CORSO PILOTA DI METODOLOGIA FEUERSTEIN

La Scuola attuale, oltre che nuovi assetti organizzativi, deve ricercare e sperimentare nuovi modelli di apprendimento-insegnamento, funzionali alle richieste di una società che non a caso è stata definita "società cognitiva".In questo filone di ricerca si inseriscono gli studi del prof. R. Feuerstein e il suo approccio all'educazione cognitiva e metacognitva.

Feuerstein afferma che l'azione educativa da promuovere in ogni ragazzo deve riguardare sia le conoscenze disciplinari e la quantità e la qualità delle informazioni, sia il processo che sottende l'elaborazione dell'informazione tradotto in termini di orientamenti di scelte metodologiche.

Il metodo Feuerstein ha il vantaggio di offrire anche strumenti operativi validi, mirati al recupero e allo sviluppo delle abilità cognitive.Esso è particolarmente utile nella prevenzione dell'insuccesso scolastico perchè offre al ragazzo con disagio sociale di esprimere le sue potenzialità in modo da diventare l'adulto di domani integrato nella società.

Progetto-pilota della Metodologia Feuerstein rivolto a docenti che intendono occuparsi delle prevenzione dell'insuccesso scolastico.

(Reuven Feuerstein, allievo di Piaget, docente di psicologia, direttore dell'International Centre for Enhancement of Learning Potential ( ICELP) di Gerusalemme).

Il metodo Feuerstein

1-L'educazione cognitiva

Le ricerche condotte nel campo della metacognizione, ed in particolare quelle sulla conoscenza del funzionamento cognitivo e delle strategie di miglioramento, hanno prodotto interesse nel mondo dell'educazione e, allo stato attuale, producono una notevole espansione del campo della psicopedagogia, grazie alla messa in atto di programmi applicativi che si propongono di fornire agli insegnanti strumenti idonei ad aiutare i propri allievi a migliorare la conoscenza del proprio pensiero e il modo di utilizzarlo e comunicarlo.

Mediante lo sviluppo di tale ambito teorico-applicativo, noto come educazione cognitiva , vengono proposti al mondo dell'educazione strumenti oculati, capaci di intervenire sulle strategie di funzionamento della mente con lo scopo di migliorarne l'attività all'interno dei processi di apprendimento. I programmi di educazione cognitiva, disponibili negli ultimi tempi, sono cresciuti di numero e si sono specializzati per classi di obiettivi e popolazioni di utenti come quelli per il recupero di soggetti a rischio di esclusione sociale con problemi scolastici imputabili a cause di natura culturale e socio-ambientali e quello progettati per i disabili.

Tra i più diffusi vanno ricordati: il PAS (Programma di arricchimento strumentale) di Feuerstein (1980); il metodo CORT ( Cognitive Research Trust thinking program ) di De Bono (1983); il corso di addestramento alla soluzione analitica dei problemi di Whinney e Lochead (1985); il metodo della gestione mentale di Antoine De La Garanderie (1980); il programma ASA (arricchimento delle strategie di apprendimento) di Buchel & Buchel (1990).

Uno degli obiettivi comuni a tutti i programmi di questo tipo è apprendere a pensare, imparare ad imparare. Essi si caratterizzano per l'approccio ai processi cognitivi e metacognitivi e si propongono di migliorare le capacità di apprendimento e di soluzione di problemi attraverso lo sviluppo, nel soggetto, di saperi e saper fare autonomi e autoregolativi circa l'uso e il controllo dei principali strumenti cognitivi. Testimoniano l'importanza che ormai viene assegnata dalla ricerca psicologica applicata alla fase di intervento sull'uomo, con lo scopo esplicito di far conseguire efficienza alle funzioni di pensiero grazie allo sviluppo e al potenziamento di tutte le abilità cognitive e metacognitive che accompagnano un'attività mentale.

 

2- La Modificabilità Cognitiva Strutturale di Feuerstein

 

Di particolare interesse è il metodo di Feuerstein; di fatto, l'applicazione dei criteri di mediazione rende possibile l'arricchimento comunicativo con una strategia metodologica dell'approccio centrato sulla persona e la facilitazione della comunicabilità interpersonale permette al discente di essere il promotore della propria crescita. Feuerstein è stato un allievo di Piaget ed ha applicato le teorie di Vygotsky, operando una sintesi coerente per presentare il percorso verso l'apprendimento significativo, facendo da ponte ai suoi maestri e a Bruner.

Feuerstein afferma che bisogna studiare l'apprendimento cambiando il punto di vista degli studiosi precedenti, valutando i processi cognitivi e non l'intelligenza e che si può intervenire su di essi per modificarli, potenziarli e svilupparli.

Nel 1980 coniò l'espressione “Modificabilità Cognitiva Strutturale” e fece di questo il perno teorico del suo programma. Secondo Feuerstein la questione chiave per comprendere la natura dei processi di apprendimento è che il cervello non è statico, ma dinamico: esso è composto da miliardi di neuroni interconnessi tra di loro. Nel corso della vita ogni individuo cambia il numero dei neuroni e la forma delle loro interconnessioni, variazione che dipende dagli stimoli provenienti dall'ambiente, compreso lo stesso cervello inteso come organo che produce pensiero.

L'intelligenza, pertanto, è plastica e modificabile e dipende dalla struttura del cervello. Se questa cambia, cambia anche l'intelligenza. In questa prospettiva l'intelligenza non si configura come una serie di tratti ereditati geneticamente, immutabili e responsabili del comportamento caratteristico di ogni persona. La plasticità e la flessibilità del cervello rendono possibili, in certe condizioni, una sua modificazione e un conseguente potenziamento del comportamento cognitivo. L'apprendimento, per Feuerstein, si basa in modo più o meno esplicito sulla ipotesi di modificabilità dell'intelligenza. Le informazioni elaborate dal cervello sono solo prodotti interni che dipendono dalla sua struttura. La percezione di informazioni esterne dipende dal modo con cui vengono acquisite e dalla capacità di interpretarle; pertanto, la percezione del mondo è soggettiva e tutti gli individui si creano da sé il proprio modello e questa condizione influisce sulle risposte che ciascuno dà agli stimoli.

