S. Lorenzo da Brindisi (1559-1619)- Dottore della Chiesa universale -
Ha salvato il cristianesimo e la democrazia nel mondo, infatti, se ad Albareale (alle porte di Vienna) il soverchiante esercito dei turchi, di oltre 600.000 soldati non fosse stato sconfitto da appena 300.000 soldati cristiani, oggi saremmo tutti musulmani.
Il personaggio storicamente più influente del suo tempo non si trova citato nei libri di storia pubblicati dai comunisti.
IMPRIMATUR - Bari, 17 aprile 1959 - Mons. Michele Samarelli, Vie. Gen. - Da parte dell'Ordine nulla osta per la stampa - Bari, 6 - I - 1959. Fr. Arcangelo da Barletta, Prov. Capp. V. 3281 - proprietà RISERVATA - EDIZIONI PAOLINE - BARI
Quattrocento anni fa le Puglie generose donavano alla Chiesa il genio, impetuoso e grande, di Lorenzo da Brindisi: gloria di questa terra, fulgido onore dell'Ordine Cappuccino, esempio di purissima vita, di fortezza e di sapienza cristiana.
Il velo del tempo ha forse tentato di attenuare il ricordo di tanta luce, ma che pure resta:
nel cielo del Signore;
nella storia della Chiesa,
nella storia degli uomini.
Ancora intensa e intramontabile è la sua vivida potenza: il tentativo di conculcarne la memoria è stato vano, e lo dimostrano le celebrazioni che un po dovunque, in prossimità dell'anno centenario, hanno ricordato e glorificato S. Lorenzo da Brindisi; (a Taranto, per es.. Gli è stata dedicata una delle nuove parrocchie).
I suoi scritti sono ancor oggi testimonianza della sua profonda e vasta dottrina che, unita al dono d'una prodigiosa memoria, lo resero un gigante.
Ricco di tutte le risorse della Teologia positiva, con la sua parola fu strenuo difensore della Fede e questa riaccese e rinvigorì in tanti animi smarriti o dubbiosi:
fu efficace e battagliero predicatore contro gli errori del protestantesimo ponendo argine al pensiero e alle conquiste di Lutero;
fu innamorato, candido e mirabile cantore delle glorie di Maria;
fu straordinario e poderoso nella conoscenza e nell'uso della Sacra Scrittura;
Fu cappellano capo dell'armata imperiale d'Ungheria,
grande nella sua fede possente,
umile nella sua santità francescana,
guidò eserciti a difesa del Cristianesimo e li condusse alla vittoria nel nome di Cristo, rinnovando il miracolo di Lepanto.
L'esempio
della sapienza, del coraggio e della santità di Lorenzo da
Brindisi risuonano e richiamano la nostra fede e la nostra vita
cristiana:
Ecco il motivo per cui sinceramente plaudo alla fatica e all'opera dell'illustre cappuccino Padre Agostino da Triggiano (1),che ne pubblica la biografia, redatta con tanto calore e tanta profondità di critica e di studio.
E al piacere di presentare questo volume mi è gradito unire, per doverosa e affettuosa riconoscenza, l'ammirazione per l'opera provvidenziale, così ricca di senso apostolico, che i Padri Cappuccini di Puglia, oggi come sempre, vanno svolgendo in questa nostra terra per il trionfo di Gesù, incentivo unico e supremo del cuore e dell'azione di San Lorenzo da Brindisi.
Taranto, 6 gennaio 1959. + GUGLIELMO MOTOLESE
Vescovo Titolare di Eutime
Amministratore Apostolico di Taranto (Oggi: Arcivescovo di Taranto)
(1) E' il nome di religione dell'Autore di queste pagine.
22 luglio 1559.
Giulio Cesare Russo (Lorenzo) nacque a Brindisi, nelle Puglie, il 22 luglio 1559, da Guglielmo Russo ed Elisabetta Masella.
1561 –1565
Allorché intraprese gli studi nelle scuole esterne dei Francescani Conventuali di San Paolo Eremita in Brindisi, era già orfano del padre, scomparso dopo il 1561 e prima del 1565.
L’obiettivo del piccolo Giulio Cesare è la santità, sono incredibili le sofferenze e le penitenze a cui si sottopone volontariamente e segretamente per rendere maturo il suo uomo interiore.
