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(A background
sketch of Patrick Boylan
prepared for a Conference
brochure, 2005)
Versione italiana: clicca qui>
IALIC
6th Annual Conference: Keynote
Speaker
International
Association for Language and Intercultural Communication
Graduating from Saint Mary's College in his native California in 1962 with a degree in English and psychology and then from the University of Paris (Sorbonne) in 1966 with a DES in literary stylistics, Boylan went on to acquire a specialization in audio-visual language teaching methodology from the École Normale at Saint-Cloud and, upon moving to Italy, in distance teaching techniques from the University of Rome "La Sapienza". While at La Sapienza as an ESL assistant from 1967, he began experimenting with teaching English through "home-based ethnography". Students were taught to practice participant observation (Slobin 1967, Hymes 1972, Agar 1980) of English-speaking expatriates or visitors that the students had to track down in Rome. Boylan also pioneered the use of Stanislawski's (1961) emotional memory techniques to enable students to reconstruct and identify with the value system of a member of the target culture whom they would like to be for a day: their "cultural double" (an interviewee, a celebrity, a film character...). Finally, using ethnomethodology (Garfinkel 1967), students were taught to "live at home for a day as their English-speaking double" so as to unmask the acculturation they receive there. Boylan's articles on these methods and others, many of which are still innovative, first appeared in Italian (eight between 1978 and 1994, plus two textbooks) and then, from 1995, in English: see www.boylan.it for downloadable versions. The leitmotif running through them is that language teaching is a full-fledged academic discipline, not something to relegate to language centres -- at least when serious learning is the goal. For languages are not grammatico-pragmatic codes to be taught mechanically as such, but rather ways of making meaning, to be explored -- both in classroom experiments and in fieldwork -- through disciplines like intercultural communication, hermeneutics and ethnomethodology. This Malinowskian view has led Boylan to define languages essentially as intentional matrices, i.e. as the sedimentation of articulated states of expressive intentionality (“wills to mean”), formed over time through felt participation in communicative events governed by a common “will to be” (culture). Words—as well as gestures, silences, gaze, etc. – are therefore not language but rather the “accessories” manipulated by language. If, then, a given historical language is essentially the disposition to express -- within a communicative event -- particular existential stances using verbal and/or other means, teaching it means teaching students that disposition and those stances Boylan is currently a member of the executives of IALIC, SIETAR and AIA (the Italian Association for English Studies) and a founding member of AISC (the Italian Association for Cognitive Science). He has taught in many universities world-wide, including his alma mater the Sorbonne, and is currently involved in the EU Lingua project "PICTURE" ("Portfolio for Intercultural Communication: Towards Using Real Experiences"). __________ Agar,
M. A. (1980) The Professional Stranger: an Informal
Introduction to Ethnography. Orlando: Academic
Press. |
Versione
italiana
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(Una
scheda di presentazione di Patrick Boylan
tratta dal programma di
una Conferenza
del 2005)
6a
Conferenza annuale IALIC:
Relatore plenario
Iinternational
Association for Language and Intercultural Communication
Dopo aver conseguito nel 1962 una doppia laurea in Lingua e letteratura inglese e in Psicologia dal Saint Mary's College in California (dove egli è nato) e poi un DES in stilistica letteraria dalla Sorbona (1966), Boylan ha scelto di specializzarsi nei metodi audiovisivi per l'insegnamento delle lingue (École Normale di Saint Cloud) e poi, trasferendosi a Roma, nei metodi d'insegnamento a distanza (Università La Sapienza). Dal 1967 al 1980 egli è stato lettore presso la “Facoltà di Magistero” di Roma (diventata poi nel 1992 la “Facoltà di Lettere” del nascente Università Roma Tre) dove egli ha sperimentato per prima in Italia l'insegnamento dell'inglese tramite “la ricerca etnografica sul campo”. Gli studenti imparavano a praticare l'osservazione partecipante di nativi parlanti d'inglese “braccati” ed intervistati nei luoghi turistici della capitale (Slobin 1967, Hymes 