sesta-feira, 1 de fevereiro de 2002
venerdì 1 febbraio 2002
Prime impressioni...
Sono in Bahia da 15 giorni e provo a rispondere alle tante richieste giunte via e-mail del tipo: “Come stai? Come ti trovi? Che impressione hai avuto? ecc...” A dire il vero non è per niente facile perché sto ancora guardandomi intorno per capire dove sono finito. Prima vorrei ricordare il momento del saluto che non dimenticherò facilmente: dal mandato del 12 gennaio, con relativa festa, alla giornata del 13 con pranzo e ancora spettacolo, fino al viaggio verso l’aeroporto di Milano. Mi sento in dovere ancora di ringraziare tutti.

Arrivo a Salvador dove ci sono ad aspettarmi don Vittorio e don Piero, viaggio nella notte verso Ipirá e si inizia... Come sapete siamo in un momento di vacanza, scuole chiuse, attività pastorali al minimo, tutto deve riiniziare; io seguo don Piero per la Messa nelle comunità (72) della campagna nei giorni da giovedì a domenica (partenza ore 14... con cappotto?), nella pastorale del centro e cerco di capire come è strutturata la parrocchia. Al mercoledì ad esempio, essendo giorno di mercato, si rimane a disposizione della gente tutto il giorno perché, ad esempio, dalle comunità i leader passano per ritirare avvisi e avere informazioni, poi battesimi, ecc. Martedì e mercoledì saranno giorni di incontri vari. Lunedì potrebbe essere il giorno libero da dedicare al riposo o alle compere.

Il 5 febbraio ci sarà l’incontro con i leader di tutte le comunità per presentare la “Campagna della fraternità”, un cammino su un determinato tema proposto dalla chiesa brasiliana all’inizio della Quaresima. Un’iniziativa ormai entrata nella tradizione, un momento forte della pastorale insieme al “Mese della Bibbia” che si terrà verso settembre – ottobre sempre proposto dalla Chiesa Brasiliana. Il tema di quest’anno della campagna della fraternità è "Fraternidade e Povos Indígenas, Por uma terra sem males"1 (Fraternità e popoli indigeni, per una terra senza mali – traduz. non indispensabile), il tema è interessante ma forse non così vicino alle problematiche della gente che oggi vive in Bahia; di comunità indigene ce ne sono ormai molto poche. Dopo il 5 febbraio, se vi interessa quello che progettiamo, ve lo farò avere. Così il 6 avremo un’altro incontro con l’equipe pastorale per fissare tutti gli incontri con i vari gruppi (catechesi, giovani, past. famigliare, amministrazione, cons. pastorale, min. eucaristia, min. battesimo, min. matrimonio, ecc.). Tutto questo per dirvi che siamo agli inizi.

La prima impressione. Ci si accorge subito di essere in un altro mondo, soprattutto quando si va nelle comunità, gente molto semplice che fai fatica a capire come vive, eppure quando si ritrovano in Chiesa, sono tutti vestiti bene, forse con l’unico vestito bello che hanno, cantano e pregano come riescono... (il più “trasandato” risulta essere il prete). Comunità autonome con gente semplice che lavora per fare catechesi, andare a trovare gli ammalati, preparare battesimi e matrimoni, gestire l’economia della piccola comunità, preparare il culto (ovviamente alla domenica ci pensano loro, il prete passa quando può)... questo colpisce!

La parrocchia è giustamente impegnata a salutare Pe. Pedro (3 febbraio con una festa a sorpresa) il quale, dopo 14 anni rientra in Italia, il Bahiano sente questi momenti di nostalgia (saudade); nei miei confronti c’é il “Bem vindo” della gente, la fase della prima conoscenza e il 10 avremo con noi il Vescovo, il quale saluta don Piero e accoglie me e don Vittorio. Da queste parti non ci vuole fretta nel conoscere gente e realtà. Per ora sto organizzandomi in casa, sto sistemando documenti (non lamentatevi degli uffici e della burocrazia italiana), i primi acquisti, ad es. una macchina o qualche altro mezzo che serva per muovermi (la macchina di don Piero con 200.000 km sulle spalle la lascio alle suore che ne hanno un’altra ancora più scassata). Sto cercando di imparare un po’ la lingua con l’aiuto di un’insegnante, ma anche qui con calma... In canonica donna Josefa provvede, cibo quasi all’italiana, il telefono suona molto meno (non l’hanno in molti), la gente è sempre in strada di giorno e di sera che passeggia e discute, rispetto ad alcuni anni fa mi sembra che ci siano passi in avanti si vedono più macchine e tante piccole moto; stessa impressione la città di Salvador che vidi nel 1994 per la prima volta.

Nelle foto che ho mandato e poi pubblicate sul sito, come avete notato, non ci sono foto di “povertà e miseria” non mi sembra giusto. I poveri vanno rispettati e non si possono usare per commuovere la gente che vive in Europa, poi è sempre comodo parlare di povertà (noi missionari compreso) con la pancia piena e soldi in tasca. Penso che il nostro e il mio essere qui sia solo per tentare di condividere un po’ della loro vita, con semplicità, la differenza tra noi e loro è tantissima, anche solo capirli è un esercizio che penso richieda moltissimo tempo e forse non ci si riuscirà mai. Per il resto posso dire poco, il lavoro non mancherà, cerco di capire quanto è stato avviato molto bene dai miei predecessori nelle comunità e nella pastorale qui in città e su questa linea continuare insieme a don Vittorio, alle suore e ai laici, poi certamente ci sarà spazio per inventare, sistemare, ecc. Anzi mi dovrò trattenere perché vorrei che quello che possiamo inventare e fare sia realmente un’ esigenza loro, dei ragazzi e penso in particolare ai giovani di Ipirá che sono tantissimi ma sono anche una realtà molto difficile.

Ieri ho avuto il primo incontro con i bambini (il coro) per una gita-premo ad un parco acquatico, bimbi semplici, di tutti i colori e di ogni estrazione sociale, dai più ricchi ai più poveretti (a dire il vero i più poveretti non possono pagare nemmeno i RS 5 pari a L. 4500 per entrare e quindi non c’erano).

Sono veramente poche parole e dette male, ma non temete... io sto bene (a parte qualche zanzara o l’intestino da regolare) e spero di riuscire ad inserirmi nel miglior modo possibile!

Spero di riuscire a scrivere una letterina ogni mese (il primo di ogni mese)... vedremo!

Um abraço a todos.


Ipirá, sesta-feira, 1/02/2002

Pe. Marco Ferrari


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1 Hoje, no Brasil, a população indígena é superior a 330 mil pessoas, pertencentes a 215 nações, que falam mais de 180 línguas diferentes. Em 1500, esta população ultrapassava 5 milhões e, 970 povos. Refletir sobre os povos indígenas é mais do que lamentar so povos desaparecidos, a opressão, a violência, a condição de miséria e exclusão. Esta reflexão convida a relembrar a histórica luta de resistência dos povos indígenas ao longo destes cinco séculos, a resistência e a esperança dos povos negros, forçados a fazer do Brasil a sua pátria, dos imigrantes pobres que trouxeram em sua bagagem os sonhos de uma vida nova em uma terra farta e livre. É fortalecer os fios que tecem a rede da solidariedade cotidiana, que se manifesta na prática de todos, e no apoio a causa dos oprimidos. Portoghese semplice che tutti possono capire... vero?


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