La responsabilità dei dirigenti scolastici
- Notazioni generali sul fatto illecito
Norma
fondante la responsabilità dei dipendenti pubblici è l’art. 28 della
Costituzione che testualmente recita: “I funzionari e
i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili secondo le leggi
penali, civili e amministrative [da intendersi sia come responsabilità
disciplinare che contabile], degli atti compiuti in violazione di diritti. In
tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”.
Il riferimento ai diritti, dopo la sentenza 500 del 1999
della Cass SS.UU., il d.l.vo 80/98 e
Per comprendere appieno quanto si verrà dicendo in tema di responsabilità occorre prima fare alcuni cenni preliminari
relativi al fatto illecito, e cioè al fatto che determina la responsabilità di
un soggetto, sia essa penale, civile o amministrativa.
Per avere un fatto illecito, o ancor meglio un atto illecito, causativo di responsabilità occorre la compresenza dei seguenti elementi: a) un comportamento, omissivo o commissivo, dell’agente; b) un evento dannoso, una lesione di una situazione giuridica tutelata dall’ordinamento; c) il nesso di causalità tra il comportamento tenuto e la lesione prodottasi; d) elemento psicologico, che serve ad imputare all’agente il suo comportamento; e) l’assenza di cause di giustificazione, o scriminanti, l’assenza cioè, di una normativa che dia legittimità e carattere di liceità al comportamento dannoso (ad es. la legittima difesa).
I tipi di responsabilità
1. Responsabilità penale - 2. Responsabilità
civile - 3.
Responsabilità disciplinare
4 Responsabilità amministrativa ex artt. 81, 97 e 103 Cost.: responsabilità del pubblico dipendente che, contravvenendo alle regole di perizia e diligenza che devono improntare la propria azione professionale, causa un danno (danno erariale) ai beni collettivi. 5. Responsabilità dirigenziale ex art. 21 d.l.vo 165 del 2001, correlata al mancato raggiungimento dei prefissati risultati gestionali o al discostamento dalle direttive date dall’organo politico
Responsabilità dirigenziale
Il decreto
legislativo 29 del
La
valutazione cui sono sottoposti i dirigenti scolastici
è affidata, secondo l’art. 25, I comma, del d.l.vo
165 del
Proprio la specificità delle funzioni ha fatto sorgere alcuni interrogativi relativi, da un lato, ai soggetti deputati a fissare gli obiettivi e i criteri di valutazione e, dall’altro, ai limiti che nell’esercizio dei suoi poteri incontra il dirigente scolastico soprattutto in relazione alla riconosciuta libertà di insegnamento e alle competenze degli organi collegiali e dunque alla radice stessa della sua responsabilità.
Dunque, o tale responsabilità diventa una responsabilità oggettiva per fatto altrui (eccezionale nel nostro ordinamento), o diventa la leva per rafforzare il ruolo manageriale del dirigente scolastico, che, essendo responsabile dei risultati, deve avere un effettivo potere gestionale senza effettive limitazioni.
La valutazione dovrà quindi, tenere conto sia della peculiarità del servizio prestato sia dell’elevata rigidità della comunità scolastica.
L’art. 27 c.c.n.l.
Corrispondentemente a quanto previsto in sede legislativa l’art. 27, comma 1, del c.c.n.l. dei dirigenti scolastici prevede che “I dirigenti scolastici rispondono in ordine ai risultati, tenendo conto delle competenze spettanti nell'assetto funzionale proprio delle istituzioni scolastiche”.
Comma 2: “L'Amministrazione,
in base ai propri ordinamenti, con gli atti da
questi previsti,
autonomamente assunti in
relazione anche a
quanto previsto dall'art. 1,
D.lgs. n. 286/99, definisce
privilegiando, nella misura massima possibile,
l'utilizzazione di dati oggettivi
- meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei
rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dai
dirigenti, in relazione ai programmi e
obiettivi da perseguire
correlati alle risorse umane,
finanziarie e strumentali
effettivamente rese disponibili”.
