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Quelli del mestiere, quelli che in qualche modo hanno a che fare con
l’ambiente marittimo e che conoscono bene il trasporto via mare in
Adriatico, penso siano d’accordo nel credere che negli ultimi
cinquant’anni non vi e’ stata nave insolita come il “PALAGRUZ”. Arrivo’
nel porto di Dubrovnik / Jugoslavia nel 1952 ed erano trascorsi gia’ 20
anni dal suo varo. Il suo aspetto, era pessimo, si presentava malandata,
quasi un rottame, arrugginito, sembrava un vecchio cane randagio che
cammina trascinandosi. Era una nave del tipo a goletta, un tre alberi
dalla linea accattivante sotto certi aspetti, data alla Jugoslavia dalla
Germania insieme al “KOROMACNO” quale risarcimento per danni di guerra
subiti. Nave costruita completamente in acciaio con tecniche ritenute
buone per l’epoca, la sua linea apparteneva indiscutibilmente alla fine
del 19° secolo ma, non comune considerato l’impiego cui era stata
destinata.
Il suo varo come veliero fu insolito, insolita fu quella cortina di
mistero che avvolse la sua lunga vita come nave da trasporto e
l’inevitabile fine avvenuta nel 2010 concludendo una storia incredibile
per una nave costruita con quelle caratteristiche, una storia durata
oltre le aspettative che pochissimi natanti possono vantare: ottantanni
sul mare. Sul “PALAGRUZ” sono state raccontate e costruite tantissime
storie, molte di esse andate perdute con gli stessi protagonisti e se si
pensa che dal 1930 questa nave ha visto a bordo un susseguirsi di merci,
marinai e comandanti, la mente corre lontana, fantasticando e
rincorrendo le avventurose rotte del Mar Baltico e del Mare del Nord a
cui il suo armatore l’aveva destinata. Il suo primo proprietario ed
armatore fu’ il Cpt. Barthold Richters di Hamburg che fece costruire
questo tre alberi per il traffico costiero, in seguito il veliero fu
anche dotato di un motore ausiliario Deutz da 150 HP.
Lunga 41 mt, larga 7,70 mt della portata di 360 tons, raggiungeva
una velocita di circa 8 nodi. La sua realizzazione fu affidata al
Cantiere Navale Nobiskrug di Rendsburg, scelta considerata inadatta da
molti per quel tipo di costruzione. Il cantiere aveva al suo attivo il
varo di molte navi ma, non aveva la necessaria esperienza per realizzare
quel tipo di natante con quelle caratteristiche, non era la classica
nave ma un veliero a tutti gli effetti. Questa scelta si rese necessaria
per diversi motivi tra cui, il piu’ importante, l’aspetto economico non
trascurabile per l’armatore ed il particolare momento di profonda crisi
economica che attraversava la Germania. Fu cosi’ che il 25 Aprile del
1931, in una fredda e piovigginosa mattina, il rito del varo fu affidato
all’immancabile bottiglia di champagne che con un secco botto seguito
dal frantumarsi del vetro sulla prora fece scivolare nelle freddi acque
di Rendsburg la “COSTRUZIONE 408”, nome interno dato dal cantiere
navale, battezzata “INGEBORG II” . La nave fu ormeggiata ancora per
qualche giorno in banchina in attesa della certificazione e del
completamento di alcuni lavori che l’avrebbero consegnata
definitivamente al mare e consacrata alla navigazione.
