiderabile tesoro della contemplazione. Finalmente la contemplazione viene a ricompensare la fatica delle sue tré sorelle e ad inebriare della dolce rugiada celeste l'anima assetata di Dio... Essa oltrepassa tutto il sentire e il sapere. È la scala dei beati » 70. La contemplazione di cui si parla qui non è acquistata col nostro sforzo, ma infusa: la meditazione è « incapace di afferrarla » ;

" Commentaire de la Bègle de saint Benott.

" II-II, q. 180, a. 3.  -

" Ot. II-II, q. 161, a. 6.

" Fu probabilmente 11 quinto priore della Gran Certosa; il mano­scritto della Certosa di Colonia, Scala claustralium, a lui attribuisce quest'opuscolo, che per un pezzo fn attribuito a S. Bemardo.

" L'EcheWe du clottre, o. X. Item S. Bernardo, de Consideratìone,


612    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

si domanda colla preghiera; è una ricompensa con­cessa da Dio e una dolce rugiada celeste, che ol­trepassa tutto il sentire e il sapere, « quae exsu-perat omnem sensum », secondo l'espressione di San Paolo.                 ,

Nel secolo xii, S. bebnardo, nel suo Commento del Cantico dei cantici, ci dice che il coronamento delta vita spirituale è nell'unione mistica che s'ottiene colla contemplazione: « Cantare questo cantico o ascol­tarlo non è il privilegio di un'anima giovane, novizia o di fresco uscita dal secolo; ma è la prerogativa di quella che già è invecchiata, istruita e avanzata nella perfezione, talché di lei si può dire, che col-l'aiuto di Dio ha raggiunta l'età perfetta, e che, se è lecita l'espressione, è pervenuta all'età nubile, età considerata per rapporto ai meriti e non rispetto agli anni dell'anima divenuta capace d'unirsi al ce­leste Sposo » 71.

Il desiderio della contemplazione infusa è espresso fin dal primo versetto del Cantico, come avevano,.-notato S. Ambrogio e S. Gregorio: « Osculetur me. osculo oris sui ».         '

I principianti baciano i piedi di Cristo in segno di pentimento, i proficienti baciano la sua mano, solo ;

i perfetti ricevono il bacio della contemplazione e. l'unione d'amore, di cui parla il Cantico 72. S. Ber-nardo dice ai proficienti, parlando loro di questo favore che non hanno ancor ricevuto : « Voi dovete crescere in fiducia di mano in mano che crescete in grazia. Così amerete più ardentemente e domanderete con maggior sicurezza quello che sentite mancarvi, Ora si apre a colui che picchia. Perciò questo bacio superiore, d'un così gran pregio e d'una così ma-ravigliosa dolcezza, io credo che Dio non lo rifiuterà a simili disposizioni » 7S.

Parimenfi, nel suo trattato de Conversione, e. xn-xiv, S. Bernardo promette al peccatore convcrtito, se lotta e persevera, il riposo dell'anima nella pace divina che Dio solo può dare: « Allora si gustano con una santa avidità le delizie incomparabili del-

" I Semi. In Cantic., n. 11, 12. '2 Sermo IV e IX. " Sermo III, n. 5.


SINTESI E CONFERMAZIONE             613

l'amore, e, quind'innanzi liberata dai bronchi e dalle spine che la laceravano, l'anima che la bontà. divina inonda della sua unzione, in seno ad una buona coscienza gusta le dolcezze del riposo... Al­lora è il centuple olle fin da questo mondo ottengono quelli che hanno disprezzato il mondo. Non aspettate che i miei ragionamenti ve ne facciano intendere tutto il pregio. È lo Spirito solo che lo rivela. In­vano voi sperate di conoscerlo dai libri; cercate piut­tosto di provarlo... -È una sapienza di cui non si conosce il valore... È una moneta nascosta; è un nome ineffabile, che ogni uomo ignora, fuori di colui che lo riceve ;>. Tutti questi termini indicano che si tratta della contemplazione infusa e non ac­quisita. Così quelli che seguono: « Non è lo studio, ma la grazia che vi da questo lume... È il sacro tesoro, sono le perledel T'angelo... È il mormorto d'una voce celeste, che insegna un divin segreto, nascosto ai prudenti e ai sapienti, e svelato ai piccoli... Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati... fratelli miei, vi è qualcuno fra voi che desideri d'essere saziato . e di veder saziate le sue brame ? Cominci ad aver fame e sete della giustizia, e sarà certo d'essere saziato... Cerchi di assaporare, sia pure per un istante, il gusto della giustizia, affinchè con db egli la de­sideri sempre più e meriti sempre meglio di ottenerla, secondo quello che sta scritto : Chi mi mangia vorrà mangiarmi ancora, e chi mi beve ancora avrà sete di me ».

L'umile e ardente desiderio della contemplazione infusa e dell'unione mistica è mirabilmente descritto nel Sermone IX, n. 1-3: « lo ho ricevuto oltre i, miei meriti, ma non oltre i miei desideri. Deh! non chiamate « presunzione » l'ardore del mio amore. È vero, il rispetto protesta, ma l'affetto ha il soprav­vento... Un amore ardente non si lascia ne mode­rare dai consigli, ne comprimere dal rispetto, ne guidare dalla ragione. Domando, supplico, esigo che egli mi baci con un bacio della sua bocca. Già, nel mio amore per Lui, mi sforzo di condurre una vita pura e mortificata; mi applico alla lettura, resisto alle mie passioni, mi' do all'orazione, sto in guardia contro le tentazioni,... Credo di vivere in pace co' miei: fratelli... Sto sottomesso a' miei superiori....


614    PEEFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Non invidio il bene altrui, do il mio e do me stesso. Mangio il mio pane col sudore della mia fronte. Questi doveri son diventati per me un'abitudine, non. vi cerco la mia soddisfazione... Parecchi si lagnano di aridità, di durezza, di una specie di ottusità della inente, che li rende incapaci di penetrare le cose di Dio... Che cosa fanno allora se non sospirare il bacio ? Sì, essi chiedono, desiderano lo spirito della sapienza e dell'intelletto : l'intelletto per giungere fino a Dio, la sapienza per gustare quello che l'intelletto ha capito ».

Questi santi desideri, se sono ardenti, sono esau­diti, si dice nei Sermoni XXXII, 2, e XLIX, 3; ma sono troppo rari gli « uomini di desiderio » che, come Daniele, sospirano la loro liberazione e la visita di Dio. « La preghiera dei giusti penetra il cielo; se, come un mendicante... riveli la tua indigenza co' tuoi frequenti gemiti, io ho fiducia in Colui che disse: Domandate e riceverete. Se continui a pic­chiare, non tè ne ritornerai a .mani vuote;... e quando sarai ritornato da noi,... il fervore del tuo cuore non potrà tacere il favore di cui sarai stato colmato » 7'1.

« Ogni anima, anche carica di peccati, anche presa nelle reti del vizio, sprofondata nel fango,... può rientrare in sé, e non solo respirare nella speranza del perdono e della misericordia, ma anche aspirare alle nozze del Verbo, contrarre, senza timore, con Dio, un parentado intimo e portare il giogo soave del Rè degli angeli. Che cosa non ha ella diritto di osare presso Colui del quale ella porta l'immagine, e la cui rassomiglianza la illustra? Può paventare, la maestà ella a cui la sua origine divina deve ispi­rare piena confidenza? » 75.

«Non temo, dice ella, ma amo, e questa disposi- -, zione non sarebbe in me, s'io non fossi amata... Io non posso dubitare di non essere amata d'un affetto più grande del mio. Non pavento il volto di Colui di cui ho sentito l'amore. E. in che cosa lo temerei io? Egli mi cercò nello stato in cui ero. Mi toccò. Mi diede la sicurezza d'essere cercata, e come non rispondere alle sue ricerche, poiché io rispondo al

'* Sermo XLIX, 3. " Sermo LXXXIII, 1, 2.


SINTESI E CONFERMAZIONE             616

suo affetto? S'irriterebbe Egli, quando cerco Lui che, disprezzato da me, finse di non accorgersene? » 76.

Per S. Bernardo, questa contemplazione infusa è generalmente concessa alle anime distaccate dalla loro volontà propria e con.tinuamen.te occupate nelle cose di Dio. Essa segue normalmente due altre con­siderazioni ch'egli chiama « dispensativa » ed i esti­mativa ». «La prima (che parte dai sensi), se non ha di mira questa, semina molto, ma non raccoglie nulla; la seconda (che è la meditazione), se non ha per meta questa terza, cammina senza mai arri­vare. Così i cibi che la prima appresta, che la se­conda assaggia, è la terza che li gusta... » 77. Questa terza considerazione, detta speculativa (o contem­plativa), è infusa, perché, dice S. Bernardo a quelli che gli domandano di spiegare in che essa consista:

« Voi mi credete capace di spiegare quello che l'occhio non vide, quello che l'orecchio non udì, quello che il cuor non potè comprendere !... Quello che è al disopra di noi non ci è insegnato dalla parola, ma ci è rivelato dallo Spirito. Quello che il lin­guaggio non potrebbe spiegare, bisogna che lo cerchi la considerazione, che lo chieda la preghiera, che lo meritino le opere, che l'ottenga la purezza...'» 78.

L'apostolo specialmente deve dare alle anime della pienezza della -sua contemplazione, altrimenti, dice S. Bernardo, « egli è un semplice canale e non un serbatoio 11 ; egli deve arrivare alla ricchezza spiri­tuale, senza la quale non può fare che magre limosino. Ed è appunto la contemplazione che da lo zelo in­focato della salute delle anime 79. È veramente quello che dirà S. Tommaso: la predicazione della parola di Dio deve derivare l'ex plenitudine contemplatio-nis » (II-II, q. 188, a. 6).

Ma questo suppone la penitenza, la preghiera dei principianti e dei proficienti, le buone opere, l'imi­tazione di Gesù Cristo alla scuola della S. Ver­gine 80. Bisogna rinunziare al sensibile, non lasciarsi dominare dalle immagini corporali 81, ma farsi di

Sermo LXXXIV. ,

De Consideratione-, 1. V, e. il; item in et xiv.

Ibid., e. in.   i

SermoLVII, 9. /

Ihid.

Sermo XVIII, 5, 6.


616    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

esse sgabello per sollevarsi alle cose invisibili 8a, e per mezzo dell'umanità di Cristo venire alla .con­templazione della sua divinità 83.

S. Bernardo descrisse spesso l'unione, con Dio, che risulta dalla contemplazione infusa 8t,. e le alter­native di 'presema e di assenza del 'Verbo, Sposo dell'anima 80. Notò anch'egli quello che S. Giovanni della Croce chiamerà più tardi notti dei sensi e dello spirito; egli osserva che il contemplativo riceve a volte dei grandi lumi circa la formidabile giustizia di Dio e che ne trema di spavento 86. Poi la calma ,di Dio si comunica all'anima che riposa in Lui.

Lo stesso S. Giovanni della Croce 87 ci dice ch'egli prende dalle parole di S. Bernardo sul Cantico e da un opuscolo attribuito a S. Tommaso 88 la descri­zione dei dieci gradi dell'amar divino: 1° l'amore che fa languire, 2o quello che spinge ad una ricerca incessante di Dio, 3° ' ad un continuo lavoro per lui, 4° quello che sopporta infaticabilmente tutte le prove,:

in unione con Cristo, 5° quello che da una vera ;' sete di Dio, 60 che ci fa correre rapidamente verso ;

di Lui, 7° che ci da sante arditezze e un'audacia |y intrepida, 8° quello che ci attacca inseparabilmente;

a Dio, 9° che ci brucia e ci consuma d'un ardore :.;, dolcissimo per Lui, 10° finalmente quello del cielo, , che ci assimila totalmente a Lui 89.                ,;

È il commento del precetto dell'amore tal quale,. è formulato in S. Luca, x, 27: «Amerai il Signore^. Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua,? con tutte le tue forze e con tutta la tua mente » ; ', « con tutto il tuo cuore » : carità affettiva del 1° e. del 2° grado; «con tutta l'anima tua-», principio;.;

delle tue attività :'carità effettiva del terzo grado;' « con tutte le tue forze », nella prova da sopportare;'

" Sermo LII, 5.

83 De Oonsicleratioiie, ]. V, o. il. — Sermo XX, 6-8.

" Sermo Vili, 6; XLIX, 24; LXXI, 6-10.

85 Sermo XXII, 2; XXIII, 16; XXXI; LXXIV.

" Sermo LXXI, 12-14, e Sermo XXIII, 16.

87 Notte oscura, 1. II, o. xvin-xx.

88 Opuscolo 61.

8" « Amor tacit; 1° languore iitiUter, 2° quaerere Denm incessanter, 3° operari indesinenter, 4° sustinere infatigablliter, 50 appetere impa-tienter, 6° ourrere velociter, 7° anderò vehementer, 8° stringere ina-missib.iliter, 9° ardere suaviter, 10° assimilarl totaliter. »


SINTESI E CONFERMAZIONE             617

infaticabilmente: quarto grado; « con tutta la tua mente'», quando sarai arrivato a vivere della vita dello spirito, parte più elevata dell'anima,, quando sarai veramente « un adoratore in spirito e verità » :

gradi superiori, quelli della vita unitiva.

Dal commento che S. Giovanni della Croce 90 da di questi dieci gradi dell'amore, si può vedere che il primo grado (l'amore che fa languire) corrisponde alla notte passiva dei sensi «comune ai principianti» 91, e che il quarto (l'amore che sopporta infaticabilmente tutte le prove) corrisponde alla notte dello spirito, che, secondo S. Giovanni della Croce 9S^ precede l'en­trata nella via unitiva considerata nella sua per­fezione.

In S. Bernardo adunque trovasi veramente l'alto concetto delle vie illuminativa e unitiva, dato dai Padri, e conservato più tardi da S. Giovanni della Croce; tutti infatti considerano queste vie non in uno stato monco, ma nella loro pienezza normale; cf. p. 163-184.

*   *   »

È la medesima dottrina che troviamo, nella me-7 desima epoca, tra i canonici regolari, in ugo d.i S. vittore, chiamato novello Agostino. È lui che paragona la purificazione passiva dell'anima mediante la grazia divina alla trasformazione che subisce il legno verde attaccato dal fuoco: « L'umidità si con­suma, il fumo diminuisce, la fiamma vittoriosa si mostra,... finalmente essa comunica al legno la sua propria natura. Così dapprima le passioni del cuore resistono, dal che nascono molte pene e turbamenti, onde bisogna che questo denso fumo si dissipi. A poco a poco l'anima si fortifica, l'amore cresce e diventa più ardente, la sua fiamma è più brillante, i turbamenti spariscono, lo spirito comincia a entrare nella 'contemplazione della verità. Finalmente sotto

" Notte oscura, 1. II, o. xvm-xx.

" IM., 1. I, o. vili.

12 lìnd. «La notte dello spirito è il privilegio di quelli ohe sono già esercitati e avanzati. » Notte, I. II, e. ix : « La notte oscura dello spirito dispone all'unione divina >. — Vedasi anche Viva Fiamma, e nel Cantico spirituale ciò che prepara alla via unitiva.


618    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

l'influsso di questa contemplazione che continua, l'a­nima umana diventa tutta piena d'amore, la fiamma della carità l'ha penetrata tutta quanta... Cosicché, in mezzo ai pericoli che vengono dalle tentazioni, bisogna prima di tutto ricorrere ai ragionamenti; è la meditazione, in cui la fiamma è come avvolta nel fumo. Più tardi si comincia a entrare nella con­templazione della verità, ed è la fiamma che si spri­giona e diventa luminosa. Finalmente la verità è trovata, l'amore ha raggiunto la perfezione; l'anima distaccata da se stessa non cerca più altro che Dio. Egli è per lei tutto in tutte le cose; ella riposa nel suo amore e vi trova la gioia e la pace » (In Eccl. Hom. I).

La contemplazione e l'unione che ne risulta sono .dunque per Ugo di S. Vittore la sommità normale della vita spirituale. E la contemplazione di cui egli parla non è acquisita, ma infusa: « Essa, dice egli, è proprietà dei perfetti, e non bastano lo studio e le riflessioni, ci vuole inoltre la santità della vita » 93. « La grazia della contemplazione non solo purifica da ogni attacco mondano, ma ancora santifica e ac­cende dell'amore dei beni celesti. Colui che, in grazia delle ispirazioni e dei lumi dello Spirito Santo, fu sollevato fino alla contemplazione, costui riceve un pegno della felicità eterna » 9i. Ma per questo bi­sogna astenersi dai pensieri inutili, serbare la soli­tudine del cuore, evitare di agitarsi e di espandersi sopra ogni sorta di oggetti 95. « Nulla è più gra­devole, nulla è più utile della grazia della contem­plazione » 96. « Noi dobbiamo applicarci alla let­tura, alla meditazione, alla preghiera e alle opere... La preghiera cerca, la contemplazione trova;, ecco come quelli che si elevano per questi gradi succes­sivi raggiungono la perfezione, e coloro che non li ; salgono' non possono essere perfetti» 97.   ,      • .

eiccabdo, priore della badia di S. Vittore, a';

Parigi, è discepolo di Ugo; S. Tommaso lo cita spesso,,;

' Hom. I in Eccl. 4 'De, Anima, 1. Ili, e. xux.

lUd.

' IWd.         .  -

7 Erudii, didasc., 1. ,V, e. ix.


SINTESI E CONFERMAZIONE             619

come un maestro nelle questioni della Somma teo­logica relative alla contemplazione ; infatti è una grande autorità in mistica, perché egli contribuì assai a dare la sua forma scientifica a questo ramo della teologia.

Eiccardo, trattando della distruzione del male e dell'avanzamento nel 'bene, insegna prima a disprez­zare il mondo e a disprezzare se stesso, per portare le anime all'amor di Dio. La perfezione di questo amore non si può avere senza la grazia della con­templazione, che biso'gna desiderare come la terra promessa a8.

Nel libro II Piccolo Beniamino, egli tratta detta preparazione dell'anima alla contemplazione, di cui Beniamino è la figura. Questa preparazione consiste nella mortificazione del corpo, dei sensi, degli sbalzi dell'immaginazione, nella pratica delle virtù, segna­tamente della prudenza o discrezione, nel conosci­mento di se stesso. E a poco a poco nasce il vivo desiderio della contemplazione. Trattasi veramente della contemplazione infusa e non acquisita, perché si dice (Beniamino minore, e. 73) ch'essa non si ottiene colla nostra propria industria, col nostro sforzo, ma che è un dono gratuito di Dio.

Finalmente nel Gran Beniamino ossia della Con­templazione, Biccardo tratta a lungo di questa grazia eminente. Nulla purifica come la contemplazione da ogni affetto mondano, nulla infiamma altrettanto del-l'amor di Dio (Beniamino maggiore, e. 1). Egli oppone spesso il lavoro faticoso della meditazione al libero volo della contemplazione, atto dell'intel­ligenza pura, superiore ai sensi e al ragionamento, atto che abbraccia con uno sguardo una moltitudine di oggetti e resta sospeso in una muta ammirazione (ibid., e. 3). Quest'ammirazione sospensiva, sovente così dolce, è propria della contemplazione (e. 4). Kiccardo ne distingue sei modi (e. 6): il primo ammira la bellezza delle cose sensibili e la mu­nificenza del Creatore; il secondo ammira il loro ordine, la loro finalità; il terzo mediante le cose sensibili si solleva all'ammirazione delle cose invisi­bili; il quarto, che sorpassa totalmente l'immagina-

" <Prius oporfcet promisstonis terram tenere per desiderlum quam per intelleotum. » Traci. II, o. v e xi.


^20    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

zione, si .solleva da ciò che vi è in noi di spirituale agli. .spiriti puri; il quinto riguarda le perfezioni di­vine che la ragione può raggiungere ma non compren­dere pienamente; finalmente il sesto ha per oggetto il mistero soprannaturale, inaccessibile alla ragione, della vita intima di Dio e della Trinità delle Per-. sone divine ". Riccardo aggiunge (e. 10) : Tali sono le sei ali che ci sollevano al disopra della terra;

non credere di essere perfetto se l'una o l'altra ti manca.

Nei libri seguenti, egli parla a lungo della visita del Signore che i veri spirituali desiderano; bisogna essere sempre pronti, egli dice, a ricevere questa grazia e non far aspettare il Signore quando si presenta. Disgraziatamente son pochi quelli che vi si dispongono, anche fra i religiosi, a cagione della loro negligenza o d'un desiderio di scienza più umano che santo (1. IV, e. 14). Non lasciamo passare un'ora senza desiderar vivamente la grazia della contem­plazione divina (e. 16). Ora essa vien data dopo una preparazione, ora improvvisamente (e. 23). A volte è accompagnata da estasi (1. V, e. 2), o anche dal dono della profezia, e allora è un favore straordi­nario (1. V, e. 4).

.Questa dottrina sul carattere normale benché emi­nente della contemplazione infusa è dunque classica in tutti gli ordini antichi. La troviamo nell'iMiTAzioNB di gesù cristo, 1. Ili,; e. 25, la pace del cuore;

e. 31, in cui si dice: « Si trovano pochi contempla­tivi, perché pochi sanno separarsi interamente dalle creature caduche. Per questo ci vuole una grazia speciale che sollevi l'anima sopra se stessa ». Abbiamo citato a lungo questi capitoli sopra, a pag. Ì 7 0-172. Vedasi ancora Imitazione, 1. I, 11, 2; 15, 10; 18;

21, 4; — 1. II, 1, 8; 8, 5; 9, 7; — 1. III, 41, 2;

58, 5.

euysbroeok l'ammirabile non cessò di svilup­pare e di cantare la medesima dottrina, in tutte le

•• 8. Tommaso, In II-II, q. 180, a. i, 3 oblez., cita e spiega questo passo di Riccardo tratto dal suo de Conteìmpicctione, o. vi.


SINTESI E CONTEEMAZICWE             621

sue opere, come dimostrano i Benedettini di S. Paolo di Wisques, nelle dotte. introduzioni della loro nuova traduzione. Bisogna leggere specialmente le pagine sublimi che questo gran contemplativo scrisse sopra il dono della sapienza 100, e sopra la vita d'unione a Dio.

dtonigi ceetosim-o non parla diversamente, come abbiamo dimostrato, riferendo a p. 330-341 la sua descrizione del terzo grado dei doni della pietà, dell'in­telletto e della sapienza, grado d'ordine mistico che corrisponde alla carità dei perfetti.

gebsonb conservò il medesimo insegnamento nella sua Teologia mistica (Consider. 21, 26, 27, 29, 30), e in quel medesimo tempo S. lorenzo giustinian'i, nell'Acero della vita, e. vii e x, mostra altresì che l'anima inferiore deve tendere alla contemplazione infusa come al vero mezzo d'essere uniti a Dio; « ella deve desiderarla ardentemente fino a .che i suoi voti siano soddisfatti... perché la contemplazione è il fine, il termine dell'orazione ».      "

Tutto quest'insegnamento si compendia in questa pagina del blosio: « Colui che persevera ottiene or­dinariamente l'unione mistica: se tu pratichi, fedel­mente ogni giorno questo santo esercizio (dell'ora­zione); se, con trattenimenti interiori, se, con de­sideri pieni d'amore, ti sforzi incessantemente di ' unirti a Dio; se perseveri costantemente nell'abne-.gazione di tè stesso, e nella mortificazione dei sensi, e se ne le tue cadute reiterate, ne le innumerevoli distrazioni dell'anima tua, ti fanno rinunziare al tuo disegno, tu arriverai infallibilmente alla perfe­zione, all'unione mistica con Dio, se non durante la tua vita, almeno nel momento della tua morte » 101. Ciò è cosa ordinaria, come dice il titolo del capitolo;

ma siccome quello che è ordinario non si verifica in ciascun caso particolare, il Blosio aggiunge: « E se anche allora tu ne fossi privato, vi giungerai cer-

"" Ct. (Buvres de Ruysbroeck l'Admirable, tradotto dal fiammingo dai Benedettini di S. Paolo di Wisqnes, Bruxelles, 1917, t. III. L'omement. dea noces s-pirituelles, 1. II, e. m, IV, lii, isss., lxx, lxxi, lxxiii;

1. Ili, o. i a vi.

u1 InstU'utio s'piritualis, e. •ss, § .1. — Vedasi più sopra p. 505, ciò ohe il Blosio dice del fondo dell'anima.


622    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

tamente dopo la tua morte: perché nell'eternità godrai la stessa perfezione in un grado più o meno elevato quanto più o meno ardentemente l'avrai ricercata sopra la terra... Coraggio! adunque: domanda con perseve­ranza; ricorda le parole di G-esù Cristo: Chiunque domanda, riceve. Chi cerca, trova, e sarà aperto a chi picchia ».

La medesima tradizione sempre viva sussiste nel­l'opera inglese del venerabile P. bakek, O.S. B., intitolata Saneta Sophia, nelle opere del Card. bona (cf. opusc. Uanuductio ad coelum, e. xix), e tra le opere recenti in quelle di dom louismet, O. S. B., che abbiamo citate sopra, p. 467, 508 s., nel libro molto sostanzioso Le Christ vie de l'ame di dom mar-mion, 7a ediz. 1919, p. 503, negli articoli di pa­recchi Benedettini comparsi nella ~Vie Spirituelle dal ,1919. Segnatamente dom huybhn, nel suo articolo La tradition mystique au moyen-àge 102, raccolse a questo proposito dei testi quanto mai significativi di S. Ildegarda, di S. Elisabetta di Schónau, di S. Gel-trude, della B. Angela da Foligno, di S. Brigida, di S. Caterina da Siena, del B. Euysbroeck, di Gio-' vanni di Scoonhoven, di Dionigi Certosino. Nello studio precedente del medesimo autore 103 si dimostra-che questa medesima dottrina del carattere normale, benché eminente, della vita mistica, è ammesso da S. Bernardo, dal Taulero, dal Blosio e che nessuno la contradice nel Medio Evo; è la dottrina comune. Essa è restata in modo particolare assai viva nel secolo xix nelle opere di Dom Guéranger e de' suoi figli "i.                ,

La dottrina spirituale domenicana.

Sarebbe facile dimostrare con numerose citazioni che la tradizione di cui abbiamo ora parlato circa il carattere normale, benché eminente, dèlia contem-

102 Vie Spirittielle, gennaio 1922, p. 312 ss.

"' IWd., p. 298-311.

"* Vedasi anche 11 bei libro 'La fie spirititene et VOraison d'après la sainte EcrUure et la tradition 'monastigue, par Madame Cécile Bruyère, Abbesse de SaInte-Cécile de Solesmes; (u testé ristampato.


SINTESI E CONFERMAZIONE             623

plazione infusa, sussistette sempre nella dottrina spi­rituale domenicana. Il P. Arintero, O. P., fece questo lavoro al quale siamo lieti di rimandare 105.

Il pensiero di S. domenico si compendia in queste parole ch'egli pronunziò quando un ecclesiastico, ra­pito dalla sua scienza, gli chiese in quali libri avesse egli studiato: « Figlio mio, rispose il santo, ho studiato soprattutto nel libro della carità, perché è quello che insegna tutto ». Questo studio non è altro che la contemplazione dell'amor di Dio per noi, e Domenico dimostrava con tutta la sua vita che quanto più le anime si mortificano e accettano di portare la croce di Gesù, tanto più Dio le visita col suo Spirito, e loro da una santa gioia. Egli stesso, come si racconta, « non parlava che di Dio o con Dio ».

Il suo successore, B. giordano di sassonia, con­sigliava spesso la perseveranza nell'orazione, unita allo studio della S. Scrittura; e, come riferisce il breviario, diceva che bisogna seguire docilmente l'ispi­razione della grazia per trovare i frutti abbondanti dell'orazione. L'opera De Vitis Fratrum, 3, 12, in­siste altresì su questo punto. Il B. umberto di eomans, Maestro generale, nella sua lettera sui tré voti e nella sua spiegazione della Eegola di S. Ago­stino, là dov'egli tratta della Preghiera (e. 51) dice ai religiosi che, per la morte al mondo e a sé stessi, il loro cuore deve aprirsi ognora più alle illumina-zioni dello Spirito Santo, e diventare come uno specchio purissimo da cui si rifletta l'immagine di Dio,... che deve vivamente desiderare i beni eterni, essere ferito d'amore, ed elevato per la contempla­zione (« amore vulneratum,... contemplatione eleva-tum »), affinchè essi alla lor volta possano veramente illuminare le anime e far loro conoscere la vita di­vina.

Sant'ALBERTO magno conserva la dottrina di Dionigi, commentando la sua Teologia mistica 106, e nelle sue opere originali, come il Compendium theol.

1<" J. G. abintebo, Unidad de la via y homogeneidad de la vida espi' ritual en la tradwwn dominicana, 1917, 50 p., estratto dalla Cieneia fomista, novembre-dicembre 1916, numero speciale per 11 centenario della fondazione dell'Ordine dei Prati Predicatori.

"' Cf. supra, p. 356.


624    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

verit., 1. 6, c. 56. Vedasi anche il Paradisus animae, e. 33, che gli fu attribuito. — Fino a questi ultimi anni fu creduto ch'egli fosse l'autore del bellissimo trattato De adhaerendo Deo, phe esprime maravi-gliosamente la grande dottrina tradizionale di cui parliamo, cf. e. 3-7 e 13; ivi si dimostra che la perfezione cristiana è la vita eterna cominciata, me­diante la divina contemplazione e l'unione a Dio che ne risulta: « istorum (aeternorum) perfecta inchoatio est perfectio in hac vita», e. 3.

Abbiamo esposto sufficientemente la dottrina di S, tommaso, di modo che non vi è bisogno di ri­tornarci f3U.

L'influsso di S. Tommaso, come dimostrò il P. De-nifle, si trova sotto quest'aspetto nell'opera del do­menicano maestro eckabt, benché vi si scorga pure quello meno felice dei neoplatonici per via di Dionigi e quello d'Avicenna 1OT. L'Eckart ritiene che la contemplazione è veramente nella via normale della santità, ma quando egli viene a parlare dell'es­sere delle creature e della nostra unione con Dio, ha delle espressioni oscure, esagerate, male sonanti ed anche false, che a buon diritto furono censurate dal Papa Giovanni XXII. L'Eckart si ritrattò umil­mente 108; e parecchi critici oggi convengono, con il Sig. Vernet 109, che il fondo della sua dottrina è ortodosso. Come dice Saverio di Hornstein 110, « l'Ec-kart fu anzitutto un mistico. È possibile essere un grande e potente mistico, pur essendo un filosofo e un teologo ordinario. Tuttavia l'Eckart per la sua cultura era un uomo eminente tra i suoi contempo­ranei; ma, non bisogna dimenticarlo, egli viveva in un'età di decadenza filosofica e teologica ». Questa decadenza del secolo xiv sussiste sotto un'altra forma nel secolo xv in Gersone, che, come Ockam, soste­neva che « nulla è male in sé », neppure l'assassinio,'"

. "' Vedasi su questo punto l'opera recente di xavibb de HoBti-stbin, Les grands mysUg.ues allemands du S.IV siede, JSckart, Tauler, Suso, 1922. L'autore valendosi del lavóri del PP; Donine, Mandonaet, Martin, corregge giudizi erronei di H. Delacrolx, di Pieifler, di Pahncke, di Vetter.                          ,

'" Cf. X. DE hornstbim, OP. CVt. •••'••

M Dictionnaire de théologie cafholigue, art. EcKart, col. 2073. 11» Op. cit., p. 149.


; SINTESI E CONFERMAZIONE             625

che non sarebbe un delitto se Dio non l'avesse proi­bito- "1.

Anche il taulbbo in tutta la sua dottrina dimostra che la contemplazione mistica e l'unione con Dio che ne risulta sono nella via normale della santità.

Ne' suoi .Sermoni, dimostra costantemente che il pieno sviluppo della vita della grazia quaggiù non. si trova se non nell'unione mistica che si fa in fondo all'anima, ed a cui ogni cristiano deve aspirare, come al preludio della vita del cielo. Cf. i tré ser­moni sulla Natività, quello della 13- dom. dopo .Na­tale, i 3 sull'Epifania, quelli della la e della 4a dom. dopo l'Ottava dell'Epifania, del lunedì di Pasqua, della 9a e della 2Qa doni. dopo la Trinità, eco. Lo Spirito Santo fa il vuoto in noi, dice il Taulero, e poi lo colma aumentando sempre in tal modo la nostra capacità di ricevere (Serm. 2 di Pentecoste).

Dopo aver affermato questo principio generale sotto-tutte le sue forme e invitate le anime ad aspirare a questa perfezione, pare alle volte che faccia delle riserve. Nel 2° sermone della 20a dom. dopo la Trinità, dice: « Dio chiama alcuni alla contempla­zione intima; altri ne chiama all'azione; e finalmente ne chiama un piccolo numero all'ineffabile riposo interiore, al tranquillo silenzio, per aderire alla di­vina oscurità nell'unità dello spirito ». Ma quest'ul­tima frase riguarda certamente, non la chiamata •remota alla vita unitiva, che è generale secondo i principii del Taulero, ma la chiamata prossima. La prova è ch'egli aggiunge immediatamente: « Ma i più non riflettono alla loro vocazione, d'onde segue che quando Dio li chiama alle cose esteriori, allora essi si raccolgono, e quando egli li vorrebbe raccolti, allora essi si espandono al difuori ». Queste ultime righe parlano d'una chiamata prossima mediante una grazia attuale sufficiente. Nelle pagine seguenti, il Taulero ritorna al suo principio: « Immergiamoci adunque ad un tratto, e dal più intimo dell'anima nostra, in questo vero fondo di Dio... E se non pos­siamo, in un subito, raggiungere questa nudità dello spirito,... andiamoci dolcemente, metodicamente per la via della contemplazione inferiore e delle opera­zioni intime». È la medesima dottrina di quella che

111 Oersoriii Opera, t. I, col. 147. Ct. p. 537, nota. 40 — Perfezione e Contemplazione.


626    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

troviamo più tardi nel Blosio, difensore del .Taulero, e in S. Giovanni della Croce.               ."

