Le comete, origine e composizione
Da quando l’uomo si è reso conto
che il cielo può essere osservato e capito, le paure legate ai suoi “misteri”
sono state un po’ allontanate, anche se non del tutto. Rimane ancora una sorta di
cieca superstizione legata soprattutto a quei fenomeni che ancora destano
stupore, paura, superstizione.
Le comete nel loro apparire fin
dalla antichità venivano messe in relazione con eventi catastrofici, come
pestilenze, morte di un re, guerre etcc…
Oggi sappiamo che tutto ciò era
legato alla ignoranza, al fatto che la conoscenza del cielo era limitata alle
osservazioni visuali ma non ad una approfondita analisi dei fenomeni per
comprenderne la loro natura. Oggi
possiamo vincere le superstizioni, le paure a meno che non siano inconsce o
legate alla natura debole dell’uomo.
Oggi le comete possono essere viste con altri occhi, forse legate alla
stessa vita sulla Terra, certamente “pericolose”, ma soltanto perché anche se
molto bassa, la probabilità che una cometa, ancor più un asteroide, possa avere
un incontro troppo ravvicinato con laTerra fino a scontrarsi con essa.
Ma queste sono cose naturali,
legate alla stessa natura dell’Universo e non a fantomatiche previsioni di
sciagure che non hanno nulla di razionale o scientifico.
Le comete sono palle di ghiaccio
d’acqua per il 95% della loro composizione con altri elementi in quantità
piccole. Sappiamo abbastanza su quello
che succede quando una cometa si avvicina al Sole e quindi alla Terra. Il ghiaccio ce è imprigionato in una sorta
di involucro cabronaceo, a causa dell’aumento di temperatura tende a
sciogliersi e a sublimare. Questo
fenomeno da origine alla chioma e alla coda che si estende in direzione opposta
a quella in cui si trova il Sole. Ciò è
dovuto al vento solare che spinge le particelle ionizzate proprio lungo la
direzione in cui esso si propaga.
La
cometa Hale-Bopp fotografa il 5 Aprile 1997 quando si trovava alla minima
distanza dal Sole .
Si
possono notare due code; quella di colore blu è dovuta alla ionizzazione delle
particelle d’acqua, mentre quella bianca è dovuta alla polvere.
Nei numeri arretrati di astroemagazine, abbiamo trattato la formazione stellare ed in particolare i processi che portano una protostella fino alla sequenza principale.
Sia le osservazioni che le simulazioni computerizzate mettono in evidenza la presenza di un disco di accrescimento soggetto alle leggi fisiche di conservazione costretto quindi a ruotare ed a comprimersi fino a creare un nucleo centrale che darà vita alla stella.
E’ intuitivo pensare che non tutto il materiale che costituisce il disco di accrescimento andrà a formare la nuova stella, quindi, si può immaginare che una buona percentuale di esso sarà destinato alla formazione dei pianeti e a quant’altro ci può essere in un sistema solare.
Per esempio, nel nostro sistema solare, siamo a conoscenza della presenza di almeno nove pianeti, di una fascia (tra Marte e Giove) detta “degli asteroidi”, della fascia di Kuiper , forse di una stella debole compagna del nostro Sole, finora solo ipotizzata ma non osservata, forse di un decimo pianeta, sicuramente sappiamo che esistono le comete.
Questi corpi ghiacciati, costituititi prevalentemente di acqua, polvere ed una piccola percentuale di altri composti, hanno delle caratteristiche davvero peculiari che noi possiamo studiare quando si avvicinano alla Terra dopo aver iniziato il loro viaggio a miliardi di chilometri di distanza.
Nell’antichità, purtroppo, sono state etichettate come portatrici di disgrazie, molto probabilmente perché ogni volta che qualcuna di loro faceva visita al sistema solare interno, o si ammalava qualche re o si verificava qualche pestilenza.
Oggi, invece, qualcuno ha anche ipotizzato che forse le comete sono state i vettori che hanno trasportato la vita sulla Terra raccogliendo nello spazio quelli che sono i costituenti principali della vita così come noi la conosciamo.
La domanda quindi più ovvia e naturale è capire da dove vengono le comete. L’ipotesi più verosimile e accettata ormai da tutta la comunità scientifica, prevede l’esistenza di una nube, ipotizzata da Oort e che ha preso il suo nome, che sta ai confini del sistema solare, quindi oltre l’orbita di Plutone dove la temperatura e molto bassa. Anche la fascia di Kuiper genera comete, ma questo sarà argomento di un altro articolo.