Il suo armatore, il Cpt. Barthold Richters, inizialmente gioioso,
soddisfatto per l’atteso evento, per le buone prospettive che gia’ si
presentavano ancor prima del varo e per il programmato lavoro che
avrebbe portato la nave a solcare le acque nordiche, d’un tratto entro’
in forte contrasto con l’amministrazione del cantiere a causa di accordi
economici concordati ma in seguito non rispettati nonostante la presenza
di un contratto firmato. Gli importi dovuti al cantiere erano
mostruosamente lievitati e materialmente insostenibili. Il Cpt. Richters
cerco’ in tutti i modi di porre rimedio a quella situazione creatasi
all’ultimo momento ma nello stesso tempo catastrofica. Stremato
economicamente e pur avendo riunito tutte le risorse, fu impossibilitato
a saldare il debito prima della consegna della nave ed a malincuore
dovette rinunciare ad essa ed al sogno iniziato con il varo. L’
“INGEBORG II” venne trasferito in un bacino poco distante dal cantiere
e li rimase ormeggiato per due anni e mezzo con altre navi, in lista
d’attesa per essere vendute o demolite. In questo periodo di fermo
forzato, il cantiere Nobiskrug cerco’ un nuovo acquirente, ma invano,
quel nuovo ma vecchio veliero non interessava a nessuno. Solo alla fine
del 1933 l’”INGEBORG II” trovo’ ad Hamburg Wilhelm un probabile
acquirente rivelatosi in seguito il nuovo armatore. Era un anziano
signore di nome Worden ed il 24 novembre del 1933 intraprese il suo
viaggio inaugurale.
Gli anni trascorsero tranquilli, senza problemi, il lavoro senza
soste era garantito dal susseguirsi dei noli, navigava e seguiva la
solita routine di tutte le navi da carico. Venne il giorno in cui, era
il 1942, l’”INGEBORG II” per ordine supremo della Kriegsmarine di
Hitler (Marina Militare Tedesca) fu requisito con tutto il suo
equipaggio e date le caratteristiche, fu impiegato nel trasporto di
siluri da e per le basi degli U-Boat tedeschi. Alla fine della WWII,
durante la ritirata dell’esercito di Hitler, fu adibito all’evacuazione
delle truppe tedesche dalla Norvegia e fu in questa occasione che
durante il suo ultimo viaggio fu catturato nel porto norvegese di
Trondheim. Nel Dicembre del 1946, dopo essere stato dichiarato bottino
di guerra ed in seguito dissequestrato, il governo norvegese lo assegno’
alla direzione dello IARA (organizzazione che si occupava dei beni
requisiti al nemico) continuando a navigare sotto il nome di ”INGEBORG
II”. Nel 1948 gli fu trovato un nuovo armatore, il P.A. Johannesnesu di
Lervik ed il suo nome fu cambiato in “PAJ”.
Navigo’ per sei anni ancora sui mari del nord quando, nell’autunno
del 1951, l’agenzia internazionale IARA riusci’, dopo vari e
difficoltosi accordi, a far donare questa nave alla Jugoslavia come
parte risarcimento dei danni di guerra. Decisione ritenuta iniqua
lascio’ il governo Jugoslavo insoddisfatto ritenendo la donazione di
scarso valore ed insufficiente a confronto delle perdite subite. Lo IARA
norvegese non aveva rispettato gli accordi in precedenza presi con la
Jugoslavia sui bottini di guerra ed i disaccordi tra le parti furono
inevitabili. I mesi passarono con il malcontento che aumentava sempre
piu’ mentre un possibile accordo si allontanava fino a che il “PAJ” fu
ormeggiato ed abbandonato a se stesso nel Golfo Fjobergfjord ed ancora
una volta spogliato e depredato di tutte le sue cose. Una nuova
avventura era iniziata e con essa una nuova storia.
Raggiunto l’accordo nel Novembre del 1951 il governo norvegese
ingaggio’ nove uomini che avrebbero formato l’equipaggio del “PAJ”
assumendone il controllo. Non tutti sanno che, quei marinai in realta’
erano Jugoslavi, marinai della Soc. di Navigazione Jugolinija di Fiume
che sbarcarono da navi ormeggiate nei porti britannici, tedeschi e
norvegesi. Il comando dell’intera operazionel fu dato al Cpt. Mirko Stok,
ex primo Uff. di coperta del piroscafo “LUBIANA”. L’equipaggio al
completo arrivo’ a Fjobergfjordu inconsapevole dell’amara sorpresa a
loro riservata. Il “PAJ” nell’attesa era diventato quasi un relitto, un
ammasso di ruggine e privo di tutte le sue dotazioni. Rimetterlo in
navigazione per affrontare l’oceano e la lunga traversata a vela che li
avrebbe portato da Fjobergfjordu in Adriatico avrebbe richiesto tempo
ed energie che si tramutarono in un mese e piu’ di durissimo ed
ininterrotto lavoro. Le spese fortunatamente furono coperte dalla
Haugesund di Anversa che noleggio’ la nave per trasportare merce.
