Dopo
la prolusione di Ruini al Consiglio permanente della CEI, si avverte l'esigenza
di riflettere sulle fondamenta della civiltà.
Occidentali
e Cristiani
Galli
della Loggia: un errore nascondere le radici. "Noi europei non avremmo mai
avuto le reazioni che gli americani stanno avendo"
Professor
Galli della Loggia, gli attentati di New York costringono tutti ad una
"nuova definizione della priorità della vita sociale e dei comportamenti
sia collettivi sia personali". Sono parole tratte dalla prolusione
pronunciata lunedì scorso dal cardinal Ruini davanti al consiglio permanente
della Cei.
Sento qualcosa attorno a me di questa
necessità di ripensamento.
Quasi
un'aspirazione oscura alla quale è ancora difficile dare forme concrete ma che
fa risaltare l'importanza delle guide che la politica e la religione possono
offrire nel ridefinire le priorità collettive e individuali. Un qualcosa che
tocca più noi europei.
Per
quale motivo?
Siamo presi tra l'incudine e il martello.
Da una parte abbiamo questo mondo islamico da cui viene il terrorismo, che si
presenta antagonista e ostile, e ci mette nello stesso sacco dell'America,
siamo anche noi "ricchi, sporchi e occidentali", dall'altra vediamo
la reazione di un Paese come gli Usa e vediamo la nostra abissale diversità: ci
piacerebbe essere come loro ma non lo siamo.
Troppo
deboli?
Noi
europei non avremmo mai avuto le reazioni che loro, la popolazione americana
sta avendo.
Che
pure sono una forma per essere all'altezza dell'evento. Ecco, noi sembriamo
scomparire. Invece, a modo loro, e paradossalmente, islam e americani appaiono
all'altezza. L'islam perché ha prodotto l'evento, gli altri perché stanno dando
una risposta adeguata. Ma proprio per questo mi sembra interessante
sottolineare un altro aspetto della prolusione di Ruini. Quello nel quale si
ribadisce la comunanza di civiltà tra noi e gli americani e ci vedo anche un
monito.
Quale?
L'invito
a non rinunciare a conoscere e a dire la nostra storia occidentale che è anche
storia della Chiesa. Cioè la storia di una fede che si è radicata in una
civiltà particolare, anche se la sua ispirazione è universale e proprio per
questa ispirazione riesce ad interpretare a dare voce agli aneliti più
universali di questa civiltà.
Può
fare qualche esempio?
I diritti umani sono un frutto della civiltà umana e occidentale.
Non
sono un frutto della civiltà islamica o confuciana. Non sono il frutto di una
civiltà mondiale, ma europea e cristiana. Non ha senso nasconderlo. Il modo per
incontrare le altre civiltà è in primo luogo conoscere la propria. Alcuni
pensano di superare il proprio connotato di europeo, bianco e occidentale, ma
agli occhi degli altri lo siamo comunque. Se Agnoletto va al mercato di Baghdad
sarà sempre visto come qualcosa di molto simile a Bush anche se a lui la cosa
fa orrore.
Nessuno
può rinnegare la propria appartenenza.
Infatti,
non si può rinnegare la propria appartenenza, meglio la propria identità: non
c'è niente di razziale in ciò, è un fatto storico. È anche un invito a
ripensare, a conoscere e a dire la propria storia e quella del cristianesimo.
Che è storia di una sede universale che si è radicata in questa questa parte
del mondo. E questa parte del mondo ha fatto corpo con questa fede ma che va
anche al di là. Perché la Chiesa cattolica non è la chiesa di Stato della
civiltà bianca.
Ancora
il cardinal Ruini ricorda che quanto accaduto a New York "cambia in
profondità la situazione mondiale". Ma resta aperto l'interrogativo su
dove porterà questa svolta.
Dipenderà
dalle operazioni militari. L'esito delle quali sarà decisivo. In caso di
insuccesso a pagare sarà Bush ma anche tutti gli Stati Uniti. Con conseguenze
inimmaginabili per il mondo. Ma la domanda vera da porsi è un'altra.
Cioè?
Qual
è il posto della nostra civiltà nel mondo. Che tipo di rapporti stiamo
intrattenendo con il resto del pianeta. Ci sono elementi della nostra civiltà
occidentale che urtano, creano suscettibilità nelle altre culture. Il nostro
primato nella scienza e nella tecnica suscita invidia. Determina una
classifica. L'islam è una grande civiltà che ha la consapevolezza di non
contare nulla, o quasi in questa graduatoria.
