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.: WOLFANGO "WOLFANGO" :.

Quando nel lontano 1997, Lindo Ferretti salutò i Wolfango come i nuovi CCCP (così simili e così lontani), intorno al gruppo milanese crebbe una certa curiosità. Si parlava di un gruppo anomalo, assurdo e irriverente: “si dimenticano anche i testi durante le serate” si diceva. Poi uscì il disco e tutto fu chiaro. Anzi niente! I Wolfango sono stati quanto di più lontano vi fosse dall’immagine di una band musicale. Per coloro che di questa band non ne ricordano le gesta, riassumo brevemente: i Wolfango erano composti da tre membri che proponevano una musica (?!) che per essenzialità e ruvidità potrei abbinare al punk; due voci continuamente fuori tempo (di cui quella di Sofia quasi sempre stonata) e una mezza batteria a scandire le evoluzioni sonore prodotte dal basso distorto di Marco Menardi (avete capito bene, niente chitarre, niente tastiere). Una grande scommessa per l’allora C.P.I. che produsse questo disco e che (secondo il mio parere) resta quanto di più assurdo, originale e alternativo la musica rock italiana abbia mai prodotto. I Wolfango vivono in un mondo loro e poco frega se questo mondo diviene accessibile per pochissimi: preoccuparsi per essersi persi il cartone animato preferito (“Batman e Robin”), comporre brani i cui testi producono scenari surreali ma così terribilmente realistici (“Alligatori”), usare parole così simili tra loro, metterle in riga e scoprire alla fine che producono solo confusione senza senso (“Ozio”). Di “Wolfango” mi piace ricordare l’enorme forza provocatoria e ironica di alcuni suoi testi (“Verità”: qual è la verità, la mamma non lo sa, profumo di lillà”) sposata  con momenti in cui il trio tira giù delle prove più serie come l’iniziale “Non importa” e la pinkfloydiana “T.P.” (almeno nel giro di basso che fa da apertura). Wolfango è una creatura dolcemente persa nei suoi sogni, nelle sue fantasie … così brutale da risultare avvenente, così sarcastica e sicura di sé da fare innervosire! Quando quel “Wolfango” fu ascoltato, in molti ne furono scioccati, molti altri ne furono indignati e pochissimi si innamorarono perdutamente di quella band. In seguito il gruppo milanese realizzò un secondo lavoro (“Stagnola”) prodotto da Giorgio Canali che cercò di attutirne la brutalità … solo che ormai era persa quella forza d’urto, quell’imprevedibilità che fa del precedente “Wolfango” uno degli episodi musicali più singolari della musica italiana. Un disco da coccolare gelosamente, un gioiellino di sicuro valore.

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