Comma 3: “Le prestazioni, le
competenze organizzative dei dirigenti scolastici e il livello di
conseguimento degli obiettivi assegnati sono valutati con i
sistemi, le procedure e le garanzie individuate in attuazione del comma 2 sulla base anche dei risultati del
controllo di gestione”.
Comma 4: “L'Amministrazione
adotta preventivamente i criteri generali che informano i sistemi di valutazione, anche in
situazione, della prestazione e delle competenze organizzative dei dirigenti scolastici, nonché
dei relativi risultati di
gestione. Tali criteri,
che dovranno tener conto in
modo esplicito della correlazione delle direttive impartite, degli
obiettivi da perseguire e delle risorse umane, finanziarie e strumentali
effettivamente poste a disposizione
degli stessi dirigenti, sono oggetto di informazione preventiva, seguita, a
richiesta, da concertazione. I criteri di
valutazione dovranno, comunque,
avere riguardo alla specificità sia dell'istituzione scolastica
considerata nel suo contesto territoriale
e sociale, nelle sue finalità e negli obiettivi del POF, sia della
funzione del dirigente scolastico
volta ad assicurare le condizioni per
il pieno esercizio delle
libertà d'insegnamento e per la
concreta realizzazione del diritto di apprendimento.
Comma 5: “I
criteri di valutazione sono comunicati ai dirigenti
scolastici prima dell'inizio dei
relativi periodi di riferimento, allo scopo di valorizzare anche gli aspetti
della autovalutazione continua”.
Comma 6: “In
sede di definizione dei predetti criteri devono
essere indicati gli elementi e l'insieme
dei parametri sui quali si fonderà in particolare la valutazione, in modo da privilegiare i
contenuti concreti della complessa funzione dirigenziale
rispetto a procedure
meramente burocratiche e cartacee.
Comma 7: “Le
procedure e i principi sulla valutazione della dirigenza,
dettati dal D.lgs. n. 286/99, e in
particolare il disposto dell'art. 1, comma 2, lett. e), si
applicano a tutti i tipi di responsabilità dirigenziale previsti dal D.lgs. n. 165/01” (Comma 12: la valutazione viene svolta, in prima istanza, da un dirigente
dell’amministrazione scolastica designato dal dirigente generale regionale,
tale valutazione deve essere improntata ai principi di trasparenza e pubblicità
dei criteri e deve essere osservato il principio di partecipazione al
procedimento; qualora tale dirigente ritenga sussistere elementi che possano
portare ad una valutazione negativa, procederà, insieme a due esperti,
designati dal dirigente generale regionale ai necessari ulteriori accertamenti
ed approfondimenti; il valutatore con i due esperti è
tenuto a prendere contatto almeno una volta con l’istituzione scolastica; la
valutazione finale è formulata dal dirigente regionale, tenuto conto della
valutazione di prima istanza che costituisce, in pratica, parere parzialmente
vincolante; infine, comma 14,
avverso gli esiti della valutazione è ammesso ricorso alle procedure di
conciliazione ed arbitrato ex art. 34 c.c.n.l.).
Comma 8: “La revoca anticipata rispetto alla scadenza può avere luogo solo
per motivate ragioni organizzative e
gestionali oppure in seguito all'accertamento dei risultati negativi di gestione o
della inosservanza delle direttive
impartite ai sensi dell'art. 21, D.lgs. n. 165/01”.
Comma 9: “Prima di procedere
alla definitiva formalizzazione di una valutazione non positiva, l'Ufficio centrale o regionale acquisisce in contraddittorio le deduzioni
del dirigente interessato. Entro i
successivi 15 giorni l'Amministrazione assume le
determinazioni di competenza. La revoca
dell'incarico comporta che per i primi 6 mesi successivi alla revoca
la retribuzione di posizione rimane nei valori fissi previsti dal contratto
in relazione alla
fascia di appartenenza, per il
semestre successivo l'importo della retribuzione di posizione è
decurtato del 50%. Dopo il 2°
semestre e in presenza di almeno 2 rifiuti a ricoprire
gli incarichi proposti, non è dovuta alcuna retribuzione di posizione”.