Feuerstein collega al concetto di modificabilità quello di strutturalità, cioè una modificazione profonda nel processo di apprendimento. Le caratteristiche di tale processo sono: la presa di coscienza, l'interiorizzazione delle relazioni tra “parte” e “intero”, dove per “parte” si intende il meccanismo che consente di gestire l'intero; l'autoregolazione e l'automantenimento del processo mediante ancoraggio a funzioni preesistenti. La modificabilità è possibile anche perché l'uomo ha due tipi di apprendimento e due modalità di interazione con il mondo degli stimoli. Secondo l'approccio comportamentista (Watson), da una parte, i cambiamenti che si producono nell'individuo sono dovuti alla relazione dello stimolo e della risposta. Lo sviluppo della mente viene spiegato con il fatto che il soggetto impone che ad un determinato stimolo si debba rispondere in un certo modo. Dall'altra parte, il neocomportamentismo (Skinner) introduce un insieme di determinanti fisiologici e biologici espressi dall'organismo tra lo stimolo e la risposta, producendo un cambiamento visibile, misurabile e verificabile.

A questo Piaget aggiunge che il discente può interagire direttamente e attivamente con l'ambiente, perché tra stimolo e risposta immagina frapposta la stessa attività dell'organismo coinvolto che consente allo stesso di operare scelte autonome, libere ed arbitrarie sia sugli stimoli che sulle risposte.

Feuerstein immagina, invece, un processo di interazione continua tra stimolo, organismo e risposta, arricchito dalla presenza di un soggetto mediatore ( Human Mediator ), nuovo attore sulla scena della costruzione della conoscenza, che, posto tra lo stimolo e l'organismo e tra l'organismo e la risposta, è in grado di modulare e di orientare la stessa attività cognitiva. Questo modello di apprendimento mediato si applica allorquando si creano le condizioni di costituzione di un gruppo, grande o piccolo, nel quale si realizza una specifica interazione di mediazione tra i componenti. In questa condizione, il fenomeno della “mediazione” è rappresentabile come un contesto dinamico in cui un soggetto adulto (genitore, insegnante) può prevedere, analizzare, progettare ed organizzare tutte le dinamiche necessarie per facilitare un processo di educazione cognitiva di un soggetto.

La funzione del mediatore è quella di garantire che tutte le informazioni che giungono al soggetto siano trattabili, diventino materiale di conoscenza e di comprensione grazie all'attivazione di schemi elaborativi di natura organizzativa ed intepretativa efficace.

La terza caratteristica della teoria della Modificabilità Cognitiva Strutturale è la cognitività intesa nel senso di concetto globale, in cui un individuo viene visto come un insieme, includendo anche gli aspetti affettivi e neuromotori, utilizzando l'accesso cognitivo come semplice punto di ingresso per poi coinvolgere gli altri versanti. Feuerstein presenta la sua teoria come un postulato, perché vuole sottolineare che solo chi è fermamente convinto che ogni individuo può oltrepassare lo stato in cui si trova nel presente e camminare nella direzione dello sviluppo del suo potenziale, saprà creare le condizioni perché ciò avvenga realmente.

Il postulato di Feuerstein è il seguente:

L'essere umano, qualsiasi sia la sua condizione di base, è modificabile strutturalmente .

La modificabilità si può realizzare anche in presenza di ostacoli normalmente ritenuti insormontabili, quali dotazione genetica carente (anomalie cromosomiche, caratteristiche patologiche dell'ambiente familiare, livello socio economico); l'età del soggetto (anche se l'avanzare dell'età riduce la flessibilità, fattori, come una maggiore esperienza o un aumento della motivazione, giocano un ruolo compensativo sulla possibilità di apprendimento); l'entità della deprivazione (in presenza di carenze molto profonde anche un cambiamento di lievissima portata può essere di natura strutturale).

Gli elementi che caratterizzano una modificazione strutturale sono:

•  Una forte relazione fra la parte ed il tutto.

•Un cambiamento non è strutturale se investe solo un settore senza influire su altre funzioni o sistemi e senza rendere plastiche anche le strutture limitrofe, per prepararle ad altri apprendimenti.

•  Una maggiore propensione dell'individuo ad essere coinvolto in processi di cambiamento.

•  L'autoperpetuazione del cambiamento è la tendenza a conservare nel tempo l'acquisizione realizzata, anzi, ad implementarla autoregolandone l'estensione a tutti quei contesti in cui è possibile trasferirla, al di là del campo specifico in cui l'acquisizione è avvenuta.

3-L'Esperienza di Apprendimento Mediato

Feuerstein afferma che la modificabilità cognitiva strutturale si realizza solo se l'individuo può fruire di esperienze di apprendimento mediato.

La mediazione è l'azione consapevole ed intenzionale dell'educatore che si assume il compito di far acquisire all'educando una strumentazione valida. Il mediatore agisce in modo che tutte le informazioni divengano conoscenze, seleziona i dati su cui vuole attirare l'attenzione, lasciando gli altri sullo sfondo, abitua il discente a mettere in confronto i dati su cui opera, ad individuarne le connessioni temporali e causali, stimola in lui il bisogno di cercare relazioni fra ciò che viene recepito e le conoscenze possedute. Abitua alla necessità di definire con precisione i problemi e di prefigurarsi, mentalmente, il percorso necessario per risolverli, anticipando le conseguenze delle mosse ipotizzate, prima di passare all'azione; aiuta l'educando a controllare la propria impulsività e a ricorrere il meno possibile al procedimento per prove ed errori. La componente emotiva costituisce la sostanza della mediazione fra il docente e il discente. L'attenzione per la persona, la promozione del sentimento di autostima e di fiducia nelle sue possibilità, la condivisione degli stati d'animo, fra i quali anche il piacere della scoperta e la realizzazione di nuove acquisizioni, la ricerca del senso e del significato delle cose, la determinazione nel portare a termine ciò che si è intrapreso.

L'obiettivo dell'educatore è quello di allontanarsi gradualmente dall'educando lasciandolo equipaggiato della strumentazione cognitiva ed emotiva necessaria ad affrontare in modo attivo e personale la complessità degli stimoli ambientali e a continuare autonomamente quel processo di espansione del proprio potenziale che ha iniziato insieme.

4 -I Criteri della mediazione

Feuerstein individua dodici criteri che costituiscono un sistema metodologico-didattico attraverso cui si esercita l'azione del mediatore, favorendo le interazioni e sviluppando la capacità di apprendimento della comunicazione.

