Origine del termine “Parlamento”: il termine “Parlamento” ha le sue radici nel greco antico nel
vocabolo “parabolè”
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tale vocabolo entra in Italia e in Gallia con il verbo
“parabolare” da cui si formano parabola e poi parola.
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nell’italiano antico il termine “parlamento” indica
l’atto del parlare, cioè il discorso, l’orazione,
spesso con un preciso riferimento alla politica e al potere
Il verbo “parlamentare” vuol dire stabilire un colloquio con qualcuno allo scopo di raggiungere un accordo.
Definizione di Parlamento
E’ impossibile una definizione generale di Parlamento a causa della grande varietà delle istituzioni storiche che sono state chiamate con questo nome.
Se è vero che il termine “parlamento” ha assunto fin dal Medioevo il valore politico di assemblea, è anche vero che tale valore ha avuto nel tempo sfumature assai diverse, a seconda delle epoche, delle situazioni, delle organizzazioni statali e delle forme di costituzione.
Possiamo chiamare “Parlamento”, dall’alto Medioevo in poi:
- sia i consigli dei piccoli comuni rurali,
- sia le Cortes spagnole nate in Spagna nel XI secolo, che presentavano la tripartizione per stati (nobiltà, clero, borghesia), poi ripresa altrove, ad esempio, in Sicilia e in Francia,
- sia nel regno di Francia gli Stati generali, organismi rappresentativi dei ceti o ordini presenti nella società
- sia nei paesi dell’area germanica le numerose assemblee che si tennero a partire dal XIII secolo, chiamate “diete”,
- sia il Parlamento inglese, composto dalla camera dei lord e da quella dei comuni, considerato, per le sue funzioni, il modello a cui si ispireranno le esperienze parlamentari dell’intera storia europea.
Il parlamento inglese, uscito vincitore dalla Glorious Revolution (1688-1689), ebbe la forza di trasformarsi in un’assemblea del tutto nuova, in grado di costituire un potere autonomo, prima parallelo a quello regio e poi addirittura prevalente. Dopo la “rivoluzione gloriosa” (1688-’89), riuscì ad imporsi definitivamente al sovrano
Furono
proprio le tradizioni
parlamentari inglesi, sviluppatesi tra il Sei e il Settecento, a
fornire il
modello del moderno sistema parlamentare o parlamentarismo, con la
distinzione
tra maggioranza e minoranza, o meglio tra partiti
di governo
e di opposizione.
Le assemblee parlamentari come le intendiamo oggi, espressione dell’uguaglianza tra i cittadini e luogo di formazione della volontà nazionale, nacquero alla fine del sec. XVIII, prima con la rivoluzione americana poi con quella francese.
Proprio
in Francia, con la
convocazione nel 1789 degli Stati Generali
(che erano stati chiamati in causa l’ultima volta nel lontano
1614), iniziò
la grande stagione parlamentare
che si sviluppò nell’800:
l’assemblea del Terzo Stato
si
autoproclamò Assemblea
Nazionale, con
il monopolio della funzione legislativa, delineando così un
modello seguito con
poche varianti da tutte le Costituzioni successive.
Nel
corso del XVIII secolo l’assemblea rivoluzionaria americana
già
indicava le tappe dell’ulteriore sviluppo delle istituzioni
parlamentari:
eliminazione della partizione per ordini o “stati”,
ampio suffragio,
definizione di precisi compiti legislativi e di controllo.
In
seguito alla unificazione italiana, lo Statuto Albertino, carta
costituzionale concessa nel 1848 da Carlo Alberto ai suoi sudditi del
Regno di
Sardegna e di Piemonte, venne esteso a tutto il Regno
d’Italia.
Il
Parlamento nazionale ereditò le strutture
del Parlamento subalpino, sancito dallo Statuto albertino:
la sua composizione bicamerale
(Camera dei
Deputati
elettiva e Senato
di nomina regia)
restò invariata fino al fascismo, che sostituì
nel 1939 il parlamento
rappresentante elettivo di tutti i cittadini con una Camera dei
Fasci e delle Corporazioni non
elettiva, rappresentante degli interessi organizzati.
Il
parlamento bicamerale, con entrambe le camere elettive, venne
nuovamente istituito dalla Costituzione
repubblicana del 1948.