La nube di Oort sarebbe uno dei serbatoi principali da cui partono alcune delle comete del nostro sistema solare.
La dinamica e la stabilità del nostro sistema solare è essenzialmente dovuta all’attrazione gravitazionale del Sole. E’ sufficiente considerare la fisica classica per poter ricavare con molta precisione le orbite dei pianeti che ruotano attorno al sole e mettere in evidenza anche le piccole perturbazioni che i pianeti giganti esercitano su tutti i corpi minori che transitano nelle loro “vicinanze”.
Andando quindi dall’interno verso l’esterno, troviamo Mercurio a una distanza media di 57.800.000 Km, ruota in 88 giorni quindi ad una velocità media di 47,9 Km/s, non ha satelliti naturali; segue Venere ad una distanza media dal Sole di 108.200.000 Km con una velocità di rotazione media di 35 Km/s e periodo di rivoluzione di 224,7 giorni. Anche Venere non ha satelliti naturali.
Ad una distanza media 149.600.000 Km si è posizionata la nostra Terra, con un satellite naturale, la Luna, e ruota attorno al Sole in 365,24 giorni ad una velocità media di 29.80 Km/s. Sulla Terra ci troviamo noi che studiamo il sistema solare. Una bella coincidenza di eventi.
Proseguiamo con Marte. Il pianeta rosso ruota su un’orbita ad una distanza media di 227.900.000 Km e compie un giro completo in 687 giorni ad una velocità orbitale media di 24.1 Km/s.
Dopo Marte doveva prendere posto un altro pianeta (ricordate la legge di Titus-Bodies), ma si scorpi invece che più o meno a metà strada tra Marte e Giove ruotano una miriade di pianetini che talvolta diventano pericolosi per la Terra raggiungendo distanze relativamente piccole. Si tratta della fascia degli asteroidi studiati ormai da molto tempo e di molti ne conosciamo le orbite, anche se devono essere tenuti costantemente sotto controllo per la loro “precarietà orbitale” se così possiamo definirla.
Ancora più lontano si trova Giove il gigante del sistema solare, dopo il Sole naturalmente. Si può definire una stella mancata e il suo stato gassoso ne è una dimostrazione. Se avesse raggiunto, durante la sua formazione, una massa maggiore, sarebbe diventata una stella poiché la sua stessa forza di gravità avrebbe permesso di innescare le reazioni nucleari al centro.
Si trova ad una distanza media dal Sole di 778.300.000 Km e ruota ad una velocità media di 13.1 Km/s per compiere un giro completo in 11.86 anni.
Naturalmente la sua stazza gli ha permesso di aggregare a se parecchie lune.
Un po’ più piccolo (circa la metà), ma più distante dal Sole è Saturno, il pianeta degli anelli. Ruotando ad una distanza media di 1.427.000.000 Km impiega 29,46 anni per fare un giro completo ad una velocità media di 9,6 Km/s.
Nelle tenebre dello spazio a circa 2.869.500.000 Km troviamo Urano freddo e inospitale (non che gli altri pianeti siano più accoglienti), che gira attorno al sole in 84.01 anni, (immaginate un abitante di Urano), alla velocità media 6,8 Km/s, una lumaca rispetto alla Terra; d’altra parte più ci allontaniamo dal Sole minore è l’intensità della forza gravitazionale, minore deve essere la velocità di rivoluzione dei pianeti per il gioco degli equilibri dinamici.
Ancora più lontano ad una distanza media di 4.496.500.000 Km si è posizionato Nettuno, più freddo di Urano, legato al Sole su un’orbita percorsa in 164.8 anni alla velocità media di 5.44 Km/s.
Dallo studio delle perturbazioni orbitali di Nettuno, prima teoricamente e poi visivamente, fu trovato Plutone su un’orbita la cui distanza media è di 5.900.000.000 Km, ma che viene fuori da una distanza massima di 7.375.000.000 e una minima 4.425.000.000 Km da cui si evince che l’orbita è molto eccentrica (e=0.25344) rispetto agli altri pianeti, tanto da portarlo, durante il suo moto di rivoluzione che dura 247.7 anni, ad una distanza minore di quella di Nettuno (confrontate le distanze minime). La sua velocità media di rivoluzione è 4.7 Km/s.