22 luglio 1559
In questo periodo tradizioni variamente riportate collocano le prime sortite pubbliche del futuro santo; il riferimento è all'uso dei Conventuali di far predicare i fanciulli in determinate solennità.
1565 – 1567
Tra il 1565 e il 1567 prese l'abito dei conventuali e passò dalla scuola esterna a quella per oblati e candidati alla vita religiosa.
Studiò nelle scuole esterne dei Francescani Conventuali di San Paolo Eremita in Brindisi.
L'usanza dei Conventuali di far predicare i fanciulli in alcune solennità fa iniziare la sua predicazione pubblica.
[l'ignoranza degli ecclesiastici che raramente sapevano leggere e scrivere, rendevano gli studenti assai più idonei culturalmente a parlare in pubblico senza errori grammaticali. Pertanto, sovente erano imbarazzati di dover parlare ad un pubblico più vasto e composto di nobili]
La morte della madre oltre che a lasciarlo solo, crea a Giulio notevoli difficoltà economiche,
senza per questo ricevere l'aiuto dei parenti, neppure di quel Giorgio Mezosa, che è suo insegnante presso i Conventuali.
Il futuro santo, orfano ora anche di madre, è in notevoli difficoltà economiche.
I parenti, fra questi Giorgio Mezosa suo insegnante presso i Conventuali, non pare se ne prendessero. Sono riportati invece diversi maltrattamenti, il ragazzo cresceva in altezza ed aveva bisogno di un nuovo abito, ma il frate suo responsabile “destinò altrove” i soldi per il suo abito. Ora, fra Lorenzo era molto umiliato, poiché il suo abito ormai sembrava più una gonna.
Il Signore per soccorrere la sua confusione fece crescere lo stesso abito insieme al suo corpo.
Fenomeni soprannaturali sono presenti da subito nella vita dell’ardente giovinetto, ardente ed ambizioso del solo amore di Dio!
Ma il suo educatore-insegnante deruba il ragazzo delle offerte che i fedeli han date durante una sua omelia, infatti, il santo chiede la carità per potersi provvedere di un nuovo abito perché quello che indossa è diventato indecentemente corto e striminzito.
Rimasto con il suo assai umiliante e ridicolo abito, assistiamo ad un fenomeno miracoloso, questo abito incomincerà a crescergli letteralmente addosso come una pelle e si dilaterà in tutte le direzioni, crescendo di 20 centimetri in altezza.
Non si trova bene a Brindisi, perché trova un ambiente spiritualmente decadente.
1573“… e forse” per questo che Giulio Cesare, quattordicenne, si trasferisce in Venezia presso uno zio sacerdote che dirigeva una scuola privata e aveva cura dei chierici di San Marco.
Il ragazzo quattordicenne si trasferisce allora a Venezia presso uno zio sacerdote, direttore di una scuola privata e curatore dei chierici di San Marco, potendo così proseguire gli studi e maturare la vocazione nell'ordine dei Cappuccini Minori.
Questa scelta, infatti, gli consente di proseguire i suoi studi e consolidare la vocazione all'ordine dei Minori Cappuccini.
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Nel tentativo di maturare la vocazione dei cappuccini, orfano dei genitori a 14 anni, è accolto a Venezia da uno zio sacerdote canonico di S. Marco e da sua Zia che con tre figliole gli offre finalmente il calore di una famiglia. Ma in questo periodo, con l'aumentare della vera devozione di sua zia e delle sue cugine, moltiplica i digiuni assoluti a quelli parziali, dorme sul pavimento, si flagella a sangue e ha frequenti rapimenti estatici.
E’ il leader nella sua comitiva di giovani studenti perché è molto allegro, lo definiremmo “simpatico”, perché i ragazzi amano stare in sua compagnia.
I compagni sono affascinati dalla sua persona, dal suo temperamento affettuoso, socievole e autorevole.
E' opportuno che ogni ordine religioso abbia una sezione di riformati in cui sia possibile entrare dopo un periodo di noviziato suppletivo (per coloro che l’hanno già vissuto nel cammino ordinario) e dove sia possibile uscirne nuovamente. Una fucina spirituale e integralista in riferimento ai principi dei fondatori. (Il testo è preso dalla biografia di S. Lorenzo da Brindisi, dottore della Chiesa, GENS SANCTA, ed. Paoline, pp.32-37) Specialmente agl'inizi della loro Riforma, era sembrata anche al Papa superiore alle forze umane. Era una vita, come si diceva, quasi disperata. Quando, dopo lotte lunghe e drammatiche, i primi cappuccini riuscirono a costituirsi in ordine praticamente autonomo dagli altri rami francescani, essi s'imposero delle Costituzioni (Albacina, 1529) che neppure il cinico Diogene sarebbe riuscito a praticare. Niente - assolutamente niente – possedere (neppure le suole dei propri sandali).