Il
Parlamento è oggi il luogo in
cui l’assemblea dei rappresentanti del popolo fa vivere con
le sue discussioni
e i suoi dibattiti la dialettica democratica alla base della libertà.
AULA
DEL PARLAMENTO SUBALPINO
In
seguito
alla concessione dello Statuto da parte di Carlo Alberto nel 1848 il
salone
centrale di Palazzo
Carignano,
che in origine era una sala
per ricevimenti e feste, è
destinato a sede della Camera
dei Deputati del Regno di Sardegna, comunemente detta aula del
Parlamento
Subalpino. Il
progetto
di
trasformazione viene eseguito dall’architetto Carlo Sada
che, partendo da una pianta ad
anfiteatro, inserisce all’interno del salone i banchi dei
deputati, i seggi della
Presidenza e della Segreteria, la tribuna per l’oratore ed il
tavolo per i ministri.
I
deputati, in numero di 204 nel
1848, si riuniscono in questa sala fino al 18 dicembre 1860,
quando il loro numero è
aumentato a L’Aula
del Parlamento Subalpino è
ricca di suggestioni per la storia che vi si svolse: coccarde tricolori
segnano
i posti in cui sedevano Camillo Cavour, Massimo d’Azeglio,
Giuseppe Garibaldi,
Cesare Balbo, Vincenzo Gioberti e altri famosi uomini politici. Di
grande interesse architettonico è la cupola, a sesto
ribassato, che termina con
un lucernario centrale circondato da sette finte nicchie dove trovano
posto gli
stemmi di varie città italiane e della Savoia. Altri 17
stemmi, raffiguranti le
province del Regno Sardo sono visibili lungo la balconata che corre
tutt’intorno all’anfiteatro, alla base della
cupola; sono stati collocati qui
dopo la demolizione dell’Aula che si trovava in cortile e per
la quale erano
stati dipinti. L’illuminazione
naturale è
assicurata dal lucernario centrale, mentre quella artificiale
è garantita da
otto grandi appliques in bronzo dorato, forse un tempo alimentate a
gas. Interessante
è pure la tela di C. Felice Biscarra (1825-1894) posta alle
spalle del tavolo della Presidenza, che rappresenta Vittorio Emanuele
II,
sormontata da un rilievo in gesso di Giuseppe Dini (1820-1890)
raffigurante il
momento della firma dello Statuto Albertino. L’accesso alle
tribune della sala
destinate ai giornalisti, alle signore e agli osservatori politici
avveniva
attraverso una scala a chiocciola di ridotte dimensioni, mentre sulla
balconata
prendeva posto il pubblico degli invitati. L’intero complesso
architettonico è
stato restaurato nel |
Parlamenti ieri e oggi :
Parlamento medioevale e Parlamento odierno
.
Parlamento medioevale |
Parlamento odierno |
CONTESTO SOCIALE Il Parlamento medioevale è espressione della società feudale, definita come società per “ceti”, come società di “ordini”, di “corporazioni”. Come tale, esso rappresenta e trasmette la volontà dei “ceti” o “ordini” o “corporazioni”, la cui intenzione è quella di condizionare il potere del principe o del re, essendo dotati di diritti e di autonomie (in realtà di privilegi) ufficialmente riconosciuti. |
CONTESTO SOCIALE Il Parlamento odierno è espressione della società contemporanea, costituita da una molteplicità di individui, non da un insieme di gruppi. Il Parlamento è il rappresentante della nazione in tutto il suo corpo sociale. Dopo l’unità d’Italia il Parlamento, eletto da poche persone, è un organismo molto omogeneo perché ne fanno parte solo i rappresentanti di una classe, la borghesia, e i conflitti che vi si svolgono sono limitati. Più tardi, con l’allargarsi dell’elettorato, il Parlamento diventa “pluriclasse”, cioè vi entrano anche i rappresentanti dei lavoratori e, quindi, le due classi fondamentali, borghesia e proletariato, vi sono entrambe rappresentate. |
FUNZIONE Il Parlamento medioevale ha funzione essenzialmente consultiva Il “Parlamento generale” è una assemblea di nobili, ecclesiastici e notabili cittadini convocati dal re per essere consultati su questioni pubbliche, soprattutto di natura finanziaria o fiscale. Ha il compito di tutelare i molteplici poteri e privilegi presenti nella società, prima in accordo col sovrano, poi, in maniera sempre più autonoma. Tale Parlamento risponde generalmente a una duplice esigenza: da un lato la necessità del potere centrale di assicurarsi consenso permettendo la partecipazione di rappresentanti locali alle decisioni (soprattutto di natura fiscale), dall’altro il desiderio dei poteri periferici di difendere i propri interessi e privilegi |
