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SCREAMING TREES "DUST" :.
Nel
1996, si chiuse una delle più belle esperienze del rock
americano, quegli Screaming Trees che nell'arco di 10 anni
hanno saputo lasciare un'impronta decisiva nel rock
americano anticipando con le proprie contaminazioni di
folk-rock-psichedelia quelle scintille che sarebbero
divampate nei primi anni 90 nel movimento grunge. Una
grandissima band che però non ha mai ricevuto una risposta
commerciale pari a quella dei Nirvana o dei Soundgarden
(questo forse si spiega in una serie interminabile di lotte
interne e invidie tra i vari membri della band, intenti più
alle loro carriere soliste o a progetti paralleli che
piuttosto alla vita unitaria nei Trees). Mark Lanegan è
colui che lascia una forte impronta in "Dust". Il frontman
(una delle più belle voci che abbiano mai calcato i
palcoscenici rock) ha molte volte coperto con le sue
qualità, i limiti della band che iniziando da una matrice
garage-rock (1985), giunge nel 1996 a comporre brani di
notevole spessore qualitativo: eleganti, energici e completi
con aggiunta di organi e tastiere che li rendevano diversi
dai loro "colleghi" di Seattle. Dust diviene così un
capolavoro, un'insieme di emozioni e di energie racchiuse in
10 piccoli gioielli. L'ascolto è immediato e scorre via come
un fiume in piena. La base è quella del folk-rock che di
volta in volta si tinge di malinconia, di rabbia, di energia
e psichedelica. "All I know" fu scelto come singolo: un rock
puro e semplice, d'impatto con un ritornello facilmente
memorizzabile e accompagnato dalle chitarre sempre più
granitiche. Il disco si mantiene sempre su livelli
altissimi, gli assoli sono precisi, potenti e
incredibilmente travolgenti ma senza mai infastidire
l'ascolto del brano. Meravigliosi gli sbalzi improvvisi
dalla violenza alla dolcezza (sentite il potente
rock-country della bella "Dying days") che rendono l'intero
lavoro godibilissimo, vario e travolgente. Tra le tracce
notiamo che sono le chitarre i fattori che tracciano la
rotta tra i vari episodi di "Dust": l'irruenza nella forza
del ritornello e delle chitarre di "Witness", il cadenzato
incedere nell'acustica di "Traveler" (pezzo singolare e
sognante grazie all'aggiunta degli archi), l'energia e la
semplicità della bella "Make my mind" (che partita in
sordina ci regala l'ennesimo ritornello da urlo). Vere gemme
sono gli ultimi 2 brani. "Dime western": ruvida dalle
chitarre distorte e coinvolgenti. Un brano dal suono
ipnotico, caotico ed energico con le percussioni in primo
piano e il cantato sommesso di Lanegan che dona al pezzo
un'energia tutta sua. Con "Gospel plow" si chiude il disco:
un brano che ci illude con il suo inizio orientaleggiante,
prima di sballottarci in un rock puro e distorto, un viaggio
che continua in passaggi etnici (come nel ritornello) e
sensazioni rock, prima della chiusura docile del brano e del
disco. Stupendo! Ma il capolavoro di "Dust" è "Sworn and
broken", una dolcissima ballata che si arricchisce di archi
e organo su un avvio di chitarre acustiche che si fanno
sempre più potenti nel loro incedere elettrificato. Un
leggero gusto anni '70 avvolge l'intero pezzo che entra nel
cuore, ce lo stravolge e ci fa innamorare di un disco
bellissimo. Una pietra miliare della storia del rock anni
'90!
C'è un retroscena: quando l'album era in fase di
realizzazione, sarebbe dovuta essere inserita nella
tracklist, un brano composto e donato da Kurt Cobain al suo
amico Mark Lanegan. Solo in ultimo il vocalist decise di non
inserire la canzone in "Dust", giustificandosi con un "non
voglio pubblicità gratuita dalla morte di un amico". Nobiltà
d'artista.
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