Regio Incr. " SAN GIORGIO "
QUESTA PAGINA E' DEDICATA ALLA MEMORIA DEL SAMBENEDETTESE
CPT.  ANTONIO MOSCA
GRANDE UOMO DI MARE ED INTERPRETE DI UNA VALOROSA ED ARDUA MISSIONE PASSATA INOSSERVATA.
 
 
Foto tratta da: https://www.marina.difesa.it/noi-siamo-la-marina/mezzi/mezzi-storici/PublishingImages/_Immagini_S/sangiorgio7.jpg
 
 
Breve riassunto dell'accaduto (parzialmente tratto dal web)
 
TOBRUK 21 e 22 Gennaio 1941
 
 

Negli ultimi disperati giorni di resistenza da parte della piazzaforte, le armi della vecchia nave furono orientate verso terra. Per diversi giorni il San Giorgio effettuò tiri contro le truppe nemiche movimentate intorno a Tobruk senza conseguire risultati apprezzabili. Il 21 Gennaio 1941 la linea di difesa a terra venne sfondata dal nemico pertanto era necessario prendere una decisione sul destino della nave dal momento che indugiare significava  la distruzione sicura dell'unità.
La Regia Marina aveva gia' predisposto la partenza dell’unita’ navale onde poterla salvare, ma la decisione finale fu affidata all' Alto Comando in Libia presieduto dal Generale Rodolfo Graziani, uomo e militare forse dalla mente limitata che paragonava la nave ad un forte inespugnabile che non ammaina bandiera. La mattina del 21 Gennaio 1941 lo sfondamento nemico ebbe atto e gli inglesi dilagarono a Tobruk. Solo allora giunse l'ordine di distruggere la nave, erano le ore 19.00. La nave non poteva essere allagata perche' a causa il basso fondale si sarebbe poggiata sul fondo, era di vitale importanza farla saltare per renderla inutilizzabile, cosi’ fu predisposto il minamento della Santa Barbara (locale destinato al munizionamento).
Alle 00.30 del 22 Gennaio 1941 i sei artificeri inviati a bordo dell’incr. San Giorgio accesero le micce ed abbandonarono la nave ma, trascorsi quaranta minuti l’eslosione non si verifico’.

Tornarono a bordo alle ore tre per verificare cosa era andato storto ripetendo alla lettera le operazioni di brillamento. Quando tutti gli esplosivi furono collocati ed atteso il tempo necessario, la nave fu dilaniata da una forte deflagrazione. Gli artificieri che erano tornati a bordo per verificare le cariche esplosive riuscirono miracolosamente a gettarsi in mare al momento dell'esplosione, ma due di essi perirono mentre gli altri, chi a nuoto chi in barca raggiunsero la terra ed il giorno seguente furono fatti prigionieri dagli inglesi.
Altri uomini del San Giorgio riuscirono a non cadere nelle mani degli inglesi e fuggirono imbarcandosi sul motopeschereccio Risveglio II° ancorato nella rada di Tobruk, requisito per l’occasione, al comando del sambenedettese Cpt. Antonio Mosca (*) eludendo inizialmente la sorveglianza inglese ma, appena si accorsero cosa stava realmente accadendo, iniziarono il mitragliamento da terra accompagnato da alcune cannonate.
Sotto l’ intenso fuoco nemico Il Cpt. Mosca, con grande coraggio, forzo’ il blocco e dopo mille imprevisti lascio’ il golfo di Tobruk riportando in Italia documenti importanti della nave affidatigli da un Uff.le: la bandiera di combattimento dell’ incrociatore San Giorgio, documenti segreti vari, sei ufficiali e tre marinai oltre agli otto uomini d’equipaggio.


Nell'affondamento si rilevarono in un secondo tempo danni decisamente inferiori rispetto all'apparenza, era infatti esploso solamente il deposito munizioni centrale, con vistosi danneggiamenti ma non irreparabili, mentre i depositi dei 254mm non erano esplosi.
Quando nel 1942 gli italiani ripresero possesso di Tobruk, trovarono alcune artiglierie ancora in ordine, tranne tre bocche da 190 mm, furono recuperati tre complessi da 100/47 che furono spediti in Italia e rimessi in grado di operare.
Dopo la fine della guerra, nel 1951, il Governo italiano si accordò con quello libico per poter recuperare il relitto, ancora in grado di galleggiare, ma durante il rimorchio verso l'Italia, in mare aperto, i cavi di rimorchio si spezzarono, ed il relitto del San Giorgio colò a picco, in punto a 100 miglia da Tobruk, dove riposa ancora, dopo aver combattuto tre guerre ed aver abbattuto o danneggiato ben 47 velivoli nemici durante i soli sette mesi di permanenza a Tobruk.