FUNZIONE Il Parlamento odierno svolge funzioni legislative e di limitazione e di controllo del potere dell’esecutivo, detenuto dal Governo o dalla Corona e dai ministri |
COMPETENZE Le competenze del Parlamento medioevale sono variabili. Il Parlamento medioevale ha una tendenza essenzialmente “conservatrice”, nel senso che non ha compiti di affermazione di diritti o di trasformazione dei rapporti giuridico-sociali; esso deve semplicemente garantire gli spazi di autonomia che gli ordini e le corporazioni maggiori sono riuscite a ritagliarsi all’interno dell’universo di relazioni fra comunità autonome, proprie dell’età medievale. |
COMPETENZE Le competenze del Parlamento odierno sono fissate dalla Costituzione e dalle leggi. Il Parlamento odierno ha natura innovativa, il suo compito è quello di creare nuovo diritto |
FORMAZIONE E COMPOSIZIONE La carica di parlamentare è ereditaria, qualche parlamentare non rappresenta che se stesso, il mandato dei parlamentari eletti è più o meno limitato, la competizione tra i candidati è quasi nulla |
FORMAZIONE E COMPOSIZIONE La carica di parlamentare si
ottiene attraverso elezione da parte dei cittadini, pur con qualche eccezione
(ad es. |
RAPPRESENTANZA I membri del Parlamento medioevale hanno una rappresentanza che ha il carattere del “mandato imperativo”, nel senso che i membri del Parlamento devono eseguire le istruzioni dei ceti, ordini, corporazioni che essi rappresentano e non possono discostarsi da esse. Questo modo di interpretare la rappresentanza è coerente con un modello di società, quale quella medioevale, organizzata in ordini, ceti, corporazioni, con una struttura di potere tale per cui i rappresentanti di gruppi definiti trattano con il Principe di questioni di interesse comune, sulla base del principio “quod omnes tangit ab omnibus probari debet (= ciò che riguarda tutti, deve essere approvato da tutti)” Nel parlamento medievale il singolo è rappresentato per quello che è. Emerge, pertanto, una rappresentanza, per così dire, immediata. |
RAPPRESENTANZA I membri del Parlamento odierno hanno una rappresentanza che si basa su un rapporto di fiducia tra eletti ed elettori, nel senso che il rappresentante politico eletto (membri del Parlamento) si fa interprete delle istanze dei rappresentati (gli elettori), guarda all’interesse collettivo e decide di conseguenza, prendendo decisioni in modo autonomo senza sentirsi vincolato dalla volontà dei suoi elettori. In altre parole, chi concorre ad eleggere i membri del Parlamento sceglie il rappresentante che preferisce, tra quelli che si candidano a ricoprire la carica, ma non può esprimere alcun mandato né dare alcuna istruzione al rappresentante scelto in merito all’esercizio di quei poteri. Vige la regola tradizionale, opposta a quella medioevale, del “divieto del mandato imperativo”. Questo modo di interpretare la rappresentanza è coerente con un modello di società caratterizzato dalla presenza di una molteplicità di individui aventi diversi orientamenti politico-culturali e da un consistente rafforzamento della partecipazione popolare alla vita politica. Nel Parlamento odierno la società, con i suoi diversi orientamenti, viene rappresentata dai partiti. Si tratta di gruppi nati inizialmente per rappresentare la volontà degli aderenti, e poi in seguito per coordinare e orientare la partecipazione al potere politico, caratterizzati da comuni interessi e ideali, la cui forza è strettamente legata alla capacità di rastrellare e conservare il consenso della base. Nel Parlamento odierno il singolo è rappresentato per quello che pensa Emerge, pertanto, una rappresentanza mediata dai partiti. |