Abbiamo citato sopra, p. 345 nota, 436-438, altri testi del Taulero, che sarebbe facile moltipllcare "^ Si potrebbero citare a lungo le Istituzioni, in cui al­cuni discepoli del maestro riunirono l'essenziale dellS dottrina contenuta nei Sermoni lls. .

Il Taulero ha pure notato i tré segni che distin­guono la chiamata prossima alla contemplazione in­fusa, e sono quelli che spiegherà S. Giovanni della Croce lu. Il grande mistico spagnuolo, che più tardi parlerà tanto della fede nuda spoglia di consolazioni e di soavità sensibili, sembra veramente essersi anche in ciò ispirato al Taulero, che, a quanto pare, usò per il primo questi termini, e che dimostrò così bene-quale contemplazione soprannaturale e quale unione divina, si trovino in questa fede nuda 115.

"' Ct. Sermons de Tauler, la finale del 38° dell'edizione tedesca Vetter, 1910, p. 154, 6, in cai sì dice che i noi slamo tutti chiamati ad ima mi­sura riboccante. " Certo egli dice che non ogni uomo è obbligato ad abbandonar tutto (i consigli evangelici restano distinti dai precetti), ma, secondo lui, come secondo S. Tommaso, II-II, q. 181, a. 3, ogni uomo deve avere rinunziato a tutto in un grado qualunque, ed ognuno» secondo la sua condizione, deve tendere alla perfezione della carità e all'unione divina. Ciascuno preghi In questo senso, e se persevera sarà, esaudito. Vedasi anche il sermone 62.

111 Ct. Institutiones, e. v, vi, vii. In quest'ultimo passo, si dice ch& «l'anima, lasciando ogni occupazione esterna inutile, mediante l'abne­gazione della volontà propria e la vera umiltà troverà una certa quiete ed esperienza soprannaturale delle cose divine, che conduce alla piena perfezione, in cui si ha una veduta soprannaturale di tutte le cose,, mentre, se il giudizio 'proprio e la volontà propria n-on sono abbastanza •mortificati, l'uomo conserva sempre una grossolanità naturale e non merita d'essereilluminato e purificato nel fuoco dello Spirito Santo ». Item e. xxv:

« La principal causa per cui così pochi arrivano a questo stato così desi­derabile, è perché essi non perseverano nel chiedere questa grasia e perche hanno poca cura di estirpare i difetti e i vizi per giungere alla purezza del cuore e all'unione con. Dio. A quest'unione amante sono tuttavia ordinati come al loro fine tutti gli esercizi di pietà, come la meditazione,. le preghiere vocali, così come i digiuni e le veglie ». Item e. xxvin sillle ispirazioni dello Spirito Santo.    .          .   .         .

111 Of. Institutions, e. xxxv, citato a lungo dal Saudreau, Uwionà Dieu, III ediz., p. 218.

116 CI. Institutions, e. vili: «Nessuna vera perfezione consiste nelle-rivelazioni e nelle consolazioni... Le consolazioni sensibili. sono la parte dei principianti e dei deboli ; ma a poco a poco questi si avanzano e diventano più virtuosi e più termi; allora si trovano spogli Si consola-


•\                            

SINTESI E CONfEKMAZIONE             627

II Taulero non fu certamente quietista; può dir quel che vuole il Preger, ma non da lui attinse Luterò la sua dottrina contro le buone opere, ne quella della giu­stificazione mediante la sola fede. Egli conosceva be­nissimo S. Tommaso e spesso lo segue, ma certe idee dell'Eckart, sul fondo dell'anima, lo impressionarono molto. Nell'affermazione di queste idee, egli fu più prudente del suo Maestro, ed ebbe coscienza del pe­ricolo che lo minacciava, quindi insistette vivamente , sulla distinzione fra Dio e la creatura, per evitare ogni confusione pantelstica 116. L'opera sua conserva una grande originalità, e vi si sente costantemente la fiamma apostolica; lo studio recente del Sig. Horn-stein lo mette bene in rilievo e conferma i giudizi del Blosio e di Bossuet sull'ortodossia del' grande domenicano.

« Mentre maestro Eckart,' dice quest'autore 117, affrontò la mistica dal lato dell'intelligenza, e il Taulero dal lato della volontà, il susone l'affrontò dal lato del cuore... Del Susone si può dire che è un discepolo di S. Tommaso, e si può collocare fra i tornisti... benché egli abbia più d'una volta sacrifi­cato alle dottrine neo-platoniche » 118. Egli non vo­leva punto difendere le espressioni infelici dell'Ec-kart, ma sì la sua persona e le sue intenzioni. Anche nel B. Enrico invano si cercherebbe di rilevare tracce di quietismo. Vediamo brevemente quello ch'egli dice della questione che abbiamo per le mani.

Nel secolo xiv e nel xv, il suo Libro della Sapienza ,

sismi, e non hanno altro mezzo di salute ohe attaccarsi fortemente ad una fede tutta semplice e tutta nuda. È vero, il Signore in quel tempo non comunica loro alcun lume particolare, ma i allora ch'essi lo pos­seggono più abbondantemente. Ed è per questo che coloro i quali si stu­diano di mortificare e di spezzare coraggiosamente la loro volontà» propria, tanto nella prosperità come nell'avversità, mediante una, rassegnazione vera e sincera giungono con una fede sémplice, assai Più presto degli altri, al colmo della perfezione. » Questa fede nuda, detta così perché spoglia delle soavità sensibili, è unita al dono dell'in­telletto o anche a quello della sapienza, come la Fede di cui parlerà S. Giovanni della Croce. Nei Sermoni del Taulero si troverebbero pa­recchie pagine simili al capitolo 8 delle Institutions.

118 Gì. XAVlEK DB hornstein. Op. CÌt., P. 214.

"' Ibid., p. 288. "• IWd.


62S    PERFEZIONE CRISTIANA E .CONTEMPLAZIONE

Eterna era l'opera spirituale più letta in Germania119. Ivi egli domanda a Dio di .fargli conoscere la vera via della perfezione, ed ecco la risposta dell'Eterna Sapienza: « La dottrina più vera, più utile, più breve che tu possa trovare nella Scrittura e che con poche parole e con ogni verità t'insegnerà la perfezione d'una vita pura è questa: Tienti separato dagli uo­mini, conservati puro da ogni immaginazione, scio­gliti da tutto ciò che passa e da tutto ciò che po­trebbe attaccarti, inquietarti delle preoccupazioni del mondo, e in ogni tempo dirigi la tua mente verso una segreta contemplazione di Dio, tenendomi tutti i giorni davanti agli occhi come una mira da cui il tuo occhio non deve staccarsi. Per quello che riguarda le altre pratiche, come la povertà, i digiuni, le veglie ed ogni altra mortificazione, dirigile a questa meta come al loro fine, e non ne abbracciar molte se non in quanto che molte ti possano condurre alla meta. Così tu perverrai alla suprema perfezione, a cui non arriva un uomo fra migliala, perché essi ripongono il loro fine in altre pratiche e così vanno alla ventura per anni... Ti dico questo affinchè tu sappia ove devi arrivare, a che cosa devi tendere e ove devi dirigere il tuo cuore. Se tu sei distrattò da questa contemplazione, deve sembrarti che ti sia tolta la beatitudine eterna, e ti è necessario ritornarci subito a fine di ricuperare quello che hai perduto » 120-.

Infatti, « la vera perfezione consiste nell'unione delle potenze più elevate dell'anima con Colui che è il principio di ogni essere, per mezzo d'i un'alta contemplazione, alla quale l'uomo s'abbandona con un ardente amore e nel supremo godimento del sommo Bene, per quanto è ciò possibile alla debolezza del nostro corpo reso pesante... Quando l'uomo si è con­formato all'immagine di Gesù Cristo, viene trasfor­mato dallo Spirito di Dio... di chiarezza in chia­rezza... Perché quanto più spesso noi lo contem­pleremo con occhi pieni di desideri, e quanto più conformeremo la nostra vita alla sua, tanto più nobilmente altresì godremo, nell'eternità, della sua

beatitudine essenziale» 181.'                      '

"' Cf. (Buvres mystisues du B. Suso, tradotto dal P. thibiot, O. P., Parigi, Lecoflre, 1899, introduzione. "° Livre de la Sagesse éternelle, o. xxìl. '" Petit liwe des lettres, lettre X.


SINTESI' E CONFERMAZIONE             629

« Ma, gli dice nostro Signore, nessuno può arri­vare alla sublime contemplazione della Divinità, ne gustarne la soavità, senza essere passato per la contemplazione delle amarezze e degli abbassamenti della mia Umanità » 122. « Bisogna entrare per l'a­pertura del mio costato nel mio cuore ferito d'amore, bisogna che tu ci .entri, per abitarci sempre, per mo­rirci al mondo. Allora io ti purificherò coli'acqua viva, per mezzo del mio sangue ti darò la fiamma della carità e mi unirò a tè per sempre » 123.

Per giungere a questa perfezione bisogna vincere numerosi ostacoli, dice il Beato nel Sermone II, e ne enumera nove, quei medesimi che studierà più tardi S. Giovanni della Croce nella Salita del Carmelo trattando della purificazione attiva dei sensi, dell'im­maginazione, dell'intelletto o del giudizio proprio, della volontà propria, del desiderio delle rivelazioni o visioni. Ci vuole anche una grande umiltà, l'amore delle croci purificatrici (purificazioni passive) per arrivare alla perfetta purezza di cuore degli adora­tori in spirito e verità 12i. E quando l'anima sarà liberata dai desideri terreni, riceverà, tranquilla, la grazia della contemplazione e dell'unione divina 126. Questa grazia non è riservata solo ad alcune anime privilegiate; il Signore, dice il Beato, è come un povero viaggiatore che picchia a tutte le porte della strada, e quasi nessuna si apre per riceverlo: « Così vi sono molti chiamati alla divina contemplazione, ma vi sono pochi eletti » 126, e finalmente ve ne sono pochi che siano elevati ad essa, perché sono rimasti sordi alla chiamata divina.

Questa dottrina del B. Enrico Susone è identica a quella di S. Tommaso e a quella del Taulero. È sempre la gran voce della tradizione che si trasmette viva nella Chiesa.                :

È la medesima verità che nel secolo xv esprime il preziosissimo Dialogo di santa cat'ekina da sihna.

" Sagesse éternelle, e. il. 83 Ihid., o. xvin.

" Gt. Lettres XII et XIII, ed. Thiriot; XV et XVI, ed. Preger. Item Lime de la Sagesse éfernelle, o. sxin.

" Sagesse éternelle, o. xxiv, e Vie, e. iv, Sermon I. 21 Sagesse éternelle, e. vj.


630    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

A pag. 173-175 abbiamo già dimostrato l'alta idea ch'ella ci da della perfezione della carità. Per arri­varci, le dice l'Eterno Padre, bisogna passare per un ponte che unisce la terra al cielo e che è .nostro Signor Gesù Cristo, via, verità e vita: « Questo ponte ha tré scaloni, che corrispondono ai tré stati dell'a­nima. Il primo scalone sono i suoi piedi, che signifi­cano l'affetto. Perché come i piedi portano il corpo, così l'affetto porta l'anima. I piedi confitti ti sono scalone acciocché tu possa giungere al Costato, il quale ti manifesta il segreto del cuore. Perocché l'anima, salita sui piedi dell'affetto, comincia a gustare l'af­fetto del cuore, ponendo l'occhio dell'intelletto nel Cuore aperto del mio Figliuolo, dove trova consumato il mio ineffabile amore. Dico « consumato » perché egli non vi ama per propria utilità... Allora l'a­nima s'empie d'amore, vedendosi tanto amata... Dal secondo ella sale al terzo, cioè alla bocca piena di dolcezza, dove trova la pace dopo la grande guerra che prima aveva avuta per le colpe sue. Il primo grado la distacca dagli affetti della terra e la spoglia del vizio (via purgativa) ; il secondo (via illuminativa) la empie d'amore per la virtù; il terzo (via unitiva) le fa gustare la pace » (e. 26).'

Fin dal secondo grado, « il .quale ti manifesta il segreto del Cuore di Cristo », comincia la contem­plazione infusa, come dirà anche S. Giovanni della Croce, Notte oscura, 1. I, e. 14.

In questo medesimo Dialogo, e. 66, si dice: « So-.vente l'anima, nella sua ignoranza, si ostina a reci­tare a viva voce certe preghiere, quand'io la vi­sito, ora dandole un chiaro conoscimento di se stessa con una contrizione del delitto suo, ora facendole com­prendere la grandezza della mia carità... o la pre­senza della mia Verità ossia del mio dilettissimo Fi-.gliuolo... Ma subito che sente disporsi la mente per la mia visita nei diversi modi, come ti ho detto, ella deve abbandonare l'orazione vocale -per l'orazione mentale e non ripigliarla salvo che abbia tempo... Così colla perseveranza l'anima gusterà l'orazione vera e si nutrirà del sangue del mio diletto Figliuolo ».

« II diletto che ha colui che va per questa via, non sarebbe la lingua tua sufficiente a poterlo nar­rare, ne l'orecchio a poterlo udire, ne l'occhio a poterlo vedere, perché in questa vita gusta e par-


S.INTESI E CONFEEMAZIONE              631

tecipa di quel bene, che gli è apparecchiato nella

•vita durevole del cielo » (e. 28). D'opo le lacrime del-l'amor proprio, dopo quelle del timor servile, egli conoscerà quelle del puro amore (e. 89, 6). Il co­noscimento di sé crescerà con quello dell'infinita bontà, egli disprezzerà se stesso e riposerà in Dio (ibid.). — Questo «stato unitivo» è descritto nel capitolo 89 ed è totalmente distinto dalle visioni e rivelazioni (e. 70).

La contemplazione, d'onde risulta quest'unione, è veramente infusa, perché si dice: e. 61, 12: « Se i miei servi arrossiscono della loro imperfezione, se amano la virtù, se con un santo odio estirpano la radice dell'amor proprio spirituale che è in essi... allora essi mi saranno così graditi... ch'io mi ma­nifesterò loro ». — « Figliuola mia dolcissima, ti dico questo, per farti conoscere la perfezione dello stato unitivo in cui l'intelletto è rapito dal fuoco della mia carità la quale da il lume soprannaturale. L'anima mi ama con questo lume, perché l'amore segue l'in­telletto; quanto più ella conosce, tanto più ama, e quanto più ama, tanto più conosce. L'intelletto e l'amore si nutrono scambievolmente ».

Finalmente S. Caterina da Siena, come più tardi S. Teresa (cfr. p. 265, 409 ss.), dice che tutti sono invitati a bere alla fonte d'acqua viva; et. e. 53:

« La mia Verità vi ha tutti generalmente e partico-larmente chiamati, quando il mio Figliuolo, pieno d'un ardente desiderio, gridava nel tempio: Ohi ha /•sete. venga a me e beva (Joan., vii, 37), perché io sono la fonte d'acqua viva... Perché dice egli:

'Venite a me e bevete? Perché seguendo la sua dottrina, o per la via dei comandamenti e per l'a­more dei consigli, o per la pratica reale dei consigli .e' dei comandamenti,... voi troverete di che disse­tarvi, gustando il frutto del sangue per l'unione della natura divina alla natura umana. Trovandovi in lui, .voi vi troverete in me che sono l'oceano della pace... Così voi siete invitati alla fonte d'acqua viva della jgrazia... "Voi dovete perseverare, finche troviate me che vi do l'acqua viva ». — « Prima di tutto bisogna

•aver sete, si dice nel capitolo 54; non sono invitati se non quelli che hanno sete, poiché sta scritto:

Chi ha sete venga a me e beva. Chi non ha sete noli persevera nell'andare, perché o egli si rista


632    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

per fatica, o si rista per diletto,... e perciò volge il capo indietro quando vede giungere alcuna puntura di persecuzione... Il desiderio dell'anima gli da sete della virtù, del mio onore, della salute delle anime,... ella arriva al lume dell'intelletto e contempla l'a­more infinito, ch'io vi mostrai nel mio Figliuolo cro­cifisso. Allora essa trova il riposo e la pace,... si , riempie fino all'orlo della mia carità... Gusta l'acqua viva che si trova in me, oceano della pace ».

È la medesima dottrina ancora che si trova più tardi nelle lettere di un'altra grande mistica domenicana, S. caterina de' ricci 127. In un'estasi del 13 ot­tobre 1553, ella diceva in nome di nostro Signore:

« Io non do perle a quelli che non sanno apprezzarle, ma solo alle anime che le desiderano, e che pregano;

notte e giorno con lacrime... La via della perfezione da principio è stretta, ma quanto più vi si avanza per amore verso di me, tanto più è facile e dolce il camminarvi ».

S. vincenzo feebbbi dice altresì nel suo trattato De Vita spirituali, P. I, e. 3: « Dopo aver rigettato tutte le preoccupazioni che impediscono ai germi delle virtù di crescere, bisogna generosamente pra­ticare queste virtù, per arrivare a quella purezza di cuore, per la quale gli occhi interni s'aprono alla contemplazione divina,. che da il riposo e la pace ;

allora infatti l'uomo non gode di pensare se non a, ciò che è di D'io o per Lui ». — « Veglia sempre a possederti in questa pace e tranquillità del cuore »' (e. 4). « Così, quando l'uomo, rientra in sé, l'occhio della contemplazione s'apre... e il desiderio dei beni celesti si ravviva sempre più » (e. 6). — « Se per Cresù Cristo tu rinunzi alle cose inutili, non vi è dubbio che il Signore ti prepari nella sua dolcezza l'alimento della consolazione spirituale » (P. II, e. 5). — Non dobbiamo desiderare i favori straordinari, le visioni e le rivelazioni (ibid., e. 11), ma, dimen­ticando noi stessi dobbiamo pregare e supplicare Gesù Cristo perché egli venga e ci trasformi in Lui, perché, morti con Lui al mondo, noi risuscitiamo con Lui. « Bisogna che tu diffidi completamente di ^ tè

"' Vedasi la bellissima Vita di S. Caterina de' Ricci, scritta dal P. ba-tonne, O. P.                     .


SINTESI E CONPEKMAZIONE             633S

stesso e di tutti i tuoi beni... che ti converta tutto quanto a Cristo poverissimo, che t'appoggi sulle sue-broccia, e Gesù crocifisso vivrà nel tuo cuore e nel­l'anima tua; allora tuffo trasformato e trasfigurato^ tu lo sentirai nel tuo cuore; tu sarai morto al mondo-e risusciterai nella fede viva in cui il Signore ti concederà i doni dello Spirito Santo e la santa gioia-dell'unione divina»' (P. HI, e. 1). — L'anima deve sempre desiderare e domandare a Dio quest'unione-d'amore (ibid., e. 2). Finalmente fra le perfezioni necessario ai servì di Dio e agli apostoli, S. Vin­cenzo Ferreri enumera queste tré che suppongono ub alto grado di contemplazione: « ricordare continua­mente i benefìzi di Dio, pregare notte e giorno,... gustare (nella parte superiore dell'anima) la conso­lazione divina ». Questa infatti può sussistere in mezzo alle aridità del sentimento, e il santo dichiara. che Dio la da con liberalità a tutti quelli che si danno pienamente a Lui; cf. Tr. Consolatorius, e. 3, Se noi non arriviamo a questa contemplazione e all'unione che ne risulta, la colpa è della nostra ne­gligenza e della nostra pusillanimità. È la dottrina. corrente che si trova in parecchi altri autori do­menicani del secolo xv e xvi 128.

S. antonino, arcivescovo di Firenze, non paria di­versamente nella sua Somma Teologica, P. IV, :t. X, ad XVI, dove riproduce e svolge la dottrina di San Tommaso sui doni dello Spirito Santo in generale e' in particolare. Se ne può facilmente render conto chi consulti l'indice assai completo di questa Somma alle parole « sapienti» »,« contemplatio », « caritas», ecc>

' i,                                                                                      a

II Venerabile luigi di granata, che trattò so­prattutto della vita ascetica, notò spesso che questa.. è ordinata alla contemplazione e all'unione mistica.

laa Qi_ p battista da obema, O. P., Della cognizione e vittoria di se stesso, 1. I, o. xix, e marco cattaneo, O. P., arcivescovo di Eocli, Della vera Perfezione, e. xxil-xxix. In quest'opera, che è della metà del secolo xvi. Marco Cattaneo, dice che bisogna passare per le tenebre-divine (e. xxvm-xxix) per arrivare alla sommità della teologia mistica (sperimentale), con la quale, egli dice (e. xxn), s'identifica la vera. santità ossia la piena perfezione della vita cristiana. Il medesimo au­tore (e. xxxv-xxxvi) espone tra gli effetti meravigliosi del perfetto amore di Dio quelli ohe sono propriamente mistici: «la ferita d'amore, l'ebbrezza spirituale, l'estasi e la trasformazione ».


•C34    PERFEZIONE CEISTIAMA E CONTEMPLAZIONE

Ciò si può vedere da.. .guanto egli scrisse nel suo trattato della 'Divozione, e. I, § 2: « La perfetta orar

•zione è la contemplazione che viene dallo Spirito

•Santo, sapienza saporosa che, coll'amor di Dio, ci unisce a Lui santamente; questa beata unione è il .fine di tutta la vita spirituale,... è la perla preziosa

•di cui si parla nel Vangelo. per la quale si devei dar tutto allegramente ». —, Per arrivare a questa meta, il- Granata, là dove tratta del tempo da darsi .all'orazione 12S, dice che bisogna .consacrarle un'ora e mezzo o due ore, salvochè non si faccia dopo la recita dell'ufficio divino, o dopo la santa messa, .quando già il cuore è disposto ad unirsi a Dio.

Nell'Introduzione del Breve Trattato dell'Orazione, volendo descrivere la perfezione di questa, egli de­scrive l'orazione infusa. « Ivi l'anima, dice egli, ode la voce dello Sposo, perché, come scrisse S. Bona-ventura, Dio essendo in lei, ella riceve l'unzione della .grazia, poi viene elevata in spirito, elevata contem'pla, ' contemplando ama, amando gusta, e gustando riposa m Dio. L'orazione (perfetta) è così una pasqua del­l'anima, un bacio di pace, un sabato spirituale... Essa è il rimedio per gl'infermi, la gioia per gli af­flitti, la forza per i deboli, la ricompensa dei giusti...

•JS la porta regia per entrare nel Cuore di Dio, e contiene le primizie della gloria. È una manna piena

•di soavità; è come la scala veduta da Giacobbe per

•sollevarsi dalla terra al cielo. Di quest'orazione vo­gliamo trattare noi ».

Che si tratti veramente dell'orazione infusa, si vede meglio ancora da quanto segue, ibid., § 2:

« Nell'orazione l'uomo è spiritualmente trasfigurato... .in essa egli riceve l'ispirazione dello Spirito Santo....' :" .e quanto più 'si unisce a Lui, tanto più egli parfe-•':. •cipa del suo lume, e tanto più diventa perfetto e si­mile a Dio... Se noi non vi opponessimo ostacolo, .riceveremmo assai di più, come da un focolare di luce e di calore si riceve in proporzione che uno :gli si accosta; onde nel Salmo xxxm si dice: Av­vicinatevi a Dio, e riceverete il .suo lume».

È a questa contemplazione infusa desiderabilissima

•che dispone la meditazione unita alla .mortifica»-' "-zione inferiore ed esteriore; il Granata, lo dice spesso:

189 Ot. Dell'Orazione e della consideraaioiw, P. I, e. S3X.


SINTESI E. CONFERMAZIONE              638

cf. D'ella Divozione, e. i; v, .§ 17-19; ix, § 7; (!e?-l'Orazione e della Considerazione, I8' P., e. xn, § 8;

Memoriale, tr. 7, e. li, in, § 1, iv, § 1. Il Granata ebbe anche a soffrire per queste idee, come parecchi .spirituali del suo tempo; S. Giovanni .della Croce e perfino S. Ignazio furono accusati d'illuminismo 130.

Il B. babtolomeo db MARTruiBus, arcivescovo di Braganza, scrisse nel medesimo tempo il suo Coinpendium mysticae doctrinae. Dopo aver trattato brevemente dei fondamenti della vita spirituale, di­chiara (e. x) che insegnerà « come s'arriva alla vera contemplazione e all'amore unitivo ». Dimostra l'in-oomparabile eccellenza di questa grazia, che pure è offerta a tutti e necessaria per arrivare alla piena perfezione, specialmente per essere buon teologo e buon direttore spirituale (e. xn). «Quando l'anima nostra, dice egli' (e. x, § 1), ottiene questo dono, questa sapienza o teologia mistica (sperimentale),...

menendez peiayo, Eistoria de los ìteterodoxos espaUoles, Madrid, 1880, t. II, p. 521-529 ; Scripta de S. Ignatio, p. 313.

Il P. Colunga, domenicano, in alcuni articoli interessanti della Oienda fomzsta (maggio, luglio, novembre 1914), espose gli attacchi ingiusti di certi teologi come Melchior Cano contro i migliori spirituali o mistici di quel tempo ohe parecchi volevano confondere cogli illuminati. È il tempo in cui Melohlor Cano dichiarò del tutto condannabile 11 Com-wiento sul Catechismo cristiano composto da un altro domenicano, oar-ba.nza., arcivescovo di Toledo, ohe ebbe singolarmente a soffrire di (mesti attacchi. Melchior Cano condannava la pretensione d'istruire i semplici fedeli nelle cose della fede, e non voleva neppure che loro si facesse conoscere la materia e la torma dei sacramenti. Domenico Soto, O. P., fu più giusto per il Oarranza, ma gli fece tuttavia delle critiche che denotano una reale prevenzione contro le tendenze mistiche. Pietro Soto invece era favorevole agli spirituali. Era il tempo in cui l'inquisi­zione spagnuola, diretta allora dall'arcivescovo di [ Siviglla, Valdes, amico del Oano, condannò 11 libro del Carranza. Il catalogo dei libri proibiti da Valdes nel 1559 condannava anche gli Avvisi e Regole, cri­stiane del B.. Giovanni d'Avila, e le opere del Granata: Guida dei pecca­tori, Trattato dell'orazione. Il Oano giudicava condannabile 11 Granata per aver preteso che tutti i fedeli, se praticano la mortificazione e sono docili allo Spirito Santo, possono ottenere il dono della contemplazione e giungere alla perfezione cristiana. II Granata appellò da questa con­danna al Concilio Tridentino e ottenne da esso e dal Papa Pio IV l'ap­provazione del suo Trattato dell'orazione. Venivano ancora proibite le opere di Dionigi Certosino e le Istituzioni del Taulero. S. Teresa fa allusione a queste lotte e parla dei nemici della contemplazione nel Cammino, o. yxx.


636    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

viene rischiarata dal lume dell'eterna verità, la sua fede è resa più certa, la sua speranza è rassodata, la sua carità infiammata... Ella ha così una maggiore-intelligenza del mistero della Deità di molti dottori eruditissimi che non sono ancora ammessi in questo santuario interiore del Ee eterno, ne illuminati da, questa luce di grazia. Non fa maraviglia che il Si­gnore sia solito operare magnificamente (magnifice soleat operar!) in quelli che si sono liberamente e pienamente dati a Lui, e che per conseguenza Gli sono carissimi ». — « Vi sono molte cose che tu ignori, egli dice (e. 26), se non sei passato dalla teo­logia speculativa alla teologia affettiva, dalla scienza alla sapienza,... che da una cognizione sperimentala di Dio. Perciò, come dice il G-ersone, conviene che i teologi scolastici leggano spesso i libri di teologia mistica; questa lettura fa nascere l'amore delle cose spirituali e il desiderio di sperimentarle. Infatti la parola di Dio è di fuoco, ignitum eloquium, e sono quelli che arrivano alla contemplazione che .possono dirsi a buon diritto perfetti teologi, come io furono S. Tommaso, S. Bonaventura e quelli di cui si ce­lebrano i meriti ».

La via che conduce alla contemplazione mistica e all'amore unitivo è la sincera umiltà, e la conformità alla volontà di Dio; cf. e. x, § 2: « All'esercizio della mortificazione e della rassegnazione l'anima deve ag­giungere frequenti aspirazioni e preghiere, l'espres­sione del suo vivo desiderio di Dio, ecco il cammino. per il quale arriverà prestissimo (citissime) alla teo­logia mistica e all'unione divina».

.Questa grazia non è rifiutata a nessuno di quelli che amano veramente Iddio e lo cercano con ogni diligenza; cf. e. 24, § 4: « Quanto aliquis ardentius Deum amat, tanto plenius Wlectus revelatur, et quanto dilectio est ardentior, tantum divinorum co-gnitio est profundior et magis. perspicua... Si quis diligenter a delectatione esteriori distrahitur, mox necessario degustare incipit aliquid aeternae dulce-dinis... Quantus autem hic gustus sit, nec is, cui gustare datum est, satis potest esprimere: sola enim noscitur experientia: — Quanto più l'anima ama Dio, tanto più Dio si rivela a lei... Se si rinunzia gene­rosamente al piacere esterno, si comincerà presto a gustare qualcosa dell'eterna dolcezza... Qual è


SINTESI E CONFERMAZIONE            637

questo gusto ? Anche colui al quale fu dato di gu­starlo, non lo può esprimere come conviene, solo l'e­sperienza può insegnarlo ».

Si dice ancora al capitolo 26: «.Quelli che con diligenza si esercitano nelle cose spirituali' sono progressivamente elevati ai diversi gradi della con­templazione. Per arrivare a tal punto bisogna lavo­rare con perseveranza. Persevera dunque, sopporta la prova che Dio ti manda, e la tua speranza non sarà delusa ». Itera e. 27: « Seguiamo dunque questa strada: l'anima pura serva a D,io con pura divozione, servendolo così Assiduamente lo gusti, gustandolo provi quant'egli è dolce, quam suavis est Diominus, ed essa finalmente, ebbra d'amore, non viva se non per •contemplarlo, desiderarlo,... unirsi a Lui,... ripetendo le parole del Cantico: Tenui eum nec dimittam: Io lo posseggo e non lo perderò più ».

Perciò il B. Bartolomeo de Martyribus protesta contro l'abuso dei metodi e l'uso eccessivo delle con­siderazioni a scapito degli affetti che conducono più prontamente all'unione con Dio; cf. e. 20: « Si di­venta così più sottili e curiosi che divoti e virtuosi;

si pensa d'aver fatto abbastanza se siasi scoperta una considerazione nuova, quand'anche per questa non s'arrivi alla vera unione... La meditazione non è utile se non per suscitare e mantenere il fuoco del-l'amor divino »..

giovanni di S. tommaso, nel suo luminoso trat­tato De Donìs Spiritus Sancii, in I-II, q. 68, di­mostra come i doni dello Spirito Santo sono concessi a tutti i cristiani nel battesimo, affinchè essi pos­sano praticare perfettamente le virtù ed entrare nel­l'intimità di Dio: «.Quelli che praticano solo le virtù comuni, dice egli, differiscono da quelli che sono condotti dai doni dello Spirito Santo, come l'uc­cello che cammina per terra differisce da quello che vola, sostenuto dal soffio del vento » (In I-II, q. 68, disp. 18, a. 1). — « I doni perfezionano le virtù, loro aggiungono un lustro, uno splendore nuovo, loro permettono d'arrivare più in alto: così la fede sola ci lascia nell'oscurità, e gli uomini che non hanno altra contemplazione che quella che procede dalla sola fede non possono perseverare molto nel fervore; per essere contemplativi e penetrare i misteri della fede,


638    PEEFEZIONB CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

ci vuole'•il dono dell'intelletto » (ibid., § 12). — « L'anima purificata dal battesimo riceve dallo Spi­rito Santo disceso in lei una certa intelligenza delle cose celesti, come se il cielo s'aprisse per lasciarle vedere la gloria di Dio. È un segno che il cielo s'apre e che lo Spirito Santo ci illumina, quando riceviamo con una santa gioia qualche intelligenza della gloria di Dio (valde delectari et inteìligere aliqua de gloria Dei). D'onde segue essere necessario che l'anima esca dall'oscurità della semplice fede e che essa corra verso Dio sotto l'illuminazione dei doni dello Spirito Santo, per i quali, come rivestita d'oro, ella conosce. i diversi sentimenti spirituali e riceve l'intelligenza delle cose divine... Allora essa è ele­vata alla luminosa contemplazione della grandezza dei misteri e della loro credibilità, nella fiamma del­l'amore, et m splendore ignis flammantis in nocte, come dice Isaia, in. L'anima che desidera la perfe- . zione deve, adunque desiderare di conoscere Dio pre­sente in lei, non solo per la fede, ma anche alla luce dei doni dello Spirito Santo: deve desiderare che spesso le sia data quella cognizione che si compie nell'amore » (ibid., § 13-14). « Per il dono dell'in­telletto lo spirito è reso più sottile, più penetrante, per camminare nella luce, anche quando si trova nelle tenebre della Deità. Così esso entra nel do­minio di Dio, intrat in potentias Domini, e, contem­plando la gloria del Signore, esso è trasformato e condotto di virtù in virtù dallo Spirito Santo » (ibid., a. 3, § 22).