Vivere in romitori tagliati violentemente dal mondo, confinati dentro celle simili più a tane che ad abitazioni d'uomo. Sedere ad una mensa magrissima con digiuni a catena quasi tutto l'anno. Parlare pochissimo e lavorare moltissimo, per lo più di mano.
Vegliare, flagellarsi e pregare notte e giorno in lunghe estenuate ore di travaglio ascetico. Incedere a pie nudi e testa rasa, anche d'inverno e con la neve.
Predicare al popolo insidiato dall'eresia e scandalizzato dal lusso delle corti.
Assistere i malati più gravi e contagiosi, come gli appestati; e non solo spiritualmente, ma anche nelle più umili e nauseabondi bisogni. Questo è il Cappuccino.
Chi non si sentiva da tanto, veniva inesorabilmente respinto; chi vi entrava, sapeva di doverci rimettere, a volte, la salute e la vita. E lo confermano le cifre dei morti per penitenze o nel servizio degli appestati, tanto numerosi nel Cinquecento. Una vita da cani, insomma, o da santi con l’aureola.
Dopo cinquant'anni dalla fondazione - tempo in cui Don Giulio Cesare picchiò al convento di Santa Maria degli Angeli - il rigore eccessivo delle Costituzioni di Albacina era andato a mano a mano attenuandosi; ma pure, nella sostanza il tono dato nei primi anni alla spiritualità dell'Ordine, perdurava ancora, conciliandosi con le necessità organizzative dell'apostolato e dell'accresciuto numero dei suoi membri. Manzoni non esagera quando nel P. Cristoforo presenta il ritratto del cappuccino: uomo di preghiera e di azione, di penitenza e di lotta, soccorritore dei deboli e protettore degli umili contro le ribalderie dei signorotti prepotenti. D'una tal razza d'uomini chiedeva di far parte Don Giulio Cesare.
Nel luglio del 1574 egli aveva compiti i 15 anni e toccati i limiti giusti per l'ammissione al noviziato canonico… I postulanti non si tennero per la gioia. Salutati chi di dovere, e approntati i loro poveri fagotti, partirono in tutta fretta per il noviziato cappuccino di Verona. Lungo il viaggio, anticipavano col desiderio l'entrata nella città degli Scaligeri; e quando ne intravidero le mura la gioia del cuore traboccò per la voce.
Il desiderio di essere cappuccino era giustificato dal fatto che era l’ordine più severo quanto più ambito, la possibilità di morire prematuramente nell'assistenza degli appestati o come martire era altissima.
Per l'estremo rigore, i cappuccini erano costretti a respinte le molte richieste di adesione, con fermezza come altrettanta carità, infatti, tra i pochi che erano accettati, ancor meno erano quelli che superavano la selezione.
Quasi unicamente, ad assistere gli appestati erano i cappuccini, che non avevano nessun timore di perdere la vita.
Così tutti gli incarichi rischiosi e pericolosi vedevano protagonisti i cappuccini che sfidavano la prepotenza dei signorotti e dei principi per difendere i poveri o che si recavano alla ricerca del martirio nel tentativo di evangelizzare musulmani ed evangelici che a quel tempo non erano meno violenti.
L’unica violenza che essi potevano compiere, era quella contro se stessi, arrivavano ovunque seguendo la parola del Signore:
“Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”.
Ma vediamo quale era la formazione che doveva ricevere un frate cappuccino: Manzoni non esagera quando nel P. Cristoforo presenta il ritratto del Cappuccino: uomo di preghiera e di azione, di penitenza e di lotta.
La spiritualità e il rigore dei cappuccini era (non si può fare un paragone con i cappuccini attuali) impossibile per l'uomo contemporaneo, era identico all'esperienza di S. Francesco.
L’ordine di S. Francesco andrebbe riformato ancora?
