LA POSIZIONE DI PIRANDELLO NELLA LETTERATURA CONTEMPORANEA

  Dal bagno di sangue della prima guerra mondiale si sperava che sarebbe nata una generazione più serena  e più fiduciosa. Non fu così .

Ben presto la vittoria "mutilata", come si amò chiamarla, la consapevolezza che  tanti sacrifici non erano stati adeguatamente riconosciuti, un'ansia frenetica di godere la vita, spinsero gli spiriti, già inquieti, a ritenere che l'uomo non può mutare nulla in un mondo di immensa solitudine, in cui prevalgono i potenti e soccombono i deboli.

Sigmund Freud, fondatore della psicanalisi, scavava abissi incolmabili nell'anima umana; Albert Einstein, padre della teoria della relatività, demoliva ogni certezza e faceva crollare i miti di un tempo.

Lo studio dell'inconscio coinvolgeva anche i letterati, che si rivolgevano sempre più all'analisi introspettiva dell'animo umano.

  Il più celebre indagatore di quanto accade dentro di noi è senz'altro Marcel Proust, autore dell'opera "Alla ricerca del tempo perduto" (1920).

A partire da eventi casuali è ricostruita, attraverso la memoria, una vita (quella del narrante ), intesa come scoperta graduale del significato della realtà.

Va ricordato lo scrittore irlandese James Joyce per il grande romanzo Ulisses(1922), un libro di analisi degli "infinitesimali" dello spirito ossia delle innumerevoli e complesse manifestazioni minime dell'animo umano.

Inoltre è molto significativa l'opera di Franz Kafka, scrittore ceco di lingua tedesca, autore de " Il processo " e  " Il castello"  in cui vengono descritti particolari allucinanti, che provocano angoscia e vertigini dello spirito.

Vi si dibatte il problema della solitudine dell'uomo, prigioniero in un mondo incomprensibile . Nel romanzo "Il processo" (1925), l'uomo è ritenuto sempre colpevole di una giustizia misteriosa, amministrata da burocrati meschini.

Nel Castello(1926), l'uomo si autoaccusa continuamente, spinto verso al ricerca di una verità che si può trovare solo nella morte.

Accanto a costoro si colloca degnamente Luigi Pirandello, che mostra la tendenza ad analizzare i moti dell'anima .

Richiama alla mente larga parte della letteratura europea, che inizia dalle "Massime"  di Francois La Rochefoucauld e va fino ai personaggi descritti dai due romanzieri russi dell'Ottocento Lev Tolstoj e Fedor Dostojewski.

Pirandello è convinto che le motivazioni dell'agire dell'uomo dipendono dall'amor proprio, che è il bisogno innato di farsi valere, e traggono origine dal subcosciente.

Si rileva la sua derivazione dalla dottrina di Freud e dalle teorie psicanalitiche.

 LA CONCEZIONE DELLA VITA E LO SVOLGIMENTO DELL'ARTE

Egli muove dalla concezione romantico decadente dell'assoluta opposizione tra <io> e  <società>,di qui, dall'incapacità di essere innanzi agli altri quali veramente siamo innanzi a noi stessi(da cui la necessità di adottare una <maschera> che copra il vero volto),trae il motivo dell'incomunicabilità;quindi, proiettando su entrambi gli elementi del rapporto,l'uomo e gli altri,il flusso perennemente mobile del tempo, li vede immersi in mutazioni incessanti sicchè la loro relazione non può porsi su una base di certezza , non tanto perchè essi sono due diversi assoluti definiti per sempre e perciò chiusi l'uno dall'altro , ma perchè sono due relativi che mutano ciascuno in sè e ciascuno rispetto all'altro , senza che possano mai giungere ad un autentico contatto.