1) Intenzionalità e reciprocità

L'intenzionalità esprime la consapevolezza, da parte del mediatore, di entrare in relazione con il soggetto e dell'importanza che questa relazione riveste; il concetto include la necessità, da parte del mediatore, di mettere a fuoco gli elementi essenziali di ciò che vuol comunicare e di prefiguarsi il modo più efficace per trasmetterli in modo che vengano recepiti come tali. Il mediatore cerca l'attenzione del soggetto, per esempio, attraverso lo sguardo. Se ciò non gli è possibile, modifica il suo modo di porsi, in relazione alla persona che ha davanti, abbassa o alza il proprio tone di voce, ne accelera o ne rallenta il ritmo, per esempio, modifica il lavoro che intende svolgere, se questo si dimostra inaccessibile. Ciò che interessa è agganciare il soggetto al livello in cui si trova, indurlo a modificare gradualmente il suo stato mentale affinché diventi più sensibile agli stimoli cognitivi, attivi uno stato di vigilanza e recettività idonea all'apprendimento, cominci a provare curiosità e motivazione, per chiamarlo ad affrontare compiti di livello superiore.

2) La Trascendenza .

Il mediatore guarda lontano e coglie ogni occasione per ampliare la sfera delle conoscenze, relazioni, bisogni e possibilità dell'educando. L'apprendimento in questo modo trascende i limiti di un'acquisizione particolare legata ad un'occasione specifica e si inserisce in una cornice più ampia di conoscenze. Quando un ragazzo si chiede quale processo gli ha consentito di risolvere un problema, che cosa è stato importante in primo luogo e poi in seguito in quali situazioni potrebbe essere usata la stessa procedura, effettua un'operazione che, trascendendo l'ambito di quel problema, gli fornisce criteri per affrontare situazioni diverse, che hanno in comune con quella precedente solo certi aspetti strutturali.

•  La mediazione del significato

Quest'ultima attiva la componente energetico-motivazionale dell'apprendimento, anche attraverso una presentazione in forma problematica degli argomenti e delle questioni. Un altro modo per esprimere la mediazione del significato è sensibilizzare i discenti all'esigenza di cercare con chiarezza gli obiettivi delle attività in cui si trovano impegnati, fin dall'inizio: essi possono così orientare subito le loro energie in modo finalizzato, evitando distrazioni. Realizzando questo tipo di mediazione l'educatore trasmette agli allievi ciò che è significativo per sé, ma accoglie con rispetto anche l'espressione del loro punto di vista e dei loro sentimenti e alimenta il bisogno di porsi domande circa il significato e il valore delle esperienze che vanno facendo, delle regole che essi sono chiamati a rispettare, delle scelte che intendono fare.

•  Competenza

Insistendo sul lavoro metacognitivo si rende l'allievo consapevole del suo funzionamento mentale, dei suoi punti di forza e di debolezza e si appura che tutti abbiano delle potenzialità.

•  Regolazione e controllo del comportamento

Creando un ambiente favorevole all'apprendimento mediato si aiuta a controllare gli atteggiamenti del tipo “un momento sto pensando” e i comportamenti non positivi per il singolo e per la classe.

•  Condivisione

Include la capacità di relazionarsi, il saper vivere in gruppo, il saper ascoltare e il farsi ascoltare.

•  Cooperazione

E' finalizzata alla capacità di lavoro in gruppo per scopi precisi, con metodi e strumenti idonei.

•  Individualità e differenziazione psicologica

Sono finalizzate al riconoscimento delle caratteristiche positive e negative di ciascuno e al loro utilizzo come risorsa positiva per il gruppo e per il nascere e lo sviluppo del pensiero creativo e divergente.

•  Ricerca, pianificazione e conseguimento di uno scopo

Sono finalizzati alla necessità che ognuno individui il suo progetto personale ed impari a perseguirlo tenacemente.

•  Sfida con se stessi e ricerca della novità e della complessità

Sono finalizzate a far superare la difficoltà cognitiva e ad incoraggiare la curiosità intellettuale e al non farsi scoraggiare dalle difficoltà reali.

•  Modificabilità, ottimismo, appartenenza.

Sono il compendio della mediazione dove il soggetto può pensarsi ed essere pensato come modificabile, può essere produttore di informazioni, può essere creativo.

4-Le Funzioni cognitive

Le funzioni cognitive sono le strutture di base che servono da supporto a tutte le operazioni mentali, strumenti con cui l'uomo raccoglie le informazioni, le immagazzina, le analizza, le valuta e le trasforma per utilizzarle. Feuerstein individua in ogni processo di pensiero tre momenti fondamentali, pur avvertendo che questa distinzione è artificiosa, in quanto nella realtà le tre fasi coesistono in una unità senza fratture.

Le tre fasi dell'atto mentale sono:

•  Fase di ingresso (input) in cui il soggetto, di fronte al problema in atto, raccoglie i dati e le informazioni;

•  Una fase centrale (elaborazione), in cui l'individuo elabora, seleziona, confronta i dati raccolti, elimina quelli non pertinenti, utilizzando le informazioni che possiede;

•  Una fase finale (output), che fornisce il risultato dell'elaborazione centrale e comunica la risposta.

Strettamente connesso con ciascuna fase, in posizione centrale rispetto ad esse, vi è un complesso di fattori emotivi e affettivi che giocano un ruolo ambivalente, nel senso che sono in grado di favorire un atto di pensiero, ma anche di ostacolarlo o addirittura di renderlo impossibile.

Da quanto detto, ne discende, come conseguenza logica, che mediazione significa diventare consapevoli sia degli aspetti relazionali e intellettivi del funzionamento mentale, sia delle emozioni che lo accompagnano e dei comportamenti in cui esso si esprime: chi riconosce, prima in se stesso e quindi nell' allievo, le emozioni positive (curiosità, interesse, motivazione, senso di competenza) e le emozioni negative (paura, insicurezze, ansie, senso di inadeguatezza), che sono immanenti all'apprendimento, è poi in grado di sfruttare le prime e compensare le altre. Secondo il modello proposto, in ciascuna delle fasi dell'atto mentale l'individuo fa entrare in gioco alcune funzioni cognitive che articolano la qualità dell'atto di pensiero nelle tre fasi, al fine di individuare, all'interno di ognuna di esse, le funzioni cognitive impegnate.