Certo quella vita cappuccina era come il frutto del fico d'India: spinosa di fuori(nella carne), ma dolce e polposa di dentro(nello spirito).
Fatta di austerità e dolcezza.
Su questo binario corre l'opera educativa cui il Maestro dei novizi attende con estremo impegno.
Sarà per i giovani rampolli dell'Ordine il padre dalla mano ferma e sicura, ma ad un tempo — e forse più — la madre dal cuore soave, che conosce quanto può la forza dell'amore particolarmente nell'età in cui la vita chiede più amore.
La giornata del noviziato, vista di fuori, è uniforme e grigia come un'autostrada deserta. Dal mattutino notturno alle ultime preci della sera, essa è tutto un interminabile rosario di preghiere, di penitenze, di lavoro, d'umiliazione, croci e contraddizioni a buon mercato. Uno sguardo innocente è punito con la classica... benda; una parola fuori posto o tempo, con lunghe giornate di silenzio; un mancato intervento all'orazione della notte, col terribile supplizio del «pane ed acqua» preso a mensa in ginocchio. E per ogni distrazione o trascorso — volontari o meno - le « discipline » fioccano e le cantate del P. Maestro non si fanno attendere.
Al reo — vero o falso — è concessa l’unica difesa del doveroso ringraziamento con l'inalterabile giaculatoria : « Sia per amor di Dio la sua santa carità! ». Proprio come s'insegna nel Vangelo :« A chi ti schiaffeggia sull'una, porgi sorridendo anche l'altra guancia ».
[Io me ne sarei scappato il secondo giorno, ma forse voi al primo!]
Eppure, a dispetto di tutto questo Calvario.
L'anno di noviziato è quello che più si rimpiange nella vita religiosa. Come un tesoro non sufficientemente apprezzato quando si possedeva.
Giacché, se l'uomo vecchio in quell'anno è martoriato, l'uomo nuovo impara le poche verità veramente essenziali alla vita, e vi gusta le dolcezze della pace profonda del cuore.
Un noviziato perfetto, anche nella sembianza esteriore — smagrita ma perfusa di luce spirituale — è un angelo di passaggio sulla terra bruciata dal peccato.
Il Beato Crispino da Viterbo, fu attratto all'Ordine Cappuccino dalla visione di siffatti angeli, nel loro andare umile e assente per le vie della sua città natale.
Fra Lorenzo da Brindisi, nel suo anno di noviziato, ebbe a Maestro un santo: P. Rufino da Sant'Orso.
Già eremita di San Girolamo, Padre Rufino, verso i trent'anni, era entrato nell'Ordine dei Cappuccini per raffermarvi il suo spirito già tanto avanti nell'esercizio delle virtù fondamentali:
amore di Dio e del prossimo,
e crocifissione completa al mondo,
al demonio e alla carne. [ognuno, giudichi solo se stesso!]
P. Rufino da Sant'Orso era primo in Coro ad ogni ora di orazione notturna e diurna — era l'ultimo ad uscirne, dopo ore di contemplazione estatica.
Impiegava un'ora a prepararsi alla Messa, e due ore per la celebrazione di essa.
Il ringraziamento aveva un tempo illimitato. Vestiva un abito tutto toppe sulla carne nuda.
Nella formazione dei giovani non lesinava penitenze; ma aveva ad un tempo un tratto così dolce, che rubava senza volere il cuore dei novizi.
Dalla sua scuola di perfezione uscirono degli autentici eroi.
Primo, fra Lorenzo da Brindisi.
Nonostante la malandata salute, fra Lorenzo portava il peso della «regolare osservanza» e della disciplina del noviziato, come se fosse un fardello di piume.
Un documento dice di lui: «Era più devoto, più modesto ed osservante degli altri novizi; e era cosi puro e semplice, che pareva un angelo» (1).
E stava così assorto in pensieri di cielo, che neppure nel breve tempo della ricreazione apriva la bocca o faceva alla ginnastica.
Se proprio occorreva parlare, si limitava a ripetere alla lettera qualche brano del libro devoto che s'era letto alla mensa durante i pasti. Solo una volta parve eccepire a questa invariabile regola.
Per la Pasqua, alcuni benefattori avevano mandato ai frati un agnello vivo. Fra Lorenzo prese a carezzarlo e a divertirsi con esso. « Forse — nota un antico biografo — egli vedeva in quell'innocente creatura "l'immacolato Agnello Gesù Christo (2)"».
