credits - grazie a Marcello Scarpa e a Ferry Bite

L’aquila e lo scarabeo.

Un’aquila correva dietro una lepre; questa, trovandosi nell’assoluta mancanza di chi la soccorresse, visto uno scarabeo, unica possibilità che il chaos le offriva, lo supplicava.
E quella, facendole coraggio, come vide avvicinarsi l’aquila, la pregava di non portargli via la lepre sua protetta. Ma l’aquila, disprezzando la piccolezza dello scarabeo, dilaniò la lepre sotto i suoi occhi.

Da allora l’insetto, serbandole rancore, non cessava di spiare i nidi dell’aquila e, quando quella vi deponeva le uova, esso levandosi a volo le faceva ruzzolare giù e le rompeva, fino a che l’aquila, costretta a sloggiare da ogni parte, fece ricorso a Zeus (essa infatti è l’uccello sacro a Zeus) e lo pregò di assegnarle un posto sicuro per allevarvi i suoi piccoli. Avendole concesso Zeus di deporre le uova nel suo grembo, lo scarabeo, visto ciò, fece una palla di sterco, si alzò a volo e, quando fu alto sul grembo di Zeus, ve la lasciò cadere. E Zeus, volendo scuotersi via lo sterco, come si alzò fece cadere inavvertitamente le uova.

Dicono che da allora, nella stagione in cui compaiono gli scarabei, le aquile non covano.

La favola insegna a non disprezzare nessuno, nella considerazione che non v’è alcuno così impotente che, oltraggiato, una volta o l’altra non possa vendicarsi.

Esopo