Recentemente è stata avanzata l’ipotesi dell’esistenza di un decimo pianeta o di una stella molto debole che formerebbe un sistema binario con il Sole. Questa ipotesi non è mai stata supportata dalle osservazioni dirette degli oggetti, ma gli studi sulle perturbazioni dell’orbita di Plutone ed in particolare lo studio delle orbite delle comete provenienti dalle profondità dello spazio, hanno indotto a pensare che oltre Plutone ci deve essere qualcosa che possa giustificare quello che osserviamo.
Certamente il “generatore” (un bar con una macchinetta del ghiaccio!!!) delle comete. Infatti, quelle che provengono da una distanza superiore a quella di Plutone, non hanno tutte gli stessi parametri orbitali, tranne quelle appartenenti alla famiglia di Kreutz (vedi Astroemagazine n° 15), quindi ne deduciamo che le comete si troveranno in una specie di sacco che avvolge il sistema solare e che dopo aver subito una perturbazione, sicuramente di tipo gravitazionale, (non riesco ad immaginare qualcuno che giochi a pallone o a bowling con le comete scommettendo sul risultato “vuoi vedere che centro la Terra?”), schizzano verso l’interno del sistema solare, raggiungendo le nostre “zone” e regalandoci lo spettacolo come quello della cometa Hale-Bopp o Hyakutake.
Probabilmente, come abbiamo già accennato, il materiale che costituisce la nube di Oort è il residuo della nube interstellare originale dalla quale si è formato il nostro sistema solare.
L’IPOTESI
Quest'ipotesi, teorizzata alcune decine d'anni fa da Jan Oort, si è
dimostrata esatta analizzando le orbite delle comete, le quali, come abbiamo già
detto, sembrano provenire da tutte le direzioni e da tutte le angolazioni
possibili (quindi con simmetria sferica).
Le dimensioni di questa nube sferica sono piuttosto grandi: essa racchiude, in
tutte le direzioni, lo spazio compreso tra 50.000 e forse 150.000 Unità
Astronomiche (ricordiamo che 1 U.A.=150 milioni di chilometri, cioè la distanza
media tra il Sole e la Terra). Se convertiamo questa distanza in anni luce
(A.L.) otteniamo che la Nube di Oort si trova a circa 0,8 A.L. e 1,5
A.L. dal Sole.
Sottolineando che le stelle più vicine, il sistema triplo di alfa Centauri,
distano solamente 4,2 a.l. dal Sole, si comprende che l'attrazione
gravitazionale "reale" della nostra stella è presente, anche se
debolmente, fino a distanze superiori all'anno luce.
A questa distanza l'intensità dell'attrazione gravitazionale solare è infatti
piuttosto bassa quindi, quando nei pressi del Sistema Solare transita una
stella, l'insieme delle orbite dei corpi presenti nella nube di Oort ne viene
perturbato in misura tanto maggiore quanto minore risulta la distanza dei vari
corpi cometari dalla stella.
Questo porterebbe un gran numero di comete su orbite fortemente instabili
(tendenzialmente caotiche) al punto che dopo poco tempo (su scala astronomica)
molte comete verrebbero sparate al di fuori del Sistema Solare, mentre un certo
numero verrebbe inviato in orbite fortemente ellittiche (o addirittura
paraboliche o iperboliche) nella parte interna del Sistema Solare.
Se la cometa che entra nella parte interna del Sistema Solare ha un'interazione
gravitazionale forte con uno o più pianeti, la sua orbita può venirne
fortemente modificata fino a renderla ellittica, solitamente con un semiasse
maggiore molto grande.
Questo può essere il destino delle comete scoperte recentemente in una zona
oltre l'orbita di Nettuno e Plutone e raggruppate in un anello (più
precisamente in un volume toroidale) chiamato Fascia di Kuiper.
Ad ogni passaggio queste comete possono risentire l'attrazione gravitazionale
dei pianeti che ne deviano costantemente l'orbita al punto che, da comete di
lungo periodo (oltre i 500 anni), possono diventare comete di medio periodo
(come ad esempio la Halley – 76 anni) e successivamente di corto periodo.
Le comete periodiche percorrono un'orbita con semiasse maggiore molto corto e
in poco tempo, su scala astronomica, percorreranno numerose orbite. Esse
verranno costantemente bombardate dal vento solare e dalle particelle cariche
emessi dalla nostra stella, conseguentemente perderanno molto materiale
volatile e risplenderanno sempre di meno ad ogni ritorno al perielio.