Comma 10: “La valutazione può
essere anticipata, nel caso di
rischio grave di risultato
negativo della gestione che si verifichi prima della
scadenza annuale”.
Comma 11: “L'esito della valutazione
periodica, che ha come
arco temporale di riferimento l'anno
scolastico, è riportato nel fascicolo
personale dei dirigenti interessati.
Di detto
esito si tiene conto
ai fini delle decisioni di affidamento degli
ulteriori incarichi”.
In
definitiva, presupposto necessario per la determinazione della responsabilità
dirigenziale dei dirigenti scolastici è che l’amministrazione scolastica, in
base ai propri ordinamenti definisca i meccanismi di monitoraggio e i criteri
di valutazione.
La responsabilità civile
La responsabilità civile
va, innanzitutto, distinta in responsabilità
contrattuale (non c’è onere di dimostrare il comportamento colposo del
danneggiante, termine prescrizionale decennale, il danno risarcibile è
limitato, salvo il caso di dolo, a quanto prevedibile all’epoca del sorgere
delle obbligazioni art. 1225c.c.) e responsabilità extracontrattuale (c’è
l’onere di dimostrare il comportamento colposo del danneggiante, termine
prescrizionale quinquennale, il danno risarcibile trova un limite
nell’eccessiva onerosità per il danneggiante e nel caso in cui parte del danno
sia causata dallo stesso danneggiato).
La norma centrale della
responsabilità extracontrattuale è l’art. 2043 c.c., anche qui, come già detto, per il ricorrere di tale
responsabilità occorre la presenza di un’azione od omissione compiuta con
capacità di intendere e di volere del nesso di causalità, dell’ingiustizia del
comportamento (non in iure e contra Jus ), e, infine,
l’imputabilità della condotta.
L’art. 28 Cost.
L’art. 28 Cost. è la
norma cardine per la responsabilità civile dei pubblici impiegati ed anche per
l’estensione di tale responsabilità allo Stato.
A questo proposito, si
distinguono due ipotesi.
La prima rintraccia in tale estensione una forma di responsabilità indiretta, per
fatto altrui, ai sensi e nei termini dell’art. 2049 c.c., secondo il quale “I padroni e i committenti [ 2082 ss.]
sono responsabili per i danni [ 2056 ss.]
arrecati dal fatto illecito dei loro domestici e
commessi nell'esercizio delle incombenze a cui sono adibiti”, dunque, una
responsabilità senza colpa, legata al rischio di servirsi dell’altrui opera.
La seconda
ipotesi, prevalente, ritiene che la responsabilità dello Stato sia diretta e
sussidiaria, in quanto tramite il proprio dipendente è l’amministrazione che
agisce.
Ovviamente,
per il sorgere di tale estensione occorre che
l’attività lesiva posta in essere dall’impiegato sia riferibile allo
svolgimento delle sue funzioni e, quindi, strettamente connessa con l’attività
d’ufficio.
Di
conseguenza, quando si tratta di attività strettamente
personali e non legate neppure da un nesso di occasionalità
né alle funzioni ad esso assegnate né alle finalità istituzionali da esso
perseguibili, deve ritenersi insussistente la responsabilità dello Stato
(teoria della <<occasionalità
necessaria>>).
Dal punto di vista
dell’elemento psicologico che deve caratterizzare il comportamento lesivo del
pubblico impiegato affinché allo Stato si estenda la responsabilità, occorrerà
verificare se il comportamento dell’agente sia stato
posto in essere, nelle intenzioni, per il raggiungimento dei fini
istituzionali, oppure che il pubblico impiegato abbia sostituito i suoi
interessi a quelli propri della P.A. (c.d. cesura del rapporto organico),
altrimenti qualora vi sia un comportamento dolosamente lesivo (cioè con volontà
e coscienza di procurare un danno), l’estensione allo Stato va esclusa.
Ad esempio il ritardo o
il mancato rilascio di una certificazione dovuta, posto in
essere per nuocere intenzionalmente fa salva la P.A.,
ma se è dovuto per mancanza di capacità professionale allora no.