Sulla base della tabella seguente il mediatore ed il discente possono verificare l'errore ovvero individuare il punto in cui si è interrotto il processo mentale ovvero dove si è realizzata una procedura divergente. Particolare interesse desta la concretizzazione in microcomportamenti che le funzioni cognitive operano in ogni fase dell'atto mentale, rendendo coscienti modalità, strategie e processi. E' evidente che una tale fase didattica tende a valorizzare l'aspetto metacognitivo dell'apprendimento, inteso come capacità personale di organizzazione ed esecuzione delle funzioni cognitive finalizzate alla selezione e pianificazione delle procedure atte alla soluzione del compito .

 

FUNZIONI COGNITIVE

INPUT

ELABORAZIONE

OUTPUT

Ciò che devo fare per raccogliere tutti i dati.

Ciò che devo fare per elaborare bene i dati.

Come dimostro che ho pensato bene.

1. Io guardo, tocco, gusto, ascolto per raccogliere le informazioni.

1. Mi dico: qual è il problema e che cosa devo fare?

1. Do risposte complete perché gli altri sappiano quello che voglio dire.

2. Cerco un sistema per non dimenticare niente e per non fare due volte la stessa cosa.

2. Tra tutti i dati che ho raccolto, cerco quelli che posso utilizzare.

2. Non rispondo in fretta: così faccio meno errori e non devo ricominciare da capo.

3. Quando vedo, ascolto, sento o gusto qualcosa, gli do un nome per parlarne e per ricordarla.

3. Mi immagino con chiarezza quello che cerco e quello che devo fare.

3. Quando trovo una risposta, aspetto un attimo per non dire cose di cui potrei pentirmi.

4. Mi pongo sempre la domanda “dove” e “quando”.

4. Faccio un piano passo dopo passo.

4. Qualche volta so la risposta, ma non trovo le parole giuste. Resto tranquillo, e provo ancora dopo un po' di tempo.

5. Mi domando quali proprietà di persone, oggetti, e avvenimenti restano immutate quando c'è qualcosa che modifica la loro appartenenza o l'ambiente in cui sono inseriti.

5. Ricordo tutte le informazioni alle quali devo fare contemporaneamente attenzione.

 

6. Riunisco tutti i dati da più fonti di informazione e li classifico.

6. Cerco collegamenti tra oggetti, eventi ed esperienze separate.

 

 

7. Confronto oggetti con altri oggetti, eventi con altri eventi, esperienze con altre esperienze: cerco quello che c'è di simile, quello che c'è di diverso.

 

 

8. Cerco di inserire nuovi oggetti, eventi ed esperienze in realtà che già conosco.

 

 

9. Cerco più soluzioni e scelgo la migliore.

 

 

10. Faccio ragionamenti coerenti quando voglio provare qualcosa e quando voglio difendere una soluzione.

 

5-La valutazione dinamica del potenziale di apprendimento (LPAD – Learning Potential Assessment Device)

  Il LPAD è il procedimento di valutazione del potenziale di apprendimento consistente in test dinamici basati sul postulato della modificabilità umana. Il LPAD è il piano per stabilire la propensione di apprendimento dell'individuo, prendendo in considerazione i micro cambiamenti che avvengono nel soggetto mentre viene sottoposto a questo tipo di test. Sulla base degli studi di Vygotsky, Feuerstein, in un primo tempo, definisce la propensione di apprendimento di un individuo come la differenza fra il livello di prestazione che un soggetto può raggiungere con un'efficace mediazione educativa e il livello che è in grado di esprimere lavorando da solo. I test dinamici di Feuerstein si propongono di valutare l'intelligenza diagnostica, cioè il potenziale di sviluppo cognitivo. Il piano di valutazione del potenziale di apprendimento si distingue in due livelli di sviluppo: quello osservato e quello possibile. Lo scarto tra l'uno e l'altro fornisce la misura delle possibilità di cambiamento e i margini entro i quali può innestarsi una incisiva azione pedagogica, per far sì che la qualità massima del prodotto, ottenuto lavorando con un adulto, diventi, per il soggetto, il livello normale delle sue prestazioni autonome. Questa definizione di potenziale richiama, dunque, alla mente l'idea di una capacità presente, ma non manifesta nel soggetto, che può essere esplicita se il mediatore riesce a porla in condizioni ottimali di lavoro; mentre in un test convenzionale la somministrazione degli item avveniva senza feedback , in quanto ritenuto causa di errore di misurazione, nel test di tipo dinamico invece l'insieme degli item presentati è sempre comprensivo di istruzione. Si tratta di un approccio diverso seguito negli obiettivi e nella metodologia rispetto a quello che caratterizza le valutazioni psicometriche tradizionali. Questa quantifica ciò che già esiste: l'intelligenza innata o acquisita, l'apprendimento realizzato, ciò che è evidenziabile e quindi ha un approccio statico; la valutazione dinamica mira a studiare il cambiamento, anche se presente in porzioni minime. A questa non interessa tanto rilevare il ripetersi di buone prestazioni in un soggetto quanto osservare se e come tali prestazioni possono migliorare. La valutazione dinamica è, dunque, orientata verso dove evolve la modificabilità cognitiva. La valutazione statica ha ad oggetto solo i prodotti dell'attività del pensiero ed esprime sostanzialmente il rapporto tra il livello raggiunto dalla prestazione di un determinato individuo e il livello medio ottenuto da individui della stessa età, assunti come termini di confronto. La valutazione dinamica, invece, osserva in primo luogo i processi di pensiero, le modalità percettive, le strategie di apprendimento. Nella valutazione dinamica, il confronto avviene fra le prestazioni realizzate dallo stesso individuo prima e dopo la mediazione. Per queste ragioni il ruolo del valutatore è completamente diverso: neutro, asettico, uguale con tutti gli individui, in modo da rispettare le condizioni di standardizzazione delle prove, nei test psicometrici; partecipato, calibrato su ogni soggetto, teso ad offrirgli le condizioni psicologiche e cognitive migliori per un buon apprendimento nella valutazione dinamica. In quest'ultimo approccio vi è la sfiducia verso qualsiasi tentativo di standardizzazione che porta con sé l'illusione di poter offrire lo stesso stimolo, scevro da eventuali variabili che lo differenzino, in condizioni ambientali identiche, a tutti gli individui, in modo da poter isolare produzioni “oggettive”, non contaminate da particolari condizionamenti; produzioni che diventino, quindi, espressioni dirette delle facoltà attuali dei soggetti, innate o acquisite, che si intendono misurare. In realtà, stimoli identici vengono filtrati in modo diverso, da individuo ad individuo, in relazione a molteplici fattori quali, ad esempio, le caratteristiche dell'ambiente culturale, il livello di emotività personale, le condizioni fisiche e psicologiche del momento. E' quindi illusorio pensare che lo stesso stimolo possa essere uguale per tutti e fornire un prodotto che sia espressione dell'intelligenza e delle capacità di elaborazione. I sostenitori della valutazione dinamica imperniano la valutazione sulla persona, nella sua situazione specifica e vanno alla ricerca delle situazioni che le permettono di ottimizzare le possibilità di cambiamento. Nel produrre le prove, avviene una variazione graduale ma controllata di diversi parametri, cognitivi e relazionali, per individuare gli elementi che meglio di altri favoriscono la manifestazione del potenziale e conducono il soggetto ad una prestazione migliore, di cui in quel momento è capace. Le informazioni sull'aspetto cognitivo di un individuo con l'applicazione di tale metodo sono:

•  evidenziare in quali ambiti il soggetto esprime le sue abilità dominanti e quali funzioni cognitive ed operazioni mentali utilizza efficacemente, cioè “i punti forti”;

•  valutare la capacità di trasferire queste competenze a compiti che si presentano con altre modalità e vertono su contenuti diversi, ma che implicano sostanzialmente la manipolazione delle stesse funzioni cognitive e operazioni mentali;

•  individuare le funzioni cognitive carenti e le operazioni mentali poco utilizzate cioè “i punti deboli”;

•  porre in rilievo gli ambiti del funzionamento mentale in cui si è osservato il cambiamento;

•  se il soggetto sia diventato più efficiente, rapido e preciso;

•  se sia migliorata la componente emotivo-affettiva legata all'apprendimento: se sia più motivato, più sicuro di sé rispetto all'inizi del lavoro.

Per registrare i risultati conseguiti e per valutare i progressi degli allievi, il formatore utilizza la mappa cognitiva . Quest'ultima si sostanzia in quel piano di lavoro finalizzato ad ottenere chiarezza sulle cose che mediatore e allievi devono fare insieme e descrive l'esecuzione del progetto per appurare come il soggetto opera. La mappa cognitiva, dunque, è uno strumento importante per rilevare la relazione intercorrente tra le caratteristiche di un compito e la prestazione fornita dal soggetto. Essa definisce un atto mentale sulla base di sette parametri che permettono di analizzare ed interpretare la prestazione degli allievi e le difficoltà che incontrano. L'utilizzo di questi parametri diventa molto importante nell'interazione esaminatore-allievo e nella formulazione e valutazione di ipotesi relative alle difficoltà del soggetto. I sette parametri per individuare il processo su come lavora la mente sono:

•  Il contenuto su cui è centrato l'atto mentale, che, per esempio, può essere troppo familiare o troppo poco;

•  La modalità con cui viene espresso l'atto mentale (linguaggio verbale, pittorico, grafico, schemi, mappe);

•  La fase delle funzioni cognitive richieste dall'atto mentale (di input , di elaborazione, ovvero di output ). In base alla lista delle funzioni cognitive carenti si attivano le operazioni da mettere in atto. In base alle funzioni che il mediatore si propone di attivare, questi sceglie gli strumenti da utilizzare. Se si accorge che l'allievo ha difficoltà, si individua la funzione cognitiva carente e si interviene per il suo potenziamento.

•  Le operazioni cognitive richieste dall'atto mentale.

•  Il livello di complessità: quantità e qualità delle informazioni con cui il soggetto deve lavorare.

•  Il livello di astrazione dell'atto mentale: capacità di procedere dalle operazioni concrete alla formulazione di concetti e principi.

•  Il livello di efficienza con cui l'atto mentale viene eseguito: rapidità, precisione e sforzo.

-Il Programma di arricchimento strumentale (PAS)

  Il PAS è un insieme di cinquecento schede suddivise in quattordici strumenti, il cui obiettivo è quello di sviluppare i processi di pensiero dell'individuo, rendendolo capace di selezionare e rispondere in modo attivo e personale agli stimoli ambientali, aumentando soprattutto la sua capacità di anticipare mentalmente le azioni ed il loro possibile esito, pensare prima di agire e progettare interventi complessi.

Ogni strumento ha un contenuto che non ha importanza in sé, ma è veicolo di situazioni problematiche atte a mettere in gioco funzioni differenti. Ciò consente di sperimentare un'ampia gamma di operazioni mentali e permette all'insegnante di poterne osservare efficacia e carenza, in modo da compiere una scelta oculata sugli strumenti e sulle schede da proporre in seguito.

La finalità essenziale del lavoro è non l'ampliamento dell'insieme delle conoscenze del discente, ma quello del repertorio degli strumenti idonei a conoscere, oltre al consolidamento delle abitudini cognitive migliori.

Si tratta di un programma di intervento per il superamento di carenze o di disfunzioni.

Obiettivi specifici del PAS sono:

•  utilizzare in maniera effettiva le capacità mentali virtuali, specie se queste sono insufficientemente esercitate;

•  consolidare gli strumenti verbali e le operazioni logiche necessarie all'apprendimento e alla comunicazione.

•  prendere coscienza delle proprie capacità e della loro messa in atto.

•  assumere una condotta autonoma e riflessiva.

La realizzazione del PAS avviene seondo un'impostazione didattica introduttiva che punta, attraverso l'uso di eserciziari opportunamente strutturati, alla scoperta, all'apprendimento e all'applicazione di relazioni, regolamenti, operazioni e strategie utilizzabili nelle situazioni più diverse.

All'interno di ogni strumento le schede sono collocate in ordine di progressione logica, anche nella sequenza dei quattordici strumenti che compongono il programma:

•  organizzazione di punti;

proposte come modello in un gruppo amorfo di punti e che le disegni correttamente. I punti offrono diverse possibilità, per cui è impossibile un approccio esclusivamente intuitivo.

L'esercizio implica abilità percettiva, cognitiva e operativa: la ricerca di una strategia di lavoro, l'attivazione di funzioni cognitive, una certa precisione nell'esecuzione grafica.