Appunto perché la contemplazione è necessaria alla piena perfezione della vita cristiana, Giovanni di San Tommaso ne tratta nel suo Catechismo (Comp. de la Doctrina cristiana, P. 2a, e. 12, § 1), dov'egli dice che per mezzo di essa l'anima è rassodata nella virtù, unita a Dio, e spiritualmente trasformata per l'esperienza delle cose divine.

Il vallgoknera. compose poco dopo, riunendo una gran quantità di testi del Dottar Angelico, la My-stica Theologia D. Thomae, in cui trascrisse quello che aveva detto Giovanni di S. Tommaso sui doni, e in cui molto sovente copiò altresì il carmelitano Fi­lippo della S. Trinità. Benché abbia insistito oltre misura nella contemplazione detta acquisita e abbia


SINTESI E OONPEEMAZIONE            639'

presentato argomenti, assai deboli per distinguerla dall'infusa, egli conservò però la dottrina tradizio­nale. E dice, iblei., q. 4, d. 3, a. 1: « Quegli è per­fetto il quale ha la vera sapienza. È la dottrina di S. Tommaso fondata su queste parole di S. Paolo,. I Cor., n: Sapientiam autem loquimur inter perfe-ctos... Ai perfetti conviene parlare non più sola­mente degli elementi della sapienza cristiana, ma. delle cose profonde e nascoste della perfezione e della. santità ». — Sostiene con ardore che la contempla­zione soprannaturale o infusa viene offerta a tutte-le anime generose, umili, mortificate, e docili allo. Spirito Santo. Dice che tutti dobbiamo, desiderarla,. che si può meritarla saltem de congrua, almeno con, un merito di convenienza (cf. ibid., q. 3, d. 3, a. 6),. .e'eh'essa è ordinariamente concessa ai perfetti.

Si legge, ibid., q. 3, d. 3, a. 3, n. 604-608: « De-bent omnes ad supernaturalem contemplationem aspi­rare... Finem habet intimam animae cum Beo summe dilecto unionem fruitivam; subj'ectum habet intelìectum faominis Spiritus Sancti donis illustratum, et ipsa propter se diligetur, cum sit actus vitae perfectis-simus, sibique sufficientissimus... Expedit ad per-fectisaimam humilitatem, ad perfectissimam mansue-tudinem et ad reliquas virtutes in perfectissimo grada canari. Cur non expediat ad perfectissimam orationem contendere ?... Expedit etiam magnani sanctitatem, summis precibus efflagitare ad gloriam Dei, ut ei magis ac magis placeamus... ergo et divinam con­templationem... S. Thomas agendo de praesumptione^ II-II, q. 130, a. 1, ad 1, dicit: 'Vitiosum esset et praesumptuosum quod aliquis in statu imperfectaea virtutis existens, attentaret statim ossequi ea qua& sunt perfectae virtutis. Sed si quis ad hoc tendat, ut proficiat in virtutem perfectam, hoc non est prae­sumptuosum... Et sic nihil utilius contem.plationff supernaturali; quamvis enim qui vacant activae vitae, multis aliis prosmt, multo tamen magis prosunt qui vacant contemplationi, ex cujus abundantia, cum ali-quando proximorum saluti vacant, plus unico suadent verbo heroicae vitae conjuncto, quam alii multis con"•'. cionibus ». Perciò S. Tommaso disse, dopo i Padriy che la predicazione della parola di Dio deve pro­cedere « ex plenitudine contemplationis ».

Il Vallgornera dice ancora, ibid., q. 4, d. 1, a. 12:


<640    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

« Debent omnes, et maxime Dea specialiter conse-

•eratae animae, ad actualem fruitivam unionem cum. Deo aspirare et tendere... Ideo necesse est quod anima, «et specialiter Deo consecrata, quae perfectionis viam, Deo excitante et adjuvante, fuit ingressa, non. sistat ili via purgativa... nec sedeat m via illuminativa..., sed con.ven.iens, imo necessarium est ut pergat ulterius,

•totamque viam, etiam unitivam, percurrat, ut tandem

•ad suavitatem montis conscensa, Deoque intime unita... /beatitudine inchoata fruatur. Non enim potest anima

•alibi quiescere, alibi satiari, quam in hac perfecta sui cum Deo unione. Ad illam Deus animam saepius invitat: unde ait per Isaiam, e. 55: Omnes sitientes,

•venite ad aquas...

« Ut anima debite ad Deum tendat, et ut ei intime uniatur, non debet statina, temere ad dulces ejus am-

•plexus et ad oris osculum aspirare; sed prius velut .humilis andila ad pedum osculum in via purgativa

•accedat, Magdalenam imitata; deinde velut filia di-lecta ad osculum manuum properet in via illumina­tiva; et denique velut sponsa dilectissima ad sacrum .

•oris osculum fìdenter in via unitiva consurgat: sic

•enim ipso Domino admittente tara arcte cum eo con-jungetur, quod erit unus cum ipso spiritus ». N. 927 e 932.

H B. fbancbsòo db possadas, O. P., Carta del Espose Cristo § xii e xx, parla nello stesso modo.

In Francia, nel secolo xvn, uno. dei grandi avver­sar! del quietismo, il massouliè, O. P., scrisse

•contro quest'errore il suo Trattato dell'Amar di 'Dio

•e quello D'ella Vera Orazione. In quest'ultimo trat­tato, in cui egli si preoccupa specialmente dell'er­rore da combattere, alcune espressioni dei primi ca­pitoli potrebbero far credere ch'egli consideri la con­templazione infusa come propriamente straordinaria o fuori della via normale della santità; ma il senso di queste espressioni si precisa negli ultimi capitoli

•dell'opera, in cui si parla dell'orazione di quiete,

•come gli autori che abbiamo citati. Inoltre il Mas-soulié compose anche il manuale assai noto Medita­zioni di S. Tommaso, in cui, trattando della via unitiva, spiega i dieci gradi dell'amore enumerati . da S. Bernardo (cf. sopra, p. 616), secondo il com-


SINTESI E CONKEEMAZIONE             641

mento contenuto nell'opuscolo 61° attribuito a San Tommaso. Ora questi gradi dell'amor divino, che il Massoulié considera come la via normale dell'alta . perfezione, sono manifestamente d'ordine mistico, spe­cialmente i più elevati: ivi l'anima aspira al possesso di Dio, è infiammata d'amore, sopporta infaticabil­mente le grandi prove inferiori, e finalmente è tras­formata per così dire in Dio che la vivifica. S. Gio­vanni della Croce spiegò questi medesimi dieci gradi dell'amore nella Notte oscura, 1. II, e. 18-20, e nel nono dimostra l'unione trasformante, preludio di quella del cielo.

Il P. piny, nel medesimo tempo, scrisse La più perfetta delle vie inferiori 131, 1683, libro piccolo di mole ma lodatissimo dal P. Natale Alessandro, e al quale si ispirò evidentemente nel secolo xvm il P. de Caussade che trattò il medesimo argomento. Ivi egli insegna che la via più perfetta, quella che maggiormente glorifica Iddio, è la via del completo abbandono alla Provvidenza, in tutte le circostanze per cui ci fa passare. Ora questa via dispone alla contemplazione infusa o passiva, e non si può nep­pure seguirla perfettamente, se già non si è rice­vuto quel dono della contemplazione che, in tutti gli avvenimenti, anche i più penosi e impreveduti, ci fa vedere i disegni di Dio. Onde la medesima operetta, e. xv, fa vedere che il vero « spirito d'orazione » conduce ad un'unione a Dio pressoché continua; la qual cosa suppone un influsso speciale dei doni, nel quale il loro modo sovrumano è già abbastanza ma­nifesto. E, ibid., e. xix, si dice che « questa via conviene ad ogni sorta di persone e che Dio ci chiama tutti ad entrarvi ». E infatti la fedeltà alla grazia del momento, specialmente nella prova, ora a tutti si dice: « Se alcuno vuoi seguirmi, rinunzi a se stesso e porti tutti i giorni la sua croce ».

Il Padre Piny, nel suo libro la Presenza di Dio, P. II, e. 31, dice ancora: « JSTon vi è disposizione intcriore migliore, più vantaggiosa, più consolante' e più santificante di quella specie di presenza d'u-

"' Tradotto in italiano col titolo nil Più Perfetto, ossia tra le vie intcriori la più glorificante per Dio e la più santificante per l'anima ». 'mabietti, Torino.

^1 — Perfezione e Contemplasione.


642    PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

mone per adesione, per consenso e per abbandono alla. divina volontà... Per quanto santa e salutare sia. questa presenza di Dio, non ve n'è altra più facile ad ottenere. Infatti che cosa ci vuole per averla? Lasciar fare a Dio con un'amorosa adesione, con un abbandono, con un consentimento tranquillo: Tré volte felice colui ohe possiede questa sorta di pre­sema in tutti i cinque gradi che si possono e si devono avere per possederla con perfezione. Infatti per il primo grado, quello che vi ci prepara, siamo già nel numero di quei cuori buoni, di quelle anime generose, che vogliono essere di Dio, tutte di Dio, a qualunque costo... Per il secondo, quello che ci sta­bilisce in questa presenza d'unione, noi abbiamo il vantaggio d'essere in Dio e d'aver Dio in noi per­ii vìncolo della più pura carità... Per il terzo grado, quello che ci rassoda, noi entriamo in quest'unione con Dio in un modo anche più intimo, mediante la, costanza e la fermezza che noi adoperiamo nell'a-derire e nel rimanere uniti alla sua volontà, perfino-sotto. lo strettoio crocifiggente ma santificante della Croce. Per il quarto grado... l'anima è già in una pace continua, pace senza turbamento nella soffe- i renza. e senza fretta nell'azione. Finalmente per il quinto grado... noi entriamo nell'oblio completo e nell''abnegazione totale di noi stessi, per modo che. non vi è più nulla in noi che regni, salvo Dio sola e la sua volontà sola. Così noi possiamo cominciare sopra la terra quello che speriamo di continuare eter­namente in cielo ». Tal è manifestamente la perfe­zione delle virtù teologali e della docilità allo Spi­rito Santo; in modo speciale si vede in questo stato l'eccellenza del dono della sapienza, che risponde alla beatitudine dei pacifici, perche, facendoci vedere tutto in Dio, esso è il principio di quella pace quasi inalterabile, di cui si è ora parlato 132.

Bisogna ancora citare il libro profondissimo d'un vero mistico, poco noto fuori dell'Ordine di S. Dome­nico, la Croce di Gesù del P. luigi chabdon (1646). Con una penetrazione a volte paragonabile a quella di S. Giovanni della Croce, egli tratta dei segreti

131 II P. No?l, O. P., ha puTrtilioato recentemente una nuova edizione delle principali opere del P. Piny, e 11 'P. Nivoli, O. P., la traduzione delle medesime. mabietti, Torino.


SINTESI E CONFERMAZIONE            643

della vita mistica, dell'influsso profondo dello Spirito Santo nell'anima che passa per il crogiolo spirituale, e introduce l'anima nel mistero della Croce, mistero dell'amore crocifiggente e riparatore. Nelle prime pagine, l'autore osserva che questa dottrina è utile a tutti, e che le anime diventando generose desi­derano un'unione a Dio sempre più intima, nota solo a colui che l'ha sperimentata 133. Esse, dice egli 13i, desiderano le acque vive dell'orazione, le quali sole possono spegnere la loro sete. Quando Iddio infonde il suo amore nei nostri cuori, non è perché esso vi resti ozioso, ma perche sotto il suo influsso l'anima nostra si sollevi fino alla stessa sorgente della gra­zia 135. « Per solito, dice egli, Dio si comunica alla sua creatura nella misura delle sue disposizioni;

quanto più queste sono pure, tanto più le Persone divine si rendono intimamente presenti nell'anima... Quelli a cui lo Spirito Santo si comunica (e sono tutti quelli che non resistono alle sue adorabili co­municazioni) sono santificati dalla sua azione e ri­cevono da Lui una vita non solo soprannaturale, ma sovreminente e mistica » 136. Ma, è detto più avanti 137, benché Dio non sia avaro delle sue con­solazioni e le spanda con abbondanza nel cuore de' suoi amici, tuttavia egli non le concede sempre; ma alle volte si compiace di ritirarle per provare la nostra costanza, per far praticare certe virtù, e ren­dere la nostra umiltà più meritoria, mostrandoci, nella privazione, il bisogno che abbiamo della grazia, senza la quale non possiamo crescere nella carità.

Potremmo citare qui, come pienamente conforme a questa dottrina, quella del B. grignion di mont-poet, terziario di S. Domenico, tanto più che l'idea da lui esposta nel suo mirabile trattato della 'Vera divozione alla S. Vergine gli era stata ispirata dai primi figli del Sig. Olier, che l'aveva ricevuta egli stesso dalla Ven. Madre Agnese, Priora delle Dome-

"' La Oroix de Jésus del P. luigi chabdon, 1.1, p. 13: ex.

"• IM., 1 entr., e. il, p. 24, 25.

Ibid., e. xix, p. 236.       .

"' Itlid.. t. II, 3 ente., o. vi, p. 290: » Come le missioni invisibili delle persone divine sono principii delle operazioni mistiche nelle anime che progrediscono nella grazia. >

"' IM., t. II, e. xvi, p. 378.


644    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

nicane di Langeac. Abbiamo già citato, p. 578-582, i passi più caratteristici di questo trattato, relativi alla presente questione.

Converrebbe aggiungere la testimonianza conte­nuta nelle lettere di parecchi santi e beati o beate dell'Ordine di S. Domenico 138, molti dei quali furono favoriti delle stimate 139; essi identificano general­mente la piena perfezione cristiana ossia la vita unitiva con la vita mistica caratterizzata dal predo­minio del modo sovrumano dei doni dello Spirito Santo.

In questi ultimi anni, siffatta dottrina si è venuta sempre ' più affermando negli scritti spirituali di parecchi autori domenicani.

Il P. meynard, nel suo Trattato della vita infe­riore, 1885, sotto l'influsso di alcuni autori del se­colo xvin e del xix, chiama, è vero, « straordinaria » la contemplazione infusa; ma quando si domanda se essa può desiderarsi, risponde, dopo aver condannato il desiderio affatto diverso delle visioni, delle estasi e delle stimate: «Gli autori paiono divisi: gli uni, e sono il maggior numero, crediamo noi, fondandosi sulla dottrina di S. Tommaso, affermano che questo desiderio è legìttimissimo ; altri ci veggono della pre­sunzione. Questa divergenza d'opinione è più appa­rente che reale. Quelli che affermano la legittimità di questo desiderio considerano la questione in se stessa, e non hanno di mira se non i beni infinita­mente preziosi della contemplazione; quelli dell'opi­nione opposta, unicamente preoccupati dei pericoli delle grazie eccezionali, dicono che l'orgoglio e la vana compiacenza s'insinuano facilmente nelle al­tezze della contemplazione. Se gli autori che affer­mano la legittimità di questo desiderio aggiungono ch'esso dev'essere umile, moderato, sottomesso al­l'ubbidienza, accompagnato dalla pratica delle virtù solide ed anche delle virtù eroiche, noi li crediamo nel vero; queste restrizioni infatti bastano per al­lontanare i pericoli volontari che sono i soli vera­mente da temere » 140. Bisogna aggiungere che nulla

"' Ct. Année Domiwteaine, e Les Bienheure'ases domvmcaines par M. O. de Ganay.

"• Ct. l'opera del Dott. Imbert sulla Stunatizzazione. "» Tratte de la Vie intérieure, 1885, .t. II, h. 75, p: 131.


SINTESI E CONPEEMAZIONE             645

può insegnarci l'umiltà meglio della contemplazione infusa, poiché più di qualunque cognizione essa ci

'manifesta l'infinita grandezza di Dio e per contrasto il nostro nulla e la nostra miseria; è la contempla­zione che nella notte dello spirito purifica l'anima dai resti di amor proprio e di orgoglio che impe­discono l'unione con Dio lé1.

Il P. weiss, nella sua Apologià del cristianesimo, 1. IX, e. v, n. 6, scrive: « La mistica è per tutti i cristiani ferventi... Non vi è condizione, stato, occupazione, che a qualcuno permetta di dire che la mistica non lo riguarda... Essa è necessaria alla piena perfezione della vita cristiana ». Del resto la medesima opera sostiene, con S. Tommaso, trat-

'tando della perfezione della carità, che tutti devono attendervi. Si vedano anche le opere del Padre feiaque 142, del P. frojet lts e del P.. cleeis-sac m.

Concludiamo col P. sohwalm ltó che nel 1905 così rammentava « l'unanimità d'una tradizione »:

« S. Tommaso d'Aquino non, classifica mai la con­templazione fra le grazie straordinarie. Fare dei miracoli, profetizzare, discernere lo Spirito di Dio o il cattivo spirito nei cuori... tali sono le grazie che il Dottore Angelico segnala come fuori delle vie comuni. Esse non segnano tappe nel cammino dei giusti e dei perfetti, neppure le tappe supreme... Sono grazie d'utilità pubblica, segni miracolosi d'un gran disegno di Dio. La contemplazione invece rientra nello sviluppo normale della virtù e della perfezione cristiana... Senza dubbio non è lo stato universale delle anime in grazia con Dio, ma è la vetta a cui le avvia l'esercizio delle virtù morali; è il tranquillo possesso della verità da prima assimilata e sco­perta a passo a passo nella meditazione; è l'effetto dell'amor divino trionfante d'ogni affetto inferiore;

è la causa de' suoi migliori progressi; è una pre­ghiera dei proficienti e dei perfetti. Tali sono i con-

141 Cf. S. giovanni della ckocb, Notte, I, II. "' Traile du Sccint-Esprit. Tratte de l'Oraison jwsulatoire. "' L'habitatwn du Saint-Esprit dans les àmes, cap. sulle beatitudini. 111 Le Mystére de l'Eglise.

145 prefazione a La vie d'union A Dieu, del P. FaucUIon, O. P., pa­gina xxxin ss.


C46    PEBFEZIONE OBISTIANA .~E CONTEMPLAZIONE

cetti che S. Tommaso svolge nel suo trattato spe­ciale della vita contemplativa. Essi paiono decisivi per dirimere la questione di sapere se la contempla­zione è uno stato straordinario... Quello che sarebbe anormale in semplici principianti non lo è più per anime esercitate, mortificate, purificate, già in via di perfezione. Perciò possiamo dire che nel corso d'una vita sacerdotale, religiosa o s empii cemento-laica — purché sia fervente e inferiore — Dio per solito non rifiuta il dono della contemplazione... I mistici domenicani sono unanimi nell'eccitar'e il de­siderio di questa grazia. Non è in essi una semplice tradizione d'Ordine o di Scuola, ma una dottrina che essi condividono con S. Bonaventura, S. Bernardo, Eiccardo e Ugo di S. Vittore, Gassiano e S. Gregorio Magno... Il Taulero, il Susone, S. Caterina da Siena, ne sviluppano assai le conseguenze pratiche... Il Taulero indica con prudenza i segni della vera chia­mata a questa forma d'orazione; ne deduce una triplice regola di condotta che S. Giovanni della Croce, teologo di niente chiarissima, e di formazione veramente tomista, illustrerà in sommo grado. Tutti questi apostoli del misticismo, e della parte più si­cura, considerano come una gioia e si fanno un do­vere di attirarvi le anime ferventi, in via di perfe­zione ».

Il P. Schwalm continua: « Questi concetti così fondati in dottrina, così garantiti ad un tempo dalla scienza acquisita e dall'esperienza soprannaturale dei Dottori e dei Padri, sono forse diventati di un'arditezza che turbi, d'una novità sospetta per certi direttori in pieno secolo xix-? Come hanno essi influito su non pochi discepoli stessi di S. Tommaso e su molti fa­miliari della mistica domenicana?

« II fatto è che cominciando dal secolo xvi, l'es­clusivismo del Eodriguez in favore della meditazione, e nel secolo xvn, il misticismo abusivo o malsano di Molinos, di Malaval, della Sig. Guyon, determina­rono una reazione ristretta e timorata; non pochi direttori o scrittori ascetici si sforzarono di clas­sificare la contemplazione come uno stato straordi­nario. Allora venne il divieto di aspirarvi: l'umiltà e la prudenza la sconsigliavano.

« E nondimeno S. Teresa, S. Giovanni Battista de la Salle, il .Suarez, protestarono contro l'eecesso della


SINTESI E CONFERMAZIONE              647

nuova reazione. Nonostante questi saggi richiami, la reazione durò ugualmente contro ogni misticismo in un gran numero di direttori. Solo verso la fine del secolo xix l'insufficienza dell'esclusivismo del Eo-driguez ricondusse sempre più gli uomini senza par­tito allo studio dei Maestri e alla ripresa delle sane tradizioni; cfr. Saudreau, La Vie d'union a Dien,

CC. Vili, IX, X » .

Queste medesime idee furono poi svolte dal Padre oardeil 146, soprattutto dal P. aeinteeo lì7, dagli scrittori della Vie Spirititene us e recentemente dal P. G-brest, nel Momento de la Vie spirituelle, in -cui espone i concetti secondo i quali egli ha testé rifuso il Trattato della vita intcriore del P. Meynard, Così si ritorna sempre meglio alla dottrina fondamen­tale della dottrina spirituale domenicana. '

Mistica francescana: Dottrina di 8. Bonaventura.

Dovendo forzatamente restringerci, per dare una. .giusta idea della dottrina spirituale francescana, qui . non possiamo far altro che riassumere la dottrina di ,S. Bonaventura; e lo faremo valendoci d'un lavoro recente, assai coscienzioso e d'una lettura piacevole

•ed edificante, che comparve wSCArchwum Franci-scanum Historicum an. 1921, fase. I e II, La fhéo-logie mystique de saint Bonaventure per il Padre' Ephrem Longpré, O. F. M. lt9.

Questo lavoro ci mostra nel modo più .evidente in S. Bonaventura la dottrina che abbiamo sempre data qui come l'espressione esatta della tradizione. L'au­tore cercò soprattutto nel Breviloquium, nel Solilo-quium, nel De triplici Via, e uoWItmerarìuin mentis in Deum, « i principali fattori, che, secondo i concetti

'" Les dons du Saint-Esprit dans les saints Dominicains, e l'articolo Dona nel « Dictioimaire de Théologie oatholique », e La structure de la

•comiaissance mystigue, Bevue Thomiste 192A, marzo, maggio, luglio eco. "' La Evolucion mistica, in-8 grande, 707 pp., Salamanca, 1908.

•Quest'opera ch'eb'be recentemente una seconda edizione, è un trattato

•assai completo di teologia mistica. Il P. Arintero compose poi le sue Cuestwnes misticas e un Commento sul Cantico dei Cantici ; egli fu dl-Tettore della rivista La Videi sobrenatural, che difende le medesime idee. "' Vedasi nella Vie Spirituelle, gli articoli del P. Joret, O. P. "' Noi citeremo secondo la paginazione della tiratura a parte.


648    PERFEZIONE CEISTIANA E CONTEMPLAZIONE

di S. Bonaventura, preparano l'anima in un modo più efficace e più immediato alle comunicazioni mi­stiche... e la posizione di S. Bonaventura nelle prin­cipali questioni sollevate recentemente dal rinnova­mento degli studi ascetici e mistici ». — Ecco le sue principali conclusioni :

« Lo stato contemplativo non è se non il supremo sviluppo della vita soprannaturale, la fioritura po­sitivamente sperimentata della grazia e delle abitu­dini infuse, l'esercizio dei doni dello Spirito Santo » (p. 8, cf. Itiner.,' e. iv, n. 4). — « Vi è così un vero nesso di continuità, una unità dinamica fra le tappe dell'ascensione spirituale ». — « È nell'ordine della fede, e non in un altro, che si svolge la vita mistica, qualunque siano i lumi che cadono dall'alto. Il Dottor Serafico infatti non ammette quel "'lume mediano,,... che Enrico di Gand introduce tra la semplice fede e la visione beatifica » (p. 10). Nella qual cosa San Bonaventura s'accorda con San Tom-maso, II-II, q. 5, a. 1, ad 1. — « S. Bonaventura in­siste molto sulla parte che esercitano i doni dello Spirito Santo nella vita mistica; cf. Breviloq. p. V, ..e. v, vi». Per lui i sensi spirituali non sono che i più perfetti atti delle virtù teologali, e non abitudini nuove, nuovi organi soprannaturali di perfezione; cf. Breviloq. pars V, e. vi, n. 6. — « Su questo punto adunque la sua dottrina s'oppone all'insegnamento del P. Poulain, S. J. » (p. 18). — S. Bonaventura. noli deprezza la meditazione; questa meditazione me­todica e amorosa ha la sua ragione di essere in tutti gli stati della vita intcriore, e come la preghiera. di domanda, essa ha un compito importante nella preparazione mistica. « Nessuno forse ha insistito tanto su questo punto capitale che bisogna pregare per ottenere il dono della contemplazione » (p. 26;

cf. De triplici via, e. li; de Perfect. Vitae, e. v, n. 5). Si. Bonaventura ama anche di elevarsi a Dio considerando il riflesso delle sue perfezioni nel mondo-sensibile; per questo egli ricorda S. Francesco d'As­sisi e si distingue abbastanza nettamente da S. Gio­vanni della Croce (p. 29). Finalmente uno dei più importanti fattori della preparazione mistica è l'a­more e l'imitazione di Gesù Crocifisso: ecco, secondo, S. Bonaventura, la via breve che conduce alla contem­plazione infusa (cf. Itin., e. iv, n. 2-5; vi, 4-7; vii,


SINTESI E CONFERMAZIONE              649"

n. 2-6). Lo stesso stato mistico o l'unione passiva non. è per così dire se non un seppellimento in Cristo (of. Itin., e. vii, 1-2). « L'orazione infusa è il ter­mine normale e ordinario, sebbene di un'eccellenza a. parte, degli stati inferiori precedenti. Sembra infatti che S. Bonaventura non conosca quello stato inter­medio che, dal secolo xvn specialmente, parecchi au­tori di un'autorità considerevole chiamarono contem­plazione acquisita... Per lui ogni contemplazione è infusa » (p. 41-43). Questo è parimenti il sentimento del P. Vicente de Peralta, il cui nome fa giustamente autorità in Spagna. — « La vita mistica, l'orazione infusa succedono dunque agli esercizi ascetici, e ciò-immediatamente. Questa espansione è il termine or­dinario e normale. Per tendere a queste altezze della. vita spirituale, non si esige vocazione speciale. San Bonaventura non ne parla in nessun luogo; anzi di­chiara molte volte che la vita mistica è offerta a. tutti... Il suo sentimento è quanto mai diverso dal­l'opinione di parecchi moderni, che, come il P. Maria. G-iuseppe del Sacro Cuore, considerano l'orazione in­fusa come un favore straordinario simile alle grazie gratis datae » (p. 44). Secondo S. Bonaventura è una grazia eccellente, ma non straordinaria (ibid.). Egli insistette assai su questo punto: cf., v. g., Serm. I de Sabbato Sancto e Itin. e. vii, 3. « Per una conseguenza necessaria, la vita mistica è la via. ordinaria della Perfezione. L'orazione passiva è ri­chiesta alla completa fioritura della vita sopranna­turale... secondo una necessità morale... La scuola dell'abate Saudreau non sostiene altra dottrina » (p. 47 e 50). Non solo possono tutti desiderare l'ora­zione passiva, ma devono desiderarla; tuttavia questo desiderio dev'essere accompagnato da profondi sen­timenti d'umiltà (p. 51-55).

La natura intima della contemplazione infusa, se­condo S. Bonaventura come per S. Tommaso, non po-trebb'essere una visione diretta di Dio stesso (p. 57). Qui ancora la scuola del Saudreau riproduce bene il suo insegnamento. Dio è conosciuto non in se sed, in aliquo effectu inferiori, in un ardore della facoltà affettiva. Questa contemplazione passiva, amante e saporosa, procede dai doni dello Spirito Santo.

Tal • è il riassunto di questo prezioso opuscolo che contiene una gran quantità di testi di S. Bonaven-


<}50    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

tura metodicamente scelti nelle" sue opere autentiche e perfettamente ordinati secondo i principii stessi del Santo Dottore.

Tra i figli di S. Francesco che in questi ultimi tempi esposero queste medesime idee, bisogna citare il P. lodovico de besse 160, il P. vigente de

pbealta 151, il P. venant DB roulers 152.

La mistica del Carmelo.

Secondo S. teresa e S. giovanni della croce, la contemplazione infusa e l'unione a Dio che ne risulta, sono innegabilmente nella via normale della santità. Ogn'intelligenza spregiudicata lo riconoscerà dopo la lettura dei testi numerosi da noi citati passim in tutta, quest'opera.

Senza dubbio S. Giovanni della Croce scrisse:

« Dio non solleva a questa contemplazione tutti quelli che desiderano di raggiungerla seguendo la via dello spirito; non ne prende neppure la metà » 163. Ma questo vuoi dire, come osserva S. T'eresa (V Mans., o. 1), che vi sono qui « molti chiamati e pochi eletti ».

160 La science de la PrzèreLa. science du Pater — Eclairdsseme'ìit sur les ceuvres mystiques de scsint Jean de. la, Croisc,

151 Ot. Estudios franciscanos, 1919, articoli.

"' De la Méditation a la Gontemplation, sous l'ègide de Marie, Bruges, 1921. In quest'opera, p. 100, si legge: « Nell'orazione di fede non entra

•chi vuole, ma è Dio che deve introdurvi le anime; e quand'egli le in-"troduce, è per continuare poi a condurle gradatamente ad orazioni più passive ancora, che, quind'imianzi, resteranno tutte nel medesimo ge­nere, vale a dire nell'orazione di fede. Dall'introduzione al termine, la

•progressione rassomiglierà quasi ad un'evoluzione... M'affretto ad aggiungere ohe, quantunque spetti a Dio l'ammettere le anime a questo genere d'orazione, tuttavia io sono di parere che la buona volontà di­sponga ad essa positivamente, poiché è la via comune e normale della santità. Tutti quelli che s'applicano seriamente al loro progresso spi­rituale vi sono chiamati e vi passeranno... S. Giovanni della Croce

•dice, e si sa con quale energia, che il dono della contemplazione non è riservato, ma un dono voluto da Dio per tutti i battezzati... E non strepitino qui gl'ignoranti e i profani, come se noi volessimo volgariz­zare restasi e 11 rapimento. Non si tratta di questo. La contempla­zione non è se non una forma di preghiera tutta raccolta, tutta silen­ziosa, e che si fa in noi, come dice S. Paolo, per mezzo dello « Spirito Santo che ci tu dato ».

"' Notte oscura. 1. I, o. is fine.


SINTESI E CONFERMAZIONE             651

Del resto, come abbiam dimostrato, p. 423-4S4, il santo si è perfettamente spiegato su questo punto in Viva Fiamma, 2a str., vers. 5: « Bisogna spiegare qui perché sono così pochi quelli che pervengono a quest'alto stato di perfezione e d'unione con Dio. Non già per certo che Dio voglia limitare questa grazia ad un piccolo numero d'anime superiori, ami è suo desiderio che quest'alta perfezione sia comune a tutti; quello ch'egli troppo spesso cerca invano, sono vasi capaci di contenere una tale perfezione. Egli. manda prove leggere ad un'anima ed ella si mostra debole, e fugge subito la sofferenza... Perciò Iddio non continua a purificare tali anime... O anime che sognate di camminare tranquille e consolate,... se sapeste quant'è per voi importante l'esser provate, per raggiungere questa sicurezza e questa consola­zione ! ». La medesima idea è svolta nel Cantico spi­rituale, IV, str. 39, v. 1: « O anime create per una tal gloria,... a che pensate voi? Di che vi occupate? Ohe triste accecamento è il vostro 1 Voi chiudete gli occhi alla luce più sfavillante e non ascoltate le voci potenti che vi sollecitano ! ». Bisognerebbe citare tutto il passo 15!1.

S. Giovanni della Croce distinguendo dalle visioni, rivelazioni e parole ulteriori, la contemplazione in­fusa, dice finalmente: « In quanto alla cognizione oscura e generale, non vi è divisione, è la con­templazione ricevuta nella fede. Questa contemplazione è la meta a cui dobbiamo condurre l'anima » 155. E a proposito dei tocchi divini, egli aggiunge: «Sono manifestazioni di quell'unione a cui dobbiamo sfor­zarci di condurre l'anima» 156.