In buona sostanza, solo
il dolo evita che lo Stato risponda nel caso i cui un pubblico impiegato
procuri nell’esercizio delle sue funzioni un danno a terzi.
Nell’ambito della scuola
la peculiarità è data dal fatto che l’amministrazione scolastica, per taluni
soggetti ed in talune ipotesi, risponde del danno
direttamente, salvo poi l’azione di rivalsa nei confronti del dipendente in
caso di dolo o colpa grave.
L’art.
La limitazione di cui al comma 1 si applica anche alla
responsabilità del predetto personale verso l'Amministrazione che risarcisca il
terzo dei danni subiti per comportamenti degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo
rivalsa nei casi di dolo o colpa grave,
l'Amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili
derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi”.
Dalla norma
si evince che:
1)
la
responsabilità del personale scolastico per fatto degli alunni che comporti un
danno all’amministrazione scolastica, mentre i primi esercitano l’obbligo di vigilanza è limitato solo al dolo o alla colpa grave.
2)
qualora i danni
siano stati inferti ad altri soggetti, sempre da alunni sottoposti alla vigilanza del personale scolastico, la
responsabilità di quest’ultimo è sempre limitata al dolo o alla colpa grave.
3)
l’amministrazione risponde direttamente dei danni
subiti da terzi.
Dunque, come ribadito dalla Corta Costituzionale nella sentenza n. 64 del
1992, gli insegnanti statali cessano di essere legittimati personalmente verso
i terzi solo limitatamente all’ipotesi di responsabilità in culpa in vigilando.
A questo punto si
profila un problema di carattere “processuale”: chi deve essere chiamato in
giudizio, il ministero o l’istituto?
Con riferimento a fatti posti in essere dal personale docente, giurisprudenza quasi
univoca ha affermato che legittimato passivo sia il Ministero e non la singola
istituzione scolastica, in quanto il personale docente, seppur inserito in
strutture che hanno autonomia amministrativa e personalità giuridica, sono pur
sempre in rapporto organico con l’amministrazione dello Stato (così è anche per
il personale ausiliario, tecnico e amministrativo).
Va, peraltro sottolineato, che, anche in questa impostazione di diretta
responsabilità del ministero, debba ritenersi che con la concessione di una
grande autonomia contrattuale data agli istituti, per l’inadempimento
contrattuale si debba chiamare a rispondere il singolo istituto.
La tesi opposta, che
vede nel legittimato passivo dell’azione di risarcimento il singolo istituto
scolastico, rintraccia nella attribuzione della
personalità giuridica degli istituti il
fondamento di una loro diretta responsabilità e li inquadra come organi-enti
del Ministero.
Gli atti posti in essere da tali organi sono riferibili, da un lato,
allo Stato in quanto compiuti da suoi organi, dall’altro, quando questi atti
abbiano effetti e conseguenze patrimoniali nei confronti di terzi, alla singola
istituzione scolastica, poiché vige la regola che la persona giuridica
superiore, con il riconoscimento al proprio organo di una limitata sfera di
attribuzioni e mezzi finanziari necessari per esercitarle autonomamente, viene
a declinare la propria competenza passiva per le spese che siano conseguenza
diretta o indiretta di un tale esercizio.
La responsabilità da vigilanza
L’art. 2048 c.c. così
dispone:
“[I] Il padre e la madre, o il tutore, sono responsabili del
danno [
2056 ss.; 190 c.p.]
cagionato dal fatto illecito dei figli minori non emancipati [ 316 ss.]
o delle persone soggette alla tutela [ 343 ss., 414 ss.],
che abitano con essi. La stessa disposizione si applica all'affiliante (1).
[II]. I
precettori e coloro che insegnano un mestiere o
un'arte sono responsabili del danno [ 2056 ss.]
cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti [ 2130 ss.]
nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
[III]. Le
persone indicate dai commi precedenti sono liberate dalla responsabilità
soltanto se provano di non aver potuto impedire il fatto”.
Ricordato quanto detto prima in merito agli artt.
