Proposta di un libro di lettura nelle prime medie delle Scuole di Trapani Francesco Renzo Garitta - Pittore e scrittore di “cose”della Trapani antica LA SICILIA CHE NON SI SCORDA MAI |
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Francesco Renzo Garitta è stato una grande figura di trapanese autentico, che in vita, per scelta. abbarbicato alle sue origini, ha voluto abitare nel centro storico di Trapani. Da dirigente bancario e ispettore generale di un Istituto di credito ha percorso da una punta all'altra la Sicilia, apprendendo la grande varietà dei dialetti, di cui fu cultore. Con lo pseudonimo Regari si è affermato come continuatore della tradizione figurativa siciliana, dipingendo aspetti, “cose” e personaggi antichi di vita cittadina e della nostra terra di Sicilia. Ha pubblicato ”Acqua e Anice”,apprezzato per il suo dire veritiero, sobrio e sottilmente ironico. In questo libro ha saputo cogliere le lontane risonanze di fatti d'epoca, di accadimenti, di aneddoti e di piccole curiosità che animarono il centro storico dagli anni 1935 al 1960. Ha dedicato il libro alla moglie Paola, ai figli Franco, Antonella, Cetti, Giacomo e alle nipoti Giulia, Valeria e Angela per ricordare “ciò che c'era una volta e per le sensazioni mai perdute, che questa antica e cara città ha saputo donare”.“Devo scrivere e devo dipingere – Regari confida negli scritti -. Io so, difatti, che non posso produrre capolavori. So che non mi avvicinerò alla perfezione. E tuttavia so che devo dire e devo dare”. Sull'onda della memoria fluente e inarrestabile, con una immagine che via via evoca altra immagine, ed è da stimolo alla fantasia, Franco racconta , da testimone, quasi per intrattenimento, come in un album di famiglia, personaggi di una umanità variegata, di onesto operare, di grande ricchezza spirituale, emblematici della trapanesità d'altri tempi . Narratore di grande forza espressiva, sente vivo nel ricordo il quadro urbano della sua giovinezza e sa cogliere fra le case dove è fermo il silenzio degli esodi, le risonanze delle antiche voci. Nel racconto alitano lo sciabordare delle acque con le barche sospese alla marina e gli intrighi del sorgere del sole e dei tramonti con le magiche suggestioni di luci e ombre. Le scene si susseguono, incastrate le une alle altre, come tessere di un mosaico e vibrano della divinità del luogo, quasi a indicare ai giovani che restano, la via di un riscatto rigoglioso di un centro storico ridotto in silenzio, che può riacquistare la pienezza di una nuova vitalità, solo se lo si voglia. Fra le testimonianze di un passato, ridotto a sola memoria di anziani, si affollano nella mente del narratore le persone, identificate nelle ‘ngiurie, umili per i mestieri inventati, come venditori di polpi cotti, di spugne marine, di polpi essiccati, imprenditori di piccole attività nei cui contesti si saldavano speranze e bisogni con l'offerta sacrificale della propria opera. Nella vocazione della ricerca delle cose passaste emergono momenti di vita, dove l'immediatezza della realtà è resa con toni coloristici forti e con intensa plasticità. Macabra, fra le altre, è la rappresentazione in una nicchia della testa mozzata della moglie del capitano Serisso, nella omonima via, monito alle moglie infedeli di non tradire l'amore di un marito, che affronta il pericolo del mare per il sostentamento della famiglia. Nelle tele Regari vuole vivere poeticamente la memoria di “angoli” del centro storico e della nostra terra nella realtà dell'oggi, cogliendone le vibrazioni sensoriali, visive e musicali. Con il suo stato d'animo fortemente creativo e con il suo dipingere narrando esprime anche nella minuziosità decorativa connessioni fra cadenze tradizionali e sensibilità moderna, motivazioni culturali d'istintiva mediterraneità, una singolare effusività calorosa e solare e il mistero arcano di una Sicilia pronta al riscatto della sua cultura. La pittura di Regari è un affresco che riesce a compendiare il rapporto tra l'immagine umana e l'archeggiatura del cielo, del mare, del sole e tutta la natura. Nel sentimento ancestrale che supera quel tanto di folcloristico in una luminosità penetrante, Regari nelle descrizioni pittoriche interpreta la realtà antropologica isolana con un sentimento di immediatezza sensuosa dei riscontri e di immersione cantica. Questo itinerario della memoria in un passato tanto caro è un monito ai cittadini immemori e agli amministratori distratti o colpevoli per riappropriarsi della vivibilità dello spazio urbano, ma anche dello spazio culturale e dell'epica del centro storico. Nell'espressione sgomenta della vita dell'uomo di oggi, sopraffatto dalla globalizzazione, riempire lo stupefatto silenzio di luoghi desolati con grida di bimbi è riaccendere speranze di rinascita per gente che ha perso perfino l'identità. |
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