Quindi non reca maraviglia che i teologi del Oar-melo abbiano generalmente insegnato che tutte le anime inferiori devono aspirare alla contemplazione infusa e all'unione fruitiva.

filippo DELLA S. trinità' 157, e antonio DELLO

spirito santo 158 dicono -chiaro e. colle medesime

154 Vedasi pure Viva Fiamma, 3 str., vere. 3, trad. Hoornaert, II ed.,

p. 218, e S. Teresa, Fondazioni, e. rv.                             . "5 Salita del Cannalo, 1. II, o. IX, fine, citato più a lungo a pag. 485. "• Ibid., I. II, e. xxiv, vedasi tutto il testo più sopra, p. 491-492. 157 Summa Theol. myst., ed. 1874, t. II, p. 299, e t. Ili, p. 43. u' Dirwtorium mvsticum, ed. 173S, tr. Ili, d. Ili, sect. IV; tr. IV,

d. I, seot. IV. — Vedasi anche sopra p. 15-16; 432; 439-440.


652    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

parole: « debent omnes AD bupernattjralbm CON-TEMPLATIONEM ASPIRARE. D'BBENT OMNES, ET MA­XIME deo SPEOIALITER CONSECRATAE ANIMAE, AD ACTUALEM FRUITIVAM UNIONBM CUM D.EO ASPIRARE

et tendere. Tutti devono aspirare alla contempla­zione soprannaturale o infusa (i titoli di questi due teologi identificano queste due ultime parole). Tutte le anime e specialmente quelle consacrate a D'io de­vono aspirare e tendere all'unione attuale fruitiva con Dio » 159. Il Vallgornera, O. P., come abbiamo veduto, difese la medesima conclusione 160.

giuseppe dello spirito santo, nel suo grande Cursus Theol. schol.-mysticae, disp. si, q. 2, come abbiamo notato, p. 448, sostiene la medesima tesi con queste parole più precise: « Se si prende la con­templazione infuga nel senso di rapimento, di estasi o di favori simili, noi non possiamo applicarvici, ne domandarla a Dio, ne desiderarla; ma in quanto alla contemplazione infusa in se stessa, come atto di contemplazione (fatta astrazione dall'estasi che può accompagnarla accidentalmente), benché noi non possiamo certo sforzarci di averla colla nostra in­dustria o colla propria attività, noi possiamo aspi­rare ad essa, desiderarla ardentemente e domandarla umilmente a Dio » 161.

« Dio eleva per solito (solet elevare) alla contem­plazione infusa l'anima che si esercita con fervore nella contemplazione acquisita, è insegnamento co­mune, quod omnes docent » 162. Abbiamo citato sopra, p. 448, questi testi secondo l'originale.

Precedentemente diceva la medesima cosa il ve­nerabile giovanni di gesù maria 163. E tommaso di gesù, del medesimo Ordine, dice che la contem-

"• Si noti che la nostra formula è più attenuata : noi non diciamo :

« tutti devono desiderare », ma « conmene che tutte le anime intcriori desi­derino » ; bisogna inoltre che questo desiderio sia accompagnato da una grande umiltà, virtù che è così poco opposta alla magnanimità, ohe questa aspira alla grandezza dell'umiltà come a quella delle altre virtù. Cf. II-II, q. 129, a. 3 e 4.

Mystica Theol. sancii Thomae, ed. 1911, t. I, p. 428, e t. II, p. 80.

1" giuseppe dello spieito santo, Cursus theol. schol.-myst., t. II, II Praed., disp. xi, q. 2, n. 18, et 23, p. 222...

"' Ibid., disp. vili, p. 71.

"" Theol. mvstica, Herder 1912, e. Ili, p. 28, 36.


SINTESI E CONFEBMAZIONE              653

plazione acquisita è « la disposizione principale e più prossima per meritare la grazia della contem­plazione infusa » let, che bisogna distinguere bene, egli dice, da' suoi accidenti estrinseci, come il rapi­mento 166. Parimenti non bisogna confonderla con la contemplazione sovreminente, che procede da un principio analogo al lume profetico 166. « La con­templazione infusa è una grazia speciale; ma tutti sono ad essa invitati, invitantur omnes » 167, invito remoto, distinto dalla chiamata prossima. E tal è veramente, come abbiamo veduto, la dottrina di Santa Teresa, che ispirò tutti questi teologi.

Per maggiori informazioni su questi teologi si veda l'eccellente studio che loro consacrarono i Carmeli­tani di Lillà nella ~Vie Spirituelle, oct. 1922, p. 140-166: Les disciples de sainte Thérèse: l'Ecole carmé-litaine au xvii®' et au xvin® siede. Ricordiamo solo la cronologia di questi autori: Giovanni di Gesù Maria, 1564-1615, Tommaso di Gesù, 1568-1627, Giuseppe di Gesù Maria, 1562-1629, Nicola di Gesù Maria, f 1660 o 1680, Filippo della S. Trinità, 1603-1671, Antonio dello Spirito Santo, 1618-1674, Domenico della S. Trinità, 1616-1687, Antonio del­l'Annunciazione, f 1714, Onorato di S. Maria, 1651-1729, Giuseppe dello Spirito Santo, f 1739.

Citeremo qui alcuni passi caratteristici dei più an--tieni di questi teologi.

Il VENElìABiLE giovanni di gesù maria, G. D., nella sua Istruzione dei novizi, tradotta dal latino dal P. Bertoldo di S. Anna, Parte 2a, e. 24, dice:

«Tra le beatitudini (evangeliche), bisogna riferire alla Purezza del cuore la Contemplazione divina, che è un atto dell'intelletto attento agli spettacoli dell'e­ternità, e sospeso per l'ammirazione. Quest'atto è 'prodotto dal dono della Sapienza, il più eccellente di tutti i doni, ed esso costituisce il fine principale del nostro Istituto. Consiste in un conoscimento di Dio purissimo accompagnato da un'ineffabile dol­cezza; di modo che la contemplazione è un'immagine fedele  della vera e celeste Beatitudine. Non ne

"*                    De Oontemplatione, 1. I, e. vili, p. 95.

"'                     IWd., 1. II, o. v, p. 103, e 1. I, e. vii, p. 93.

"'                     Ihid,, 1. II, o. ni, p. 101, o. iv e v.

l"                     IW., 1. I, e. vili, p. 94.


654    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

parleremo qui, perché questa materia è superiore alla capacità dei nostri giovani Frati, che, tuttavia, de­vono eccitare in sé il desiderio di giungervi. Sap­piano dunque che questo bene ineffabile è concesso in quest'esilio a quelli che combattono valorosamente:

lo sappiano bene, per animarsi alla battaglia e per .volgere incessantemente le loro più ardenti aspira­zioni verso le delizie della contemplazione ».

Il medesimo autore, nella sua Theologia mystlca, ristampata da Herder, chiama generalmente la con­templazione infusa contemplano divina.

Il Vss. tommaso di gesù, O. D., nel suo trat­tato de Oratìone infusa, 1. I, e. i, definisce l'ora­zione infusa o soprannaturale: « L'elevazione sopran­naturale, libera e pronta della nostra mente a Dio, procedente dallo Spirito Santo, per l'intermedio d'una de' suoi doni abituali ». Nel medesimo luogo, la distingue dall'orazione acquisita, che deriva dalla nostra propria attività col soccorso della grazia co­mune. — Nel capitolo n, trattando della necessità dell'orazione -infusa, egli la trova espressa in queste parole di S. Paolo, Rom., 'vm, 26: « Lo Spirito Santo viene in aiuto alla nostra debolezza, perché noi non sappiamo ciò che, secondo i nostri bisogni, dobbiamo domandare nelle nostre preghiere. Ma la. Spirito stesso prega per noi con gemiti ineffabili, e Colui che scruta i cuori conosce quali sono i de-, sideri dello Spirito, perché intercede pei santi se­condo Dio ». — « Queste parole, dice Tommaso di G-esù, si riferiscono manifestamente alla mozione ossia soccorso particolare dello Spirito Santo e dimostrano ancha.la necessità o il bisogno che noi ne abbiamo. Chi potrà di fatto senza questa illuminazione e senza. quest'ispirazione dello Spirito Santo resistere alle ten­tazioni del demonio, e superare completamente tutti, gli ostacoli che s'incontrano sulla via dell'orazione?... ' Sono i doni dello Spirito Santo che rendono l'anima prontamente docile, interamente libera, capace di vincere le difficoltà e tutta occupata di Dio nella pre­ghiera e nella contemplazione. Quest'effetto non può essere prodotto dalla stessa virtù infusa della reli­gione, ne dalle sole virtù teologali ».

Nel cap. in, Tommaso di Gesù distingue tré gradi di contemplazione infusa, secondo che lo Spirito Santo coi doni dell'intelletto e della sapienza ci fa ammirare


SINTESI E CONFEEMAZIONE             65S

le perfezioni divine, sia nello specchio delle cose sen­sibili, sia in quello delle cose intelligibili, sia nelle divine tenebre superiori ad ogni immagine e ad ogni idea distinta. Qui, egli dice, non vi è più concorso percettibile dell'immaginazione, oppure « esso è così debole che non vi si bada ».

Come Dionigi Certosino, il Ven. Tommaso di Gesù. dimostra, ibid., che questi tré gradì della contem­plazione infusa corrispondono ai tré gradi della ca­rità : 1" nei principianti, 2° nei proficienti, 3° nei perfetti. Nel e. iv, egli distingue la contemplazione-infusa che procede dai doni più elevati, dalla contem­plazione sovreminente, che richiede una grazia gratis data, come la profezia.

.Nel cap. x, si dice: «L'orazione infusa e sopran­naturale è veramente un dono di Dio, una grazia particolare. Perciò non vi si può giungere se non vi si è chiamati e invitati da Dio, come la sposa dei Cantici, ir, 14: Sorgi, amica mia, sposa mia,. e vieni! Solo il Signore ispira e accorda questa orazione. Ma benché non tutti siano chiamati (chia­mata prossima) a ottenere questa grazia, e benché essa non sia data a tutti, nondimeno non solo è a tutti concesso di desiderarla, ma ancora di fare sforzo per ottenerla (chiamata remota). Perciò tutti sono veramente capaci di ricevere questo dono ce­leste. Onde Iddio c'invita a questa grazia dell'ora­zione per bocca del profeta Isaia, lv, 1: Omnes-sitientes venite ad aquas. Con queste parole tutti sono invitati, non già che tutti possano arrivare.' subito alla sorgente d'acqua viva, ma perché a passo a passo possano dirigersi verso di essa. Ci vuole adunque in primo luogo una gran longanimità, una grande e costante perseveranza nel picchiare alla. porta della divina Sapienza, fino a che Dio ci con­ceda di essere elevati a questa sublime orazione... Bisogna avere il vivo desiderio di questa grazia e-domandarla, secondo il detto del libro della Sapienza, e. vii, 7: Optavi et datus est mihi sensus, et invo­cavi et verni m me spiritus sapientiae ».

Nel cap. xi, si dimostra che per conservare questo dono, ci vuole una grande umiltà e diligenza.

Nel 1. IV della medesima opera, il e. xxm è 'in­titolato: « Tutti devono col soccorso della grazia aspirare e tendere all'unione divina ». Questo non


'656    PERFEZIONE CRISTIANA. E CONTEMPLAZIONE

•è orgoglio ma sì magnanimità, come sta scritto alla fine di questo capitolo.

Il P. giuseppe di gesù maria qtjiroga (f 1629), che entrò nel Carmelo solo quattro anni dopo .la .morte di S. Giovanni della Croce, ci fa sapere però' <che anche nel Carmelo vi furono dei religiosi che s'allontanarono dalla sua dottrina: « Quando cessò l'influsso e l'insegnamento del nostro santo Padre, Fra Giovanni della Croce, vennero altri maestri che preconizzarono il metodo discorsivo e le operazioni af­frettate dell'anima più che quegli atti spirituali sem­plicissimi che permettono di ricevere l'operazione di-

•vina e gli effetti dell'influsso soprannaturale, coi

•quali s'ottiene la perfezione. Questi maestri facevano nei loro discepoli un'opera assai diversa; perché questi discepoli uscivano dall'orazione con la testa affati- ' cata e raramente si mostravano menti bene illuminate. E siccome nei noviziati non s'insegnava come si debba entrare nella contemplazione quando si è ma­turi per questo genere d'orazione, essi uscivano dalla scuola di formazione senza ' sapere il principale della loro vocazione e restavano per tutta la vita senza saperlo, adoperandosi nell'orazione colle forze natu­rali senza dar luogo all'operazione divina che in­troduce la perfezione nell'anima » 168.

Gli autori di cui si parla qui, per un eccessivo timore dell'illuminismo e del quietismo da cui non sapevano distinguere la vera mistica, non osavano più dire che tutte le anime ulteriori devono aspirare alla

•contemplazione infusa. Il loro influsso ritrovasi in Antonio dell'Annunciazione e in Onorato di Santa Maria 169.

Quelli che ammirano una contemplazione acquisita

•e che, assai a torto, chiamavano con questo nome la contemplazione di cui parla S. Giovanni della Croce 170, la denominavano probabilmente così per

m Don aue tuvo san Juan de la Cruz para guiar las almas, oap. xxn,

«opera inserita nell'edizione critica di S, Giovanni della Croce, fo III,

p. 569.

169 Tradition des Pères sur la Contemplatwn, P. Ili, d. 6. "' È certo, come abbiamo detto apag. 2Sl-252,che S. Giovanni della

•Croce fln dalla Salita del darmelo, 1. II, e. xill, parla espressamente della

•contemplazione infusa. — Kecentemente 11 P. gabmble Di GtBstr,


SINTESI E CONFERMAZIONE             657

incoraggiare le anime ad aspirarvi, ed aggiungevano poi ch'essa dispone normalmente a ricevere il dono della contemplazione ossia la contemplazione infusa.

In tal modo, nonostante queste divergenze, la dot­trina tradizionale sussisteva in ciò ch'essa ha di essenziale nella maggior parte dei teologi del Carmelo.

Essa trovasi in onorato di S. maria m, nono­stante il largo posto ch'egli diede alla contemplazione detta acquisita. Egli arriva perfino a dire che, al pari della contemplazione infusa, essa è accompa­gnata « dall'orazione di quiete, dal sonno delle po­tenze, dal silenzio spirituale, dall'estasi, dal rapi­mento » 172. Ma, dopo una simile enumerazione, si vede costretto ad aggiungere: « Quantunque la con­templazione acquisita possa qualche volta causare l'e­stasi e il rapimento, è molto verosimile che ciò non possa accadere senza qualche influsso dei doni dello Spirito Santo; e così la contemplazione acquisita passa m infusa ». — Così si vede che anche per Onorato di S. Maria, a motivo « di qualche influsso dei doni dello Spirito Santo, la contemplazione acquisita passa in infusa ». Vale quanto dire che la contemplazione acquisita non è se non un atto al termine della me­ditazione, o nel corso dell'orazione affettiva sem­plificata, e che non dura e non diventa uno stato, come nella quiete, se non diventando infusa, sotto qualche influsso dei doni dello Spirito Santo. Ono­rato di S. Maria dice ancora nel medesimo paragrafo:

« Nella contemplazione acquisita, non si arriva mai a ciò che si chiama pura, contemplazione, ne agli altri gradi più perfetti ». Queste ultime parole sono veramente l'espressione della dottrina di S. Teresa. e di S. G-io vanni della Croce.

Fra i lavori recenti dei Carmelitani, che sostengono la medesima nostra dottrina, citiamo l'Essai sur l'O-raison selon l'École carmélitaine del P. teodobo di S. giuseppe, Bruges, 1923. Ivi l'autore volle darci un'idea generale della dottrina dei teologi Carmeli-

carmelitano scalzo spagnnolo, dimostrò bene nella Vida sobrenatwral del gennaio 1923, p. 24 ss., che la contemplazione di cui si parla nella Salita del Carmelo e non acquisita, ma infusa, come la quiete descritta da S. Teresa (IV Mans.).

"1 Op. cit., 1 ed., Parigi 1708, t. II, p. 97.

"2 IW., Ili Parte, diss. 3, a. 1, § 2, p. 9-t.

42 — Perfezione e Vtìntemplazione.


658    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

tani scalzi sull'orazione. Egli insieme con molti di loro chiama « contemplazione acquisita » « l'orazione (acquisita) di raccoglimento » descritta da S. Teresa nel Cammino, e.' 28; ed è quella che oggi si chiama spesso orazione affettiva semplificata. Dimostra che essa, nelle anime docili allo Spirito Santo, è nor­malmente una disposizione per ricevere la grazia della contemplazione infusa. Questa, per lui come per noi, comincia col raccoglimento soprannaturale (o passivo) descritto da S. Teresa nella IV Mansione, e. ni. Cosi « la contemplazione infusa è il pieno sviluppo della vita della fede » (p. 93). « La vita mistica è il coronamento normale della vita intcriore... Per tutte le anime rigenerate nelle acque battesi­mali, vi è dunque una vocazione generale alla vita mistica. Desiderare vivamente, con un'umile sommes-sione alla volontà di Dio, che questo germe si svi-luppi perfettamente in noi, mediante i migliori doni dello Spirito Santo, è un volere quello che Dio vuole » (p. 120).

Citiamo ancora un articolo della Vida sobr enaturai del gennaio 1923,-del P. gabriele di gesù: La subida del Monte Carmelo es ascetica o es mistica? Egli dimostra con parecchi argomenti che la iS'a-lita del Carmelo è un'opera mistica e che in essa grattasi della contemplazione infusa; questo risulta dal Cantico che ivi si commenta, dal Prologo, e -da numerosi passi del libro stesso, benché il Santo voglia soprattutto far vedere ciò che, in quest'or­dine mistico, hanno da fare le anime stesse per non frapporre ostacolo all'azione divina, o per disporsi a riceverla.. Per rendersi ragione che si tratta qui della contemplazione, infusa, basta leggere il testo della Salita 1. II, là. dove sono spiegati i tré segni i quali indicano che si può passare dalla meditazione alla contemplazione, e. x e xm: « In questo stato. Dio si comunica all'anima che resta passiva, come la luce ad uno che tiene gli occhi aperti, e che non fa nulla per riceverla. E per l'anima, il ricevere così la luce infusa soprannaturalmente, è un comprendere ogni 'cosa restando passiva » : tutto il resto di questo ca-.pitolo xm manifestamente tratta ancora della con­templazione infusa e non acquisita.

" II P. Gabriele di Gesù, al vedere che qualche volta si vuoi ridurre all'ascetica e alla contemplazione .ac-


SINTESI E CONFERMAZIONE             659

quisita la IV e la V Mansione di S. Teresa, ne è stupito a tal segno da dichiarare che gli. parrebbe cosa impossibile, se non lo vedesse 17S.

Del resto per noi è più prezioso il sapere che il p. Gabriele di Gesù 17'1, molto meglio di noi in grado d'apprezzare le finezze della lingua di S. Teresa, stima che noi abbiamo esattissimamente esposto il pensiero della Santa sulla IV e V Mansione, trat­tando dei caratteri essenziali degli stati mistici da lei descritti (Vie Spirituelle, ottobre 1922).

Notiamo finalmente le principali conclusioni del recente Congresso teresiano di Madrid.

Conclusioni approvate al Congresso f eresiano di Madrid.

El Monte darmelo di Burgos, maggio 1923, pubblica le conclusioni approvate nel Congresso teresiano di Madrid, sulla necessità della vita spirituale, sull'utilità della dot­trina di S. Teresa per la pietà cristiana, sulla preghiera vocale, sui metodi d'orazione e sulla contemplazione.

A proposito dei metodi d'orazione, la 7'1 conclusione è la seguente : <c Le persone ohe per natura, o perché sono già abbastanza avanzate nella perfezione, non si trovano sod­disfatte del metodo discorsivo, possono usare il metodo chia­mato di Contemplazione acquisita in una delle due forme raccomandate da S. Teresa, il semplice sguardo affettuoso o il raccoglimento intcriore, secondo la facilità che vi troveranno e il profitto ohe ne ricaveranno ». — Questa conclusione, adunque, come noi abbiamo già fatto più volte 175, iden­tifica la contemplazione acquisita con l'orazione acquisita di raccoglimento descritta nel Cammino della Perfezione, capo 28.

Si deve pure notare che le conclusioni del Congresso, di­sposte sotto il titolo di contemplacion, trattano tutte della contemplazione infusa : è un riconoscere ch'essa è la contem­plazione propriamente detta, come noi abbiamo sempre in­segnato 176. Se si notano le conclusioni relative a questo

"' Art. cit., p. 27. "* IW., p. 27.

175 Vie Spirituelle, marzo 1921, p. 472; hot. 1921, p. 84-88; ott. 1922, P. 111-113, p. 121; marzo 1923, p. 656. Or. supra, p. 247-252, 264, 268. 1" Vie Spirititene, nov. 1921, p. 86-87.      \


660    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

argomento, si vede ch'esse coincidono con quello che noi abbiamo dato come la dottrina tradizionale.

tema V. — contemplazione

« 1° La contemplazione infusa è l'operazione mistica per eccellenza. —-, 2° Questa contemplazione è la cognizione sperimentale delle cose divine, prodotta soprannatural­mente da Dio nell'anima; ed è il più intimo stato d'unione con Dio che si possa avere quaggiù. — 3° Per conseguenza, nell'ordine dei mezzi, è V'ultimo ideale e come l'ultima tappa della vita cristiana in questo mondo, nelle anime chiamate all'unione mistica con Dio. — 4° Lo stato di contemplazione è caratterizzato dal predominio crescente dei doni dello Spirito Santo e dal modo sovrumano con cui si esercitano, tutte le buone azioni. — 6° Come le virtù trovano la loro ultima per­cezione nei doni, e come questi trovano la loro attuazione per­fetta nella contemplazione,, ne risulta ohe la contemplazione _è la Via, ordinaria della santità e della virtù abitualmente eroica ».

. Conclusioni sulle disposisioni alla contemplazione.

« 1° La contemplazione infusa è un dono di Dio, ed egli , solo può farci misericordiosamente arrivare ad essa. — 2° Le disposizioni alla contemplazione non sono per se stesse effi­caci se non in quanto eliminano gli ostacoli e attirano la divina misericordia. — 3° Le principali disposizioni alla contemplazione sono il distacco da tutto il creato, la pu­rezza dell'anima, l'umiltà, la vera carità, e la perseveranza nell'orazione. — 4° Queste disposizioni essendo accessibili a tutti gli stati, in tutti vi possono essere anime contempla­tive ».

tema VI. —— utilità DELLA CONTEMPLAZIONE E LA SUA EFFICACIA PER L'INCREMENTO DELLE VIRTÙ

« 1° La contemplazione è come l'irrigazione, in grazia della quale crescono e si sviluppano le virtù, che arrivano così alla loro ultima perfezione. — 2° In queste virtù perfette, che derivano dalla contemplazione, la grazia non è più solo principio soprannaturale delle nostre buone azioni, ma essa regna già completamente e imprime a queste medesime azioni la sua propria modalità sovrumana. — 3° Questo stato di contemplazione fa scomparire ogni traccia d'amor proprio e di vanagloria. :— 4° Per la contemplazione si arriva


SINTESI E CONTEEMAZIONE             661

a morire completamente a sé, affinone solamente Oesw Cristo viva in noi ».                           k   . •

tema VII. —— unità. DELLA VITA SPIRITUALE E I SUOI GRADI SECONDO II. UBEO DELLE mansioni DI S. tekesa

« 1° La direziono spirituale teresiana sintetizza tutta la tradizione ne' suoi tré gradi essenziali : « vita purgativa, illuminativa e unitiva » ; d'altra parte essa è la più oggettiva nella divisione dei gradi dati dalla Santa, divisione fondata. nell'osservazione diretta e psicologica. — 2° La direziono spirituale teresiana è la più completa, perché considera non solo gli stati spirituali superiori, ma anche gl'inferiori inter­medi, secondo un'evoluzione senso sbalzi repentini, e poiché il libro delle Mansioni è quello che raccoglie meglio tutti gl'insegnamenti della Santa, dev'esser riconosciuto come il codice tipico di dottrina sulla vita spirituale, e S. Teresa come la maestra della vera dottrina spirituale. — 3° La direziono spirituale teresiana non è una direzione teorica e di scuola, ma è eminentemente pratica; perché non si con­tenta di esporre i principii e di determinare la natura dei gradi d'orazione, ma da molti consigli, propone i mezzi, addita i pericoli e contiene tutte le sfumature d'una dire­ziono pratica. — 4° II fine della santa Madre nello scrivere le Mansioni è quello di esporre i varii gradi per cui un'anima può passare per giungere alle supreme manifestazioni della vita mistica, senza pretendere di spiegare le altre vie pos-" sibili della vita spirituale. — 5° Nelle Mansioni di S. Teresa si trovano due ordini di fenomeni completamente distinti:

negli uni, l'anima si muove da sé col soccorso della grazia;

negli altri, è soprannaturalmente mossa da Dio. L'anima può in ogni circostanza procurarsi i primi, ma non può procurarsi i secondi se non indirettamente, mediante l'eser­cizio delle virtù, specialmente dell'umiltà ».

i *   *   *

S. fbanobsco di sales conservò la dottrina di S. Teresa. Nel Trattato dell'Amar di Dio, 1. VI, su­bito dopo aver parlato della meditazione, senza trat­tare della contemplazione acquisita, descrive i varii gradi della contemplazione infusa come S. Teresa, cominciando dal raccoglimento soprannaturale. Egli fa notare, 1. VI, e. 7, che questo raccoglimento so­prannaturale « nofì, è in nostro potere di averlo quando


662    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

vogliamo e non dipende dalla nostra diligenza, ma lo fa Dio in noi, quando gli piace, colla sua santa grazia ». Nondimeno, per il Santo, questa grazia è generalmente accordata alle anime generose, perché egli scrive: « Noi meditiamo per raccogliere l'amor di Dio, ma avendolo raccolto, contempliamo Iddio è siamo attenti alla sua bontà per la soavità che l'a­more vi ci fa trovare... Insomma la meditazione è madre dell'amore, la contemplazione è sua figlia » (1. VI, e. 3). « La santa contemplazione è il fine e la meta a cui tendono tutti gli altri esercizi » (I. VI, • e. 6). Del resto questa contemplazione alle volte è arida: « le facoltà dell'anima non trovano in essa al­cuna soddisfazione, nemmeno la volontà, salvochè nella sua suprema punta» (1. VI, e. 11). S. Fran­cesco aveva un esempio mirabile di questa contem­plazione infusa arida in S. Giovanna di Chantal. Perciò egli può dire, 1. VII, e. 7: « In cielo vi sono \ non pochi santi che non furono mai in estasi ossia rapimento di contemplazione ».

Finalmente nel 1. II, 11, parlando delle anime che non oltrepassano l'orazione di quiete il Santo dice come S. Teresa: «Per certuni la colpa non è dalla parte di Dio ». Per lui è cosa certa.

Bossuet, nell'opera Mystici in luto, n. 41, dice che « S. Francesco di Sales era arrivato al sommo della perfezione, senz'aver oltrepassata la meditazione discorsiva ». — Ma la Chantal, nelle sue risposte alle domande fatte dalle sue figlie, dice il contrario, e afferma che S. Francesco di Sales conosceva per esperienza le orazioni soprannaturali •m. L'aveva detto egli stesso nella sua lettera dell'undici marzo del 1610 178. Sul concetto che Bossuet si fece per un momento della contemplazione infusa, cf. supra, p. 250, 260, e dopo quest'articolo, le pagine sul Quie­tismo, p. 671.

' S. chantal, nell'opera ora citata, parla alle sue figlie dell'orazione passiva di quiete, a cui, com'ella dice, tutte devono aspirare: « Io so ch'essa è molto combattuta da quelli che Dio conduce per la via del discorso, e parecchie nostre Suore ne furono turbate,

177 Réponses de sainte Jeanne d.e Ohantal, II ediz., Parigi 1665, p. 508 e seguenti.      "                    ^

"' Ct. Saudreau, Etat mystiyue, II ed., p. 365.


SINTESI E CONFEEMAZIONE             663

con dir loro ch'esse sono oziose e perdono tempo... Ma voi non dovete smuovervi dal vostro modo di procedere per tali discorsi. Perché il nostro Beato Padre, che intendeva eccellentemente ogni genere d'o­razioni, come si vede da' suoi scritti, sempre approvò questa... Non dobbiamo portarvici noi stesse, ma attendere con umiltà e pazienza l'ora che il nostro divin Salvatore destinò per introdurci m questa felice condizione (è dunque veramente un'orazione non ac­quisita, ma infusa)... Ma finalmente tutte fanno capo lì, senza quasi accorgersi che vi si trovino... Bisogna domandare continuamente a Dio questo dono d'ora­zione, con una profonda umiltà senza mai stancarsi ».

Gli Spirituali della Compagnia di Gesù.:

S. ignazio ,di loyola aveva circa la contempla­zione infusa le medesime idee degli altri Maestri, e la riguardava come desiderabile, non a cagione delle dol­cezze ch'essa alle volte procura, ma perché senza di essa l'anima resta imperfetta. Infatti, in una lettera a 8. Francesco Bargia (Roma, 1548), scriveva: « In vece di cercar di fare scorrere un po' di sangue, cer­cate più immediatamente lo stesso nostro Divin Mae­stro, voglio dire i suoi doni santissimi, come per esempio il dono delle lacrime... o ancora l'intensità della fede, della speranza e della carità, la gioia e il riposo spirituale, la consolazione profonda, l'eleva­zione dello spirito, le impressioni e le illuminazioni divine e tutti gli altri gusti e sentimenti spirituali relativi a tali doni, come l'umiltà... Senza questi doni, tutti i nostri pensieri, parole ed opere sono im­perfetti, freddi e. torbidi; noi dobbiamo desiderare questi doni, affinchè per essi i nostri atti diventino giusti, ardenti e chiari, per il maggior servizio di Dio » "9.

S. fbanchsco boegia pensava la medesima cosa, poiché, il 16 gennaio 1546, aveva scritto al santo -Fondatore: « Vostra Eiverenza m'aiuti affinchè mi sia dato quello che Dio stesso desidera per le sue

171 Cf. alessandro bboo', S. J., La SpiritiiaUtéSesaHlfIgMu:e,191i, e. vili, Les Exercices et les gràces d'oraison, p. 115.


664    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

creature, cioè l'esercizio della contemplazione .continua, per la quale noi fummo creati » 180.

S. alfonso eodbiguez, quell'umile fratello coa­diutore, che portava il medesimo nome del suo fratello contemporaneo, autore deli'Esercizio della Perfezione cristiana, lasciò ammirabili scritti in cui eccita le ànime a desiderare la contemplazione, che per lui è il regno del cielo sopra la terra. Egli vuole « che questo regno si domandi a nostro Signore con lacrime e sospiri continui e con un'estrema fiducia, perché egli non da nulla con maggior piacere che il suo amore » 181. I mezzi per disporvisi sono specialmente l'orazione e la mortificazione 182. « Quando l'anima è così mortificata e vinta, siccome è spoglia d'ogni amor pròprio e vuota di tutte le cose create, libera da ogni pesantezza e da ogni ostacolo, ella si trova nel seno di Dio... Lo contempla, lo gusta, l'ama... Lo vede e l'adora in tutte le sue creature... Poi perde di vista queste creature per trovarsi sola con Dio e per nutrirsi in Lui del suo amore... » 183.

I frutti di quest'amore attinto dalla contempla­zione sono « un'umiltà profonda, una pazienza piena di mansuetudine,... l'imitazione della vita santissima di Gesù Cristo » 18Ì.

Come per solito negli esordi d'ogni ordine religioso, nella Compagnia di Gesù da principio dominava chia­ramente la tendenza mistica.. Ma quando bisognò mettersi in guardia contro gli errori sparsi dagl'illu­minati d'Andalusia, si produsse in molti contro la vera mistica una reazione che notammo a p. 635 parlando del Granata e del Carranza, denunziati da Melchior Cano, e del Carmelitano Giuseppe di Gesù Maria Quiroga, che dovette contro certi suoi fratelli difendere la dottrina di S. Giovanni della Croce. Fu allora che il P. baldassaere alvaehz, direttore di S. Teresa, diventò sospetto a' suoi fratelli di re­ligione; il ven. P. Lodovico da Ponte, suo storico, dice che una vera tempesta si sollevò contro di lui. Fu denunciato al Generale dell'Ordine, P. Everardo Mercurian, che approvò il divieto fatto al santo re-

"° Cf. P. svav, Histatre de satnt Francois de Bargia, p. 178.

181 ExpUcation des demandes du « Poter i, e. xv.

M IUd., e. xi e xni.

1<" De l'Union et de la Transformation, e. sui.

1" IM., e. xvi e xix.    :


SINTESI E CONFERMAZIONE              665

ligioso « d'usare, sia per sé, sia per gli altri, un modo d'orazione diverso da quello degli Esercizi di S. Ignazio » 185.

Il eodeigubz, come dice il P. Dudon S. J. ^s, si mostrò decisissimo nelle sue preferenze esclusive per la meditazione m, nonostante alcuni passi più larghi ne' suoi capitoli vi, xn e xm del suo trat­tato dell'Orazione. Altrettanto bisogna dire dello Sca­ramelli nel secolo xvm, il quale, insieme col Eo-driguez, ritiene che la contemplazione sia un dono straordinario che non convien desiderare 188.

Nondimeno gli autori spirituali più notevoli della Compagnia di Gesù conservarono ammirabilmente la dottrina tradizionale richiamata dal P. Generale Clau­dio Acquaviva. Essa trovasi nel Suarez, nel Ven. Lo-dovico da Ponte, nei Padri Le Gaudier, Lallemant, Surin, Eigoleux, finalmente nel secolo xvm nei Padri de Caussade e Grou.

