QUANDO HIA PRESO I MIEI SASSOLINI

Fresca t’ho vista posare le mani

su occhi stanchi di guardare attraverso

rappresi mènage familiari:

avevi già valicato la strada

per la casa mai costruita

dove avresti ricoperto di terra

il tuo cuore stillante carezze

appagate dai fiori al balcone degli altri.

 

Avevi ingarbugliato la matassa

che padre e madre avvolsero con cura

-chiara in mente la tela del futuro-

e sfilavi uno ad uno steli di seta

da insertare in ghirlande per le porte

chiuse al primo dell’anno. Negli occhi,

soltanto il bisogno del mare

chiamava a raccolta i rimpianti.

 

E la voce dell’onda colmava il divario

del tuo canto dal coro intonato

su marce dal ritmo scontato.

Anch’io ascoltavo le onde. Ubriacavo

di dolore l’angoscia scoprendo

profonde le screpolature per esporle a frustate

di vento più aspre quando il mare cedeva

con rabbia la salsedine amara.

 

Nella lingua delle donne imbrigliate

che passavano accanto al mio eremo,

solo il pianto diceva il turgore

di polloni che crepano i muri.

L’eco invece del tuo passo spedito

alla rupe ove il petto si empie

d’aria nuova trascorsa su terre

d’oltremare, mi invitava alle danze.

 

Quando hai preso i miei sassolini

li hai tenuti in palmo di mano;

piano piano ho svuotato le urne

son tornata a farmi guardare

ho parlato al presente il passato

e tu hai finto non fosse passato.

Ogni giorno per te la mia porta

sarà aperta, anche il primo dell’anno.

 

Antonietta Lestingi