Può
sembrare un tentativo di spiegare l'estremismo. Ma in questi giorni tutti hanno
ribadito quanto sia pericoloso confondere l'islamismo col terrorismo.
È
abbastanza scontato. Ma non è totalmente vero.
Si spieghi?
Voglio
dire che il cardinal Ruini e come lui tutti i leader mondiali fanno bene a
ribadire questo concetto. Ma è anche vero che dire l'islam non c'entra nulla è
dire solo una parte della verità. Basta riflettere solo su un aspetto
dell'attentato a New York. Azioni per le quali è stato necessario utilizzare
dei kamikaze. Personaggi che è difficile astrarre dalla religione. Se volessi
usare una provocazione potrei dire che i fanatici sono gente che prende la
religione molto sul serio.
E
che anche i santi sono fondamentalisti.
A
fin di bene, però...
Certamente.
Però non possiamo escludere che fossero animati da volontarismo. Detto questo è
chiara l'assurdità di dichiarare guerra ad una religione. Cosa facciamo,
impediamo ad un miliardo di musulmani di professare la loro fede?
Però
la Chiesa ha tenuto a sottolinare le comuni radici culturali con gli Stati
Uniti.
Nella
prolusione del cardinal Ruini si dice chiaramente che la nazione americana
appartiene alla medesima civiltà della Chiesa.
Che
a sua volta si sente parte di questo mondo occidentale, pur conservando la sua
vocazione universale, e non si colloca al di fuori di esso. Questo è un dato
storicamente inconfutabile.
Era
giusto ribadirlo con forza dopo che negli ultimi tempi questa verità era stata,
in parte, contraffatta.
Il
cardinal Ruini parla anche di "pseudomoralismo che tende a vedere negli
Stati Uniti la causa e la sintesi dei mali del mondo"?
Per
quanto possa sembrare strano c'è una visione sugli Usa che un certo mondo anche
religioso e occidentale condivide con quello islamico.
Nella
comprensibile critica al materialismo, all'edonismo si arriva alla conclusione
che gli Stati Uniti siano i campioni, i portabandiera di questi stili di vita.
Lei non la pensa così?
Gli
Usa sono l'unico Paese cristiano dell'occidente. L'unico che può rispondere
alla guerra santa con una guerra santa. E questo dimostra anche la scarsa
conoscenza del mondo occidentale da parte di Benladen. Se avesse attaccato la
Francia, la Spagna o l'Italia avrebbe avuto una risposta molto meno tosta di
quella degli americani.
Ma
da qui a dire che solo gli Usa sono un Paese cristiano...
Quando
in questi giorni mi capita di accendere la tv e seguire i servizi dagli Stati
Uniti vedo folle che pregano con la mano sul cuore e gli occhi bassi e cantano
l'inno nazionale. E questa sarebbe un espressione di materialismo, di edonismo?
Sicuramente
ci sono cattolici antioccidentali, ma è anche vero che c'è un occidente che si
sta allontando da una visione cristiana della vita.
Questo
è vero. Ma anche in questo caso emerge la differenza con gli Usa. Oltreoceano
la dimensione religiosa non è mai stata colpita dal discredito sociale.
Mantiene il suo alone di rispettabilità. Non è mai disgiunta dal concetto di
libertà.
Anzi
ne fa parte integrante. Le chiese in America non si sono mai confuse con lo
Stato. La dimensione religiosa coincide con quella della libertà. In Europa non
è così, ma non per colpa degli uomini.
Semplicemente
è un'altra storia.
Un'ultima
questione professore: in una fase nella quale si parla di presenzialismo
clericale come giudica il ruolo del laicato cattolico?
Per
ora non lo vedo molto. Forse per colpa mia. Del resto non dispongo di un
osservatorio privilegiato.
Ma
trova auspicabile un maggior coinvolgimento dei laici anche per non costringere
la Chiesa a riempire dei vuoti?
Se
posso permettermi un'osservazione direi che la Chiesa dovrebbe fornire ai laici
indicazioni culturalmente significative. Anzi, meglio, offrire occasioni più
che indicazioni.
Pensa
quindi che i laici non posseggano strumenti culturali per leggere la società?
Non
dico questo. Ci sono tanti professori cattolici con ottime competenze e con un
know how fantastico. Ma è necessario che queste competenze vengano messe
insieme e che all'esterno vengano percepite se non come "la"
posizione dei cattolici, almeno come "una" posizione cattolica.