Fu in quest'anno di grazia che fra Lorenzo diede un saggio della sua sorprendente memoria. Dopo d'aver ascoltato una predica lunghissima la riscrisse nei minimi dettagli.
(1) Cit. dal da Carmignano, ib., I, p. 141, n. 44.
(2) Cit. da id., ib., p. 140, n. 43.
Per un solo voto, a motivo della sua salute non solida di quel periodo, otterrà l’ingresso nell’ordine cappuccino, colui che doveva salvare le sorti del mondo.
Il soprannaturale ormai è diventato invadente nella vita di questo ragazzo… ma non mi dilungo...
Nel 1574
Di una tal fatta di uomini chiedeva di far parte don Giulio Cesare, nel luglio del 1574 ai 15 anni compiuti.
Studia a Verona e a Padova, poi ancora a Venezia. Si sprofonda in studi con tale avidità per meglio comprendere ed esprimere i misteri di Dio.
Si formerà un tale bagaglio culturale da renderlo uno degli uomini più colti della sua epoca.
E’ in grado di leggere e tradurre senza vocabolario, il greco, il latino e l’ebraico (cosa che gli sarà utile quando disputerà pubblicamente con uno dei massimi rappresentanti culturali dei protestanti causandone la fuga).
Il 18 febbraio 1575
Il 18 febbraio 1575 gli è concesso l'abito francescano a Verona, che indosserà.
Il 19 febbraio 1575
Il 19 febbraio 1575, gli è imposto dal vicario provinciale, padre Lorenzo da Bergamo, il suo stesso nome: da quel momento sarà padre Lorenzo da Brindisi.
18 dicembre 1582
Mandato a Padova a seguire i corsi di logica e filosofia e a Venezia quello di teologia, il 18 dicembre 1582 diviene sacerdote
nel 1586
nel 1586 è maestro dei novizi, e poi avrà sempre cariche nell'Ordine, fino a quella di Generale.
Lui è uomo da libri, conoscitore eccezionale della Bibbia (che può citare a memoria anche in ebraico), e diviene famoso come predicatore, appunto per la vasta cultura, aiutata poi dalla bella voce e dalla figura imponente. La sua memoria aveva dello straordinario, infatti gli bastava leggere o ascoltare qualcosa una sola volta per mandarlo a memoria.
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1589
La sua ascesa nell'ordine è rapida; nel 1589 è vicario generale di Toscana;
1594
nel 1594 provinciale di Venezia;
1596
nel 1596 secondo Definitore Generale;
1598
nel 1598 vicario provinciale di Svizzera;
1599
Sempre nel 1599 è posto a guida dei missionari che i cappuccini, su invito del Pontefice, inviano in Germania (a morire per l'estrema intolleranza dei protestanti).
E’ ancora Definitore Generale: - le molteplici capacità di servizio lo portano nel 1599 ad essere rieletto definitore generale e incaricato di fondare l'Ordine in Boemia.
1600
Nel corso del 1600 fondò due conventi, a Vienna e Graz .
Predicò in tutta l'Europa centrale e fu nominato cappellano dell'esercito dell'arciduca Mattia, che combatteva contro i turchi; con le sue preghiere e con i suoi avveduti consigli militari contribuì alla vittoria dei cristiani
1601 – battaglia di Albareale
Qui, a divulgare e ad accrescere la sua fama di santità contribuì un episodio avvenuto nell'ottobre del 1601; il brindisino volle essere uno dei quattro cappellani necessari per assistere spiritualmente le truppe cattoliche nella campagna in atto contro i turchi ed il 9 ottobre giunse ad Albareale, l'attuale Székeshefer vár in Ungheria, ove era accampato l'esercito imperiale.
Fu quindi destinato all'accampamento imperiale di Albareale in Ungheria, dove giunse il 9 ottobre e dove si distinse per l'aiuto e per la fermezza durante l'attacco turco.
Padre Lorenzo, quando il nemico sferrò l'attacco, fu d'esempio sia con la parola che con l’esempio.
Tutti pensavano ad una resa vista la sovrastante imponenza dell’esercito avversario, che Maometto II aveva radunato dopo aver fatto uccidere i suoi 21 fratelli per eliminare tutti i possibili contendenti al trono.