Il dialogo impossibile

La premessa di ogni psicoterapia  l'articolazione di un incontro interpersonale mediante il dialogo fra chi cura e chi è curato: di una relazione dialogica, cioè, che tenda a cogliere non solo ciò che separa la persona psicotica da noi ma anche ciò che c'è di comune fra la persona psicotica e noi. Nel met tere-fra-parentesi ogni modalità tecnica di discorso, e nel coglie re ciò che c'è di immediatamente emergente nel modo di essere di una realtà psicotica, un'autentica relazione interpersonale consente di riconoscere le situazioni emozionali, e le sollecita zioni affettive, che possano awiare alla scompensazione un'e sperienza psicotica, e consente (anche) di delineare (in una con frontazione dialettica e reciproca fra chi cura e chi è curato) le strategie terapeutiche che servano a neutralizzare, o almeno a frenare, la scompensazione psicotica. Non solo: la relazione in terpersonale, quando sia fondata sui valori di una fiducia radica le [51], consente al paziente di fare-ricorso a ciascuno di noi quando i sintomi psicotici stanno insorgendo, e prima che ab biano a dilagare, e consente a noi di conoscere il mondo sogget tivo del paziente nelle sue connessioni intenzionali con l'am biente familiare e sociale: con il mondo dell'intersoggettività. "empatia" (sulla "partecipazione" emozionale): illt~a, sono queste le sue parole, "nel suo significato generalis simo di capacità - suscitata dall'intenzione etica - di vivere cri ticamente dentro di sé l'emozione dell'altro in tutte le possibili gamme, dalla forma del dolore e della disperazione a quella del la gioia e della speranza, dal disgusto all'entusiasmo, dal rifiuto all'accettazione". Tale spazio comune è anche il punto di accesso a quella dialogicità mutualmente li beratoria ehe forma la sostanza del lavoro psicoterapeutico".    Al di là di ogni articolazione clinica del discorso, non è pos sibile confrontarsi con una realtà psicotica senza richiamarsi a questi modelli ermeneutici che sono preliminari a ogni cono scenza (a ogni forma di conoscenza) in psicologia e in psichia tria. 

 Di qui ,anche , l'instabilità dei giudizi -vero e falso, bene e male, sanità mentale e pazzia- che son tanti quante sono le opinioni di chi li pronuncia , opinioni che poi mutano in se stesse , contraddicendosi ;di qui il mistero che per l'uomo presentano il mondo e il suo stesso io ,la provvisorietà della verità e delle certezze a cui l'uomo si aggrappa ,ma vanamente ,per dare un senso alla propria vita. Vale la pena , i fatti i nomi di Jojce e di Proust ,sottolineare le distanze che separano Pirandello dall' uno e dall' altro ; a differenza di Jojce egli non usa il linguaggio quale espressione dell'iconscio ma in funzione razionale ; benchè la parola venga pronunciata con la consapevoleza che essa possa anche non esprimere il significato di cui la si è caricata , di fatto essa viene detta , e il personaggio , laddove sia condannato al monologo , lo conduce nell'esigenza manifesta di sdoppiarlo in dialogo ; c'è , in Pirandello una più forte esigenza di comunicazione , un più forte attaccamento alla parola come strumento di rapporto sociale. Con Proust egli ha in comune il rapporto tempo-assoluto, apparenza-realtà , la sostituzione ,alla certezza del visibile , della verità soggettiva;ma se ne distacca quando presenta l'uomo in atto di volersi definire nel presente , e lo pone in drammatico contrasto con gli altri al cui contatto anela sempre dopo ogni fallimento,in una mai smentita esigenza di pienazza di vita. E' questa l'essenza dell'anima pirandelliana : non la compiacenza della solitudine ,ma l'avvertirla come scacco , come umiliazione , come limite invalicabile.   

La concezione della vita in  Pirandello passa attraverso tre momenti: in un primo momento prendiamo contatto con il mondo che ci circonda;  in un sercondo momento ci allontaniamo da esso e reagiamo; in un terzo momento tentiamo di ricostruire i "miti" e il valore delle umane illusioni.