Il sijarez spiega ciò che si. propose S. Ignazio scrivendo gli Esercizi: « Egli ci conduce sulla soglia della vita contemplativa... e lascia il resto alla di­rczione dello Spirito Santo; ecco perché egli parlò così poco dell'unione con Dio e dell'atto semplicissimo della contemplazione » 189.

Il Suarez ritiene che tré doni dello Spirito Santo cooperano alla contemplazione, quello dell'intelletto, della sapienza e della scienza 180. Per lui, essa è propria dei perfetti 191, benché a volte s'incontri transi­toriamente negli altri; è altresì il mezzo per ottenere la perfezione della carità o dell'unione con Dio. Così via unitiva e via contemplativa si confondono. Di so­lito la contemplazione infusa non esclude ogni con-

1" Gt. sa questo punto l'articolo del P. Dudon, S. J., comparso nella Revue d'Ascétique et de Mystigue, gennaio 1921; e gli articoli del Padre Colunga, O. P., Oieneia tennista, maggio, luglio, nov. 1914. Il P. Bverardo Merourian fece altresì un'ordinazione per raccomandare al Superiori di non lasciar leggere, senza un permesso speciale, il Taulero, l'Harphius ed altri mistici. Ma il Generale che venne dopo, 11 P. ci.aitdio acqua -viva, corresse il modo di procedere del suo predecessore. Gt. ai.bx. bbou, op. cit., p. 129.

" Gt. dudon, Michel Molinos, p. 267, nota 1. " Esercizio della Perfezione, o. iv, v, vii. " Direttorio mystico. ti. I, oap. i, n. 10 ; tr. Ìli, cap. xxxn. " suabez, de Religione, tr. X, 1. IX, e. vi. De Oratione mentali, o. x, n. 9. Ibid., e. xi.                i


666    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

corso dell'immaginazione 192, alle volte è anche arida 193. Si distingue adunque affatto dai favori straordinari che possono accompagnarla. La mede­sima dottrina si trova nel medesimo secolo nel P. Le G-audier.

alvaeez db paz scrisse pure, nel tomo III delle sue. Opere, trattando delle questioni mistiche: « La contemplazione è il fine della meditazione, è la meta a cui dobbiamo tendere; ci è dunque permesso di ' desiderarla e domandarla umilmente a Dio, è anche un dovere per noi il disporvici con un'abnegazione perfetta e coll'esercizio assiduo di tutte le virtù. E certamente dobbiamo imputarne a noi la colpa se non proviamo mai le soavità ineffabili della contem­plazione. Allontanate da voi i vostri peccati e le vostre immortificazioni, colla condotta della vostra vita rendetevi simili a Gesù Cristo, e il dono della contemplazione non vi sarà rifiutato ». De inquisi-tione paois, 1. I, p. Ili, e. 27, ed. 1617, t. Ili, p. 278.           .   .

Tuttavia, nel tomo III, 1. V, parte II, cap. in, si dice : « Non tutti i perfetti sono elevati alla con­templazione perfetta », vale a dire ad un grado emi­nente, in cui essa è accompagnata da estasi, come dimostra il contesto. È quanto abbiamo veduto in S. Francesco di Sales; è la dottrina comune.

D. P. lallbmant, che già citammo ripetutamente, 'scrive nella Dottrina spirituale, VII Pr., e. 4, a. 4, § 2 : « Senza la contemplazione mai non progrediremo molto nella virtù e non saremo mai capaci 'di far progredire gli altri. Non usciremo mai interamente dalle nostre debolezze ed imperfezioni. Staremo sempre attaccati alla terra e non ci solleveremo mai gran fatto sopra i sentimenti della natura umana. Mai non po­tremo rendere a Dio un servizio perfetto. Ma con essa faremo più e per noi e per gli altri, in un mese, che non faremo senza di essa in dieci anni ». Cfr. ibid., IV Pr., e. 2, a. 1, § 6; e. 5, a. 1;

III Pr., a. 2, § 2.

Il P. suein, nel suo mirabile Trattato dell'Amor di Dio, 1. I, e. ±, dice la medesima cosa: « Una ten-

112 De Orai. mentali, o. xiv.   "3 Ibid., e. xvni.


SINTESI E CONFEBMAZIONE              667

fazione assai ordinaria per non pochi servi di Dio è voler limitare il proprio amore e farsi idee troppo piccole e troppo basse nel servizio di Dio... Comune­mente le persone che si sono date a Dio, che entrano in religione e che dicono di voler essere sante, poco dopo la loro conversione si limitano nei loro disegni, e, invece di elevare e di estendere la pratica del loro amore, essi non possono persuadersi che sia necessario spingersi più oltre che far tutto per Dio, attualmente e in particolare come abbiamo spiegato;

ma esse dicono ancora che è un'illusione intraprendere tal cosa... Io, per me, dicono, non sono di queste anime straordinarie, non ho affatto queste unzioni mistiche, non volo tant'alto, mi contento della via sicura e dell'usanza comune; e si persuadono perfino che tal sia lo spirito della loro vocazione. Io direi loro volentieri: Voi non avete queste unioni così alte, e questi gusti così nobili di Dio, ed è forse per questo che si trova tanta difficoltà a consolarvi quando qualche burrasca vi agita, quando qualche disprezzo vi sopravviene. Se voi collocaste più in alto la per­fezione, se aveste di mira Iddio, se in lui fosse la vostra consolazione, forse avreste queste unioni pre­ziose e delicate che lasciano così fortificato il cuore •che nulla di umano lo può scuotere. .Non è bene desiderare le visioni, le rivelazioni e le cose straor­dinarie; ma è molto bene esercitare verso Dio una liberalità così grande che meriti contraccambio. Nostro Signore da ricchezze di spirito per la povertà di spirito che s'abbraccia per lui. Ma qual è questa po­vertà ? È quella di non cercar se stesso in nulla... di morire al mondo e all'amar proprio, per vivere solo a Gesù Cristo... Ecco la vera e solida virtù. Quando l'uomo agisce in tal modo... allora entra nella vera vita mistica e nella vera unione cui da l'amore con Gesù Cristo.

« Allora, senza lambiccarsi troppo il cervello, senza far letture e speculazioni, la fonte che zampilla fino alla vita eterna s'apre; i lumi divini scendono nell'a­nima, non in qualità di conclusioni tratte colla forza del ragionamento, ma come impeti di grazia, come fiumi di pace, come torrenti di benedizioni... Ecco la strada dei santi; non se ne troverà mai altra, e non ve ne può esser altra fuorché quest'unica ricerca di Dio ».


668    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Nella medesima opera, bisogna leggere a questo proposito, nel 1. II, il' capitolo x, ove l'autore fa vedere qual era lo scopo degli Esercizi di S. Ignazio:

« ricondurre le anime a Dio. Ma non ne segue, ag­giunge egli, che un uomo, ritornando alla solitudine per esercitarsi nell'orazione, debba, per tutta la sua vita, prendere le medesime meditazioni senza omet­tere nessuna delle medesime letture »', Nello stesso luogo è spiegata la massima: « qual è l'orazione, tal è la vita, e quale la vita, tale l'orazione ».

Parecchi obiettano: « Se Dio ci eleva, noi lo se­guiremo, perché Dio ciò fa quando vuole, ma egli non lo fa, e senza ciò noi non possiamo essere santi ». — « A questo, dice il P. Surin, ibid., rispondo che Dio, per elevarli in tal modo, aspetta ch'essi rinun­cino a sé stessi »... perché nostro Signore disse che « Ohi s'umilierà sarà esaltato ».

Nel libro III, e. i: « Quali sono le ricchezze spi­rituali che accompagnano questo stato di cui ab­biamo parlato e in cui vivono quelli che hanno questa pratica di far tutto per Dio e di non mirare che a lui in ogni cosa ?... Nessuno arriva sulla cima del monte (della perfezione) se non soffrendo molte... pene ulteriori o... pene esteriori... Finalmente gli uni e gli altri, dopo grandi fatiche e lunghi esercizi ,di virtù, arrivano sulla cima del monte e lì trovano i beni e le ricchezze... di cui vogliamo parlare. Vi sono due sorta di beni soprannaturali: gli uni sono interamente straordinari, come visioni, parole intcriori, estasi, rapimenti, e cose del tutto fuori del­l'ordine della fede; gli altri, che sono nell'ordine della fede, consistono in lumi e in sentimenti. Io non pretendo qui di trattare dei primi effetti straordinari della virtù, ma dei secondi, che Dio d'acquistò e che ci sono dati in seguito alle nostre diligenze e alla pratica dei consigli di nostro Signore. Circa la qual cosa io dico che, quantunque queste cose e questi ef­fetti siano ricevuti dietro la cooperazione ordinaria . alla grazia, e siano promesse dai profeti e descritte dagli apostoli, tuttavia sono di tal natura, cioè fon­date in una fede così alta, in una speranza così forte e in una carità così viva, che l'uomo che le ha non è meno sicuro dell'essere soprannaturale ed elevato nello stato che supera la ragione e il senso umano e non entra meno nell'esperienza del secolo futuro,


SINTESI E CONTEBMAZIONE            669

che per i doni straordinari che Dio fa a quelli a cui egli riservò questi privilegi. ..

« Passa però questa differenza che le cose straor­dinarie, come le visioni, le estasi, i miracoli, sono cose maravigliose, e contro il corso ordinario della grazia unita alla libertà; e queste invece sono un effetto delle cause ordinarie che Dio mette nell'economia della fede e della grazia ch'egli da a' suoi figli, quantunque per la sua liberalità il tutto arrivi ad .eccessi, che traggono l'uomo da ciò che è mediocre e sorpassino ciò che è nascosto sotto il velo della fede, o, se lasciano il velo, s'accostino così da vicino, che la fede che resta all'anima è d'una misura e di un'altezza che mette l'uomo nell'anticamera dell'e­ternità e nei pregustamenti della gloria. Queste sono cose che quelli che cooperano alla grazia ordinaria possono sperare, e che sono i frutti e le ricompense delle fatiche dei cristiani, di ciascuno dei quali, in qualche senso, si può dire ch'egli può arrivarci e che, se non ci arriva, è colpa sua, avendo gii aiuti che Dio da nella Chiesa e nell'efficacia del sangue di Gesù Cristo, che fu versato per acquistare siffatti tesori agli uomini. Ciò noi diciamo basandoci sulle parole degli Apostoli e specialmente di S. Paolo, che ha sempre sulle labbra le ricchezze incompren­sibili di Gesù Cristo. Of. Eph. in, 8 ». — In questa medesima opera, 1. Ili, bisogna leggere i capitoli seguenti sulla « pace abbondante che Dio da a tutti quelli che si risolvono a servirlo nella perfezione del suo amore », sulla « purezza sensibile e la serenità » che ne risulta, sull'« unione ammirabile con Gesù Cristo nell'Eucaristia », sulle « ferite d'amore ».

L'autore, nel cap. xi, espone i motivi di dichia­rare agli uomini queste cose eccellenti della grazia, invece di tenerle segrete: « È quanto mai a proposito il far conoscere agli uomini quelle cose che possono animare le loro speranze combattute dalle difficoltà... Vi è ancora un motivo che oltrepassa tutto questo ed è il fare tutto puramente per Dio... Mediante gli effetti ben noti della grazia l'uomo intende in che consista un sommo bene; e quand'egli lo può con­cepire, si forma un ardore incredibile verso di lui;

e quando Iddio ne fa sentir qualche cosa, l'anima ri­mane convinta e persuasa ch'ella deve dedicarvisi to­talmente. Onde quelli che ne parlano fanno un'opera


670    PEBFEZIONE CEISTIAISTA E CONTEMPLAZIONE

utilissima e ragionevolissima... È cosa ottima rive­lare agli uomini quello che la carne e il sangue non possono far conoscer loro. Con questo mezzo, come si procura a molti la salute, così se ne possono gua­dagnare alcuni all'ideale della perfezione... Beato colui che... si adoperasse a promettere agli uomini che, se vogliono seguire i consigli di Gesù Cristo, vi sono beni infiniti da guadagnare,... poiché egli promise che il centuple di ciò che s'abbandona si ritroverà fin dal presente, etiam nunc in tempore hoc (Mare., x, 80)... Bisogna far vedere che le promesse di Cristo sono effettuate e compiute nella persona dei santi, come fa vedere la loro vita». Il P. Surin conclude che governandoci col lume della fede e colla coope­razione generosa alle grazie, noi entreremo nel porto desiderato della vita perfetta, ove troveremo queste ricchezze soprannaturali 19i.

Il P. db oaussadh, nel!' Abandon a la providence divine, 1. II, e. i, § 7, p. 67 scrive altresì: « Quello. che si chiama grazie straordinarie e privilegiate è cosi chiamato unicamente perché vi sono anime ab­bastanza fedeli da rendersi degne di riceverle. È quello che si vedrà bene nel giorno del giudizio. Ohimè 1 vi si vedrà che la maggior parte delle anime .saranno state private di queste divine larghezze, non a cagione d'una riserva di Dio, ma solo per colpa loro » 195.             

La medesima dottrina è oggi difesa nella Compagnia di Gesù dal P. Garate nella sua risposta al P. de Maumigny 196,: dal P. Dudon 19Ì, dal P. de la Taille 198, e da parecchi altri teologi. ;

1" A bello studio non aliiamo citato del medesimo autore il Cate­chismo spirituale, ohe tu messo all'Indice a oaglone'tUmolte espressioni inesatte contenute nella traduzione italiana. 01. SAUDKEAÌJTT'ie d'union, III ed., p. 35-t.                                   .      .

116 vedansi I diversi stati d'orazione, del medesimo autore, dialogo Vili, Sul vuoto dello spirito e l'impotenze ohe l'accompagnano, e dialogo IX. Item P. gbott, Massime spirituali, 2* massima.

Bazon y Fé, luglio 1908, p. 323-321.

"' Michel Molinos, 1921, p. 260, 261, 268. Noi riferiamo questi testi del P. Dudon alla fine di questo capìtolo dopo gli errori dei quietisti, p. 673. Il P. Dudon, a proposito del P. de maumiont, S. J., nota, p. 267, n. 1, che quando si paragonano tra loro le varie edizioni della sua Pratica dell'orazione, si osserva facilmente che a poco a poco egli viene a dimo­strare come gliEsercizi di S. Ignazio preparano la contemplazione Infusa.

»• L'Oraison contemplative, Paris, Beauchesne, 1921.


SINTESI E CONFERMAZIONE             671

Nella Eevue d'Ascétique et de Mystique del gen­naio 1923, p. 75, dopo un articolo del Saudreau, il E. P. Bainvei, S. J., riconosce: « Io non ritengo le specie infuse, analoghe a quelle degli angeli, come costitutive dello stato mistico», e a p. 99 si rife­risce l'opinione del P. Watrigant, S. J., secondo la quale la contemplazione è « il coronamento ordinario della vita spirituale perfetta ». Nel medesimo n° p. 97, il R. P. Q. Guibert,'S. J., scrive: .«Per quanto riguarda la frequenza di questo dono (della contemplazione infusa), almeno nei monasteri del Carmelo riformato, il pensiero di S. Teresa non si presta ad alcun dubbio; abbiamo già ricordato qui (li, p. 408) il celebre testo delle Fondazioni, e. 4, quale fu restituito dal P. Silverio secondo l'auto­grafo della Santa (Obras, t. 5, p. 34; cf. t. 4, p. xxvi, nota) e dov'ella afferma che, in ciascuna di queste mansioni, se Dio ne conduce una o due per la via della meditazione, le altre (todas las demos) sono giunte alla « contemplazione perfetta e talune ai rapimenti ».

Circa S. Alfonso vedasi quello che abbiamo detto più sopra, p. 526-527; cf. saudeeau, Gradi della Vita spirituale, t. II, n. 27, 46, 61, 80, 102, 163.

Errori quietisti e semiquietisti.

Come si può vedere dalle 68 proposizioni di mi­chele molinos condannate nel 1687 (Denzinger, Enchiridion, IO» ed., n. 1221-1288), il quietismo devia totalmente dalla dottrina tradizionale da noi esposta, e specialmente nei punti seguenti:

1° Secondo lui, l'uomo deve annichilire le sue fa­coltà, perché il voler agire offende Iddio, che vuoi essere solo ad agire in noi. L'attività è nemica della grazia, i voti di compiere certi atti sono un impedi­mento alla perfezione. Non operando più, l'anima si annichilisce e ritorna al suo principio, che è l'es­senza divina, in cui ella si trasforma; allora non vi è più che una realtà, Dio stesso che vive e regna nell'anima, che ha ridotto al nulla la sua azione. Tal è la via inferiore, nella quale l'anima non pro­duce più atti di cognizione ne d'amor di Dio, e non pensa più alla vita eterna, ne alle pene dell'inferno;


672     PE,BFEZ):ONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

essa non deve più desiderare di conoscere se sia gradita a Dio, ne riflettere sopra i suoi atti, o sopra i suoi difetti da correggere. Non deve desiderare la propria perfezione e salute, ne chiedere a Dio qualche cosa di determinato, ne rendergli grazie, ne guada­gnare indulgenze, ma deve abbandonarsi a Dio perché egli faccia in lei, senza di lei, la sua divina volontà. Non ha più bisogno di resistere positivamente alle •tentazioni, di cui ella non ha più da tener conto.

Nell'orazione, secondo Molinos, colui che si serve d'immagini o di concetti proprii, non adora Dio in spirito e verità. Non bisogna ricorrere alla medita­zione discorsiva quando Iddio non parla all'anima, perché egli non parla mai, ma opera sempre nell'a­nima quand'ella non lo impedisce co' suoi ragiona­menti e colle sue operazioni. Bisogna dunque re­stare nell'orazione in una fede oscura, in un riposo in cui uno dimentica ogni pensiero distinto relativo all'Umanità di Gesù o anche alle perfezioni divine, alla Santa Trinità, e restare in questo riposo senza produrre alcun atto. Questa cognizione di fede oscura non è un atto prodotto dalla creatura, ma un cono­scimento che le viene da Dio soZo, e che noi pos­siamo avere senz'averne coscienza; altrettanto bi-;. sogna dire dell'amore. È questa la contemplazione acquisita, in cui bisogna restare per tutta la vita, se Dio non solleva alla contemplazione infusa (Den-zinger, 1244).

Da ciò si vede che la contemplazione acquisita, che Molinos consigliava a tutti, era una passività acqui­sita a piacimento mediante la cessazione d'ogni ope­razione; così egli attribuiva alla contemplazione ac­quisita quello che è vero della contemplazione infusa, e con un tratto di penna sopprimeva tutta l'ascesi e la pratica delle virtù considerata dalla tradizione come la vera disposizione alla contemplazione infusa e all'unione a Dio. Perciò pretendeva che la distinzione delle tré vie: purgativa, illuminativa e unitiva, sia la maggiore assurdità che sia stata detta in mistica, poiché vi è una sola via per tutti, la via interna (Denz., 1246).

Secondo questi principii egli sosteneva che la con­templazione continui durante il sonno, che il disgusto delle cose spirituali sia buono, che la divozione sen­sibile sia spregevole, che le anime inferiori non de-


SINTESI E CONFERMAZIONE             67^

vano far atti per prepararsi alla santa comunione ne dopo per render grazie a Dio, che non debbano pregar vocalmente, nemmeno dire il Pater, che non debbano far atti d'amore riguardo ai Santi, alla S. Vergine o all'Umanità del Salvatore. L'uso dei sacramenti e la pratica delle buone opere, secondo lui sono cose indifferenti.

.Ne seguiva ancora che le tentazioni del demonio sono sempre utili, anche quando portano ad atti diso­nesti, e che allora non è necessario far atti delle virtù contrarie, ma che bisogna rassegnarsi, perché questo ci rivela il nostro nulla e ci conduce al dis­prezzo di noi stessi. Così, secondo Molinos, la con­templazione acquisita ci conduce alla morte mistica ^ all'impeccabilità (Denz., 1275-1286). È una ca­ricatura della mistica tradizionale che così è fal­sata radicalmente in tutti i suoi principii.

Circa siffatte aberrazioni dei quietisti, vedasi la recente opera del P. Dudon, S. J. : Michel Molinos. Leggendola si riscontra che uno dei principali errori del quietismo spagnuolo fu il considerare come ac­quisita a piacimento (mediante la soppressione degli atti) l'orazione di quiete, che in realtà è infusa, •come dimostra S. Teresa (IV Mansione). Dopo l'e­same di questi errori, il P. Dudon formula conclu­sioni presso a poco identiche alle nostre: « Non vi è contemplazione degna di questo nome salvo la con­templazione passiva. E Dio nella sua provvidenza comune, ne favorisce quelli che, per la generosità eroica della loro virtù, si mostrano degni d'essere trattati da amici privilegiati, ancorché sia cosa vana il pretendere di misurare da ciò la santità delle anime... 199. A quelli che oltrepassano la misura co­mune nel suo servizio, Dio suole dare se stesso e i suoi segreti in una misura non comune. Appunto perché le delizie e gli splendori della contemplazionei sono un pregustamento della visione beatifica, il' Signore, per solito, le dispensa come una « corona. di giustizia», come direbbe S. Paolo. Questi doni gratuiti sono . generalmente ricompense meritate » (p. 260-261). — «Secondo certi spirituali non sospetti,, come secondo Molinos, esisterebbero direttori che.

"• alvabbz de paz, De iny, pcicis,.!. V, p. II, o. in; S. fbanoesco ni salbs, Trattato dell'Amor Si Dio, 1. VII, e. 7.

43 — Perfezione e Contemplazione.


674    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

hanno il torto di voler costringere tutte le anime a passare per un medesimo stampo di meditazione 200;

è una disgrazia; perché se le anime fossero lasciate libere di rispondere alle chiamate della grazia, nella Chiesa di Dio vi sarebbe un molto maggior numero di contemplativi» (ibid., p. 267). «Nondimeno a chi vorrà scrutare a fondo la questione della rarità della vita contemplativa, apparirà, io penso, mani­festamente che siffatta rarità si spiega colla fiac­chezza umana, molto più che col fatto dei direttori mediocri ». Ibid., p. 268.

*   *   *

II semiquietismo di Fénelon, condannato nel 1699' (Denzinger, n. 1327-1349), abbracciava gli errori relativi all'amor puro. Il principale consisteva nel-l'insegnare che nello stato di contemplazione perfetta l'anima entra in una specie di annichilamento com­pleto, e si trova davanti a Dio interamente rassegnata alla sua santa volontà, in un'indifferenza assoluta re­lativamente alla propria salute o alla propria con­danna. Anche questa è una stravaganza che distrugge l'obbligo della speranza cristiana, come se i precetti divini potessero contradirsi. In realtà essi si cor­roborano gli uni cogli altri. Colla speranza noi de­sideriamo di possedere Iddio senza subordinarlo a, noi, per certo 201, e colla carità che vivifica la spe­ranza invece di distruggerla, noi amiamo Dio per se stesso; e per glorificarlo eternamente noi deside­riamo la nostra salute e quella delle altre anime;. così lo zelo della gloria di Dio e della salute delle anime è l'ardore d'un solo e medesimo amore che

"i" II P. Dudon nota, ibU., p. 267, n. 1: »Lo ScaramelU è declsissimo> nelle sue preferenze per la meditazione. Così il Rodrigue?, nonostante alcuni passi più larghi nei suoi capitoli vi, xn e xm del suo trattato, dell'Orazione ». Su questo punto vedasi il Surin, Trattato dell'Amar Si;

Dio, 1. II, e. x, e 11 Suarez, de Religione, tr. X, 1. IX, e. vi.

201 Cf. II-II, q. 17, a. 5 : « Utrum spes sit virtus theologica >; of. Com-mentarium Cajetani, n. vi: «Aliud est concupiscere hoo mihi, et alina concupisoere hoe propter me ». Se noi desideriamo un bene inferiore» un frutto per esempio, noi lo subordiniamo a noi, come un mezzo ad un fino, ma non è così se noi desideriamo un bene ohe ci è infinitamente su­periore, ctie è il nostro fine ultimo.


SINTESI E CONTEEMAZIONE            675

orima va a ^10' e P01 ^estende a noi e • al nostro prossimo.

Tra gli errori del semiquietismo bisogna ancora notare i seguenti: « Vi è uno stato di contemplazione così sublime e perfetta, che diventa abituale, per tal modo che ogni volta che l'anima prega, la sua ora­zione è contemplativa e non discorsiva. Allora ella non ha mai più bisogno di ritornare alla meditazione e a" suoi atti metodici ». — « I santi mistici esclusero dallo stato delle anime trasformate l'esercizio delle virtù»; cf. Denzinger, n. 1342-1347.

Fénelon, che si sottomise umilmente alla condanna calpestando ogni amor proprio, fu indotto in errore specialmente da un'edizione falsificata dei Tratteni­menti Spirituali di 8. Francesco di Sales, pubblicata a Lione nel 1628 da un certo Drobet. Questa edi­zione interpolata colle sue addizioni e colle sue omis­sioni fu più volte ristampata, ed una di queste copie aveva ingannato Pénelon 202.

Abbiamo notato più sopra, p. 250, 260, quello che

10 stesso Bossuet dice del carattere ordinario della contemplazione infusa iniziale descritta da lui nella se­conda fase di ciò ch'egli chiama « orazione in fede e di semplice presenza di Dio » 20S.

sm II Sig. Eugenio Lévesque pubblicò lo scritto di Fénelon Intitolato Examen des principales questions agitées pendant les Conférences d'Issy (Anserà, Siraudeau, 1917), accompagnato eia rettificazioni scritte dal­l'abate Saudreau per mettere queste pagine d'accordo coi migliori autori mistici.

"' Infatti, nell'ammirabile opuscolo Slodo breve e facile per fare l'o­razione m fede e di semplice presenza di Dio, egli dice : 11 La meditazione è assai buona a suo tempo e assai utile al principio della vita spirituale;

ma non bisogna lermarcisi, poiché l'anima, per la sua fedeltà nel morti­ficarsi e nel raccogliersi, riceve di solito un'orazione più pura e più in­tima, che si può chiamare di semplicità... L'anima, lasciando adunque

11 suo ragionamento, si serve di una dolce contemplazione ohe la tiene pacifica, attenta, e suscettìbile delle operazioni ed impressioni divine, che lo Spirito Santo le comunica: ella fa poco e riceve molto...

« Questa vera semplicità ci fa vivere in una continua morte e in un perfetto distacco... Dopo la purgazione dell'anima nel purgatorio delle sofferenze per cui bisogna necessariamente passare, verrà l'illuminasione, il riposo, la gioia, per l'unione intima con Dio... La migliore orazione è quella in cui l'anima si abbandona di più ai sentimenti e alle disposizioni •che Dio mette nell'anima, e in cui si studia con maggior semplicità, umiltà e fedeltà di conformarsi alla sua volontà e agli esempi di Gesù Cristo. 11 Questo corregge certe espressioni inesatte delle Istruzioni sugli Stati d'orazione, I. VII (1697).


676                  PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

I doni- dello Spirito Santo nella vita ascetica , e la 'disposizione alla contemplazione.

Per terminare, .svolgeremo qua,nfo abbiamo detteL.pm sopra, p. 330 ss., 359, 363, 488, sull'ufficio dei doni nella vita. ascetica. Essi v'intervengono in un modo sia I/utente e abbastanza frequente, sia manifesto ma raro. Ì'l'ell'introduzione, p. xm, dicevamo, col P. Gerest nel suo recente Momento della 'Vita spirituale: Nei princi­pianti i doni dello Spirito Santo sono piuttosto latenti, le ispirazioni alquanto manifeste sono date a rari intervalli, vi è ancora poca attitudine a profittarne, 1-a docilità allo Spirito Santo è debole'; l'anima ha soprattutto coscienza della sua attività. — Nei pro-ficienti i doni dello Spirito Santo cominciano a ma­nifestarsi, specialmente i doni inferiori del timore, della scienza (purificazione passiva dei sensi), della pietà; questo, che è nella volontà, pare intervenga specialmente nell'orazione di quiete, dove solo la vo-. lontà è cattivata; cf. sopra, p. 274. L'anima più docile profitta maggiormente delle illuminazioni ed ispirazioni inferiori. — Nei perfetti i doni superiori si manifestano più notevolmente e in modo più fre­quente; il dono dell'intelletto nella purificazione pas­siva dello spirito, il dono della fortezza e del con­siglio nelle prove concomitanti, finalmente il dono •della sapienza nell'orazione passiva della via uni­tiva perfetta.

Perché nei principianti i doni dello Spirito Santo non intervengono generalmente se non in modo la­tente? Prima perché, come abbiamo spiegato più sopra, p. 472 s., col P.. Lallemant, i peccati veniali an­cora frequenti tengono come legati i doni dello Spi­rito Santo; questi peccati commessi in gran numero


SINTESI E CONFERMAZIONE             677

escludono le grazie - necessario per produrre gli atti dei doni dello Spirito Santo. Secondo, bisogna fare silenzio nell'anima propria per ascoltare l'ispirazione dello Spirito Santo; se siamo preoccupati delle cose esterne e di noi stessi, ascoltiamo noi stessi. Ed anche quando, colla mortificazione e coll'umiltà, noi abbiamo imposto silenzio alle nostre passioni, l'ispirazione dello Spirito Santo resta misteriosa, è come un istinto confuso, un'illustrazione ancora molto oscura : « Lo Spirito soffia dove vuole e tu ne odi il suono, ma non sai d'onde venga, ne dove vada» (Joan., m, 8). L'attrattiva spirituale che Dio mette in noi, non è ancora altro che il germe vago d'un avvenire noto a Lui solo; .attrattiva verso l'orazione, verso il rac­coglimento, primo indizio in un fanciullo d'una voca­zione contemplativa. Perseverando nell'umiltà & nella conformità alla volontà divina, bisogna meritare che tale istinto manifesti più chiaramente la sua origine divina e la meta verso cui ci porta. Così l'ispirazione diventerà sempre più luminosa, incalzante e frequente.

Tuttavia alle volte, nella vita ascetica e nei prin­cipianti l'ispirazione dello Spirito Santo e il modo d'operare sovrumano sono abbastanza apparenti, sia che si tratti dei doni inferiori, per esempio, del dono del timore e della scienza, per farci vedere la gravita del peccato, sia che si tratti d'illuminazioni passeggere dei doni dell'intelletto e' della sapienza, per manifestarci la grandezza di Dio e de' suoi co­mandamenti. Allora vi sono degli atti mistici isolati e di breve durata che non costituiscono'uno stato; in tal modo vi sono atti di contemplazione infusa in ciò che parecchi chiamarono contemplazione acqui­sita 201.

'M In essa vi è anche un influsso latente del dono della pietà, o dei doni della scienza, dell'intelletto e della sapienza, e con ciò essa è come il primo Inizio della contemplazione infusa, che è la contemplazione


678    PERFEZIONE CRISTIANA E CONTEMPLAZIONE

Ma per lo -più nella vita ascetica Vispirawn'e dello Spirito Santo e il modo sovrumano d'operare restano latènti. Tuttavia non bisogna dire che allora i doni non operino « modo suprahumano » ; questo modo esiste ma resta abbastanza nascosto. Abbiamo detto, che è come quando una brezza leggera accom­pagna il lavoro dei rematori; si ha più coscienza di operare .che di essere mossi. Per esempio l'ispira­zione divina, invece di farci conoscere direttamente quello che dobbiamo pensare, dire, fare o evitare, c'induce a pregare con questa intenzione o ci sug­gerisce direttamente quello che conviene, facilita la nostra ricerca invitandoci ad aprire il Vangelo, ci ricorda un capitolo o un versetto, ci da una maggiore docilità riguardo ai Maestri, ad un S. Agostino, ad un S. Tommaso, nelle cui opere noi troveremo più facilmente la luce.

Senz'ammettere che i doni dello Spirito Santo in­tervengano in tutti gli atti buoni del giusto (non si vede affatto il loro influsso negli atti di carità notevolmente inferiori al grado in cui è in noi questa virtù, actus remissi) 206, noi, colla maggior parte dei teologi, riteniamo che sarebbe falso il dire che il loro intervento sia riservato agli atti eroici o straor-dinari. Se il loro influsso è dominante e appariscente negli atti eroici, esso estendesi qualche volta ad una moltitudine di circostanze della vita cristiana comune, quando ci vuole una maggior prontezza per domare le passioni, per resistere alle tentazioni del mondo o del demonio, per praticare nel medesimo istante

propriamente detta, la contemplazione senz'altro, di cui, come abbiamo •velluto, parlano tutti 1 grandi autori dopo la meditazione semplificata.

Perciò il P. teodobo di S. giuseppe, C. D., nella sua recente opera Essai sur l'oraison selon l'école carmSlitame, 1923, riconosce, p. 76, ohe la distinzione fra la contemplazione acquisita e quella infusa « è speri­mentalmente impercettibile in certi casi .particolari ».

"r Ot. supra, p. 310.


\                SINTESI E CON.FEKMAZIOME             679

delle virtù apparentemente opposte, la prudenza del serpente e la semplicità della colomba, la fermezza e la mansuetudine, l'umiltà e la magnanimità; spe-cialmente quando la nostra infermità personale ri­chiede un soccorso più efficace. Senza l'ispirazione divina non è facile evitar di toccare qualche nota falsa sulla tastiera delle virtù. In tal maniera noi abbiamo distinto tré gradi dei doni, corrispondenti a quelli della carità. Con questo s'accordano bene i diversi testi di S. Tommaso relativi a questa que­stione 206.

