Cinquant'anni. Nel periodo che va dalla seconda guerra mondiale a oggi,
l'uomo ha totalmente rivoluzionato il mondo e la
società. Cinquant'anni in cui il numero di invenzioni e
scoperte supera quasi quello accomulato in millenni di
storia. Cinquant'anni durante i quali l'uomo è diventato
schiavo di tali invenzioni.
Proprio così, schiavo! Una schiavitù dai
prodotti, dalla moda e da quel pensiero asfissiante che opprime le
nostre menti, il denaro, il Dio denaro, che si manifesta in vari
aspetti: guadagno, necessità economiche, il mercato.
E sono proprio questi bisogni che diventano i regolatori delle nostre
vite. Chi è che ormai esce di casa senza avere con
sè il cellulare, o chi durante la giornata non accende la
televisione o il computer almeno una volta? Quest oggetti, divenuti
ormai indispensabili, non sono altro che gli infiltrati della
società nelle nostre vite, che ci spingono a fare il suo
gioco.
Il fatto è che la società è padrona di
sè e delle nostre vite, e questa dipendenza assoluta da essa
ci abbassa a prodotti dei nostri prodotti, diventando quindi
semplici...cose.
Cose prodotte in serie, l'una uguale all'altra con gli stessi pensieri,
dubbi. È infatti in questa atmosfera di superorganizzazione
che tutto ci appare scontato e di conseguenza abbiamo perso l'abitudine
a riflettere per conto nostro su ciò che ci circonda, come
degli automi creati per eseguire il volere della società:
consumare.
Chi cerca di opporsi al sistema è destinato al fallimento,
il non conformarsi alla società è
controproducente e si finisce per essere alienati da essa. Si potrebbe
dire che se si è il prodotto della serializzazione sei IN,
altrimenti...OUT!
Rimane quindi da rispondere a una domanda e considerare il relativo
esito: è meglio essere un automa nelle mani della
società, o un rivoluzionario contro di essa?