Obiettivo principale è di consentire all'allievo di organizzare un sistema di individuazione delle possibili relazioni tra elementi confusi, o "proiezione di relazioni virtuali", su elementi posti in disordine. Tende inoltre a favorire la ricerca di strategie e principi, la loro interiorizzazione e la comunicazione delle differenti soluzioni possibili, sotto l'azione mediatrice dell'insegnante.

Ai soggetti che presentano funzioni carenti, fornisce l'opportu­nità di imparare a pianificare, progettare, analizzare, discriminare, classificare, formulare ipotesi.

2) Orientamento spaziale 1

In questo strumento, articolato in più livelli, non viene proposto un potenziamento dell'apprendimento motorio, che accompagna normalmente l'acquisizione del sistema spaziale nei primi 6-8 anni di vita del bambino, ma un tipo di apprendimento che tende a sviluppare un sistema stabile di riferimento per descrivere le relazioni spaziali. Gli esercizi previsti richiedono di lavorare con i simboli che rappresentano le relazioni spaziali fra il sé e gli oggetti e fra gli oggetti. Grazie al bridging si ottiene anche, come effetto secondario con gli allievi in difficoltà che mostrano, solitamente, grandi problemi a staccarsi dal proprio punto di vista, di abituarli progressivamente ad "uscire" dal sé, per valutare la realtà. Inoltre, i ragazzi imparano che la percezione di un oggetto o di un evento dipende dal punto di vista dell'osservatore e che la posizione degli oggetti cambia in base alla posizione assunta da uno di essi.

Dal punto di vista logico, gli esercizi di questo strumento sviluppano molto la reversibilità e il pensiero formale.

3) Percezione analitica

L'attività percettiva, che viene esercitata in questo strumento, consente di esaminare, organizzare e riconoscere le differenti parti di un insieme elencandole, mettendole in relazione, suddividendole in categorie e dando loro un nome.

Abilità prerequisita è l'attenzione e il controllo dell'impulsività.

Tutto il processo di percezione richiede il riconoscimento e l'uso di categorie e di processi che sono prerequisiti alla lettura e alla scrittura.

Fanno parte del pensiero analitico il pensiero ipotetico, la riflessione e il ragionamento induttivo e deduttivo.

Obiettivo generale è l'acquisizione dell'abilità a ristrutturare un campo percettivo disorganizzato, percependo sia le differenti parti che l'unità di una struttura attraverso un processo di analisi e sintesi.

4) Confronti

In questo strumento viene proposta una serie di confronti fra figure, oggetti e concetti, che richiedono a loro volta una capacità di classificare e di categorizzare la realtà nonché la conoscenza di relazioni fra oggetti e concetti.

Tutti gli esercizi presentano modalità sia figurative che verbali con un livello di astrazione che aumenta gradualmente dal primo all'ultimo. I primi esercizi, infatti, richiedono il confronto fra elementi noti mentre negli ultimi, che sono i più difficili, è richiesto il confronto fra concetti complessi.

5) Immagini

Le modalità d'uso dello strumento lo rendono accessibile anche a chi ha difficoltà con la lettura e la scrittura o ha un livello culturale basso.

Il linguaggio verbale è invece necessario per la discussione; lo strumento, infatti, si presta particolarmente allo sviluppo del vocabolario e alla partecipazione del gruppo alla soluzione di problemi.

Obiettivo fondamentale è la generalizzazione delle considerazioni di un racconto allegorico sull'esperienza umana a partire dalle informazioni dedotte da un disegno. Fra i sotto-obiettivi, invece, quello di analizzare il punto di vista positivo e negativo di molti aspetti del comportamento umano; quello di percepire qual è il problema attraverso la scelta degli elementi chiave; quello di cogliere le relazioni di tempo e di causa-effetto percependo le trasformazioni e comprendendone i motivi; quello di sviluppare la convinzione che, per risolvere i problemi sono necessarie strategie e che alcune strategie possono essere originali e inconsuete come l'uso del pensiero divergente.

•  Relazioni familiari

E' uno strumento che fornisce ai soggetti l'idea che si possono categorizzare oggetti ed eventi su molte basi. Come sistema è ideale perché nella famiglia ci sono molti differenti tipi di relazioni, gerarchiche, orizzontali, verticali, temporali, etc.

Per questa ragione è possibile chiedere ai soggetti di costruire ed usare mappe genealogiche che spieghino queste varie relazioni. Lo strumento impone sempre l'uso costante di un certo numero di fonti di informazione, quali il sesso, lo stato civile, l'età e il ruolo e di codificarle come rappresentazioni simboliche .

E' previsto anche l'uso di rappresentazioni astratte e di trasformazioni dei ruoli degli individui e delle relazioni col passare del tempo (una figlia può diventare una zia, una mamma, una suocera e così via). Viene insegnato, inoltre, ad usare varie modalità di rappresentazione, come quella verbale o quella simbolica, applicando anche i diagrammi e le mappe .

7) Orientamento spaziale 2

Anche in questo strumento si richiede di lavorare con i simboli che rappresentano le relazioni spaziali ma soprattutto tra oggetto ed oggetto privilegiando in questo caso un sistema di riferimento fisso ed esterno.

Dal punto di vista logico, gli esercizi sviluppano e consolidano la reversibilità e il pensiero formale in modo da permettere al soggetto egocentrico di liberarsi pian piano del suo limite visuale.

L'obiettivo principale, come quello precedentemente visto nella organizzazione spaziale 1 ( supra punto 2), consiste nell'organizzazione di un sistema di riferimento attraverso il quale sia possibile analizzare e descrivere le relazioni spaziali, con lo scopo di far acquisire la capacità di trasferire le proprie esperienze spaziali anche in altri campi.

8) Progressioni numeriche

Obiettivo di questo strumento è allenare i soggetti a dedurre relazioni fra oggetti e trovare il principio che le governa.

Un importante sotto-obiettivo è incoraggiare a considerare se stessi come generatori di nuove informazioni sulla base di certi fatti limitati.

Lo strumento non vuole insegnare l'aritmetica, ma semplicemente mostrare come usare informazioni rilevanti, come fare evidenza logica, come sviluppare il pensiero deduttivo ed inferenziale e trovare i principi che presiedono ad una sequenza numerica.