Va rilevato,
preliminarmente che l’obbligo di sorveglianza a scuola è funzionale alla
conservazione della disciplina nella popolazione scolastica e all’impedimento
di fatti causativi di danno.
In secondo
luogo, si deve ricordare come, da un lato, l’obbligo si estenda dal momento
dell’ingresso a quello dell’uscita, e, dall’altro, assuma connotati diversi in relazione alla maturità degli allievi (è, infatti,
inversamente proporzionale al grado di maturità e all’età degli allievi).
La
responsabilità per culpa in vigilando incontra due limiti fondamentali:
l’esterno è costituito dalla dimensione temporale dell’obbligo, mentre quello
interno è dato dalla impossibilità di impedire il
fatto dannoso.
L’onere
probatorio del danneggiato si esaurisce con la dimostrazione del compiersi del
fatto lesivo nel tempo in cui l’alunno si trovava affidato alla scuola,
bastando questo a rendere operativa la presunzione di colpa, mentre spetta all’amministrazione scolastica
dimostrare l’impossibilità di impedire il fatto dannoso, e, inoltre, di avere
adottato, in via preventiva, tutte le misure organizzative idonee ad evitarlo
(Cass. N. 5688/2001).
In sintesi,
l’art. 2048 c.c. pone una presunzione di responsabilità in capo all’istituzione
scolastica (rectius:
all’insegnante), qualora il fatto dannoso si sia prodotto nel tempo in cui il
soggetto danneggiante era sottoposto alla vigilanza del personale scolastico.
Si
distingue, poi, tra il danno causato dal minore a terzi o a se stesso.
Per quest’ultimo caso si afferma che vada applicato l’art. 2043
c.c. e non l’art. 2048 c.c.,
ed in ogni caso, per quanto sia riconducibile ad un difetto educativo risalente
all’ambiente familiare, deve affermarsi la responsabilità concorrente o,
addirittura assorbente dei genitori (fermo restando che per la responsabilità
del personale docente vi deve essere, comunque, una carenza nella vigilanza).
L’obbligo di
sorveglianza non subisce momenti di interruzione, e,
dunque, non può essere interrotto per la semplice assenza dell’insegnante, che,
è responsabile se non avverte la scuola di una situazione di urgenza, in questi
casi, quando la comunicazione vi sia stata o comunque il dirigente sia venuto a
conoscenza della situazione, è quest’ultimo a
divenire il responsabile (ai sensi del 2043 c.c., in
quanto non precettore, e non del 2048 c.c.).
Peraltro,
l’assenza non supplita, può, talvolta, non comportare responsabilità, e ciò in relazione alla maturità degli alunni: è stato affermato
che il controllo dell’allievo affidato in custodia va compiuto con i mezzi
ragionevolmente più idonei senza, però, inutili rigorismi o soffocanti
limitazioni che interferirebbero negativamente con i moderni metodi educativi,
i quali tengono in debito conto anche un compito maieutico
rispetto ad un comportamento autodisciplinante degli alunni.
Infine, va
ricordato che il dirigente svolge un’attività amministrativa e non riveste la
qualifica di precettore per cui risponde sempre ai
sensi dell’art. 2043 c.c. e non dell’art. 2048 c.c.,
e che alla persona del dirigente vanno riferite, con la conseguente
responsabilità a suo carico, tutte le disfunzioni organizzative che abbiano effetti su un’idonea attività di
vigilanza dei docenti.
La responsabilità amministrativa
Tale
responsabilità è posta a tutela degli equilibri della finanza pubblica e del
buon andamento della P.A., è
la reazione dell’ordinamento relativa ad un comportamento di un soggetto
pubblico che venga meno, con colpevolezza, a norme e regole relative ai propri
obblighi quale pubblico agente.
La
struttura: 1) soggetto; 2) l’atteggiamento di colpevolezza; 3) il fatto
materiale (azione od omissione) collegata casualmente ad un evento, ovvero generativo di danno alle casse pubbliche.
Giudice
della materia è la Corte dei Conti ex art. 103 Cost.