Il 21 Dicembre 1951, finalmente il “PAJ” salpo’ dal porto di
Fjobergfjordu, iniziando quel viaggio di solo andata che lo avrebbe
condotto a Gibilterra e da li verso la destinazione finale ma, le
sorprese non erano ancora finite, il fato aveva ancora qualcosa in serbo
per lei e la sorte ancora una volta era contraria. Lasciatosi alle
spalle il porto norvegese, il viaggio inizio’ con apparente
tranquillita’ ma, trascorso appena un giorno, venne a trovarsi nel bel
mezzo di una tempesta che aveva qualcosa di veramente incredibile,
accompagnata da intense nevicate che azzeravano la visibilita’ e che la
seguirono fino al 29 Dicembre quando, con una fortuna pazzesca, evitando
zone di mare ancora minate e pericolosissime, vietate alla navigazione,
nonostante non si vedesse nulla, riusci' e non si sa bene come a
rifugiarsi nel porto tedesco di Kiel.
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1949 - Il "PAJ" in
navigazione |
Sul giornale nautico il Com.te Stok riportera’ nei particolari
l’accaduto, sottolineando le difficolta’, il pericolo scampato e la
tragedia a cui sarebbe andato incontro inevitabilmente, evitata per una
serie di eventi e tanta, tanta fortuna. Chi ebbe l’opportunita’ di
leggere la relazione del comandante, assicura che, quanto riportato e’
degno del miglior romanzo d’avventura. Il comandante dichiaro’ che mai
in vita sua conobbe peggior tempo e mare, sfortunata occasione per
mettere alla prova la nave ed i lavori effettuati a bordo prima della
partenza, nonche’ esaminare l’intero equipaggio che dimostro’ capacita’
ed audacia. Rifugiarsi nel porto di Kiel era stata considerata una
grande fortuna ed una buona occasione per far riposare l’equipaggio
stremato dal cattivo tempo. Dopo qualche giorno, lasciarono Kiel e
sfidando ancora la tempesta, il ghiaccio e la neve riprese la
navigazione su Anversa dove sbarcarono il carico, reimbarcandone
successivamente uno nuovo. La navigazione continuo’ attraverso le
insidiose tempeste invernali che l’ accompagnarono fino al 14 Gennaio
1952, data in cui il tempo bonaccio’ dando ancora all’equipaggio
un’occasione di riposo.
Il Cpt Stok giorno per giorno annotava sul giornale tempo e
situazioni venutesi a creare. La navigazione proseguiva tutto sommato
abbastanza bene ed il “PAJ” ancora una volta a causa delle avverse
condizioni meteomarine fu messo alla prova confermando la generosita’
della nave e del progettista e fu cosi’ che nel Febbraio del 1952
approdarono nel porto di Dubrovnick. Gli fu cambiato subito il
nome in “PALAGRUZ” e la societa’ armatrice di Rijeka/Fiume lo destino’
al trasporto di merce varia in Adriatico. Non si seppe mai il perche’
del nome datogli, PALAGRUZ e non PALAGRUZA facendo chiaramente
riferimento all’isola. Il nuovo armatore, la Jadroslobodne di Fiume/Rijeka,
dopo qualche tempo si rese subito conto che quel tipo di nave era del
tutto inadeguata per svolgere quel lavoro cosi’ nel 1958 venne ceduta
alla Direzione della Scuola Nautica di Bakar ed adibita a nave
scuola…..forse la tranquillita’ sperata era stata raggiunta.