L'utilizzo di questo strumento permette, anche, di favorire la creazione di categorizzazioni e sottocategorizzazioni, in quanto nelle Progressioni Numeriche si trovano serie di categorie ordinate e sovraordinate.

9) Classificazioni

Strettamente collegato con quello dei Confronti ( supra punto 4), questo strumento cerca di allenare i soggetti a controllare le informazioni fornendo loro le capacità di organizzarle in categorie sovraordinate generali.

Questo è un prerequisito vitale del pensiero logico, e permette agli alunni di progredire dalla costruzione di connessioni fra oggetti a quella di relazioni fra concetti.

La categorizzazione è un'abilità piuttosto complessa ed è basata su confronti, differenziazioni, discriminazioni e percezione analitica.

10) Istruzioni

Lo strumento Istruzioni richiede ai soggetti di seguire esattamente delle informazioni implicite ed esplicite date ad essi per svolgere certi compiti.

Potrebbe risultare difficile per alcuni ragazzi seguire delle istruzioni, scritte o orali, perché non è stato mai insegnato loro a cercare le parole chiave che indichino chi, cosa, perché, dove, quando e come.

Gli elementi “dove” e “quando”, in Istruzioni, possono anche indurre gli alunni ad operare secondo criteri spaziali e temporali, e ciò può portarli a sbagliare, cosi come succede quando una percezione confusa insufficiente provoca errori di interpretazione delle istruzioni.

Un comportamento di pianificazione inadeguato e una scarsa capacità a mettere in sequenza le proprie azioni potrebbero causare errori nell'esecuzione di un'istruzione, oppure gli allievi potrebbero essere privi degli strumenti o non sentire la necessità di controllare i loro progressi e i risultati.

11) Relazioni temporali

Quella del tempo è un concetto altamente astratto e più la società diventa complessa e globalizzata più questo concetto diventa importante. Lo strumento spiega i vari aspetti del tempo: come è impiegato per misurare l'esperienza di ciascuno attraverso l'uso dei secondi, dei minuti, delle ore, etc. e come può produrre una misurazione della velocità quando è combinato con altri fattori quali la distanza.

Viene considerato anche il tempo “soggettivo”, il modo in cui esso differisce dal tempo “oggettivo” o standard e come i fattori emotivi possono influenzare la nostra percezione del tempo.

Tra gli altri obiettivi dello strumento c'è anche la comprensione del concetto di causa ed effetto, dell'uso “buono” del tempo, del tempo come amico o come nemico.

Sono inoltre rinforzati il pensiero ipotetico, l'uso dell'evidenza logica e di varie fonti di informazione.

12) Sillogismi

Questo è uno degli strumenti più complessi, insieme a Relazioni Transitive, e riguarda il pensiero logico e le operazioni insegnate negli strumenti precedenti.

Si basa sulla logica proposizionale formale e richiede che gli alunni eseguano inferenze deduttive, ovvero l'applicazione di una regola ad una varietà di situazioni onde inferire una nuova relazione da quelle esistenti.

A causa della percezione frammentaria della realtà, della mancanza di comportamento comparativo spontaneo e dell'incapacità a costruire relazioni fra le cose, a volte i ragazzi non si orientano verso la ricerca delle regole che rendono possibile il ragionamento deduttivo. Questo strumento li stimola a dedurre una terza informazione-relazione da una serie di due informazioni-relazioni date in precedenza. "Sillogismi" cerca di rendere gli alunni critici nei confronti della verità delle proposizioni e della validità delle premesse usate addestrandoli alla capacità di trarre conclusioni alternative e divergenti.

13) Relazioni transitive

Come si è già detto, questo strumento è strettamente collegato a Sillogismi.

La transitività è la possibilità di trasferire la relazione esistente fra due oggetti, o termini, ad un terzo oggetto. Per risolvere con successo i problemi di Relazioni Transitive i ragazzi devono essere precisi nella percezione e nella raccolta di dati; devono essere capaci di usare più di una fonte di informazione alla volta, di comprendere e di applicare un ordine sequenziale.

Altre capacità fondamentali, esercitate da questo strumento, sono il pensiero ipotetico, i confronti, le categorizzazioni e la definizione accurata dei problemi.

14) Sagome

In questo strumento l'allievo deve completare una sequenza complessa di passi che implicano una ricostruzione puramente rappresentativa di un disegno. Il disegno modellato è creato dalla sovrapposizione di maschere separate, che differiscono nella forma, nella misura e nel colore. Per risolvere il problema, il soggetto deve analizzare il disegno complessivamente, identificarne le componenti e sovrapporre mentalmente le maschere necessarie, tenendo in mente la natura delle trasformazioni che avvengono.

Le prove si possono raggruppare in tre categorie:

•  prove che riguardano l'organizzazione visual-motoria e percettiva, organizzazione di punti, che permettono di sondare la capacità del soggetto di organizzare campi visivi non strutturati, superando le differenze percettive attraverso l'uso di idonee strategie cognitive;

•  prove che si basano sull'utilizzo della memoria di tipo spaziale, verbale e semantico;

•  prove che richiedono processi di pensiero e operazioni mentali di livello elevato, come l'individuazione e la generalizzazione di relazioni fra gli elementi e di relazioni tra relazioni, l'utilizzo del pensiero induttivo e deduttivo, la moltiplicazione logica.

Il lavoro si svolge in gruppi ed è composto di una serie di esercizi carta e matita divisi in strumenti, ciascuno dei quali è centrato su alcune funzioni particolari; sia tra gli strumenti che tra gli esercizi all'interno di uno stesso strumento esiste una gradualità, dal facile al più difficile, in modo che la ripetizione dei principi e delle operazioni orienti verso l'individuazione di regole e strategie da applicare in diverse situazioni. L'attività si sviluppa attraverso momenti di lavoro individuale e momenti di elaborazione collettiva, in continua interazione con l'insegnante che coinvolge i discenti nella definizione del problema e nella partecipazione e nelle proposte di soluzione su cui avviare la discussione di gruppo.

Per la riuscita degli strumenti del PAS è molto importante l'esistenza di un ambiente che permetta all'individuo di cambiare e che concorra alla realizzazione della modificabilità cognitiva. L'ambiente è il luogo dove il soggetto trascorre molte ore della sua giornata: esso può essere la scuola, la famiglia o il luogo di lavoro. Per pervenire alla realizzazione della modificabilità cognitiva si devono organizzare delle situazioni che producano “una tensione positiva tra ciò che è conosciuto e ciò che deve ancora essere appreso”. Conoscenza ed adattamento sono strettamente correlati tra loro e il passaggio deve avvenire in un clima sereno.