I turchi lo ritennero un negromante e un mago, puntando su di lui inutilmente tutte le loro armi.
I cristiani già da tempo lo riconoscevano come un santo.
La carneficina dei turchi non avvenne per un errore di strategia militare, ma per un evento soprannaturale: i proiettili di cannone e di archibugio venivano arrestati da un muro invisibile.
Ben sei cavalli furono colpiti a morte mentre S.Lorenzo li cavalcava in prima linea armato del suo crocifisso.
I turchi furono subito presi dal panico e cercarono in tutti i modi di uccidere il Padre Lorenzo che primo tra i soldati si lanciava nei nemici.
S. Lorenzo da Brindisi, fu determinante alla vittoria di Albareale nell'ottobre del 1601, che a tutti sembrò una impresa impossibile e disperata.
La santità di padre Lorenzo era già universalmente riconosciuta già prima del 1601, ma dopo la battaglia di Albareale (poi Szekesfehervar, in Ungheria) contro i Turchi, molti soldati imperiali (cattolici ed evangelici) riconobbero l’intervento soprannaturale nella sua persona, vedendolo passare disarmato tra i nemici e illeso tra frecce, pallottole e scimitarre, per incoraggiare le truppe, guidò i suoi uomini alla vittoria, più di un condottiero.
Questo frate, Lorenzo da Brindisi, è principalmente uno studioso, ma le vicende del tempo fanno della sua vita un'avventura continua.
Lo mandano sulle prime linee più difficili: in Boemia, per esempio, dove in gran parte la popolazione si è staccata dalla Chiesa cattolica.
Accolto ostilmente, picchiato ripetutamente e violentemente, creduto morto in più occasioni, si dedica a un'intensa predicazione, sostiene controversie, guida l'opera dei Cappuccini.
L'evidente coerenza tra le sue parole e la sua vita lo fa rispettare anche da autorevoli avversari.
Un principe tedesco protestante giura di ucciderlo, perché lui ha confuso e costretto alla fuga un famoso teologo protestante con cui si è pubblicamente confrontato sul tema della:
“presenza reale della Eucaristia”.
Ma il padre Lorenzo, deciso a morire, bussa alla porta del castello di questo principe nel ruolo di povero fratello questuante, chiede la carità per amore di Dio e come un agnello si mette nelle mani del suo carnefice, che di fronte a tale santità scoppia in lacrime.
Per motivi dinastici e per motivi di religione sono molte le occasioni per costruire conflitti fratricidi, ma S. Lorenzo è mediatore di situazioni disperate che riesce a scongiurare.
Ci troviamo forse di fronte al personaggio storicamente più importante della sua epoca. Ma dove è citato nei libri di storia che hanno subito la deformazione ideologica dei comunisti?
Quando celebra la messa, poi, lo si vede davvero "rivivere" il sacrificio della Croce rinnovato sull'altare si può respingere la sua fede, ma non si resta indifferenti di fronte al suo modo appassionato di sentirla e di manifestarla.
I papi e vari principi europei gli affidano continue missioni diplomatiche che lui risolve percorrendo l’Europa più volte a piedi.
Per tre anni frate Lorenzo rappresenta la Santa Sede in Baviera.
E i napoletani che non ne possono più del duca di Ossuna (vice re spagnolo), vogliono lui come loro ambasciatore presso Filippo III di Spagna.
Appunto nel corso di questa missione lo coglie la morte per avvelenamento e immediata si divulga la voce della sua santità.
24 maggio 1602
Il 24 maggio 1602, quasi all'unanimità, padre Lorenzo viene eletto vicario generale dell'ordine; e visita tutte le province europee, a piedi. con l'alta carica gli è affidato il compito di visitare tutte le province oltre le Alpi.
1604
Nel triennio del generalato, il 1604, può tornare a Brindisi ove decide la costruzione di una chiesa sotto il titolo di Santa Maria degli Angeli con annesso monastero per le claustrali.
Finanziatori dell'opera, che doveva svilupparsi sul luogo stesso in cui era la casa natale del santo, saranno il duca di Baviera, la principessa di Caserta e altre personalità che il cappuccino aveva avuto modo d'incontrare durante le sue missioni in Europa.
Più volte, dopo il 1604, pensa di tornare a Brindisi ma non vi riesce per gli incarichi di somma responsabilità che sia l’imperatore che il papa gli affidano.
