LA MUMMIFICAZIONE 






Poichè, secondo gli Egizi, la morte determinava la separazione degli elementi che costituivano l'individuo, la condizione per conservare il ka, o forza vitale, era che il corpo rimanesse intatto. Inizialmente, ottennero questo risultato seppellendo i defunti nella sabbia; poi, i cambiamenti nei costumi funerari spinsero gli Egizi a trovare un nuovo metodo per preservare il corpo dalla decomposione.

Quando un egizio moriva, la sua salma, dopo un breve periodo di lutto, veniva trasportata nel locale adibito alla mummificazione, nei primi tempi una semplice tenda all'aperto, in seguito una costruzione in mattoni crudi. Lì i sacerdoti incaricati del processo di imbalsamazione si prendevano cura del defunto: in primo luogo, dopo aver rotto l'etmoide, asportavano il cervello mediante l'introduzione di un gancio attraverso il naso; tracciavano poi con un pennello una linea nel fianco sinistro del corpo, dove praticavano un'incisione per estrarre le viscere (non toglievano il cuore, che doveva controllare il corpo nell'aldilà, e i reni, ai quali era difficile accedere), che poi, dopo un lavaggio con sostanze aromatiche, riponevano nei vasi canopi, a partire dalla XXI dinastia gli organi vennero avvolti in bende e riposti nel corpo del defunto. Dopodichè lasciavano il corpo nel natron, miscela di solfato e di carbonato di sodio per 36 giorni, questo disidrata i tessuti ed elimina i grassi, facendo perdere così al corpo l'ottanta per cento del suo peso. Dopo essere rimasti immersi in questa sostanza, del corpo rimanevano soltanto le ossa e la pelle, il corpo veniva così riempito di stoffa, segatura, pepe, cipolla e altre sostanze per dargli un'apparenza di vita. Lavavano poi il corpo e lo massaggiavano con profumi e olii e lo cospargevano di incenso, questo restituiva alla pelle la sua elasticità e la sua lucentezza, ogni olio era conservato in un erecipiente di alabastro con indicato il tipo di contenuto, poichè ogni parte del corpo richiedeva l'impiego di un unguento specifico. Ponevano infine due sfere di cristallo nei globi oculari, a simulazione degli occhi, e chiudevano l'incisione praticata sul fianco con una placca. Gli orifizi vengono chiusi con dei tamponi di lino e resina. A questo punto il corpo è pronto per essere bendato.
Per bendare il corpo gli egizi si servivano di strisce di stoffa usata e sfilacciata- l'unico materiale utilizzato era il lino (il migliore era quello di Sais)- e solo a partire dal Periodo tolemaico cominciarono ad adoperare bende nuove fabbricate appositamente. Fu in questo periodo che il modo di bendare divenne particolarmente ricercato, a comporre complicati disegni geometrici o poliedri. A volte, sulle bende venivano scritte formule rituali. Il sacerdote recitava preghiere mentre procedeva nel bendaggio, interponendo di tanto in tanto fra i diversi strati qualche amuleto per proteggere il defunto dalla corruzione. Cominciava col bendare ciascun dito singolarmente, poi le membra, la testa e, infine tutto il corpo. Le bracciaerano poste ai lati del corpo, con gli avambracci incrociatisul petto o sull'addome. Terminata l'operazione, il sacerdote versava resina sulle bende e poneva un amaschera sulla testa del defunto. La salma veniva deposta in un sarcofago e consegnata ai parenti. Dal I secolo d.C., con l'avvento del cristianesimo, l'uso dell'imbalsamazione cominciò a decadere; nel 392 l'imperatore Teodosio proibì la mummificazione, segnando la fine di quest'arte.