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.: REGINA MAB "RUPERT" :.

E' molto originale questo lavoro dei Regina Mab. Un disco che si muove lungo 11 tracce di puro eclettismo e camaleontica composizione sonora. Un rock che oserei definire “malato”, nel suo spaziare da momenti estremamente trascinanti a momenti più riflessivi e cadenzati al limite della poesia. Penso al rock trascinante del ritornello de “Il bene” e subito dopo al ritmo melodico e ossessivo di “Billie”, un brano ipnotico dalle vaghe sonorità anni ’70 (soprattutto nell’incedere delle chitarre di sfondo): è un brano che slegandosi completamente per ritmi e contenuti dal precedente, attesta la capacità dei Regina Mab di imporre un proprio marchio e una propria personalità, sfumandola musicalmente in varie direzioni. Mi colpisce molto “Il due”, un brano crepuscolare che partito in sordina finisce per esplodere nel finale. Regala attimi di forte intensità soprattutto nel mezzo, quando vi è un repentino cambio di tempo che rende l’intero brano molto fresco e geniale (soprattutto con l’inserimento della tromba di Giordano Sartoretti). Ipnotici sono anche “Maitre a penser” e “Radio Mosca trasmette classica”, dove la musica appare sempre più completa, possente e protagonista assoluta. Questi due brani mettono luce sulla questione dei versi: i testi composti per questo disco sono molto introspettivi, poetici e certe frasi restano impresse dopo l’ascolto (“Per non avere niente da credere, ho creduto a tutto. Che ci posso fare?”). Una cosa che va notata nei brani di questo “Rupert” è l’importanza data dai Regina Mab ad ogni singolo strumento. Le chitarre non sono binarie, la batteria non picchia pesante, la tromba non sbuca mai fuori posto: ogni strumento ha la sua rotta ed è nell’insieme, nella coesione e nell’emozione che riescono a  sprigionare che il suono viene composto e presentato. Così siamo di fronte a un lavoro che diventa completo, energico, emozionante e molto eterogeneo. Il brano che dà il titolo all’album (“Rupert”) è sulla falsariga di “Billie” con chitarre graffianti e violente, guidate dalla voce di Franco. Il vocalist non ha particolari apici ma il suo modo di cantare è perfettamente sposato ai brani, le sue interpretazioni non sono mai fuori posto e questo attesta una grande sintonia con i suoi compagni (cosa ovviamente positiva) e il suo calarsi alla perfezione nell’atmosfera così eterogenea dei brani. Vi sono anche due pezzi strumentali, entrambi delicati con l’intrecciarsi delle chitarre e delle dolci percussioni (“Sornatorelfolz”).  “Rupert” è un disco che consiglio a chi dal rock, si aspetta le sfaccettature più varie senza discriminazioni di ogni genere; sempre nell’interesse di generare un’emozione e una riflessione. Un disco molto bello che trova il suo punto di forza nell’eclettismo di questa band, che mi auguro possa crescere ulteriormente nel tempo.

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