Una libertà illusoria: l’incantesimo finisce alla soglia dei trent’anni

Cortile esterno di uno dei tanti licei di Roma. Aspetto il suono della campanella, la fine delle lezioni di questa giornata. Mi guardo intorno: il cortile è in realtà un parcheggio, tanti, troppi motorini sono lì, aspettando impazienti la loro prossima corsa. Però, niente male: alcuni di essi sono proprio particolari: oggetti preziosi li caratterizzano, luci colorate li distinguono.

Fuori una mamma parla con sua figlia: avrà circa quindici anni e sembra una modella: capelli tagliati alla moda, jeans stretti alla moda, occhiali da sole, maglia zaino scarpe (costosissime!!) alla moda! E poi ci si lamenta che in Italia non ci sono laureati! Il che oltretutto non è neanche vero: un articolo del 2003 del “Corriere della Sera”, confermava che i laureati ci sono, anche se in minima parte provenienti dalle Facoltà tecnico-scientifiche, ma ci sono. E poi dal 2003 di tempo ne è passato. Infatti pochi giorni fa leggevo su una rivista che oggi molti ragazzi hanno abbandonato gli studi letterari o, comunque sia le così dette Università a “numero chiuso”.

Ma dove sono i nostri “cervelloni”? All’estero, naturalmente chi ha le possibilità, o…

Il cellulare della ragazzina squilla: circondati da perline e portafortuna i tasti quasi non si vedono, ma lei è abilissima: “Ciao…no devo comprare assolutamente quella spazzola e poi c’è sempre film in dvd… ok ci vediamo da Mc Donald’s ”.

Giusto. Ecco dove potremmo incontrare un nostro ragazzo con la laurea in tasca. Ci sono ragazzi, dietro quei banconi, dietro quella divisa rossa con tanto di cappellino coordinato e con il sorriso stampato sul viso che, con molte probabilità, sono lì per caso. Volendo dare i numeri, credo che almeno il 60% di quei ragazzi lavorano part-time, aspettando freneticamente di avere un posto come impiegati, ingegneri, architetti, professori o per qualunque altra cosa abbiano studiato. In fondo loro un lavoro, anche se poco pagato e poco stabile, ce l’hanno. Pensare a quanti milioni di ragazzi, con tanto di “curricula”, non trovano nulla e quanti di loro accettano i brutti lavori spesso senza sbocco. E la colpa? Come al solito nessun colpevole, tante le vittime.

Analizzando i fatti posso affermare che le famiglie consentono ai figli più del necessario, sostenendo le loro scelte di consumo invece di educarli sul “fattore consumo”; i giovani studiano (o almeno ci provano), arrivando alla soglia dei trent’anni senza un lavoro certo, per “una sottovalutazione statistica della disoccupazione giovanile e un non riconoscimento dei problemi strutturali” (Salverda).

Il suono arriva accompagnato dal solito boato: escono in massa, formano un solo corpo, la ricerca della propria identità è nell’altro, i loro strumenti li convincono di una libertà illusoria.

Cerco la mia “vittima” e la fermo:

“Scusa, posso farti tre domande?”. Acconsente ma va di fretta. Continuo: “ lo sai che da un’indagine è emerso che i giovani consumano circa il doppio di quanto percepiscono?”

“Davvero? Non me ne sono mai accorta… fortunati i negozianti!”

“Cosa pensi delle aule vuote, specialmente quelle delle scienze? ”.

“Credo che ognuno scelga ciò che più gli piace, non è certo un capriccio giovanile contro i mercati internazionali. Forse si fugge da ciò che non si conosce bene.”.

“In Italia esiste la disoccupazione. Come credi di affrontare il problema per il tuo futuro? ”.

“Non lo so per ora non ci penso…”.

Scappa via e mi lascia con un dubbio: se semplifichiamo la nostra vita, se non pensiamo, se non affrontiamo né il problema del denaro né dello studio né del lavoro cosa ci aspettiamo dal futuro? Lei ora è giovane e pensa come tutti i giovani ragazzi, ma mi piacerebbe incontrarla quando il problema, vuole o non vuole, le si “piazzerà” davanti e allora, riuscirà ancora a fuggire?

Laura Paolucci