29 novembre 2005
Cari
colleghi,
vi informo che è stata confiscata la mia
Tenda Presidio davanti alla nostra facoltà, allestita per
protestare sullo stato di disagio degli insegnamenti di lingue (in
quanto vive) nel mio Collegio Didattico, disagio esemplificato da una
recente decisione di favorire settori disciplinari che appartengono
ad altre tradizioni.
Come interpretare la confisca della
tenda? Non viene tollerato un Presidio con questo sostegno? Non mi
rimane allora che di continuare il Presidio senza tenda. Ho iniziato
a farlo ieri notte.
Oppure devo pensare che il Presidio, come
forma di protesta, non viene tollerato tout court? Soprattutto dal
momento che esisterebbero, si dice, altre modalità
democratiche?
Nel rispondere vorrei attirare rispettosamente
la vostra attenzione sui seguenti fatti:
1. Non faccio ricorso
a mezzi estremi di protesta se non in casi estremi. L'ultima volta
che ho fatto una protesta del genere è stato venticinque anni
fa. E vi assicuro che da allora, di cose su cui protestare, ne ho
visto parecchie. Quindi una protesta ogni QUARTO DI SECOLO non mi
pare possa considerarsi un uso costante di mezzi estremi.
2.
Non esistono mezzi democratici di ricorso che un singolo possa usare
con efficacia in casi come il presente. Stiamo lavorando tutti quanti
per rendere il sistema universitario sempre più trasparente e
sempre più democratico, ma sappiamo tutti quanti che è
ancora in parte oligarchico. Anzi, c'è chi preferisce che sia
così. Pertanto il ricorso a mezzi estremi non è altro
che il rovescio di questa medaglia e cesserà di potersi
giustificare solo quando la democratizzazione sarà compiuta.
3. Condivido il principio, per quanto non mi piace
l'espressione, che "i panni sporchi si lavano in famiglia."
Purché si lavino. Da 38 anni comunico ai vari Presidi e, con
copiosi documenti, alle varie Commissioni di Facoltà, il
disagio che provoca a Lingue la non corrispondenza tra l'offerta
formativa e i bisogni formativi degli studenti. Per quanto riguarda
il recente episodio scatenante (ovvero, la decisione del mio Collegio
Didattico [CD] di ampliare il settore della filologia anziché
il settore delle lingue), ho comunicato il mio disagio al Preside lo
scorso luglio, indicando la mia intenzione in un prossimo futuro, se
quel disagio fosse stato TOTALMENTE ignorato, di allestire una tenda
Presidio come forma di protesta (nonché di proseguire anche
senza tenda, nel caso essa fosse rimossa). Ho anche indicato ciò
che ritenevo essere il probabile esito della mia azione di protesta.
Stiamo parlando di quattro mesi fa.
4. Nel mese di settembre
ho ribadito la mia richiesta di discutere la situazione di lingue nel
mio CD. Invano.
5. Durante il primo mese di Presidio in
ottobre, quando associavo a questa protesta anche la mia (e nostra)
contrarietà al DDL Moratti, ho rifiutato tutte le interviste
offertemi per non fare pubblicità sui problemi nel mio CD (con
l'eccezione dell'intervista fatta da uno studente matricola, che
pensavo fosse per un foglio della Facoltà, mentre invece lo
studente lavorava per il giornale "Leggo".)
6. Ho
aspettato tre mesi, cioè fino al 18.11.05, prima di
interpellare il Rettore, per non tirare in ballo il mio CD a livello
di ateneo, nella speranza che potessimo lavare quei panni nella
nostra famiglia o in quella allargata della Facoltà. Niente da
fare.
7. Ho fatto richiesta dei documenti di rito per
un'eventuale azione legale contro l'episodio nel mio CD ma ancora, a
quattro mesi di distanza, non ho avviato nessuna causa, sempre in
attesa che si accetti di affrontare pacatamente ma con determinazione
lo status dell'insegnamento della lingua viva nel CdL in Lingue e
Comunicazione Internazionale. Attendo ancora.
Respingo dunque
le accuse di cercare a tutti i costi di screditare i colleghi, che
stimo e che non ho mai chiamato in causa personalmente, o di
screditare il mio CD o la nostra Facoltà, non perfetti ma
perfettibili come tutte le istituzioni, al cui miglioramento non sono
riuscito a contribuire in 38 anni di documenti e di richieste
TOTALMENTE inascoltati
-- vedi
http://host.uniroma3.it/docenti/boylan/misc/riforma1.htm#PROPOSTE
--
e al cui miglioramento cerco ora di contribuire con l'unica
arma rimasta: la protesta ad oltranza. Qualcuno di voi vede altre
strade percorribili?
Quindi non cerco l'escalation. Ma per
evitarla bisogna essere in due. La confisca della tenda rende di per
sé più estrema la mia forma di protesta senza però
che io abbia voluto questo salto di qualità. Non faccio
violenze, ne subisco piuttosto.
Mi preannunciano per il
prossimo futuro anche altre forme di escalation, che non saranno
certo volute da me, ma che porteranno ad un obiettivo aggravarsi e
quindi alla cattiva pubblicità di cui non avrò nessuna
responsabilità, se non quella di voler mantenere un Presidio
come forma di protesta in assenza di altri mezzi.
Ogni commento sarà gradito.
Cordialmente,
Patrick Boylan
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Dipartimento di Linguistica
Università "Roma Tre"
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tel. 06-54577353, 06-491973
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