 

PRIMO MOMENTO O DEL CONTATTO CON IL MONDO

 

Pirandello prende contatto con il mondo e prende atto che  la società è fondata sul contrasto tra le apparenze (cioè la "forma" della cose ) e la realtà di ognuno di noi. Ciò si rileva nella raccolta  "Amori senza amore".

Questa fase giovanile dura sino al tempo dei romanzi "L'esclusa " e "Il turno" del 1901-1902.

E' la fase dell'influenza dei grandi scrittori veristi  Emile Zola, Giovanni Verga e Luigi Capuana.

"L 'esclusa" è l'opera che meglio caratterizza questo periodo.

 

SECONDO MOMENTO O DELLA REAZIONE.

 

Questo momento è caratterizzato dalla ricerca di una spiegazione: vuol conoscere le cause del contrasto contenuto-forma, su cui sono fondati i rapporti umani.

Sono gli anni della maturità; Pirandello si viene allontanando dal Verismo e comincia a scavare in profondità sull'essenza delle cose,  sull'animo dei suoi personaggi.

Tale trasformazione è  espressa nel romanzo "Il fu Mattai Pascal" (1903/1904).

Pirandello si crea una sua filosofia della vita. Eccola: lo spirito umano, come tutti gli altri "fenomeni"della natura, è mutevole. A fondamento del suo pensiero è l'antico concetto di Eraclito di Efeso: tutto scorre nel mondo: nel moto è la vita nell'immobilità  la morte. Nulla è certo, tutto è mutevole. Anche l'uomo è soggetto a questa legge di trasformazione: egli muta incessantemente e appare sempre diverso. Dal concetto della perenne mobilità del nostro spirito derivano "il relativisnmo " e la "illogicità" della vita.

E' impossibile pretendere che gli altri ci accettino come noi crediamo di essere dentro di noi; gli altri ci vedono, ciascuno a suo modo:  l'uomo, perciò, appare "uno" (quello che egli crede di essere) e, nello stesso tempo, diverso alle "centomila" persone che lo avvicinano e che lo vedono ciascuna in maniera diversa; infine, non è "nessuno", costretto ad ogni istante a divenire diverso per la continua mobilità del suo spirito.

Pur convinto che il raggiungere una determinata forma significa morire, essendo ogni  forma cessazione della vita, tuttavia, l'uomo tende fatalmente verso una sua "forma".

Nel momento in cui egli vi si imprigiona, sente che in essa è la morte ; l'uomo diventa ,allora ,desideroso di nuove forme, di nuove mete, perennemente inappagato.

Questa sua pretesa assurda di fissarsi in una forma, nella quale non può mai riconoscersi, lo conduce alla incomunicabilità, alla più amara solitudine.

Troviamo questi aspetti nella  opere che vanno dal 1904 ( " Il fu Mattia Pascal") agli anni 1927/28:

SUO MARITO,  SI GIRA,  IL BERRETTO A SONAGLI,  IL PIACERE DELL'ONESTA', TUTTO PER BENE , LA SIGNORA MORLI UNA E DUE , COSI' E'  (SE VI PARE),  ENRICO IV,  PENSACI, GIACOMINO! , L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA.

 

           problema psicanalitico della forma come morte

  

 

 

 

 

TERZO MOMENTO: LA RICOSTRUZIONE DEI "MITI"  E IL VALORE DELLE ILLUSIONI.

 

Intorno al 1928/29, comincia un terzo momento pirandelliano, che si può chiamare della ricostruzione o dei "Miti".

Pirandello, preso contatto col mondo, scostatosene pieno di disgusto (primo momento), aveva reagito con l'ironia (secondo momento), ora vagheggia la ricostruzione poetica dei miti della fede ( LAZZARO-1929), dell'arte (I GIGANTI DELLA MONTAGNA 1935),  della famiglia (LA NUOVA COLONIA-1928).