1972, Agar 1980). Boylan ha anche sperimentato l'uso delle tecniche di memoria emotiva elaborate da Stanislavski (1961): gli studenti ricostruivano ed interiorizzavano il sistema di valori di una personaggio anglosassone da loro scelto come modello linguistico-culturale. Infine, utilizzando la tecnica etnometodologica di Garfinkel (1967), gli studenti imparavano a passare una giornata a casa propria pensando di essere il loro doppio di lingua inglese – per smascherare gli occulti meccanismi di acculturazione – e descrivendo poi, da etnografo anglosassone, quanto osservato. I saggi di Boylan su queste innovazioni teorico-pratiche ed altre – molte ancora oggi attualissime – sono apparse dapprima in lingua italiana (otto articoli e due libri di testo tra 1978 e 1994) e poi, dal 1995, in inglese. Sono scaricabili dal sito www.boylan.it (sotto la voce RICERCA). Il filo conduttore che percorre questi scritti è che l'insegnamento delle lingue nell'ottica culturale appena descritta – che mira a formare laureati in lingue capaci di cogliere la forma mentis dei loro interlocutori stranieri e di esprimersi di conseguenza – andrebbe considerato una disciplina accademica vera e propria e non rilegato ai Centri Linguistici o a figure accademicamente marginali. Le lingue, infatti, non sono codici grammatico-pragmatici da imparare meccanicamente bensì modi di porsi per afferrare il reale: vanno indagate attraverso sperimentazioni – in aula e sul campo – che si rifanno a discipline come la comunicazione interculturale, l'ermeneutica e l'etnometodologia. Questa visione malinowskiana del linguaggio ha infatti portato Boylan a definire le lingue naturali come sedimentazioni di stati articolati di intenzionalità espressiva (stati di voler dire), cristallizzatesi nel tempo attraverso la partecipazione sentita in eventi comunicativi regolati da un voler essere comune (la cultura degli interagenti). Pertanto non vanno considerati “lingue” o “linguaggi” gli insiemi di parole che normalmente chiamiamo tali: “l'inglese”, “l'italiano”, “il legalese“, ecc., oppure i repertori espressivi non verbali. Essi costituiscono solo gli accessori manipolati dal voler dire dei parlanti per rendere tangibile determinati stati esistenziali e determinate configurazioni di intenzionalità che, per quanto diversi tra di loro, hanno una matrice culturale comune. Insegnare una lingua viva significa dunque far assimilare quella matrice e solo subordinatamente i repertori verbali (e gli altri repertori) usati per manifestare gli stati esistenziali e le configurazioni di intenzionalità che ne derivano. Attualmente Boylan fa parte dell'Esecutivo della IALIC (Associazione internazionale per lo studio del linguaggio e della comunicazione interculturale), della SIETAR (Società internazionale per l'insegnamento e la ricerca nel campo dell'interculturalità) e dell'AIA (Associazione Italiana Anglistica) ed è membro fondatore dell'AISC (Associazione italiana di scienze cognitive). E' stato invitato ad insegnare in diverse università all'estero, compresa la sua alma mater la Sorbona, ed è tutt'ora nel comitato di coordinamento per il progetto Europeo "PICTURE" ("Portfolio for Intercultural Communication: Towards Using Real Experiences"). __________ Agar,
M. A. (1980) The Professional Stranger: an Informal
Introduction to Ethnography. Orlando: Academic
Press. |
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Temi di ricerca: (per il sito dipartimentale) |
Patrick Boylan, professore associato di Lingua e traduzione inglese (L-Lin/12), teorizza e studia da trent'anni le lingue come matrici volitive e l'apprendimento delle lingue come l'acquisizione di particolari stati di voler essere comunitario (cultura) che sottendono ogni voler dire (parole nel senso saussuriano). Questi concetti si sono tradotti in progetti di ricerca europei (attualmente, il progetto PICTURE sulla comunicazione interculturale usando l'inglese come lingua franca); nazionali (attualmente, il progetto BLITS sulla redazione, assistita dal computer, di testi in inglese culturalmente adattati) e dipartimentale (di recente, lo studio della prosodia dell'inglese parlato nei cambi di turno). Boylan è membro dell'esecutivo della International Association for Languages and Intercultural Communication, della Society for Intercultural Education, Training and Research e dell'Associazione Italiana Anglistica. E' stato visiting professor (corsi di traduttologia e di comunicazione interculturale) presso l'Universiteit Gent, l'Université Laval, l'Universität Leipzig, l'Université de Lille e l'Université de Paris IV (Sorbonne). |