Tra i profani è diffuso, assai spesso, un concetto errato sulla funzione del parafulmine. Si crede, cioè, che al parafulmine sia affidato il compito di attirare i fulmini e di scaricarli a terra, in modo che questi non debbano cadere in altri punti della zona in cui il parafulmine è installato. Ciò è assolutamente errato. Al parafulmine è affidato un compito completamente diverso, ma prima di addentrarci in spiegazioni, è bene capire il modo con cui un fulmine si forma. 

 

Il fulmine è una "scintilla" elettrica di proporzioni enormi, che “scocca” tra le nubi e la superficie terrestre. Ogni manifestazione temporalesca, come si sa, è accompagnata da uno spirare più o meno ordinato di venti, che costringono le nubi ad uno sfregamento continuo, esso determina uno stato di elettricità dello stesso nome, positiva o negativa. E’ il fenomeno cosiddetto di triboelettricità, in altre parole dà luogo a formazioni di scariche elettriche, negative o positive per sfregamento meccanico di parti che possono essere solide, liquide, o come nel nostro caso, gassose. Dunque, durante i temporali, le nubi sono soggette ad un continuo sfregamento fra di loro che crea in esse, una quantità enorme di cariche elettriche. Se in una nube sono di segno positivo, nell’altra, quella che ha subito lo sfregamento con la prima, saranno di segno negativo.

Ma i corpi carichi di elettricità dello stesso nome generano sempre un campo elettrico e ciò significa che da essi si dipartono delle linee di forza elettriche, le quali, quando incontrano un qualsiasi corpo nel loro cammino, richiamano in questo, un pari numero di cariche elettriche di nome contrario: è il noto fenomeno dell’induzione elettrostatica. Possiamo tradurre questi concetti in parole più semplici dicendo che una nube carica di elettricità negativa determina nel suolo sottostante una carica elettrica di segno contrario, cioè positiva e della stessa entità fisica. Ma fra le due cariche elettriche, quella inducente della nube e quella indotta del suolo, si esercita un campo di forze elettrostatiche, la cui intensità dipende dall’entità della carica inducente.

Quando la carica elettrica assunta dalla nube è molto intensa, le linee di forza elettrostatiche sono in grado di perforare il dielettrico, cioè l’aria, determinando la scarica elettrica, ovvero il fulmine.

Spiegato il modo di come un fulmine si generi, passiamo ora, alla funzione del parafulmine, ovvero un mezzo inventato dal fisico Franklin nel lontano 1752.

 

 

 

 

ll parafulmine: come accennato ad inizio articolo, compito del parafulmine non è di attirare verso di sé i fulmini, anzi, ma quello di allontanare dalla zona in cui esso è posto, l’eventuale “caduta”. In termini tecnici si dovrebbe dire che al parafulmine è affidato il compito di distruggere il campo elettrostatico che si forma, durante le manifestazioni temporalesche, tra le nubi e il suolo. Ma come avviene ciò?

Lo si può dire brevemente. Il parafulmine è formato da un’asta metallica installata nella parte più alta del tetto delle abitazioni, e nella sua estremità più alta sono applicate delle punte. Le punte e l'a­sta metallica sono collegate, mediante cavi di rame di grosso spessore, ad una serie di lastre metalliche “affogate”nel terreno circostante      la    casa in cui   è

Schema esplicativo di funzionamento del parafulmine,   che ha lo  scopo di distruggere il campo elettrico formatosi tra nube  nube  e terra durante le manifestazioni temporalesche.                                                                     

 

applicato un parafulmine. Quando si crea un campo elettrostatico tra le nubi soprastanti e il suolo, le cariche elettriche indotte sul terreno sono richiamate da quelle inducenti della nube; esse raggiungono le piastre, prima citate, e da esse arrivano, lungo i conduttori, fino all’asta metallica del parafulmine e alle punte appli­cate alla sua estremità superiore. Chi non ha mai sentito parlare del “potere delle punte“?  Esse hanno, come si sa, il potere di disperdere le cariche elettriche. Ebbene, questo stesso potere lo hanno le punte applicate sull’asta del parafulmine. Intorno ad esse, dunque, si forma una “nube” di cariche elettriche, che sono poi quelle indotte sul terreno e che sono state richiamate verso l’alto dalle cariche inducenti della nube. Ma una “nube”di questo tipo potrebbe risultare pericolosa (e in certi casi lo è), ma i temporali quasi sempre sono accompagnati dai venti che, in questo caso, svolgono utilmente il compito di “spazzini” delle cariche indotte.

Si può dire, quindi, che la “meccanica” del parafulmine è in parte elettrica e in parte naturale. Se non ci dovesse essere un solo filo d’aria, il fulmine cadrebbe proprio sulla punta del parafulmine, senza peraltro arrivare al suolo, perché le cariche indotte, che lo richiamano, sono raccolte in una speciale nube che staziona all’intorno dell’estremità più alta del parafulmine.

 

 

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