Pirandello cerca una soluzione del vivere nel mondo. Le illusioni, come già aveva sostenuto Ugo Foscolo, al quale spesso ci riporta il pensiero pirandelliano, sono fondamentali contro il pericolo della follia e del suicidio.

E' necessario tornare ai miti della religione, dell'arte, della famiglia. Ma come si colloca Pirandello di fronte a questi tre miti?

La religione

non si può affernmare che a Pirandello sia mancata una fede religiosa ma non ha la certezza che l'uomo sia destinato a "Qualcosa" che trascenda i limiti della terra.

Che cosa sia quel "Qualcosa" nessuno lo sa. Ma nello Scrittore c'è una grande inquietudine, un bisogno inappagato di una fede in "Qualcosa". C'è un vivo cointrasto, come già in Leopardi, tra un sentimento che vuole costruire e una logica che distrugge senza pietà, come faceva notare il filosofo Giovanni Gentile. Se poi alla fine della via ci fu  l'incontro con Dio, nessuno lo può sapere.

L'arte

Pirandello considera l'arte l' "unica" realtà perfetta del mondo. Non l'arte deve imitare la natura ,ma la vita, per diventare migliore, deve copiare dall'arte.

La funzione dell'arte è fortemente morale; è l'arte che indica agli uomini la via da seguire  per sollevare dal fango il loro spirito.

La famiglia

Il mito della famiglia è il più caro al cuore dello Scrittore. E' frequente nelle sue oprere l'ideale della famiglia,  della maternità e dell'amore. Nella vita egli non potè trovare quell'affetto sereno e consolatore a causa della follia della moglie. Il tema dell'amore, del matrimonio, dei figli è presente in queste opere:

SEI PERSONAGGI IN CERCA D' AUTORE, LA RAGIONE DEGLI ALTRI, LUMIE DI SICILIA, PENSACI, GIACOMINO!,COSI E' (SE VI PARE),LA SIGNORA MORLI UNA E DUE, MA NON E' UNA COSA SERIA, COME TU MI VUOI,LA VITA CHE TI DIEDI.

Nell'opera "LA NUOVA COLONIA" l'amore appare come l'elemento sovrano della vita:quando ogni altra costruzione crolla,alta sulla rocca che resiste ai flutti della distruzione è la madre che solleva verso la vita la sua  creatura, simbolo dell'esistenza che continua.

 

LA PERDITA DELL'IDENTITA', LA DESTITUZIONE DELL'IO NEL FU MATTIA PASCAL

 

 

Destituire significa privare. Se usato in rapporto al nostro stesso io significa togliergli le funzioni di sempre.Mattia Pascal è un soggetto destituito.

Ogni volta che Mattia ricostruisce una verità , in pratica cede a una finzione, perchè in un mondo di soggetti senza ideali, anche il rapporto con gli altri è un'illusione. Mattia, gli altri, si trasformano in "maschere" che recitano parti non vere. L'io destituito è un io che non ha nessuna identità. Alla fine del romanzo Mattia esclama: "e io non saprei proprio dire ch' io mi sia".

Mattia non sa come chiamarsi.Una volta si è chiamato Adriano Meis e per avere un nome che non fosse quello di un morto ha acconsentito alla scomparsa di Mattia  Pascal; un'altra volta, per riavere il suo nome è diversamente ma nuovamente, costretto a morire. Perdere il proprio nome significa non essere più.

 

LA PERDITA DELL'IDENTITA' NEL ROMANZO "UNO,NESSUNO E CENTOMILA"

 

Vitangelo Moscarda, protagonista del romanzo, si scopre improvvisamente diverso da come pensava di essere in seguito ad una osservazione della moglie Dida, e cioè che il suo naso pende verso destra, mentre egli l'aveva sempre considerato diritto.

Dunque, per la moglie e per gli altri egli non è stato quello che credeva di essere.