Operare sulla modificabilità per l'insegnante che sta dentro il processo di insegnamento-apprendimento significa porsi nella condizione di operare in modo da creare uno stato energizzante che stimola in profondità la struttura del pensiero, rendendola autoriflessiva e in quanto tale plastica. Nella scuola oggi è centrale controllare la significatività di ciò che si fa e di come si fa. E' per conseguire questo scopo che si auspica l'adozione di un programma di educazione metacognitiva come il Programma di Arricchimento Strumentale; infatti, la competenza acquisita sul PAS non significa solo potersi servire di un potente set di strumenti di “autoistruzione” del pensiero, ma soprattutto disporre di una modalità comunicativa innovativa che rende l'insegnante capace di andare oltre l'autoevidenza delle strategie di istruzione, che normalmente si forniscono nella scuola, fornendo la chiave per fare esplicitare “il modo di ragionare” più efficace per quel contesto. Ciò che distingue il PAS dagli altri programmi applicativi è il fatto che, proponendosi di agire sulle funzioni cognitive, migliorandone l'efficacia a livello di gestione dell'atto mentale, permette all'allievo di muoversi all'interno di un universo di significati ancora sconosciuto fruendo del codice a lui più congeniale e di utilizzarlo come strumento di lavoro per decodificare gli altri codici meno conosciuti o meno praticati e i cui messaggi non risultano sempre immediatamente correlabili con gli altri.

I modelli metacognitivi elaborati dalla ricerca di questi ultimi anni sono diventati molto articolati e complessi perché tendono sempre più ad associare ed integrare al loro interno elementi del processo di apprendimento ed elementi del processo di conoscenza: per l'uomo il valore delle proprie prestazioni esperienziali è associato ormai, non solo alla quantità, alla qualità e al tipo di conoscenze metacognitive possedute, ma anche alla conoscenza dei sistemi di controllo dei processi metacognitivi e tutta una serie di variabili di tipo emotivo-motivazionali. Ciò ha fatto diventare centrale, in tutti i modelli costruiti e proceduralizzati a scopo di formazione o di recupero, il ruolo della consapevolezza metacognitiva e della riflessione più o meno interiorizzata sul funzionamento della mente e del pensiero. Applicando operativamente le metodologia Feuerstein, la percezione, la memoria e la comprensione non sono più considerabili come caratteri astratti del soggetto di esperienza, ma diventano veri e propri elementi costitutivi di una costruzione cognitiva, strutturalmente aperta ai prodotti di quel mondo culturale dove agisce l'anima motivazionale di ciascun individuo.

In una sorta di circolarità interpretativa si recupera così la nozione di "comunicazione" (e quindi di "mediazione") come continua ricerca di condivisione della misura di ciò che appare attraverso l'invenzione di una storia comune, di una narrazione che vede insieme insegnante e allievo.

Affinchè una tale ricerca abbia successo è necessario che vi sia uno stato specifico di interazione costruttiva: "1'ascolto", il momento cruciale della comunicazione umana, quel momento in cui si dà senso a questa in un gioco difficile da giocare perché continuamente reso difficile "dall'ascolto" dell'altro. Se è "1'ascolto" il momento in cui si costruisce il senso, allora il saper ascoltare è il punto centrale del saper comunicare. Allora paradossalmente, anche in una prospettiva di mera informazione, non si tratta, nell'atto comunicativo, di trasmettere messaggi semmai di trasmettere ascolti. Questo è difficile perché significa:

- essere "aperti" alla condivisione, in quanto il docente deve mettere in comune con l'alunno valori, credenze, giudizi sulla realtà costruita;

- deve essere disposto al confronto, mettendo in discussione quegli stessi valori, idee, precomprensioni in cui crede e di modificarli, all'occorrenza, alla luce del dialogo intrapreso con l'allievo;

-avere familiarità con lo stupore, nel senso dell'enigma, della scoperta, dell'abbraccio che l'emozione dell'allievo comunica quando ascoltandolo riascolta se stesso riscoprendosi.

E' chiaro che comunicare efficacemente, utilizzando come punto di forza la capacità di ascolto, significa anche "desiderare" il confronto con l'altro, il momento in cui insegnante e alunno possono precisare meglio il "senso comune" osservandosi meglio. Nel linguaggio psicologico la capacità di ascolto sta nel saper essere metacognitivo , ma anche nel saper essere metacomunicativo, cioè nel saper intraprendere un processo di autoriflessione, per essere capaci di influenzare l'universo che l'insegnante ha costruito oggi ma soprattutto per essere capaci di influenzare gli universi che desidera far nascere domani. Il mediatore deve saper "tradurre", saper vedere nel proprio allievo "1'altro" in tutta la sua dimensione e a lui deve saper rispondere sui suoi sogni, sui suoi progetti, sulle sue aspirazioni, su tutto quello a cui può dare voce e corpo, di quanto ha dentro e che non aspetta altro che uscire fuori, prendendo corpo e forma. Solo così la comunicazione diventa un mondo nuovo che gradualmente si va scoprendo. Per questa ragione l'insegnante mediatore, man mano che procede nel dialogo con l'allievo, deve prestare sempre maggiore attenzione al "linguaggio”, che l'allievo già possiede, senza danneggiarlo e senza distruggerlo: un insegnante non può propinare alcun dominio di conoscenza nuovo finché non lascia emergere il mondo reale di chi apprende. E per fare questo egli deve imparare ad insegnare, imparando a conoscere e a far conoscere le abitudini dell'apprendimento del suo allievo, a cominciare dal linguaggio che adopera, qualunque esso sia. Solo allora la relazione comunicativa si fa profonda ed efficace e diventa mediazione all'interno di un dialogo pedagogico intenzionale e costruttivo. Si può dire, in conclusione, che la comunicazione si fa mediazione quando la ricerca del significato, da una parte, e la ricerca di condivisione del significato, dall'altra, giungono insieme al traguardo, creando quello straordinario sistema di abilità funzionali, all'interno dei processi cognitivi, metacognitivi e relazionali, che presiedono alla creazione di quel mondo nel quale ciascuno trova e riconosce la propria identità.