Nel frattempo furono eseguiti alcuni lavori tra cui la sostituzione
del motore principale con un nuovissimo Burmeister & Wain di produzione
Jugoslava fabbricato a Lubiana dalla ditta Litostroj e resto’ nel ruolo
di nave scuola per cinque anni, fino al 1963. Per motivi che non si
conoscono, venne di nuovo venduta ed acquistata dalla Lošinjska Plovidba
ed adibita di nuovo a nave da carico per quattro anni seguendo tutte le
rotte Adriatiche ed ancora ceduta (?) e portata in un cantiere navale a
Cres nel 1967. Altre informazioni di fonte attendibile e sicura dicono
che questa nave ando’ in disarmo nel 1978 e lo conferma il fatto che
approdo’ molte volte nel porto Italiano di San Benedetto del Tronto
trasportando tronchi di faggio per le locali segherie negli anni
1976/1977 come da testimonianza della locale Agenzia Marittima Luciano
Bruni nella persona del Sig. Domenico Caselli che ebbe a quel tempo
l’incarico di curare gli approdi della nave in quel porto.
Alla luce dei fatti la nave fu’ messa in disarmo il 16 Gennaio 1979
e cancellata dal registro navale di Rijeka dopo essere stata spogliata
di tutte le sue dotazioni, motore compreso. La storia che si conosce
dice che lo scafo fu venduto all’estero ed in seguito rottamato. Alcune
cronache giornalistiche dell’epoca di fonte tedesca e norvegese
scrissero che lo scafo del “PALAGRUZ” venne tagliato nella Germania West
nel 1979 ma questo evento relativo alla demolizione non viene riportato
da nessuna parte ne tanto meno sui registri ufficiali al contrario di
quanto accaduto con l’ex “Ingeborg II” di cui si possiede tutte le
informazioni, dettagliate e riportate sui registri ufficiali. Alla luce
del giorno, sorgono tantissimi dubbi sulla fine di questa nave. Fu’
portata veramente in Germania per essere demolita a mezzo taglio dello
scafo? Si dicono molte cose e si raccontano parecchie storie
specialmente negli ambienti marittimi. Le opinioni sono molte ma la
maggior parte di esse indicano che la nave e’ stata rimorchiata e
trasportata in Germania non per essere tagliata ma per essere
trasformata in un lussuoso yacht riutilizzando quel guscio di goletta
dalla linea inconfondibile anche se vecchio ed in pessime condizioni di
manutenzione, ma ancora tenace, costruito agli inizi del 1930.
Resta il fatto che, gli ultimi giorni del “PALAGRUZ” rimangono
sconosciuti e dubbiosi per quasi trent’anni fino a quando nel 2010,
l’autore di queste righe e’ stato in grado di rivelare il grande mistero
che avvolgeva questo tre alberi conosciuto e rimasto nella mente di
molti marinai per la sua linea insolita al di fuori degli standard
considerato che era destinata al trasporto merci. Lo scafo fu
veramente rimorchiato e portato presso un cantiere navale per essere
ristrutturato e trasformato in yacht, ma non in Germania ma a Pola. I
progetti furono tanti ma altrettanto costosi per la realizzazione di un
magnifico yacht a vela. I giorni, i mesi seguiti dagli anni passarono,
il progetto rimase sulla carta, le idee e la voglia si assopirono
raffreddandosi completamente. Il “PALAGRUZ” ancora una volta fu
abbandonato e lasciato al suo destino deteriorandosi sempre piu’ Alla
fine del 1991, dopo vent’anni, scompare definitivamente dalla scena
marittima, affondato lungo la costa nei pressi di Pola. Io scafo venne
tagliato un poco per volta nel corso del 1992 fino alla sua totale
sparizione. Chissà in quale fonderia sara’ finito o quale
manufatto sara’ stato realizzato con con la fusione del suo acciaio.
Poche navi possono vantare storie incredibili come questa e pochissime
quelle che per ottantanni sono state protagoniste come il "PALAGRUZ". |
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