 
 
 

(*) IL CPT.  ANTONIO MOSCA RACCONTA

(di Domenico Caselli)

 
Cpt. Antonio Mosca
 
 

Mentre cerchevamo di prendere il largo eravamo bersagliati dal fuoco nemico sia dall’aria che da terra, eravamo tutti spaventati e temevamo il peggio. Davanti a noi un vero inferno, una visione confusa ed annebbiata dal fumo, il mare coperto di nafta fuoriuscito dall’Incr. San Giorgio era piu' scuro che mai. Pezzi di legno e qualche salvaggente galleggiavano qui e la forse appartenenti a qualche scialuppa di salvataggio. Fuggivamo,  il motore al massimo dei giri trasmetteva grosse vibrazioni a tutto lo scafo in legno, eravamo tutti coscienti della realta’ dei fatti e della fine che potevamo fare. Un colpo di cannone ci raggiunse a pochissimi metri da poppa sollevando una colonna d’acqua di svariati metri che ricadde in parte sulla coperta e su di noi. Il peschereccio comincio’ a vibrare fortemente per tutta la sua lunghezza. Non sapevo esattamente cosa fosse successo ma la barca continuava a navigare, male ma proseguiva per la sua rotta. Era impossibile fermarsi per verificare il danno, saremmo stati oggetto di facile bersaglio e condannati a sicura morte. Navigammo ininterrottamente fino ad uscire dalla gittata dei cannoni anche se la RAF (aviazione inglese) insisteva ad inseguirci provando ad affondarci ma, fortunatamente fummo risparmiati. I caccia continuavano a mitragliarci, la coperta e la cabina comando erano piena di fori ma nessun orano vitale del peschereccio era stato intaccato, qualche danno qui e la poco rilevante e per questo ringraziammo il Signore per essere stati risparmiati……alla fine i caccia rinunciarono forse per mancanza di carburante......credo.

 Foto tratta da: https://www.ibiblio.org/hyperwar/UN/UK/UK-Med-I/img/UK-Med-I-photo20.jpg

Appena ebbi la possibilita’ di fermare i motori, verificammo i danni riportati dal mitragliamento e dal colpo di cannone che ci aveva raggiunto a poppa. Il peschereccio da fermo non vibrava piu’ ed il motore aveva una cadenza regolare. D’accordo con il Direttore di Macchina feci calare in mare un marinaio, il piu’ giovane ed esperto, per verificare le condizioni dell’elica e dopo una brevissima immersione ebbi la conferma di cio’ che sospettavo. L’elica del peschereccio era letteralmente amputata di una pala, meravigliato ma non tanto, proseguii la navigazione senza indugiare, non prima di averne parlato e consigliato con il D.M., eravamo tutti consapevoli  delle gravi conseguenze ma non c’era molto da scegliere (!). Riavviammo il motore mettendo la prora ad Est con rotta Alessandria d’Egitto fiduciosi d’ingannare i ricognitori nemici nella speranza di confonderlo facendogli credere le nostre intenzioni. Navigai su quella rotta fino all'imbrunire, oltrepassai il golfo di Tobruk e quando la costa fu fuori portata visiva  protetti dall'oscurita' invertii la rotta mettendo la prua a Nord.

Navigammo ininterrottamente per sette giorni e sette notti in condizioni meteo a volte buone ma spesso pessime se consideriamo le dimensioni del  mezzo su cui eravamo. Lo sbilanciamento dell’elica si ripercuoteva su tutto il peschereccio trasmettendo una forte e continua vibrazione, l’asse motore vibrava  mettendo in evidenza problemi piu’ seri. Durante la navigazione uno degli ufficiali del San Giorgio mi chiamo’ in disparte e dopo le dovute raccomandazioni mi affido’ due valigie. Non avevo idea di cosa contenessero, erano chiuse con molta cura, allora immaginai subito il loro contenuto, sicuramente tutti i documenti segreti della nave e la sua bandiera di combattimento.

Foto tratta da: https://digilander.libero.it/planciacomando/WW2/sgiorgio2.htm

Mi consegnarono anche un sacchetto contenente documenti ed effetti personali (portafogli foto etc. etc.) di tutti gli ufficiali della piazzaforte di Tobruk e dopo circa sette giorni di navigazione, una mattina, offuscata da una leggera nebbia, si presento’ all’orizzonte sagome di monti a me noti. Non ero certo di quel che intravedevo ma dopo una breve sintesi mi resi conto che avevo dinanzi a me  i monti calabresi e misi la prora verso di essi. Piu’ mi avvicinavo alla costa piu’ ero certo di quanto rilevato…….riconobbi  il Lido di Catanzaro Marina, finalmente la nostra odissea era in parte conclusa. Nonostante avessimo percorso circa 1400 m.n. muniti solo di bussola e carta nautica  tra non pochi problemi, l’elica in condizioni disastrose, l’asse motore che in quelle condizioni d’uso aveva usurato in parte la boccola dell’elica con conseguente infiltrazione di acqua e problemi all’apparato motore, raggiungemmo la nostra destinazione esausti in tutti i sensi ma fieri di aver portato a termine un cosi’ importante incarico.

Cpt. Antonio Mosca

 

(Testo elaborato da Domenico Caselli)

 

 
Domenico Caselli  "Marescia' "
(of Guerrino de Peco', Fadanne and Luci', Lambrezze, La Carlane family)
.....amare e ricordare il grande passato di San Benedetto del Tronto e dei suoi figli marinai.......