"" Tu obiettato; S. Tommaao, II-II, q. 45, a. 5, dice che la sapienza, la quale fa conoscere 1 misteri più alti in modo da potere manifestarli agli altri e dirigere il prossimo, non è comune a tutte le anime in stato di grazia, ma appartiene piuttosto alle grazie gratis datae, tra le quali S. Paolo, I Oor., su, cita infatti il linguaggio della sapienza, i senno sapientiae i.

Questo testo di S. Tommaso, come dimostra 11 Gaetano (76id,) e come più volte abbiamo notato, non si oppone per nulla a tutti quelli che abbiamo citato nel corso di quest'opera. In quest'articolo il santo Dottore si domanda se il dono della sapienza trovasi in ogni uomo in stato di grazia, anche in quelli che perderono l'uso della ragione (et. ad 3). Ed è chiaro ohe non potrebbe trovarsi in tutti i giusti l'alta sa­pienza che è ordinata all'istruzione e alla direziono del prossimo ; questa appartiene piuttosto, specialmente in quanto alla sua espressione <sermo), alle grazie gratis datae ossia carismi. S. Tommaso si spiega più a lungo, I-II, q. Ili, a. 1 e a. i, ad 4. In quest'ultimo luogo egli dice:

« La sapienza e la scienza non sono poste tra le grazie gratis datae, in quanto sono esse doni dello Spirito Santo, cioè in quanto ci rendono. docili allo Spirito Santo per conoscere ciò che è della sapienza e della scienza. Ma sono annoverate tra le grazie gratis datae in quanto esse comportano una tale abbondanza di scienza e di sapienza che l'uomo possa non solo ben giudicare delle cose divine, ma anche istruire gli altri e confutare i contradditori, allora esse si chiamano sermo sa-Vientiae et scientiae. ' Vedasi pure I-II, q. Ili, a. 6, ad 1 : « La grazia g-ratis data è ordinata al tiene comune della Chiesa. »

Invece il dono della sapienza è in tutti i giusti, ed essendo connesso colla carità (I-II, q. 68, a. 5), come disposizione abituale infusa esso sì sviluppa colla carità. Da esso procede la contemplazione infusa che, dall'orazione di quiete all'unione trasformante, resta spesso nascosta, e nota solo all'anima che ne gode e al suo direttore; essa è immediatamente-•ordinata alla santificazione di quest'anima, e quindi appartiene non alle grazie gratis datae, ma all'ordine della grazia santificante. Questo grado di sapienza e il grado di carità corrispondente non è certamente in tutti 1 giusti, ma ogni anima generosa può arrivarci.


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Nella vita mistica l'influsso dei doni dello Spirito Santo diventa, ad un tempo frequente e manifesto, prima quanto ai doni inferiori, poi quanto ai doni più alti.

Vi sono dei mistici molto .più di altri propensi al­l'azione; in essi si vedono soprattutto i doni della. pietà, del consiglio, della fortezza, meno visibilmente quelli dell'intelletto e della sapienza. In tutti, nella notte passiva dei sensi, si manifestano anzitutto i doni del timore e della scienza. A poco a poco la contemplazione infusa apparisce sotto forme svariate, secondo che nelle anime predominano l'intelletto, la. volontà, o la memoria e l'attività tutta pratica.

In questa contemplazione infusa il modo sovrumano diventa sempre più manifesto; non già ch'esso esiga specie o idee infuse come certe visioni e rivelazioni;-ma il lume infuso del dono dell'intelletto e della, sapienza ci fa penetrare e gustare molto più intima­mente i grandi misteri della fede, e l'ispirazione divina attrae altresì la nostra attenzione sopra idee che già avevamo e che non ci avevano colpiti, oppure avvicina due di queste idee per farne scaturire una, luce nuova, inaspettata. È cosa abbastanza manifesta per un direttore illuminato 2OT.

Di più, nella vita mistica il modo sovrumano dei doni diventa frequente nel medesimo tempo che ma-

20' Cosi il predominio del modo sovrumano del doni diventa mani­festo, dimeno per un direttore sperimentato, senza diventare ancora ma­nifesto per l'anima stessa, come nota S. Giovanni della Croce trattando della notte passiva dei sensi e di quella dello spirito. Ot. Notte, 1. I, o. ix;

1. II, o. vi; — Salita, 1. II, o. ix e xil. Cosi Giovanna di Chantal, come. abbiamo veduto a p. 662 s., disse delle sue figliuole : «Tutte tanno capo qui (all'orazione infusa di quiete), senza quasi conoscere che vi siano. »— II predominio manifesto, di cui parliamo, spesso non è tale se non per un direttore illuminato, perché le anime stesse hanno spesso il dono della contemplazione senza saperlo.


SINTESI E CONFERMAZIONE             681

nifesto; le ispirazioni diventano numerose, incalzanti, e l'atto di contemplazione che ne risulta può prolun' garsi tanto da meritare d'essere chiamato uno stato^ come si dice « stato di coscienza » o « stato d'anima ». Le espressioni «.stato d'orazione i>, «stato passivo o-mistico », sono abbastanza in u'so dal secolo xvn. Bossuet ci lasciò le sue Istruzioni sugli stati d'orazione, I termini « stato mistico o passivo » designano al­lora sia un atto prolungato, un'orazione infusa di qualche durata, sia una facilità a quest'atto, cioè un» disposizione prossima e stabile a ricevere l'illumi-nazione dello Spirito Santo, principio dell'atto di con­templazione e .dell'atto d'amore che l'accompagna. II primo dei due significati è il più frequente, come SÌ vede, almeno .dal contesto, nella maggior'parte dei grandi autori 208.

Tutto questo: conferma quello che noi non abbiamo cessato di dire nel corso di quest'opera, cioè che la vita mistica è caratterizzata dal predominio in noi dei doni dello Spirito Santo e dal modo sovrumano d'o­perare che ne risulta 209. L'anima che vive così so-

"" Con ciò si risolve l'obiezione fatta parecchie volte: un atto non S-uno stato. Certamente, un atto perfetto non basta a costituirci nello". stato di perfezione ; ma quando si dice : n stato d'orazione r o 11 stato-passivo i), la parola stato non richiede VimmobilHà richiesta, per esempio». nello stato religioso, in una condizione di vita abbracciata una volta per sempre fino alla morte. — Vi è una stabilità sufficiente allo stato-mistico per il (atto che i doni che suppone sono un abito permanente e-termo giunto ad un grado elevato. Nella vita ascetica vi sono sola­mente atti mistici isolati, nel senso che abbiamo spiegato.

at" La differenza specifica delle virtù e del doni fa sì ohe vi sia più d'una semplice differenza di grado tra la vita ascetica e la vita mistica, poiché la prima è caratterizzata dal predominio del modo umano delle-virtù, e l'altra dal predominio d'un modo d'operar specificamente di­stinto, divenuto frequente e manifesto. Ma S. Giovanni della Croce e i più dei maestri insegnano che il momento preciso in cui comincia. la contemplazione infusa sfugge ad ogni accertamento. « Quando il divin raggio ' della contemplazione invade l'anima,... la purifica e 1& riempie della sua divina luce spirituale senso- ch'ella se n^vveda e mentre-s'immagina di trovarsi nelle tenebre » (Salita, 1. II, e. ix). « Questo lume infuso a volte è così delicato, così sottile, soprattutto quand'è del


•682    PERFEZIONE CBISTIANA E CONTEMPLAZIONE

prattutto sotto il' regime dei doni è entrata nell'inti­mità di Cristo, e per mezzo di Lui nel regno di Dio, «che regna veramente sempre più in lei. La strada ohe vi conduce è quella dell'umiltà del cuore, che

•ci fa amare di essere nulla perché Dio sia tutto:

« Nisi efficiamini sicut parvuli, non intrabitis in re-.gnum caelorum », « Confiteor libi, Poter, Domine

•caeli et terrae, quia abscondisti haec a sapientibus

•et prudentibus et revelasti ea parvulis ».

Noi ritorniamo così al principio enunciato all'inizio

•di quest'opera : "      .

Si crede di non poter aspirare alla contemplazione

•.infusa, si diffida persino e ci si priva dei beni inef­fabili che ne derivano, perché si è confuso contem­plazione infusa e rivelazioni o visioni. '

Senza cadere in questo grossolano errore, quanti s'immaginano che contemplazione mistica sia sino­nimo di lumi sublimi e di consolazioni inebrianti! E perché queste anime provano solamente tenebre e de­solazioni, aridità e distrazioni, esse credono di essere assai lontane da Dio, inette alla contemplazione, quando forse sono già assai avanzate in essa. Altre invece, ebbre di consolazioni sensibili o trasportate

" -dalla loro immaginazione, si figureranno di essere molto contemplative e non avranno ancor nulla della contemplazione infusa. Non è l'avere molti pensieri •e consolazioni nell'orazione che può far concludere di essere nello stato mistico. Questo può benissimo non essere se non il risultato del lavoro del nostro

tutto puro, semplice, perfetto, ohe l'anima, pur possedendolo, non la rileva e non lo sperimenta » (loid., o. sii).—Cosi non si misura di più il passaggio dalla giovinezza all'adolescenza. Un direttore sperimentato "potrà tuttavia riconoscere abbastanza presto la contemplazione in­fusa nascente mediante i tré segni elassici del Taulero spiegati da S. Gio--vanni della Croce. Si spiega anche come il dono della contemplazione si possa meritare almeno de eonaruo e che come sia normale l'ottenerlo quaggiù, per opposizione alla visione beatifica che esclude il concorso dell'immaginazione.


SINTESI E CONFERMAZIONE             683

spirito e il frutto della nostra tenerezza naturale, eccitata dalla grazia; queste gioie, per quanto siano eccellenti, restano sempre lavoro umano. La con--templazione mistica comincia ordinariamente da una grande aridità, da una certa impossibilità di produrre atti distinti, e questa difficoltà di discorrere è uno dei tré segni che 8. G-io vanni della Croce esige. Cf. sopra, p. 414.

Quando s'incontra una di queste anime distaccate dal mondo, avide di perfezione, che non provano ee non disgusto e impossibilità nel meditare, bisogna dirle con S. Giovanni della Croce (Salita, 1. II, e. 13, 14), che Dio la chiama alla contemplazione. Ella non ha più da fare sforzo per ritornare al suo antico metodo, e per produrre atti distinti diversi da quelli che sì presenteranno affatto naturalmente sotto l'in­flusso dei doni dello Spirito Santo. Il direttore al­lora deve prendersi senza timore la responsabilità di quello ch'ella crede essere una perdita di tempo ed ozio. « Quest'anima, dice S. Giovanni della Croce, avanza molto più presto che se camminasse da sé;

ancorché ella non lo senta, Iddio la porta... Benché sia tentata di credersi inattiva, tuttavia ella opera assai più realmente che se lavorasse di per se stessa, perché allora è Dio stesso che opera in lei » {Viva fiamma, str. 3). S'ella segue fedelmente questa via, e ci vuole del coraggio nelle purificazioni. Dio non si mostrerà a lei ' quaggiù tal quale è, siculi est, ma sì nell'oscurità della fede, Egli la toccherà nelle pro­fondità del suo essere, là dove le facoltà hanno la loro radice. Senz'alena intermedio di figure o d'im­magini, mediante la sola effusione dei doni dell'in­telletto e della sapienza, le farà sempre meglio pe­netrare e gustare le verità della fede, .e si renderà quasi sperimentalmente presente a lei.

Molti non comprendono se non a lampi quest'ordine di fede viva, che le loro abitudini inferiori fanno loro


jg8A    PERFEZIONE OEISTIA-NA E CONTEMPLAZIONE

chiamare falsamente consolazioni sensibili.. Invece è un irradiamento affatto spirituale della fede e dei doni nell'intelletto e il'compimento di queste parole di nostro Signore ; Qui aufem diligit me, dilige'tur'-a. Patre meo, et ego diligam. eum, et manifestabo ei meipsum (Joaii., xiv, 21).           


Bando alla fretta!

iq una febbre, che si scambia per vita intensa, benché sia una malattia il cui progresso condurrebbe alla morte, oggi quasi tutti vogliono correre a furia. Presunzione e precipitazione, che del resto sono ben presto seguite da pigrizia e da disillusione, perché non hanno potuto trovare quello che si cercava così avidamente e così male.

Il fanciullo, l'adolescente, più ancora che in altri tempi, vuole fare l'uomo prima dell'ora. A quattor­dici anni vuoi leggere tutti i libri che trova nella biblioteca del babbo: medicina, letteratura, filosofia. Con ciò egli perde l'incanto dell'adolescenza; allora si dice che entra nell'età ingrata. Egli non si assi­mila ne quello che conviene alla sua età, perché lo disprezza stoltamente, ne quello che vorrebbe assi­milarsi, perché ciò non conviene se non a un'età più avanzata, ed egli non ha ancora la facoltà di af­ferrarlo o di capirlo. Sfiora queste cose superiori, credendo di possederle, e, non assimilandole, le ri­getta; e non le possederà forse mai, perché le ha volute gustare troppo presto. Egli fa pensare a un bambino, che disprezzasse, il latte e volesse un cibo più forte prima di avere i denti per triturarlo.

Tanto più si sente oggi il giovane e la giovane pron.unziarsi.su ogni cosa. Perché hanno frequentato, qualche corso-di storia della filosofia, credono di co-


686                  CONCi/usiourE

noscere Aristotile e S. Tommaso, Kant e Schopen-hauer. Vogliono prematuramente vagare per tutte le regioni del mondo letterario e filosofico antico e moderno. Leggono tutto, prima dell'età, con una pre­sunzione e una leggerezza incredibile, senza potere discernere affatto il vero dal falso, il bene dal male. Come il bambino di cui parlavamo, essi non si as­similano ne quello che conviene alla loro età, ne quello che conviene a un'età più avanzata.

Anche se sono meglio diretti e applicati allo studi» dei grandi maestri tradizionali, come S. Tommaso, essi non ne fanno che uno studio frettoloso, senza sufficiente assimilazione, senza riflessione vissuta . e pratica. A volte questo studio non oltrepassa il ver­bale e l'immaginativo, o se si solleva un po' più in alto, l'intelligenza speculativa si sviluppa nell'a­stratto, senza che la volontà e la vita morale tragga serio vantaggio .da questo progresso. Ne risulta al­lora uno squilibrio, una deformità; una facoltà è ipertrofica e l'altra resta senza forza, come avviene nel corpo di un bambino che non cresce come bi­sogna, e che diventa un nano. Abbiamo qui propria­mente quello che fu chiamato nel senso peggiorativo della parola, l'intellettualismo; esso però non è la le­gittima affermazione del valore dell'intelligenza, che deve dirigere le altre facoltà, bensì l'abuso dell'ai-'' tività intellettuale, a scapito della vita morale o della formazione del caratterei, del senso pratico, del--l'energia e della perseveranza che esso esige.

Questo difetto del nostro tempo raggiunge anche la vita spirituale. A vent'anni, sotto pretesto di istruirsi, molti vogliono leggere i più grandi mistici, S. Giovanni della Croce, S. Teresa, Ruysbroeck; si sprezzano autori ascetici come il venerabile Luigi di Granata. Questa lettura prematura e precoce non permette affatto di raggiungere la. dottrina sostan­ziale di questi grandi mistici.. Anche qui si sfiorano


CONCLUSIONE                  68?

quelle cose superiori, che non avranno più la fre­schezza della novità e appariranno come cosa. già. veduta, quando, più tardi, si dovrebbero leggere con profitto. Si crede di capire queste pagine, quando» non se ne ha che un'idea del tutto superficiale e sovente anche falsa. In quello che si legge, si vuoi cogliere tutti i fiori, e si dimentica che se si col­gono tutti i fiori di un albero, non verranno mai £ frutti. Si è vagamente inteso qualche cosa in un modo» ' più immaginativo che intelligente, o spesso anche in. un modo verbale; ma il cuore, la volontà, non ne. hanno tratto alcun profitto. A volte è un verbalismo-dei più pretensiosi: si sono copiati indici di materie,, che si sono forse ridotti a sinossi, e si è creduto di possedere qualche cosa.

Da ciò il pericolo di falso misticismo, pericolo di fare del simile, cioè di confondere la sonnolenza, du­rante l'orazione, con l'orazione di quiete, o di pren­dere le prime aridità e desolazioni per la notte pas­siva dei sensi o anche per la notte dello spirito;

ciò che è il colmo del ridicolo, Si crede così di aver progredito assai, quando non si è che principianti,. e neppure principianti che crescono come si deve. Tal è il caso di coloro che non si assimilano ne il cibo-dell'infanzia, ne quello dell'adolescenza e che preten­dono di essere arrivati all'età adulta.

Così era dei quietisti; la loro dottrina, suppo­nendo le anime perfette, quando non lo sono, non. le può condurre alla perfezione; ma, bisogna ripe­terlo, fa di loro dei nani deformi, nei quali fanno! lega le più alte .pretensioni mistiche e i più gravi difetti, la presunzione più audace e la noncuranza-più sconcertante, la pigrizia spirituale più invete­rata . Abbiamo qui alcun che di analogo a ciò che? avviene nei popoli che non sono ancora maturi per la democrazia. Non convenendo questo regime se-non ai perfetti, ai virtuosi e ai competenti capaci


<688                   CONCLUSIONE

di, condursì da soli, se un gran popolo, trovandosi forte ancora assai lontano dall'età adulta, rovescia il regime di autorità di cui ha bisogno, per vivere prematuramente in regime di democrazia, esso non raggiungerà" mai l'età adulta, ma il democratismo lo condurrà per la demagogia all'anarchia, all'oppres­sione delle minoranze scelte per una maggioranza ingannata da mestatori e da finanzieri. Le facoltà superiori d'intelletto e di volontà cadranno sotto la

•servitù dei sensi e delle passioni, che i furbi sanno lusingare.

Il pericolo del nostro tempo, che, in tutti gli, or­dini, corre a precipizio, è particolarmenté grave,

•quando si tratta della vita soprannaturale, in cui l'umiltà è tanto necessaria. -L'orgoglio infatti è il principio di ogni peccato, è l'orgoglio più pericoloso è l'orgoglio nascosto, soprattutto l'orgoglio intellet­tuale, e più ancora l'orgoglio spirituale e mistico,

•che, per la sua sottigliezza, raggiunge, per perver­tirle, le cose più alte. Come" correggere questi due difetti contrari che spessissimo si seguono: la pre­sunzione e la pigrizia spirituale ?

*   *   *

Molti errori pratici nella vita spirituale provengono dal fatto che si dimentica di considerare che, se in

•ogni cosa bisogna anzitutto volere il fine, questo .non si effettua o non si ottiene che in ultimo luogo. Come dice spesso S. Tommaso: il fine è primo nel­l'ordine d'intenzione e ultimo nell'ordine di esecu­zione (I-II, q. 1, a. 4). Il malato vuole anzitutto la salute prima dèi rimedi, ma solo dopo l'applica­zione di questi riceve la salute. L'architetto conce­pisce la chiesa, che vuole costrurre,, in tutta la sua Altezza sul piano che egli ne fa, ma quando passa all'esecuzione, deve evidentemente cominciare. dalle


CONCLUSIONE                  689

fondamenta, e non dalle volte. JSTelFordme materiale bisognerebbe esaere '.pazzi per allontanarsi da questo ' elementare buon'1 senso. Nell'ordine spirituale, av­viene che uno se ne allontani più facilmente sènza badarvi; molti sembrano voler cominciare dalle volte o dalle guglie, e non dalle fondamenta, la costruzione dell'edifizio spirituale,, o, per usare un'altra imma­gine, pare che vogliano volare prima di avere ali.

In questo articolo, vorremmo richiamare al pen­siero quale è nella vita spirituale la portata del prin­cipio che abbiamo ora ricordato, e sarà un modo di completare praticamente quello che spesso abbiamo detto circa la via normale della santità, nella quale, contrariamente ai quietisti, bisogna evitare la pre­sunzione e la pigrizia spirituale, non avanzando ne troppo presto, ne troppo tardi, ma come vuole il Signore, fortiter et suaviter.,

*   *   *

L'intenzione del fine deve precedere, non occorre dirlo, la considerazione e la scelta dei mezzi, e tanto più la loro esecuzione.        .

Quali devono essere, fin dal principio della vita spirituale, le qualità di questa intenzione?

L'intenzione del fine dev'esser retta, pura, elevata ed efficace, e ciò fin dal principio del nostro viaggio e fino al suo termine; senza ciò tutti gli atti, che devono seguire, non potrebbero avere ne rettitudine, ne efficacia.

Dev'esser retta, secondo la dirczione della retta ragione, rischiarata dalla fede. In altri termini, deve essere indirizzata con la massima purezza allo -scopo che il Signore stesso ci assegna. È quello .che G-ésù ci dice nel discorso del Monte (Matth., vi, 22): «Se il tuo occhio è sano, tutto il tuo corpo sarà 'nella luce; ma se il tuo occhio è cattivo, tutto il tuo 'corpo

A4 — Perfezione e Contemplazione.


fi90                  CONCLUSIONE

sarà nelle tenebre». .Così se la nostra intenzione , e retta e pura, tutta la nostra vita, ispirata da essa, sarà nella luce.                   

li'intenzione dev'essere elevata: « Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, dice nostro Signore, e tutto il resto vi sarà dato per giunta» (Matth., vi, 33). Noi dobbiamo desiderare anzitutto il nostro fine ultimo soprannaturale, la vita dell'eternità, il possesso inamissibile di Dio mediante la visione beatifica, e la beatitudine che ne deve derivare. La nostra intenzione adunque non potrebbe essere troppo elevata; per essa noi dobbiamo costantemente tendere a Dio, senza limitare la nostra aspirazione a un determinato grado di gloria, perché non sappiamo quale ci sia riservato. Dobbiamo pure tendere alla piena perfezione, che è quaggiù attuabile, come al 'preludio della vita eterna. Per questo nostro Signore cominciò il suo primo dis­corso sul monte parlando agli uomini delle beatitu­dini. Non vi è soggetto più elevato e più opposto alle .massime dell'umana sapienza: « Beati i poveri, i miti, quelli che piangono, quelli che hanno fame e sete di giustizia, i misericordiosi, quelli che hanno il cuor puro; beati i pacifici, e quelli che soffrono persecu­zioni per la giustizia ». Queste beatitudini, dice San Tommaso dopo S. Agostino, sono gli atti più alti 'delle virtù e dei doni 1, eppure nostro Signore ne parla fin dal principio della sua predicazione, per mostrare alle anime la meta verso la quale devono tendere, l'ideale a cui devono aspirare. Per la stessa ragione S. Tommaso comincia l'esposizione della teo­logia morale 2 con le- questioni del fine ultimo e della beatitudine del cielo. Il fine, che è ultimo nel­l'ordine di esecuzione,, deve infatti essere primo nel­l'ordine d'intenzione.

' Cf. I-II, q. 69, a.. 1 e 2. " I-II, q. 1 e 2.. ,


CONCliUSIONE                   691

In terzo luogo' l'intenzione dev'essere efficace, e tale deve anzi diventare sempre più, altrimenti non s'impiegheranno i mezzi, a volte penosi, che son ne­cessari per il conseguimento di questo fine; si indie­treggerà di fronte alla croce. Molti si contentano qui di un amore di ammirazione del fine intraveduto, amore che è poco più che una velleità. A questo pro­posito nostro Signore ci dice (Matth., vii, 21): « Non tutti quei che mi dicono: Signore, Signore, entreranno nel regno de' cieli, ma sì colui che fa la volontà di mio Padre, che è ne'' cieli ». Non basta un bell'idea­lismo, che non effettua nulla,    -

Ma in senso inverso s'ingannerebbero anche quei che, volendo essere del tutto pratici, dicessero: « A me basta la via purgativa », e non volessero aspirare a un grado più alto. La via purgativa, come la mor­tificazione, non è che un mezzo, in vista dell'unione con Dio, che bisogna anzitutto efficacemente desi­derare; senza questo non si avrebbe il coraggio di praticare effettivamente le virtù della via purgativa, la rinunzia, della quale si pretende .di voler conten? tarsi.      '   :      :.'    / •        .!   . ..     ;

Poiché il fine è primo nell'ordine d'intenzione, la perfezione cristiana non; sminuita dev'essere, fin dal • principio della vita spirituale, vivamente desiderata, voluta con una volontà retta, pura, elevata' ed effi­cace, e in proporzione che ci avanziamo, queste qua­lità dell'intenzione devono aumentare con la Carità, che deve sempre crescere quaggiù nelle anime nostre per i nostri meriti e per la frequente comunione.

*   *   *

, Dopo l'intenzione del fine, bisogna passare alla considerazione e alla scelta dei mezzi, poi alla loro esecuzione. Questa considerazione deve discendere dalla vista del fine desiderato a quella dei mezzi che


692                     CONCLUSIONE

gli sono subordinati, fino ai mezzi infimi, ma indis­pensabili, che sono da usare tutti i giorni nella pra­tica dei doveri del nostro stato, forse modestissimi, secondo la condizione in cui la Provvidenza ci ha collocati. Non bisogna trascurare qui la considerazione di ciò che S. Francesco di Sales chiama le piccole virtù, che sono come i fiori della carità e- senza le quali le relazioni col prossimo diventano tese e quasi impossibili: dolcezza, affabilità, prontezza a rendere servizio, a interpretare le cose in buona parte, eco... Non bisogna contentarsi qui di vaghe generalità sul fine intraveduto; non basta dire: « Bisogna fare tutto per amore di Dio » ; bisogna vedere ogni giorno in che consistano i doveri del nostro stato, che sono uno dei grandi mezzi di santificazione per noi, di conformità alla volontà di Dio. Non bisogna trascurarli per una pietà idealista e sentimentale, male intesa, che non sia che un pio sogno. Bisogna discendere così fino ai particolari 'dei mezzi da impiegare per santificarsi nella vita quotidiana, perché i nostri atti umani sono atti contingenti -e particolari, da porsi Mo et nune, in circostanze determinatissime. Qui bisogna essere attenti a tutte le direzioni dell'ubbidienza, e la pru­denza deve valersi di tutto ciò che può assicurare la rettitudine del nostro cammino in avanti, nelfam-biente in cui ci troviamo, nei nostri rapporti coi nostri superiori e coi nostri uguali.

Sotto questo aspetto non vi è nulla di piccolo nella vita cristiana: gli atti più semplici, necessari per la pratica dei doveri di stato più elementari hanno qual­cosa di grande per il loro' rapporto al fine ultimo soprannaturale e alla carità che deve ispirarceli in vista di questo fine. Si comprende così che la per­fezione non consiste nel fare cose strepitose, straordi­narie, ma nel fare straordinariamente bene le cose or­dinarie della vita cristiana: assistere' bene alla santa messa, prepararsi seriamente alla santa comunione,


CONCLUSIONE                   693

far bene il ringraziamento, e vivere di' questo tesoro di vita divina, praticando i nostri doveri con una in­tenzione sempre più pura e più ferma, nonostante le difficoltà e le traversie, con quello che noiStro Signore chiama « la fame e la sete della giustizia di Dio ».

*   *   *

Finalmente, mentre la considerazione dei mezzi deve discendere fino ai mezzi infimi, l'esecuzione si deve elevare da- questi sino alla meta da conquistare. Essa deve essere un'ascensione continua. Comincia coi mezzi inferiori indispensabili, che si devono in­segnare .ai principianti, sotto pena di compromettere il loro avvenire spirituale, proprio come, per'andar ,a fare una visita a un grande personaggio, si deve prima vedere se si ha un abito conveniente, o per preparare un dottorato in una Università, bisogna prima farvisi inscrivere e seguirvi i corsi.

Qui in questa ascensione, non bisogna avanzarsi a furia e arrivare al termine più presto che non bi­sogna. 'Al nostro tempo di vita febbrile, si vuole spesso condurre le intelligenze e le volontà -a ma­turità prima del tempo, come, in una serra calda, si fa a volte maturare i frutti prima della stagione. Ma se un frutto è maturo troppo presto, non si con­serva e non tarda a diventare mezzo.

»   *   *

Che cosa ci dice nostro Signore per farci guarire da un simile difetto ^-Notavamo che egli cominciò la sua predicazione con • le beatitudini, per mostrarci la meta altissima verso la quale bisogna camminare:

« Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato per giunta » (Matth., vi, 33).


694                 CONCLUSIONE

Ma quando si tratta di passare all'esecuzione, di co­minciare a camminare verso questa meta così alta intraveduta e desiderata, nostro Signore, specialmente nel formare i suoi apostoli, insiste sull'umiltà. 'Egli che non cessa di elevare il loro cuore, dice anche:

« Se voi non diventerete simili a bambini, non en­trerete nel regno de' deli» (Matth., xvin, 3). Ei-cordiamoci in quale occasione furono pronunziate queste parole. Gè lo dice S. Marco. Egli riferisce che Gesù, viaggiando con gli apostoli attraverso alla Galilea, annunzio loro la sua Passione, ma essi non capivano le sue parole e temevano d'interrogarlo. « Arrivarono, dice S. Marco (ix, 32), a Cafarnao. Quando fu in. casa, Gesù domandò loro: Di che par­lavate voi per la strada? Ma essi serbavano i] silenzio, perché per la strada avevano discusso tra loro chi fosse il più grande. Allora si sedette, chiamò i Dodici e disse loro: Se uno vuole essere il primo, sarà l'ultimo di tutti e il servo di tutti ». Ecco ve­ramente, nel linguaggio così semplice e così elevato di Gesù, l'opposizione dell'ordine d'intenzione e di quello di esecuzione: per raggiungere questo fine così alto che è la santità, bisogna cominciare dall'umiltà.

:;: Quanto più alto dev'essere l'edifizio spirituale, tanto più l'escavazione, necessaria alle sue fondamenta, deve essere profonda; anzi non basta approfondirla da prin-

••cip io, una volta per tutte; in proporzione che questo edifizio si alzerà, bisognerà rendere più profonda

. questa ©scavazione, l'umiltà dovrà crescere con la carità. Ecco .quello che Gesù Cristo vuole dire a'' suoi .apostoli. « Poi, dice S. Marco, preso un bam­bino, lo mise in mezzo a loro; e, dopo averlo abbrac­ciato, disse loro: Chiunque riceve in nome mio uno di questi piccoli, riceve me ; e chiunque riceve me, non riceve me, ma Colui che mi ha mandato ».

S. Luca (ix, 46) riferisce parimenti che gli Apo­stoli non intesero l'annunzio che Gesù loro fece allora


CONCLUSIONI)                  696

della, sua Passione: « Ora un pensiero si insinuò nella loro mente, cioè, quale tra loro fosse il più grande. Gesù, vedendo i pensieri del loro cuore, preso un bambino, se lo pose accanto e disse loro: Ohi accoglie in nome xnio questo fanciullo, riceve me; e chi accoglie me, accoglie Colui che mi ha mandato. Perché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è il più grande ». S. Matteo (xvm, 4) riferisce la spiegazione di queste ultime parole: « C hi dunque si farà umile come questo;

bambino, sarà il più grande nel regno de' deli». 'Il bambino è esente da orgoglio, da malizia, da con­cupiscenza, da rancore, dimentica presto il male che gli si fa; poi, è semplice, cosciente della sua debo­lezza e domanda il soccorso di suo padre e di sua madre.                      ''

Così dev'essere il cristiano di fronte a Dio, per entrare nel regno de' cieli; esente da orgoglio, sem­plice, cosciente della sua debolezza. Agli umili da Iddio la sua grazia. Così noi stessi siamo .portati a piegarci davanti al bambino, per aiutarlo a dargli tutto quello che possiamo, mentre voltiamo le spalle al piccolo pretensioso, che, per una ridicola vanità, ha perduto l'incanto e la semplicità dell'infanzia.

Il cristiano veramente umile comincia e continua come conviene il suo -viaggio verso l'eternità; senza alcuna precipitazione, arriverà a un grado altissimo. Egli non desidera in modo sregolato la sua propria eccellenza, non si stima degno di grandi cose; ma quanto più è umile, tanto più ama Dio e desidera di glorificarlo, disprezzando la sua propria eccellenza la cui ricerca diminuirebbe in lui l'irradiamento della gloria divina.               '       .

Questo spirito d'infanzia Spirituale è stato inse­gnato da tutti i santi, specialmente dai fondatori d'Or­dine, nella formazione dei loro discepoli. Il Signore stesso, ci ricorda, in questi ultimi tempi, in un modo. singolarmente eloquente e persuasivo, questo spirito


696                    COITCÌXJSIONE

nella, persona di S. Teresa del Bambino Gesù. Se ne faceva sentire il bisogno, poiché al nostro tempo, a cagione della sua presunzione e della sua febbre, non si conoscevano più queste qualità della vera in­fanzia, senza le quali non si avranno mai quelle del­l'adolescenza ne quelle di un'età più 'avanzata. Nello Stesso tempo che ci ricorda l'umiltà, S. Teresa del Bambino Gesù ci dice tutta la confidenza filiale che noi dobbiamo avere in Dio, e tutto quello che Egli è pronto a darci per attirarci più intimamente a Lui. Ci mostra mirabilmente le grazie -sempre nuove di luce e d'amore che si trovano nella via normale della santità.'

