Nota: quello che segue è il testo completo del poema originale scritto da Goffredo Mameli, tuttavia l'inno italiano, così come eseguito in ogni occasione ufficiale, è composto dalla prima strofa e dal coro, ripetuti due volte, e termina con un "Sì" deciso. Il resto del poema richiama episodi rilevanti della lotta per l'unificazione dell'Italia.
Fratelli d'Italia, l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma, che schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì! |
l'elmo
di Scipio: L'Italia ha di nuovo sulla
testa l'elmo di Scipio (Scipione l'Africano), il generale romano che
nel 202 avanti Cristo sconfisse a Zama (attuale Algeria) il cartaginese
Annibale. L'Italia è tornata a combattere.
Le porga la chioma: La Vittoria sarà di Roma, cioè dell'Italia. Nell'antica Roma alle schiave venivano tagliati i capelli. Così la Vittoria dovrà porgere la sua chioma perché sia tagliata, perché la Vittoria è schiava di Roma che sarà appunto vincitrice. coorte: nell'esercito romano le legioni (cioè l'esercito), era diviso in molte coorti. Stringiamoci a coorte significa quindi restiamo uniti fra noi combattenti che siamo pronti a morire per il nostro ideale. |
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Noi fummo da
secoli calpesti, derisi, perché non siam popoli, perché siam divisi. Raccolgaci un'unica bandiera, una speme: di fonderci insieme già l'ora suonò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì! |
calpesti: calpestati Raccolgaci: la lingua di Mameli è la lingua poetica dell'Ottocento. Questo raccolgaci in italiano moderno sarebbe ci raccolga, un congiuntivo esortativo che assimila il pronome diretto. Il significato è: ci deve raccogliere, tenere insieme. una speme: altra
parola letteraria e arcaica. Significa speranza.
Non c'è però da stupirsi troppo se Mameli usa
queste parole. Nella lingua delle canzonette di musica leggera intorno
al 1950, queste parole si trovano ancora. |
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Uniamoci,
uniamoci, l'unione e l'amore rivelano ai popoli le vie del Signore. Giuriamo far libero il suolo natio: uniti, per Dio, chi vincer ci può? Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì! |
per Dio: doppia
interpretazione possibile. Per Dio è un
francesismo e quindi significa "da Dio": se siamo uniti da Dio, per
volere di Dio, nessuno potrà mai vincerci. |
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Dall'Alpe a
Sicilia, Dovunque è Legnano; Ogn'uom di Ferruccio Ha il core e la mano; I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla; Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì! |
Dovunque è Legnano: ogni città italiana è Legnano, il luogo dove nel 1176 i comuni lombardi sconfissero l'Imperatore tedesco Federico Barbarossa Ferruccio: ogni uomo è come Francesco Ferrucci, l'uomo che nel 1530 difese Firenze dall'imperatore Carlo V. Balilla: è il soprannome del bambino che con il lancio di una pietra nel 1746 diede inizio alla rivolta di Genova contro gli Austro-piemontesi I Vespri: Nel 1282 i siciliani si ribellano ai francesi invasori una sera, all'ora del vespro. La rivolta si è poi chiamata la rivolta dei Vespri siciliani |
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Son giunchi che
piegano Le spade vendute; Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia E il sangue Polacco Bevé col Cosacco, Ma il cor le bruciò. Stringiamoci a coorte, siam pronti alla morte. Siam pronti alla morte, l'Italia chiamò, sì! |
Le spade vendute: i soldati mercenari si piegano come giunchi e l'aquila, simbolo dell'Austria, perde le penne. Il sangue polacco: L'Austria, alleata con la Russia (il cosacco), ha bevuto il sangue Polacco, ha diviso e smembrato la Polonia. Ma quel sangue bevuto avvelena il cuore degli oppressori |
Dal 1947
"Fratelli d'Italia" o il "Canto degli Italiani", scritto da Goffredo Mameli (Genova
1827 - Roma 1849) nel settembre 1847 e messo in musica due
mesi dopo da Michele
Novaro (Genova 1822 - ivi 1885),
è l'Inno Nazionale Italiano. Manca, tuttavia, una esplicita
norma in tale senso, poiché rimase priva di seguito la
relativa proposta, portata al Consiglio dei Ministri dall'On. Cipriano
Facchinetti, il 12 ottobre 1946, Ministro della Guerra dell'epoca.
L'assenza di un'apposita sanzione normativa non ha, però,
impedito al popolo italiano di riconoscere, in tutti questi anni, nelle
parole e nella musica dell'Inno il simbolo dell'unità
nazionale, al pari della bandiera tricolore, con la quale esso forma,
anzi, un tutt'uno inscindibile.
Del resto l'Inno di Mameli (questa la denominazione assunta dall'Inno
nella cultura corrente) fu associato alla Bandiera Tricolore come segno
della volontà di indipendenza nazionale fin dai primi moti
popolari che precedettero l'esplosione rivoluzionaria del 1848.
E attorno alla Bandiera Tricolore e all'Inno Nazionale si strinsero i
milanesi nelle Cinque Giornate del marzo '48.
Non meraviglia, quindi, che il primo biografo di Cavour e di Vittorio
Emanuele II, Giuseppe Massari, lo abbia definito come il vero e proprio
Inno Nazionale italiano. E come tale dovette considerarlo anche
Giuseppe Verdi, che lo inserì, accanto alla Marsigliese e
all'Inno Nazionale inglese (God Save the King),
nell'Inno delle Nazioni, da lui composto in occasione dell'Esposizione
Universale di Londra del 1864.
Negli ultimi anni parole e musica di questo Inno sono state oggetto di
numerose critiche e non sono mancate le proposte di sostituirlo con
altre composizioni risorgimentali o addirittura contemporanee. Bisogna,
però, dire che "Fratelli d'Italia", altamente apprezzato da
Carducci e dal grande storico francese Jules Michelet, per la sua
capacità di coinvolgere emotivamente gli ascoltatori,
più di ogni altra composizione risorgimentale riesce ad
esprimere un forte sentimento di vera unità nazionale,
derivante da una lunga storia comune, che spinge, secondo i
princìpi del mazzinianesimo, verso l'unione e l'amore in
vista del conseguimento di un fine comune. E anche il ritornello, la
parte più conosciuta, perché eseguita nelle
manifestazioni ufficiali, sulla quale si appuntano le critiche
più malevole, non è manifestazione di pura
retorica ma esprime le convinzioni della migliore cultura italiana ed
europea dei secoli XVIII e XIX. In questi versi si avverte, infatti,
l'eco delle parole scritte da Condorcet nel Quadro storico dei
progressi dello spirito umano, ove si legge: "Roma ha portato le leggi
in tutti quei paesi in cui i Greci avevano portato la loro lingua, le
loro scienze e la loro filosofia. Tutti questi popoli, sospesi
ad una catena, che la vittoria aveva agganciato ai piedi del
Campidoglio..." (CONDORCET, Quadro storico dei progressi
dello spirito umano, Introduzione R. GUIDUCCI, Milano, 1989, p. 188).
Ma unità e fusione non devono significare piatta
conformità o, peggio ancora, soppressione del grande
patrimonio ideale che si racchiude nelle diversità
regionali: questo è il significato della quarta strofa,
nella quale Mameli, con straordinaria concisione (che non era sfuggita
a Garibaldi), rievoca i momenti più significativi della
storia delle diverse aree dell'Italia. Ed è proprio per
questo motivo che nell'Inno "Fratelli d'Italia" si possono trovare i
segni distintivi dell'identità nazionale del nostro paese.