Rilettura
del Manifesto tra passato e futuro È
indubbio che il Manifesto del Movimento artistico culturale Esasperatismo
Logos & Bidone del 2000 si presti, a giudicare dai numerosi interventi
critici, esegetici, interpretativi o chiarificatori, ad una lettura plurale e, per dirla
col Nencioni, stratificata, sovrapposta e deduttiva, il risultato,
perennemente in fieri, di inquadrature accumulate e filtrate attraverso la molteplicità
soggettiva degli osservatori. Le prospettive, le deduzioni, le parafrasi, le comprensioni
variano e differiscono, spostano il punto di vista da oggettivo a soggettivo, mostrano le
innumerevoli facce del caleidoscopio esasperatista. Ne risulta una lettura stratificata,
che si può sbucciare come un frutto maturo per assaporarne a pieno e a più riprese la
succosa polpa, ma che si può anche amputare come un film a episodi, per privilegiare la
storia che più ci interessa o che più ci coinvolge a livello personale.
Così è possibile analizzare il Manifesto in una dimensione diacronica,
recuperando sul piano memoriale circostanze e posizioni ante litteram o proiettandosi in
un ipotetico probabile scenario futuro, ma è anche possibile considerarne sincronicamente
snodi e questioni, coniugando in un sinolo glocale le istanze globali e locali in esso
contenute. È possibile allora individuare nessi analogici infiniti tra i punti
programmatici del Movimento e antiche posizioni, o anche preconizzare auspicabili sviluppi
sostenibili ambientali ed umani. Il grado di esasperazione raggiunto dal vivere
quotidiano, dalla natura violentata e dalla scienza incontrollata si coniuga strettamente
con listanza morale e filosofica dellesistere in quanto la conoscenza
delluniverso è per luomo funzionale alla percezione della propria piccolezza
rispetto al tutto. Nei percorsi della conoscenza scientifica bisogna indubbiamente
ravvisare il processo eterno di incremento del sapere e questa è senzaltro una
considerazione positiva, vantaggiosa per lindagine gnoseologica: la conoscenza della
natura è unimportante modalità di accesso al logos, come già sosteneva Seneca
nelle Naturales Quaestiones, ma forti dubbi venivano già espressi dallo stesso autore nei
confronti del progresso e dello sviluppo tecnologico che attraversa la storia
delluomo.
Il progresso è visto da Seneca come una vera e propria manipolazione della natura, che ha
come conseguenza diretta, per luomo, la crescita incontrollata dei desideri,
dellavidità, dellambizione. La conoscenza disinteressata della natura è
eticamente valida e porta ad un progresso sano ed autentico, il miglioramento tecnologico
delle condizioni di vita è, invece, ambivalente e pericoloso perché nasconde la minaccia
di un inserimento scorretto nel cosmo da parte delluomo (Naturales Quaestiones,
I,17, 4 5). E con Seneca siamo, a ben guardare, nel pieno della denuncia del
Manifesto esasperatista dei punti afferenti il vivere quotidiano (2.1), la natura
violentata (2.2) e la scienza incontrollata (2.3). Una riflessione più accurata,
nellambito di questa rilettura stratificata del Manifesto esasperatista, meriterebbe
il punto 2.4, Larte non più fruibile, ma ci limitiamo a riconoscere in
esso lapprodo di un percorso artistico culturale che nasce ai primi del
secolo scorso con le Avanguardie storiche e prosegue, dopo la seconda guerra mondiale, con
le Neoavanguardie.
Con le Avanguardie storiche lEsasperatismo condivide talune e significative
caratteristiche, quali la concezione dellarte come attività condivisa da un gruppo
e non come produzione isolata di un singolo, la cifra internazionale ed interartistica, il
riconoscimento di un Manifesto che espliciti una teoria ed attesti i motivi ispiratori.
Notevoli sono, ovviamente, anche le differenze; interessante, infine, sarebbe un
approfondimento sui rapporti analogico contrastivi tra Futurismo ed Esasperatismo,
data anche lautorevole presenza di un Maestro futurista, Guglielmo Roehrssen, nel
Movimento esasperatista. Continuità della concezione dellarte chiamata ad
interpretare i miti della modernità oppure rottura in quanto lEsasperatismo propone
pause di riflessione e suggerisce caute battute di arresto nel fluire del progresso
regresso?
