Questo file, e molti altri, sono disponibili su The Secular Web: http://www.infidels.org/.
Per ulteriori informazioni, mandate un e-mail a infidel@infidels.org.

L’ateismo dovrebbe essere professato da tutti?

Di Michael Martin

Traduzione di Luca Bergamasco


Articolo originale
(Seguire il link per “Featured articles” sotto il menù “Periodicals”, e selezionare poi “Should Atheism Be Universally Held?”)
Copyright

Gli atei dovrebbero desiderare che tutti si convertissero all’ateismo? L’ateismo dovrebbe diventare un punto di vista condiviso da tutti? Sembra che molti atei la pensino così. Essi sostengono che poiché l’ateismo è il vero punto di vista, dovrebbe essere condiviso da tutti. Questo argomento, che assume a priori che la verità è una considerazione che prevale su qualunque altra e che non vi sono altri fattori di una qualche importanza, è stato messo in discussione da Dmitri Tymoczko nel suo articolo “What good is religion?” (“Cosa c’è di buono nella religione?”) in “The Boston Review” (Dicembre ­ Gennaio, 1997/1998).

Tymoczko pensa che la religione, benché falsa, sia utile. In effetti, ad un certo punto sostiene che le credenze religiose sono ciò che gli psicologi chiamano “illusioni positive” (pag. 37) ­ possono portare dei benefici a chi le possiede. Ritiene anche che le verità scoperte dalla scienza siano “per alcuni aspetti molto fastidiose: il nostro universo non ha una struttura morale, non fornisce quasi alcuna base per una immortalità personale, e contiene delle divergenze molto vistose tra desideri e ricompense (pag. 37)”. Di conseguenza, l’autore pensa che se tutti abbracciassero l’ateismo, ciò significherebbe una grave perdita. Tymoczko non intende negare che la credenza nell’ateismo abbia dei benefici. Ma sostiene che “le virtù associate a queste due visioni del mondo possono essere messe sullo stesso piano, nel senso che l’una non giungerà mai a sopravanzare totalmente l’altra”.

Tymoczko sostiene anche che gli atei ricevono un beneficio dal contatto con chi ha credenze religiose. Si possono “immaginare gli atei che godono in modo particolare della compagnia di persone religiose, traendo un piacere di riflesso dalla fede di queste persone”, dice l’autore. Aggiunge che gli atei dovrebbero essere tolleranti nei confronti delle persone religiose: non solo perché rispettano il loro diritto di scegliere una vita religiosa, ma per un profondo apprezzamento per i contenuti effettivi delle credenze religiose, e per un apprezzamento estetico della qualità della vita religiosa. I credenti sono “i sognatori della società”, e gli atei “dovrebbero averli a cuore così come abbiamo a cuore i nostri sogni individuali” (pag. 41). Ancora più importante, Tymoczko sostiene che la società riceve un beneficio dal fatto che un approccio alla tolleranza religiosa maggiormente basato sui contenuti "“rea un forte legame tra atei e credenti… La religione e l’ateismo vengono visti come le componenti di una comunità completa e ben definita ­ come le due facce di una stessa moneta piuttosto che come i due contendenti di una disputa” (pag. 38). La visione di Tymoczko è quella di una società in cui credenti e non credenti prendono parte ad un divisione cognitiva della fatica in cui i due gruppi “incarnano valori cognitivi differenti ed incompatibili” (pag. 41).

Tymoczko rifiuta quelle teorie che sostengono che il linguaggio religioso non ha alcun riferimento al mondo reale, oppure è puramente metaforico, od ancora dovrebbe essere tradotto in un idioma laico. In effetti, l’autore suggerisce che il linguaggio religioso dovrebbe essere preso per la maggior parte alla lettera. Rifiuta anche l’idea che la religione abbia dei costi effettivi per gli atei che vengono perseguitati nonché per i credenti che hanno paura della dannazione eterna, che la religione sia uno strumento di controllo su una parte della società da parte di un’altra, che la religione sopravviva non perché è di qualche utilità ma per altri motivi, ad esempio l’irrazionalità della gente. Mettendo momentaneamente da parte queste spiegazioni alternative, l’autore sostiene che la sua spiegazione del “falso ma utile” sia più semplice delle altre. Solo la sua posizione, afferma, spiega con chiarezza perché la religione continui a prosperare. Inoltre, sostiene che dovremmo evitare quelle spiegazioni che fanno apparire coloro che hanno convinzioni religiose come degli stupidi senza alcuna necessità di far ciò, e che solo il suo punto di vista consente ciò.

Condivido la concezione di Tymoczko secondo cui la verità non è l’unico punto di valore in questioni di religione. In effetti, in “Ateismo” (pagg. 30 ­ 35) ho sostenuto che, in alcune occasioni rare e insolite, i benefici collegati al credere sono così notevoli che si dovrebbe credere in Dio nonostante la falsità di questa credenza. Ma la mia posizione e quella di Tymoczko sono distanti chilometri, in quanto, a quanto sembra, lui ritiene che le occasioni in cui avere false credenze religiose siano numerose e comuni.