1606
Infatti, Paolo V sin dal principio del suo mandato di Generale gli ordina di ritornare in Boemia.
Tra il 1607 e 1609
Tra il 1607 e 1609 compone l'opera apologetica Lutheranismi hypotyposis.
Nel 1613
Nel 1613, definitore generale, visita la provincia di Genova e viene eletto ministro provinciale.
1616 a Piacenza
Frate Lorenzo Russo è a Piacenza malato grave, ma ancora vivo.
Anzi, guarirà.
Tuutavia, il duca Ranuccio I di Parma, si fa già promettere dai Cappuccini la consegna della salma, da tenere come reliquia.
Dal 1614 al 1619
Dal 1614 al 1619 intraprende molte missioni diplomatiche.
nel 1618
Quando, finalmente, nel 1618 è ormai diretto in Puglia, è costretto a mutare itinerario e fermarsi a Napoli.
Qui è convinto dal patriziato napoletano a recarsi in Spagna per esporre al re Filippo III le malversazioni del vicere don Pietro Giron duca di Ossuta che lo farà avvelenare.
Era stato messo in guardia da Signore di altre occasioni di avvelenamento, ma quello era evidente era l’appuntamento che il Signore cercava con il suo servo fedele.
Il 25 maggio 1619
Il 25 maggio 1619, evitati sicari e ostacoli d'ogni genere, padre Lorenzo raggiunge il re, padre Lorenzo viene ricevuto alla corte di Filippo III.
A Lisbona ricevuto il giorno seguente, a conferma delle sue parole, soggiunse che era sicuro di ciò che riferiva quanto del fatto che presto sarebbe morto, e che il re, se non avesse provveduto al bene dei propri sudditi, sarebbe deceduto entro due anni, cosa che avvenne realmente.
Il 22 luglio del 1619
Il 22 luglio del 1619, probabilmente avvelenato, il frate brindisino moriva.
Nel 1619 il frate muore a Lisbona, in casa di don Pedro di Toledo (già governatore spagnolo di Milano), e questi vuole il suo corpo per mandarlo ad un monastero della Galizia fondato da sua figlia.
Il 22 luglio 1619 muore a Lisbona e il suo corpo viene trasportato a Villafranca del Bierzo (Galizia) e tumulato nel monastero delle francescane scalze.
Il 31 marzo 1621, come profetizzato, si spegneva anche Filippo III, che aveva ignorato le richieste napoletane e aveva favorito il vicere Ossuna.
Morì, così, a Lisbona durante una delle sue missioni diplomatiche;
Nel 1959 è stato dichiarato dottore della Chiesa.
Nel 1783 Padre Lorenzo viene beatificato da papa Pio VI.
Nel 1959 viene proclamato dottore della chiesa, col titolo di "doctor apostolicus", da papa Giovanni XXIII.
La causa canonica, però, viene bloccata dai decreti di papa Urbano VIII (1623-1644) che modificano i procedimenti per i santi.
Riprenderà nel XVIII secolo, concludendosi con la canonizzazione ad opera di Leone XIII nel 1881.
I suoi scritti rimangono inediti fino all'edizione integrale negli anni 1925 - 1956, in seguito alla quale Giovanni XXIII proclamerà san Lorenzo da Brindisi Dottore della Chiesa con la qualifica di "doctor apostolicus", il 19 marzo 1959.
Dai "Discorsi" di san Lorenzo da Brindisi, sacerdote.
Predicazione
Per sostenere la vita spirituale, che abbiamo in comune con gli angeli del cielo, creati come noi ad immagine e somiglianza di Dio, é certamente necessario il pane della grazia dello Spirito Santo e della carità di Dio.
Ma la grazia e la carità senza la fede non valgono nulla, perché senza la fede é impossibile piacere a Dio.
Né la fede può svilupparsi senza la predicazione della parola di Dio: "La fede dipende dalla predicazione, e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10, 17).
Pertanto la predicazione della parola di Dio é necessaria alla vita spirituale, come la semina al sostentamento della vita corporale.
Perciò Cristo dice: "Il seminatore uscì a seminare la sua semente" (Lc 8, 5).