Si tratta di interrogativi aperti e stimolanti, così come quelli che legano
lEsasperatismo a dibattiti e diatribe più recenti. A metà del XX secolo il
problema artistico si pone con urgenza in Italia allinterno della diffusa e sentita
esigenza di ridefinire unidentità del Paese dopo il ventennio fascista e i disastri
della seconda guerra mondiale: il dibattito sullarte assume un ruolo importante, ma
soprattutto poliedrico in quanto riguarda non solo la ricerca estetica, ma anche la
riflessione ideologica e sociale. In tale contesto molteplici sono le iniziative che
accompagnano la ricerca di linguaggi e contenuti rispondenti alla volontà di rinnovare
moralmente e politicamente il Paese e di inaugurare una nuova stagione nellarte,
anche attraverso il dialogo internazionale. La vivacità intellettuale di questo momento
è segnata dallemergere di gruppi connotati da posizioni teoriche ben precise,
talora in contrapposizione tra di loro, come nel caso del Realismo, del
Formalismo e del Fronte Nuovo delle Arti. Anche qui un succinto
confronto con lEsasperatismo. Ancora una volta la presenza di Manifesti: quello
realista, pubblicato a Milano nel marzo 1946; quello formalista, pubblicato a Roma nel
1947; quello del Fronte Nuovo delle Arti, redatto a Venezia nel 1947. Ancora una volta la
consapevolezza di un impegno civile e di una responsabilità morale e sociale:
Dipingere e scolpire è per noi atto di partecipazione alla totale realtà degli
uomini, in un luogo e in un tempo determinato, realtà che è contemporaneità e che nel
suo stesso susseguirsi è storia
. (Punto 1 del Manifesto del Realismo,
febbraio 1946, in Numero, n. 2, 1946). Ma anche la ricerca dei formalisti di
nuovi valori espressivi, attraverso forme e colori, è mirata ad unazione per
una nuova cultura, sostanziata di una profonda relazione con il tessuto civile e
politico. Ancora più esasperatista ante litteram è limpianto ideologico del Fronte
Nuovo delle Arti, che intanto preconizza una sintesi tra realismo ed astrattismo e, per
questa via, prescinde da unestetica definita e da un indirizzo stilistico vincolante
e, nel rispetto delle singole individualità dei suoi esponenti, propugna unidea
dellarte come impegno morale, civile, politico: Larte non è il volto
convenzionale della storia, ma la storia stessa che degli uomini non può fare a
meno (dal Manifesto). Il Fronte Nuovo delle Arti si forma a Venezia, ma si sposta a
Milano, nella Galleria della Spiga, dove nel 47 dà vita alla prima esposizione, con
opere eterogenee per stile, indifferentemente astratte o figurative. Dopo aver partecipato
alla Biennale nel 48, il Fronte si scioglie (1950) e i singoli Artisti seguono
strade diverse. Il percorso del gruppo esasperatista è differente, innanzitutto perché
nasce a Napoli, in un contesto martoriato e sofferto dal punto di vista sociale e in cui
le risorse artistiche locali vengono poco valorizzate: si assiste, dunque, forse per la
prima volta, ad una sottile sintonia tra i mali denunciati e il sostrato ambientale da cui
la denuncia parte. Il tutto assume, per così dire, il sapore di una ri-scossa cittadina e
di una ri-appropriazione del ruolo di guida morale della classe intellettuale.
Ci si augura che, a differenza della breve vita del Fronte, lEsasperatismo
prosegua nel tempo la sua lotta civile ed allarghi sempre più i suoi orizzonti spaziali,
attraverso le singole peculiarità stilistiche nelle arti, ma anche attraverso ulteriori
aggregazioni culturali. Non è naturalmente possibile concludere la rilettura del
Manifesto esasperatista senza una menzione speciale al contenitore sui
generis, il Bidone, il simbolo presente come unico segno distintivo del Movimento in tutte
le opere ispirate al Movimento stesso, pur nella differenziazione stilistica dei singoli
Artisti. Del Bidone si è detto e si è scritto a più riprese, ma credo che una sua
rilettura ci porti a ravvisare in esso un vero e proprio correlativo
oggettivo, secondo la tecnica che fu già in poesia di Thomas Stearns Eliot e di
Eugenio Montale. Come per il poeta lio empirico scompare dal testo per lasciare il
posto ad un oggetto che possa costituire lequivalente simbolico di una condizione
esistenziale o di una concezione del mondo, così per il pensatore esasperatista, e per
lArtista in particolare, lio lacerato e tormentato dai mali del presente si
oggettivizza nel contenitore Bidone.
Con il correlativo oggettivo siamo sempre nel campo delle forme simboliche, ma
attraverso un processo di oggettivazione in cose (o in personaggi) che annulla lio
soggettivo dellArtista. Non si tratta più, dunque, di un simbolismo tout court, ma
di una particolare forma simbolica grazie alla quale lio riesce ad eclissarsi
totalmente nelloggetto. Eliot lha così codificata: Lunico mezzo
di esprimere unemozione in forma darte è di trovare un correlativo oggettivo;
in altre parole una serie di oggetti, una situazione, una catena di eventi che diverranno
la formula di quella particolare emozione; cosicché una volta dati i fatti esterni che
devono concludersi in unesperienza sensibile, lemozione viene immediatamente
evocata. Mi sembra appunto la funzione logica del Bidone allinterno del
pensiero esasperatista ed allinterno delle opere artistiche ad esso ispirate. |