Anch’io auspico la completa tolleranza religiosa. Sostengo che le persone religiose hanno il diritto di credere a ciò che preferiscono, anche se ciò che credono è incoerente ed assurdo. Ma, al contrario di Tymoczko, io non sono tollerante perché ricevo un piacere di riflesso dalla fede dei credenti o perché apprezzo la loro vita da un punto di vista estetico. Al contrario, secondo me molti punti di vista religiosi non sono affatto piacevoli; in effetti, alcuni sono moralmente oltraggiosi. Per citare un solo, ovvio esempio, molti cristiani credono che i non credenti che spicchino per sincerità e moralità soffriranno la dannazione eterna, mentre dei mostri morali andranno in Paradiso se solo accettano Gesù in punto di morte. Per giunta, la vita condotta secondo canoni religiosi spesso presentano seri problemi estetici, in quanto le credenze che costituiscono la base di questo tipo di vita sono difficili da riconciliare, da un punto di vista cognitivo, con l’enorme quantità di male apparentemente gratuito e con l’esistenza di un Dio buono ed onnipotente.

Sono anche scettico per quanto concerne la tesi di Tymoczko secondo cui gli atei dovrebbero avere a cuore i punti di vista dei credenti perché questi (i credenti) sono i sognatori della società. In qualche modo, Tymoczko sembra aver dimenticato che spesso i sogni religiosi implicano la dannazione eterna per gli atei, mentre propongono una forma di società in cui le donne sanno qual è il loro posto, l’omosessualità è un peccato, ed il Creazionismo è obbligatorio nelle scuole pubbliche. Non è il caso di negare che la religione abbia delle conseguenze positive. Però, la storia delle guerre, delle persecuzioni e delle repressioni causate dalla religione suggerisce di sicuro che, a conti fatti, la religione abbia fatto più male che bene. Tymoczko sostiene che le false credenze religiose non sarebbero durate se non avessero avuto degli effetti benefici, ma questa tesi non è credibile. Molte false credenze nocive sono comunque durate nel tempo. Persino oggi, l’accettazione delle pseudoscienze e delle “medicine” da ciarlatani (i cui effetti negativi no possono essere facilmente negati) è assai diffusa.

Tymoczko ritiene lacunosa un visione atea del mondo in quanto mancherebbe di una struttura morale. Suggerisce forse che gli atei sono guidati solo da una moralità soggettiva? Come studente di filosofia di Oxford, Tymoczko dovrebbe sapere che la moralità oggettiva è perfettamente compatibile con l’ateismo, e che una moralità basata su una visione teistica presenta gravi problemi. Ritiene lacunoso l’ateismo anche perché non fornisce una qualche base di fondamento per un’immortalità personale, ma dato che Indù e Buddisti non credono ad un’immortalità personale, questo non è un problema del solo ateismo. Si ricordi che Tymoczko cerca di mostrare alcuni vantaggi delle credenze religiose rispetto alla mancanza di credenze, non i vantaggi delle credenze religiose cristiane rispetto alla mancanza di credenze. Inoltre, il punto di vista cristiano appare ingiusto ed arbitrario. La salvezza attraverso la fede esclude milioni di persone che, a causa del loro contesto storico ­ culturale, non hanno potuto avere questa fede, e relega all’Inferno tutti coloro, dai sopravvissuti all’Olocausto agli Africani del decimo secolo, che non credevano in Gesù. Sembra che gli atei si appoggino su una base molto solida quando rifiutano una simile visione dell’immortalità personale, e quando pensano che fare ciò non mostri alcuna lacuna nella loro posizione.


Questo articolo è stato originariamente pubblicato su “American Rationalist”, Gen/Feb 2001, ed è stato ripubblicato su “The Secular Web” (http://www.infidels.org) con il permesso dell’editore.


[inizio]


Copyright © Internet Infidels 2000-2001.
All rights reserved.

The Secular Web is copyright protected by the Internet Infidels and Jeffery Jay Lowder. Contents of the Secular Web may not be reproduced for profit without the expressed written consent of Jeffery Jay Lowder. Permission is granted to electronically distribute any and all material on the Secular Web over the Internet or elsewhere--and in fact is highly encouraged--provided the material is not sold for profit and the following notice is retained:

These files, and many more are available at the Secular Web: http://www.infidels.org/.

For more information send mail to infidel@infidels.org.

 
Copyright © Internet Infidels 2000-2001.
Tutti i diritti riservati.

The Secular Web è protetto da copyright di Internet Infidels e Jeffery Jay Lowder. I contenuti di The Secular Web non possono essere riprodotti a scopo di lucro senza un espresso consenso scritto di Jeffery Jay Lowder. È consentito distribuire per via elettronica tutto il materiale presente su The Secular Web, sia su Internet che altrove (questa pratica è in effetti fortemente incoraggiata), purché il materiale non sia venduto a scopo di lucro, e purché venga riportato il seguente avviso:

Questo file, e molti altri, sono disponibili su The Secular Web: http://www.infidels.org/.

Per ulteriori informazioni, mandate un e-mail a infidel@infidels.org.

[inizio]