Autoriformiamoci
ossia, “Cosa può fare l'università per dare cultura e anche sbocchi veri?”
Risultati
del 5° Incontro sull'università tenutosi il
12.10.05
nel quadro della settimana di
riflessione sul DDL Moratti.
Presenti: 40 studenti e 1 docente.
Relazione
conclusiva: Il DDL Moratti pretende di
risolvere le disfunzioni dell'università tra cui ciò
che chiama improduttività del sistema. La nostra
Facoltà risponde dicendo che proprio i saperi “inutili”
sono quelli più utili per la società.
Questa
risposta sarebbe convincente a patto che i saperi disinteressati
fossero affiancati anche dai saperi che siano e formativi e
utilizzabili – invece in molti settori i saperi disinteressati
pretendono di avere il monopolio (vedi il caso di Lingue).
Non
solo, ma questa risposta sarebbe convincente qualora i saperi
disinteressati fossero lettera viva, non lettera morta, negli
studenti. Ma due studenti su 3 abbandonano l'Università
perché non trova in questi insegnamenti il nutrimento
intellettivo ricercato. Il 98% rifiuta i corsi di specializzazione
basati su questi insegnamenti. Tra i laureati di Lettere il 78% ha
difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro: i saperi
disinteressati che hanno acquisiti, dunque, nutrono forse l'anima ma
non il corpo. Non nutrono la vita economica del paese, che rimane
uno degli ultimi tra i paesi OCSE nella graduatoria di innovazione e
di competitività.
Il problema, dunque, non è che l'Università trasmette saperi disinteressati – ben venga! -- il problema è il monopolio di questi saperi. E, malgrado le pretese, il loro carattere non generalista ma specialistico (in aree non pertinenti alle specializzazioni che servono oggi).
Ecco dunque una delle cause principali della “non produttività” dell'università -- improduttività che viene chiamata in causa per giustificare interventi legislativi come quello proposto da Moratti. E' ora che ci autoriformiamo per impedire futuri assalti del genere.
Gruppi di studio costituitosi intorno alle esigenze espresse durante la discussione
Sul piano materiale (“Diritto allo studio”)
Tutori
non solo per consigli ma anche per esercitazioni volte a migliorare
le capacità di studio; più ore di ricevimento da parte
dei docenti e maggiore disponibilità al dialogo (socratico?)
durante le ore di ricevimento.
Residenze universitarie e agevolazioni pendolari.
Sul piano dei programmi di studio
Programmi di studio omogenei per una formazione coerente tra i vari corsi. Propedeuticità effettiva tra insegnamenti affini. Corrispondenza con il tipo di saperi (anche generalista) richiesta oggi.
Fermo restando la libertà d'insegnamento, corsi che rispondono ai bisogni e agli interessi degli studenti, non agli interessi occasionali del docente.
Minori vincoli nelle scelte dei corsi: se il panorama dei corsi offerti è coerente, le scelte libere saranno comunque coerenti.
Minore frammentarietà degli insegnamenti per via di moduli troppo brevi e non connessi.
Maggiore libertà e creatività nell'apprendimento: non alla omologazione.
Corsi e programmi che diano un seguito effettivo (verso ulteriori studi, verso il mondo del lavoro).