La
giurisdizione amministrativo-contabile si delinea alla
luce di tre requisiti: 1) che il danno sia lamentato dallo Stato o da altro
ente pubblico; 2) che il soggetto considerato responsabile sia legato all’ente
da un rapporto di impiego o di servizio; 3) che il danno sia arrecato
nell’esercizio di un’attività illecita, commissiva od
omissiva, connessa a tale rapporto sia che ne costituisca diretta esplicazione
sia che abbia carattere strumentale o strutturale per l’esercizio della
funzione stessa.
L’art. 82
del regio decreto n. 2440 del 1923: “L'impiegato
che per azione od omissione, anche solo colposa, nell'esercizio delle sue
funzioni, cagioni danno allo Stato, è tenuto a risarcirlo. Quando l'azione od
omissione è dovuta al fatto di più impiegati, ciascuno
risponde per la parte che vi ha presa, tenuto conto delle attribuzioni e dei
doveri del suo ufficio, tranne che dimostri di aver agito per ordine superiore
che era obbligato ad eseguire”.
L’art. 52
del t.u. del 1934 n. 1214: “I funzionari
impiegati ed agenti, civili e militari, compresi quelli dell'ordine giudiziario
e quelli retribuiti da amministrazioni, aziende e gestioni statali a ordinamento, autonomo, che nell'esercizio delle loro
funzioni per azione od omissione imputabili anche a sola colpa o negligenza
cagionino danno allo Stato e ad altra amministrazione dalla quale dipendono
sono sottoposti alla giurisdizione della Corte nei casi e modi previsti dalla
legge sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello
Stato e da leggi speciali. La Corte, valutate le singole responsabilità, può
porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore
perduto”.
Presupposto
indefettibile è quello del rapporto di lavoro o di servizio (sussiste
sicuramente per i dirigenti scolastici).
Così come
presupposto indefettibile è la connotazione di ingiustizia
del comportamento e del conseguente danno verificatosi, nonché la negligente,
imperita, imprudente o intenzionale violazione degli obblighi di servizio, e
cioè quella vasta gamma di obblighi di prestazione e di comportamento che fanno
capo allo stato di soggetto pubblico e, per quanto ci riguarda, al dirigente ed
all’operatore scolastico.
Ovviamente,
occorre l’assenza di cause di giustificazione.
Per gli
obblighi comportamentali è ricostruibile un sistema prescrittivo
alla cui costruzione concorrono i doveri di
imparzialità, di buon andamento, di fedeltà, i codici comportamentali, sia
quello della P.A. in generale che quello specifico dell’amministrazione cui si
fa riferimento, e, infine, la normativa di settore relativa ai singoli
procedimenti.
Violazioni
degli obblighi di servizio vanno intese anche le infrazioni delle regole di efficienza e di economicità,
ciò in quanto il prevalere di un’obbligazione di risultato impone ancora di più
l’assicurazione di un’efficace rendimento del servizio, obbligo di diligenza
che grava su ogni dipendente pubblico, anche colui che non riveste incarichi
direttivi.
Il dirigente
scolastico si pone come motrice del processo di gestione dell’autonomia
e ciò determina accresciute attribuzioni di competenze e doveri decisionali con
correlata assunzione di responsabilità.
Ai capi di istituto vanno imputate disfunzioni e conseguenti danni
ricollegabili al proprio compito organizzativo degli uffici e delle unità
operative, a meno che dette disfunzioni non siano dovute a carenza di risorse o
a errate direttive, determinanti la caotica organizzazione.
Il dirigente
è direttamente responsabile per il danno derivante da una approssimativa
gestione del personale da parte del personale della segreteria, con conseguenti
danni erariali, per grave difetto di disattenzione, di vigilanza dell’attività
della predetta segreteria.
Ovviamente,
presupposto di una corretta esplicazione del proprio potere di vigilanza è la
perfetta conoscenza dei doveri e dei diritti del personale scolastico.
Il danno
Perdita o deterioramento
di beni dell’erario, esborso di somme non dovute, mancata percezione di
prestazioni retribuite, sviamento delle risorse pubbliche, danno all’economia
nazionale, danno all’equilibrio valutario, danno da
disservizio.