Per questo, non si-tratta di ricevere la verità in , un modo solamente intellettuale, come ascoltando un corso interessante con attenzione. Bisogna che tutta l'anima, intelletto e volontà, riceva il vero e il bene, che le sono proposti, in una dottrina che, come il dono della sapienza 3, è a un tempo speculativo e pratico., dottrina di vita.

Bisogna ricevere umilmente per gli intermediar! che Dio volle pet noi e che hanno grazia di stato per illuminarci. .Ricevere « come un bambino », dice nostro Signore, " con. semplicità, mettendo subito in pratica, quello ohe vien detto; perché, qui, è per la pratica che si va alla teoria, in questo senso che per la pratica delle virtù ci disponiamo , a ricevere la contemplazione veramente vivente e -saporosa dei mi­steri della salute.

Così riceve colui che è entrato. in quella infanzia spirituale, di cui parlava Gesù a''. suoi discepoli, • e che è agli antipodi delle infantilità di una vana e stolta pretensione. La presunzione, volendo elevarsi troppo non raggiunge neppure i gradi inferiori della

" II-II, q. 45, a. S: « Sapientia, secundum awoS èst Sonuiri, non solum

est speculativa, sed etiam 'practica. »                          '


CONCLUSIONE                  697

scala spirituale. Lo spirito d'infanzia, del quale parla Gesù,- dispone , invece ad arrivare in tempo normale. alla vera maturità, che non può venire che nell'ora fissata da Dio.

Passa così una, grandissima differenza tra un intel­lettuale sollecito d'istruirsi 'su tutto ciò che lo in­teressa e un contemplativo. Nostro Signore vi fa al­lusione, dicendo : «Io ti rendo grazie, o Padre, di aver nascosto queste cose. ai prudenti e ai sapienti, e di averle rivelate ai piccoli ». S. Giuseppe che non era un intellettuale, fu certo uno dei più grandi con­templativi di tutti i tempi; chi può dire l'aumento di carità, d'intelletto e di sapienza che riceveva dal Verbo di Dio fatto carne, quando, nel silenzio della casa di ÌSTazaret, lo contemplava con amore! Il santo Curato d'Ars, che neppure lui era un intellettuale, fu altresì nel suo villaggio un grandissimo contem­plativo, lui che non vedeva il bene immenso che compieva tutti i giorni, ma che vedeva elevarsi sempre più l'ideale del sacerdozio, e se ne riputava sempre più lontano.

Per essere contemplativi, bisogna non avere l'a­nima gonfia d'orgoglio, bisogna, essere semplici e umili, e riguardo a Dio come dei bambini. « Deus super'bis resisti!, humilibus autem dai gratiam » (Jac.» iv, 6). Dio da la sua grazia agli umili, e li fa umili per ricolmarli. Allora il suo'regno si stabilisce ve­ramente nella loro anima, nel loro intelletto, nella loro, volontà, nel loro cuore.

*   *   *

Finalmente si raggiunge l'ideale intraveduto e de­siderato al primo giorno, secondo' il principio che citavamo cominciando: in ogni cosa bisogna prima considerare e volere il fine, che non si raggiunge che in ultimo luogo. Non bisogna trascurare i mezzi


698                  CONCLUSIONE

inferiori, indispensabili per la pratica quotidiana dei doveri del nostro stato, a volte modestissimi; non bisogna correre a precipizio, ma affrettarsi lenta­mente, e. finalmente si arriva alla meta. Come diceva un santo direttore: « Quando si lavora così per il buon Dio, si arriva a fare più e meno. che non si era sognato » ; meno perché fino alla meta restano delle lacune che si era sperato di colmare più presto, e che il Signore lascia, per tenerci nell'umiltà; ma altresì, avanzandosi in. tal modo, si fa di più che non si era sognato, perché il buon Dio, per la sua grazia, feconda i nostri sforzi oltre le nostre speranze. « Deus qui dives est in misericordia... convivificavit nos in Christo Jesu» (Ephes., il, 4). «Dio che è ricco in misericordia, a cagione del grande amore con cui ci ha amati, e allorché per i nostri peccati eravamo morti, ci ha resi vivi con Cristo (per la sua grazia voi siete salvati); ci ha risuscitati insieme e ci fa sedere insieme ne'- cieli in G-esù Cristo, a fine di mostrare nei secoli-futuri l'infinita ricchezza della sua grazia, per la sua bontà verso di noi in Gesù-Cristo ».                 

Una bella vita, si dice, è un pensiero della giovi­nezza attuato nell'età matura, e attuato a volte senza che si sappia, perché l'anima rivolta a Dio, 'non fa più alcun ritorno sopra se stessa.         ,

Si evitano così due scogli:-, quello degli idealisti, che non effettuano niente, o fanno del somigliante, e quello delle persone sedicenti pratiche, che perdono di vista l'altezza del fine da raggiungere.

Gli idealisti spesso si contentano di concepire l'ideale e di ammirarlo; se cercano di effettuarlo, non pen­sano abbastanza ai mezzi inferiori eppure indispen­sabili. Dimenticano che per fare una bella statua di Cristo, non basta avere un bei modello, ma bi­sogna anche vedere se l'argilla, della quale si deve far uso, non sia troppo umida o troppo secca. Essi


CONCLUSIONE                  699

sono attenti solo alla forma, non alla materia, e pos­sono a volte fare dei mostri, applicando una bellis­sima forma a un soggetto che è lontano dall'essere disposto a riceverla. Oppure in fatto di spiritualità fanno del somigliante, dando a principianti una di­rczione che non potrebbe convenire che a persone avanzate.

Al contrario, l'attenzione ai mezzi a volte infimi ma necessari non ci deve far cadere nelle minuzie, come avviene a spiriti meticolosi, che, col ^pretesto di essere pratici, perdono di vista l'altezza della meta da raggiungere. Parlando di questi mezzi infimi, il tono e l'accento devono ricordare la grandezza del fine; bisogna che nella pratica delle virtù morali si senta il soffio e lo slancio' delle virtù teologali, che le devono ispirare, lo spirito di fede, di confi­denza e di amore di Dio.

Perciò conviene leggere libri ascetici scritti da uo­mini spirituali, che, come l'autore dell'Imitazione, non dimenticano che l'ascesi è ordinata alla mistica, come al suo coronamento normale, quello al quale le anime veramente generose arriveranno nell'ora voluta dal Signore.

Così sono risolte molte difficoltà, e si evitano molti errori pratici in fatto di vita spirituale. Non ci s'in­gerisce, come i quietisti, nelle vie mistiche, non si simula prima dell'ora il riposo della contemplazione;

questa è infusa, e Dio solo può darla. Ma egli ha l'abitudine di concederla alle anime veramente umili e generose, che, facendo ogni cosa a suo tempo, non hanno trascurato le piccole virtù, la pratica esatta dei doveri del loro stato, e che per mezzo della co­munione quotidiana, ogni volta più fervente, per mezzo dell'accettazione delle croci, si avviano verso l'in­timità dell'unione divina.

Allora, alla sera della vita, l'attuazione raggiunge l'intenzione prima. Questa fin dal principio doveva


700                  CONCLUSIONE

esser retta, pura, elevata ed efficace; queste qualità non hanno cessato di crescere in lei; si è oltrepassato l'idealismo, si è arrivato a un santo realismo, che non è stato comprato con la diminuzione dell'ideale, ma con la fedeltà costante a Colui solo che può, come ho detto, dare la vita e darla abbondante­mente: Veni ut vitam habeant, et abundantìus ha-beant (Joan., x, 10).


INDICE ALFABETICO

A

Abbandono, p. 557; et. Pwificasione passiva della speranza e della carità.

Abitazione dello Spirito Santo, 127 ss., 281-284, S01-S03, 504-507.

Abitudini (habitus) acquisite e abitudini infuse, 58, 56.

Aowrdo dei Maestri circa il carattere normale, sebbene eminente, della contemplazione infusa, 594-671. Il Van­gelo e S. Paolo, Introduzione, p. xv ss.; l'insegnamento dei Padri greci, 595 ss.; dei Padri latini, 602 ss.; la dottrina spirituale degli Ordini antichi. Benedettini, Oisteroensi, Canonici regolari. Certosini, 610 ss.; la mistica domenicana, 622 ss.; la mistica francescana, 8. Bonaventura, 647 ss.; la mistica del Carmelo, 650 ss.;

S. Francesco di Sales e 8. Giovanna di Chantal, 661 ss.;

gli spirituali e la Compagnia di Gesù, 663 ss. — Queste pagine, per informazioni su questi autori, rimandano al corso dell'opera.

Amar di Dio. Il precetto dell'amor di Dio è senza limiti, 188. Secondo S. Agostino e 8. Tommaso, la perfezione della carità cade sotto il precetto, non come la materia o cosa da compiersi immediatamente, ma come il fine a cui ogni cristiano deve tendere, ognuno secondo la sua condizione (Introduzione, vili), 190 ss., 203 ss. Il precetto dell'amore superiore a tutti i consigli, 190, 193 ss. — Tré conseguenze: 1° Nella via di Dio il non progredire è un indietreggiare, 199 ss. ; gli atti imperfetti, remissi, 200 ss. 2° L'acceleramento normale del progresso dell'amor divino di mano in mano ohe l'anima si avvi­cina a Dio, 207. 3° Grazie attuali che ci sono progres­sivamente offerte per conseguire questo scopo, 209 ss. — I dieci gradi dell'amor divino secondo S. Bernardo, S. Giovanni della Croce e secondo l'opuscolo 61 attri­buito a S. Tommaso, 620, 640-641.


702               INDICE ALFABETICO

Amar del prossimo, quello che dev'essere nei perfetti, 174, 177-179.

Aridità, nella notte dei sensi, 164, 167, 396-397.

Ascetica, ohe cosa è, 1 ss.; sua relazione colla Teologia morale, 2 ss.; colla teologia mistica, 4 ss. Distinzione dell'ascetica e della mistica e l'unità della dottrina spirituale, 14-35.

Atti diretti dell'intelletto e della volontà, prodotti sotto l'ispirazione speciale dello Spirito Santo, superiori al ra--gionamento e alla deliberazione umana, 316, 319, 324-327. — Cf. Orasia operante, 321, 324-326; grazia coope- ;

rante, 323.                                          ;;

Aumento della grazia e della carità, 204 ss. ; il suo accelera- ; ' mento nella vita della S. Vergine e nella vita dei santi,? 207-209.

Avanzati. Secondo S. Giovanni della Croce sono, come i:. profìcienti, nella via illuminativa o via di contempla­zione infusa, 166. Difetti degli avanzati, 166.

Asiane e contemplazione, 669, 560.

B

Beatitudine del cielo, 116-122.

Beatitudini evangeliche, loro relazione coi doni dello Spi­rito Santo, 327 ss.

Carità, virtù infusa, 48, 64, 126. La perfezione consiste specialmente nella carità 132, 139-143. Il precetto della carità è senza limiti, è superiore a tutti i consigli, 191-198. La perfezione della carità cade sotto il precetto non come materia, ma come fine, 198. Vedasi Amor di Dio.

Chiamata: Diversi sensi della parola « chiamata », 373 ss. Chia­mata generale e remota alla contemplazione infusa, 266, 374, 383-412. Tré prove principali di questa chiamata, vedasi Indice generale e. V, a. il. Chiamata individuale e prossima, i tré segni di S. Giovanni della Croce, notati anche dal Taulero, 413-418. — Chiamata pros­sima sufficiente, 418 ss. ; chiamata efficace, 420 ss., 458 ss. ;

ai gradi inferiori della vita mistica, 421, 423; ai gradi superiori, 422. — Soluzione delle obbiezioni contro questa dottrina, 465-472.

Cielo, unione fruitiva del cielo, 116-122. .Cima dello spirito, 603, 505-506. Cf. Fondo dell'anima e Tocchi divini.                            '••'••

Comunione, partecipazione al sacrifizio della Croce perpe­tuato sopra l'altare, 333, 583.


INDICE A1PABETICO                703

Condizioni ordinariamente richieste alla contemplazione infusa, 426-440.

Confusioni da evitare nell'esposizione della dottrina tradi­zionale sopra la contemplazione, 504-509.

Consiglio, dono del consiglio, 331; suoi tré gradi, ibid.

Consigli evangelici, 193; tutti i cristiani devono avere lo spirito dei consigli, 204. I consigli e l'imperfezione, differenza tra questa e il peccato veniale, 472-480.

Contemplazione. Varii sensi di questa parola, 240 ss. — La contemplazione detta acquisita corrisponde a ciò che S. Teresa chiama orazione acquisita di raccoglimento, 247-250. — Quello che i grandi mistici chiamano « con­templazione » senz'altro, è la contemplazione infusa, 251-256. È generalmente una contemplazione oscura, generale, indistinta, per opposizione a quello che S. Gio­vanni della Croce chiama cognizione soprannaturale, particolare e distinta, per rivelazioni, visioni o parole inferiori, 350 ss., 475 ss., 592, 682. Nella contempla­zione infusa si possono distinguere i movimenti: rette, 352, spezzato, 352, circolare, 353. — Le grandi tenebre secondo Dionigi, S. Tommaso, la B. Angela da Foligno,, 350, 355-356. — Descrizione dei gradi della contem­plazione infusa secondo S. Teresa, 264, 274-286. — Come si distingue dalle grazie straordinarie che a volte l'accompagnano, ibid., 481-504. — Quello che la con­templazione infusa non richiede essenzialmente, 289-299. Vedasi Indice generale, e. IV, a. iv. — Eelazione della contemplazione infusa coi doni dell'intelletto e della sapienza, cf. ibid., e. IV, a. v e vi, p. 301 ss., 343 ss. — In che cosa la grazia della contemplazione infusa diffe­risce dalle consolazioni sensibili, 155, 362, 395-397, 682. — La contemplazione infusa è un atto che procede in quanto alla sostanza dalla fede infusa, in quanto al 'suo modo dal dono della sapienza o dell'intelletto, 364-366. — Chiamata alla contemplazione e desiderio della contemplazione, vedi Chiamata. — Nel desiderio della contemplazione infusa devono unirsi l'umiltà e la magnanimità, come ogni preghiera dev'essere umile e fiduciosa, 448; come questo desiderio è tutt'altro da quello delle rivelazioni, 490; com'è espresso da S. Efrem^ 596, da S. Diadoco, 596 ss., da S. Bernardo, 612 ss. Cf. Doni, Umiltà, Merito, Ostacoli.

Contemplazione ed azione apostolica, 559, 560, 607. La con­templazione non .è ordinata all'azione come un mezzo subordinato a un fine, ma la produce come una causa eminente e sovrabbondante, 559 ss. Identiche relazioni tra l'Incarnazione e la Redenzione, ibid. Il fine d'un Ordine apostolico è dunque la contemplazione che frut­tifica per l'apostolato, e non l'apostolato a cui venga subordinata la contemplazione; per questo la sua vita è superiore alla vita attiva e alla vita puramente con-


704                INDICE ALI-ABETICO

templativa, 560, nota 16. — La contemplazione infusa è generalmente concessa ai perfetti, almeno come atti isolati, ma spesso come stato d'orazione di qualche durata, 383 ss., 394, 401 ss., 594-675. — Contemplazione sovreminente, ohe procede dal dono della sapienza e dal lume profetico, 341, 652-653, 654.

Coscienza dello stato di grazia non richiesto allo stato mistico, 290.

Croci, cf. Purifieasioni passive dei sensi e dello spirito e prove concomitanti, 157 s., 278-280, 395-400.

D

Difetti dei principianti, 153 ss.; degli avanzati, 156. — II peccato veniale e l'imperfezione, 472-480.

Dimore, vedi Mansioni.

Dio e le sue perfezioni, oggetto principale della contempla­zione, 350 ss., 356-359.

Disposisioni alla contemplazione infusa, 426-439, 676 ss.

Distrazioni durante l'orazione affettiva e quella di quiete, 274-277.

Divozione sensibile troppo ricercata dai principianti, 154, 395 ;

cf. Purifieasioni passive dei sensi. — La vera divo­zione, 138, 397; a Maria, suoi gradi, 578 ss.

Doni dello Spirito Santo. Sono specificamente distinti dalle virtù acquisite e dalle virtù infuse, per il loro motivo formale e per il loro modo d'operare, 301. Il motivo for­male è l'ispirazione dello Spirito Santo, ed è questa una regola o diresione sovrumana, ohe ha per conseguenza un modo d'operare sovrumano, 304 ss. — I doni dello Spirito Santo sono necessari alla salute, a cagione del modo imperfetto ohe conservano in noi le virtù infuse anche elevate, 307 ss. — II modo sovrumano dei doni che prima è latente, 359 ss., 376 ss., per rimediare alla suddetta imperfezione, deve prevalere sul modo umano delle virtù, fin dall'entrata nella via illuminativa, e più ancora nella via unitiva, 313-315. Predominio progres­sivo del modo divino del dono della sapienza nell'ora­zione, 359 ss. — La vita mistica è caratterizzata dal predominio del modo dei doni, sopratutto dal dono della sapienza, predominio divenuto frequente e mani­festo, per un direttore sperimentato, 359-680. In certe anime perfette questo predominio è appariscente, in altre è diffuso, ma reale, 362 ss. — Relazione dei doni dello Spirito Santo colla contemplazione infusa, 330-342, 347-352. — II terso grado dei doni è d'ordine mi­stico, 330-342. — L'influsso dei doni sulla vita ascetica è sia latente e abbastanza frequente, sia manifesto ma raro, Introduzione, xm; 330, 359, 363, 676 ss. — Nella vita mistica è insieme frequente e manifesto, 360 ss.,


INDICE ALFABETICO                705

680 se. — II dono della sapienza può esistere in un grado altissimo, senza essere accompagnato da grazie gratis datae, 679, nota 206.

E

Effetti dell'orazione, 231; della contemplazione infusa, re­lativamente alle virtù, 274, nota 40; 275, 278, 283.

EmicJle (Virtù), 57, 185, 393, 400.

Eroismo, richiesto alla piena perfezione della vita cristiana, 184-187, 393.

Esame di coscienza: lo sguardo sopra se stesso non deve essere separato dallo sguardo sopra Dio, 441.

Estasi totale o parziale, 272, nota 39; 279; a volte è conse­guenza naturale della contemplazione infusa in un certo grado, 483; altre volte, come il rapimento, precede in qualche modo la contemplazione infusa e dispone ad essa, 279, 483, 484.

Eucaristìa e la contemplazione, 583 ss.

E

Savori straordinari che a volte accompagnano la contem­plazione infusa, 481-504; rivelazioni, 486 ss.; visioni, 492 ss.; parole interiori, 496 ss.

JFede, sua soprannaturalità essenziale, 58 ; si fonda immedia­tamente non sull'esame razionale dei miracoli, 57,. ma sull'azione increata per cui Dio rivela la verità, 58-61;

la grazia della fede ci fa aderire infallibilmente a que­st'azione rivelatrice, alla parola increata, 53-66. La grazia della fede eleva così il nostro intelletto e la nostra volontà ad un ordine infinitamente superiore a quello della vita naturale degli angeli, e ci da asilo nell'immutabile; questa dottrina è uno dei fondamenti della mistica, 66-73, 400. Altro concetto della sopran­naturalità della fede, 57, 58, 64, 73, 74.— Le purifica­zioni passive dello spirito mettono in un potente ri­lievo il motivo formale affatto soprannaturale della fede infusa, 157 s., 278-280, 399 ss. La contemplazione infusa procede dalla fede in quanta alla sostanza, e dal dono dell'intelletto o della sapienza in quanto al suo modo, 364-366 ss. Quello che S. Giovanni della Croce chiama Fede è la fede teologale unita ai doni dello Spirito Santo che le corrispondono, 364.

renomeni mistici straordinari che a volte accompagnano la contemplazione infusa, 481-504; non bisogna attac-oarvisi, ne desiderarli, 488, 492, 499; questo desiderio distoglie dalla vera contemplazione. 488.

46 — Perfezione e Contemplazione.


706                INDICE ALFABETICO

Fondo dell'anima e tocchi divini, 282, 501 ss., 603, 606, 606. l'ortensia (Dono della), 333; suoi gradi, 333 ss. Frutti dello Spirito Santo, 367-371.

G

Gesù Cristo, mediatore; come, per l'Eucaristia soprattutto, egli conduce all'unione divina, 578 ss., 583-593.

Giusto mezzo della virtù morale, 566 as. ; moderazione e misura» opposte a mediocrità, 567. Le virtù teologali non possono consistere essenzialmente in un giusto mezzo, 568 ss.

Gradi della carità e dei doni che le sono connessi, 163-187,:

203-208, 330-342, Introduzione, xnr.

Gradi dell'sragione infusa o dello stato mistico, secondò. S. Teresa, 261-286.

Grazia abituale, partecipazione fisica e formale della natura. divina, 48-52. — Essa è la vita eterna cominciata, semen gloriae, 122-127. Vedi .N'atura e grazia.

Grazia attuale sufficiente ed efficace, 77. — La grazia in­trinsecamente efficace, 77 ss., 94 ss., 543 ss. — Grazia at­tuale comune e ispirazione speciale dello Spirito Santo,. 315, 316, 323, 324 ss. — Grazia operante e grazia coope­rante, 321-326.

Grazie gratis datae (carismi), come differiscono dalla grazia santificante e le sono inferiori, 481-486. Il dono della, sapienza può esistere in un grado elevatissimo senza es­sere accompagnato da grazie gratis datae, 679, nota 206.

Gusto di Dio, diverso dalla divozione sensibile, 362.

Idee infuse, non necessario alla contemplazione infusa, 291,

Illuminativa (Via), secondo S. Giovanni della Croce comincia. colla contemplazione infusa iniziale, concessa sotto forma d'atti isolati o di stato di purificazione passiva-dei sensi, 155, 421, 423.

Illwminasione dello Spirito Santo, 349 ss. Cf. Ispirazione.

Immaginazione, il suo concorso non è necessariamente escluso nella contemplazione infusa, 289, 291; ordina­riamente vi è un concorso impercettibile dell'immagi­nazione, 292-293.

Imperfezione e peccato veniale, 472-480. Imperfezione dei principianti, 153 ss. Imperfezione degli avanzati, 156.

Intelletto (Dono dell'), 335; suoi tré gradi, 335-337; suo ufficio-nella notte passiva dello spirito, 157 s., 397.

Ispirazione speciale dello Spirito Santo, come differisce. dalla grazia attuale comune; sua elevazione crescente, 315, 316, 323-325, 330, 342.


INDICE ALFABETICO                707

L

Lume infuso, senza idee infuse, basta alla contemplazione mistica, 291 ss., 349 ss.

M

Magnanimità e umiltà, 176, 480, 549. Loro unione nel de­siderio della contemplazione, 450, 612-615, 652, 655.

Mansioni descritte da S. Teresa, Introduzione, p. xin; 261... ;

la IV»'mansione, 274 ss.; laV^ 275-277 ; la VP», 278-28] ;

la VII'*, 281-284.

Maria, mediatrice, conduce le anime fedeli all'intimità di Cristo, 578 ss.; i tré gradi della divozione a Maria, 580 ss.

Materializzasione della vita inferiore e della vita intellet­tuale, 562-569. Rimedio, 570 ss. '•

Mediocrità e tiepidezza, 567, 568.

Meditazione e orazione comune, 224-239.

Merito. Si può giungere a meritare de condigno un alto grado di carità e il grado corrispondente dei doni dell'intelletto e della sapienza, considerati come abiti, 331, 456-458. Si può meritare almeno de congrua, ossia con un merito di convenienza, la grazia attuale efficace della contemplazione infusa, 391, 393, 457. Si può otte­nerla colla preghiera umile, fiduciosa, perseverante, 100, 168, 220, 266, nota 12; 296, nota 21; 448, 469. — La contemplazione infusa è un atto meritorio, 289. — Contemplazione ed azione apostolica, 283, 559, 560, 607.

Metodo d'orazione, dev'essere semplice, 225 s. ; spesso utile ai principianti, ibid.

Miracoli, loro soprannaturalità, inferiore a quella della grazia santificante, 51, 53.

Mistica (Teologia). Oggetto, principii e metodo della teo­logia mistica speculativa ossia dottrinale, 1, 6, 11, 12. La teologia mistica sperimentale, modo d'orazione in­fusa, 4, 268. Distinzione dell'ascetica e della mistica, 14-20; loro relazioni, 21-35. — La mistica e la sopran­naturalità essenziale della fede, 55-76. — La mistica e la dottrina, di S. Tommaso sull'efficacia della grazia, 77-110. — Cf. Vita mistica e Teologia mistica.

Mortificazione, 154 ss., 542, 543, 551, 566 ss. Cf. Orgoglio, Difetti.

Mozione divina, tré modi di questa mozione nell'ordine naturale, 316-321; tré modi analoghi nell'ordine della grazia, 321-329.


708                  INDICE ALFABETICO

M

Natura e grazia, 29..., 48, 53, 456, 460, 463, 466, 469, 542, 550-552, 554, 559. La natura decaduta o ferita è meno atta a fare il bene d'ordine naturale di quello che sa­rebbe stata la natura pura, 470, 551. La natura nel senso ascetico della parola, 542, 551, 566 ss.; nel senso fliosofloo, 551. L'armonia perfetta della natura e della grazia non si trova quaggiù se non nella vita unitiva, 29, 32, 33, 48, 157 ss., 395..., 469, 551, 555.

Nemici (Amor dei), 178.

Notte oscura secondo S. Giovanni della Croce, perché l'illu-minazione divina è chiamata notte, 154, 157 s., 397. Notte passiva dei sensi, 154, 395, 618. Notte passiva dello spirito, 156 ss., 278-280, 395-401. In S. Gregorio, 607, in S. Massimo, 600, nel Taulero, 626, nota 115.

O

Orazione acquisita, comune, 224-234. Come si può giungere

alla vita d'orazione e perseverare in essa, 234-239. ^Orazione infusa, 264-271; suoi gradi, 271-274, quiete, 274-

275; unione semplice, 275-277; unione estatica, 279-281 ;

unione trasformante, 281-284. Ordinario e straordinario nella vita spirituale, 39, 256-260.

— La contemplazione infusa è ordinariamente concessa

ai perfetti, 383-412. Vedi Indice generale, e. V, a. li,

455-472. Straordinaria, 481-504. Orgoglio, la notte dello spirito necessaria per distruggere

quanto resta in noi d'orgoglio incosciente, 156, 157,

158, 278 ss., 398 ss., 563. Cf. Umiltà e Magnanimità. Ostacoli alla contemplazione, 440-443, 472-480.

P

Parole soprannaturali, 496 ss.; auricolari, 496; immaginarie, 497; intellettuali, 497; successive, 498; formali, 4:99;

sostanziali, 500. Sono favori straordinari distinti dalla contemplazione infusa, ma che a volte l'accompagnano, ibid.

Peccato veniale e imperfezione, 472-480.

Perfetti, 157, 158, 172, 173, 175-179, 183 ss. Vedi Perfezione.

Perfezione. La perfezione cristiana ossia la vita eterna cominciata, 115-130. Dottrine erronee o incomplete sull'essenza della perfezione, 133-138. — La perfezione sta specialmente nella carità, 139-150. Cf. Amor di Dio. La piena perfezione della carità presuppone le purifi-


INDICE ALFABETICO                 709

cazioni passive dei sensi e dello spirito, 151-162. La piena perfezione della vita cristiana è d'ordine mistico se-, condo la tradizione, 163-184. L'espressione «piena . perfezione » indica non solo l'essenza della perfezione, ma anche la sua integrità normale, 187. La. perfezione e il precetto dell'amore di Dio, 188-198, e i consigli, 193-195. Cf. Imperf esione.

Perfezione relativa, eroismo e santità, 184. I perfetti, secondo S. Giovanni della Croce, hanno attraversato la notte dei sensi e quella dello spirito, 167. Cf. Purifica-. sioni passive.

Pietà (Dono della), 332; suoi tré gradi, 332-333. Questo dono che è nella volontà, è specialmente manifesto nell'ora­zione di quiete in cui solo la volontà è cattivata, 274, 676. Pietà e studio, 563, 670 ss.

Precetto dell'amar di Dio: è senza limite, 188; la perfezione della carità cade sotto questo precetto, non come materia o cosa da compiersi immediatamente, ma come fine. Introduzione, p. vili; 190 ss., 203 ss. — Vedi Amor di Dio.

Preghiera di domanda, principio della sua efficacia, 214-224.

Preternaturale o soprannaturale quoad modum, in quanto al modo, 9, 61-62, 482-483.

Principianti, 178; lo stato dei principianti secondo 8. Gio­vanni della Croce, 163. Difetti dei principianti, 153 ss.

Principii della contemplazione infusa: fede e doni dell'intel­letto e della sapienza, 300 ss., 343 ss., 347, 364-366;

accidentalmente, lume profetico, 341. Vedi Contempla-«ione e Doni.

Profezia, et. Bivela«:ioni private.

Pro-fidenti e avanzati, secondo S. Giovanni della Croce, sono nella via illuminativa o via di contemplazione infusa, 155, 182.

Progresso spirituale per l'accrescimento della carità, delle, virtù e dei doni. Introduzione, p. xm; 188 ss., 199, 330-342, 394-401. Questo progresso dovrebb'essere tanto più rapido quanto più l'anima s'accosta a Dio, analogia colla legge della gravitazione universale, acceleramento della caduta dei corpi, 207 ss.

Prove, cf. Purificaeioni passive.

Prudenza, come questa virtù spesso sia falsificata, 667, 668.

Pmessa del cuore, disposizione alla contemplazione, 432.

Purgativa (Via), Introduzione, fine p. xvi; 153 ss.

Pwrificasione attiva, 153 ss., 542,543,552. Purificazioni passive necessario alla piena perfezione, 151-162. La purifica­zione passiva dei sensi, sotto l'influsso specialmente del dono della scienza, 154, 395. La purificazione passiva dello spirito, sotto l'influsso soprattutto del dono deL l'intelletto, 156, 397; scioglie da ogni lega impura l'umiltà e le virtù teologali, il purissimo motivo formale di queste virtù, 157 s., 278-280, 399 ss. La purificazione


710                INDICE ALFABETICO

d'amore, 279, 281. Le purificazioni passive in S. Gre-.gorio Magno, 606, in S. Massimo, 600, in Ugo di S. Vit­tore, 617, nel TaTilero, 626.

Quiete (Orazione di), 274-275. Influsso speciale in essa del

dono della pietà, 676. Quietismo. Errori quietisti e semiquietisti, 671-675.

R

Baccoglimento acquisito (Orazione di), disposizione alla con­templazione infusa, 247, 264; 267, nota 16. Quest'ora­zione descritta da S. Teresa {Cammino, o. xxvin) diffe­risce dal raccoglimento soprannaturale o passivo che è lo stato mistico iniziale (IV'1 mansione, e. in), 247-250.

Sopimento, 272, nota 39; 279, 483, 484.

Bitardo (Anime in), 201.                               .

Bivelassioni private, grazia straordinaria, distinta dalla con<-templazione infusa, 484. Quello ohe sono queste rivela-,' zioni private, loro certezza, 486-487; si fanno mediante' visioni o mediante parole, 485. Condotta da tenere, 488. -Non bisogna desiderarle, 488-491; è un grosso errore confondere il desiderio delle rivelazioni con quello della contemplazione infusa; il primo è condannabile e dis­toglie dalla contemplazione infusa, la quale è deside­rabilissima, 490. Le rivelazioni propriamente dette, 490, le rivelazioni impropriamente dette, 491.—Nell'unione trasformante l'anima riceve essa la rivelazione del suo stato di grazia e della sua predestinazione, o l'equiva­lente di questa rivelazione? 496, nota 71.

Sapienza (Dono della), 337; suoi tré gradi, 339-341... Lo

Spirito della sapienza nella Scrittura, 344 ss. Il dono della sapienza e la contemplazione infusa secondo la teologia, 347 ss. Predominio progressivo del modo di­vino del dono della sapienza nell'orazione per rimediare al modo imperfetto delle virtù, 359 ss. Questo predo­minio . è appariscente in certe anime perfette, diffuso in altre, 362 ss. Il dono della sapienza può esistere in •un alto grado senza essere accompagnato dalle grazie gratis datae, 679, nota 206. Cf. Vita mistica.

Sviensa (Dono della), 330; suoi tré gradi, 330-331; suo ufficio nella notte passiva dei sensi, 395 ss.

Semplicità dello spirito e del cuore, disposizione alla con­templazione, 433.


INDICE ALFABETICO                711

Soprannaturale, definizione e divisione, 48-52. Il sopranna­turale essenziale (quoad substantiam) e il preternatu-rale o soprannaturale in quanto al modo della sua pro­duzione [quoad modum), 9, 51-52, 482-483.

Specie infuse, non necessario alla contemplazione infusa, 291.

Speranza, purificata nella notte dello spirito, abbandono, 157 ss., 278-280, 400 ss.

Spirito Santo, ai. Doni e Abitassione dello Spirito Santo.

Stato passivo o mistico, 266-270. Questa parola indica sia l'orazione infusa di qualche durata, e allora è un atto prolungato, 271 ss., sia una facilità a quest'atto, una disposizione prossima a ricevere Pillummazione dello Spirito Santo, principio di quest'atto, 680 ss.