Si mette a distruggere le immagini che gli altri si son fatti di lui. Non potendo raggiungere la verità, precipita nella follia.Vende la Banca, eredità paterna,e col ricavato fa costruire un ospizio di mendicità e finisce lì, mendico alla pari degli altri ,"con berretto, gli zoccoli e il camiciotto turchino", senza nome ,senza personalità, "nessuno". Preferisce vivere come una pianta o una pietra , non più tormentato dal tarlo del pensiero. Prevale nel romanzo quel filosofare ostinato che fa del protagonista una delle figure più dolenti dell'intera opera pirandelliana.

 

L'ESISTENZIALISMO COME FILOSOFIA DELLA CRISI

 

Questa nuova filosofia sorse e si sviluppò nel periodo che seguì alla Prima Guerra Mondiale. La ferocia della guerra ha posto nella luce più cruda il volto tragico dell'esistenza. La morte, incombente su ciascuno, fu sentita come la vera protagonista della vita.

L'uomo, allora, trovatosi solo in un mondo così brutto, cercò di conoscere affannosamente il perchè della sua vita e della sua morte. Nel generale disorientamento degli spiriti, la filosofia invitava l'uomo a cercare in se stesso il senso della sua esistenza, a prendere coscienza della sua miseria, ad accettare virilmente il proprio destino in tutta la sua tragicità. Da questo vivere direttamente e individualmente il problema dell'esistenza ,nacque quel clima particolare, dal quale si sviluppò l'Esistenzialismo.

Questa filosofia tende a riaffermare non tanto i grandi sistemi spirituali e sociali, ma la modesta realtà dell'individuo limitato, fragile, che sa di "esistere".

L'uomo si sente smarrito, in uno stato problematico. E' implicito il rischio del vivere.

Apparentemente sarebbe più semplice seguire la massa, vivere gli schemi sociali, ma questa è una vita anonima, inautentica, alienata.

L'uomo, invece, che vuol vivere con coscienza deve sopportare la sofferenza dell'angoscia esistenziale. Si può dire che l'unica possibilità di esistere autenticamente si risolva nel vivere con impegno, con la coscienza del rischio.

Sono evidenti le conclusioni negative di questa filosofia: mancando ogni fondamento di verità assoluta, non essendoci nessuna possibilità di comunicare con gli altri, l'uomo si trova solo nel mondo. E' la filosofia del nulla.

 

"LA RIVOLUZIONE" PIRANDELLIANA.LE RAGIONI DELL'INTELLETTO.

 

E' opportuno trarre un bilancio dell'opera di Pirandello. Egli anticipa tutta l'azione della cultura moderna, nata dalle ceneri dell'Idealismo. Come uomo di cultura e artista, Pirandello cerca di registrare l'angoscia che pervade gli uomini, incapaci di trovare l'unica strada della verità.

Lo Scrittore non perde mai di vista l'uomo nella sua tragica e smisurata angoscia. In un articolo del 1893, "ARTE E COSCIENZA D'OGGI", Pirandello avvertiva con chiara lucidità la disperazione dell'uomo contemporaneo, disancorato e solo di fronte ai grandi interrogativi dell'esistenza, che aveva smarrito ogni possibilità di recuperare una verità assoluta:

"Ci sentiamo come smarriti, anzi perduti in un cieco, immenso labirinto, circondato tutt'intorno da un mistero impenetrabile.

Di vie ce ne sono tante: quale sarà la vera? per quale via andare? qual criterio direttivo seguire?......

Crollate le vecchie norme, non ancora sorte o bene stabilite le nuove, è naturale che il concetto della relatività d'ogni cosa si sia talmente allargato in noi...........Non mai , credo , la vita nostra eticamente ed esteticamente fu più disgregata........".

 

Indice.

La posizione di Pirandello nella letteratura contemporanea

La concezione della vita e lo svolgimento dell'arte

La perdita dell'identità. La destituzione dell'io nel FU MATTIA PASCAL

La perdita dell'identità nel romanzo "UNO, NESSUNO E CENTOMILA"

La "rivoluzione" pirandelliana. Le ragioni dell'intelletto.