La nuova banalità di una poesia,

una poesia che parla d'amore,

una poesia che parla d'infinita dolcezza...

Ci conoscevamo e parlavamo,

e in un triste giorno tu scomparisti

dal mio udito,

dalla mia vista,

il mio povero cuore si incrinava.

Scoprii con aspra follia,

la pazzia della sfiducia,

l'amarezza della mia immatura mente,

ch'eri uguale a tutte le altre,

e la tristezza,

giorno per giorno,

settimana dopo settimana,

cavalcava dentro me,

come un grosso serpente

dal dente avvelenato.

Il diavolo della rinuncia

cancellò la mia promessa

il mio angelo della fedeltà,

la bontà della fiducia

in pezzi si disgregò.

Passarono altri giorni,

troppi da contare,

troppi per soffrire,

ma un giorno l'angelo bussò di nuovo

nel mio cuore.

Lo trovò chiuso, ma la porta

non ancora aveva il lucchetto...

ed egli aprì uno spiraglio...

Il mio cuore la chiamò

ed ella, il cui angelico cuore

mi invocò,

rispose al mio appello,

ed una violenta folata di vento

spalancò e buttò giù

il muro in costruzione

e la porta d'ingresso.

Nei grandi chiarimenti

che si sono succeduti,

riprendo la mia banalità

di questa poesia,

non potendo celare per iscritto

ciò che il mio cuore mi racconta...

e sono parole d'amore,

d'una ragazza

che con la sua semplicità e dolcezza,

seppe conquistare il mio cuore,

seppe aprire le mie porte,

seppe crearmi una nuova e forte fiducia.

L'armonia sua,

inebriante per me e per il mondo intero,

è cosa troppo bella,

angelica per ideale,

che mi sembra impossibile celare tutto ciò

dietro ad un quaderno, una parola

o un muro.

Per ella non basterebbe un libro

e nient'altro,

lei occupa tutto,

e tutto viene da lei attratto,

e pur continuando di questo passo,

or ora smetto per rimirarla altrove,

in altro luogo e in altro tempo.