Il seminatore uscì come banditore della giustizia e proprio di essa leggiamo che un tempo si fece banditore Dio, come quando nel deserto diede a tutto il popolo, dal cielo, a viva voce la legge della giustizia. Altre volte fu un angelo del Signore a rimproverare, nel luogo dei piangenti, il popolo per la trasgressione della legge divina (cfr. Gdc 2, 4-5). Per questo tutti i figli d'Israele, udite le parole dell'angelo, pentiti di cuore piansero a dirotto con alte grida.
Anche Mosé predicò a tutto il popolo la legge del Signore nelle steppe di Moab, come appare dal Deuteronomio.
Finalmente a predicare la parola di Dio venne Cristo, Dio e uomo, che a tal fine inviò gli apostoli, come prima aveva inviato i profeti.
Perciò la predicazione é un compito apostolico, angelico, cristiano, divino.
La parola di Dio é talmente ricca di ogni bene che é come un tesoro di tutti i beni.
Da essa sgorgano la fede, la speranza e la carità.
Da essa derivano tutte le virtù, tutti i doni dello Spirito Santo, tutte le beatitudini evangeliche, tutte le opere buone, tutti i meriti della vita, tutta la gloria del paradiso: "Accogliete con docilità la parola che é stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime" (Gv 1, 21).
Infatti la parola del Signore é luce per l'intelletto e fuoco per la volontà, perché l'uomo possa conoscere e amare Dio.
Per l'uomo interiore, che per mezzo della grazia vive dello Spirito di Dio, é pane ed acqua, ma pane più dolce del miele e acqua migliore del vino e del latte. Per l'anima é un tesoro spirituale di meriti, perciò viene chiamata oro e pietra assia preziosa.
E' invece un maglio contro un cuore duramente ostinato nei vizi. E' una spada contro la carne, il mondo e il demonio per distruggere ogni peccato.
Anime mie care, conosciamo, vi prego, l'infinita carità di Cristo verso di noi nell'istituzione di questo sacramento dell'Eucarestia.
Ci vuole un cuore nuovo, un nuovo amore, un nuovo spirito, perché l'amore sia spirituale.
Cristo non ci ha amati con cuore carnale, ma spirituale, per pura grazia e carità, con amore gratuito, con amore supremo e ardentissimo. Ah, bisogna riamarlo di tutto, tutto, tutto, tutto, di vivo, vivo, vivo, di vivo, di vero, vero, vero, vero cuore!(San Lorenzo da Brindisi)
La ricerca su Lorenzo da Brindisi ha messo a fuoco in larga misura la sua dottrina.
Il procedimento interpretativo di Lorenzo nel Mariale ci dà una mariologia isolata o si muove verso una mariologia biblica, cristocentrica, ecclesiologico/ecumenica e pastorale?
Joel C. Weinsheimer, interpretando il pensiero di Hans. G. Gadamer, osserva che l'interpretazione non è meramente qualcosa che un soggetto o la coscienza compie nei riguardi un oggetto, ma più fondamentalmente qualcosa che accade a ciò che l'interprete è. Sappiamo che Lorenzo da Brindisi era più che un erudito.
Egli era un santo che incentrò la sua vita su un profondo amore per Cristo e Maria.
Vi sarà pertanto un ulteriore obbiettivo nel nostro studio.
È il Mariale qualcosa di più che una trattazione dottrinale sulla Vergine Maria?
La devozione che questo Dottore cappuccino della Chiesa nutre nei confronti di Cristo e di Maria influenza il suo procedimento interpretativo?
Tale tesi intende recare un piccolo contributo ad una migliore comprensione della predicazione cristologico-mariologica di Lorenzo da Brindisi.
Il
tempo non è mai abbastanza, infatti il tempo sta correndo.
I
pericoli non sono mai stati a livelli così elevati! Mai
il nostro tempo è stato così limitato! Convertiti,
finché sei in tempo! The
time is never enough, in fact the time is racing, while the dangers
have never been so tall! Our time has ever been so limited!
Converts, until are in time! Lui, JHWH ti perdonerà,
se ti rivolgerai a Lui con tutto il cuore! Fallo,
finché sei in tempo! Cerca di avere un futuro eterno
assicurato, ora! "fai il tuo dovere a" IBAN:
IT33E0358901600010570347584 (non detraibili)
Ti
sembra ragionevole che questa operazione sia portata avanti da un
uomo solo? Ti
dice niente il fatto che questo “uomo solo” sia un
cristiano biblico nato di nuovo?