Studio e pietà, 563, 570 ss.

Straordinario e ordinario nella vita spirituale, 39, 256-260. — La contemplazione infusa è il frutto d'una grazia eminente, ma non straordinaria per sé; essa è nella via normale della santità, 383-412. Vedi Indice generale, o. V, a. n, 456-472, 481-604.

T

Teologia ascetica e mistica, suo oggetto, 1, 6, 632; suoi prin­cipii, 6; suo metodo, 6-13, 532. Sue relazioni colla Teo­logia dogmatica e morale, 2, 3. — La Teologia mistica dottrinale o speculativa, 1-13; la Teologia mistica spe­rimentale, modo d'orazione infusa, 4, 268. Distinzione dell'ascetica e della mistica, 14-20, unità della dottrina spirituale, 21-25. Questioni di metodo nello studio del problema mistico fondamentale, 627-633. Autorità di S. Tommaao in queste questioni, 511-627.

La Teologia di S. Tommaso e la dottrina spirituale, 542-561.

Tenebre divine secondo Dionigi, S. Tommaso, la B. Angela da Poligno, 350, 355-357.

Tentazioni contro le virtù morali, 164, 395 ss.; contro le virtù teologali nella nottedello spirito, 167 s., 278-280,395-400.

Tiepidesssa e mediocrità, 667, 668.

Timore (Dono del), 332; suoi tré gradi, ibid.

Tocchi divini, 601-504, 504-507.

Trasformasione, vi. Unione trasformante, 281-284.

Trinità, contemplazione della SS. Trinità nell'unione tras­formante, 281.

U

Umiltà: Umiltà e la dottrina della grazia, 86; umiltà, disposi­zione alla contemplazione, 222, 227, 399, 435, 468. — Umiltà e magnanimità, 176, 480, 649; loro unione nel


712               INDICE ALFABETICO'

desiderio della contemplazione, 450, 612-615 (testi di S. Bernardo), 652, 655.

Unione divina, abituale e attuale, 130, 229; unione semplice,. 275-277; unione estatica, 279-281; unione trasformante, 281-284. La visione della SS. Trinità non apparisce' necessariamente legata all'unione trasformante, 282,. nota 71. In questo grado d'unione l'anima riceve per avventura la rivelazione del suo stato di grazia e della. sua predestinazione? 496, nota 71.

Unitiva (Via), Introduzione, p. xvm; 163-184. Non vi sono-due vie unitive, l'una ascetica e ordinaria e l'altra. mistica e straordinaria; la via unitiva nella sua perfe­zione normale è d'ordine mistico, 163-187. Quello che-vi è di essenziale in questa via si distingue dalle grazie^ straordinarie che a volte l'accompagnano, 289 ss., 291 ss.,. 383-412, 481 ss.

Uomo vecchio, uomo nuovo, Introduzione, xvi; 163 ss.» 470.

v

Vie purgativa, illuminativa, unitiva. Introduzione, pp. xn-xvm; 163-184. — Vi sono solamente tré vie e non sei, 163, 164. La via illuminativa considerata nella sua per­fezione normale è già d'ordine mistico, tanto più la via unitiva, per ohi non ne ha un concetto monco, 163-187.

.Virtù acquisite e virtù infuse, 55, 56. Virtù morali infuse» 56, 57. Cf. Giusto messo (moderazione e misura, non me­diocrità), 567. — Virtù teologali, la loro soprannatura­lità essenziale a cagione del loro oggetto formale, 57-75. Le virtù teologali non possono consistere essenzialmente in un giusto mezzo, 568 ss. Virtù sociali, virtù purificanti (purgatoriae), virtù dell'anima purificata, virtù esem­plari, 177. — Le.virtù eroiche sono specialmente quelle dell'anima purificata, dopo la notte dello spirito, 281-281, ma le virtù purificanti (purgatoriae) possono anche essere eroiohe nel corso della purificazione dei sensi e dello spirito, 154, 278, 395, 400.

Vita della grasia, « semen gloriae », vita eterna cominciata, 122-127; nel suo fondo è identica con quella del cielo, 123 ss. ; due differenze principali, 123.

Vita inferiore, e vita intellettuale, come devono armonizzarsi, 562 ss.

Vita mistica, caratterizzata dal predominio del modo so­vrumano dei doni dello Spirito Santo, sopra il modo umano delle virtù, 24, 130, 313, 360-364. Perché nella via illuminativa e specialmente nella via unitiva il modo sovrumano dei doni deve prevalere, 313 ss., 359-364. —-Vita mistica perfetta caratterizzata dal predominio dei doni superiori dell'intelletto e della sapienza,


INDICE ALFABETICO               713

360 ss. — Chiamata remota e chiamata prossima alla vita mistica, cf. Citiamola.

Visioni, grazie straordinarie che a volte accompagnano la contemplazione infusa, 492 ss. Visioni corporali, 492-493; visioni immaginarie, 493, 494; visioni intellettuali» 494-496. Condotta da tenere, ibid. Non si devono de­siderare le visioni, cf. Kiwelasioni. — La visione intel­lettuale della SS. Trinità non apparisce necessariamente legata all'unione trasformante, 282, nota 71. Questa visione non è una percezione positiva immediata del­l'essenza divina o di Dio tal quale è, 496. 'Vocazione alla contemplazione, vedi Chiamata. Volontà, resta libera nella contemplazione infusa, che è così un atto meritorio, 289.

Z

Zelo per la gloria di Dio e per la salute delle anime nei per­fetti, 173 ss., 178, 183. Suo pieno sviluppo normale nel­l'unione trasformante, 283.

Indice degli autori citati, vedi o. VI, a. v, 594-675 : Accordo dei Maestri, ove si trovano indicati, riguardo a questi au­tori, i pnncipali ragguagli nel corso dell'opera.


INDICE GENERALE

introduzione .................. VII

Abbiamo preso per guide specialmente 8. Tommaso e 8. Giovanni della Croce. L'idea altissima ch'essi ebbero della perfezione cristiana e del dono della sapienza, secondo il Vangelo e secondo 8. Paolo.

tavola SINOTTICA DELLE CONCLUSIONI DELL'OBERA . XIII

capitolo I.

IL TEOBLEMA MISTICO ATTUALE

abt. I. —- Oggetto e metodo della teologia ascetica e

mistica .............. , . .    1

Oggetto, 1. -— Metodo descrittivo, 6. — Metodo deduttivo, 11. — L'unione dei due, 12.

Art. II.La distinsswne dell'ascetica e della mistica

e l'unità della dottrina spirituale .....   14

Tesi tradizionale: unità, 14. — Tesi di parecchi moderni: separazione, 18. •— Ritorno alla tesi tradi­zionale, 21.                                          -

aet. III.Senso dei termini del problema ....   36

Definizioni almeno nominali dei termini « contem­plazione i), « contemplazione acquisita », « contempla­zione infusa », 36, — s ordinario », ci straordinario i), 39, — <i chiamata generale e remota », « chiamata indi­viduale e prossima », 89.


716                  INDICE GENERALE

capitoio II.

LA MISTICA E LE DOTTRINE FONDAMENTALI DI S. TOMMASO

'                                    Pag-art. I. — Vita intellettuale naturale e vita sopranna­turale .................   41

L'errore dei nominalisti e dei loro successori circa la soprannaturalità della grazia santificante e delle virtù teologali, 44. — La soprannaturalità essenziale . della grazia delle virtù e dei doni è quanto mai supe­riore a quella del miracolo sensibile e della profezia dei futuri contingenti, 48. — II soprannaturale essenziale  . o quoad substantiam, e il soprannaturale quoad modum , o preternaturale, 51. — Divisione del soprannatu­rale, 52.

¥• • •

aet. II.La mistica e la soprannaturalità essenziale

della fede infusa ..... ^ .. ....   65

Le virtù infuse, sia teologali, sia morali, sono sopran­naturali per essenza (quoad suhstantiam) a cagione del loro oggetto formale e del loro motivo affatto sopran­naturali, inaccessibili alle nostre facoltà naturali non sopraelevate, 55. — Importanza capitale di questa dot­trina per quanto riguarda la fede infusa, 58. — La cer-• tezza assoluta di quest'ultima, superiore a quella dei ragionamenti apologetici, 61. — Come questa dot­trina è uno dei fondamenti della mistica? 66. — Gli atti dei doni dello Spirito Santo sono doppiamente soprannaturali : quanto alla loro sostanza e quanto al loro modo, in questo senso ch'essi oltrepassano il modo , . umano, 75.

abt. III.La mistica e la dottrina di 8. Tommaso

, sull'efficacia della gr.aeia .........   77

Secondo S. Tommaso la grazia non è resa efficace dal nostro consenso, ma è efficace per se stessa e ci porta fortemente e soavemente al consenso salutare e alla sua esecuzione, 78. — Quest'efficacia trascendente, anziché distruggere in noi la libertà, produce in noi e con noi il modo libero dei nostri atti, perché Dio è abbastanza potente non solo da fare sì che il nostro atto sia, ma ancora che sia libero, conforme alla nostra natura, 86. — Cosi l'atto buono è tutt'-mfero di Dio come causa prima, e tutt'intero di noi come causa se­conda, 90. — In quanto al disordine che si trova nel­l'atto cattivo, esso è unicamente di noi, causa defi­ciente, 92.          /


INDICE GBNEBAI.E                 717

Pag. aet. IV.Le conseguense pratiche della dottrina di

8. Tommaso sopra la grazia .......   94

Bisogna confessare l'esistenza di due grazie {sufficiente ed efficace), di cui l'una lascia la nostra volontà senza scusa davanti a Dio, e l'altra non le permette di glo­riarsi in se stessa (Bossuet), 95. — Conseguenze relative all'umiltà, 96 ; alla preghiera sotto le sue diverse forme, 98; alla pratica delle virtù teologali, 101. — Fede nella sapienza di Dio, nella santità del suo beneplacito, nella sua onnipotenza, nel suo sovrano dominio, nel valore infinito dei meriti di Cristo, 104. — Speranza fatta di fi­ducia e d'abbandono nella divina Misericordia, 106. — Quanto più la grazia che ci è data è intima ed efficace, tanto più dobbiamo amar Dio e corrispondere al suo amore, 108. — La medesima dottrina nell'Imitazione di Gesù Cristo e in tutti i grandi mistici, 110.

capitolo III.

LA PIENA PERFEZIONE DELLA VITA CEISTIANA

aet. I. — La per)'esione cristiana ossia la «ita eterna

cominciata ............... 115

La vita eterna nel suo ultimo sviluppo, 116. — La vita eterna cominciata, 122. — La vita della grazia quaggiù nel suo fondo è la medesima che quella del cielo, 123 ;

delle tré virtù' teologali, la più alta, la carità, deve du­rare eternamente, 125; fin da quaggiù la S. Trinità abita in noi, come in un tempio, in un tabernacolo vivente ancora oscuro, 127. — Che cosa sarà la vita mistica propriamente detta, se non il preludio normale di quella del cielo? 130.

aet. II.La perfezione, cristiana consiste special­mente nella carità. . . . . . . . .... 132

Dottrine erronee o incomplete sull'essenza della per­fezione; quaggiù questa non sta specialmente nel cono­scimento di Dio, ne nella fortezza, nella pazienza, nelle austerità, negli atti del culto, nella vita solitària, ecc., 133. — La perfezione sta specialmente nella carità, prin­cipalmente nell'amor di Dio, secondariamente nell'amor del prossimo, 139. — Perché la carità quaggiù è supe­riore alla nostra cognizione di Dio? 143. — I^a perfe­zione è una pienezza, 148.

aet. III.La piena perfezione della carità presuppone

le purificazioni passive dei sensi e dello spirito 151

Dottrina di S. Giovanni della Croce su questo punto :

necessità di questa doppia purificazione passiva, d'or-


718                  INDICE GENERALE

dine mistico, per liberare l'anima da imperfezioni spesso incoscienti, che sono un ostacolo all'intimità dell'unione divina, 153. — Sostenere che normalmente si giunge alla piena perfezione della vita cristiana, senza passare in un modo o in un altro per le purificazioni passive, è un diminuire notevolmente l'ideale della perfezione, 161, II dogma del Purgatorio illumina questa questione, ibid.

aet. IV.La piena perfezione delly vita cristiana è

di ordine mistico, secondo la tradizione . . . 163

L'alta idea delle vie illuminativa e unitiva che ci da S. Giovanni della Croce è conforme alla tradizione. Vi sono solamente tré vie e non sei, 163. — Ciò che dice l'autore dell'Imitazione, I. Ili, e. 31, circa la perfezione e la contemplazione infusa, 170. — Dottrina di S. Ca­terina da Siena, 173. — Quella di S. Tommaso, 175, quella di Dionigi, 179, e di S. Agostino, 181. — Perfe­zione relativa, eroismo e santità, 184 ss. — L'espressione « piena perfezione della vita cristiana i> indica non solo l'essenza della perfezione, ma anche la sua integrità normale, 187.

art. V.—La perfezione e il precetto dell'amor di Dio 188

^ § I. — II primo precetto è senza limiti, 188.—Dot­trina di S. Agostino e di S. Tommaso su questo punto, la perfezione della carità cade sotto il precetto, non come materia o cosa da compiersi immediatamente, ma come fine a cui bisogna tendere, 190. — Per questa ragione il primo precetto è superiore a tutti gli altri e a tutti i consigli, 191. — La perfezione è dunque essen­zialmente e specialmente nel compimento sempre più fedele dei due primi precetti dell'amor di Dio e del prossimo, 191 ; secondariamente e strumentalmente stane! tré consigli di povertà, di castità e di ubbidienza, 193. — Ogni cristiano deve avere lo spirito dei consigli, 197. — Obiezioni del Suarez, risposte del Passerini, 198. •

§ II. — Tré conseguenze: 1 ° Nella via di Dio chi non s'avanza, indietreggia, 199 (gli atti imperfetti, remissi). •— 2° Tutti i cristiani, ognuno secondo la sua condizione, devono tendere alla perfezione della carità, in virtù d'un obbligo, non speciale, ma generale, 203. — Accelera­mento normale del progresso dell'amor divino, di mano in . mano che l'anima s'avvicina a Dio; analogia coll'acce-'leramento della caduta dei corpi, 207. — 3° Ci sono pro­gressivamente offerte grazie attuali, proporzionate allo scopo da raggiungere, alla perfezione a cui dobbiamo tendere, 209.

Peccato veniale e imperfezione, ostacoli all'unione di­vina, et. p. 4:72-480.


INDICE GBNEEAI.E capitolo IV.

LA CONTEMPLAZIONE E I SUOI GRADI

abt. I. La 'preghiera, in genere e l'orazione comune

§ I. — .La preghiera di domanda: sorgente eminente della su» efficacia; com'essa è un'elevazione dell'anima nostra a Dio, per cui noi vogliamo nel tempo quello ch'egli vuole da tutta l'eternità ; come cooperare al go­verno divino, 214. — Ci vuole una grazia attuale per pregare, e di essa sono privati solo coloro che la rifiu­tano, 218.

§ II. — L'orazione comune semplificata: modo sem­plicissimo di farla, 224: essa preparasi con un atto d'umiltà, 227, procede dalle tré virtù teologali, che animano la virtù della religione, 228, e ci ottengono le illuminazioni e le ispirazioni dello Spirito Santo, 230. — Disposizione alla contemplazione, 231. — II Poter meditato, 233. — L'orazione di cuore, 234.

§ III. — Come si può giungere alla vita d'orazione e perseverarvi, 234.          '                    .

aet. II.Varii sensi delle parole «contemplasiione », * ordinario » e « straordinario ........

§ I. — Contemplazione detta acquisita e contempla­siione infusa, 240. — S. Teresa diede in modo chia­rissimo la differenza essenziale che separa l'ultima orazione acquisita (orazione di raccoglimento. Cam­mino, e. xxvrn), e la prima orazione infusa (IV'1 man-f-                sione, e. in), 247. — Per lei, come per tutti i grandi mistici, la contemplazione propriamente detta è in-fusa, 251.

'                   § II. — Nella vita soprannaturale è propriamente |                 straordinario per sé o per natura quello che è fuori i                 della via normale della santità e non è affatto neces-;                 sario per giungervi, 256. — All'opposto, è ordinario, •                 per sé o per natura, ciò che è nella via normale della !                 santità ed è moralmente necessario nella maggioranza i                 dei casi per giungervi, 257-860.

aet. III.Descrizione della contemplasiione infusa e de' suoi gradi, secondo S. Teresa . . . . .

§ I.—Lo stato mistico in generale, 364; Preparazione (orazione acquisita di raccoglimento), 264; chiamata ge­nerale e chiamata individuale, 265. — Matura dello stato mistico: cognizione infusa e amorosa di Dio:

lume infuso e amore infuso, 266-271.


720               INDICE GESEEAIE

Pag'

§ II. — I gradi dello stato mistico dalla IV* mansione alla VII», 271. — Tré segni dell'intensità crescente dello stato mistico, 273. — La quiete, 274-275. — 'L'unione semplice, completa o incompleta, la scorciatoia, 275-277. — Periodo di prova, notte dello spirito, 278. — Vestasi totale o parziale, conseguenza della contemplazione, o all'opposto antecedente, 280. — tl'unione trasformante (l'estasi generalmente è cessata), preludio normale della vita del cielo, 381-384. — S. Teresa distingue questi stati d'orazione da certi fenomeni accidentali e straordinari che possono accompagnarla, 285.

aet. IV.Quello che la contemplazione infusa non ri­chiede essenzialmente .......... 287

1° Essa non è sempre data improvvisamente, 289. — 2° Non è necessariamente accompagnata dall'impossi­bilità assolata di discorrere o di ragionare, 289. —3° È un atto meritorio, 289. — 4° Non richiede la coscienza dello stato di grazia, 290. — 5° Ne il sentimento della presenza di Dio (notte dello spirito), 290. — 6° Non è una grazia gratis data, 291. — 7° Non esige idee infuse, ma un lume infuso, 291. — 8° Non è una percezione immediata di Dio tal quale è, 293-298. Dio come pre­sente in noi è conosciuto ne' suoi effetti, sopratutto nelle dolcezze d'amore che fa provare all'anima che gli è unita, 298-299.

àet. V. — Sopporto essenziale della contemplazione in­fusa e della vita mistica coi doni dello Spi­rito Santo ............... 300

§1.— Ufficio dei doni dello Spirito Santo, Sono essi specificamente distinti dalle virtù acquisite e dalle virtù infuse? Sì, se non per la loro materia, almeno per il loro motivo formale, per la loro regola e per il loro modo d'operare, 301. La regola prossima dell'atto che procede dai doni è l'illuminazione e l'ispirazione divina, per con­seguenza il modo d'operare è sovrumano, 305.

§ II. — I doni dello Spirito Santo sono necessari alla salute, a cagione del modo imperfetto che conservano in noi le virtù cristiane anche elevate, 307.

§ III. — Necessità d'una docilità sempre più perfetta. al Maestro intcriore, per rimediare al modo imperfetto. delle virtù e per avanzare veramente verso la perfezione, 311. —II regime dei doni; il loro modo sovrumano deve finire normalmente con prevalere sul modo umano e im­perfetto delle virtù, 313.

§ IV. — .L'ispirazione speciale dello Spirito Santo, paragonata alla grazia attuale comune, 315-329. — Questa ispirazione speciale, relativa a ciascun dono, ha i tré gradi principali: 1° nei principianti, 2° nei profi-cienti, 3° nei perfetti, 330-342.


INDICE GENEEALE

>-+ VI.Owattere essensiate della contemplazione infusa. In che modo procede dal dono della sapienza e della fede? ..........

§ I. — Lo Spirito della sapienza nella Scrittura, 844.

§ II. — II dono della sapienza e la contemplazione infusa secondo la teologia, 347. — L'ufficio della carità in questa cognizione affettiva, e quello d.elVillumina-swne speciale dello Spirito Santo, illuminazione la cui intensità può sempre crescere quaggiù, 349-3S1. — La contemplazione circolare secondo Dionigi e S. Tom-maso, la sua oscurità transluminosa; è diversissima da una speculazione astratta sull'essenza divina, 352.

Le grandi tenebre: La Deità, superiore a tutte le perfezioni divine ch'essa- contiene formalmente ed emi­nentemente. L'oscurità di questa cognizione viene dal fatto ch'essa è superiore ad ogni immagine e ad ogni idea distinta, 356-359.

§ III. — Predominio progressivo del modo divino del dono della sapienza nell'erosione per rimediare al modo imperfetto delle virtù anche elevate, 359. — La. vita mi­stica è caratterizzata dal predominio del modo dei doni, principalmente dal dono della sapienza, predominio di­venuto frequente e manifesto per un direttore sperimen­tato, 360. — Nondimeno nella notte dei sensi è il dono della scienza che domina, e nella notte dello spirito, quello dell'intelletto, 361. — In certe anime perfette il predominio del dono della sapienza è appariscente e accompagnato da lume profetico, in altre anime per­fette meno contemplative è diffuso, ma nondimeno realissimo, 362.

Nella vita ascetica l'intervento dei doni è sia latente e abbastanza frequente, sia manifesto e raro, 359 e 363.

— In che cosa la grazia della contemplazione infusa dif­ferisce dalle consolazioni sensibili: quello che, secondo 8. Teresa, distingue i gusti spirituali dalle consolazioni acquisite nella meditazione, 382. — Conciliazione delle varie opinioni, 364.

§ IV. — La contemplazione infusa è un atto che, in quanto alla sostanza, procede dalla fede viva e, in quanto al suo modo sovrumano, dal dono della sa­pienza o dell'intelletto (Gaetano e Giuseppe dello Spi­rito Santo), 364-366.

§ V. — I frutti dello Spirito Santo e le beatitudini. « La pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza, e conserva gli spiriti e i cuori in Gesù Cristo ». Il pieno sviluppo quag­giù della «grazia delle virtù e dei doni», 367-371.

16 — Perfezione e Contemplazione.


722                  INDICE GENERALE

capitolo V.

LA CHIAMATA ALLA CONTEMPLAZIONE OSSIA ALLA VITA MISTICA

Pag. aet, I. — I diversi sensi della parola soMamata» . . 373

1° Chiamata generale e remota, 374. — 2° Chiamata individuale e prossima, 375. — 3° Chiamata sufficiente, 376. -— Chiamata efficace ai gradi inferiori Q ai gradi su­periori della contemplazione infusa, 376.

art. II.La chiamata generale e 'remota alla cowtem-

plasione mistica . . . '. ... . . . . . . . . 383

Le tré principali ragioni su cui è fondata:

§ I. — II principio radicale della vita mistica è il me­desimo che quello della vita intcriore comune : «la grazia delle virtù e dei doni », 387. Ora il modo sovrumano dei doni deve normalmente prevalere col progresso spiri­tuale per rimediare al modo sempre imperfetto delle virtù, 388. La vita mistica apparisce dunque normal­mente colla via illuminativa e soprattutto colla via uni­tiva. — Si può meritare la grazia attuale della contempla­zione infusa salterii de congrua, e si merita Se condigno .l'aumento di tutti gli abiti infusi, connessi colla carità, compresi i doni, 391. Le virtù eroiche, 393.

§ II. — Nel progresso della vita inferiore, la purifica­zione dell'anima non è completa se non mediante le puri­ficazioni passive, che sono d'ordine mistico, 394. Natura di queste purificazioni, in cui dominano le illumina-zioni del dono della scienza (396), poi del dono dell'in­telletto (397); come purificano da ogni lega impura l'umiltà e le virtù teologali, mettendo in un potente rilievo il loro motivo formale affatto soprannaturale, 399. Tali sono le forme eminenti del progresso normale, '400. Il Purgatorio, ihid.

§ III. — II fine della vita inferiore è il medesimo che quello della vita mistica, ma questa dispone ad esso più immediatamente, 401; la contemplazione infusa, • secondo la tradizione, è per solito il preludio immediato della visione beatifica, 402. Quello che dice S. Tom-maso circa la superiorità della vita contemplativa, che non è il mezzo, ma sì il fine dell'azione, non si verifica : pienamente se non nella vita mistica propriamente detta, disposizione normale immediata alla vita del cielo, 403-405. 8. Teresa e 8. Giovanni della Croce .am­mettono la chiamata generale e remota di tutte le anime intcriori alla contemplazione infusa, 408-412.


INDICE GENERALE

àbt. III. —" La citiamola individuale e prossima alla contemplazione . . , . . . . .. . . . .

§ I. — A questa chiaftiata si riferiscono le riserve fatte qua e là da S. Teresa, da S. Giovanni della Croce, dal Taulero e da altri maestri : non tutte le anime giuste sono chiamate in un modo individuale e prossimo, 413, — I tré segni principali della chiamata individuale e pros­sima: la meditazione diventa difficile o impraticabile;

l'anima non prova alcuna voglia di fissare l'immagina­zione sopra alcun oggetto esterno o interno; gode di trovarsi sola con Dio, fissando sopra di Lui la sua atten­zione, amorosa, 414-418.

§ il. — Questa chiamata individuale e prossima può essere sufficiente, e restare sterile per la nostra negli­genza, o all'opposto è efficace: n Vi sono molti chiamati, e pochi eletti » dice S. Teresa applicando a questo pro­posito le parole di Nostro Signore, 418. Finalmente la chiamata efficace può condurre sia ai gradi inferiori sia ai gradi superiori della contemplazione e della per­fezione, 420. Certi testi di S. Giovanni della Croce fanno allusione al mistero della predestinazione, che tutta questa questione presuppone, 422-423. Il santo si spiegò bene nella <i Viva fiamma », 423-424.

abt. IV.Oondisioni ordinariamente richieste alla oontemplasione infusa . . . .. . . . . .

Esame delle principali difficoltà relative alla chia­mata generale.

§ I. — Le principali condizioni, ordinariamente ri­chieste alla vita mistica, mancano torse generalmente alle anime inferiori generose? 428. Bisogna usare il meglio che si può dei grandi mezzi che la Chiesa da a tutti, dei sacramenti, della santa comunione, avere una gran divozione allo Spirito Santo, al 8, Cuore, a Maria;

lasciarsi formare dalla liturgia, dallo studio sopranna- • turale della dottrina sacra, 431. In quanto alle dispo­sizioni interiori alla contemplazione, nessuno può dire :

io non posso averle ; e sono la purezza del cuore (432), la, ' semplicità ideilo spirito (433), l'umiltà del cuore (434), l'amore del raccoglimento e la perseveranza nell'orazione (435), una fervente carità (439).

§ II. — Ostaceli speciali alla contemplazione, 440. 1 ° Voler scegliere la nostra via, edificare noi stessi la no­stra perfezione, fare a modo nostro; 2° analizzare, regi­strare ogni cosa, collo spirito riflesso; lasciare la nostra orazione, per sapere se essa è conforme a ciò che dicono gli autori, e a qual grado siamo arrivati; 3° cercare in Dio il godimento più che Dio stesso, 440-443.

§ III. — Che cosa si deve pensare delle anime che rice­vettero solo uno o due talenti? (443). L'uso ch'esse pos­sono fare dei sacramenti, dell'Eucaristia. Il dogma del Purgatorio illumina questa questione, 443-445.


724                INDICE GENERALE

Pag.

§ IV. — Questa dottrina bene intesa e bene appli­cata, non spinge gli uni alla presunzione .e gli altri allo scoraggiamcnto, 446-451.

Nota. — Esame di alcune difficoltà feoriche: La grazia santificante e ]a nostra natura, 455. — Le leggi dell'ordine della grazia, 456. — Come la grazia della contemplazione si può meritare (458), ed ottenere con la preghiera, 459. — Repliche, 460-472. — L'imper­fezione distinta dal peccato veniale, 472-480.

akt. V. — Le grazie straordinarie che accompagnano

qualche volta la contemplazione infusa . . . 481

§ I. — I carismi o grazie gratis datae secondo S. Paolo, 481. — La spiegazione che ne da S. Tommaso, 482-484.

—Applicazioni fatte daS. Giovanni della Croce, 484-485.

Le rivelazioni private, loro natura, condotta da tè- ;

nere, 486. — Le visioni corporali, immaginarie, intellet­tuali, 492. — Le parole soprannaturali, auricolari, im- ' maginarie, intellettuali (successive, formali, sostanziali), ' \ 496. — I tocchi divini e il fondo dell'anima, 501.

§ II. — Confusioni da evitare nell'esposizione della dottrina tradizionale, 504. — Non si deve diminuire lo stato mistico, ne troppo avvicinarlo a ciò che non è tale. — Non si deve frapporre un abisso fra lo stato mistico iniziale e gli stati mistici superiori. — Non con- " fondere l'essenza degli stati mistici superiori coi fatti straordinari che a volte li accompagnano, 504. — Non confondere coi fatti straordinari in qualche modo esteriori i tocchi divini, che, senza essere essenziali alla contemplazione infusa, contribuiscono a costituire l'unione con Dio, 506-507. — Rendere completa l'analisi mediante la sintesi. — Non confondere le tré vie purga­tiva, illuminativa e unitiva con ciò che sarebbe solo una forma imperfetta, 506-507. — Non perdere di vista l'elevazione dei grandi maestri, 508-509.

capitolo VI. SINTESI E CONFEEMAZIONE

aet. I. — L'autorità di 8. Tommaso in teologia mi­stica e le questioni di metodo ... .... 511

§ I. — S. Tommaso volle egli trattare della contem­plazione mistica propriamente detta? Senza dubbio, e parla perfino delle grandi tenebre che è il più alto grado di questa contemplazione, 512.

§ II. — II problema mistico attuale e le questioni di metodo, 519. Esame di concessioni e di obiezioni fatte alla dottrina esposta in quest'opera, 522. Rapporto della scienza mistica con la teologia. I più grandi


INDICE GENERALE

maestri della teologia e della mistica lasciarono essi .senza soluzione il problema trattato qui? 527. Se cosi fosse, ancora sarebbero da costituire gli stessi elementi della mistica. In realtà la questione fondamentale della mistica era semplicissima per i grandi Dottori, siamo noi che la complichiamo, 528. Come si deve leggere 8. Tommaso per trovare nelle sue. opere la soluzione cercata, 534-541.    ^    ,

art. II.La teologia di 8. Tommaso e la dottrina spi-

§ I. — La dottrina spirituale di S. Tommaso contiene principii in apparenza opposti, che tuttavia si conci­liano in una veduta superiore, 542. — Egli giudica di tutte le cose secondo i] loro rapporto a Dio, causa prima e fine ultimo, 545. Oom'egli subordina perfettamente la sapienza umana alla sapienza divina, 547.

§ II. — Da questo punto di vista superiore s'armo­nizzano i principii direttori della sua dottrina: 1° La natura non dev'essere distrutta ma perfezionata dalla grazia (nessun naturalismo in questo principio), 550. 2° Tutto quello che può la natura umana o angelica meglio dotata, la più geniale, non è assolutamente niente in paragone alla vita soprannaturale, 553. Ar­monia sublime di questi due ordini, infinitamente di­stanti uno dall'altro, 554. 3° La grazia è efficace per se stessa, e non per il nostro consenso, 556. La vita mistica è il coronamento normale dell'ascesi, e l'azione aposto­lica veramente feconda deve derivare dalla pienezza della contemplazione, 559-561.

abt. III.L'unione della vita inferiore e della vita in­tellettuale .... . .... . . . . . . .

§ I. — La materializzazione della vita intellettuale e quella della vita intcriore provengono spesso dalla loro separazione, 562-569.

§ II. — Come si può rimediare a questa doppia mate­rializzazione: unione di queste due forme di vita nei grandi dottori della Chiesa, specialmente in 8. Tom­maso 570-577.

akt. IV. — La contemplasione e l'Eucaristia alla scuola della B. Vergine, Madre di Dio ......

La mediazione di Maria, Madre di Dio. Tré gradi nella divozione a Maria corrispondenti ai tré gradi della carità, 578. — La S. Vergine e il sacriflzio della Croce. perpetuato sull'altare, 583. — La santa comunione partecipazione a questo sacrifìzio, deve farci partecipare sempre meglio ai più profondi sentimenti del Cuore di Cristo, Sacerdote e Vittima, 584. — Elevazioni sopra il Cuore Eucaristico di Gesù, 585-593.


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Pagi aet. V. — L'accordo dei Maestri sul carattere normale,

sebbene eminente, della oontemplasiione infusa i 594

Insegnamento dei Padri, 59S. — La dottrina spirituale degli Ordini antichi, benedettini, cistercensi, canonici regolari, certosini, 610. — La mistica domenicana, S. Tommaso, il Taulero, il B. Susone, S. Caterina da Siena, eco., 622. — La mistica francescana, dottrina di 8. Bonaventura sulla Contemplazione, 647. — La mi­stica del Carmelo: S. Teresa, S. Giovanni della Croce e i loro discepoli, 650. S. Francesco di Sales, 661. — Gli' spirituali della Compagnia di Gesù : S. Ignazio, 8. fran-. cesco Borgia, 8. Alfonso Kodriguez, il Padre Lallemant e i suoi discepoli, gli studi recenti, 663-671.

Errori quietisti e semiqwietisti .. ... . . , . . . 671

I doni dello Spirito Santo nella vita ascetica e la• disposi­zione alla contemplazione ........... 676

conclusione. Bando alla fretta! . . ... . . . 685

Indice alfabetico ................. 701